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La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
Project work “KiA – Knowledge in Action”
La crescita della diversità in
azienda come fattore di vantaggio
competitivo
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
A cura di:
Irene Wanda Brovelli
Aliai Lombi
Silvia Magrone
Luca Olivari
Alessandro Massimo Roveda
La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
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Indice
Introduzione........................................................................................................................................2
1.Inquadramento................................................................................................................................3
1.1. Definizione............................................................................................................................................ 3
1.2. Nascita e sviluppo............................................................................................................................... 3
1.3. Obiettivi................................................................................................................................................. 5
1.4. Posizionamento................................................................................................................................... 7
1.5 Il nostro sondaggio............................................................................................................................... 8
2. Declinazioni della Diversità ..........................................................................................................9
2.1. I fattori della diversità.......................................................................................................................... 9
2.2 Focus sulla disability.......................................................................................................................... 11
2.2.1. Le normative legislative sul Disability Management............................................................. 13
2.2.2 Il ruolo del Disability Manager nel contesto aziendale .......................................................... 13
2.2.3. Colloquio di assunzione del lavoratore disabile.................................................................... 14
3.Vantaggio competitivo della gestione della diversità .............................................................. 16
3.1. Il business case per la diversità...................................................................................................... 16
3.2. Vantaggio competitivo...................................................................................................................... 16
3.2.1 Vantaggi nel talent recruitment and talent retention: attrazione delle risorse migliori...... 18
3.2.2 Migliori opportunità di mercato.................................................................................................. 19
3.2.3 Creativity, innovation, better decision making and problem solving ................................... 21
3.2.4. Miglior reputazione e immagine aziendale ............................................................................ 22
3.3. Costi e limiti........................................................................................................................................ 23
Conclusioni....................................................................................................................................... 26
Bibliografia ....................................................................................................................................... 30
Sitografia........................................................................................................................................... 32
La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
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Introduzione
Oggi ci troviamo in un’era caratterizzata da fenomeni globali che negli ultimi anni hanno ribaltato
ogni tipo di nostra concezione, credenza, idea. L’era della globalizzazione, l’era della diversità,
l’era della conoscenza. Spesso cogliamo la diversità come minaccia, la viviamo come ostacolo. Ci
accostiamo alla diversità con sentimenti di sospetto, ansia, paura. Facciamo diventare l’incontro,
scontro. Non ci muoviamo dal nostro pregiudizio, anzi ne intensifichiamo la presa.
Il pregiudizio non è istintivo, non ci appartiene. Il pregiudizio è di matrice culturale. Educare alla
diversità, educare all’accoglienza, educare all’inclusione ed educare alla valorizzazione sono le
soluzioni. Educare per trasmettere, educare per cambiare. Cambiare il punto di vista, trarne un
vero vantaggio è ciò che conviene, non è solo cosa buona e giusta ma anche necessaria per
operare in un contesto di convivenza e di mercato globalizzato come quello attuale. E in un’epoca
caratterizzata dalla diversità (culturale, etnica, di competenza, di esperienza etc), ognuno
(l’individuo, il settore pubblico e il privato) deve fare i conti con questa dimensione. Ed è cosi che,
nell’era della conoscenza, è sempre più presente e importante in azienda il tema del Diversity
management, che è un approccio al management che tiene conto degli elementi della diversità:
per le persone, per i mercati quindi per i clienti, per gli stakeholders in generale.
Il Diversity management pone le sue basi nel secolo scorso ma evolve e si espande solamente
negli ultimi decenni. Ma questo approccio è tenuto realmente in considerazione? Viene valorizzato
davvero?
In questo elaborato si cercherà di approfondire questo approccio di management, analizzandone
l’evoluzione, le sue declinazioni e il suo impatto in termini economici sul business aziendale.
Il lavoro è partito dall’esigenza di documentarsi sul tema di Diversity Management per entrare in
confidenza con i termini, i ruoli e gli ambiti di azione. Successivamente abbiamo cercato di
individuare i risvolti originali da scandagliare; a questo proposito abbiamo pensato di rendere più
attuale la riflessione sul tema della diversità costruendo un sondaggio e divulgandolo nel network
di Istud e ciò ha appunto permesso di avere una panoramica più esaustiva della conoscenza che
si ha del fenomeno nel tessuto aziendale italiano.
L’approccio si è caratterizzato per la costruzione di un percorso che gradualmente conducesse a
svelare le leve strategiche adottate dai contesti aziendali per ottenere un vantaggio competitivo
rilevante. Per approfondire questo aspetto abbiamo integrato il nostro lavoro con interviste a due
manager d’ azienda: abbiamo avuto l’occasione di confrontarci sia con le Diversity Engagement
Partners di IBM Italia, Doriana De Benedictis e Consuelo Battistelli, sia con l’Executive Vice
Presidente Human Resources, ICT&Procurement di EDISON Giorgio Colombo e l’ HR manager
Anna Silvia Cappelli, con i quali abbiamo indagato aspetti concreti della gestione della diversità e
della disabilità e come questi possano determinare un valore aggiunto per le aziende.
Infine, con l’intervista a Maria Carla Sbolci, psicologa-psicoterapeuta docente all’Università Studi di
Genova, abbiamo discusso le politiche legislative legate all’inserimento lavorativo dei disabili e alla
gestione della figura del disabile all’interno dell’azienda.
La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
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1.Inquadramento
1.1. Definizione
Il diversity Management (nel testo anche DM) è un approccio rivolto alla gestione delle risorse
umane finalizzato alla valorizzazione e inclusione delle differenze di cui ciascun individuo si
promuove come portatore di valore all’interno dell’organizzazione e distingue due macro-
dimensioni della diversità: la dimensione primaria e la dimensione secondaria1
. La dimensione
primaria è evidenziata in quelle differenze che fanno riferimento ad elementi come l’età, il genere,
l’origine etnica, che fanno parte di un patrimonio innato dell’individuo e che non possono essere
modificate. La dimensione secondaria è relativa a quegli elementi acquisiti nel tempo come, ad
esempio, il background educativo, la situazione familiare, la localizzazione geografica, il reddito, la
religione, l’esperienza professionale/competenze che, differentemente rispetto alla dimensione
primaria, statica e incontrovertibile, possono essere modificate più volte o abbandonate nel corso
del tempo. Una questione di fondamentale importanza della quale il Diversity Management si
occupa, è comprendere in che misura il management possieda le giuste competenze, le attitudini e
le abilità necessarie alla valorizzazione delle differenze. Il diversity Management non è inteso
come un approccio diretto a favorire l’inserimento nel mercato del lavoro di soggetti che
appartengono a gruppi presenti in misura minoritaria, né deve essere inteso come una moda
manageriale che mira ad elevare la brand reputation realizzando interventi “copia-incolla” di
soluzioni adottate dalle realtà organizzative più avanzate, ma si focalizza sostanzialmente sul
personale e sulla gestione delle loro diversità come risorsa fondamentale di vantaggio competitivo
per l'azienda2
. L'adozione di tale approccio tenderà ad esercitare un'influenza rilevante rispetto alle
diverse scelte di gestione delle human resources, cioè sulle soluzioni da adottare per determinare
come e quando pianificare, selezionare, valutare, motivare e gestire il personale di cui
l'organizzazione ha più bisogno per la realizzazione delle attività a breve e a lungo termine3.
1.2. Nascita e sviluppo
I fenomeni che hanno innescato la nascita di questa strategia sono stati differenti: dai cambiamenti
demografici dovuti al flusso migratorio alla lotta femminista per la strutturazione di nuovi ruoli,
passando per l’attenzione ai temi maggiormente umani come la multiculturalità e la disabilità. Tra i
fenomeni scatenanti vi sono anche l’aumento dell’età media dei lavoratori, la globalizzazione e le
quattro Rivoluzioni Industriali. Passando per questi fenomeni, le imprese si sono quindi trovate
all’interno di un contesto sociale altamente diversificato, le sollecitazioni esterne hanno indotto le
aziende ad affrontare questa complessità e a rimodellare obiettivi, strategie e attività di gestione.
La sfida per le aziende è stata (e rimane tutt’oggi) proprio quella di integrare tutti questi fattori in un
nuovo mindset aziendale, un cambio di paradigma per porsi in equilibrio dinamico con la società,
per assumersi l’impegno di osservare la realtà, interpretarla, e gestirla. Il DM nasce per condurre
l’azienda in questo processo di cambiamento e aiutarla a ricalibrare la propria Mission e Vision
aziendale. Pertanto, per analizzare l’evoluzione del DM non si può prescindere da un excursus
storico sui cambiamenti sociali più rilevanti dell’ultimo secolo.
• Seconda rivoluzione industriale (1870 – 1945). Le nuove tecnologie spodestarono i
laboratori artigianali e le piccole imprese a favore di impianti di grandi dimensioni e di
società ad azionariato diffuso (public companies)4
,questo produsse dei cambiamenti
strutturali anche nella gestione del mercato, la concorrenza non si basava più solamente
sulla sottrazione delle quote di mercato attraverso oscillazioni di prezzo e qualità del
prodotto, ma il sistema dipendeva dall’innovazione dei prodotti e dei processi (riduzione di
1
Loden, Implementing diversity, 1996.
2
Barabino, Jacobs, La diversità nella gestione delle risorse umane, 2000.
3
Solari, La gestione delle risorse umane. Dalle teorie alle persone, 2004.
4 p. 70 Adulti e lavoro – una prospettiva pedagogica – A. Gargiulo Labriola - ED INSIEME collana pedagogica degli adulti
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4
costi, degli scarti e dei consumi energetici). Grandi impianti richiedono lo sviluppo di nuove
capacità organizzative, di gestione delle risorse e l’inserimento di nuove figure lavorative:
da una parte i tecnici dall’altra un’indistinta massa di categorie operaie senza qualificazioni.
F.W. Taylor con la sua “Organizzazione scientifica del lavoro” razionalizza estremamente il
sistema di produzione riducendo l’iniziativa individuale e l’autonomia esecutiva dell’operaio
per poter compiere il lavoro nel minor tempo possibile, il lavoratore diventa un’appendice
della macchina, il lavoro in serie è programmato e scevro da ogni personalizzazione del
ritmo di esecuzione e del pensiero, sono la macchina e il nastro a definire cosa fare e
quando. Il modello taylorista è stato messo in discussione a causa del trattamento
disumanizzante riservato al lavoratore, trattato come un automa, con una totale indifferenza
verso la sua identità, intelligenza e creatività. Infatti, quegli anni furono segnati dal
malcontento e la frustrazione perché gli operai persero la motivazione, non riconoscendo
nulla di loro stessi nell’attività eccessivamente routinaria e particolarmente stancante.
In questo contesto Elton Mayo5
ridiede valore al capitale umano teorizzando l’effetto
Hawthorne6
e fondando Human relations Movement, la sociologia industriale che pose
molta attenzione allo studio dei processi motivazionali del lavoratore. Nel contesto
industriale si introdusse per la prima volta il termine Human Factor a rimarcare la
rivalutazione dei lavoratori come individui e non ingranaggi. In quegli stessi anni si
sperimentarono pratiche di work life balance, si cercò di conciliare interessi lavorativi e
interessi familiari privati creando delle garden cities in cui far vivere i lavoratori in un
ambiente più salubre e in cui far crescere le loro famiglie. Queste iniziative produssero
vantaggi alle imprese migliorando l’efficienza produttiva, diminuendo i tassi di assenteismo
e riducendo i turn-over dei lavoratori.
• Post- fordismo e inizio della terza rivoluzione industriale (1950-2000). È una
rivoluzione tecnologica (elettrotecnica e computerizzazione) nella quale l’uomo viene posto
in un ruolo diverso: da esecutore a controllore e manutentore della macchina. In questa
trasformazione il lavoratore diviene centrale nell’intero processo produttivo poiché deve
conoscere tutte le fasi che lo compongono e capirne il funzionamento per poi andare ad
agire là dove serva in sostegno alla macchina7
.
5
(1880 – 1949) Sociologo australiano fondatore del Human relations Movement.https://www.diritto.it/articoli/lavoro/giacca.html
6
Il nome proviene dalle Officine Hawthorne dove nel 1924 fu avviato un programma di ricerche sperimentali sulla produttività. Dopo
una serie di rilevazioni si introdusse una variabile fino ad allora non considerata, […] “il cosiddetto ―fattore umano, ovvero il
complesso dei fattori psicologici latenti che condiziona il comportamento manifesto dei soggetti.” Questo fenomeno consisteva nel
comportamento dei lavoratori, consapevoli di essere osservati. In questo gruppo si presentò un miglioramento delle prestazioni
lavorative e di conseguenza un aumento della produttività; se ne dedusse che i lavoratori traggono la loro motivazione da aspetti
emotivi più che dalle ricompense finanziarie. La soddisfazione nel lavoro è di natura non economica
http://www.igorvitale.org/2013/11/28/elton-mayo-effetto-hawthorne-significato-risorse-umane/
7
Un altro forte cambiamento che incide sul fattore umano e quindi interessa il DM proviene dal Giappone, l’ingegnere Tajichi Ohno lui e
il suo team (Sakichi e Kiichiro Toioda) svilupparono un modello integrato modernizzando la struttura funzionale vigente, in una struttura
divisionale. Questo cambiamento preferisce l’integrazione delle funzioni, riduzione dei livelli gerarchici e il decentramento delle
responsabilità, di fatto snellisce l’intero processo di produzione e avvia il modello “just in time” che produce sulla base delle richieste di
mercato eliminando i prodotti in eccesso, la merce invenduta, i costi di magazzino ecc. Questa modifica tocca anche l’ambito delle
risorse umane perché di nuovo serve una rivalutazione del personale lavorante, essi vengono coinvolti nei processi produttivi con nuove
competenze, tra cui l’intraprendenza, la cooperazione e l’assunzione di nuove responsabilità decisionali. Nel 1980
(morgana.unimore.it/rinaldi_alberto/Lezione_Relazioni_di_Lavoro_28-03-14.ppt) Fiat sceglie di investire sull’innovazione tecnologica,
ripetendo un errore del passato, trascurare il fattore umano. Crea la “Fabbrica ad Alta Automazione” (p. 81 Adulti e lavoro) (FAA - La
FAA entra in crisi nel 1986 quando dalla produzione di un solo tipo di motore si passa a tre tipi; Aumentano gli inceppamenti; Dato che
la qualità è incorporata nel processo, non appena c’è un piccolo inceppamento, l’intera linea si blocca. -
morgana.unimore.it/rinaldi_alberto/Lezione_Relazioni_di_Lavoro_28-03-14.ppt) per ottenere la massima qualità e sicurezza possibili,
questo modello tecno-centrico minimizza la razionalità e flessibilità umana rivelandosi fallimentare, nel 1986 il progetto va in crisi perché
i macchinari non erano in grado di sostenere variabili diverse da quelle per cui erano state progettate9
, senza il sostegno di quadri in
continua collaborazione con un team tecnologico e quindi una ristrutturazione anche organizzativa, il progetto sarebbe fallito.
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• Anni ’60, Stati Uniti. Le grandi aziende ebbero l'esigenza di valorizzare i talenti di
lavoratori appartenenti ad etnie, religioni e background diversi. Con l'inizio del boom
economico l'attenzione alla composizione dei gruppi di lavoro evidenziò l'eterogeneità degli
individui e il conseguente bisogno di una regolamentazione tramite nuove leggi che
mirassero al superamento delle discriminazioni. La classica condizione di "meltin' pot" negli
Stati Uniti iniziò a far fiorire così una nuova sensibilità verso le minoranze inserite nel
processo produttivo aziendale, le multinazionali iniziarono a individuare all'interno del
proprio sistema i gruppi formati da diversità. Questo modello interpretativo pone le basi per
sensibilizzare la popolazione e il concetto di uguaglianza funge da chiave interpretativa per
attuare la nuova politica di trattamento personale ponendo gli individui a un livello paritario
tra loro, ciò implica la possibilità di accedere ai medesimi strumenti con le stesse
opportunità. Sul piano giuridico, ciò porta alla convinzione che un livellamento dei diritti
corrisponda, in realtà, ad una più ampia visione del riconoscimento dei diritti individuali. In
questi anni misure di DM sono ad esempio quelle volte a correggere la sotto
rappresentazione di certe categorie di gruppi in determinati ambiti professionali (modifiche
dei processi di reclutamento, di selezione e di assunzione), oppure le azioni volte a formare
i lavoratori in materia di discriminazione, o ancora tutti quei sistemi di monitoraggio per
assicurarsi l’effettivo rispetto delle regole antidiscriminazione. Sorgono in concomitanza
nuove politiche di marketing più attente ai bisogni delle varie fasce dei consumatori ed
indirizzate verso i vari criteri di identificazione, nascono così le cosiddette strategie one-to-
one che permettono varianti individuali e di progettualità accolte e richieste dai consumatori
stessi.
• Anni ‘70/’80, Italia. In Italia l’attenzione nei confronti dei temi di diversity e inclusion nasce
a partire dagli anni ’70 con le prime leggi sulla parità di trattamento tra uomini e donne (l.
903/77). Dalla fine degli anni ’80 si è avviato un processo di cambiamento dell’assetto
culturale aziendale che prevede maggiore attenzione all’inclusione delle diversità che
stavano sorgendo nella società e ciò ha permesso, ad esempio, l’adozione di leggi sul
diritto al lavoro dei disabili (l.68/99) e sulle quote rosa (l.120/2011).
1.3. Obiettivi
Il diversity management, inteso come approccio teorico-pratico, evidenzia, nella sua complessità,
una serie di obiettivi a medio e lungo termine, finalizzati alla capacità di rispondere con flessibilità
alle domande di un mercato globalizzato sempre più esigente. In relazione alla problematica di una
crescente diversificazione delle risorse umane per genere, età, orientamento sessuale, cultura,
lingua, religione e competenze, come fonte di turbolenza e disagio, il diversity management si
propone, da un lato, di andare ad indagare tutti quei processi che, nei diversi contesti lavorativi,
generano conflitti sulla base della percezione della reciprocità fra le persone e, dall’altro, ambisce
ad essere una "nuova via" nelle diverse politiche di riduzione della discriminazione (Gilbert et al.,
1999), mirando non soltanto ad introdurre programmi che fungano da rimedio alle iniquità sociali,
ma soprattutto alle necessità di business (performance, mercati) e al riconoscimento del valore
della diversità. Tali aspetti producono un ambiente di lavoro più equilibrato e inclusivo, nel quale
viene promossa costantemente l’interazione tra i diversi gruppi e dove il singolo è fortemente
motivato ad esprimere le proprie attitudini e potenzialità individuali. Un altro obiettivo, a lungo
termine, che il diversity management si prefigge è quello di andare ad intervenire per modificare gli
effetti indesiderati sulla produttività aziendale, sul clima organizzativo e di gruppo e sul benessere
lavorativo, ad esempio un basso livello di engagement nel team working, problemi di
comunicazione e coordinamento. Infatti, le ragioni primarie per cui le aziende implementano
politiche di Diversity Management sono legate all'accesso di nuovi gruppi di potenziali lavoratori,
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superando la carenza di manodopera e avendo un maggiore accesso ad un bacino più ampio di
lavoratori con diversi background lavorativi e personali8
.
Le aziende che possiedono una forza lavoro diversificata riproducono meglio la moltitudine di
interlocutori a cui si rivolgono, riuscendo ad intercettare con successo le loro esigenze anche
latenti e a fornire un mix di offerte dedicato alle singole richieste, espandendo la propria base
clienti e costruendo un rapporto di reciproca fedeltà. Un altro obiettivo a lungo termine del diversity
management è legato alla capacità di potenziare la creatività e l’innovazione che si sprigiona dai
gruppi diversificati, generando profitto e benessere 9
.
La presenza di personale diversificato porta con sé un'ampia gamma di conoscenze utili allo
svolgimento dei diversi compiti; tale diversificazione aiuta il gruppo ad analizzare le diverse
alternative di scelta, producendo un maggior numero di idee e conoscenze ed aumentando la
riflessività non solo sul contenuto ma anche sul significato del proprio funzionamento di gruppo
eterogeneo10
. Si lavora alla gestione della complessità essenzialmente su due piani:
• Internamente all’azienda
- Paradigmi di pensiero:
cambiare la prospettiva con cui si osserva il mondo: non subire la globalizzazione ma
viverla con naturalezza che implica il sentirsi omogenei proprio nell’eterogeneità;
- Paradigmi di comportamenti:
avere la profonda e sedimentata consapevolezza che la varietà etnica, religiosa, umana
si traduca in vantaggi commerciali perché permette di avere uno sguardo più ampio ed
essere più potente sul mercato, inoltre deve accogliere i bisogni e le preferenze dei
lavoratori per creare un clima lavorativo motivante e accogliente, questo processo
porterebbe ad un ampliamento delle possibilità di successo dell'intera azienda;
• Esternamente all’azienda
- Strategie di marketing
- Strategie di comunicazione efficace
La strategia del DM si evolve con le aziende e la società: si è passati da un approccio di tutela
delle minoranze e delle pari opportunità all’approccio di valorizzazione delle differenze e delle
competenze. Nel Diversity Management che si sta lentamente affermando in questi anni, non
troviamo più il concetto di tolleranza delle minoranze, piuttosto si vogliono ridurre le discriminazioni
dando alle diversità il loro giusto posto in azienda per poter soddisfare le esigenze di business. In
linea con la dimensione fondamentale della quarta rivoluzione industriale in atto, ovvero la
produzione di valore condivisa, integrata, in cerca di “connessione”.
