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Dott. Marco Grondacci ricercatore in diritto e processi decisionali a rilevanza ambientale
       FONDAZIONE TOSCANA SOSTENIBILE – ONLUS Via San Bartolomeo 17 San Miniato (PISA)
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Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19
novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GUE n.
312/L del 22/11/2008 )

DEFINIZIONE DI RIFIUTO
La nuova definizione non contiene più il riferimento all’elenco delle categorie di
cui all’allegato I della direttiva 2006/12 , ma per il resto si conferma che per
rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia
deciso ( la versione 2006/12 usava il termine più generico <> ) o abbia
l’obbligo di disfarsi.
Quindi scompare dalla definizione di rifiuto il riferimento della appartenenza
alla catalogazione europea (c.d. CER) almeno per i non pericolosi . Per i
pericolosi infatti la definizione di rifiuto per questa tipologia come sopra
delineata ( elemento soggettivo legato al comportamento del produttore
detentore) si coniuga ancora con la presenza di una o più caratteristiche di
pericolosità ex allegato III . Non solo ma ex paragrafo 1 articolo 7 e articolo 41
della presente nuova Direttiva il CER resta in vigore ( vedi attualmente DEC
2000/532/CE) e l’elenco dei Rifiuti pericolosi ivi indicati è vincolante per
quanto concerne la determinazione dei Rifiuti da considerare pericolosi ,
ovviamente se unito all’elemento soggettivo che vada per la definizione di
rifiuto in generale .

Quindi secondo il nuovo articolo 7 per definire pericoloso il rifiuto occorrono il
rispetto dei seguenti parametri :
1. comportamento soggettivo del detentore che si disfi o abbia deciso o abbia
l’obbligo di disfarsi
2. rientrare nell’elenco CER ( resta in vigore la Decisione 200/532)
3. pur non rientrando nell’elenco CER e rispettando il comportamento di cui al
punto 1, presenti una o più caratteristiche fra quelle elencate nell’allegato III
alla presente Direttiva
Non solo ma ( ex paragrafo 3 articolo 7 della nuova Direttiva ) un rifiuto
considerato come pericoloso perché contenuto nell’elenco CER può non essere
più considerato pericoloso a condizione che lo stato membro della UE dimostri
che non possieda una delle caratteristiche di cui all’allegato III. Le
caratteristiche di pericolo dell’allegato III riprende quasi totalmente quelle
dell’allegato III della Direttiva quadro 75/442 ( come sostituita dalla DIR
2006/12) , cambiano solo alcuni riferimenti normativi nelle note a detto
allegato.

CONDIZIONE DI ESCLUSIONE DEI SOTTOPRODOTTI DALLA NOZIONE
DI RIFIUTO
Intanto per sottoprodotto secondo l’articolo 5 della presente Direttiva si
Dott. Marco Grondacci ricercatore in diritto e processi decisionali a rilevanza ambientale
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intende una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui
scopo primario non è la produzione di tale articolo . Il sottoprodotto così come
definito può non essere considerato rifiuto a condizione che :
a) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o;
b) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun
ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
c) la sostanza o l’oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di
produzione e
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per
l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la
protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi
negativi sull’ambiente o la salute umana.
Rispettando le suddette condizioni la Commissione può proporre misure che
considerino sostanze od oggetti specifici come sottoprodotti

Sul concetto di utilizzo la Corte di Giustizia ( vedi sez. VI 11/9/2003 C-114/01)
ha avuto modo di chiarire che
1. il riutilizzo di un bene , di un materiale o di una materia prima non sia solo
eventuale, ma certo , totale,
2. il riutilizzo non preveda una trasformazione preliminare,
3. il riutilizzo sia svolto nel corso del processo di produzione, per una
operazione funzionale a tale processo.
4. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza , il detentore
consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di tale riutilizzo è
alta. In un’ipotesi del genere la sostanza in questione non può più essere
considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di disfarsi bensì un autentico
prodotto. Quindi i residui che non serviranno al processo di produzione e non
possono essere sfruttati o commercializzati in una maniera diversa senza
operazioni di trasformazioni preliminare sono Rifiuti di cui il detentore si disfa.
La loro eventuale sistemazione in armonia col paesaggio rappresenta solo un
modo di trattarli rispettoso dell’ambiente ma non una tappa del processo di
produzione
5. L’esecuzione di un’operazione di smaltimento e recupero come elencate
dalla normativa comunitaria non permette di per sé di qualificare una sostanza
come rifiuto
6. Ad ogni modo, anche qualora una sostanza venga sottoposta ad una
operazione di completo recupero ed acquisisca in tal modo le medesime
proprietà e caratteristiche di una materia prima , essa può comunque essere
considerata un rifiuto se, , il suo detentore se ne disfa o abbia deciso o abbia
l’obbligo di disfarsene .

