1. La biblioteca di Parini
Filologia della letteratura italiana
Martedì 10 maggio 2011
Dott. Matteo Zenoni
2. Cosa rimane?
• Partiamo con qualche data…
• 1799 morte di Parini: il 20 agosto il libraio Agnelli è incaricato dagli
esecutori testamentari di fare una stima dei libri posseduti dal poeta
al momento della sua morte.
• 1798 testamento di Parini: «Incarico gli esecutori testamentari
che, subito seguita la mia morte, debbano apprendere tutta la mia
sostanza, facendone poi fare l’opportuno Inventario, per poi
consegnare ai miei eredi».
• Importante:
l’inventario è una fotografia di una situazione storicamente
determinata;
esso va considerato nella sua natura parziale: è presumibile che
Parini abbia letto tutti i libri contenuti nella biblioteca, ma alcuni
potevano non essere stati letti dal poeta (è il caso dei libri regalati).
3. La biblioteca nel 1799 conteneva le
stampe dei suoi testi?
No, si conservavano solo i manoscritti, ora
custoditi alla Biblioteca Ambrosiana di
Milano.
Complicazione: alcune testimonianze (lettere)
però ci mostrano come Parini abbia
posseduto, durante la residenza a Brera, copie
delle sue opere, date o ricevute in regalo e
poi…rubate! Non si trovano, per esempio, le
Odi ricevute in regalo dal Bodoni nel 1781.
4. Quale fu, a proposito, la storia dei
manoscritti pariniani contenuti nella
Biblioteca?
Pochi giorni dopo la morte del poeta i
nipoti li vendettero all’asta per l’irrisoria
cifra di 2200 lire milanesi.
Vennero quindi acquistati, o meglio, fatti
acquistare, perché detenuto in prigione,
dall’allievo Francesco Reina che, rientrato
dalla Croazia, dove era stato deportato,
non risparmiò fatiche e denaro per
recuperare le altre carte pariniane.
5. Risultato dell’operazione Reina
Reina si servì di queste carte per l’imponente
edizione delle Opere, che uscì in sei volumi, stampati
tra il 1801 e il 1804 per il Genio Tipografico di
Milano.
1825: morte di Reina. La sorte delle carte pariniane
fu tranquilla, passarono a Felice Bellotti, e più tardi al
nipote di questi, l’ingegnere Cristoforo Bellotti, che li
donò nel 1910 alla Biblioteca Ambrosiana di Milano.
1925: esce l’edizione delle Opere di Parini a cura di
un allievo di Carducci, Guido Mazzoni. Il filologo
Mazzoni ordinò le carte, numerandole in cinque
cartelle. Edizione che però è ancora filologicamente
molto carente (G. Parini, Opere, a cura di G.
Mazzoni, Barbèra, 1925).
6. Torniamo all’ed. Reina
Fu aspramente criticata dai contemporanei (Luigi Bramieri, Ugo
Foscolo):
«Oltre alle poche poesie liriche degne di quel nobile
ingegno, l’Editore ammassò scartafacci e minute; così, in vece di
due schietti pubblicò cinque grossi volumi, con poca pietà verso
le ceneri del Parini» (Foscolo, Lettere scritte dall’Inghilterra).
Essa però fu giudicata con estrema severità: se non fosse stato per
il Reina tutte le scritture del Parini sarebbero state disperse!
Manzoni, nell’imminenza delle Opere postume alfieriane in
tredici volumi, in una lettera a Giovan Battista Pagani del
1804, si lasciava andare a queste considerazioni: «Non vorrei che
l’editore di Alfieri fosse un Reina».
Merito importante: gli editori successivi si baseranno su
quell’edizione, sulle varianti poste a piè pagina e nella Vita, posta
all’inizio del primo volume, verrà fondato il mito di Parini poeta
civile.
7. Errori dell’ed. Reina
l’accostamento arbitrario di due redazioni
del Giorno, appartenenti a differenti fasi
cronologiche e stilistiche.