8
Keil, Amershi, Holmes, Jablonski, Lüthi, Matoba, Plett e Von Unruh (2007) evidenziano come le aziende che possiedono una forza
lavoro diversificata riproducono meglio la moltitudine di interlocutori a cui si rivolgono, riuscendo ad intercettare con successo le loro
esigenze anche latenti e a fornire un mix di offerte dedicato alle singole richieste, espandendo la propria base clienti e costruendo un
rapporto di reciproca fedeltà.
9
Argentero, Cortese e Piccardo (2010) evidenziano l'importanza del concetto di benessere organizzativo e di come questo aspetto
produca un ambiente di lavoro più equilibrato e inclusivo, nella quale viene promossa costantemente l’interazione tra i diversi gruppi e
dove il singolo è fortemente motivato ad esprimere le proprie attitudini e potenzialità individuali.
10
Autori come Basset-Jones (2005, p.170) evidenziano che il Diversity Management si riferisce all'impegno costante, sistematico e
pianificato da parte dell'organizzazione di reclutare, ma soprattutto trattenere dipendenti con un background differente al fine di
ridistribuire il potere organizzativo, allargando la partecipazione ai diversi processi decisionali ai diversi livelli organizzativi e
contribuendo allo sviluppo delle opportunità di carriera di ciascuno.
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1.4. Posizionamento
A livello organizzativo, l’azienda, adottando politiche di Diversity Management, definisce tutti gli
elementi chiave del processo: attori, dimensioni da gestire in modo diversificato, linee di azione,
politica e pratiche di gestione. In questa fase organizzativa del processo l’azienda può decidere di
istituire specifici ruoli organizzativi legati al diversity management: gruppi di lavoro in linea con le
ideologie del DM aziendale, o personale professionale incaricato di occuparsi della promozione del
diversity management, o network di lavoratori chiarendo le responsabilità loro affidate. La scelta
operata da alcune delle aziende più avanzate rispetto alla gestione delle diversità, quali AT&T,
Baxter, Coca-Cola, IBM, L’Oreal, Sodexo, Virgin, è stata quella di creare ruoli o unità organizzative
dedicate. Esempi di queste figure sono:
• Diversity & Inclusion Leader (manager responsabile della gestione delle diversità delle
persone in azienda);
• Diversity & Inclusion Board o Committee (gruppi dedicati al tema, che dispongono di un
budget di spesa, cui partecipano diversi senior manager guidati dal Diversity & Inclusion
Leader che hanno il compito di discutere e definire le linee di azione che l’azienda deve
seguire in ambito di strategia, politica e pratiche di diversity);
• Diversity & Inclusion Steering Committee (gruppi di persone provenienti da tutte le funzioni
di business, che hanno la responsabilità di assicurare la traduzione in pratiche operative
della politica di diversity);
• Diversity Champion (persone che promuovono all’interno dell’azienda i valori del diversity
management favorendo il cambiamento culturale attraverso i loro comportamenti e le loro
azioni quotidiane);
• Employee Network Group ((gruppi di lavoratori auto-definiti a partecipazione volontaria,
allineati con la vision e i valori aziendali e aperti a tutti, che vengono organizzati sulla base
di specifiche affinità o interessi comuni).
• Diversity Engagement Partner (IBM Italia). Questo ruolo, ricoperto in IBM Italia dalla
Dottoressa Doriana De Benedictics e dalla Dottoressa Consuelo Battistelli, viene definito
tale in quanto si impegna a coinvolgere le persone cosiddette diverse, così da permettere
l’espressione di sé stessi e l’aumento della produttività di ciascun lavoratore.
In Italia l’istituzionalizzazione di un ruolo specifico e professionalizzante dedicato alla gestione
delle diversità è ancora appannaggio di poche realtà aziendali. Infatti, come evidenziato dalle
indagini del 2015 del DM Lab della SDA Bocconi11
fatte su un campione di 150 aziende
rappresentativo delle imprese italiane con più di 250 addetti, solo il 16% evidenzia l'esistenza in
azienda di un'unità organizzativa specifica dedicata alla gestione della diversità, mentre un 23% ha
istituito un ruolo di responsabile che si occupa di diversity. In alcuni casi però la figura rientra nel
più generale ruolo di Responsabile Risorse Umane. In Edison Italia per esempio, come dichiarato
dall’ interlocutore di una nostra intervista Giorgio Colombo (Executive Vice President Human
Resources, ICT & Procurement di EDISON), non esiste un ruolo di Diversity Manager vero e
proprio. La tematica è affrontata all’interno di due aree aziendali differenti: l’area delle Risorse
Umane e l’area della CSR (Corporate Social Responsibility). Entrambe le aree collaborano sulla
tematica della diversità, individuando politiche di gestione, valorizzazione e sensibilizzazione
riguardanti il tema.
11
http://www.sdabocconi.it/it/sito/diversity-management-lab
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8
1.5 Il nostro sondaggio
Per capire la situazione attuale, abbiamo deciso di sottoporre un sondaggio principalmente agli ex
studenti dei Master ISTUD. Il sondaggio è stato caricato online sui canali social dei Master ISTUD,
“Free Your Talent”, con una copertura di 876 persone (ex studenti, quindi persone che lavorano in
azienda, e referenti aziendali) tra Linkedin e Facebook. Un primo dato significato deriva dalla
quantità di risposte ricevute, 21. Pertanto si può considerare una sorta indagine “qualitativa”, su un
campione esiguo ma qualificato. Prima di entrare nello specifico della materia in questione, si è
deciso di indagare il background degli intervistati, chiedendo sesso, età e posizione ricoperta in
azienda. Per quanto riguarda il sesso, le donne che hanno partecipato sono 16, mentre i restanti 5
sono uomini. La fascia d’età è quella di 30-40 anni, mentre riguardo alla posizione c’è
un’importante eterogeneità in termini di seniority. Per addentrarci nel tema, abbiamo posto la
domanda “Hai mai sentito parlare nella tua azienda di Diversity Management?”; le risposte hanno
delineato un profilo chiaro: il 76% non ha mai sentito parlare di Diversity Management vero e
proprio nella propria azienda. Lo stesso dato, con un leggero incremento del 5%, si riflette sulla
dimensione aziendale, nel senso che l’azienda per la quale lavora non attua politiche di Diversity
Management. Poi abbiamo chiesto loro quali fossero le politiche aziendali riconducibili in qualche
modo alla Diversity e i vantaggi presunti e/o percepiti. Riguardo le politiche adottate, hanno parlato
di politiche per lo più incentrate su “Diversity e Inclusion” su gender, age, disability e LGBT. In altre
risposte invece si è parlato di giornate di sensibilizzazione, di progetti inerenti modifiche al codice
etico con interventi della direzione in caso di comportamenti discriminatori. In riferimento ai
vantaggi, viene sottolineata l’attrazione e l’ingaggio dei talenti in azienda laddove siano presenti
azioni di diversity management, più o meno esplicitate. Inoltre, sempre in favore del Diversity,
hanno parlato di una cultura aziendale più in linea con le esigenze di mercato che permetta una
più facile comprensione del mercato stesso. Toccando il tema delle difficoltà nel portare avanti
politiche e/o iniziative di Diversity Management, il 50% riferisce che la propria azienda ha trovato
delle difficoltà, in particolare nei requisiti formali, nella resistenza al team working e nelle persone,
definite restie al cambiamento. Inoltre, solamente due persone sarebbero disposte ad un confronto
riguardo il tema, dato chiaro ed esplicativo della maturità riguardo all’argomento.
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9
2. Declinazioni della Diversità
2.1. I fattori della diversità
I principali fattori che in Italia comportano Diversità sono molteplici12
:
• Age Diversity inteso sia come divario generazionale tra lavoratori di una stessa
organizzazione, sia come esclusione di lavoratori over 45 dal mercato del lavoro e la
conseguente difficoltà al reinserimento. Per rispondere a questi fenomeni le iniziative
più diffuse a livello italiano sono il Reverse Mentoring (scambio di competenza tra nativi
digitali e senior), il Life Long Learning (riadattare le competenze di un profilo senior alle
nuove esigenze dell’azienda), mobilità occupazionale e sviluppo di carriera per i
dipendenti senior e ritiro graduale.
Nell’ottica di valorizzare e responsabilizzare profili senior in nuove mansioni, Atm ha
organizzato per i dipendenti over 55 delle loro docenze presso la sua Academy e
testimonianze nelle scuole. Vodafone realizza ‘contest’ interni dove lavoratori senior e
lavoratori junior mettono assieme le proprie competenze per implementare con
innovazione e creatività sistemi informatici complessi. Edison ha organizzato una
giornata d’incontro e confronto tra senior e junior dedicata alla discussione dei valori
aziendali. L’iniziativa ha riscosso un grande successo e numerose richieste di
partecipazione tanto da rendere necessaria la chiusura anticipata delle iscrizioni. Ibm
ha istituito il “The Re-Branding” Team: un tavolo di giovani chiamati a condividere le
loro idee per rendere il brand attrattivo per le nuove generazioni13
.
• Gender diversity si riferisce alle diversità e specificità di donne e uomini in relazione
alle differenti strutture biologiche, diversi background culturali e diversa gestione della
vita, sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Riguardo le politiche di gender, esistono
due tipi di interventi: azioni di sviluppo e azioni di sistema. Le prime si concentrano sulla
selezione e sullo sviluppo di carriera e le maggiori iniziative riguardano processi di
accompagnamento, consulenza e formazione attraverso coaching individuale e
ricollocamento post-maternità. Le seconde, le azioni di sistema, mirano a costituire
network, gruppi di ricerca e programmi di conciliazione per accompagnare l'iter
professionale delle donne.
IBM ha istituito una serie di network femminili interni ed esterni per promuovere
l'inserimento e la crescita delle donne, come il "Women in Technology Network" per
incoraggiare lo studio delle materie tecniche e scientifiche; il progetto “Nerd” (acronimo
di “Non è roba per donne”) volto a dimostrare che l’informatica non è una materia
appannaggio dei soli uomini, trovando nuovi paradigmi per coinvolgere la popolazione
femminile: si trascorrono due pomeriggi in laboratorio per imparare a sviluppare app o
chatbot creative e divertenti con il metodo learning by doing. Il progetto è partito nel
2015 con alcune università e ha riscosso moltissimo successo, infatti nel 2018 verrà
implementato in altri atenei come l’Università di Bolzano, Modena, Firenze, Napoli,
Cagliari e Torino. IBM ha anche istituito l’ "European Women Leadership Council", volto
a promuovere iniziative al femminile e aumentare il numero delle donne in azienda. A
livello generale, Edison in pochi anni è passato da un tasso del 6% di presenza
femminile al 21/22%. Inoltre, nel 2017, Edison ha organizzato una giornata sulle
pratiche di sviluppo di leadership al femminile14
.
12
De Vita L., Il Diversity Management in Europa e in Italia. Franco Angeli, 2011.
13
www.atm.it; www.vodafone.it; www.ibm; www.edison.it
14
www.edison.it
La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
10
• Ethnic and cultural diversity: si riferisce alla presenza di differenze nelle abitudini
culturali, nelle preferenze e nei valori di gruppi che convivono nel medesimo spazio
sociale. Per quanto riguarda la situazione italiana, l’esigenza di integrare la forza lavoro
straniera è aumentata esponenzialmente nell’arco degli ultimi anni. Un sempre maggior
afflusso d’immigrati ha creato, infatti, la necessità di adottare nuove politiche gestionali
volte all’inclusione della nuova forza lavoro.
Tra le iniziative più rilevanti in tal senso rientra quelle adottata dal Gruppo Autogrill,
volte a gestire il reclutamento presso il paese di origine individuando le figure
professionali rare o carenti come elemento distintivo della propria politica di mercato.
Edison ha istituito una giornata per la multiculturalità durante la quale ha proposto ai
suoi dipendenti un menù multietnico, servendo cibi tipici di vari paesi stranieri e ha
ingaggiato riflessioni sui temi della diversità religiosa e culturale. Una maggiore
sensibilizzazione, secondo Edison, si traduce in un’apertura mentale tale da permettere
un ascolto e una comprensione maggiore. La multiculturalità porta con sé anche il
fenomeno del pluralismo religioso, in tal senso il Gruppo Pirelli ha istituito nelle sue
sedi specifici spazi dedicati alla preghiera dei dipendenti musulmani e menù diversificati
nelle mense aziendali.
Altre azioni sono state rivolte ai dipendenti e manager italiani che hanno a che fare con
una forza lavoro e una clientela multiculturale, ad esempio Banca Popolare di Milano
ha promosso un corso di formazione per gli operatori di front-Office volto ad accrescere
la conoscenza delle diverse culture al fine di facilitare l’accesso al servizio, migliorando
l’aspetto relazionale e comunicativo. IBM organizza percorsi specifici destinati a
dipendenti e team che lavorano con persone di culture diverse o che stanno per essere
assegnati all’estero in modo tale da aumentare la consapevolezza delle differenze
culturali per avvicinarsi ad un’ottica di superamento di eventuali divergenze ed ottenere
la massima efficienza dai team di lavoro. In realtà multinazionali come quelle
sopracitate, la multiculturalità è la base del business in quanto quotidianamente si
relazionano con culture diverse. Una conoscenza più profonda si traduce in una
maggiore comprensione delle diversità; anche per questo le aziende più virtuose nella
gestione delle politiche di diversità si stanno impegnando nella promozione di iniziative
rivolte ai giovanissimi (spesso figli di dipendenti)15
.
• Disability: si intende “l’insieme delle strategie di prevenzione sul luogo che mirano ad
evitare la disabilità o ad intervenire precocemente dopo la sua insorgenza, utilizzando
servizi coordinati che riflettono l’impegno dell’azienda per il mantenimento dell’impiego
da parte delle persone che vivono una limitazione funzionale” (Akabas et al, 1992: 2).
Questo argomento sarà oggetto di trattazione nel paragrafo successivo.
15
www.autogrill.it; www.edison.it; www.pirelli.com/global/it-it/homepage; www.bpm.it; www.ibm.it;
La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo
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11
2.2 Focus sulla disability
L’esigenza di trattare come tematica più approfondita la disabilità rispetto alle altre diversità nasce
dall’evoluzione che il concetto ha subito recentemente, passando da una concezione del disabile
come “oggetto” di puro assistenzialismo ad un crescente interesse per il ruolo sociale. Questo ha
comportato alcune novità:
• non è più solo l’ambito medico ad essere coinvolto, ma hanno un ruolo attivo anche coloro
che si trovano ad interagire con le persone disabili (aziende e organizzazioni in primis);
• la disabilità non viene più vista come una "tragedia personale", ma come una possibile
risorsa in termini di vantaggio aziendale.
L’ingresso di una persona disabile all''interno di un'organizzazione richiede che, questa, possa
prendere una posizione rispetto alle diverse modalità di gestione della diversità (di cui la disabilità
è solo una parte). Gli studi, dopo aver rilevato i possibili atteggiamenti delle organizzazioni,
focalizzano la loro attenzione sui diversi benefici che la valorizzazione stessa della diversità può
avere per l'intera azienda e per il personale all'interno. Non è presente attualmente un'univoca
definizione di “Disability Management” che racchiuda tutte le diverse connotazioni che ha acquisito
nei diversi contesti. Ciò è un compito arduo, per diversi motivi:
• Differenti sfumature: la moltitudine di accezioni che il termine ha ricoperto nel corso degli
anni ha generato, di conseguenza, pratiche e procedure differenti tra loro (Hunt, 2009: 8);
• Legislazioni variegate: mentre alcuni sistemi, come quello italiano, francese o tedesco,
prevedono direttamente gli interventi, altri contesti si limitano ad incoraggiare le pratiche
che promuovono la conservazione dei posti di lavoro per i lavoratori disabili (Hursh, 1995:
22);
• Culture: le diverse tradizioni culturali hanno condizionato non solo l’insorgenza ma anche
lo sviluppo del Disability Management. Infatti, mentre negli USA una maggiore iniziativa
lasciata alle imprese ha favorito una maggiore responsabilizzazione e iniziativa, in Italia la
tradizione del welfare pubblico ha fatto in modo che la questione, fino ai tempi recenti,
fosse esclusivamente delegata ai servizi pubblici statali (Angeloni, 2011: 45);
• Orientamenti di ricerca diversi: gli studi che sono emersi focalizzano la loro attenzione
solo su specifiche disabilità; ciò ha impedito, di fatto, la costruzione di un quadro molto più
esteso e condiviso degli accomodamenti possibili e delle modalità per attuarli (Hogan et al,
2012: 2).
Gli elementi che hanno favorito la differenziazione delle tradizioni del Disability Management
possono essere quindi legati sia alle tradizioni di ricerca diverse sia ai differenti contesti culturali
(Figura 1.)
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12
Figura 1
Il Disability Management, inizialmente, è nato come un set di pratiche designate per minimizzare
l’impatto della disabilità insorta durante la vita lavorativa e permettere ai lavoratori di rimanere non
solo all’interno delle organizzazioni ma di diventare un possibile vantaggio aziendale. In seguito,
però, il concetto è stato ampliato ad un numero maggiore di categorie di lavoratori, fino a
coinvolgere anche tutti quei soggetti che erano sempre stati esclusi dal mercato del lavoro. Questo
accrescimento di prospettiva ha consentito di vedere il Disability Managemet non più solo come un
insieme di strategie per fronteggiare le emergenze, ma come un vero e proprio processo negoziale
tra i datori di lavoro e i lavoratori, che comporta il coinvolgimento e l'interessamento di tutta
l’organizzazione. Attraverso un accurato studio e la continua analisi dei bisogni, il Disability
Management è stato concepito come un dispositivo all''interno dell'azienda in grado di offrire una
connessione tra la diffusione del benessere all''interno di un luogo di lavoro e l'esigenza di
business (Roncallo, Sbolci, 2011).
In pratica, a questo punto, è tutto il mondo della disabilità a poter usufruire degli interventi di
Disability Management, e tutta l’organizzazione a prendervi parte. Tale nuovo orizzonte è stato ha
preso corpo con il termine “Comprehensive Disability Management” (Harder, 2005: 2).
Sulla base di tale prospettiva, aziende come IBM hanno attuato delle efficaci azioni di sistema,
volte alla creazione di una cosiddetta "cultura dell'accoglienza", stimolando profondi cambiamenti
strutturali all''interno dell'organizzazione, applicando delle linee guida per l'inserimento dei disabili
in azienda. In caso di sopravvenuta disabilità, IBM, con la collaborazione del lavoratore nel
riconoscere la propria disabilità, mette a disposizione diversi strumenti per facilitare la vita
lavorativa e quotidiana attraverso degli orari maggiormente flessibili e una tecnologia assistita.
Inoltre, IBM ha voluto sviluppare un innovativo e sofisticato servizio, il "Mobile Wireless
Accessibility", con lo scopo di facilitare l'accessibilità e la mobilità per i lavoratori disabili e offrire
loro le stesse opportunità di carriera degli altri dipendenti presenti in azienda.
Disability
Management
Moltitudine
di accezioni
e pratiche
Sviluppo di
ricerche su
selezionate
disabilità
Differenti
tradizioni
culturalli
Normative
variegate
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2.2.1. Le normative legislative sul Disability Management
Dal punto di vista normativo, l'esistenza di rilevanti leggi nazionali ed internazionali, evidenziano
l'importanza dei diritti delle persone con disabilità all''interno del contesto lavorativo e sociale.
Sono esempi significativi, in questo senso, l’ADA (Americans with Disabilities Act) negli Stati Uniti
e il DDA (Disabilities Discrimination Act) nel Regno Unito, che sono il punto di riferimento per la
letteratura internazionale. In Italia, la Costituzione espone il diritto all’educazione e all’avviamento
professionale delle persone disabili e questo porta a leggi specifiche a livello lavorativo:
• Legge 482-1968 ("Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche
amministrazioni e le aziende private"): evidenzia le assunzioni obbligatorie presso le
pubbliche amministrazioni e le aziende private. Tale normativa prevede il collocamento
obbligatorio dei soggetti disabili all’interno delle imprese;
• Legge 381/91 ("Almeno il 30% dei lavoratori assunti dalle Cooperative Sociali siano
persone svantaggiate"): all''interno di questo quadro legislativo il modello del Disability
Management rappresenta un metodo di intervento essenziale a gestire efficacemente il
trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro delle persone con disabilità;
• Legge 104-199216
("Legge-quadro per l' assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate"): esprime una nuova concezione culturale , ponendo assoluta
attenzione alla singola persona nella sua globalità, indipendentemente dalla tipologia di
handicap da cui è affetta; tale legge è stata sottoposta a modifica attraverso la Legge
183/2010 che ha esteso il diritto ai permessi lavorativi oltre al coniuge, anche ai parenti e
affini entro il secondo grado, solo in determinate condizioni, le agevolazioni possono essere
rivolte ai parenti e affini di terzo grado delle persone con disabilità da assistere;
• Legge 335/95 evidenzia le diverse disabilità/infermità che insorgono dopo l'assunzione o
che si aggravano nel corso dell'attività lavorativa;
• Legge 68-99 ("Norme per il diritto al lavoro delle persone disabili"): entrando in vigore
all''inizio del 2000, evidenzia alcuni dei diversi punti fondamentali:
- Nuovo concetto di collocamento più mirato;
- Sanzioni economiche per il datore in caso di mancato rispetto;
- Fruibilità della legge, in materia di "diritto al lavoro" ai disabili fisici, psichici e sensoriali.
Lo scopo di queste normative è quello di favorire alcuni soggetti, ritenuti “deboli” e di attuare delle
misure che riescano a sostenerli nell’adempimento dei loro diritti (Messori, 2011:7).