CESSAZIONE QUALIFICA DI RIFIUTO
L’articolo 6 della nuova direttiva introduce una disciplina nuova non prevista
dalla previgente normativa comunitaria in materia che però conferma come la
trasformazione di un materiale da rifiuto in non rifiuto dopo processo di
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riutilizzo, riciclaggio o recupero può avvenire solo seguendo la procedure
europea ivi indicata e nel rispetto delle seguenti condizioni prioritarie :
a) l’eventuale riclassificazione non comporta impatti ambientali
complessivamente negativi sull’ambiente e la salute umana;
b) esiste un mercato per tali prodotti, materiali o sostanze secondari.
Le suddette condizioni possono essere integrate, sempre in sede UE, da valori
limite per le sostanze inquinanti tenuto conto di tutti i possibili effetti negativi
sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.
E’ la Commissione che deve valutare il rispetto di dette condizioni adottando a
tal fine misure di esecuzione per categorie specifiche di Rifiuti classificate in
base ai prodotti, ai materiali o alle sostanze che li compongono, precisando i
criteri ambientali e di qualità da soddisfare affinché il rifiuto in questione possa
essere considerato come materiale, sostanza o prodotto secondario. Questi
criteri sono tali da garantire che il materiale, la sostanza o il prodotto
secondario soddisfi le condizioni necessarie per l’immissione in commercio. I
criteri tengono conto del possibile rischio di danni all’ambiente derivante
dall’utilizzo o dal trasporto del materiale, della sostanza o del prodotto
secondario e sono fissati in modo da garantire un elevato livello di protezione
della salute umana e dell’ambiente.

Nel caso in cui i suddetti criteri non sono definiti dalla Commissione UE , gli
Stati possono decidere , caso per caso ( quindi non per categorie
di Rifiuti generali come si è tentato più volte in Italia ad es. con le varie
nozioni di MPS o di riutilizzo bocciate in sede UE) se un dato rifiuto possa
cessare di essere definito ma sempre nel rispetto della giurisprudenza
comunitaria ( vedi in precedenza ma anche in questa voce il commento al DL
138/2002 in data di pubblicazione sulla GURI 10/8/2002 nonché il commento
al documento della Commissione Parlamentare di Inchiesta sui Rifiuti sulla
nozione giuridica di rifiuto in data 1/7/2004 ; ed infine il commento alla legge
delega per il TU ambientale cioè la legge 308/2004 in data di pubblicazione
27/12/2004 )

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Definizione di sottoprodotto nella nuova direttiva sui rifiuti

