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News 05/SA/2017
Lunedì, 30 Gennaio 2017
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.04 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 52 (4 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificato dalla Bulgaria per aflatossine in
nocciole sgusciate dall’ Azerbaijan; notificato dalla Grecia per arachidi sgusciate
provenienti dall’Argentina infestate da muffa e per aflatossine in arachidi sgusciate
provenienti dalla Cina; notificato da Cipro per oxamil in peperoni verdi (Capsicum)
provenienti dall’Egitto; notificato dall’Olanda per Salmonella in carne di tacchino
congelata (Meleagris gallopavo) proveniente dal Brasile; dall’Italia per aflatossine in
pistacchi sgusciati provenienti dalla Turchia; dall’Olanda per aflatossine in noce
moscata proveniente dall’ Indonesia.
Allerta notificati: dall’Olanda per colore non autorizzato Arancione II in bevanda
arancione proveniente dalla Nigeria e per mercurio in tranci di pesce spada
refrigerati (Xiphias gladius) provenienti dalla Spagna; dalla Svezia per sostanza non
autorizzata carbofurano in bacche secche di goji provenienti dalla Danimarca;
dalla Francia per migrazione di alluminio da palle di cottura di ceramica provenienti
dall’Olanda; dalla Germania per deossinivalenolo (DON) in frumento proveniente
dalla Repubblica Ceca e per lattosio non dichiarato in soft drink proveniente dal
Sud Corea; sempre dalla Germania per tracce di arachidi in paste di mandorla
francesi provenienti dalla Francia e per Salmonella in funghi secchi provenienti
dall’Italia; dalla Danimarca per frammento di plastica in fajitas di pollo congelato
Taquito proveniente dall’Olanda.
Nella lista delle informative troviamo notificate: da Latvia sospetto di alterazione di
lievito da foraggio proveniente dalla Russia; dalla Germania per aflatossine in
pistacchi tostati provenienti dagli USA; dalla Svezia per Salmonella in rifilature di carni
bovine refrigerate provenienti dall’Olanda, con materie prime dal Regno Unito;
dall’Italia per norovirus (GII) in ostriche vive (Crassostrea gigas) provenienti dall’
Irlanda, via Olanda; dalla Norvegia per Vibrio cholerae in gamberi farfalla impanati
provenienti dal Vietnam; dalla Grecia per cadmio in calamari congelati (Doryteuthis
sibogae) provenienti dall’ India; dall’Italia per mercurio in palombo refrigerato
(Mustelus mustelus) proveniente dalla Francia e per uovo non dichiarato ed
etichettatura non corretta (non in Italiano) in e su varie salse monodose provenienti
dalla Cina, via Francia.
Fonte: rasff.eu
Quantità nominale, peso netto, peso sgocciolato, risponde l’avv. Dario Dongo.
Gentile avvocato Dongo,
Le chiedo delucidazioni sulla quantità nominale, che si vede in etichetta di alcuni
prodotti alimentari. Come si distingue rispetto alla quantità non meglio precisata, e a
quella netta?
Molte grazie
Simone
—-
‘La quantità nominale (massa nominale o volume nominale) del contenuto di un
preimballaggio è la massa o il volume indicato sull’imballaggio e corrisponde alla
quantità di prodotto netto che si ritiene debba contenere.
Il contenuto effettivo di un preimballaggio è la massa o il volume di prodotto che
esso contiene realmente.‘ (1)
Ne consegue che l’impiego di locuzioni come ‘quantità netta’ o ‘peso netto’ non
ammette tolleranze in difetto.