2.2.2 Il ruolo del Disability Manager nel contesto aziendale
Uno degli strumenti più efficaci per garantire il raggiungimento dell'obiettivo legato alle buone
pratiche di Disability Managemet è la presenza in azienda di un professionista dedicato, ovvero il
Disability Manager. E uno degli aspetti più rilevanti di cui il Disability Manager si occupa è quello di
constatare la biografia personale e lavorativa del soggetto disabile, per raccogliere tutti gli elementi
che hanno contribuito ad influenzare l'esito del successo/insuccesso delle esperienze lavorative
passate e presenti. L'intervento del Disability Manager è legato alla prevenzione, ovvero ad un
intervento rivolto alla raccolta di tutte le esperienze di fronteggiamento della malattia nei vari ambiti
di vita, pregressi o relativi al lavoro, per prevenire o anticipare la ricaduta di malattie o incidenti.
16
Roncallo C., Sbolci M. (2011) Disability Manager. Gestire la disabilità sul luogo di lavoro. La legge 104/92 è stata sottoposta a
modifica attraverso la Legge 183/2010 che ha esteso il diritto ai permessi lavorativi oltre al coniuge, anche ai parenti e affini entro il
secondo grado, solo in determinate condizioni, le agevolazioni possono essere rivolte ai parenti e affini di terzo grado delle persone con
disabilità da assistere.
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L'esperto deve concepire il modello di intervento in relazione all''azienda nella quale agisce,
considerando il punto di vista del datore di lavoro e intervenendo su tre livelli: lavoro, ambiente
interno ed ambiente esterno, garantendo l'equilibrio dinamico e utili interventi.
Il Disability Manager è in grado di intervenire su tre aspetti:
• prevenire gli elementi di deterioramento/ricaduta17
in base alla storia personale-
professionale del lavoratore disabile;
• trattare le diverse condizioni strategiche ed essenziali per offrire un metodo di intervento
autonomo e proficuo;
• gestire le relazioni intra ed extra aziendali, in sincronia con le figure interne ed esterne al
contesto aziendale (Roncallo, Sbolci, 2011).
Un esempio pratico a sostegno di ciò che è evidenziato sopra è il caso di una donna di 42 anni,
Maria, una dipendente presso il centralino di un ente pubblico con un rilevante deficit visivo;
durante i diversi colloqui di selezione, il disability manager attiva interventi di consulenza clinica
organizzativa focalizzando l'attenzione sull'aspetto empatico e attivando in lei capacità di
fronteggiamento delle diverse situazioni lavorative, in particolare nell'utilizzo del pc, dei diversi
dispositivi informatici all'interno della struttura, nonché nelle diverse modalità relazionali con gli altri
colleghi e la dirigenza; ciò dimostra come il Disability Manager è in grado di raccogliere esperienze
di vita del disabile e rielaborarle in chiave di ottimizzazione delle perfomance aziendali e del
benessere della persona stessa.
Inoltre, come descritto dalla Dottoressa Mariacarla Sbolci, psicologa psicoterapeuta cognitivo-
comportamentale e consulente esperta di Disability Manager per l’Università degli Studi di Genova,
un vero Disability Manager forma gli altri manager in una gestione a 360° del disabile. Dal punto di
vista del disabile invece, la figura del Disability Manager è una risorsa vera e propria a cui
rivolgersi, significativa per la gestione delle difficoltà sia oggettive sia soggettive. In altre realtà
come IBM è ancora la figura del Diversity Engagement Partner ad avere una funzione di
coinvolgimento del lavoratore disabile all’interno della sfera lavorativa e di sostegno in caso di
disabilità sopravvenuta.
2.2.3. Colloquio di assunzione del lavoratore disabile
Il Disability Manager, o chi per esso, trova nel colloquio uno degli strumenti principali d'elezione
per promuovere la possibilità di integrare a tutti gli effetti il lavoratore disabile. Il colloquio
individuale, definito anche di "monitoring", permette di fornire un supporto multimodale al
lavoratore disabile, valutando le diverse capacità del soggetto, quali quelle cognitive, relazionali e
le metacapacità18
. Queste ultime, come sostenuto dalla Dottoressa Sbolci, sono le più importanti in
quanto riguardano il pensare, riflettere su sé stessi permettendo di entrare in empatia con le
proprie risorse e limiti, senza nascondersi dietro false capacità.
La fase del colloquio è suddivisa in tre prassi:
1. Fase di Apertura: il Disability Manager stabilisce nelle prime fasi del colloquio un clima
disteso e positivo attraverso l'ascolto attivo e la riformulazione di feedback, consentendo,
così, all''interessato di sentirsi partecipe dell'incontro;
17
Nel libro Disability Manager. Gestire la disabilità sul luogo di lavoro (2011) Roncallo e Sbolci parlano di elementi di
deterioramento/ricaduta sottolineando uno dei compiti fondamentali alla quale il disability manager è chiamato a rispondere, ovvero la
sua capacità di adottare durante la CCO un atteggiamento proattivo nei confronti del soggetto disabile, stabilendo un rapporto empatico
basato sul "far comprendere di comprendere".
18
Le metacapacità evidenziate da Roncallo e Sbolci (2011) fanno riferimento alle diverse forze interne a cui il candidato può attingere
nei momenti critici, come flessibilità, visione positiva, motivazione ad apprendere cose nuove.
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2. Fase di Svolgimento: fase particolarmente delicata, in cui il si analizza la storia lavorativa
del disabile, la sua formazione pregressa, la sua biografia aziendale e la sua soddisfazione
o frustrazione del momento; in questa fase è importante stimolare comprensione,
compliance e aggancio emotivo nel dipendente disabile;
3. Fase di Chiusura: momento in cui si stabilisce una profonda relazione che, una volta
stabilita, può considerarsi beneficio acquisito da parte del lavoratore disabile; tale legame
funge da "filo conduttore"19
tra dipendente disabile e azienda per tramite del Disability
Manager.
19 Nel libro Disability Manager. Gestire la disabilità sul luogo di lavoro (2011), Roncallo sottolinea l'importanza del disability manager di
offrire al lavoratore disabile la possibilità di stabilire ulteriori incontri durante le attività lavorative dove poter nuovamente intraprendere la
consulenza organizzativa.
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3.Vantaggio competitivo della gestione della diversità
Il DM si configura come un complesso processo di cambiamento volto a costruire rinnovate culture
aziendali, plurali e scarsamente imitabili, dove la differenza raffigura lo sviluppo delle performance
aziendali (Ivancevich e Gilbert, 2000; Kirton e Greene, 2005). Infatti, studi a livello internazionale
hanno evidenziato come una gestione appropriata della diversità all'interno dell'azienda porti a
soddisfare una serie di bisogni economici legati alla riduzione dei costi organizzativi, all'aumento
nelle vendite, nelle quote di mercato e nei profitti fino all'aumento del valore azionario, creando
quindi vantaggio competitivo.
3.1. Il business case per la diversità20
Per descrivere l'insieme delle informazioni necessarie per condurre le aziende a considerare un
investimento si usa spesso il termine "business case". Il business case per gli investimenti nella
diversità della forza lavoro è frammentario ed è ad uno stadio di sviluppo più arretrato rispetto a
quello per altre forme di beni immateriali. È più sviluppato negli Stati Uniti e in Canada che non in
Europa. Le ragioni sono molteplici, tra le principali:
• quantificare i costi e benefici allo scopo di produrre un'analisi tradizionale dell'efficienza in
termini di costi è difficile. Molti benefici sono estremamente legati allo specifico contesto
aziendale o difficili da misurare;
• la gestione della diversità dovrebbe essere il punto di arrivo di un processo di cambiamento
culturale all’interno dell’azienda e non una mera strategia di facciata destinata ad esaurirsi
velocemente. Ciò che misura l’efficacia di politiche per la diversità è soprattutto la loro
sostenibilità;
• molti investimenti effettuati dalle aziende in politiche di promozione della diversità si limitino
alla mera osservanza della legislazione vigente o ad azioni di mera “charity”.
3.2. Vantaggio competitivo
Nel caso in cui due o più imprese competano all’interno dello stesso mercato, si dice che
un’impresa possiede un vantaggio competitivo sui suoi rivali quando ottiene in maniera
continuativa una redditività superiore, o quando ha la possibilità di conseguirla21
. Il vantaggio
competitivo viene indiscutibilmente a legarsi al valore professionale del capitale umano e al grado
di motivazione impiegato da quest’ultimo nel processo di produzione. Il capitale umano, dunque,
non è più un mezzo per raggiungere un fine, ma rappresenta la risorsa principale che l’azienda ha
a disposizione per raggiungere un obiettivo, lungo tutto il processo produttivo, e per conseguire
vantaggio rispetto ai competitors22
.
E quali sono, in concreto, i vantaggi che un orientamento volto alla diversity può portare
all’impresa?
Diversi studi hanno dimostrato che le politiche di Diversity Management hanno un impatto positivo
su vari aspetti, tra cui il miglioramento degli stili manageriali, le competenze e le performance in
aree come la comunicazione, la gestione del personale, l’individuazione degli obiettivi e la
pianificazione23
. La Commissione Europea ha condotto nel 2003 una ricerca dal titolo “Costi e
Benefici della Diversità” nella quale sono stati rilevati da un campione di 200 imprese comunitarie i
20
Commissione Europea, Costi e Benefici della Diversità, Bruxelles, 2003
21
Grant, L’analisi strategica per le decisioni aziendali, Il Mulino, Bologna, 2006
22
Cuomo, Mappelli, Diversity Management. Gestire le differenze individuali nell’organizzazione che cambia, Guerini e Associati, 2007
23 Keil M., Amershi B., Holmes S., Jablonski H., Lüthi E., Matoba K., Plett A., von Unruh K. (International Society for Diversity
Management) (a cura di), Manuale di formazione sul Diversity Management, 2007
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17
principali benefici percepiti che la diversità può apportare al business delle organizzazioni24
.
Un’altra ricerca condotta da McKinsey & Company nel 2015 ha analizzato la relazione
intercorrente tra il livello di diversità presente in azienda e le relative performance finanziarie
(misurate sulla base dell’EBIT medio del triennio 2010-2013) e ha rilevato un’interessante
connessione tra gruppi di leadership diversificati e migliori risultati economici. Dalla ricerca, infatti,
emerge che le migliori quattro aziende in termini di gender diversity hanno il 15% in più di
probabilità di ottenere risultati finanziari sopra la media nazionale del loro settore; nel caso di
racial/ethnic diversity la probabilità sale al 35%. Al contrario, le aziende che si collocano in fondo
alla classifica in termini di diversity management hanno statisticamente minori possibilità di
raggiungere risultati sopra la media nel relativo mercato. I risultati variano in base al paese di
riferimento e al settore operativo, per es. negli USA le aziende con il 10% in più di diversity hanno
ottenuto EBIT di 1.1% maggiori rispetto ai competitors, nel Regno Unito aziende con il medesimo
livello di diversità hanno registrato EBIT maggiori del 5.8%. Negli USA il racial/ethnic diversity ha
un impatto maggiore sui risultati finanziari rispetto al gender diversity, in UK, invece, il trend è
invertito25
.
24 Commissione Europea, Costi e Benefici della Diversità, Bruxelles, 2003. La relazione si basa su un sondaggio di 200 aziende in
quattro Stati membri dell'UE, revisioni della letteratura, otto studi di casi di programmi di promozione della diversità in sei Stati membri e
un totale di 48 interviste aimprese, organizzazioni imprenditoriali, governi nazionali, enti di difesa della parità, sindacati e organizzazioni
non governative.
25
Mckinsey & Company, Diversity Matters, 2015
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18
Nello specifico, è possibile suddividere i benefici apportati dal Diversity Management in due grandi
categorie: quelli sociali e quelli economici, i quali, influenzandosi reciprocamente, contribuiscono a
migliorare la produttività dell’impresa.
In questa parte dell’elaborato si analizzeranno solo i benefici economici che possano portare ad un
concreto vantaggio competitivo.
3.2.1 Vantaggi nel talent recruitment and talent retention: attrazione delle risorse
migliori
Un’impresa che dichiara di essere aperta ad ogni tipo di contributo utile e di valorizzare le capacità
dei suoi collaboratori ha certamente più possibilità di attirare e mantenere i talenti migliori, che
saranno affascinati dalla prospettiva di poter esprimere appieno le proprie potenzialità in un
ambiente libero dai pregiudizi26
. In più, ad essere attratte da questo genere di orientamento
saranno soprattutto persone dotate della stessa mentalità aperta e che condividono i medesimi
valori: ciò favorisce la diffusione e il radicamento degli ideali del Diversity Management nella
cultura organizzativa. Questo aspetto è di massima importanza per aziende come Edison che
incarnano una cultura organizzativa basata sulle diversità, o meglio, sull’inclusione delle diversità.
Per Edison è proprio questa cultura a rappresentare una vera e propria leva strategica in quanto
permette la soddisfazione degli stakeholders interessati all’argomento e inoltre, attraendo diverse
risorse, si entra in contatto con diverse esigenze, diversi territori e diversi punti di vista. L’unione di
questi tre elementi permette all’azienda di valorizzare al meglio la risorsa stessa utilizzandola
appunto in modo strategico. Avere una cultura aziendale che mira all’inclusione e alla
valorizzazione significa anche essere un’azienda evoluta, moderna, al passo con i tempi.
La capacità di attrarre le risorse migliori si pone come tema centrale per le aziende del presente e
del futuro, ed è dimostrato che una migliore gestione dei talenti può creare importanti rendimenti e
26 Manca, Diversity management e vantaggio competitivo: il valore della differenza. Verso un rinnovato concetto di impresa
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19
un potente ciclo virtuoso per il business27
; ciò è tanto più vero se si pensa che le pressioni
demografiche e la crescita economica hanno inasprito la concorrenza per il reclutamento di
personale qualificato e già a partire dagli anni ‘90 i talenti sono diventati difficili da trovare, o
quantomeno da attrarre, e disponibili sul mercato solo a prezzi elevati. In tale contesto, una
efficace gestione della diversità aziendale diventa fondamentale per aiutare l’azienda ad
assicurarsi un accesso privilegiato alle risorse presenti sul mercato, guadagnando un vantaggio
competitivo nel reclutamento e migliorando la sua rilevanza globale. Inoltre, in un mondo dove la
forza lavoro presente in azienda è sempre più diversificata, una efficace politica di diversity
management è un importante mezzo per attrarre le risorse più giovani disponibili sul mercato (c.d.
Millenials), più sensibili al tema della diversità perché cresciuti in un contesto più eterogeneo
rispetto a quello dei propri genitori. L’accesso a nuovi gruppi di lavoratori è il principale benefit
percepito dalle imprese. Superare la carenza di manodopera e avere maggiore accesso ad un
bacino più ampio di lavoratori con diversi background sono infatti le ragioni primarie per cui le
aziende implementano politiche di diversity management28
. Avere una forza lavoro diversa
significa, infatti, poter beneficiare di competenze nuove e originali e di sensibilità differenti, che
arricchiscono la cultura d’impresa. Elemento non secondario da tenere in considerazione è che la
diversità incrementa il livello di soddisfazione e orgoglio dei dipendenti e genera comportamenti
positivi nel posto di lavoro; la presenza di un numero sufficiente di rappresentanti di gruppi
minoritari stimola la fiducia e l’autostima degli individui. Inoltre, se si riconoscono e si rispettano le
esigenze e le attese di ogni soggetto, valorizzandone le potenzialità, il lavoratore sarà più motivato
a dare il meglio e sarà maggiormente coinvolto nei processi aziendali, con conseguente
incremento quali-quantitativo dell’efficienza e della produttività.
Una forza lavoro soddisfatta, motivata e ben integrata nel tessuto organizzativo permette di
diminuire i costi legati al turnover e ai tassi di assenteismo, di abbassare i livelli di conflittualità
rispettando le norme antidiscriminatorie ed evitando i costi derivanti da possibili cause legali. Per
entrambe le aziende intervistate queste condizioni portano anche ad un work-life balance migliore,
permettendo così alla forza lavoro di rimanere ancorata all’azienda stessa.
3.2.2 Migliori opportunità di mercato
Le imprese che possiedono una forza lavoro diversificata rispecchiano meglio la moltitudine di
interlocutori a cui si rivolgono, riuscendo ad intercettare con successo le loro esigenze anche
latenti e a fornire un mix di offerta specificatamente dedicato alle singole richieste, espandendo la
propria base clienti e costruendo un rapporto di reciproca fedeltà. “Un organico variegato sa
leggere meglio i bisogni di determinati gruppi di consumatori e quindi genera vantaggio
competitivo; in questo senso si realizzano opportunità di mercato nuove e inattese”29
.
Le aziende che scelgono la filosofia del Diversity Management, oltre ad essere avvantaggiate nella
capacità di rapportarsi con reti di fornitori e distributori anche all’estero, hanno, infatti, maggiori
opportunità di aumentare i proventi, dedicandosi a nuovi segmenti di mercato o gruppi
tradizionalmente esclusi. Un esempio può essere l’ideazione di prodotti per persone non vedenti,
come l’Internet Driver’s Licence di IBM Germany, un motore di ricerca parlante che permette ai
27
Mckinsey & Company, The war of the talent,1997
28
Keil M., Amershi B., Holmes S., Jablonski H., Lüthi E., Matoba K., Plett A., von Unruh K. (International Society for Diversity
Management). Op.cit., p. 18
29
Castellucci P., Martone A., Minelli E., Rebora G., Traquandi L., Diversity Mnanagement, Ipsoa, 2009
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20
non vedenti di navigare in Internet; oppure il Big Button Telephone della BT, disegnato da un
impiegato con l’artrite e che ha avuto grande successo per la sua facilità d’uso rispetto ad
alternative più piccole; o ancora il cibo multiculturale nei supermercati Tesco30
. Le imprese
orientate alla diversità sanno dunque cogliere e sfruttare al meglio queste nuove opportunità di
mercato, assicurandosi un vantaggio competitivo sulle organizzazioni più tradizionaliste e dalle
prospettive più ristrette. Come sostenuto da Edison, se l’azienda stessa conosce e ascolta i
territori in cui opera o ha l’obiettivo di farlo, la comprensione e la valorizzazione risultano più
semplici ed ottimali. Impegnandosi nella diversità come imperativo strategico, le aziende allineano
maggiormente la propria organizzazione con una clientela sempre più eterogenea. Ciò consente di
forgiare legami sempre più forti con i clienti sotto un duplice profilo: da un lato rende possibile
raggiungere i principali responsabili delle decisioni di acquisto e, dall’altro, permette di adottare
una prospettiva orientata ai bisogni del cliente.
Ma cosa vuol dire raggiungere i principali responsabili delle decisioni di acquisto e adottare una
prospettiva orientata ai bisogni del cliente?
• Raggiungere i principali responsabili delle decisioni di acquisto: gruppi eterogenei e
diversificati rappresentano la maggioranza della popolazione e tale maggioranza si rivela
decisiva quando si tratta di prendere decisioni riguardo agli acquisti (per esempio, nel
Regno Unito l'80% delle decisioni di acquisto sono prese da donne e si stima che entro il
2025 le donne possiederanno il 60% di tutta la ricchezza personale e controlleranno 400
milioni di sterline in più a settimana. Negli Stati Uniti, le stime del potere d'acquisto indicano
che gli individui LGBT controllavano 790 miliardi di dollari nel 2012 e si prevede che gli
afroamericani controlleranno 1,1 trilioni di dollari entro il 2015). Quindi, un team che rifletta
questi importanti gruppi demografici avrà una migliore comprensione delle loro decisioni di
acquisto e di come intercettarle31
.
• Avere una prospettiva orientata ai bisogni del cliente: è fondamentale che i dipendenti
di un’azienda riflettano le persone che servono per rispondere più rapidamente e
creativamente agli sviluppi del mercato. La diversità, infatti, aiuta le imprese a reagire più
efficacemente ai cambiamenti del mercato e alle nuove esigenze del cliente (Coca-Cola,
per esempio, si è assicurata che il 38% dei nuovi assunti statunitensi siano persone di
colore e ha istituito programmi di mentoring per sostenere la progressione e il
mantenimento delle persone appartenenti a minoranze. Walmart ha condotto analisi
comparative per comprendere la demografia di ogni paese in cui opera e incoraggiare ogni
paese a creare un proprio piano di diversità e inclusione che rifletta le esigenze locali32
.
30
Keil M., Amershi B., Holmes S., Jablonski H., Lüthi E., Matoba K., Plett A., von Unruh K. (International Society for Diversity
Management), Op. cit., p.18.
31
Mckinsey & Company, cit. pag. 17.
32
ibidem
La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo
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3.2.3 Creativity, innovation, better decision making and problem solving
Team che riflettono la composizione della clientela aziendale in termini di genere, etnia, cultura,
orientamento sessuale ed età si trovano in una posizione migliore per comprenderne le mutevoli
esigenze e sviluppare innovazioni vincenti. La diversità rende più probabile che l’organizzazione
agisca in modo inclusivo e promuova un mindset aperto in cui i lavoratori siano liberi di esprimere
opinioni e suggerire soluzioni creative. Attualmente la maggioranza dei CDA aziendali è composta
prevalentemente da uomini bianchi, eterosessuali e aventi un background culturale e
socioeconomico simile. In tale contesto le idee di donne, minoranze etniche, persone LGBT e
membri della generazione Y hanno minor possibilità di ottenere l'approvazione di cui hanno
bisogno per sentirsi valorizzati poiché il 56% dei leader non apprezza proposte di cui non vede
personalmente la necessità; l’omogeneità rischia di soffocare l’innovazione. La presenza di risorse
umane appartenenti a contesti differenti arricchisce l’organizzazione di contributi nuovi ed originali,
che alimentano lo sviluppo della creatività e dell’innovazione, imperativo per la sopravvivenza
dell’impresa nell’attuale contesto iper-competitivo. Punti di vista diversi contribuiscono a migliorare
la capacità di problem solving, apportando analisi critiche e soluzioni basate su prospettive anche
insolite. Il grafico che segue mostra come l’85% delle aziende intervistate da Forbes Insight
concordi sul fatto che una forza lavoro diversificata e inclusiva sia fondamentale per lo sviluppo di
nuove idee innovative33
.