  • 1. Dott. Marco Grondacci ricercatore in diritto e processi decisionali a rilevanza ambientale FONDAZIONE TOSCANA SOSTENIBILE – ONLUS Via San Bartolomeo 17 San Miniato (PISA) http://www.ftsnet.it/ Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - sito : http://www.amministrativo.it/Ambiente/ Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GUE n. 312/L del 22/11/2008 ) DEFINIZIONE DI RIFIUTO La nuova definizione non contiene più il riferimento all’elenco delle categorie di cui all’allegato I della direttiva 2006/12 , ma per il resto si conferma che per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso ( la versione 2006/12 usava il termine più generico <> ) o abbia l’obbligo di disfarsi. Quindi scompare dalla definizione di rifiuto il riferimento della appartenenza alla catalogazione europea (c.d. CER) almeno per i non pericolosi . Per i pericolosi infatti la definizione di rifiuto per questa tipologia come sopra delineata ( elemento soggettivo legato al comportamento del produttore detentore) si coniuga ancora con la presenza di una o più caratteristiche di pericolosità ex allegato III . Non solo ma ex paragrafo 1 articolo 7 e articolo 41 della presente nuova Direttiva il CER resta in vigore ( vedi attualmente DEC 2000/532/CE) e l’elenco dei Rifiuti pericolosi ivi indicati è vincolante per quanto concerne la determinazione dei Rifiuti da considerare pericolosi , ovviamente se unito all’elemento soggettivo che vada per la definizione di rifiuto in generale . Quindi secondo il nuovo articolo 7 per definire pericoloso il rifiuto occorrono il rispetto dei seguenti parametri : 1. comportamento soggettivo del detentore che si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi 2. rientrare nell’elenco CER ( resta in vigore la Decisione 200/532) 3. pur non rientrando nell’elenco CER e rispettando il comportamento di cui al punto 1, presenti una o più caratteristiche fra quelle elencate nell’allegato III alla presente Direttiva Non solo ma ( ex paragrafo 3 articolo 7 della nuova Direttiva ) un rifiuto considerato come pericoloso perché contenuto nell’elenco CER può non essere più considerato pericoloso a condizione che lo stato membro della UE dimostri che non possieda una delle caratteristiche di cui all’allegato III. Le caratteristiche di pericolo dell’allegato III riprende quasi totalmente quelle dell’allegato III della Direttiva quadro 75/442 ( come sostituita dalla DIR 2006/12) , cambiano solo alcuni riferimenti normativi nelle note a detto allegato. CONDIZIONE DI ESCLUSIONE DEI SOTTOPRODOTTI DALLA NOZIONE DI RIFIUTO Intanto per sottoprodotto secondo l’articolo 5 della presente Direttiva si
  • 2. Dott. Marco Grondacci ricercatore in diritto e processi decisionali a rilevanza ambientale FONDAZIONE TOSCANA SOSTENIBILE – ONLUS Via San Bartolomeo 17 San Miniato (PISA) http://www.ftsnet.it/ Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - sito : http://www.amministrativo.it/Ambiente/ intende una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale articolo . Il sottoprodotto così come definito può non essere considerato rifiuto a condizione che : a) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o; b) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; c) la sostanza o l’oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione e d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. Rispettando le suddette condizioni la Commissione può proporre misure che considerino sostanze od oggetti specifici come sottoprodotti Sul concetto di utilizzo la Corte di Giustizia ( vedi sez. VI 11/9/2003 C-114/01) ha avuto modo di chiarire che 1. il riutilizzo di un bene , di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo , totale, 2. il riutilizzo non preveda una trasformazione preliminare, 3. il riutilizzo sia svolto nel corso del processo di produzione, per una operazione funzionale a tale processo. 4. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza , il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di tale riutilizzo è alta. In un’ipotesi del genere la sostanza in questione non può più essere considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di disfarsi bensì un autentico prodotto. Quindi i residui che non serviranno al processo di produzione e non possono essere sfruttati o commercializzati in una maniera diversa senza operazioni di trasformazioni preliminare sono Rifiuti di cui il detentore si disfa. La loro eventuale sistemazione in armonia col paesaggio rappresenta solo un modo di trattarli rispettoso dell’ambiente ma non una tappa del processo di produzione 5. L’esecuzione di un’operazione di smaltimento e recupero come elencate dalla normativa comunitaria non permette di per sé di qualificare una sostanza come rifiuto 6. Ad ogni modo, anche qualora una sostanza venga sottoposta ad una operazione di completo recupero ed acquisisca in tal modo le medesime proprietà e caratteristiche di una materia prima , essa può comunque essere considerata un rifiuto se, , il suo detentore se ne disfa o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsene . CESSAZIONE QUALIFICA DI RIFIUTO L’articolo 6 della nuova direttiva introduce una disciplina nuova non prevista dalla previgente normativa comunitaria in materia che però conferma come la trasformazione di un materiale da rifiuto in non rifiuto dopo processo di
  • 3. Dott. Marco Grondacci ricercatore in diritto e processi decisionali a rilevanza ambientale FONDAZIONE TOSCANA SOSTENIBILE – ONLUS Via San Bartolomeo 17 San Miniato (PISA) http://www.ftsnet.it/ Telefono Mobile: 347 0935524 - e-mail: marco.grondacci@libero.it - sito : http://www.amministrativo.it/Ambiente/ riutilizzo, riciclaggio o recupero può avvenire solo seguendo la procedure europea ivi indicata e nel rispetto delle seguenti condizioni prioritarie : a) l’eventuale riclassificazione non comporta impatti ambientali complessivamente negativi sull’ambiente e la salute umana; b) esiste un mercato per tali prodotti, materiali o sostanze secondari. Le suddette condizioni possono essere integrate, sempre in sede UE, da valori limite per le sostanze inquinanti tenuto conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto. E’ la Commissione che deve valutare il rispetto di dette condizioni adottando a tal fine misure di esecuzione per categorie specifiche di Rifiuti classificate in base ai prodotti, ai materiali o alle sostanze che li compongono, precisando i criteri ambientali e di qualità da soddisfare affinché il rifiuto in questione possa essere considerato come materiale, sostanza o prodotto secondario. Questi criteri sono tali da garantire che il materiale, la sostanza o il prodotto secondario soddisfi le condizioni necessarie per l’immissione in commercio. I criteri tengono conto del possibile rischio di danni all’ambiente derivante dall’utilizzo o dal trasporto del materiale, della sostanza o del prodotto secondario e sono fissati in modo da garantire un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente. Nel caso in cui i suddetti criteri non sono definiti dalla Commissione UE , gli Stati possono decidere , caso per caso ( quindi non per categorie di Rifiuti generali come si è tentato più volte in Italia ad es. con le varie nozioni di MPS o di riutilizzo bocciate in sede UE) se un dato rifiuto possa cessare di essere definito ma sempre nel rispetto della giurisprudenza comunitaria ( vedi in precedenza ma anche in questa voce il commento al DL 138/2002 in data di pubblicazione sulla GURI 10/8/2002 nonché il commento al documento della Commissione Parlamentare di Inchiesta sui Rifiuti sulla nozione giuridica di rifiuto in data 1/7/2004 ; ed infine il commento alla legge delega per il TU ambientale cioè la legge 308/2004 in data di pubblicazione 27/12/2004 )