Viceversa, quando non sia fatto esplicito riferimento al termine ‘netto’, per i prodotti
confezionati a gamme unitarie costanti – e a prescindere dalla precisazione in
etichetta della dicitura ‘quantità nominale’ (in tali casi implicita) – si avrà riguardo al
valore medio della singola unità di vendita nell’ambito della partita o lotto di
produzione. Applicandosi le tolleranze previste dalle disposizioni metrologiche. (2)
Vale la pena sottolineare che il reg. (UE) n. 1169/11 prescrive di indicare la quantità
(intesa come unità numerica) seguita dall’unità di misura (es. ‘100 g’ o ‘100 ml’), (3)
nello stesso campo visivo del nome del prodotto (un tempo noto come
‘denominazione di vendita’). Senza richiedere che tale indicazione sia preceduta
da alcuna dicitura (es. ‘quantità’, ‘quantità nominale’, ‘volume’, ‘peso’, ‘peso
netto’). (4)
Fatta salva l’ipotesi in cui si debba invece obbligatoriamente aggiungere - per i soli
prodotti immersi in liquido di governo (es. olive in salamoia, conserve ittiche ‘al
naturale’ ma non anche ‘sott’olio’, poiché quest’ultimo non è qualificato come
‘liquido di governo’) – la quantità del prodotto sgocciolato (nel qual caso si potrà
indicare, ad esempio, “450 g - sgocciolato 300 g”, oppure “netto 450 g, sgocciolato
300 g”, ovvero “Peso netto 450 g, Peso sgocciolato 300 g”).
Un’ultima nota, é rigorosamente vietato ‘accompagnare l’iscrizione relativa alla
quantità nominale con indicazioni comportanti imprecisione o ambiguità come
“circa” o altri termini analoghi’. (5) Tra le indicazioni proibite si annoverano quelle –
ancor oggi purtroppo in voga, a 36 anni di distanza dall’esplicito divieto – che
riferiscono al possibile calo ponderale dell’alimento.
Dario Dongo
Note
(1) Cfr. L. 690/1968, DPR 391/1980
(2) Idem c.s.
(3) ‘Il volume nominale deve essere espresso in litri, centilitri o millilitri, la massa nominale in
chilogrammi o grammi’, ‘il valore numerico deve essere seguito dal simbolo dell’unità di misura
usata’ (DPR 391/1980)
(4) Il Ministero delle attività produttive (ora Ministero per lo sviluppo economico) a sua volta precisò,
nella circolare n. 168 del 10.11.03, che le diciture relative all’indicazione della quantità (peso netto e
simili) possono venire omesse
(5) Cfr. DPR 391/1980, art. 3
Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com
La Francia vieta la distribuzione gratuita di bevande dolci analcoliche nei locali
pubblici e anche la vendita a forfait.
Il provvedimento contro le bevande dolci è stato adottato per contrastare: l’obesità,
il sovrappeso e il diabete, in linea con le raccomandazioni dell’OMS
In Francia è entrato in vigore il 19 gennaio 2017, un decreto che vieta ai locali
pubblici di adottare formule di vendita troppo generose nei confronti delle bevande
dolci. In altre parole i locali che danno la possibilità di bere bibite a volontà
gratuitamente (per esempio quando si consuma un pasto) o che lasciano agli
avventori la libertà di riempire il bicchiere quante volte desidera a fronte di un
prezzo fisso, non possono più farlo. Il provvedimento riguarda tutti i luoghi di
ristorazione, gli hotel, i club vacanze oltre che le scuole e i luoghi frequentati da
minori.
Il decreto, firmato dai Ministri della Sanità, dell’Agricoltura indica con precisione
l’elenco delle bevande sottoposte a limitazione. La lista comprende: le bevande
analcoliche gasate e non gassate o aromatizzate, gli sciroppi di frutta diluiti con
acqua, le bevande a base di acqua, latte, cereali, ortaggi o frutta comprese le
bibite per sportivi e quelle energetiche. Nell’elenco troviamo anche i nettari di frutta,
di ortaggi e prodotti simili con zuccheri o dolcificanti aggiunti.
Il provvedimento è stato adottato per contrastare: l’obesità, il sovrappeso e il
diabete, in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS).
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Origine del latte e latticini in etichetta dal 21 aprile. Approvato il decreto, dubbi
sull’applicabilità.