Source: Forbes Insights, “Fostering innovation through a Diverse Workforce”
33
le informazioni contenute si basano sui risultati di un sondaggio e interviste individuali condotte da Forbes Insight. Sono state
intervistati 321 dirigenti con responsabilità in ambito di diversità il 44% dei quali sono membro di Consigli di amministrazione. In termini
di funzione circa il 32% degli intervistati appartiene all’ambito HR. Dal punto di vista geografico gli intervistati sono riportati in modo
abbastanza uniforme tra America (35%), Asia-Pacifico (34%) e Europa/Medio Oriente/Africa (31%).
La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
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3.2.4. Miglior reputazione e immagine aziendale
I benefici sopra elencati hanno un effetto diretto su uno dei beni intangibili più importanti per
l’organizzazione: la sua reputazione, ovvero il giudizio diffuso e sedimentato nel tempo che i
diversi interlocutori danno ai vari aspetti dell’impresa34
. Se opportunamente comunicate e
condivise con un pubblico più vasto, infatti, le attività di Diversity Management poste in essere
permettono di migliorare l’immagine aziendale interna ed esterna. L’attenzione per le risorse
umane, le partnership con le associazioni e con i gruppi minoritari, la proclamazione dei valori etici
dell’impresa (anche attraverso i Codici Etici), l’impegno a creare relazioni eque e durature,
contribuiscono a formare l’idea di un’organizzazione aperta, tollerante, propensa all’ascolto: un
luogo accogliente e stimolante per chi vi lavora, un’impresa affidabile e responsabile per tutti gli
stakeholder che vi si relazionano. Avere una buona reputazione rappresenta uno degli obiettivi
primari del management, in quanto permette di ottenere livelli superiori di profitto, di valore sui
mercati finanziari e di vantaggio competitivo. Un’azienda positivamente percepita e apprezzata,
infatti, è ritenuta credibile, responsabile e affidabile, e ciò aiuta a mantenere alta la fedeltà dei
clienti e degli altri interlocutori, incide sulla coesione interna, attrae nuovi talenti, aiuta ad acquisire
maggiore visibilità e a superare con maggior fiducia eventuali momenti di crisi. Ecco perché
sempre più imprese cercano di partecipare a premi e riconoscimenti che mettano in evidenza il
loro impegno a favore della diversità. Un esempio in tal senso è il LC Diversity Awards35
vinto nel
2017da IBM Italia. La vittoria è stata determinata dall’insieme dei progetti messi in campo
dall’azienda; nella motivazione, infatti, si fa riferimento alla pluralità di diversità incluse. Praticare il
Diversity Management comunicando in modo opportuno l’impegno e le attività svolte aiuta dunque
ad ottenere una buona e solida reputazione, base per un posizionamento strategico rilevante e
differenziante per l’impresa. Di seguito riportiamo il grafico che illustra i benefici ottenuti dalle
aziende che hanno adottato politiche di diversity. I più importanti riguardano il rafforzamento del
capitale organizzativo e del capitale umano, che insieme al capitale di conoscenza costituiscono i
beni immateriali che consentono alle aziende di creare valore36
.
34
Pastore A., Vernuccio M., Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management, Apogeo, 2008
35
Evento organizzato da LC Publishing Group nel luglio 2017, in collaborazione con Dentons, Gattai, Minoli, Agostinelli & Partners e
SEA, volto alla valorizzazione della diversità e alla garanzia dei diritti.
36
Commissione Europea, Costi e Benefici della Diversità, Bruxelles, 2003
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Questi vantaggi interconnessi tra loro portano, come sostenuto da Edison e IBM, ad un ritorno
economico quantificabile, dettato da valori economici chiari. Difatti, un engagement e un livello di
produttività alto, tassi di turnover e assenteismo bassi, una cultura basata sulla valorizzazione e
sull’inclusione, una reputazione aziendale ottima e una maggiore visibilità aprono la realtà
aziendale ad un bacino di opportunità che, se colte e valorizzate in modo adatto, possono portare
ad un ritorno economico proporzionato.
3.3. Costi e limiti
Bisogna tenere in considerazione che non sempre un percorso di Diversity Management è
facilmente implementabile, e che i benefici sono soprattutto a lungo termine, e dunque non
immediatamente percepibili o visibili nel conto economico dell’anno. La creazione di una forza
lavoro plurale e diversificata porta con sé anche delle criticità di gestione. Gli autori del libro
“Diversity Management. La diversità nella gestione aziendale”37
riportano i principali riduttori di
produttività legati al diversity:
• difficoltà di carattere culturale, per es. la frustrazione a causa della presenza in azienda di
persone che parlano diverse lingue sul luogo di lavoro ed emarginano quelli che non le
conoscono;
• la resistenza di ordine caratteriale e relazionale da parte di alcuni collaboratori a lavorare
con persone appartenenti a gruppi etnici, razziali o culturali diversi;
• le scarse interazioni sociali tra i membri di gruppi differenti;
• la difficoltà nella selezione e nella retention di persone appartenenti a gruppi minoritari;
37
Castellucci P., Martone A., Minelli E., Rebora G., Traquandi L., Op. cit., p. 18.
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• problematiche di tipo organizzativo (gestione delle ferie, risorse economiche, tempi dedicati
alla formazione, dipendenze dalle relazioni esterne, scarsa progettualità di carriera,
conciliazione dei tempi di vita-lavoro, basso interesse aziendale al tema, mancanza di
strumenti di valutazione e di monitoraggio...)
• la natura del business aziendale richiede una continua attenzione sugli aspetti di
geopolitica che influenzeranno i mercati di riferimento;
Accanto a questi aspetti merita una menzione particolare la comunicazione, altro fattore
fondamentale: parlare di diversità può collidere con la cultura prevalente, in quanto significa
mettere in discussione le proprie convinzioni e accogliere modi di vivere opposti ai propri. La
comunicazione interna in questo senso riveste un ruolo centrale, in quanto bisogna cercare di
diffondere una cultura su questi temi (spesso poco familiari) senza ricadere in stereotipi e
pregiudizi, avendo cura di utilizzare un linguaggio adeguato e rispettoso di tutti i gruppi identitari. Il
fine ultimo deve essere quello di creare un equilibrio tra identità personale e accettazione della
diversità, una sfida piuttosto complessa. Ulteriori ostacoli, come abbiamo visto, sono dovuti alla
difficoltà di creare parametri di valutazione per misurare le prestazioni legate al Diversity
Management, e al fatto che i progetti possono richiedere tempi lunghi e vari costi da sostenere. Tra
questi ultimi si possono individuare38
:
• costi di adeguamento alla normativa (formazione del personale, comunicazione interna ed
esterna sulle nuove politiche di diversity, attuazione degli obblighi di legge);
• costi delle politiche per la diversità legati all’implementazione delle attività di Diversity
Management (personale specializzato, formazione, sistema di monitoraggio, cambiamenti
organizzativi per la gestione del personale);
• costi di opportunità dovuti al tempo dedicato alle pratiche di diversity (i manager impegnati
in tali attività sottraggono tempo ai loro compiti abituali);
• costi legati ai rischi connessi all’implementazione di questo approccio, che possono anche
richiedere lunghi periodi di esecuzione.
38
Parmigiani L., Diversity Management in Europa, tra Stato e Impresa, dal sito
http://blog.sia-partners.it/change-management-hr/2008/06/04/diversitymanagement-in-europa-tra-stato-e-impresa/, 4 giugno 2008
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Conclusioni
L’obiettivo di questo elaborato è stato quello di analizzare il diversity management nelle sue sfere
d’azione e valutarne il conseguente vantaggio competitivo ed economico per le realtà aziendali che
lo adottano.
Un contesto sociale altamente diversificato ha indotto molte realtà aziendali ad affrontare questa
complessità rimodellando obiettivi, strategie e attività di gestione, tra cui il diversity management. Il
contesto è il risultato di diversi fenomeni, dalla globalizzazione in senso più ampio ai cambiamenti
demografici, accompagnati dai flussi migratori e da un aumento dell’attenzione verso tematiche più
umane, come il ruolo della donna o dei disabili all’interno di una organizzazione.
Per permettere all’azienda di rimodellarsi, stando così al passo con le esigenze del contesto
sociale in cui opera, come suggerito da Pietro Manca39
, vi sono delle caratteristiche necessarie:
mentalità, competenze e capacità di leadership multiculturali.
La prima porta con sé una cultura aziendale basata sull’accoglienza e sul “new thinking”, nonché la
propensione a considerare la realtà da più prospettive. Inoltre, ad accompagnare questa mentalità
vi è un approccio particolare, definito come “welcoming strangers”, caratterizzato dalla fiducia e
accoglienza del prossimo, eliminando così barriere sociali e stereotipi. Secondo la Dottoressa De
Benedictis, diversity engagement partner di IBM Italia, è importante creare una cultura
dell’inclusione che permetta alle diverse realtà aziendali di convivere insieme creando così un
network ampio basato sulle multiculturalità.
La seconda caratteristica è rappresentata da un vasto bacino di competenze multiculturali, nonché
da quelle capacità che afferiscono alla sfera della comunicazione avanzata e all’orientamento
basato sull’ascolto delle differenti percezioni e credenze.
La terza caratteristica è rappresentata invece dalla capacità di leadership, caratterizzata da due
dimensioni: influenza e problem solving sinergico. Le due dimensioni risultano fondamentali per
lavorare in modo armonico in un contesto multiculturale, dettato da stili di pensiero e comunicazioni
differenti.
La multiculturalità è un concetto chiave quando si parla di diversity management e si dovrebbe
inevitabilmente associare al termine inclusione. Includere è fondamentale e, secondo il Dottor
Giorgio Colombo di Edison, è lo stadio successivo alla diversità. Difatti con l’inclusione la diversità
può essere ritenuta un’opportunità e non una minaccia, trasformandosi così da una potenziale
debolezza a catalizzatore per il successo aziendale.
A seguito del nostro studio sul diversity management abbiamo individuato un possibile tracciato
dedicato all'applicazione nel settore aziendale/organizzativo della diversità che non sia legato
esclusivamente all'emissione di campagne filantropiche ma che diventi una "leva strategica"
integrata e correlata al business aziendale.
I punti fondamentali evidenziati sono tre:
1. Il primo è rappresentato dall’analisi della domanda in relazione alla nascita di nuovi
segmenti di consumatori. In base ai dati attuali, si nota una crescente attenzione al gender
diversity, in particolare a come le clienti donne siano coinvolte nell'80% degli acquisti di
beni di consumo nel Regno Unito e a come gay/lesbiche rappresentino un esteso
segmento di mercato. Seguendo, inoltre, i trend futuri, l'Europa accoglierà una numerosa
39 Trikey (2004),
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popolazione giovanile africana nel quinquennio 2026-2030 e gli ingressi annui sfioreranno
le 240 mila unità provenienti dal centro e sud Africa40
. Un’ulteriore attenzione futura sarà
rivolta al tema dell'age diversity. Una ricerca statistica chiamata "Metodo Delphi" -realizzata
da Bosch TEC, Carter & Benson e S3. Studium- mostra le tendenze legate al mondo HR e
ha delineato un possibile scenario del 2020 sulla base delle informazioni raccolte in questi
ultimi anni. Le aziende adotteranno un atteggiamento del tutto opposto per le posizioni
manageriali senior più elevate. Ci troveremo quindi sempre più di fronte a organizzazioni
orientate ai giovani, ma guidate da una inamovibile gerontocrazia41
. Le aziende
affronteranno efficacemente la questione dell'invecchiamento della popolazione.
Prenderanno in considerazione le aspirazioni dei soggetti più anziani, la suddivisione delle
mansioni in funzione dell'età e la gestione delle competenze, realizzando interventi di
formazione e sviluppo professionale su misura a seconda delle esigenze della popolazione
aziendale, 1e programmi per favorire la creazione di un clima favorevole al superamento
degli stereotipi di età, in un’ottica intergenerazionale.
2. Il secondo punto è rappresentato dalla self analysis aziendale che comporta, in primis, una
valutazione della mission, vision e cultura aziendale con una particolare attenzione al ruolo
della leadership (presenza di un leader carismatico che trasmetta i valori della diversity
secondo una logica top down rivolta ai dipendenti) e successivamente un'analisi interna dei
dipendenti attraverso l'utilizzo di tavole di confronto, survey, momenti di volontariato,
formazione e organizzazione del lavoro volte alla sensibilizzazione dell'ecosistema
aziendale (come riscontrato dall'intervista fatta ad Edison). Le aziende virtuose nella
gestione di politiche di diversity hanno il compito di diffondere le iniziative e gli obiettivi
raggiunti al fine di portare il tema dell'inclusione aziendale ad un livello di conoscenza
maturo e condiviso, ingaggiando in questo percorso anche le aziende più piccole (del
comparto, della filiera).
3. Il terzo punto è l’analisi positiva della concorrenza: un insieme di azioni che aiutino la
creazione di un marketplace volto a concorrere per un obiettivo comune, ovvero alla
divulgazione del diversity come valore culturale fondante ed identitario che non diventi un
ostacolo. IBM, ad esempio, è portavoce della social responsability rispetto a questo tema,
attuando azioni di sensibilizzazione rivolte ad aziende terze (compresi i suoi competitors),
così da creare un network ampio che permetta una diffusione immediata attraverso non
solo la semplice diffusione del fenomeno, ma anche attraverso la rete e la gestione di ruoli
ben definiti e una forte cultura organizzativa. IBM ha orientato l'attenzione anche su altri
aspetti del diversity management ed in particolare sul disability, come ad esempio il
complesso fenomeno della dislessia, ritenendo che le caratteristiche dei dislessici e delle
persone con DSA (in particolare la creatività, l’attitudine all’innovazione, l’abilità di adottare
punti di vista non convenzionali, le eccellenti capacità interpersonali e la grande
determinazione) incontrino pienamente le esigenze di rinnovamento dell'azienda per meglio
affrontare e percorrere le sfide di questo mondo. Secondo il presidente della Fondazione
Italiana Dislessia, il dott. Bovard, i lavoratori dislessici possono avere notevoli talenti
nell’elaborazione visiva e spaziale, sono particolarmente razionali nella gestione delle
difficoltà e nella risoluzione dei problemi, hanno eccellenti capacità di osservazione,
sviluppano ottime relazioni umane e possono eccellere in lavori che coinvolgono la
gestione del personale; proprio per questo aziende come IBM hanno, recentemente, deciso
di adattare i propri test psicoattitudinali a persone che vivono con questi disturbi affinché
40
Per approfondire www.ismu.org - "Migrazioni dall’Africa. scenari per il futuro" di Alessio Menonna (2015)
41
http://www.bosch-home.com/it/;
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non siano penalizzate in fase di selezione. Anche aziende come TELECOM Italia, in
collaborazione con l’Associazione Italiana Dislessia (AID) e con la Fondazione "Tender to
Nave" Italia Onlus, costituita dallo Yacht Club Italiano e dalla Marina Militare Italiana (Nave
Italia), hanno organizzato (in un'ottica di work-life balance) l’iniziativa "A bordo di Nave
Italia" destinata ai figli di dipendenti del Gruppo con dislessia e altri disturbi specifici
dell’apprendimento (DSA). I ragazzi hanno imparato le regole e la disciplina della vita a
bordo di una nave militare, seguendo stimoli e proposte suggeriti dagli educatori
dell’Associazione Italiana Dislessia.
In ogni passo sopra descritto, la sfida che fa da collante è solamente una ed è rappresentata
dall’obiettivo di creare basi solide per un futuro caratterizzato da un’inclusione totale, così da
eliminare il concetto di diversità come minaccia e innescare una serie di vantaggi collettivi a
sostegno dell'intera comunità.
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Ringraziamenti
La realizzazione di questo progetto è stato un percorso particolarmente formativo, che ci ha fatto
addentrare nella conoscenza e nell'analisi di uno dei fenomeni più rilevanti all'interno del mondo di
lavoro.
La realtà del diversity, ai nostri occhi, è apparsa inizialmente come un "mondo astratto", non
propriamente conforme alla cultura aziendale e alla concezione di business che le imprese, oggi
giorno, prediligono maggiormente. E invece abbiamo compreso che le cose non stanno proprio
così come immaginavamo….
Il nostro primo ringraziamento è rivolto alla nostra Tutor, Anne Cnops, che con la sua profonda
esperienza nel campo delle risorse umane, la sua estrema sensibilità nell'accogliere le nostre
perplessità iniziali sul tema, le forti capacità motivazionali di sollecitare nelle nostre menti visioni
più ampie, di riuscire ad appassionarci allo studio, ad approfondirlo e a renderlo nostro, è stata un
vero e proprio mentor in grado di guidarci in modo accurato ed estremamente formativo verso la
stesura dell'elaborato.
Un ringraziamento speciale è rivolto alle due realtà aziendali che ci hanno permesso di entrare
nelle dinamiche reali del mondo aziendale, e di comprendere il tema della diversity seguendo
un'ottica di inclusione culturale e sociale.
Grazie dunque a Giorgio Colombo, Executive Vice President Human Resources, ICT &
Procurement di EDISON, che ci ha raccontato la realtà organizzativa di Edison e di come questa
azienda si impegni continuamente e da anni nelle politiche di diversity, favorendo da un lato
modelli di integrazione sociale che rispondano alle singole richieste dei lavoratori e dall'altro alle
esigenze produttive in seno alle attività dell'azienda.
E grazie a Doriana De Benedictis e Consuelo Battistelli, Diversity Engagement Partners di IBM
Italia, con le quali abbiamo affrontato un altro aspetto rilevante del diversity management, il mondo
della disabilità, che si fonda sulla partecipazione attiva dell'individuo disabile, e con le quali
abbiamo anche parlato di come il disability management sia volto a valorizzare apporti e differenze
personali e professionali quali elementi essenziali per il conseguimento di un profitto sostenibile.
Ad arricchire questo contributo, esaminando l'aspetto più psicologico, è stata la testimonianza di
Mariacarla Sbolci, psicologa-psicoterapeuta e Docente presso l'Università Degli Studi di Genova,
consulente esperta nel campo della diversity e, in particolare, del disability management; un
ringraziamento speciale per la sua profonda esperienza sul campo, per averci dato la possibilità di
scoprire le grandi potenzialità del lavoratore disabile, per averci illustrato quale sia il vero ruolo del
disability manager e di come un lavoratore disabile possa mettere in atto una serie di metacapacità
rilevanti durante il colloquio di selezione.
Infine, un ringraziamento speciale alla Fondazione ISTUD Business School per averci dato la
possibilità di sperimentare questo grande tema, di approfondirlo, di analizzarlo in ogni suo
particolare, di aver potuto "toccato" aspetti positivi e negativi del mondo della diversità; di aver
scosso in ognuno di noi le coscienze, lasciandoci un profondo senso di appartenenza e
coinvolgimento verso questo tema.
