XVIII Congresso CSeRMEG 21-22 ottobre 2005 DETERMINANTI DELLA SALUTE, DISUGUAGLIANZA, DISCRIMINAZIONE lo sguardo della Medicina Generale - www.csermeg.it
Webinar | Gentlecare a domicilio per la gestione del malato di Alzheimer: str...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
Strategie Non Farmacologiche nel trattamento delle DemenzeGabriele Carbone
Given the current lack of therapies that can change the presumed pathogenesis
of Alzheimer’s disease (AD), the scientific community has been stimulated to explore the effectiveness of non pharmacological interventions for manage the manifestations of the demential syndromes in order to delay cognitive and functional decline, reduce mental and behavioral disorders, and thus improve the quality of life of a patient and his or her family. It seems clear that the goal of non pharmacological interventions for an Alzheimer’s patient (or the other demential forms) cannot be that of “fully recovered,” due to the progressive degenerative nature of the disease, but it is definitely to maximize the ability of maintaining the functional autonomy of the patient in one’s environment within the limits imposed by the disease, from the functional damage and resources available. The conceptual basis in support of rehabilitative interventions is supported by two peculiarities of the nervous tissue: neuroplasticity and cell redundancy (cognitive reserve).
XVIII Congresso CSeRMEG 21-22 ottobre 2005 DETERMINANTI DELLA SALUTE, DISUGUAGLIANZA, DISCRIMINAZIONE lo sguardo della Medicina Generale - www.csermeg.it
Webinar | Gentlecare a domicilio per la gestione del malato di Alzheimer: str...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
Strategie Non Farmacologiche nel trattamento delle DemenzeGabriele Carbone
Given the current lack of therapies that can change the presumed pathogenesis
of Alzheimer’s disease (AD), the scientific community has been stimulated to explore the effectiveness of non pharmacological interventions for manage the manifestations of the demential syndromes in order to delay cognitive and functional decline, reduce mental and behavioral disorders, and thus improve the quality of life of a patient and his or her family. It seems clear that the goal of non pharmacological interventions for an Alzheimer’s patient (or the other demential forms) cannot be that of “fully recovered,” due to the progressive degenerative nature of the disease, but it is definitely to maximize the ability of maintaining the functional autonomy of the patient in one’s environment within the limits imposed by the disease, from the functional damage and resources available. The conceptual basis in support of rehabilitative interventions is supported by two peculiarities of the nervous tissue: neuroplasticity and cell redundancy (cognitive reserve).
Focus sulla Malattia di Alzheimer nell'ottica d'approccio infermieristico.
Sommario.
Demenza Senile:
- Definizione
Letteratura Scientifica:
- Cenni storici
Epidemiologia:
- Diffusione ed incidenza
Patologia:
- Caratteristiche e modalità d'azione
- Fattori di rischio
Quadro clinico:
- Fasi della malattia
- Fase Iniziale
- Fase Intermedia
- Fase Terminale
- Schema di progressione patologica
Diagnosi:
- Anamnesi e segni oggettivi
- Strumentistica diagnostica
- Test valutativi ed istologici
Terapia:
- Trattamenti terapeutici
- Trattamento farmacologico
- Trattamento basato sui training
- Tipologie training
- Trattamenti integrativi
- Ruolo Caregiver
Prevenzione:
- Fattori modificabili
- Teoria della riserva cognitiva
Assistenza Infermieristica:
- Presa in carico del paziente
I centri diurni per anziani: organizzazione e prospettiveFranco Pesaresi
L'organizzazione dei centri diurni per anziani non autosufficienti e dei centri diurni alzheimer nelle regioni italiane.
Chi non riuscisse a scaricare le slides, in subordine, può provare al seguente link: https://mega.nz/fm/hzA2XICK
Fragilità e vulnerabilità - Fabrizio Giunco, Don GnocchiUneba
Condivisione di termini e significati nell'ambito della salute e del benessere - Relazione al convegno Uneba sulla disabilità di novembre 2018 www.uneba.org/tag/convegno-torino
Ascolto, attenzione e cura per l'anziano con AlzheimerUneba
Relazione di Laura Ferro, educatrice professionale alla Rsa Poretti Magnani di Vedano Olona (Varese) presentata al convegno da www.uneba,org - “Alzheimer ? Ricerca, diagnosi precoce, servizi,terapie non farmacologiche” a Soresina il 21 marzo 2019
Le principali cause di disabilità nell'anzianoASMaD
Presentazione a cura del Professor Vincenzo Marigliano - XII° Congresso Nazionale FIMeG 2018 - The Silver Tsunami: l'anziano fra appropriatezza e farmaeconomia
Webinar | Invecchiamento e deterioramento cognitivo: uno strumento di previsi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone che presentano un certo grado di decadimento cognitivo e con i loro familiari, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi degli anziani che assistono. Supportare i familiari nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano significa, innanzitutto, riconoscere l’eventuale presenza di un deterioramento cognitivo e distinguerlo da una condizione di normale fisiologia dell’invecchiamento.
Il Questionario Informativo sul Declino Cognitivo negli Anziani (Informant Questionnaire on Cognitive Decline in the Elderly - IQCODE) è uno strumento di rapida somministrazione che consente di valutare se sia in atto un cambiamento patologico nelle prestazioni cognitive e funzionali degli anziani rispetto ai 10 anni antecedenti l’intervista. Consiste in una serie di domande da sottoporre al familiare che vive a più stretto contatto con l’anziano, utili a raccogliere dati e informazioni necessari a costruire una prima ipotesi sulla natura dell’eventuale processo patologico in atto, a partire dalla quale strutturare una più approfondita valutazione cognitiva e sviluppare un piano d’intervento per anziano e familiare (o caregiver).