La pubblicazione delle Odi con un corpus
che contaminava l’ed. Gambarelli del
1791, espungendone cinque e
aggiungendone tre successive, raccolte
nella stampa del Bernardoni, del 1795.
L’inserimento, all’interno delle opere
pariniane, di testi apocrifi.
8. Torniamo alla biblioteca: quali fattori
ne determinarono la creazione?
Le condizioni economiche non agiate
(non è presente alcun libro di particolare
pregio, oppure raro);
L’assidua frequentazione della Biblioteca
di Brera, che all’epoca contava ben
80.000 volumi.
(NB. dal 1770 al 1798 Parini ebbe
l’incarico di professore di Eloquenza e di
Belle Lettere alle Scuola Palatine, a
Brera).
9. Cosa è rimasto di tale biblioteca?
•Nulla, ad eccezione di un testo, il
primo volume delle Tragedie di
Alfieri, regalato dall’astigiano in
occasione di una sua visita a Brera nel
1793.
Su quali altre testimonianze ci
possiamo basare per delineare la
consistenza della Biblioteca
pariniana?
Ci si può basare su tre fonti, oltre
all’inventario…
10. 1 fonte: Ugo Foscolo, Saggio sulla
letteratura italiana contemporanea
All’interno di un breve ritratto, in cui non
mancano critiche all’attività di Parini, afferma:
«Le sue letture favorite fra gli Italiani furono
Dante, Ariosto e l’Aminta del Tasso; ma non imitò
alcuno di questi scrittori […]. Suo studio costante
e prediletto furono i trattati di belle arti e in
particolare la vita di celebri artisti, tanto che i suoi
esecutori trovarono, tra i pochi volumi in suo
possesso al tempo della sua morte, due copie delle
Vite del Vasari, l’una e l’altra consunta dall’uso».
Nell’inventario del 1799 è però presente una sola
copia delle Vite vasariane.
11. 2 fonte: la Vita di Reina
Propone come letture effettuate nella
biblioteca domestica, negli anni
precedenti l’ed. del volume di
esordio, Alcune poesie di Ripano
Eupilino, autori come
Virgilio, Orazio, Petrarca, mentre le
letture cambiano negli anni della maturità:
«Negli ultimi tempi suoi l’evidentissimo
Dante, il semplice e facile Ariosto gli
erano sempre alla mano: costoro, diceva
egli, più si conosce l’arte, più si
ammirano: più si studiano, più piacciono».
12. 3 fonte: Elenchi di scrittori di mano
del Parini
Si trovano autografi nella Cart. IV n. VII, 4
dell’Ambrosiana, tra i “Frammenti” per le
Lezioni di belle lettere e Arti.
Perché sono importanti? Perché
suppliscono all’inspiegabile mancanza di
alcuni autori tra le opere contenute
nell’inventario: tra i greci Eschilo, Sofocle
e Aristofane e tra i latini Plauto, Marziale e
Seneca.
13. Quali conclusioni possiamo trarre su
questa biblioteca?
La libreria pariniana non era una
personale e indicativa raccolta di testi
privilegiati, ma la modesta e in fondo
impersonale libreria di un professore di
«belle lettere», non molto fornito di
denaro e perciò costretto ad acquistare i
principali “ferri del mestiere”.
E quali opere conteneva? Testi
raggruppabili in 5 sezioni:
14. Descrizione della Biblioteca
Libri di letteratura italiana e dialettale. Possedeva
tutta una serie di classici con lo stesso formato, in
dodicesimo e con legatura “alla francese”: le Rime
di Petrarca, il Decamerone, il
Morgante, l’Orlando Furioso, la Gerusalemme
Liberata, l’Aminta, il Pastor fido. Interessante: c’è
Tanzi ma non Balestrieri!
Letterature classiche e orientali, per lo più in
traduzione italiana o francese.
Libri di teatro, dovuti all’incarico di poeta
ufficiale del Teatro ducale Milanese e alla nomina
nella commissione di un concorso per la riforma
del teatro nazionale negli anni francesi.