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La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo

  • 1. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 Project work “KiA – Knowledge in Action” La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 A cura di: Irene Wanda Brovelli Aliai Lombi Silvia Magrone Luca Olivari Alessandro Massimo Roveda
  • 2. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 1 Indice Introduzione........................................................................................................................................2 1.Inquadramento................................................................................................................................3 1.1. Definizione............................................................................................................................................ 3 1.2. Nascita e sviluppo............................................................................................................................... 3 1.3. Obiettivi................................................................................................................................................. 5 1.4. Posizionamento................................................................................................................................... 7 1.5 Il nostro sondaggio............................................................................................................................... 8 2. Declinazioni della Diversità ..........................................................................................................9 2.1. I fattori della diversità.......................................................................................................................... 9 2.2 Focus sulla disability.......................................................................................................................... 11 2.2.1. Le normative legislative sul Disability Management............................................................. 13 2.2.2 Il ruolo del Disability Manager nel contesto aziendale .......................................................... 13 2.2.3. Colloquio di assunzione del lavoratore disabile.................................................................... 14 3.Vantaggio competitivo della gestione della diversità .............................................................. 16 3.1. Il business case per la diversità...................................................................................................... 16 3.2. Vantaggio competitivo...................................................................................................................... 16 3.2.1 Vantaggi nel talent recruitment and talent retention: attrazione delle risorse migliori...... 18 3.2.2 Migliori opportunità di mercato.................................................................................................. 19 3.2.3 Creativity, innovation, better decision making and problem solving ................................... 21 3.2.4. Miglior reputazione e immagine aziendale ............................................................................ 22 3.3. Costi e limiti........................................................................................................................................ 23 Conclusioni....................................................................................................................................... 26 Bibliografia ....................................................................................................................................... 30 Sitografia........................................................................................................................................... 32
  • 3. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 2 Introduzione Oggi ci troviamo in un’era caratterizzata da fenomeni globali che negli ultimi anni hanno ribaltato ogni tipo di nostra concezione, credenza, idea. L’era della globalizzazione, l’era della diversità, l’era della conoscenza. Spesso cogliamo la diversità come minaccia, la viviamo come ostacolo. Ci accostiamo alla diversità con sentimenti di sospetto, ansia, paura. Facciamo diventare l’incontro, scontro. Non ci muoviamo dal nostro pregiudizio, anzi ne intensifichiamo la presa. Il pregiudizio non è istintivo, non ci appartiene. Il pregiudizio è di matrice culturale. Educare alla diversità, educare all’accoglienza, educare all’inclusione ed educare alla valorizzazione sono le soluzioni. Educare per trasmettere, educare per cambiare. Cambiare il punto di vista, trarne un vero vantaggio è ciò che conviene, non è solo cosa buona e giusta ma anche necessaria per operare in un contesto di convivenza e di mercato globalizzato come quello attuale. E in un’epoca caratterizzata dalla diversità (culturale, etnica, di competenza, di esperienza etc), ognuno (l’individuo, il settore pubblico e il privato) deve fare i conti con questa dimensione. Ed è cosi che, nell’era della conoscenza, è sempre più presente e importante in azienda il tema del Diversity management, che è un approccio al management che tiene conto degli elementi della diversità: per le persone, per i mercati quindi per i clienti, per gli stakeholders in generale. Il Diversity management pone le sue basi nel secolo scorso ma evolve e si espande solamente negli ultimi decenni. Ma questo approccio è tenuto realmente in considerazione? Viene valorizzato davvero? In questo elaborato si cercherà di approfondire questo approccio di management, analizzandone l’evoluzione, le sue declinazioni e il suo impatto in termini economici sul business aziendale. Il lavoro è partito dall’esigenza di documentarsi sul tema di Diversity Management per entrare in confidenza con i termini, i ruoli e gli ambiti di azione. Successivamente abbiamo cercato di individuare i risvolti originali da scandagliare; a questo proposito abbiamo pensato di rendere più attuale la riflessione sul tema della diversità costruendo un sondaggio e divulgandolo nel network di Istud e ciò ha appunto permesso di avere una panoramica più esaustiva della conoscenza che si ha del fenomeno nel tessuto aziendale italiano. L’approccio si è caratterizzato per la costruzione di un percorso che gradualmente conducesse a svelare le leve strategiche adottate dai contesti aziendali per ottenere un vantaggio competitivo rilevante. Per approfondire questo aspetto abbiamo integrato il nostro lavoro con interviste a due manager d’ azienda: abbiamo avuto l’occasione di confrontarci sia con le Diversity Engagement Partners di IBM Italia, Doriana De Benedictis e Consuelo Battistelli, sia con l’Executive Vice Presidente Human Resources, ICT&Procurement di EDISON Giorgio Colombo e l’ HR manager Anna Silvia Cappelli, con i quali abbiamo indagato aspetti concreti della gestione della diversità e della disabilità e come questi possano determinare un valore aggiunto per le aziende. Infine, con l’intervista a Maria Carla Sbolci, psicologa-psicoterapeuta docente all’Università Studi di Genova, abbiamo discusso le politiche legislative legate all’inserimento lavorativo dei disabili e alla gestione della figura del disabile all’interno dell’azienda.
  • 4. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 3 1.Inquadramento 1.1. Definizione Il diversity Management (nel testo anche DM) è un approccio rivolto alla gestione delle risorse umane finalizzato alla valorizzazione e inclusione delle differenze di cui ciascun individuo si promuove come portatore di valore all’interno dell’organizzazione e distingue due macro- dimensioni della diversità: la dimensione primaria e la dimensione secondaria1 . La dimensione primaria è evidenziata in quelle differenze che fanno riferimento ad elementi come l’età, il genere, l’origine etnica, che fanno parte di un patrimonio innato dell’individuo e che non possono essere modificate. La dimensione secondaria è relativa a quegli elementi acquisiti nel tempo come, ad esempio, il background educativo, la situazione familiare, la localizzazione geografica, il reddito, la religione, l’esperienza professionale/competenze che, differentemente rispetto alla dimensione primaria, statica e incontrovertibile, possono essere modificate più volte o abbandonate nel corso del tempo. Una questione di fondamentale importanza della quale il Diversity Management si occupa, è comprendere in che misura il management possieda le giuste competenze, le attitudini e le abilità necessarie alla valorizzazione delle differenze. Il diversity Management non è inteso come un approccio diretto a favorire l’inserimento nel mercato del lavoro di soggetti che appartengono a gruppi presenti in misura minoritaria, né deve essere inteso come una moda manageriale che mira ad elevare la brand reputation realizzando interventi “copia-incolla” di soluzioni adottate dalle realtà organizzative più avanzate, ma si focalizza sostanzialmente sul personale e sulla gestione delle loro diversità come risorsa fondamentale di vantaggio competitivo per l'azienda2 . L'adozione di tale approccio tenderà ad esercitare un'influenza rilevante rispetto alle diverse scelte di gestione delle human resources, cioè sulle soluzioni da adottare per determinare come e quando pianificare, selezionare, valutare, motivare e gestire il personale di cui l'organizzazione ha più bisogno per la realizzazione delle attività a breve e a lungo termine3. 1.2. Nascita e sviluppo I fenomeni che hanno innescato la nascita di questa strategia sono stati differenti: dai cambiamenti demografici dovuti al flusso migratorio alla lotta femminista per la strutturazione di nuovi ruoli, passando per l’attenzione ai temi maggiormente umani come la multiculturalità e la disabilità. Tra i fenomeni scatenanti vi sono anche l’aumento dell’età media dei lavoratori, la globalizzazione e le quattro Rivoluzioni Industriali. Passando per questi fenomeni, le imprese si sono quindi trovate all’interno di un contesto sociale altamente diversificato, le sollecitazioni esterne hanno indotto le aziende ad affrontare questa complessità e a rimodellare obiettivi, strategie e attività di gestione. La sfida per le aziende è stata (e rimane tutt’oggi) proprio quella di integrare tutti questi fattori in un nuovo mindset aziendale, un cambio di paradigma per porsi in equilibrio dinamico con la società, per assumersi l’impegno di osservare la realtà, interpretarla, e gestirla. Il DM nasce per condurre l’azienda in questo processo di cambiamento e aiutarla a ricalibrare la propria Mission e Vision aziendale. Pertanto, per analizzare l’evoluzione del DM non si può prescindere da un excursus storico sui cambiamenti sociali più rilevanti dell’ultimo secolo. • Seconda rivoluzione industriale (1870 – 1945). Le nuove tecnologie spodestarono i laboratori artigianali e le piccole imprese a favore di impianti di grandi dimensioni e di società ad azionariato diffuso (public companies)4 ,questo produsse dei cambiamenti strutturali anche nella gestione del mercato, la concorrenza non si basava più solamente sulla sottrazione delle quote di mercato attraverso oscillazioni di prezzo e qualità del prodotto, ma il sistema dipendeva dall’innovazione dei prodotti e dei processi (riduzione di 1 Loden, Implementing diversity, 1996. 2 Barabino, Jacobs, La diversità nella gestione delle risorse umane, 2000. 3 Solari, La gestione delle risorse umane. Dalle teorie alle persone, 2004. 4 p. 70 Adulti e lavoro – una prospettiva pedagogica – A. Gargiulo Labriola - ED INSIEME collana pedagogica degli adulti
  • 5. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 4 costi, degli scarti e dei consumi energetici). Grandi impianti richiedono lo sviluppo di nuove capacità organizzative, di gestione delle risorse e l’inserimento di nuove figure lavorative: da una parte i tecnici dall’altra un’indistinta massa di categorie operaie senza qualificazioni. F.W. Taylor con la sua “Organizzazione scientifica del lavoro” razionalizza estremamente il sistema di produzione riducendo l’iniziativa individuale e l’autonomia esecutiva dell’operaio per poter compiere il lavoro nel minor tempo possibile, il lavoratore diventa un’appendice della macchina, il lavoro in serie è programmato e scevro da ogni personalizzazione del ritmo di esecuzione e del pensiero, sono la macchina e il nastro a definire cosa fare e quando. Il modello taylorista è stato messo in discussione a causa del trattamento disumanizzante riservato al lavoratore, trattato come un automa, con una totale indifferenza verso la sua identità, intelligenza e creatività. Infatti, quegli anni furono segnati dal malcontento e la frustrazione perché gli operai persero la motivazione, non riconoscendo nulla di loro stessi nell’attività eccessivamente routinaria e particolarmente stancante. In questo contesto Elton Mayo5 ridiede valore al capitale umano teorizzando l’effetto Hawthorne6 e fondando Human relations Movement, la sociologia industriale che pose molta attenzione allo studio dei processi motivazionali del lavoratore. Nel contesto industriale si introdusse per la prima volta il termine Human Factor a rimarcare la rivalutazione dei lavoratori come individui e non ingranaggi. In quegli stessi anni si sperimentarono pratiche di work life balance, si cercò di conciliare interessi lavorativi e interessi familiari privati creando delle garden cities in cui far vivere i lavoratori in un ambiente più salubre e in cui far crescere le loro famiglie. Queste iniziative produssero vantaggi alle imprese migliorando l’efficienza produttiva, diminuendo i tassi di assenteismo e riducendo i turn-over dei lavoratori. • Post- fordismo e inizio della terza rivoluzione industriale (1950-2000). È una rivoluzione tecnologica (elettrotecnica e computerizzazione) nella quale l’uomo viene posto in un ruolo diverso: da esecutore a controllore e manutentore della macchina. In questa trasformazione il lavoratore diviene centrale nell’intero processo produttivo poiché deve conoscere tutte le fasi che lo compongono e capirne il funzionamento per poi andare ad agire là dove serva in sostegno alla macchina7 . 5 (1880 – 1949) Sociologo australiano fondatore del Human relations Movement.https://www.diritto.it/articoli/lavoro/giacca.html 6 Il nome proviene dalle Officine Hawthorne dove nel 1924 fu avviato un programma di ricerche sperimentali sulla produttività. Dopo una serie di rilevazioni si introdusse una variabile fino ad allora non considerata, […] “il cosiddetto ―fattore umano, ovvero il complesso dei fattori psicologici latenti che condiziona il comportamento manifesto dei soggetti.” Questo fenomeno consisteva nel comportamento dei lavoratori, consapevoli di essere osservati. In questo gruppo si presentò un miglioramento delle prestazioni lavorative e di conseguenza un aumento della produttività; se ne dedusse che i lavoratori traggono la loro motivazione da aspetti emotivi più che dalle ricompense finanziarie. La soddisfazione nel lavoro è di natura non economica http://www.igorvitale.org/2013/11/28/elton-mayo-effetto-hawthorne-significato-risorse-umane/ 7 Un altro forte cambiamento che incide sul fattore umano e quindi interessa il DM proviene dal Giappone, l’ingegnere Tajichi Ohno lui e il suo team (Sakichi e Kiichiro Toioda) svilupparono un modello integrato modernizzando la struttura funzionale vigente, in una struttura divisionale. Questo cambiamento preferisce l’integrazione delle funzioni, riduzione dei livelli gerarchici e il decentramento delle responsabilità, di fatto snellisce l’intero processo di produzione e avvia il modello “just in time” che produce sulla base delle richieste di mercato eliminando i prodotti in eccesso, la merce invenduta, i costi di magazzino ecc. Questa modifica tocca anche l’ambito delle risorse umane perché di nuovo serve una rivalutazione del personale lavorante, essi vengono coinvolti nei processi produttivi con nuove competenze, tra cui l’intraprendenza, la cooperazione e l’assunzione di nuove responsabilità decisionali. Nel 1980 (morgana.unimore.it/rinaldi_alberto/Lezione_Relazioni_di_Lavoro_28-03-14.ppt) Fiat sceglie di investire sull’innovazione tecnologica, ripetendo un errore del passato, trascurare il fattore umano. Crea la “Fabbrica ad Alta Automazione” (p. 81 Adulti e lavoro) (FAA - La FAA entra in crisi nel 1986 quando dalla produzione di un solo tipo di motore si passa a tre tipi; Aumentano gli inceppamenti; Dato che la qualità è incorporata nel processo, non appena c’è un piccolo inceppamento, l’intera linea si blocca. - morgana.unimore.it/rinaldi_alberto/Lezione_Relazioni_di_Lavoro_28-03-14.ppt) per ottenere la massima qualità e sicurezza possibili, questo modello tecno-centrico minimizza la razionalità e flessibilità umana rivelandosi fallimentare, nel 1986 il progetto va in crisi perché i macchinari non erano in grado di sostenere variabili diverse da quelle per cui erano state progettate9 , senza il sostegno di quadri in continua collaborazione con un team tecnologico e quindi una ristrutturazione anche organizzativa, il progetto sarebbe fallito.
  • 6. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 5 • Anni ’60, Stati Uniti. Le grandi aziende ebbero l'esigenza di valorizzare i talenti di lavoratori appartenenti ad etnie, religioni e background diversi. Con l'inizio del boom economico l'attenzione alla composizione dei gruppi di lavoro evidenziò l'eterogeneità degli individui e il conseguente bisogno di una regolamentazione tramite nuove leggi che mirassero al superamento delle discriminazioni. La classica condizione di "meltin' pot" negli Stati Uniti iniziò a far fiorire così una nuova sensibilità verso le minoranze inserite nel processo produttivo aziendale, le multinazionali iniziarono a individuare all'interno del proprio sistema i gruppi formati da diversità. Questo modello interpretativo pone le basi per sensibilizzare la popolazione e il concetto di uguaglianza funge da chiave interpretativa per attuare la nuova politica di trattamento personale ponendo gli individui a un livello paritario tra loro, ciò implica la possibilità di accedere ai medesimi strumenti con le stesse opportunità. Sul piano giuridico, ciò porta alla convinzione che un livellamento dei diritti corrisponda, in realtà, ad una più ampia visione del riconoscimento dei diritti individuali. In questi anni misure di DM sono ad esempio quelle volte a correggere la sotto rappresentazione di certe categorie di gruppi in determinati ambiti professionali (modifiche dei processi di reclutamento, di selezione e di assunzione), oppure le azioni volte a formare i lavoratori in materia di discriminazione, o ancora tutti quei sistemi di monitoraggio per assicurarsi l’effettivo rispetto delle regole antidiscriminazione. Sorgono in concomitanza nuove politiche di marketing più attente ai bisogni delle varie fasce dei consumatori ed indirizzate verso i vari criteri di identificazione, nascono così le cosiddette strategie one-to- one che permettono varianti individuali e di progettualità accolte e richieste dai consumatori stessi. • Anni ‘70/’80, Italia. In Italia l’attenzione nei confronti dei temi di diversity e inclusion nasce a partire dagli anni ’70 con le prime leggi sulla parità di trattamento tra uomini e donne (l. 903/77). Dalla fine degli anni ’80 si è avviato un processo di cambiamento dell’assetto culturale aziendale che prevede maggiore attenzione all’inclusione delle diversità che stavano sorgendo nella società e ciò ha permesso, ad esempio, l’adozione di leggi sul diritto al lavoro dei disabili (l.68/99) e sulle quote rosa (l.120/2011). 1.3. Obiettivi Il diversity management, inteso come approccio teorico-pratico, evidenzia, nella sua complessità, una serie di obiettivi a medio e lungo termine, finalizzati alla capacità di rispondere con flessibilità alle domande di un mercato globalizzato sempre più esigente. In relazione alla problematica di una crescente diversificazione delle risorse umane per genere, età, orientamento sessuale, cultura, lingua, religione e competenze, come fonte di turbolenza e disagio, il diversity management si propone, da un lato, di andare ad indagare tutti quei processi che, nei diversi contesti lavorativi, generano conflitti sulla base della percezione della reciprocità fra le persone e, dall’altro, ambisce ad essere una "nuova via" nelle diverse politiche di riduzione della discriminazione (Gilbert et al., 1999), mirando non soltanto ad introdurre programmi che fungano da rimedio alle iniquità sociali, ma soprattutto alle necessità di business (performance, mercati) e al riconoscimento del valore della diversità. Tali aspetti producono un ambiente di lavoro più equilibrato e inclusivo, nel quale viene promossa costantemente l’interazione tra i diversi gruppi e dove il singolo è fortemente motivato ad esprimere le proprie attitudini e potenzialità individuali. Un altro obiettivo, a lungo termine, che il diversity management si prefigge è quello di andare ad intervenire per modificare gli effetti indesiderati sulla produttività aziendale, sul clima organizzativo e di gruppo e sul benessere lavorativo, ad esempio un basso livello di engagement nel team working, problemi di comunicazione e coordinamento. Infatti, le ragioni primarie per cui le aziende implementano politiche di Diversity Management sono legate all'accesso di nuovi gruppi di potenziali lavoratori,
  • 7. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 6 superando la carenza di manodopera e avendo un maggiore accesso ad un bacino più ampio di lavoratori con diversi background lavorativi e personali8 . Le aziende che possiedono una forza lavoro diversificata riproducono meglio la moltitudine di interlocutori a cui si rivolgono, riuscendo ad intercettare con successo le loro esigenze anche latenti e a fornire un mix di offerte dedicato alle singole richieste, espandendo la propria base clienti e costruendo un rapporto di reciproca fedeltà. Un altro obiettivo a lungo termine del diversity management è legato alla capacità di potenziare la creatività e l’innovazione che si sprigiona dai gruppi diversificati, generando profitto e benessere 9 . La presenza di personale diversificato porta con sé un'ampia gamma di conoscenze utili allo svolgimento dei diversi compiti; tale diversificazione aiuta il gruppo ad analizzare le diverse alternative di scelta, producendo un maggior numero di idee e conoscenze ed aumentando la riflessività non solo sul contenuto ma anche sul significato del proprio funzionamento di gruppo eterogeneo10 . Si lavora alla gestione della complessità essenzialmente su due piani: • Internamente all’azienda - Paradigmi di pensiero: cambiare la prospettiva con cui si osserva il mondo: non subire la globalizzazione ma viverla con naturalezza che implica il sentirsi omogenei proprio nell’eterogeneità; - Paradigmi di comportamenti: avere la profonda e sedimentata consapevolezza che la varietà etnica, religiosa, umana si traduca in vantaggi commerciali perché permette di avere uno sguardo più ampio ed essere più potente sul mercato, inoltre deve accogliere i bisogni e le preferenze dei lavoratori per creare un clima lavorativo motivante e accogliente, questo processo porterebbe ad un ampliamento delle possibilità di successo dell'intera azienda; • Esternamente all’azienda - Strategie di marketing - Strategie di comunicazione efficace La strategia del DM si evolve con le aziende e la società: si è passati da un approccio di tutela delle minoranze e delle pari opportunità all’approccio di valorizzazione delle differenze e delle competenze. Nel Diversity Management che si sta lentamente affermando in questi anni, non troviamo più il concetto di tolleranza delle minoranze, piuttosto si vogliono ridurre le discriminazioni dando alle diversità il loro giusto posto in azienda per poter soddisfare le esigenze di business. In linea con la dimensione fondamentale della quarta rivoluzione industriale in atto, ovvero la produzione di valore condivisa, integrata, in cerca di “connessione”. 8 Keil, Amershi, Holmes, Jablonski, Lüthi, Matoba, Plett e Von Unruh (2007) evidenziano come le aziende che possiedono una forza lavoro diversificata riproducono meglio la moltitudine di interlocutori a cui si rivolgono, riuscendo ad intercettare con successo le loro esigenze anche latenti e a fornire un mix di offerte dedicato alle singole richieste, espandendo la propria base clienti e costruendo un rapporto di reciproca fedeltà. 9 Argentero, Cortese e Piccardo (2010) evidenziano l'importanza del concetto di benessere organizzativo e di come questo aspetto produca un ambiente di lavoro più equilibrato e inclusivo, nella quale viene promossa costantemente l’interazione tra i diversi gruppi e dove il singolo è fortemente motivato ad esprimere le proprie attitudini e potenzialità individuali. 10 Autori come Basset-Jones (2005, p.170) evidenziano che il Diversity Management si riferisce all'impegno costante, sistematico e pianificato da parte dell'organizzazione di reclutare, ma soprattutto trattenere dipendenti con un background differente al fine di ridistribuire il potere organizzativo, allargando la partecipazione ai diversi processi decisionali ai diversi livelli organizzativi e contribuendo allo sviluppo delle opportunità di carriera di ciascuno.