La malattia di Alzheimer (Alzheimer Disease - AD) è la principale causa di demenza ed è una delle
patologie croniche più devastanti e prevalenti in individui anziani. Come riportato nel rapporto dell'OMS e Alzheimer Disease International, nel 2015, sono state calcolate in 46.800.000 le persone con demenza nel mondo, di cui più della metà con AD, ed è stimato un incremento di nove milioni e 900 mila casi ogni anno: un nuovo caso ogni 3,2 secondi. L’incidenza della demenza aumenta con l’età e, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione, il numero dei soggetti affetti tende ad aumentare ogni anno; infatti, si prevedono 74,7 milioni di pazienti nel 2030 e 135,4 milioni nel 2050. Nello stesso rapporto del 2015, il costo annuo stimato in tutto il mondo per demenza è di $US 818.000.000.000: oltre l' 1% del prodotto interno lordo mondiale. Un costo così elevato testimonia l'enorme impatto che la demenza ha sulle condizioni socio-economiche in tutto il mondo. Questo significa che, se l’assistenza per la demenza fosse una nazione, sarebbe la diciottesima economia nel mondo e il suo valore economico supererebbe quello di aziende come Apple (742 miliardi) e Google (368 miliardi).
Secondo lo stesso rapporto in Italia attualmente le persone affette da demenza sono oltre 1.200.000 (di cui oltre 700.000 con malattia di Alzheimer) che diventeranno 1.609.000 nel 2030 e 2.272.000 nel 2050; si stima che nel 2015 i nuovi casi saranno 269.000 e i costi ammonterebbero a 37.6 miliardi di euro. Nel Lazio, nel 2012, sono state stimate in circa 71.000 le persone affette da demenza, di cui 28.000 affette da AD; l’incidenza per tutte le forme di demenza, applicata alla popolazione residente nel Lazio con più di 65 anni, è di circa 14.000 nuovi casi ogni anno.
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
OBIETTIVI:
- Fornire una trattazione del metodo Gentlecare
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per migliorare la comunicazione
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per programmare la giornata del malato
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per adattare gli spazi di vita al malato
- Fornire la checklist ambientale per poter effettuare consulenze a domicilio e in strutture per anziani.
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
Obiettivi
Prima sessione (30 novembre):
- Fornire una definizione di invecchiamento fisiologico e di deterioramento cognitivo per imparare a riconoscerli
- Fornire una definizione di demenza e descrivere la malattia di Alzheimer nelle sue componenti morfologiche, fenomenologiche ed eziologiche
- Fornire una panoramica sulle principali metodologie diagnostiche ad alta definizione, i biomarcatori, i fattori di rischio e le terapie farmacologiche attualmente in uso.
Focus sulla Malattia di Alzheimer nell'ottica d'approccio infermieristico.
Sommario.
Demenza Senile:
- Definizione
Letteratura Scientifica:
- Cenni storici
Epidemiologia:
- Diffusione ed incidenza
Patologia:
- Caratteristiche e modalità d'azione
- Fattori di rischio
Quadro clinico:
- Fasi della malattia
- Fase Iniziale
- Fase Intermedia
- Fase Terminale
- Schema di progressione patologica
Diagnosi:
- Anamnesi e segni oggettivi
- Strumentistica diagnostica
- Test valutativi ed istologici
Terapia:
- Trattamenti terapeutici
- Trattamento farmacologico
- Trattamento basato sui training
- Tipologie training
- Trattamenti integrativi
- Ruolo Caregiver
Prevenzione:
- Fattori modificabili
- Teoria della riserva cognitiva
Assistenza Infermieristica:
- Presa in carico del paziente
I centri diurni per anziani: organizzazione e prospettiveFranco Pesaresi
L'organizzazione dei centri diurni per anziani non autosufficienti e dei centri diurni alzheimer nelle regioni italiane.
Chi non riuscisse a scaricare le slides, in subordine, può provare al seguente link: https://mega.nz/fm/hzA2XICK
Fragilità e vulnerabilità - Fabrizio Giunco, Don GnocchiUneba
Condivisione di termini e significati nell'ambito della salute e del benessere - Relazione al convegno Uneba sulla disabilità di novembre 2018 www.uneba.org/tag/convegno-torino
Ascolto, attenzione e cura per l'anziano con AlzheimerUneba
Relazione di Laura Ferro, educatrice professionale alla Rsa Poretti Magnani di Vedano Olona (Varese) presentata al convegno da www.uneba,org - “Alzheimer ? Ricerca, diagnosi precoce, servizi,terapie non farmacologiche” a Soresina il 21 marzo 2019
Le principali cause di disabilità nell'anzianoASMaD
Presentazione a cura del Professor Vincenzo Marigliano - XII° Congresso Nazionale FIMeG 2018 - The Silver Tsunami: l'anziano fra appropriatezza e farmaeconomia
Webinar | Invecchiamento e deterioramento cognitivo: uno strumento di previsi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone che presentano un certo grado di decadimento cognitivo e con i loro familiari, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi degli anziani che assistono. Supportare i familiari nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano significa, innanzitutto, riconoscere l’eventuale presenza di un deterioramento cognitivo e distinguerlo da una condizione di normale fisiologia dell’invecchiamento.
Il Questionario Informativo sul Declino Cognitivo negli Anziani (Informant Questionnaire on Cognitive Decline in the Elderly - IQCODE) è uno strumento di rapida somministrazione che consente di valutare se sia in atto un cambiamento patologico nelle prestazioni cognitive e funzionali degli anziani rispetto ai 10 anni antecedenti l’intervista. Consiste in una serie di domande da sottoporre al familiare che vive a più stretto contatto con l’anziano, utili a raccogliere dati e informazioni necessari a costruire una prima ipotesi sulla natura dell’eventuale processo patologico in atto, a partire dalla quale strutturare una più approfondita valutazione cognitiva e sviluppare un piano d’intervento per anziano e familiare (o caregiver).
La malattia di Alzheimer (Alzheimer Disease - AD) è la principale causa di demenza ed è una delle
patologie croniche più devastanti e prevalenti in individui anziani. Come riportato nel rapporto dell'OMS e Alzheimer Disease International, nel 2015, sono state calcolate in 46.800.000 le persone con demenza nel mondo, di cui più della metà con AD, ed è stimato un incremento di nove milioni e 900 mila casi ogni anno: un nuovo caso ogni 3,2 secondi. L’incidenza della demenza aumenta con l’età e, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione, il numero dei soggetti affetti tende ad aumentare ogni anno; infatti, si prevedono 74,7 milioni di pazienti nel 2030 e 135,4 milioni nel 2050. Nello stesso rapporto del 2015, il costo annuo stimato in tutto il mondo per demenza è di $US 818.000.000.000: oltre l' 1% del prodotto interno lordo mondiale. Un costo così elevato testimonia l'enorme impatto che la demenza ha sulle condizioni socio-economiche in tutto il mondo. Questo significa che, se l’assistenza per la demenza fosse una nazione, sarebbe la diciottesima economia nel mondo e il suo valore economico supererebbe quello di aziende come Apple (742 miliardi) e Google (368 miliardi).