15. Descrizione della Biblioteca
Letterature straniere moderne: grande prevalenza
della lingua e della cultura francese, essendo la
moda del periodo. Dei 196 libri dell’inventario ben
45 erano in lingua francese, e tra essi molti testi
classici in traduzione e saggi. Si nota la presenza di
Pope, ma non del Riccio Rapito, da tanti accostato
al Giorno, tradotto dal Conti nel 1756!
Libri di retorica, indispensabili per la sua
professione.
Libri di “belle arti”: Vasari, Winckelmann, Vitruvio
in traduzione e l’Iconologia di Cesare Ripa.
16. Intertestualità Parini-Tasso
Se volessimo analizzare gli echi tassiani nel
Giorno, quale edizione di Tasso dovremmo considerare?
Alcune date preliminari:
24 marzo 1763: editio princeps del Mattino, presso
l’editore Agnelli;
24 luglio 1765: editio princeps del Mezzogiorno presso
l’editore Galeazzi;
18 ottobre 1791: lettera a Bodoni, dove sostiene di aver
pronti, e profondamente rielaborati, il Mattino e il
Meriggio.
1796: terminus ante quem proposto da Dante Isella
(editore critico del Giorno, ma anche delle Odi) per la
stesura del Vespro e della Notte.
17. Quali edizione tassiane possedeva
Parini nel 1799?
• Possedeva due volumi di Tasso: la
Gerusalemme Liberata e
l’Aminta, entrambe nell’edizione
parigina di Marcello Prault, del 1768.
• Ma la presenza accertata di echi
tassiani fin dalle prime due redazioni
di Mattino e Mezzogiorno obbliga a
preferire il ricorso di un’edizione del
Tasso anteriore al 1768!
18. Altra complicazione…
• Se nelle Lezioni di belle lettere
definisce Tasso «Principe dell’epica
poesia italiana» e si sofferma sui pregi
delle Giornate del mondo creato, del
Torrismondo e delle poesie liriche, ciò
significa che conosceva altre opere di
Tasso.
• Quindi quale edizione leggeva?
19. Bisogna indagare la situazione editoriale
delle opere di Tasso nella seconda metà del
Settecento.
Uno dei modi per valutare la fortuna di un autore consiste nel
conteggio delle edizioni a stampa prodotte in un determinato
secolo, dato a maggior ragione importante per Parini che, letterato
non aristocratico, doveva giocoforza ricorrere, come qualsiasi altro
borghese del tempo, al mercato editoriale contemporaneo.
Settecento: è un secolo intermedio per Tasso tra fortuna barocca e
boom editoriale ottocentesco (es. per la Liberata, su 1700
edizioni, ben 800 sono del XIX secolo). Sono pubblicate solo 60
edizioni della Liberata e 30 dell’Aminta.
Quali opere complete? Solo due:
1724, Opere colle controversie sopra la Gerusalemme Liberata
divise in sei tomi, per la stamperia di sua altezza reale Tartini e
Franchi;
1735, a Venezia per gli editori Compagno e Monti.
20. Quale utilizzare?
• L’edizione Tartini e Franchi. Per diversi
motivi:
era uno strumento di facile consultazione
per un docente che necessitava di opere
quanto più complete degli autori presi in
esame.
era autorevole da un punto di vista
filologico.
conteneva un rimario, strumento
essenziale per un poeta come Parini.
21. Ma la fruizione di Tasso avveniva solo
nell’originale?
Nel Settecento infatti la Liberata era stata
piegata a diverse traduzioni nei dialetti italiani.
Sulle 34 traduzioni, non tutte complete, ben 21
risalgono al Settecento. Per quali motivi?
la volontà di abbassare con l’uso parodico del
dialetto un poema epico non più sentito come
tale;
L’attrattiva della poesia tassiana per chi voleva
sperimentare nuove possibilità espressive.
22. Non solo traduzioni
Spopolavano anche i travestimenti.
Def. travestimento: era una forma di
parodia che comportava la trasposizione
di un monumento letterario in una realtà
spazialmente e socialmente circoscritta.