  • 8. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 7 1.4. Posizionamento A livello organizzativo, l’azienda, adottando politiche di Diversity Management, definisce tutti gli elementi chiave del processo: attori, dimensioni da gestire in modo diversificato, linee di azione, politica e pratiche di gestione. In questa fase organizzativa del processo l’azienda può decidere di istituire specifici ruoli organizzativi legati al diversity management: gruppi di lavoro in linea con le ideologie del DM aziendale, o personale professionale incaricato di occuparsi della promozione del diversity management, o network di lavoratori chiarendo le responsabilità loro affidate. La scelta operata da alcune delle aziende più avanzate rispetto alla gestione delle diversità, quali AT&T, Baxter, Coca-Cola, IBM, L’Oreal, Sodexo, Virgin, è stata quella di creare ruoli o unità organizzative dedicate. Esempi di queste figure sono: • Diversity & Inclusion Leader (manager responsabile della gestione delle diversità delle persone in azienda); • Diversity & Inclusion Board o Committee (gruppi dedicati al tema, che dispongono di un budget di spesa, cui partecipano diversi senior manager guidati dal Diversity & Inclusion Leader che hanno il compito di discutere e definire le linee di azione che l’azienda deve seguire in ambito di strategia, politica e pratiche di diversity); • Diversity & Inclusion Steering Committee (gruppi di persone provenienti da tutte le funzioni di business, che hanno la responsabilità di assicurare la traduzione in pratiche operative della politica di diversity); • Diversity Champion (persone che promuovono all’interno dell’azienda i valori del diversity management favorendo il cambiamento culturale attraverso i loro comportamenti e le loro azioni quotidiane); • Employee Network Group ((gruppi di lavoratori auto-definiti a partecipazione volontaria, allineati con la vision e i valori aziendali e aperti a tutti, che vengono organizzati sulla base di specifiche affinità o interessi comuni). • Diversity Engagement Partner (IBM Italia). Questo ruolo, ricoperto in IBM Italia dalla Dottoressa Doriana De Benedictics e dalla Dottoressa Consuelo Battistelli, viene definito tale in quanto si impegna a coinvolgere le persone cosiddette diverse, così da permettere l’espressione di sé stessi e l’aumento della produttività di ciascun lavoratore. In Italia l’istituzionalizzazione di un ruolo specifico e professionalizzante dedicato alla gestione delle diversità è ancora appannaggio di poche realtà aziendali. Infatti, come evidenziato dalle indagini del 2015 del DM Lab della SDA Bocconi11 fatte su un campione di 150 aziende rappresentativo delle imprese italiane con più di 250 addetti, solo il 16% evidenzia l'esistenza in azienda di un'unità organizzativa specifica dedicata alla gestione della diversità, mentre un 23% ha istituito un ruolo di responsabile che si occupa di diversity. In alcuni casi però la figura rientra nel più generale ruolo di Responsabile Risorse Umane. In Edison Italia per esempio, come dichiarato dall’ interlocutore di una nostra intervista Giorgio Colombo (Executive Vice President Human Resources, ICT & Procurement di EDISON), non esiste un ruolo di Diversity Manager vero e proprio. La tematica è affrontata all’interno di due aree aziendali differenti: l’area delle Risorse Umane e l’area della CSR (Corporate Social Responsibility). Entrambe le aree collaborano sulla tematica della diversità, individuando politiche di gestione, valorizzazione e sensibilizzazione riguardanti il tema. 11 http://www.sdabocconi.it/it/sito/diversity-management-lab
  • 9. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 8 1.5 Il nostro sondaggio Per capire la situazione attuale, abbiamo deciso di sottoporre un sondaggio principalmente agli ex studenti dei Master ISTUD. Il sondaggio è stato caricato online sui canali social dei Master ISTUD, “Free Your Talent”, con una copertura di 876 persone (ex studenti, quindi persone che lavorano in azienda, e referenti aziendali) tra Linkedin e Facebook. Un primo dato significato deriva dalla quantità di risposte ricevute, 21. Pertanto si può considerare una sorta indagine “qualitativa”, su un campione esiguo ma qualificato. Prima di entrare nello specifico della materia in questione, si è deciso di indagare il background degli intervistati, chiedendo sesso, età e posizione ricoperta in azienda. Per quanto riguarda il sesso, le donne che hanno partecipato sono 16, mentre i restanti 5 sono uomini. La fascia d’età è quella di 30-40 anni, mentre riguardo alla posizione c’è un’importante eterogeneità in termini di seniority. Per addentrarci nel tema, abbiamo posto la domanda “Hai mai sentito parlare nella tua azienda di Diversity Management?”; le risposte hanno delineato un profilo chiaro: il 76% non ha mai sentito parlare di Diversity Management vero e proprio nella propria azienda. Lo stesso dato, con un leggero incremento del 5%, si riflette sulla dimensione aziendale, nel senso che l’azienda per la quale lavora non attua politiche di Diversity Management. Poi abbiamo chiesto loro quali fossero le politiche aziendali riconducibili in qualche modo alla Diversity e i vantaggi presunti e/o percepiti. Riguardo le politiche adottate, hanno parlato di politiche per lo più incentrate su “Diversity e Inclusion” su gender, age, disability e LGBT. In altre risposte invece si è parlato di giornate di sensibilizzazione, di progetti inerenti modifiche al codice etico con interventi della direzione in caso di comportamenti discriminatori. In riferimento ai vantaggi, viene sottolineata l’attrazione e l’ingaggio dei talenti in azienda laddove siano presenti azioni di diversity management, più o meno esplicitate. Inoltre, sempre in favore del Diversity, hanno parlato di una cultura aziendale più in linea con le esigenze di mercato che permetta una più facile comprensione del mercato stesso. Toccando il tema delle difficoltà nel portare avanti politiche e/o iniziative di Diversity Management, il 50% riferisce che la propria azienda ha trovato delle difficoltà, in particolare nei requisiti formali, nella resistenza al team working e nelle persone, definite restie al cambiamento. Inoltre, solamente due persone sarebbero disposte ad un confronto riguardo il tema, dato chiaro ed esplicativo della maturità riguardo all’argomento.
  • 10. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 9 2. Declinazioni della Diversità 2.1. I fattori della diversità I principali fattori che in Italia comportano Diversità sono molteplici12 : • Age Diversity inteso sia come divario generazionale tra lavoratori di una stessa organizzazione, sia come esclusione di lavoratori over 45 dal mercato del lavoro e la conseguente difficoltà al reinserimento. Per rispondere a questi fenomeni le iniziative più diffuse a livello italiano sono il Reverse Mentoring (scambio di competenza tra nativi digitali e senior), il Life Long Learning (riadattare le competenze di un profilo senior alle nuove esigenze dell’azienda), mobilità occupazionale e sviluppo di carriera per i dipendenti senior e ritiro graduale. Nell’ottica di valorizzare e responsabilizzare profili senior in nuove mansioni, Atm ha organizzato per i dipendenti over 55 delle loro docenze presso la sua Academy e testimonianze nelle scuole. Vodafone realizza ‘contest’ interni dove lavoratori senior e lavoratori junior mettono assieme le proprie competenze per implementare con innovazione e creatività sistemi informatici complessi. Edison ha organizzato una giornata d’incontro e confronto tra senior e junior dedicata alla discussione dei valori aziendali. L’iniziativa ha riscosso un grande successo e numerose richieste di partecipazione tanto da rendere necessaria la chiusura anticipata delle iscrizioni. Ibm ha istituito il “The Re-Branding” Team: un tavolo di giovani chiamati a condividere le loro idee per rendere il brand attrattivo per le nuove generazioni13 . • Gender diversity si riferisce alle diversità e specificità di donne e uomini in relazione alle differenti strutture biologiche, diversi background culturali e diversa gestione della vita, sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Riguardo le politiche di gender, esistono due tipi di interventi: azioni di sviluppo e azioni di sistema. Le prime si concentrano sulla selezione e sullo sviluppo di carriera e le maggiori iniziative riguardano processi di accompagnamento, consulenza e formazione attraverso coaching individuale e ricollocamento post-maternità. Le seconde, le azioni di sistema, mirano a costituire network, gruppi di ricerca e programmi di conciliazione per accompagnare l'iter professionale delle donne. IBM ha istituito una serie di network femminili interni ed esterni per promuovere l'inserimento e la crescita delle donne, come il "Women in Technology Network" per incoraggiare lo studio delle materie tecniche e scientifiche; il progetto “Nerd” (acronimo di “Non è roba per donne”) volto a dimostrare che l’informatica non è una materia appannaggio dei soli uomini, trovando nuovi paradigmi per coinvolgere la popolazione femminile: si trascorrono due pomeriggi in laboratorio per imparare a sviluppare app o chatbot creative e divertenti con il metodo learning by doing. Il progetto è partito nel 2015 con alcune università e ha riscosso moltissimo successo, infatti nel 2018 verrà implementato in altri atenei come l’Università di Bolzano, Modena, Firenze, Napoli, Cagliari e Torino. IBM ha anche istituito l’ "European Women Leadership Council", volto a promuovere iniziative al femminile e aumentare il numero delle donne in azienda. A livello generale, Edison in pochi anni è passato da un tasso del 6% di presenza femminile al 21/22%. Inoltre, nel 2017, Edison ha organizzato una giornata sulle pratiche di sviluppo di leadership al femminile14 . 12 De Vita L., Il Diversity Management in Europa e in Italia. Franco Angeli, 2011. 13 www.atm.it; www.vodafone.it; www.ibm; www.edison.it 14 www.edison.it
  • 11. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 10 • Ethnic and cultural diversity: si riferisce alla presenza di differenze nelle abitudini culturali, nelle preferenze e nei valori di gruppi che convivono nel medesimo spazio sociale. Per quanto riguarda la situazione italiana, l’esigenza di integrare la forza lavoro straniera è aumentata esponenzialmente nell’arco degli ultimi anni. Un sempre maggior afflusso d’immigrati ha creato, infatti, la necessità di adottare nuove politiche gestionali volte all’inclusione della nuova forza lavoro. Tra le iniziative più rilevanti in tal senso rientra quelle adottata dal Gruppo Autogrill, volte a gestire il reclutamento presso il paese di origine individuando le figure professionali rare o carenti come elemento distintivo della propria politica di mercato. Edison ha istituito una giornata per la multiculturalità durante la quale ha proposto ai suoi dipendenti un menù multietnico, servendo cibi tipici di vari paesi stranieri e ha ingaggiato riflessioni sui temi della diversità religiosa e culturale. Una maggiore sensibilizzazione, secondo Edison, si traduce in un’apertura mentale tale da permettere un ascolto e una comprensione maggiore. La multiculturalità porta con sé anche il fenomeno del pluralismo religioso, in tal senso il Gruppo Pirelli ha istituito nelle sue sedi specifici spazi dedicati alla preghiera dei dipendenti musulmani e menù diversificati nelle mense aziendali. Altre azioni sono state rivolte ai dipendenti e manager italiani che hanno a che fare con una forza lavoro e una clientela multiculturale, ad esempio Banca Popolare di Milano ha promosso un corso di formazione per gli operatori di front-Office volto ad accrescere la conoscenza delle diverse culture al fine di facilitare l’accesso al servizio, migliorando l’aspetto relazionale e comunicativo. IBM organizza percorsi specifici destinati a dipendenti e team che lavorano con persone di culture diverse o che stanno per essere assegnati all’estero in modo tale da aumentare la consapevolezza delle differenze culturali per avvicinarsi ad un’ottica di superamento di eventuali divergenze ed ottenere la massima efficienza dai team di lavoro. In realtà multinazionali come quelle sopracitate, la multiculturalità è la base del business in quanto quotidianamente si relazionano con culture diverse. Una conoscenza più profonda si traduce in una maggiore comprensione delle diversità; anche per questo le aziende più virtuose nella gestione delle politiche di diversità si stanno impegnando nella promozione di iniziative rivolte ai giovanissimi (spesso figli di dipendenti)15 . • Disability: si intende “l’insieme delle strategie di prevenzione sul luogo che mirano ad evitare la disabilità o ad intervenire precocemente dopo la sua insorgenza, utilizzando servizi coordinati che riflettono l’impegno dell’azienda per il mantenimento dell’impiego da parte delle persone che vivono una limitazione funzionale” (Akabas et al, 1992: 2). Questo argomento sarà oggetto di trattazione nel paragrafo successivo. 15 www.autogrill.it; www.edison.it; www.pirelli.com/global/it-it/homepage; www.bpm.it; www.ibm.it;
  • 12. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 11 2.2 Focus sulla disability L’esigenza di trattare come tematica più approfondita la disabilità rispetto alle altre diversità nasce dall’evoluzione che il concetto ha subito recentemente, passando da una concezione del disabile come “oggetto” di puro assistenzialismo ad un crescente interesse per il ruolo sociale. Questo ha comportato alcune novità: • non è più solo l’ambito medico ad essere coinvolto, ma hanno un ruolo attivo anche coloro che si trovano ad interagire con le persone disabili (aziende e organizzazioni in primis); • la disabilità non viene più vista come una "tragedia personale", ma come una possibile risorsa in termini di vantaggio aziendale. L’ingresso di una persona disabile all''interno di un'organizzazione richiede che, questa, possa prendere una posizione rispetto alle diverse modalità di gestione della diversità (di cui la disabilità è solo una parte). Gli studi, dopo aver rilevato i possibili atteggiamenti delle organizzazioni, focalizzano la loro attenzione sui diversi benefici che la valorizzazione stessa della diversità può avere per l'intera azienda e per il personale all'interno. Non è presente attualmente un'univoca definizione di “Disability Management” che racchiuda tutte le diverse connotazioni che ha acquisito nei diversi contesti. Ciò è un compito arduo, per diversi motivi: • Differenti sfumature: la moltitudine di accezioni che il termine ha ricoperto nel corso degli anni ha generato, di conseguenza, pratiche e procedure differenti tra loro (Hunt, 2009: 8); • Legislazioni variegate: mentre alcuni sistemi, come quello italiano, francese o tedesco, prevedono direttamente gli interventi, altri contesti si limitano ad incoraggiare le pratiche che promuovono la conservazione dei posti di lavoro per i lavoratori disabili (Hursh, 1995: 22); • Culture: le diverse tradizioni culturali hanno condizionato non solo l’insorgenza ma anche lo sviluppo del Disability Management. Infatti, mentre negli USA una maggiore iniziativa lasciata alle imprese ha favorito una maggiore responsabilizzazione e iniziativa, in Italia la tradizione del welfare pubblico ha fatto in modo che la questione, fino ai tempi recenti, fosse esclusivamente delegata ai servizi pubblici statali (Angeloni, 2011: 45); • Orientamenti di ricerca diversi: gli studi che sono emersi focalizzano la loro attenzione solo su specifiche disabilità; ciò ha impedito, di fatto, la costruzione di un quadro molto più esteso e condiviso degli accomodamenti possibili e delle modalità per attuarli (Hogan et al, 2012: 2). Gli elementi che hanno favorito la differenziazione delle tradizioni del Disability Management possono essere quindi legati sia alle tradizioni di ricerca diverse sia ai differenti contesti culturali (Figura 1.)
  • 13. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 12 Figura 1 Il Disability Management, inizialmente, è nato come un set di pratiche designate per minimizzare l’impatto della disabilità insorta durante la vita lavorativa e permettere ai lavoratori di rimanere non solo all’interno delle organizzazioni ma di diventare un possibile vantaggio aziendale. In seguito, però, il concetto è stato ampliato ad un numero maggiore di categorie di lavoratori, fino a coinvolgere anche tutti quei soggetti che erano sempre stati esclusi dal mercato del lavoro. Questo accrescimento di prospettiva ha consentito di vedere il Disability Managemet non più solo come un insieme di strategie per fronteggiare le emergenze, ma come un vero e proprio processo negoziale tra i datori di lavoro e i lavoratori, che comporta il coinvolgimento e l'interessamento di tutta l’organizzazione. Attraverso un accurato studio e la continua analisi dei bisogni, il Disability Management è stato concepito come un dispositivo all''interno dell'azienda in grado di offrire una connessione tra la diffusione del benessere all''interno di un luogo di lavoro e l'esigenza di business (Roncallo, Sbolci, 2011). In pratica, a questo punto, è tutto il mondo della disabilità a poter usufruire degli interventi di Disability Management, e tutta l’organizzazione a prendervi parte. Tale nuovo orizzonte è stato ha preso corpo con il termine “Comprehensive Disability Management” (Harder, 2005: 2). Sulla base di tale prospettiva, aziende come IBM hanno attuato delle efficaci azioni di sistema, volte alla creazione di una cosiddetta "cultura dell'accoglienza", stimolando profondi cambiamenti strutturali all''interno dell'organizzazione, applicando delle linee guida per l'inserimento dei disabili in azienda. In caso di sopravvenuta disabilità, IBM, con la collaborazione del lavoratore nel riconoscere la propria disabilità, mette a disposizione diversi strumenti per facilitare la vita lavorativa e quotidiana attraverso degli orari maggiormente flessibili e una tecnologia assistita. Inoltre, IBM ha voluto sviluppare un innovativo e sofisticato servizio, il "Mobile Wireless Accessibility", con lo scopo di facilitare l'accessibilità e la mobilità per i lavoratori disabili e offrire loro le stesse opportunità di carriera degli altri dipendenti presenti in azienda. Disability Management Moltitudine di accezioni e pratiche Sviluppo di ricerche su selezionate disabilità Differenti tradizioni culturalli Normative variegate
  • 14. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 13 2.2.1. Le normative legislative sul Disability Management Dal punto di vista normativo, l'esistenza di rilevanti leggi nazionali ed internazionali, evidenziano l'importanza dei diritti delle persone con disabilità all''interno del contesto lavorativo e sociale. Sono esempi significativi, in questo senso, l’ADA (Americans with Disabilities Act) negli Stati Uniti e il DDA (Disabilities Discrimination Act) nel Regno Unito, che sono il punto di riferimento per la letteratura internazionale. In Italia, la Costituzione espone il diritto all’educazione e all’avviamento professionale delle persone disabili e questo porta a leggi specifiche a livello lavorativo: • Legge 482-1968 ("Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private"): evidenzia le assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private. Tale normativa prevede il collocamento obbligatorio dei soggetti disabili all’interno delle imprese; • Legge 381/91 ("Almeno il 30% dei lavoratori assunti dalle Cooperative Sociali siano persone svantaggiate"): all''interno di questo quadro legislativo il modello del Disability Management rappresenta un metodo di intervento essenziale a gestire efficacemente il trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro delle persone con disabilità; • Legge 104-199216 ("Legge-quadro per l' assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate"): esprime una nuova concezione culturale , ponendo assoluta attenzione alla singola persona nella sua globalità, indipendentemente dalla tipologia di handicap da cui è affetta; tale legge è stata sottoposta a modifica attraverso la Legge 183/2010 che ha esteso il diritto ai permessi lavorativi oltre al coniuge, anche ai parenti e affini entro il secondo grado, solo in determinate condizioni, le agevolazioni possono essere rivolte ai parenti e affini di terzo grado delle persone con disabilità da assistere; • Legge 335/95 evidenzia le diverse disabilità/infermità che insorgono dopo l'assunzione o che si aggravano nel corso dell'attività lavorativa; • Legge 68-99 ("Norme per il diritto al lavoro delle persone disabili"): entrando in vigore all''inizio del 2000, evidenzia alcuni dei diversi punti fondamentali: - Nuovo concetto di collocamento più mirato; - Sanzioni economiche per il datore in caso di mancato rispetto; - Fruibilità della legge, in materia di "diritto al lavoro" ai disabili fisici, psichici e sensoriali. Lo scopo di queste normative è quello di favorire alcuni soggetti, ritenuti “deboli” e di attuare delle misure che riescano a sostenerli nell’adempimento dei loro diritti (Messori, 2011:7). 2.2.2 Il ruolo del Disability Manager nel contesto aziendale Uno degli strumenti più efficaci per garantire il raggiungimento dell'obiettivo legato alle buone pratiche di Disability Managemet è la presenza in azienda di un professionista dedicato, ovvero il Disability Manager. E uno degli aspetti più rilevanti di cui il Disability Manager si occupa è quello di constatare la biografia personale e lavorativa del soggetto disabile, per raccogliere tutti gli elementi che hanno contribuito ad influenzare l'esito del successo/insuccesso delle esperienze lavorative passate e presenti. L'intervento del Disability Manager è legato alla prevenzione, ovvero ad un intervento rivolto alla raccolta di tutte le esperienze di fronteggiamento della malattia nei vari ambiti di vita, pregressi o relativi al lavoro, per prevenire o anticipare la ricaduta di malattie o incidenti. 16 Roncallo C., Sbolci M. (2011) Disability Manager. Gestire la disabilità sul luogo di lavoro. La legge 104/92 è stata sottoposta a modifica attraverso la Legge 183/2010 che ha esteso il diritto ai permessi lavorativi oltre al coniuge, anche ai parenti e affini entro il secondo grado, solo in determinate condizioni, le agevolazioni possono essere rivolte ai parenti e affini di terzo grado delle persone con disabilità da assistere.
  • 15. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 14 L'esperto deve concepire il modello di intervento in relazione all''azienda nella quale agisce, considerando il punto di vista del datore di lavoro e intervenendo su tre livelli: lavoro, ambiente interno ed ambiente esterno, garantendo l'equilibrio dinamico e utili interventi. Il Disability Manager è in grado di intervenire su tre aspetti: • prevenire gli elementi di deterioramento/ricaduta17 in base alla storia personale- professionale del lavoratore disabile; • trattare le diverse condizioni strategiche ed essenziali per offrire un metodo di intervento autonomo e proficuo; • gestire le relazioni intra ed extra aziendali, in sincronia con le figure interne ed esterne al contesto aziendale (Roncallo, Sbolci, 2011). Un esempio pratico a sostegno di ciò che è evidenziato sopra è il caso di una donna di 42 anni, Maria, una dipendente presso il centralino di un ente pubblico con un rilevante deficit visivo; durante i diversi colloqui di selezione, il disability manager attiva interventi di consulenza clinica organizzativa focalizzando l'attenzione sull'aspetto empatico e attivando in lei capacità di fronteggiamento delle diverse situazioni lavorative, in particolare nell'utilizzo del pc, dei diversi dispositivi informatici all'interno della struttura, nonché nelle diverse modalità relazionali con gli altri colleghi e la dirigenza; ciò dimostra come il Disability Manager è in grado di raccogliere esperienze di vita del disabile e rielaborarle in chiave di ottimizzazione delle perfomance aziendali e del benessere della persona stessa. Inoltre, come descritto dalla Dottoressa Mariacarla Sbolci, psicologa psicoterapeuta cognitivo- comportamentale e consulente esperta di Disability Manager per l’Università degli Studi di Genova, un vero Disability Manager forma gli altri manager in una gestione a 360° del disabile. Dal punto di vista del disabile invece, la figura del Disability Manager è una risorsa vera e propria a cui rivolgersi, significativa per la gestione delle difficoltà sia oggettive sia soggettive. In altre realtà come IBM è ancora la figura del Diversity Engagement Partner ad avere una funzione di coinvolgimento del lavoratore disabile all’interno della sfera lavorativa e di sostegno in caso di disabilità sopravvenuta. 2.2.3. Colloquio di assunzione del lavoratore disabile Il Disability Manager, o chi per esso, trova nel colloquio uno degli strumenti principali d'elezione per promuovere la possibilità di integrare a tutti gli effetti il lavoratore disabile. Il colloquio individuale, definito anche di "monitoring", permette di fornire un supporto multimodale al lavoratore disabile, valutando le diverse capacità del soggetto, quali quelle cognitive, relazionali e le metacapacità18 . Queste ultime, come sostenuto dalla Dottoressa Sbolci, sono le più importanti in quanto riguardano il pensare, riflettere su sé stessi permettendo di entrare in empatia con le proprie risorse e limiti, senza nascondersi dietro false capacità. La fase del colloquio è suddivisa in tre prassi: 1. Fase di Apertura: il Disability Manager stabilisce nelle prime fasi del colloquio un clima disteso e positivo attraverso l'ascolto attivo e la riformulazione di feedback, consentendo, così, all''interessato di sentirsi partecipe dell'incontro; 17 Nel libro Disability Manager. Gestire la disabilità sul luogo di lavoro (2011) Roncallo e Sbolci parlano di elementi di deterioramento/ricaduta sottolineando uno dei compiti fondamentali alla quale il disability manager è chiamato a rispondere, ovvero la sua capacità di adottare durante la CCO un atteggiamento proattivo nei confronti del soggetto disabile, stabilendo un rapporto empatico basato sul "far comprendere di comprendere". 18 Le metacapacità evidenziate da Roncallo e Sbolci (2011) fanno riferimento alle diverse forze interne a cui il candidato può attingere nei momenti critici, come flessibilità, visione positiva, motivazione ad apprendere cose nuove.