Secondo lo stesso rapporto in Italia attualmente le persone affette da demenza sono oltre 1.200.000 (di cui oltre 700.000 con malattia di Alzheimer) che diventeranno 1.609.000 nel 2030 e 2.272.000 nel 2050; si stima che nel 2015 i nuovi casi saranno 269.000 e i costi ammonterebbero a 37.6 miliardi di euro. Nel Lazio, nel 2012, sono state stimate in circa 71.000 le persone affette da demenza, di cui 28.000 affette da AD; l’incidenza per tutte le forme di demenza, applicata alla popolazione residente nel Lazio con più di 65 anni, è di circa 14.000 nuovi casi ogni anno.
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
OBIETTIVI:
- Fornire una trattazione del metodo Gentlecare
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per migliorare la comunicazione
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per programmare la giornata del malato
- Offrire indicazioni sugli interventi da adottare per adattare gli spazi di vita al malato
- Fornire la checklist ambientale per poter effettuare consulenze a domicilio e in strutture per anziani.
La gestione del malato di Alzheimer a domicilio: strumenti pratici per lo psi...Obiettivo Psicologia Srl
La Psicologia dell’Invecchiamento è la disciplina che si occupa delle problematiche di tipo psicologico e neuropsicologico dell’anziano nel corso del processo di invecchiamento.
Sempre più spesso lo psicologo che lavora con gli anziani si trova a contatto con persone affette da demenza, quasi sempre di tipo Alzheimer e con familiari e/o operatori, che necessitano di un aiuto nella gestione dei disturbi comportamentali e dei deficit cognitivi delle persone che assistono. Progettare interventi nel tentativo di ridurre l’impatto che questi disturbi hanno sul quotidiano del malato e di chi se ne occupa significa, innanzitutto, riconoscere fisiologia e patologia della malattia di Alzheimer e saperne sfruttare i vari aspetti a vantaggio del mantenimento delle abilità della persona.
Il metodo Gentlecare, ideato da Moyra Jones, si basa su tre punti fermi, persone, programmi e spazio, che contraddistinguono l’esistenza del malato di Alzheimer. Agire su questi tre punti in maniera consapevole significa migliorare di molto la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste. Insegnare alle persone come comunicare, cosa dire, come programmare le giornate e in che maniera adattare l’ambiente fisico e psicologico attorno alla persona malata significa fornire una protesi ben più robusta di un deambulatore o di un sollevatore meccanico. A partire da una buona checklist, infatti, è possibile, al domicilio e nelle strutture per anziani, fornire consulenze adeguate sulla costituzione degli ambienti, la disposizione dei mobili, la scelta dei colori e delle suppellettili più utili e protesiche per la persona affetta da demenza.
Obiettivi
Prima sessione (30 novembre):
- Fornire una definizione di invecchiamento fisiologico e di deterioramento cognitivo per imparare a riconoscerli
- Fornire una definizione di demenza e descrivere la malattia di Alzheimer nelle sue componenti morfologiche, fenomenologiche ed eziologiche
- Fornire una panoramica sulle principali metodologie diagnostiche ad alta definizione, i biomarcatori, i fattori di rischio e le terapie farmacologiche attualmente in uso.
L’ictus cerebrale è la terza causa di morte a livello mondiale e la seconda nel nostro Paese; nella fase acuta spesso provoca molteplici deficit cognitivi (Ferro JM, 2001) tali da influenzare negativamente la riabilitazione e il recupero del paziente, nonché la sua qualità di vita futura (Wade DT, 1992 ; Wade DT et al, 1986; Kalra L et al, 1997).
Una valutazione precoce permette pertanto la migliore definizione del percorso clinico assistenziale del paziente,determinando un importante indice predittivo dell’outcome a lungo termine (Nys G.M.S et al, 2005).
La valutazione del danno cognitivo, in questa fase, dovrebbe essere caratterizzata dall’utilizzo di test di screening bed-side veloci e di facile somministrazione, ma comunque in grado di rilevare la presenza dei deficit e la loro relativa entità.
In questa sede verrà descritto il ruolo dello psicologo-neuropsicologo all’interno della Stroke-Unit e saranno presentati alcuni risultati di una ricerca sperimentale volta all’identificazione precoce dei deficit cognitivi post-ictus.
S.M.T. Sindrome Miositica di Tensione
David Cardano
Attività fisica e interazioni con il cancro
Diego Campaci
Il legame tra eccesso di peso e problemi posturali e muscolo-scheletrici
Diego Campaci e Ombretta Viglianesi
Sovrappeso e come combatterlo: il ruolo dell'ipertrofia muscolare nel processo dimagrante
Sabatino di Stasi
Fitness e dintorni. Ortoressia: quando il cibo diventa ossessione
Pierluigi De Pascalis
.
Scopri la rivista qui https://www.calzetti-mariucci.it/shop/prodotti/scienza-e-movimento-n-21-rivista-nonsolofitness
Fino a qualche anno fa l’accumulo di oggetti era comunemente considerato un comportamento clinicamente poco significativo e legato ad aspetti di personalità marginali. Anche i clinici stessi faticavano a comprenderne il significato. Il quadro è cambiato soprattutto grazie al lavoro di studio e di ricerca di Randy Frost, Gail Steketee, e dei loro collaboratori. Negli ultimi venti anni questi studiosi hanno sviluppato la ricerca e una teoria per la comprensione del disturbo e hanno dato un contributo fondamentale per il riconoscimento del disturbo come categoria diagnostica a sé stante.
Ancora non sono del tutto chiari i meccanismi che sottendono il disturbo né la sua eziopatogenesi, anche se, come spesso accade per i disturbi mentali, il modello esplicativo potrebbe essere genericamente di tipo biopsicosociale. Molto probabilmente ulteriori grandi passi in avanti si faranno nei prossimi anni nella comprensione del comportamento di accumulo proprio grazie al fatto di aver dato un nome e una dignità diagnostica a questa forma di disagio psicologico.