Il decreto sull’origine del latte nei prodotti lattiero-caseari è stato finalmente
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, il 19 gennaio 2017. Le
industrie nazionali devono affrettarsi ad aggiornare le etichette e smaltire quelle non
conformi, se pure ancora in attesa di chiarimenti e con incerte prospettive sul futuro
del provvedimento. Il decreto interministeriale 9.12.16 recante “Indicazione
dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in
attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni
sugli alimenti ai consumatori” entrerà in vigore nei 90 giorni dalla sua pubblicazione
in Gazzetta e vi rimarrà “in via sperimentale fino al 31 marzo 2019”. (1)
Le nuove regole si applicano ai soli alimenti pre-imballati realizzati in Italia e destinati
a mercato interno, con l’esclusione dei latticini e altri prodotti DOP, IGP, STG e
prodotti biologici. Più precisamente le categorie interessate sono:
– latte (vaccino, bufalino, ovo-caprino, d’asina “e di altra origine animale”, fresco e
a lunga conservazione)
– formaggi, latticini e cagliate
– creme di latte (concentrate e non, con o senza aggiunta di zucchero e/o
edulcoranti)
– latticello, latte e crema coagulata, kefir e altri tipi di latte e creme fermentate o
acidificate, sia concentrate che addizionate di zucchero o edulcoranti
aromatizzate o con l’aggiunta di frutta o cacao
– siero di latte, anche concentrato o addizionato di zucchero o altri edulcoranti
– prodotti costituiti di componenti naturali del latte, anche addizionati di zucchero o
altri edulcoranti, non nominati né compresi altrove
– burro e altre materie grasse provenienti dal latte; creme lattiere spalmabili.
L’origine va indicata in etichetta citando sia il Paese di mungitura, sia quello di
“condizionamento” (per il latte UHT) o di trasformazione (per gli altri prodotti). In
alternativa, è possibile indicare soltanto “origine del latte”, quando entrambe le
predette fasi siano localizzate in un unico territorio nazionale. Al ricorrere dei casi si
potrà altresì riportare “miscela di latte di Paesi UE/non UE” o “latte condizionato o
trasformato in Paesi UE/non UE”.
I prodotti “portati a stagionatura, immessi sul mercato o etichettati” prima del 19
aprile 2017 dovranno venire commercializzati entro i 180 giorni successivi, altrimenti
ri-etichettati con aggiunta delle notizie sull’origine. Le etichette non conformi
dovrebbero venire sanzionate – già a partire da fine aprile, in caso di prodotti freschi
(o comunque, non soggetti al periodo transitorio anzidetto) – ai sensi della legge
3.2.11 n. 4, articolo 4, comma 10. (2) I dubbi interpretativi sono parecchi, a partire
dal campo di applicazione che non vale a chiarire la qualifica di vari prodotti
borderline, tra le migliaia di referenze disponibili sul mercato. Le fasi di lavorazione
sono talora articolate in vari processi e territori, e non è del tutto scontato attribuire
la “trasformazione” all’uno piuttosto che all’altro.
Sono perciò attese le Linee guida che il Ministero per lo Sviluppo Economico si è
guardato bene dal rendere note per tempo sul sito internet, ai fini della
consultazione pubblica che è ormai in uso anche nei più piccoli
Stati europei. All’incertezza si aggiunge poi il rischio che il governo debba fare
dietrofront, attribuendo questa volta la colpa alle norme internazionali di libero
scambio. Proprio oggi infatti le delegazioni USA e Canada avanzeranno i loro dubbi
sulla legittimità dei decreti italiani (su origine latte e grano, vedi articolo) e
francesi (su latte e carni), rispetto al Trattato WTO.
Per approfondimenti giuridici sul decreto latte e le relative sanzioni, si veda l’articolo.
Per dettagli e commenti sul dibattito in corso a livello WTO, si veda l’articolo.
(Articolo di Dario Dongo)
Note
(1) Il governo italiano ha scelto la strada dell’efficacia transitoria del provvedimento per limitare i
rischi di sua contestazione in fase di vaglio preliminare da parte della Commissione europea, nda
(2) L’applicabilità del citato regime sanzionatorio è tuttavia fortemente dubitata, per le ragioni
esposte in nota all’articolo (http://www.foodagriculturerequirements.com/origine-del-latte-in-
etichetta-il-decreto-in-gazzetta-ufficiale/).
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
altri edulcoranti, non nominati né compresi altrove
– burro e altre materie grasse provenienti dal latte; creme lattiere spalmabili.
L’origine va indicata in etichetta citando sia il Paese di mungitura, sia quello di
“condizionamento” (per il latte UHT) o di trasformazione (per gli altri prodotti). In
alternativa, è possibile indicare soltanto “origine del latte”, quando entrambe le
predette fasi siano localizzate in un unico territorio nazionale. Al ricorrere dei casi si
potrà altresì riportare “miscela di latte di Paesi UE/non UE” o “latte condizionato o
trasformato in Paesi UE/non UE”.