  • 16. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 15 2. Fase di Svolgimento: fase particolarmente delicata, in cui il si analizza la storia lavorativa del disabile, la sua formazione pregressa, la sua biografia aziendale e la sua soddisfazione o frustrazione del momento; in questa fase è importante stimolare comprensione, compliance e aggancio emotivo nel dipendente disabile; 3. Fase di Chiusura: momento in cui si stabilisce una profonda relazione che, una volta stabilita, può considerarsi beneficio acquisito da parte del lavoratore disabile; tale legame funge da "filo conduttore"19 tra dipendente disabile e azienda per tramite del Disability Manager. 19 Nel libro Disability Manager. Gestire la disabilità sul luogo di lavoro (2011), Roncallo sottolinea l'importanza del disability manager di offrire al lavoratore disabile la possibilità di stabilire ulteriori incontri durante le attività lavorative dove poter nuovamente intraprendere la consulenza organizzativa.
  • 17. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 16 3.Vantaggio competitivo della gestione della diversità Il DM si configura come un complesso processo di cambiamento volto a costruire rinnovate culture aziendali, plurali e scarsamente imitabili, dove la differenza raffigura lo sviluppo delle performance aziendali (Ivancevich e Gilbert, 2000; Kirton e Greene, 2005). Infatti, studi a livello internazionale hanno evidenziato come una gestione appropriata della diversità all'interno dell'azienda porti a soddisfare una serie di bisogni economici legati alla riduzione dei costi organizzativi, all'aumento nelle vendite, nelle quote di mercato e nei profitti fino all'aumento del valore azionario, creando quindi vantaggio competitivo. 3.1. Il business case per la diversità20 Per descrivere l'insieme delle informazioni necessarie per condurre le aziende a considerare un investimento si usa spesso il termine "business case". Il business case per gli investimenti nella diversità della forza lavoro è frammentario ed è ad uno stadio di sviluppo più arretrato rispetto a quello per altre forme di beni immateriali. È più sviluppato negli Stati Uniti e in Canada che non in Europa. Le ragioni sono molteplici, tra le principali: • quantificare i costi e benefici allo scopo di produrre un'analisi tradizionale dell'efficienza in termini di costi è difficile. Molti benefici sono estremamente legati allo specifico contesto aziendale o difficili da misurare; • la gestione della diversità dovrebbe essere il punto di arrivo di un processo di cambiamento culturale all’interno dell’azienda e non una mera strategia di facciata destinata ad esaurirsi velocemente. Ciò che misura l’efficacia di politiche per la diversità è soprattutto la loro sostenibilità; • molti investimenti effettuati dalle aziende in politiche di promozione della diversità si limitino alla mera osservanza della legislazione vigente o ad azioni di mera “charity”. 3.2. Vantaggio competitivo Nel caso in cui due o più imprese competano all’interno dello stesso mercato, si dice che un’impresa possiede un vantaggio competitivo sui suoi rivali quando ottiene in maniera continuativa una redditività superiore, o quando ha la possibilità di conseguirla21 . Il vantaggio competitivo viene indiscutibilmente a legarsi al valore professionale del capitale umano e al grado di motivazione impiegato da quest’ultimo nel processo di produzione. Il capitale umano, dunque, non è più un mezzo per raggiungere un fine, ma rappresenta la risorsa principale che l’azienda ha a disposizione per raggiungere un obiettivo, lungo tutto il processo produttivo, e per conseguire vantaggio rispetto ai competitors22 . E quali sono, in concreto, i vantaggi che un orientamento volto alla diversity può portare all’impresa? Diversi studi hanno dimostrato che le politiche di Diversity Management hanno un impatto positivo su vari aspetti, tra cui il miglioramento degli stili manageriali, le competenze e le performance in aree come la comunicazione, la gestione del personale, l’individuazione degli obiettivi e la pianificazione23 . La Commissione Europea ha condotto nel 2003 una ricerca dal titolo “Costi e Benefici della Diversità” nella quale sono stati rilevati da un campione di 200 imprese comunitarie i 20 Commissione Europea, Costi e Benefici della Diversità, Bruxelles, 2003 21 Grant, L’analisi strategica per le decisioni aziendali, Il Mulino, Bologna, 2006 22 Cuomo, Mappelli, Diversity Management. Gestire le differenze individuali nell’organizzazione che cambia, Guerini e Associati, 2007 23 Keil M., Amershi B., Holmes S., Jablonski H., Lüthi E., Matoba K., Plett A., von Unruh K. (International Society for Diversity Management) (a cura di), Manuale di formazione sul Diversity Management, 2007
  • 18. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 17 principali benefici percepiti che la diversità può apportare al business delle organizzazioni24 . Un’altra ricerca condotta da McKinsey & Company nel 2015 ha analizzato la relazione intercorrente tra il livello di diversità presente in azienda e le relative performance finanziarie (misurate sulla base dell’EBIT medio del triennio 2010-2013) e ha rilevato un’interessante connessione tra gruppi di leadership diversificati e migliori risultati economici. Dalla ricerca, infatti, emerge che le migliori quattro aziende in termini di gender diversity hanno il 15% in più di probabilità di ottenere risultati finanziari sopra la media nazionale del loro settore; nel caso di racial/ethnic diversity la probabilità sale al 35%. Al contrario, le aziende che si collocano in fondo alla classifica in termini di diversity management hanno statisticamente minori possibilità di raggiungere risultati sopra la media nel relativo mercato. I risultati variano in base al paese di riferimento e al settore operativo, per es. negli USA le aziende con il 10% in più di diversity hanno ottenuto EBIT di 1.1% maggiori rispetto ai competitors, nel Regno Unito aziende con il medesimo livello di diversità hanno registrato EBIT maggiori del 5.8%. Negli USA il racial/ethnic diversity ha un impatto maggiore sui risultati finanziari rispetto al gender diversity, in UK, invece, il trend è invertito25 . 24 Commissione Europea, Costi e Benefici della Diversità, Bruxelles, 2003. La relazione si basa su un sondaggio di 200 aziende in quattro Stati membri dell'UE, revisioni della letteratura, otto studi di casi di programmi di promozione della diversità in sei Stati membri e un totale di 48 interviste aimprese, organizzazioni imprenditoriali, governi nazionali, enti di difesa della parità, sindacati e organizzazioni non governative. 25 Mckinsey & Company, Diversity Matters, 2015
  • 19. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 18 Nello specifico, è possibile suddividere i benefici apportati dal Diversity Management in due grandi categorie: quelli sociali e quelli economici, i quali, influenzandosi reciprocamente, contribuiscono a migliorare la produttività dell’impresa. In questa parte dell’elaborato si analizzeranno solo i benefici economici che possano portare ad un concreto vantaggio competitivo. 3.2.1 Vantaggi nel talent recruitment and talent retention: attrazione delle risorse migliori Un’impresa che dichiara di essere aperta ad ogni tipo di contributo utile e di valorizzare le capacità dei suoi collaboratori ha certamente più possibilità di attirare e mantenere i talenti migliori, che saranno affascinati dalla prospettiva di poter esprimere appieno le proprie potenzialità in un ambiente libero dai pregiudizi26 . In più, ad essere attratte da questo genere di orientamento saranno soprattutto persone dotate della stessa mentalità aperta e che condividono i medesimi valori: ciò favorisce la diffusione e il radicamento degli ideali del Diversity Management nella cultura organizzativa. Questo aspetto è di massima importanza per aziende come Edison che incarnano una cultura organizzativa basata sulle diversità, o meglio, sull’inclusione delle diversità. Per Edison è proprio questa cultura a rappresentare una vera e propria leva strategica in quanto permette la soddisfazione degli stakeholders interessati all’argomento e inoltre, attraendo diverse risorse, si entra in contatto con diverse esigenze, diversi territori e diversi punti di vista. L’unione di questi tre elementi permette all’azienda di valorizzare al meglio la risorsa stessa utilizzandola appunto in modo strategico. Avere una cultura aziendale che mira all’inclusione e alla valorizzazione significa anche essere un’azienda evoluta, moderna, al passo con i tempi. La capacità di attrarre le risorse migliori si pone come tema centrale per le aziende del presente e del futuro, ed è dimostrato che una migliore gestione dei talenti può creare importanti rendimenti e 26 Manca, Diversity management e vantaggio competitivo: il valore della differenza. Verso un rinnovato concetto di impresa
  • 20. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 19 un potente ciclo virtuoso per il business27 ; ciò è tanto più vero se si pensa che le pressioni demografiche e la crescita economica hanno inasprito la concorrenza per il reclutamento di personale qualificato e già a partire dagli anni ‘90 i talenti sono diventati difficili da trovare, o quantomeno da attrarre, e disponibili sul mercato solo a prezzi elevati. In tale contesto, una efficace gestione della diversità aziendale diventa fondamentale per aiutare l’azienda ad assicurarsi un accesso privilegiato alle risorse presenti sul mercato, guadagnando un vantaggio competitivo nel reclutamento e migliorando la sua rilevanza globale. Inoltre, in un mondo dove la forza lavoro presente in azienda è sempre più diversificata, una efficace politica di diversity management è un importante mezzo per attrarre le risorse più giovani disponibili sul mercato (c.d. Millenials), più sensibili al tema della diversità perché cresciuti in un contesto più eterogeneo rispetto a quello dei propri genitori. L’accesso a nuovi gruppi di lavoratori è il principale benefit percepito dalle imprese. Superare la carenza di manodopera e avere maggiore accesso ad un bacino più ampio di lavoratori con diversi background sono infatti le ragioni primarie per cui le aziende implementano politiche di diversity management28 . Avere una forza lavoro diversa significa, infatti, poter beneficiare di competenze nuove e originali e di sensibilità differenti, che arricchiscono la cultura d’impresa. Elemento non secondario da tenere in considerazione è che la diversità incrementa il livello di soddisfazione e orgoglio dei dipendenti e genera comportamenti positivi nel posto di lavoro; la presenza di un numero sufficiente di rappresentanti di gruppi minoritari stimola la fiducia e l’autostima degli individui. Inoltre, se si riconoscono e si rispettano le esigenze e le attese di ogni soggetto, valorizzandone le potenzialità, il lavoratore sarà più motivato a dare il meglio e sarà maggiormente coinvolto nei processi aziendali, con conseguente incremento quali-quantitativo dell’efficienza e della produttività. Una forza lavoro soddisfatta, motivata e ben integrata nel tessuto organizzativo permette di diminuire i costi legati al turnover e ai tassi di assenteismo, di abbassare i livelli di conflittualità rispettando le norme antidiscriminatorie ed evitando i costi derivanti da possibili cause legali. Per entrambe le aziende intervistate queste condizioni portano anche ad un work-life balance migliore, permettendo così alla forza lavoro di rimanere ancorata all’azienda stessa. 3.2.2 Migliori opportunità di mercato Le imprese che possiedono una forza lavoro diversificata rispecchiano meglio la moltitudine di interlocutori a cui si rivolgono, riuscendo ad intercettare con successo le loro esigenze anche latenti e a fornire un mix di offerta specificatamente dedicato alle singole richieste, espandendo la propria base clienti e costruendo un rapporto di reciproca fedeltà. “Un organico variegato sa leggere meglio i bisogni di determinati gruppi di consumatori e quindi genera vantaggio competitivo; in questo senso si realizzano opportunità di mercato nuove e inattese”29 . Le aziende che scelgono la filosofia del Diversity Management, oltre ad essere avvantaggiate nella capacità di rapportarsi con reti di fornitori e distributori anche all’estero, hanno, infatti, maggiori opportunità di aumentare i proventi, dedicandosi a nuovi segmenti di mercato o gruppi tradizionalmente esclusi. Un esempio può essere l’ideazione di prodotti per persone non vedenti, come l’Internet Driver’s Licence di IBM Germany, un motore di ricerca parlante che permette ai 27 Mckinsey & Company, The war of the talent,1997 28 Keil M., Amershi B., Holmes S., Jablonski H., Lüthi E., Matoba K., Plett A., von Unruh K. (International Society for Diversity Management). Op.cit., p. 18 29 Castellucci P., Martone A., Minelli E., Rebora G., Traquandi L., Diversity Mnanagement, Ipsoa, 2009
  • 21. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 20 non vedenti di navigare in Internet; oppure il Big Button Telephone della BT, disegnato da un impiegato con l’artrite e che ha avuto grande successo per la sua facilità d’uso rispetto ad alternative più piccole; o ancora il cibo multiculturale nei supermercati Tesco30 . Le imprese orientate alla diversità sanno dunque cogliere e sfruttare al meglio queste nuove opportunità di mercato, assicurandosi un vantaggio competitivo sulle organizzazioni più tradizionaliste e dalle prospettive più ristrette. Come sostenuto da Edison, se l’azienda stessa conosce e ascolta i territori in cui opera o ha l’obiettivo di farlo, la comprensione e la valorizzazione risultano più semplici ed ottimali. Impegnandosi nella diversità come imperativo strategico, le aziende allineano maggiormente la propria organizzazione con una clientela sempre più eterogenea. Ciò consente di forgiare legami sempre più forti con i clienti sotto un duplice profilo: da un lato rende possibile raggiungere i principali responsabili delle decisioni di acquisto e, dall’altro, permette di adottare una prospettiva orientata ai bisogni del cliente. Ma cosa vuol dire raggiungere i principali responsabili delle decisioni di acquisto e adottare una prospettiva orientata ai bisogni del cliente? • Raggiungere i principali responsabili delle decisioni di acquisto: gruppi eterogenei e diversificati rappresentano la maggioranza della popolazione e tale maggioranza si rivela decisiva quando si tratta di prendere decisioni riguardo agli acquisti (per esempio, nel Regno Unito l'80% delle decisioni di acquisto sono prese da donne e si stima che entro il 2025 le donne possiederanno il 60% di tutta la ricchezza personale e controlleranno 400 milioni di sterline in più a settimana. Negli Stati Uniti, le stime del potere d'acquisto indicano che gli individui LGBT controllavano 790 miliardi di dollari nel 2012 e si prevede che gli afroamericani controlleranno 1,1 trilioni di dollari entro il 2015). Quindi, un team che rifletta questi importanti gruppi demografici avrà una migliore comprensione delle loro decisioni di acquisto e di come intercettarle31 . • Avere una prospettiva orientata ai bisogni del cliente: è fondamentale che i dipendenti di un’azienda riflettano le persone che servono per rispondere più rapidamente e creativamente agli sviluppi del mercato. La diversità, infatti, aiuta le imprese a reagire più efficacemente ai cambiamenti del mercato e alle nuove esigenze del cliente (Coca-Cola, per esempio, si è assicurata che il 38% dei nuovi assunti statunitensi siano persone di colore e ha istituito programmi di mentoring per sostenere la progressione e il mantenimento delle persone appartenenti a minoranze. Walmart ha condotto analisi comparative per comprendere la demografia di ogni paese in cui opera e incoraggiare ogni paese a creare un proprio piano di diversità e inclusione che rifletta le esigenze locali32 . 30 Keil M., Amershi B., Holmes S., Jablonski H., Lüthi E., Matoba K., Plett A., von Unruh K. (International Society for Diversity Management), Op. cit., p.18. 31 Mckinsey & Company, cit. pag. 17. 32 ibidem
  • 22. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 21 3.2.3 Creativity, innovation, better decision making and problem solving Team che riflettono la composizione della clientela aziendale in termini di genere, etnia, cultura, orientamento sessuale ed età si trovano in una posizione migliore per comprenderne le mutevoli esigenze e sviluppare innovazioni vincenti. La diversità rende più probabile che l’organizzazione agisca in modo inclusivo e promuova un mindset aperto in cui i lavoratori siano liberi di esprimere opinioni e suggerire soluzioni creative. Attualmente la maggioranza dei CDA aziendali è composta prevalentemente da uomini bianchi, eterosessuali e aventi un background culturale e socioeconomico simile. In tale contesto le idee di donne, minoranze etniche, persone LGBT e membri della generazione Y hanno minor possibilità di ottenere l'approvazione di cui hanno bisogno per sentirsi valorizzati poiché il 56% dei leader non apprezza proposte di cui non vede personalmente la necessità; l’omogeneità rischia di soffocare l’innovazione. La presenza di risorse umane appartenenti a contesti differenti arricchisce l’organizzazione di contributi nuovi ed originali, che alimentano lo sviluppo della creatività e dell’innovazione, imperativo per la sopravvivenza dell’impresa nell’attuale contesto iper-competitivo. Punti di vista diversi contribuiscono a migliorare la capacità di problem solving, apportando analisi critiche e soluzioni basate su prospettive anche insolite. Il grafico che segue mostra come l’85% delle aziende intervistate da Forbes Insight concordi sul fatto che una forza lavoro diversificata e inclusiva sia fondamentale per lo sviluppo di nuove idee innovative33 . Source: Forbes Insights, “Fostering innovation through a Diverse Workforce” 33 le informazioni contenute si basano sui risultati di un sondaggio e interviste individuali condotte da Forbes Insight. Sono state intervistati 321 dirigenti con responsabilità in ambito di diversità il 44% dei quali sono membro di Consigli di amministrazione. In termini di funzione circa il 32% degli intervistati appartiene all’ambito HR. Dal punto di vista geografico gli intervistati sono riportati in modo abbastanza uniforme tra America (35%), Asia-Pacifico (34%) e Europa/Medio Oriente/Africa (31%).
  • 23. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 22 3.2.4. Miglior reputazione e immagine aziendale I benefici sopra elencati hanno un effetto diretto su uno dei beni intangibili più importanti per l’organizzazione: la sua reputazione, ovvero il giudizio diffuso e sedimentato nel tempo che i diversi interlocutori danno ai vari aspetti dell’impresa34 . Se opportunamente comunicate e condivise con un pubblico più vasto, infatti, le attività di Diversity Management poste in essere permettono di migliorare l’immagine aziendale interna ed esterna. L’attenzione per le risorse umane, le partnership con le associazioni e con i gruppi minoritari, la proclamazione dei valori etici dell’impresa (anche attraverso i Codici Etici), l’impegno a creare relazioni eque e durature, contribuiscono a formare l’idea di un’organizzazione aperta, tollerante, propensa all’ascolto: un luogo accogliente e stimolante per chi vi lavora, un’impresa affidabile e responsabile per tutti gli stakeholder che vi si relazionano. Avere una buona reputazione rappresenta uno degli obiettivi primari del management, in quanto permette di ottenere livelli superiori di profitto, di valore sui mercati finanziari e di vantaggio competitivo. Un’azienda positivamente percepita e apprezzata, infatti, è ritenuta credibile, responsabile e affidabile, e ciò aiuta a mantenere alta la fedeltà dei clienti e degli altri interlocutori, incide sulla coesione interna, attrae nuovi talenti, aiuta ad acquisire maggiore visibilità e a superare con maggior fiducia eventuali momenti di crisi. Ecco perché sempre più imprese cercano di partecipare a premi e riconoscimenti che mettano in evidenza il loro impegno a favore della diversità. Un esempio in tal senso è il LC Diversity Awards35 vinto nel 2017da IBM Italia. La vittoria è stata determinata dall’insieme dei progetti messi in campo dall’azienda; nella motivazione, infatti, si fa riferimento alla pluralità di diversità incluse. Praticare il Diversity Management comunicando in modo opportuno l’impegno e le attività svolte aiuta dunque ad ottenere una buona e solida reputazione, base per un posizionamento strategico rilevante e differenziante per l’impresa. Di seguito riportiamo il grafico che illustra i benefici ottenuti dalle aziende che hanno adottato politiche di diversity. I più importanti riguardano il rafforzamento del capitale organizzativo e del capitale umano, che insieme al capitale di conoscenza costituiscono i beni immateriali che consentono alle aziende di creare valore36 . 34 Pastore A., Vernuccio M., Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management, Apogeo, 2008 35 Evento organizzato da LC Publishing Group nel luglio 2017, in collaborazione con Dentons, Gattai, Minoli, Agostinelli & Partners e SEA, volto alla valorizzazione della diversità e alla garanzia dei diritti. 36 Commissione Europea, Costi e Benefici della Diversità, Bruxelles, 2003
  • 24. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 23 Questi vantaggi interconnessi tra loro portano, come sostenuto da Edison e IBM, ad un ritorno economico quantificabile, dettato da valori economici chiari. Difatti, un engagement e un livello di produttività alto, tassi di turnover e assenteismo bassi, una cultura basata sulla valorizzazione e sull’inclusione, una reputazione aziendale ottima e una maggiore visibilità aprono la realtà aziendale ad un bacino di opportunità che, se colte e valorizzate in modo adatto, possono portare ad un ritorno economico proporzionato. 3.3. Costi e limiti Bisogna tenere in considerazione che non sempre un percorso di Diversity Management è facilmente implementabile, e che i benefici sono soprattutto a lungo termine, e dunque non immediatamente percepibili o visibili nel conto economico dell’anno. La creazione di una forza lavoro plurale e diversificata porta con sé anche delle criticità di gestione. Gli autori del libro “Diversity Management. La diversità nella gestione aziendale”37 riportano i principali riduttori di produttività legati al diversity: • difficoltà di carattere culturale, per es. la frustrazione a causa della presenza in azienda di persone che parlano diverse lingue sul luogo di lavoro ed emarginano quelli che non le conoscono; • la resistenza di ordine caratteriale e relazionale da parte di alcuni collaboratori a lavorare con persone appartenenti a gruppi etnici, razziali o culturali diversi; • le scarse interazioni sociali tra i membri di gruppi differenti; • la difficoltà nella selezione e nella retention di persone appartenenti a gruppi minoritari; 37 Castellucci P., Martone A., Minelli E., Rebora G., Traquandi L., Op. cit., p. 18.