Quello che si evince per il momento dalla letteratura è che il disturbo da accumulo (DA), o disposofobia, è un disturbo mentale caratterizzato principalmente da tre aspetti: la tendenza ad accumulare e/o acquisire un numero eccessivo di oggetti, la persistente difficoltà ad eliminare o separarsi dai propri beni, a prescindere dal loro reale valore, e la difficoltà ad organizzare in modo funzionale i propri oggetti. Si parla di DA quando l’esito di questi tre problemi connessi tra loro dà luogo a un disordine domestico significativo il quale crea intralcio negli ambienti e produce un disagio significativo all’interno dell’abitazione (Frost & Hartl, 1996). Inoltre per parlare di DA devono esserci delle conseguenze significative importanti che riguardino: serie limitazioni nell’uso degli spazi in casa, rischi sanitari e nella sicurezza della casa, isolamento sociale, significativo disagio e peggioramento della qualità della vita.
È stato riconosciuto che il DA può avere un impatto negativo significativo sulla salute fisica e psicosociale e sul benessere sia degli accumulatori che dei membri della famiglia (Büscher, Dyson, & Cowdell, 2014); questo può includere malattie fisiche e mentali, disagi lavorativi, finanziari e legali, situazioni di pericolo e condizioni di vita insane, disagi e tensioni all’interno delle relazioni familiari.
Intervento del dott. Ciro Ruggerini al seminario dal titolo "I bisogni educativi degli scolari con funzionamento intellettivo limite"
tenutosi a Reggio Emilia il 24 gennaio 2014
Similar to Frailty in the elderly. dalla fragilità fisica alla fragilità cognitiva (20)
Palermo unawareness of deficits in alzheimer’s disease role of the cingulate ...Sara Palermo
Unawareness of deficits is a symptom of Alzheimer's disease that can be observed even in the early stages of the disease. The frontal hypoperfusion associated with reduced awareness of deficits has led to suggestions of the existence of a hypofunctioning prefrontal pathway involving the right dorsolateral prefrontal cortex, inferior parietal lobe, anterior cingulate gyri and limbic structures. Since this network plays an important role in response inhibition competence and patients with Alzheimer's disease who are unaware of their deficits exhibit impaired performance in response inhibition tasks, we predicted a relationship between unawareness of deficits and cingulate hypofunctionality. We tested this hypothesis in a sample of 29 patients with Alzheimer's disease (15 aware and 14 unaware of their disturbances), rating unawareness according to the Awareness of Deficit Questionnaire-Dementia scale. The cognitive domain was investigated by means of a wide battery including tests on executive functioning, memory and language. Neuropsychiatric aspects were investigated using batteries on behavioural mood changes, such as apathy and disinhibition. Cingulate functionality was assessed with functional magnetic resonance imaging, while patients performed a go/no-go task. In accordance with our hypotheses, unaware patients showed reduced task-sensitive activity in the right anterior cingulate area (Brodmann area 24) and in the rostral prefrontal cortex (Brodmann area 10). Unaware patients also showed reduced activity in the right post-central gyrus (Brodmann area 2), in the associative cortical areas such as the right parietotemporal-occipital junction (Brodmann area 39) and the left temporal gyrus (Brodmann areas 21 and 38), in the striatum and in the cerebellum. These findings suggest that the unawareness of deficits in early Alzheimer's disease is associated with reduced functional recruitment of the cingulofrontal and parietotemporal regions. Furthermore, in line with previous findings, we also found apathy and disinhibition to be prominent features of the first behavioural changes in unaware patients.
Palermo assessment neuropsicologico bed side-stroke
Frailty in the elderly. dalla fragilità fisica alla fragilità cognitiva
1. Frailty in the elderly
Dalla fragilità fisica alla fragilità cognitiva
- approccio neurocognitivo -
Dott.ssa Sara Palermo
PostDoctoral Research Fellow
Dipartimento di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini”
Via Cherasco 15, 10126Torino
Corso di studio
Scienze del corpo e della mente
«Neuropsicologia del deterioramento cognitivo e delle patologie degenerative del S.N.C.»
Anno accademico 2014/2015
3. Anziano fragile – introduzione
« … alla domanda: chi è il tipico paziente
geriatrico? ... La risposta è: pensa al più
anziano, al più malato, al più complicato ed al
più FRAGILE dei tuoi pazienti»
Hazzard 1990
« … un paziente storicamente ignorato dalla
medicina tradizionale, in quanto
numericamente irrilevante, non gratificante
sul piano professionale, perché inguaribile,
“scomodo” da gestire da parte delle strutture
sanitarie ed assistenziali, anche perché spesso
disturbante … »
Umberto Senin 1999
5. Anziano fragile – definizione (1)
«Quasi tutti i Geriatri sono d’accordo nel dire che “l’anziano fragile” si riconosce ad
una prima occhiata anche se quasi nessuno è in grado di fornire una descrizione
adeguata».
Ferrucci et al. 2002
Non esiste tuttora una definizione clinica e comunemente accettata di fragilità.
Hogan et al. 2003;Bergman et al. 2007; Karunananthan et al. 2009
FRAGILITÀ come stato biologico dinamico età-dipendente:
a) Caratterizzato da ridotta resistenza agli stress, secondario al declino cumulativo
di più sistemi fisiologici;
b) Correlato a pluripatologia, disabilità, rischio di istituzionalizzazione e mortalità.
Fried et al. 2001, Fried et al. 2004
Nell’anziano, l’estrema precarietà caratteristica della fragilità comporta l’incapacità di
reagire efficacemente ad eventi anche banali, che risultano capaci di innescare nel
volgere di breve tempo una catena di eventi ad esito catastrofico, il cosiddetto
“scompenso a catena”.
6. Fragilità come declino accelerato dell’integrità anatomica e funzionale che interessa diversi
sistemi fisiologici
(The Nathan Shock Model)
Declino multisistemico accelerato Declino funzionale
Anziano fragile – definizione (2)
7. Anziano fragile – definizione (3)
«Quasi tutti i Geriatri sono d’accordo nel dire che “l’anziano fragile” si riconosce ad
una prima occhiata anche se quasi nessuno è in grado di fornire una descrizione
adeguata».