I prodotti “portati a stagionatura, immessi sul mercato o etichettati” prima del 19
aprile 2017 dovranno venire commercializzati entro i 180 giorni successivi, altrimenti
ri-etichettati con aggiunta delle notizie sull’origine. Le etichette non conformi
dovrebbero venire sanzionate – già a partire da fine aprile, in caso di prodotti freschi
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3.2.11 n. 4, articolo 4, comma 10. (2) I dubbi interpretativi sono parecchi, a partire
dal campo di applicazione che non vale a chiarire la qualifica di vari prodotti
borderline, tra le migliaia di referenze disponibili sul mercato. Le fasi di lavorazione
sono talora articolate in vari processi e territori, e non è del tutto scontato attribuire
la “trasformazione” all’uno piuttosto che all’altro.
Sono perciò attese le Linee guida che il Ministero per lo Sviluppo Economico si è
guardato bene dal rendere note per tempo sul sito internet, ai fini della
consultazione pubblica che è ormai in uso anche nei più piccoli
Stati europei. All’incertezza si aggiunge poi il rischio che il governo debba fare
dietrofront, attribuendo questa volta la colpa alle norme internazionali di libero
scambio. Proprio oggi infatti le delegazioni USA e Canada avanzeranno i loro dubbi
sulla legittimità dei decreti italiani (su origine latte e grano, vedi articolo) e
francesi (su latte e carni), rispetto al Trattato WTO.
Per approfondimenti giuridici sul decreto latte e le relative sanzioni, si veda l’articolo.
Per dettagli e commenti sul dibattito in corso a livello WTO, si veda l’articolo.
(Articolo di Dario Dongo)
Note
(1) Il governo italiano ha scelto la strada dell’efficacia transitoria del provvedimento per limitare i
rischi di sua contestazione in fase di vaglio preliminare da parte della Commissione europea, nda
(2) L’applicabilità del citato regime sanzionatorio è tuttavia fortemente dubitata, per le ragioni
esposte in nota all’articolo (http://www.foodagriculturerequirements.com/origine-del-latte-in-
etichetta-il-decreto-in-gazzetta-ufficiale/).
Fonte: www.ilfattoalimentare.it

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  • 1. News 05/SA/2017 Lunedì, 30 Gennaio 2017 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.04 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 52 (4 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificato dalla Bulgaria per aflatossine in nocciole sgusciate dall’ Azerbaijan; notificato dalla Grecia per arachidi sgusciate provenienti dall’Argentina infestate da muffa e per aflatossine in arachidi sgusciate provenienti dalla Cina; notificato da Cipro per oxamil in peperoni verdi (Capsicum) provenienti dall’Egitto; notificato dall’Olanda per Salmonella in carne di tacchino congelata (Meleagris gallopavo) proveniente dal Brasile; dall’Italia per aflatossine in pistacchi sgusciati provenienti dalla Turchia; dall’Olanda per aflatossine in noce moscata proveniente dall’ Indonesia. Allerta notificati: dall’Olanda per colore non autorizzato Arancione II in bevanda arancione proveniente dalla Nigeria e per mercurio in tranci di pesce spada refrigerati (Xiphias gladius) provenienti dalla Spagna; dalla Svezia per sostanza non autorizzata carbofurano in bacche secche di goji provenienti dalla Danimarca; dalla Francia per migrazione di alluminio da palle di cottura di ceramica provenienti dall’Olanda; dalla Germania per deossinivalenolo (DON) in frumento proveniente dalla Repubblica Ceca e per lattosio non dichiarato in soft drink proveniente dal Sud Corea; sempre dalla Germania per tracce di arachidi in paste di mandorla francesi provenienti dalla Francia e per Salmonella in funghi secchi provenienti dall’Italia; dalla Danimarca per frammento di plastica in fajitas di pollo congelato Taquito proveniente dall’Olanda. Nella lista delle informative troviamo notificate: da Latvia sospetto di alterazione di lievito da foraggio proveniente dalla Russia; dalla Germania per aflatossine in pistacchi tostati provenienti dagli USA; dalla Svezia per Salmonella in rifilature di carni bovine refrigerate provenienti dall’Olanda, con materie prime dal Regno Unito; dall’Italia per norovirus (GII) in ostriche vive (Crassostrea gigas) provenienti dall’