  • 25. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 24 • problematiche di tipo organizzativo (gestione delle ferie, risorse economiche, tempi dedicati alla formazione, dipendenze dalle relazioni esterne, scarsa progettualità di carriera, conciliazione dei tempi di vita-lavoro, basso interesse aziendale al tema, mancanza di strumenti di valutazione e di monitoraggio...) • la natura del business aziendale richiede una continua attenzione sugli aspetti di geopolitica che influenzeranno i mercati di riferimento; Accanto a questi aspetti merita una menzione particolare la comunicazione, altro fattore fondamentale: parlare di diversità può collidere con la cultura prevalente, in quanto significa mettere in discussione le proprie convinzioni e accogliere modi di vivere opposti ai propri. La comunicazione interna in questo senso riveste un ruolo centrale, in quanto bisogna cercare di diffondere una cultura su questi temi (spesso poco familiari) senza ricadere in stereotipi e pregiudizi, avendo cura di utilizzare un linguaggio adeguato e rispettoso di tutti i gruppi identitari. Il fine ultimo deve essere quello di creare un equilibrio tra identità personale e accettazione della diversità, una sfida piuttosto complessa. Ulteriori ostacoli, come abbiamo visto, sono dovuti alla difficoltà di creare parametri di valutazione per misurare le prestazioni legate al Diversity Management, e al fatto che i progetti possono richiedere tempi lunghi e vari costi da sostenere. Tra questi ultimi si possono individuare38 : • costi di adeguamento alla normativa (formazione del personale, comunicazione interna ed esterna sulle nuove politiche di diversity, attuazione degli obblighi di legge); • costi delle politiche per la diversità legati all’implementazione delle attività di Diversity Management (personale specializzato, formazione, sistema di monitoraggio, cambiamenti organizzativi per la gestione del personale); • costi di opportunità dovuti al tempo dedicato alle pratiche di diversity (i manager impegnati in tali attività sottraggono tempo ai loro compiti abituali); • costi legati ai rischi connessi all’implementazione di questo approccio, che possono anche richiedere lunghi periodi di esecuzione. 38 Parmigiani L., Diversity Management in Europa, tra Stato e Impresa, dal sito http://blog.sia-partners.it/change-management-hr/2008/06/04/diversitymanagement-in-europa-tra-stato-e-impresa/, 4 giugno 2008
  • 26. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 25
  • 27. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 26 Conclusioni L’obiettivo di questo elaborato è stato quello di analizzare il diversity management nelle sue sfere d’azione e valutarne il conseguente vantaggio competitivo ed economico per le realtà aziendali che lo adottano. Un contesto sociale altamente diversificato ha indotto molte realtà aziendali ad affrontare questa complessità rimodellando obiettivi, strategie e attività di gestione, tra cui il diversity management. Il contesto è il risultato di diversi fenomeni, dalla globalizzazione in senso più ampio ai cambiamenti demografici, accompagnati dai flussi migratori e da un aumento dell’attenzione verso tematiche più umane, come il ruolo della donna o dei disabili all’interno di una organizzazione. Per permettere all’azienda di rimodellarsi, stando così al passo con le esigenze del contesto sociale in cui opera, come suggerito da Pietro Manca39 , vi sono delle caratteristiche necessarie: mentalità, competenze e capacità di leadership multiculturali. La prima porta con sé una cultura aziendale basata sull’accoglienza e sul “new thinking”, nonché la propensione a considerare la realtà da più prospettive. Inoltre, ad accompagnare questa mentalità vi è un approccio particolare, definito come “welcoming strangers”, caratterizzato dalla fiducia e accoglienza del prossimo, eliminando così barriere sociali e stereotipi. Secondo la Dottoressa De Benedictis, diversity engagement partner di IBM Italia, è importante creare una cultura dell’inclusione che permetta alle diverse realtà aziendali di convivere insieme creando così un network ampio basato sulle multiculturalità. La seconda caratteristica è rappresentata da un vasto bacino di competenze multiculturali, nonché da quelle capacità che afferiscono alla sfera della comunicazione avanzata e all’orientamento basato sull’ascolto delle differenti percezioni e credenze. La terza caratteristica è rappresentata invece dalla capacità di leadership, caratterizzata da due dimensioni: influenza e problem solving sinergico. Le due dimensioni risultano fondamentali per lavorare in modo armonico in un contesto multiculturale, dettato da stili di pensiero e comunicazioni differenti. La multiculturalità è un concetto chiave quando si parla di diversity management e si dovrebbe inevitabilmente associare al termine inclusione. Includere è fondamentale e, secondo il Dottor Giorgio Colombo di Edison, è lo stadio successivo alla diversità. Difatti con l’inclusione la diversità può essere ritenuta un’opportunità e non una minaccia, trasformandosi così da una potenziale debolezza a catalizzatore per il successo aziendale. A seguito del nostro studio sul diversity management abbiamo individuato un possibile tracciato dedicato all'applicazione nel settore aziendale/organizzativo della diversità che non sia legato esclusivamente all'emissione di campagne filantropiche ma che diventi una "leva strategica" integrata e correlata al business aziendale. I punti fondamentali evidenziati sono tre: 1. Il primo è rappresentato dall’analisi della domanda in relazione alla nascita di nuovi segmenti di consumatori. In base ai dati attuali, si nota una crescente attenzione al gender diversity, in particolare a come le clienti donne siano coinvolte nell'80% degli acquisti di beni di consumo nel Regno Unito e a come gay/lesbiche rappresentino un esteso segmento di mercato. Seguendo, inoltre, i trend futuri, l'Europa accoglierà una numerosa 39 Trikey (2004),
  • 28. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 27 popolazione giovanile africana nel quinquennio 2026-2030 e gli ingressi annui sfioreranno le 240 mila unità provenienti dal centro e sud Africa40 . Un’ulteriore attenzione futura sarà rivolta al tema dell'age diversity. Una ricerca statistica chiamata "Metodo Delphi" -realizzata da Bosch TEC, Carter & Benson e S3. Studium- mostra le tendenze legate al mondo HR e ha delineato un possibile scenario del 2020 sulla base delle informazioni raccolte in questi ultimi anni. Le aziende adotteranno un atteggiamento del tutto opposto per le posizioni manageriali senior più elevate. Ci troveremo quindi sempre più di fronte a organizzazioni orientate ai giovani, ma guidate da una inamovibile gerontocrazia41 . Le aziende affronteranno efficacemente la questione dell'invecchiamento della popolazione. Prenderanno in considerazione le aspirazioni dei soggetti più anziani, la suddivisione delle mansioni in funzione dell'età e la gestione delle competenze, realizzando interventi di formazione e sviluppo professionale su misura a seconda delle esigenze della popolazione aziendale, 1e programmi per favorire la creazione di un clima favorevole al superamento degli stereotipi di età, in un’ottica intergenerazionale. 2. Il secondo punto è rappresentato dalla self analysis aziendale che comporta, in primis, una valutazione della mission, vision e cultura aziendale con una particolare attenzione al ruolo della leadership (presenza di un leader carismatico che trasmetta i valori della diversity secondo una logica top down rivolta ai dipendenti) e successivamente un'analisi interna dei dipendenti attraverso l'utilizzo di tavole di confronto, survey, momenti di volontariato, formazione e organizzazione del lavoro volte alla sensibilizzazione dell'ecosistema aziendale (come riscontrato dall'intervista fatta ad Edison). Le aziende virtuose nella gestione di politiche di diversity hanno il compito di diffondere le iniziative e gli obiettivi raggiunti al fine di portare il tema dell'inclusione aziendale ad un livello di conoscenza maturo e condiviso, ingaggiando in questo percorso anche le aziende più piccole (del comparto, della filiera). 3. Il terzo punto è l’analisi positiva della concorrenza: un insieme di azioni che aiutino la creazione di un marketplace volto a concorrere per un obiettivo comune, ovvero alla divulgazione del diversity come valore culturale fondante ed identitario che non diventi un ostacolo. IBM, ad esempio, è portavoce della social responsability rispetto a questo tema, attuando azioni di sensibilizzazione rivolte ad aziende terze (compresi i suoi competitors), così da creare un network ampio che permetta una diffusione immediata attraverso non solo la semplice diffusione del fenomeno, ma anche attraverso la rete e la gestione di ruoli ben definiti e una forte cultura organizzativa. IBM ha orientato l'attenzione anche su altri aspetti del diversity management ed in particolare sul disability, come ad esempio il complesso fenomeno della dislessia, ritenendo che le caratteristiche dei dislessici e delle persone con DSA (in particolare la creatività, l’attitudine all’innovazione, l’abilità di adottare punti di vista non convenzionali, le eccellenti capacità interpersonali e la grande determinazione) incontrino pienamente le esigenze di rinnovamento dell'azienda per meglio affrontare e percorrere le sfide di questo mondo. Secondo il presidente della Fondazione Italiana Dislessia, il dott. Bovard, i lavoratori dislessici possono avere notevoli talenti nell’elaborazione visiva e spaziale, sono particolarmente razionali nella gestione delle difficoltà e nella risoluzione dei problemi, hanno eccellenti capacità di osservazione, sviluppano ottime relazioni umane e possono eccellere in lavori che coinvolgono la gestione del personale; proprio per questo aziende come IBM hanno, recentemente, deciso di adattare i propri test psicoattitudinali a persone che vivono con questi disturbi affinché 40 Per approfondire www.ismu.org - "Migrazioni dall’Africa. scenari per il futuro" di Alessio Menonna (2015) 41 http://www.bosch-home.com/it/;
  • 29. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 28 non siano penalizzate in fase di selezione. Anche aziende come TELECOM Italia, in collaborazione con l’Associazione Italiana Dislessia (AID) e con la Fondazione "Tender to Nave" Italia Onlus, costituita dallo Yacht Club Italiano e dalla Marina Militare Italiana (Nave Italia), hanno organizzato (in un'ottica di work-life balance) l’iniziativa "A bordo di Nave Italia" destinata ai figli di dipendenti del Gruppo con dislessia e altri disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). I ragazzi hanno imparato le regole e la disciplina della vita a bordo di una nave militare, seguendo stimoli e proposte suggeriti dagli educatori dell’Associazione Italiana Dislessia. In ogni passo sopra descritto, la sfida che fa da collante è solamente una ed è rappresentata dall’obiettivo di creare basi solide per un futuro caratterizzato da un’inclusione totale, così da eliminare il concetto di diversità come minaccia e innescare una serie di vantaggi collettivi a sostegno dell'intera comunità.
  • 30. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 29
  • 31. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 30 Bibliografia Akabas S. H. et al. (1992), “Disability Management: A Complete System to Reduce Costs, Increase Productivity, Meet Employee Needs, and Ensure Legal Compliance”, New York: AMACOM; Angeloni S. (2011), "Il Disability Management Integrato. Un’analisi interdisciplinare per la valorizzazione delle persone con disabilità". Quaderni Monografici Rirea n. 94; Argentero, Cortese, Piccardo (2010), Psicologia Delle risorse umane, Raffaele Cortina Editore; Castellucci P., Martone A., Minelli E., Rebora G., Traquandi L. (2009), Diversity Mnanagement, Ipsoa; Barabino M. C., Jacobs B. (2000). "La diversità nella gestione delle risorse umane.", in D. Boldizzoni, L. Manzolini (a cura di), "Creare valore con le risorse umane. La forza dei nuovi paradigmi nella direzione del personale". pp. 1-24. Guerini e Associati: Milano; Bassett-Jones N. (2005). "The paradox of diversity management, creativity and innovation", Creativity and Innovation Management, Vol, 14, 2:169; Buemi M., Conte M., Grazzo G. (2015). "Il Diversity Management per una crescita inclusiva. Strategie e strumenti". Franco Angeli, Milano; Chemers, Oskamp, Costanzo Triandis H.C. (1995), A theoretical framework for the study of diversity,in Chemers M., Oskamp; Cocozza (2009), Diversity management e valorizzazione delle risorse umane, in Working Papers Nuovi Lavori, n. 2; Cuomo, Mappelli (2007), Diversity Management. Gestire le differenze individuali nell’organizzazione che cambia, Guerini e Associati; De Vita L. (2011), Il diversity managment in Europa e in Italia, l’esperienza delle Carte della diversità, Franco Angeli Editore; Dolciotti V. (2017), Diversità e inclusione, dieci dialoghi con Diversity manager, Guerini Next; Egan M.E., Global diversity and inclusion – Fostering innovation through a diverse workforce, in Forbes INSIGHTS; Gargiulo Labriola (2011), Adulti e lavoro – una prospettiva pedagogica, - ED INSIEME collana pedagogica degli adulti; Ghisleri, Colombo (2014), Psicologia della conciliazione tra lavoro e famiglia, teorie e ricerche in organizzazione, Raffaello Cortina Editore; Gilbert J.A., Stead B.A., Ivancevich J.M. (1999). "Diversity management: A new organizational paradigm". In Journal of Business Ethics, 21, 1, pp. 61-76; Grant (2006), L’analisi strategica per le decisioni aziendali, Il Mulino;
  • 32. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 31 Harder L.R., Scott T. (2005), "Comprehensive Disability Management". Elsevier Churchill Livingstone, Toronto; Hogan A. (2012), “Workforce participation barriers for people with disability” in International journal of disability management; Hunt H.A. (2009), “The evolution of disability management in North American Workers’ compensation programmes”. reported preparated for Victoria, British Columbia, Canada, Nidmar; Hursh N.C. (1995), “Essential competencies in industrial rehabilitation and disability management practice: A skills based training model” in: Shrey D.E, ed. Principles and practices of disability management in industry, Winter Park: GR Press, 1995, pp. 303–352; Keil M., Amershi B., Holmes S., Jablonski H., Lüthi E., Matoba K., Plett A., von Unruh K. (International Society for Diversity Management) (a cura di), Manuale di formazione sul Diversity Management, 2007; Kirton G., Green A.M., (eds.), (2005). "The dynamics of managing diversity. A critical approach, Oxford: Butterworth-Heinemann; Ivancevich J., Gilbert J. (2000). "Diversity Management. Time for a New Approach", Public Personnel Management, vol: 29, 1: 75; Loden M., (1996), "Implementing diversity". Chicago, IL: Irwin; Manca, Diversity management e vantaggio competitivo: il valore della differenza. Verso un rinnovato concetto di impresa; Mckinsey & Company (2015), Diversity Matters; Mckinsey & Company (1997), The war of the talent; Messori C. et al. (2011), "Namastè. Un augurio per un collocamento mirato, mediato e condiviso dei disabili deboli". Edizioni Rizzoli; Monaci (2012), Culture nella diversità, cultura della diversità. Una ricognizione nel mondo d'impresa, Fondazione ISMU, Milano; Pastore A., Vernuccio M. (2008), Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management, Apogeo; Riccò R. (2016.) "Il Diversity Management nella pratica. Una gestione integrata delle diversità". Sviluppo & Organizzazione, pp. 56 – 65; Roncallo C., Sbolci M. (2011), "Disability Manager. Gestire la disabilità sul luogo di lavoro". Edizioni Ferrari Sinibaldi, Milano; Roosvelt T. (1991), “Beyond race and gender: undershing the power of your total workforce by managing diversity”. NY, AMACOM; Serio L. (2014), Il Diversity Management e le strategie di impresa: alcune tendenze evolutive, in Sociologia del lavoro n.134/2014;
  • 33. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 32 Shaw G. (2004), “Diversity, Human Capital and Organizational Performance” in Visconti L. "Diversity management e società multiculturale, Teorie e prassi". Franco Angeli; Solari L. (2004), La gestione delle risorse umane. Dalle teorie alle persone, Carocci Università, Roma; Van Knippenberg D., De Dreu C.K.W., Homan A.C. (2004) "Work group diversity and performance: An integrative riview and research agenda". In Journal of Applied Psychology, 89, pp. 1008-1022. Sitografia Parmigiani L., Diversity Management in Europa, tra Stato e Impresa, http://blog.sia-partners.it/change-management-hr/2008/06/04/diversitymanagement-in-europa-tra- stato-e-impresa/, giugno 2008; http://europa.eu.int/comm/employment_social/fundamental_rights/prog/studies_en.htm,ottobre 2003; http://www.aidp.it/riviste/indice-hronline.php; http://www.ismu.org/; https://www.edison.it/it; https://www.ibm.com/it-it/; http://www.vodafone.it/; http://www.autogrill.it/; https://www.atm.it; https://www.pirelli.com/global/it-it/homepage; http://www.bpm.it/it-com.html; http://www.sdabocconi.it/it/sito/diversity-management-lab; http://www.bosch-home.com/it/;
  • 34. La crescita della diversità in azienda come fattore di vantaggio competitivo Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 33 Ringraziamenti La realizzazione di questo progetto è stato un percorso particolarmente formativo, che ci ha fatto addentrare nella conoscenza e nell'analisi di uno dei fenomeni più rilevanti all'interno del mondo di lavoro. La realtà del diversity, ai nostri occhi, è apparsa inizialmente come un "mondo astratto", non propriamente conforme alla cultura aziendale e alla concezione di business che le imprese, oggi giorno, prediligono maggiormente. E invece abbiamo compreso che le cose non stanno proprio così come immaginavamo…. Il nostro primo ringraziamento è rivolto alla nostra Tutor, Anne Cnops, che con la sua profonda esperienza nel campo delle risorse umane, la sua estrema sensibilità nell'accogliere le nostre perplessità iniziali sul tema, le forti capacità motivazionali di sollecitare nelle nostre menti visioni più ampie, di riuscire ad appassionarci allo studio, ad approfondirlo e a renderlo nostro, è stata un vero e proprio mentor in grado di guidarci in modo accurato ed estremamente formativo verso la stesura dell'elaborato. Un ringraziamento speciale è rivolto alle due realtà aziendali che ci hanno permesso di entrare nelle dinamiche reali del mondo aziendale, e di comprendere il tema della diversity seguendo un'ottica di inclusione culturale e sociale. Grazie dunque a Giorgio Colombo, Executive Vice President Human Resources, ICT & Procurement di EDISON, che ci ha raccontato la realtà organizzativa di Edison e di come questa azienda si impegni continuamente e da anni nelle politiche di diversity, favorendo da un lato modelli di integrazione sociale che rispondano alle singole richieste dei lavoratori e dall'altro alle esigenze produttive in seno alle attività dell'azienda. E grazie a Doriana De Benedictis e Consuelo Battistelli, Diversity Engagement Partners di IBM Italia, con le quali abbiamo affrontato un altro aspetto rilevante del diversity management, il mondo della disabilità, che si fonda sulla partecipazione attiva dell'individuo disabile, e con le quali abbiamo anche parlato di come il disability management sia volto a valorizzare apporti e differenze personali e professionali quali elementi essenziali per il conseguimento di un profitto sostenibile. Ad arricchire questo contributo, esaminando l'aspetto più psicologico, è stata la testimonianza di Mariacarla Sbolci, psicologa-psicoterapeuta e Docente presso l'Università Degli Studi di Genova, consulente esperta nel campo della diversity e, in particolare, del disability management; un ringraziamento speciale per la sua profonda esperienza sul campo, per averci dato la possibilità di scoprire le grandi potenzialità del lavoratore disabile, per averci illustrato quale sia il vero ruolo del disability manager e di come un lavoratore disabile possa mettere in atto una serie di metacapacità rilevanti durante il colloquio di selezione. Infine, un ringraziamento speciale alla Fondazione ISTUD Business School per averci dato la possibilità di sperimentare questo grande tema, di approfondirlo, di analizzarlo in ogni suo particolare, di aver potuto "toccato" aspetti positivi e negativi del mondo della diversità; di aver scosso in ognuno di noi le coscienze, lasciandoci un profondo senso di appartenenza e coinvolgimento verso questo tema.