Ferrucci et al. 2002
CARATTERISTICHE ANZIANO FRAGILE
a. Invecchiamento avanzato (65+/75+);
b. Alto rischio di ospedalizzazione o istituzionalizzazione;
c. Coesistenza di malattie croniche (comorbidità):
d. Ridotta autonomia funzionale;
e. Polifarmacoterapia complessa;
f. Stato socio-ambientale critico.
Senin 2001
8. Fragilità e disabilità (1)
Cambiamenti fisiologi legati
all’invecchiamento FRAGILITÀ
DISABILITÀ
MALATTIA
COMORBIDITÀ
• Disabilità indica perdita di funzione.
• Fragilità indica uno stato di instabilità e di rischio di perdita o di ulteriore perdita di
funzione.
9. Fragilità e disabilità (2)
COMORBIDITÀ
MALATTIE CRONICHE
SENESCENZA
INVECCHIAMENTO
genetica
metabolismo
infiammazione
FRAGILITÀ
IADL
Perdita di peso
Debolezza muscolare
Cammino rallentato
Fatica
DISABILITÀ
bADL
La compromissione delle IADL può segnalare la fragilità; questa può evolvere verso la
disabilità quando anche le bADL sono compromesse.
10. Fragilità e polipatologia
Con l’avanzare dell’età aumentano l’incidenza e la prevalenza di patologie croniche.
Queste malattie sono frequentemente associate tra loro e creano un quadro clinico
complesso da riconoscere e da trattare.
La polipatologia (comorbilità) non è una lista di malattie ma l’effetto di malattie
associate sullo stato funzionale del soggetto.
La polipatologia accresce fortemente il rischio di disabilità in misura proporzionale al
numero e alla gravità delle malattie compresenti.
12. Fragilità – paradigmi interpretativi
PARADIGMA BIOMEDICO
La fragilità è una sindrome fisiologica caratterizzata dalla riduzione delle riserve
funzionali e dalla diminuita resistenza agli stressor, risultante dal declino cumulativo di
sistemi fisiologici multipli che causano vulnerabilità e conseguenze avverse.
Fried et al. 2004
PARADIGMA DA ACCUMULO di DEFICIT
La fragilità è uno stato di disorganizzazione caotica dei sistemi fisiologici, che può
essere stimato valutando lo stato funzionale, le malattie, i deficit fisici e cognitivi, i
fattori di rischio psicosociali e le sindromi geriatriche, nell’ottica di costruire un
quadro il più possibile completo della situazione di rischio di eventi avversi.
Rockwood et al. 2007
PARADIGMA BIO-PSICO-SOCIALE
La fragilità è uno stato dinamico che colpisce un individuo che sperimenta perdite in
uno o più domini funzionali (fisico, psichico, sociale), causate dall’influenza di più
variabili che aumentano il rischio di risultati avversi per la salute.
Gobbens et al. 2010
14. Fragilità = normalità biologica (1)
FRAGILITÀ come conservazione di una funzione ottenuta al limite del compenso.
Ovvero la fatica ad essere normali.
Sabatini 2001
Minore capacità di conservare la omeostasi, cioè di rispondere in modo
quantitativamente e qualitativamente appropriato agli insulti ambientali, con facile
perdita dell’autonomia funzionale.
Conseguenze in caso di malattia acuta:
• Maggiore frequenza di complicanze;
• Scompenso multi-organo;
• Instabilità clinica;
• Ostacolo alla guarigione completa ed alla restitutio ad integrum.
15. Fragilità = normalità biologica (2)
Il 30% residuo della funzione multi-organo può rappresentare la soglia minima per la
funzionalità del sistema stesso.
È possibile perdere il 70% di una funzione senza alcuna manifestazione sintomatica,
soprattutto se tale riduzione avviene dilazionata nel tempo.
Boetz et al. 2002
17. Ciclo di induzione della fragilità (2)
Il modello sottolinea la natura ciclica della fragilità e mostra come le perdite funzionali
in una o più aree possano dare inizio o perpetuare il ciclo del declino funzionale di
tutto l’organismo.
Il progressivo intreccio di questi elementi comporta una sempre maggiore
differenziazione fra gli individui, rendendo la persona sempre più unica con
l’invecchiamento e parallelamente complica la ricerca di strumenti standard di
valutazione.
Ham et al. 2002
Se clinicamente è possibile sospettare una situazione di fragilità, resta problematica la
sua definizione in termini rigidamente biologici.
18. Ciclo di induzione della fragilità (3)
L’accumulo di menomazioni da malattie in presenza di ridotte capacità omeostatiche
compromette la capacità di rispondere ai diversi stress ambientali determinando
condizioni di estrema vulnerabilità.
Foroni et al. 2006
Accumulo di
deficit
Ridotta capacità
di risposta
omeostatica
Incapacità a far
fronte agli stress
ambientali
L’anziano fragile risponde
agli eventi stressanti con
manifestazioni monotone
come il delirium,
l’immobilità,
l’incontinenza urinaria, la
disidratazione.
19. Sindrome clinica della fragilità
Indicatori clinici
Debolezza
Affaticabilità
Anoressia
Paura di cadere
Instabilità
Sarcopenia
Osteopenia
Dimagramento
Denutrizione
Immobilità
Conseguenze
Cadute
Traumi
Malattie acute
Ospedalizzazione
Dipendenza
Istituzionalizzazione
Morte
sintomi
segni
20. Fragilità – definizione operativa
Compromissione progressiva in due o più domini funzionali:
• Viscerale – somatico;
• Osteomuscolare;
• Nutrizionale;
• Affettivo;
• Cognitivo;
• Sensoriale.
Strawbridge et al. 1998
Fatigue Resistence Aerobic Illness Loss of
weight
21. Fragilità come fenotipo clinico
1. Perdita di peso (maggiore di 4,5 Kg. nell’ultimo anno);
2. Affaticamento (fatica in almeno 3 giorni/settimana);
3. Riduzione della forza muscolare (hand-grip) (<5,85 Kg per i maschi e 3,37 Kg per
le femmine);
4. Ridotta attività fisica, valutabile con la scala PASE (Physical Activity Scale for the
Elderly);
5. Riduzione della velocità del cammino (>7 secondi per percorrere 5 m su percorso
noto).