  • 2. Irlanda, via Olanda; dalla Norvegia per Vibrio cholerae in gamberi farfalla impanati provenienti dal Vietnam; dalla Grecia per cadmio in calamari congelati (Doryteuthis sibogae) provenienti dall’ India; dall’Italia per mercurio in palombo refrigerato (Mustelus mustelus) proveniente dalla Francia e per uovo non dichiarato ed etichettatura non corretta (non in Italiano) in e su varie salse monodose provenienti dalla Cina, via Francia. Fonte: rasff.eu Quantità nominale, peso netto, peso sgocciolato, risponde l’avv. Dario Dongo. Gentile avvocato Dongo, Le chiedo delucidazioni sulla quantità nominale, che si vede in etichetta di alcuni prodotti alimentari. Come si distingue rispetto alla quantità non meglio precisata, e a quella netta? Molte grazie Simone —- ‘La quantità nominale (massa nominale o volume nominale) del contenuto di un preimballaggio è la massa o il volume indicato sull’imballaggio e corrisponde alla quantità di prodotto netto che si ritiene debba contenere. Il contenuto effettivo di un preimballaggio è la massa o il volume di prodotto che esso contiene realmente.‘ (1) Ne consegue che l’impiego di locuzioni come ‘quantità netta’ o ‘peso netto’ non ammette tolleranze in difetto. Viceversa, quando non sia fatto esplicito riferimento al termine ‘netto’, per i prodotti confezionati a gamme unitarie costanti – e a prescindere dalla precisazione in etichetta della dicitura ‘quantità nominale’ (in tali casi implicita) – si avrà riguardo al valore medio della singola unità di vendita nell’ambito della partita o lotto di produzione. Applicandosi le tolleranze previste dalle disposizioni metrologiche. (2) Vale la pena sottolineare che il reg. (UE) n. 1169/11 prescrive di indicare la quantità (intesa come unità numerica) seguita dall’unità di misura (es. ‘100 g’ o ‘100 ml’), (3) nello stesso campo visivo del nome del prodotto (un tempo noto come ‘denominazione di vendita’). Senza richiedere che tale indicazione sia preceduta da alcuna dicitura (es. ‘quantità’, ‘quantità nominale’, ‘volume’, ‘peso’, ‘peso netto’). (4) Fatta salva l’ipotesi in cui si debba invece obbligatoriamente aggiungere - per i soli
  • 3. prodotti immersi in liquido di governo (es. olive in salamoia, conserve ittiche ‘al naturale’ ma non anche ‘sott’olio’, poiché quest’ultimo non è qualificato come ‘liquido di governo’) – la quantità del prodotto sgocciolato (nel qual caso si potrà indicare, ad esempio, “450 g - sgocciolato 300 g”, oppure “netto 450 g, sgocciolato 300 g”, ovvero “Peso netto 450 g, Peso sgocciolato 300 g”). Un’ultima nota, é rigorosamente vietato ‘accompagnare l’iscrizione relativa alla quantità nominale con indicazioni comportanti imprecisione o ambiguità come “circa” o altri termini analoghi’. (5) Tra le indicazioni proibite si annoverano quelle – ancor oggi purtroppo in voga, a 36 anni di distanza dall’esplicito divieto – che riferiscono al possibile calo ponderale dell’alimento. Dario Dongo Note (1) Cfr. L. 690/1968, DPR 391/1980 (2) Idem c.s. (3) ‘Il volume nominale deve essere espresso in litri, centilitri o millilitri, la massa nominale in chilogrammi o grammi’, ‘il valore numerico deve essere seguito dal simbolo dell’unità di misura usata’ (DPR 391/1980) (4) Il Ministero delle attività produttive (ora Ministero per lo sviluppo economico) a sua volta precisò, nella circolare n. 168 del 10.11.03, che le diciture relative all’indicazione della quantità (peso netto e simili) possono venire omesse (5) Cfr. DPR 391/1980, art. 3 Fonte: http://www.foodagriculturerequirements.com La Francia vieta la distribuzione gratuita di bevande dolci analcoliche nei locali pubblici e anche la vendita a forfait. Il provvedimento contro le bevande dolci è stato adottato per contrastare: l’obesità, il sovrappeso e il diabete, in linea con le raccomandazioni dell’OMS In Francia è entrato in vigore il 19 gennaio 2017, un decreto che vieta ai locali pubblici di adottare formule di vendita troppo generose nei confronti delle bevande dolci. In altre parole i locali che danno la possibilità di bere bibite a volontà gratuitamente (per esempio quando si consuma un pasto) o che lasciano agli avventori la libertà di riempire il bicchiere quante volte desidera a fronte di un prezzo fisso, non possono più farlo. Il provvedimento riguarda tutti i luoghi di ristorazione, gli hotel, i club vacanze oltre che le scuole e i luoghi frequentati da minori. Il decreto, firmato dai Ministri della Sanità, dell’Agricoltura indica con precisione