Es: La Gerusalemme Liberata travestita
in lingua milanese, opera composta da
Domenico Balestrieri, amico di Parini e
accademico trasformato.
23. La tradizione mediata
• Sono infatti dimostrabili interferenze della
traduzione balestrieriana nella fruizione che
Parini aveva di Tasso.
• Perché?
Nelle riunioni in casa Imbonati (sede
dell’Accademia dei Trasformati), le ottave
tradotte venivano lette con frequenza, ancor
prima della pubblicazione del 1772 (memoria
orale);
Parini all’altezza del 1758 conosceva già il testo
della Gerusalemme Travestita e a una
frequentazione assidua con Parini il Balestrieri
allude in una commedia in dialetto milanese.
24. Primo esempio: Ger. Lib. IV e MZ
Ger. Lib IV 67, 1-4
Mentre ei così dubbioso a terra volto
lo sguardo tiene, e ’l pensier volve e
gira
la donna in lui s’affisa, e dal suo volto
intenta pende e gli atti osserva e
mira
Ger. Lib. IV 65, 5
«Teme i barbari inganni»
Ger. Lib. IV 67, 8
«Ma diè risposta assai cortese e
molle»
Ger. Mil. IV 67, 1-2
Intant che ’l capitan el se visiga
La barba e il muso, e ’l pensa a paricc
coss.
La notta tucc i cacc lee sta Morniga,
Senza mai destacchagh i ouecc
d’addoss.
MZ 1071-1079
[…] o se più forse
L’ami così, come sorbir la suole
Barbara sposa, allor che, molle assisa
Su’ broccati di Persia, al suo signore
Con le dita pieghevoli ’l selvoso
Mento vezzeggia, e la svelata fronte
Alzando, il guarda; e quelli sguardi han
possa
Di far che a poco a poco di man cada
Al suo signore la fumante canna.
25. Echi della Gerusalemme travestita…
• Gli echi tassiani sono generici e circoscritti alla
memoria visiva, una rispondenza maggiore si
trova tra il Giorno e il travestimento in dialetto
milanese:
• La mediazione del poeta dialettale diviene
evidente per i versi 1074-1075 del
Mezzogiorno: «potrebbe essere che il milanese
visiga abbia indotto nel Parini il ricorso a
vezzeggia. La rilevanza del gesto è sottolineata
dall’enjambement sia nel Balestrieri («el se
visiga / la barba») che nel Parini («il selvoso /
mento vezzeggia»).
26. Secondo esempio: Ger. Lib. XIII e NT
Ger. Lib. XIII, 20, 1-3
Questi, appressando ove lor seggio han
posto / non rimiràr le nere ombre sì
tosto, / che lor si scosse e tornò ghiaccio
il core.
Ger. Mil. XIII, 20, 1-8
Rivaa sti buli unii tucc in d’on croeucc,
Dov’even faa i Diavol l’imboscada,
Vedend quell fosch ghe tremen i
genoeucc,
E ’l coeur strensgiuu el ghe dis da voltà
strada;
Ma pur tirandes el capell sui oeucc
Dent g’han la foffa, e ’l spiret in facciada,
E se saan anem, e vaan tant innanz,
C’han el camp di cinqu pertegh li denanz.
NT 24-29
E al sospettoso adultero, che lento
Col cappel su le ciglia e tutto avvolto
Entro al manto sen gìa con l'armi ascose,
Colpìeno il core, e lo strignean d’affanno.
E fama è ancor che pallide fantasime
Lungo le mura de i deserti tetti
27. Altra evidente interferenza di
Balestrieri…
• A corrispondenze generiche tra il canto
XIII della Liberata e l’incipit della
Notte si affianca un’aderenza maggiore
con la traduzione in dialetto milanese: il
gesto di tirarsi il cappello sugli occhi è
di derivazione balestrieriana!
• Importanza rilevante della
mediazione di Balestrieri per gli echi
tassiani nel Giorno.