Vi è fragilità se sono presenti 3 o più di questi criteri.
STADIAZIONE
Non fragile 0 sintomi
Pre-fragile 1-2 sintomi
Fragile 3 sintomi
Fried et al. 2001
Tale definizione appare corretta per un riconoscimento della fragilità rapido e che
porti ad una scelta ed ad un eventuale intervento di cura.
RICERCA
22. Fragilità secondo il CSHA (1)
Rockwood et al. 2001
Fragilità come fattore generale
70 determinanti per la costruzione
di un Frailty Index (FI), di queste
30-40 necessarie per costruire FI.
Ricodifica
• 0 (assenza), 1 (presenza)
• 0, 0.5, 1 (severità)
• 0, 0.33, 0.67, 1.0 (severità)
FI = n/n sintomi [7/70 = 0.1]
La fragilità relativa di un paziente
può essere calcolata come
differenza % dal punteggio medio
della popolazione della stessa età.
CLINICA
25. Gruppi di fragilità
Kamaruzzaman et al. 2010
Fragilità come fattore generale
35 determinanti
7 raggruppamenti utili ad
individuare un indice di fragilità:
1. Abilità fisiche
2. Disabilità visive
3. Malattia cardiaca
4. Disturbi respiratori
5. Problemi psicologici
6. Marcatori fisiologici
7. Comorbidità
26. Fragilità – epidemiologia (1)
La prevalenza stimata di fragilità nella popolazione anziana varia ampiamente per la
mancanza di uniformità dei criteri utilizzati per la sua definizione.
7,9% nel campione di 5.317 ultra sessantacinquenni studiati nel Cardiovascular Health
Study (CHS).
Fried et al. 2004
8,8% nel campione di 1.155 soggetti dello studio InCHIANTI.
Cesari et al. 2006
7% in uno studio condotto in tre città francesi su un campione di 6.068 ultra
sessantacinquenni.
Avila-Funes et al. 2008
8,5% in un campione di ultra settantacinquenni in uno studio condotto in Spagna.
Jürschik et al. 2010
27. Fragilità – epidemiologia (2)
Survey of Health,Aging and Retirement in Europe (SHARE)
EUROPA
Prevalenza globale17%;
notevoli differenze tra i paesi del nord rispetto a quelli del sud;
differenze che persistono anche quando si tiene conto della diversa distribuzione di
sesso ed età nelle varie popolazioni.
ITALIA
Tra gli ultra sessantacinquenni in Italia vi è una prevalenza del 14,3% (che sale al 23%
se vengono inclusi i disabili).
La prevalenza sale al 48,8% se si includono i pre-fragili (presenza di 1 o 2 fattori di
rischio).
Santos-Eggimann et al. 2009
28. Fragilità – epidemiologia (3)
Fra i soggetti definiti fragili secondo i criteri della Fried:
- il 23% migliora la condizione di fragilità;
- il 13% muore nei 18 mesi successivi.
Dopo 4 anni, la percentuale dei soggetti che migliorano scende al 12,9%, mentre la
percentuale dei deceduti sale al 20,1%.
Gill et al. 2006
30. La valutazione funzionale nell’anziano
Indaga la capacità di compiere una serie di attività caratterizzate da un diverso grado
di complessità e di conservare un ruolo sociale.
Katz & Stround 1989
a. Il declino funzionale può essere una prima manifestazione di patologie occulte.
L’entità del declino funzionale e associata a un’aumentata mortalità.
b. Il declino funzionale è sempre multifattoriale e accanto ai problemi medici vanno
sempre considerati gli aspetti psicologici e sociali.
ASSESSMENT
A. bADL, IADL,AADL
B. PULSE
P Phisical Examination esame fisico
U Upper Limb Function funzionalità degli arti superiori
L Lower limb function funzionalità degli arti inferiori
S Sensory sensorio
E Environment ambiente
31. • test neuropsicologici, o batterie di test, deputati alla valutazione di funzioni
cognitive specifiche, capaci di descrivere il profilo neuropsicologico del paziente;
• scale usate per la stadiazione della gravità della demenza;
• valutazione del tono dell’umore in termini di sintomatologia negativa (apatia e
depressione).
La valutazione cognitivo-emotiva
nell’anziano
32. Valutazione Multidimensionale (VMD)
Processo di tipo dinamico e interdisciplinare volto a identificare e descrivere, o
predire, la natura e l’entità dei problemi di salute di natura fisica, psichica e funzionale
di una persona non autosufficiente, e a caratterizzare le sue risorse e potenzialità.
Questo approccio diagnostico globale, attraverso l’utilizzo di scale e strumenti validati,
consente di individuare un piano di intervento sociosanitario coordinato e mirato al
singolo individuo.
Ferrucci 2001
Schematicamente, le aree tematiche fondamentali, o ‘dimensioni’, che configurano la
natura multipla della valutazione, sono rappresentate da:
• Salute fisica;
• Stato cognitivo (o salute mentale);
• Stato funzionale;
• Condizione economica e condizione sociale;
• Stato sociale (supporti familiari, amicizie, aiuti sociali, situazione economica);
• Qualità di vita.
36. Multidimensional Prognostic Index (MPI)
Il Multidimensional Prognostic Index (MPI) è un indice prognostico di mortalità a
breve (1 mese) e lungo-termine (1 anno) basato su informazioni ottenute da una
Valutazione Multidimensionale (VMD) del soggetto anziano.
L'MPI è calcolato da parametri che valutano 8 domini dellaVMD attraverso 63 items:
1. Short Portable Mental Status Questionnaire (SPMSQ)
2. Scala di Exton-Smith
3. Activities of Daily Living (ADL)
4. Instrumental Activities of Daily Living (IADL)
5. Mini Nutritional Assessement (MNA)
6. Comorbidity Index Rating Scale (CIRS)
7. Numero di farmaci
8. Stato abitativo
37.
38.
39.