  • 4. l’elenco delle bevande sottoposte a limitazione. La lista comprende: le bevande analcoliche gasate e non gassate o aromatizzate, gli sciroppi di frutta diluiti con acqua, le bevande a base di acqua, latte, cereali, ortaggi o frutta comprese le bibite per sportivi e quelle energetiche. Nell’elenco troviamo anche i nettari di frutta, di ortaggi e prodotti simili con zuccheri o dolcificanti aggiunti. Il provvedimento è stato adottato per contrastare: l’obesità, il sovrappeso e il diabete, in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Fonte: www.ilfattoalimentare.it Origine del latte e latticini in etichetta dal 21 aprile. Approvato il decreto, dubbi sull’applicabilità. Il decreto sull’origine del latte nei prodotti lattiero-caseari è stato finalmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, il 19 gennaio 2017. Le industrie nazionali devono affrettarsi ad aggiornare le etichette e smaltire quelle non conformi, se pure ancora in attesa di chiarimenti e con incerte prospettive sul futuro del provvedimento. Il decreto interministeriale 9.12.16 recante “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori” entrerà in vigore nei 90 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta e vi rimarrà “in via sperimentale fino al 31 marzo 2019”. (1) Le nuove regole si applicano ai soli alimenti pre-imballati realizzati in Italia e destinati a mercato interno, con l’esclusione dei latticini e altri prodotti DOP, IGP, STG e prodotti biologici. Più precisamente le categorie interessate sono: – latte (vaccino, bufalino, ovo-caprino, d’asina “e di altra origine animale”, fresco e a lunga conservazione) – formaggi, latticini e cagliate – creme di latte (concentrate e non, con o senza aggiunta di zucchero e/o edulcoranti) – latticello, latte e crema coagulata, kefir e altri tipi di latte e creme fermentate o acidificate, sia concentrate che addizionate di zucchero o edulcoranti aromatizzate o con l’aggiunta di frutta o cacao – siero di latte, anche concentrato o addizionato di zucchero o altri edulcoranti – prodotti costituiti di componenti naturali del latte, anche addizionati di zucchero o
  • 5. altri edulcoranti, non nominati né compresi altrove – burro e altre materie grasse provenienti dal latte; creme lattiere spalmabili. L’origine va indicata in etichetta citando sia il Paese di mungitura, sia quello di “condizionamento” (per il latte UHT) o di trasformazione (per gli altri prodotti). In alternativa, è possibile indicare soltanto “origine del latte”, quando entrambe le predette fasi siano localizzate in un unico territorio nazionale. Al ricorrere dei casi si potrà altresì riportare “miscela di latte di Paesi UE/non UE” o “latte condizionato o trasformato in Paesi UE/non UE”. I prodotti “portati a stagionatura, immessi sul mercato o etichettati” prima del 19 aprile 2017 dovranno venire commercializzati entro i 180 giorni successivi, altrimenti ri-etichettati con aggiunta delle notizie sull’origine. Le etichette non conformi dovrebbero venire sanzionate – già a partire da fine aprile, in caso di prodotti freschi (o comunque, non soggetti al periodo transitorio anzidetto) – ai sensi della legge 3.2.11 n. 4, articolo 4, comma 10. (2) I dubbi interpretativi sono parecchi, a partire dal campo di applicazione che non vale a chiarire la qualifica di vari prodotti borderline, tra le migliaia di referenze disponibili sul mercato. Le fasi di lavorazione sono talora articolate in vari processi e territori, e non è del tutto scontato attribuire la “trasformazione” all’uno piuttosto che all’altro. Sono perciò attese le Linee guida che il Ministero per lo Sviluppo Economico si è guardato bene dal rendere note per tempo sul sito internet, ai fini della consultazione pubblica che è ormai in uso anche nei più piccoli Stati europei. All’incertezza si aggiunge poi il rischio che il governo debba fare dietrofront, attribuendo questa volta la colpa alle norme internazionali di libero scambio. Proprio oggi infatti le delegazioni USA e Canada avanzeranno i loro dubbi sulla legittimità dei decreti italiani (su origine latte e grano, vedi articolo) e francesi (su latte e carni), rispetto al Trattato WTO. Per approfondimenti giuridici sul decreto latte e le relative sanzioni, si veda l’articolo. Per dettagli e commenti sul dibattito in corso a livello WTO, si veda l’articolo. (Articolo di Dario Dongo) Note (1) Il governo italiano ha scelto la strada dell’efficacia transitoria del provvedimento per limitare i rischi di sua contestazione in fase di vaglio preliminare da parte della Commissione europea, nda (2) L’applicabilità del citato regime sanzionatorio è tuttavia fortemente dubitata, per le ragioni esposte in nota all’articolo (http://www.foodagriculturerequirements.com/origine-del-latte-in- etichetta-il-decreto-in-gazzetta-ufficiale/). Fonte: www.ilfattoalimentare.it
  • 6. altri edulcoranti, non nominati né compresi altrove – burro e altre materie grasse provenienti dal latte; creme lattiere spalmabili. L’origine va indicata in etichetta citando sia il Paese di mungitura, sia quello di “condizionamento” (per il latte UHT) o di trasformazione (per gli altri prodotti). In alternativa, è possibile indicare soltanto “origine del latte”, quando entrambe le predette fasi siano localizzate in un unico territorio nazionale. Al ricorrere dei casi si potrà altresì riportare “miscela di latte di Paesi UE/non UE” o “latte condizionato o trasformato in Paesi UE/non UE”. I prodotti “portati a stagionatura, immessi sul mercato o etichettati” prima del 19 aprile 2017 dovranno venire commercializzati entro i 180 giorni successivi, altrimenti ri-etichettati con aggiunta delle notizie sull’origine. Le etichette non conformi dovrebbero venire sanzionate – già a partire da fine aprile, in caso di prodotti freschi (o comunque, non soggetti al periodo transitorio anzidetto) – ai sensi della legge 3.2.11 n. 4, articolo 4, comma 10. (2) I dubbi interpretativi sono parecchi, a partire dal campo di applicazione che non vale a chiarire la qualifica di vari prodotti borderline, tra le migliaia di referenze disponibili sul mercato. Le fasi di lavorazione sono talora articolate in vari processi e territori, e non è del tutto scontato attribuire la “trasformazione” all’uno piuttosto che all’altro. Sono perciò attese le Linee guida che il Ministero per lo Sviluppo Economico si è guardato bene dal rendere note per tempo sul sito internet, ai fini della consultazione pubblica che è ormai in uso anche nei più piccoli Stati europei. All’incertezza si aggiunge poi il rischio che il governo debba fare dietrofront, attribuendo questa volta la colpa alle norme internazionali di libero scambio. Proprio oggi infatti le delegazioni USA e Canada avanzeranno i loro dubbi sulla legittimità dei decreti italiani (su origine latte e grano, vedi articolo) e francesi (su latte e carni), rispetto al Trattato WTO. Per approfondimenti giuridici sul decreto latte e le relative sanzioni, si veda l’articolo. Per dettagli e commenti sul dibattito in corso a livello WTO, si veda l’articolo. (Articolo di Dario Dongo) Note (1) Il governo italiano ha scelto la strada dell’efficacia transitoria del provvedimento per limitare i rischi di sua contestazione in fase di vaglio preliminare da parte della Commissione europea, nda (2) L’applicabilità del citato regime sanzionatorio è tuttavia fortemente dubitata, per le ragioni esposte in nota all’articolo (http://www.foodagriculturerequirements.com/origine-del-latte-in- etichetta-il-decreto-in-gazzetta-ufficiale/). Fonte: www.ilfattoalimentare.it