40. MPI - indice di mortalità
È possibile identificare 3
gruppi di soggetti a diverso
grado di rischio di mortalità:
A. Lieve
B. Moderato
C. Severo
MPI 1Valore 0.00 - 0.33
MPI 2Valore 0.34 - 0.66
MPI 3 valore 0.67 - 1.00
Indice numerico continuo 0-1:
A. Assenza di
compromissione
B. Massima compromissione
multidimensionale
42. Invecchiamento cerebrale di successo
Invecchiamento cerebrale usuale
Deterioramento senza demenza
Demenza
Invecchiamento e impairment cognitivo
43. I ricercatori si sono concentrati spesso solo sulla componente fisica e funzionale della
fragilità nonostante il pattern chiaramente multidimensionale della sindrome.
L’impairment cognitivo è sempre più spesso riconosciuto come una possibile
determinante della vulnerabilità clinica degli anziani, divenendo altresì un predittore
efficace di diversi outcomes negativi.
Sternberg et al. 2011
Le funzioni fisiche e cognitive sono fortemente interrelate e una misura della fragilità
che includa la performance cognitiva è un miglior predittore degli esiti negativi di
malattia.
La valutazione dell’impairment cognitivo del paziente migliora il valore predittivo del
costrutto di fragilità per gli outcomes avversi.
Fragilità e dominio cognitivo
comportamentale (1)
44. Il ruolo del cognitive impairment nella definizione di fragilità è stato a lungo dibattuto:
• Il modello di Fried non include le funzioni cognitive;
• Il modello di Rockwood include diverse anomalie a livello cognitivo-
comportamentale.
Fragilità e dominio cognitivo
comportamentale (2)
45. È stato suggerito di introdurre nella definizione operativa di fragilità le seguenti
componenti:
I ricercatori non hanno trovato accordo sulle procedure diagnostiche per migliorare
la definizione di fragilità
Gobbens et al. 2010; Rodriguez-Manas et al. 2013
La cognitività è attualmente inclusa nel 50% delle definizioni operative.
Sternberg et al. 2001
Fragilità e dominio cognitivo
comportamentale (3)
Nutrizione
Mobilità
Attività fisica
Resistenza
Equilibrio
Sensorio
Cognitività
Tono dell’umore
Capacità di coping
Relazioni sociali
Supporto Sociale
Relazioni sociali
Supporto
Sociale
46. Fragilità come fattore di rischio cognitivo?
Singole componenti della sindrome (ridotta forza di prensione, cammino rallentato e
basso BMI) si sono rilevati predittori dello sviluppo di una demenza e sono associati
all’incidenza di MCI.
Stewart et al. 2005
Studi trasversali hanno riportato un’associazione tra fragilità fisica e funzioni cognitive.
Searle et al. 2008; Pel-Littel et al. 2009
Studi longitudinali hanno rivelato come un grado più severo di fragilità fisica sia
associato con il rischio di sviluppare MCI e pAD.
Buchman et al. 2009; Boyle et al. 2010
La fragilità è un buon predittore per la pAD ed è associata ai suoi meccanismi
biologici ed al tasso di deterioramento cognitivo.
Buchman et al. 2008; Mulero et al. 2011
La fragilità nell’anziano è risultata essere stadio prodromico della demenza vascolare.
Avila-Funes et al. 2011
47. Fragilità come fattore di rischio cognitivo?
Walston et al. 2006
Le basi biologiche della fragilità sarebbero costituite dal risultato cumulativo di
modificazioni patofisiologiche causate da:
• Mutazioni genetiche
• Condizioni croniche concorrenti (malattie polmonari o cardiovascolari, diabete)
• Alterazioni subcliniche del meccanismi omeostatici (infiammazioni, danni ossidativi)
• Alterazioni metaboliche (iperglicemia)
• Fattori comportamentali (ridotta attività fisica)
La fragilità condivide con la pAD alcuni di questi meccanismi.
48. Fragilità come fattore di rischio cognitivo?
Nonostante la fragilità fisico-funzionale e l’impairment cognitivo si siano dimostrati
interrelati negli studi epidemiologici, i loro meccanismi patofisiologici vengono
generalmente studiati separatamente.
I meccanismi sottostanti alla relazione tra fragilità e impairment cognitivo rimangono
non chiari. Inoltre non tutti i pazienti dementigeni diventano fragili.
L’associazione fra fragilità e impairment cognitivo richiede ulteriori studi.
Nishiguchi 2014
49. Esiste la fragilità cognitiva?
Un modello simile a quello applicato alla fragilità fisica potrebbe essere adattato al
cervello anziano. Il concetto di «cognitive frailty» potrebbe essere applicato alle
disfunzioni cerebrali e agli effetti da queste prodotte a livello neuronale
(produzione/consumo di energia, sopravvivenza, operazioni sinaptiche).
Manton et al. 2004
• Il SNC consuma tanta
energia quanto il
sistema muscolare.
• Il SNC è molto
sensibile alle disfunzioni
circolatorie, al danno
ossidativo, ai processi
infiammatori.Tutti
predittori maggiori
della fragilità fisica.
Manton et al. 2004
50. Fragilità cognitiva – definizione operativa
È definita come una manifestazione clinica eterogenea caratterizzata dalla presenza
simultanea di fragilità fisica e impairment cognitivo.
I fattori chiave di questa condizione sono indicati come:
• Presenza di fragilità fisica senza disabilità;
• Clinical Dementia Rating di 0.5;
• Esclusione di diagnosi di pAD o di altre demenze.
Kelaiditi, et al. 2014; Ruan et al. 2015
Il concetto di fragilità cognitiva riconosce gli effetti sinergici che il MCI ha sull’anziano
fragile e sugli outcomes negativi di malattia.
• La fragilità cognitiva rappresenta un precursore dei processi neurodegenerativi.
Una possibile reversibilità del fenomeno può caratterizzare questa entità.
• La componente psicologica è evidente e partecipa nell’incrementare la
vulnerabilità dell’individuo agli stressors ambientali.
Kelaiditi, et al. 2014; Ruan et al. 2015
52. Possibili meccanismi di azione
nel ciclo fragilità fisica, fragilità
cognitiva e impairment
cognitivo.
La fragilità cognitiva causata dalla
menomazione fisica è delineata
dalle frecce rosse.
Le componenti conosciute della
fragilità cognitiva sono descritte
nel riquadro con la linea blu
tratteggiata.
Le nuove componenti della
fragilità cognitiva sono descritte
nel riquadro rosso con sfondo
rosa.
Ruan et al. 2015
53. Possibili meccanismi di azione nel ciclo fragilità fisica, fragilità cognitiva e
impairment cognitivo.
Robertson et al. 2013
CICLO DELLA SALUTE MENTALE
CICLO DELL’IMPAIRMENT COGNITIVO
54. Definizione operativa di Fried et al. 2001
«fenotipo clinico»
Robusti 3115
Prefrail 1444
Frail 90
Livello cognitivo globale
Funzioni esecutive
Memoria
Attenzione
Velocità di processamento
dell’informazione
Esplorare la relazione tra fragilità, singoli
indicatori di fragilità e disfunzioni cognitive
specifiche
55. Robertson 2014 – Risultati (1)
• I soggetti pre-fragili e fragili ottengono punteggi significativamente più bassi alla
maggior parte dei test cognitivi rispetto ai soggetti robusti anche dopo la
correzione per età, sesso, scolarità, malattie croniche e farmacoterapia.
• I soggetti fragili ottengono punteggi significativamente più bassi dei soggetti pre-
fragili ai test per lo screening cognitivo, le funzioni esecutive, la memoria e
l’attenzione.
Pre-frail ≠ Frail
56. Robertson 2014 – Risultati (2)
• Non tutti i domini cognitivi sembrano danneggiarsi simultaneamente ma molti lo
sono con riferimento all’età del paziente e all’indicatore di fragilità presente.
• Il fenotipo clinico della fragilità e le funzioni cognitive mostrano una complessa
relazione di interdipendenza.
58. M.G.: un caso di fragilità (1)
M.G., donna di 83 anni, 5 anni di scolarità, ex casalinga,
Giunge all’ osservazione per sospetta demenza dopo prolungato periodo di
allettamento per patologia acuta e programma di riabilitazione motoria.
Quesito dell’inviante:
• Definizione di un quadro di involuzione cognitiva compatibile con una forma
dementigena in atto;
• Valutazione dell’ingresso in CRONOS e presa in carico da parte dell’UVA
competente;
- Opportunità di una presa in carico da parte dell’UVG per la programmazione
domiciliare dell’intervento.
59. M.G.: un caso di fragilità (2)
In anamnesi patologica prossima
ipertensione arteriosa, diabete tipo II scompensato, cardiopatia ischemica cronica,
pregressa colecistectomia su base litiasica e sfinterotomia per coledocolitiasi con
secondario episodio di pancreatite acuta.
In anamnesi remota
La storia clinica descrive una paziente che ha goduto di buona salute fino a febbraio
2005, quando, in occasione di un episodio bronchitico acuto, esegue Rx torace e TC
torace che evidenziano un quadro di diffusa interstiziopatia a morfologia reticolare
micronodulare di grado marcato.
La paziente esegue visita pneumologica che si conclude senza ulteriori
approfondimenti diagnostici.
60. M.G.: un caso di fragilità (3)
Nei mesi a seguire i familiari riferiscono un lento e ingravescente declino delle
performance motorie, caratterizzate da rallentamento della marcia, astenia e facile
affaticabilità, deflessione del tono dell’umore e compromissione dello stato cognitivo
(disorientamento spazio temporale).
A giugno 2005 la paziente viene ricoverata in urgenza presso una clinica in seguito a
marcata astenia associata a dispnea, tosse produttiva e calo ponderale. Durante il
ricovero la paziente, inizialmente vigile, sviluppa episodi di delirium intercorrente, e
moderata rigidità muscolare degli arti superiori.
Trasferita presso Unità di Medicina Generale per Sindrome d’allettamento post-
acuzie. All’ingresso la paziente appare in scadute condizioni generali con una piaga da
decubito sacrale di quarto grado. L’esame neurologico evidenzia rallentamento ideo-
motorio, emiparesi sinistra, marcata ipostenia a destra, difficoltà nella fine manualità
bilaterale, riflessi osteotendinei ridotti ai quattro arti, Babinski positivo bilateralmente.
61. M.G.: un caso di fragilità (4)
Alla VMD emerge una totale dipendenza nelle attività strumentali e di base della vita
quotidiana (IADL 0/8, bADL 2/6, Barthel 16/100), incapacità nel mantenere la stazione
eretta (Tinetti 0/28, PPT 0), malnutrizione (MNA-Short Form = 10), moderato
decadimento cognitivo (MMSE 19/30).
La paziente viene inviata alla valutazione neuropsicologica.
Durante il ricovero, le patologie intercorrenti impediscono qualsiasi ripresa motoria:
una progressiva anemizzazione con colonscopia positiva per emorroidi di I grado che
comporta la necessità di supporto trasfusionale e uno stato settico, verosimilmente
legato alla piaga da decubito sacrale di IV grado.
62. M.G.: un caso di fragilità (5)
Durante la degenza la paziente appare sempre soporosa, poco contattabile e la
valutazione neurologica evidenzia un peggioramento del quadro clinico con:
• marcato rallentamento psicomotorio,
• deficit di sguardo di verticalità e delVII nervo cranico inferiore sinistro,
• lingua deviata a sinistra in esposizione,
• ipertono misto diffuso con blocco articolare a carico della spalla destra,
• modesta ipostenia prossimale all’arto superiore sinistro,
• ipotrofia muscolare peroneale bilaterale e areflessia osteotendinea.
In seguito al peggioramento del quadro clinico si esegue Tc encefalo che descrive la
comparsa di una lesione cerebellare in sede paramediana destra.
Al momento della dimissione, il quadro clinico risulta peggiorato.
63. M.G.: un caso di fragilità (6)
A ottobre 2005 viene ricoverata in Neurologia per accertamenti.
Dimessa con diagnosi di deterioramento cognitivo globale di grado severo
(MOCA=15; MMSE=17; FAB=8) con prevalenti disturbi comportamentali e
disesecutivi in associazione a disturbi del movimento.
L’exitus della paziente avviene dopo tre mesi per crisi respiratoria acuta.
2004
02/2005
06/2005
10/2005
01/2006