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Colesterolo




      Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a
      consigli medici – Consultare sempre e in ogni caso il proprio medico di fiducia.


Il colesterolo è     uno steroide,        cioè     una molecola lipidica costituita          da   quattro          anelli
policicloalifatici (condensati tra loro in formazione trans) e una coda alifatica, oltre ad eventuali
gruppi      funzionali.        La      struttura      policiclica        di    base         prende
                                                                                            pren         il        nome
di ciclopentanperidrofenantrene
   ciclopentanperidrofenantrene.

La parola colesterolo proviene dal greco chole (bile) e stereos (solido), ma è stata utilizzata per
la prima volta nel 1894. La desinenza -olo deriva dal fatto che sul C3 del primo anello di
                       .               olo
carbonio [A] è presente un gruppo alcolico, della serie delle sterine (o steroli). È formato
                                          ,
dall'idrocarburo C27H46, nel quale ad un H si sostituisce gruppo idrossilico -OH. La sua formula
bruta è C27H45OH. È di colore bianco ed ha una consistenza simile a quella della cera. La sua
presenza    era    già    stata     riscontrata    nei calcoli   della    cistifellea già    nel 1784,        ma    solo
nel 1975 il premio Nobel John W. Cornforth ha precisato l'orientamento spaziale degli atomi di
idrogeno sulla molecola. Il colesterolo è indispensabile per la vita animale. Le piante
      no
contengono colesterolo solo in lievi tracce e altre sostanze lipidiche strutturalmente simili
(fitosterine o fitosteroli).

L'uomo produce per biosintesi autonoma la maggior parte del colesterolo necessario, negli
                                                  parte
adulti tra 1 e 2 grammi al giorno. Solo una piccola parte (in media 0,1 fino 0,3, massimo 0,5
grammi) viene assunta con l'alimentazione: la maggior parte del metabolismo del colesterolo
                                                            del
avviene nel fegato. Il contenuto di colesterolo nell'organismo umano è di circa 150 grammi.
                  .


Funzioni

    Il colesterolo è un ingrediente essenziale della membrana cellulare di tutte le cellule




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animali: si inserisce fra i due strati di fosfolipidi orientandosi con i gruppi -OH vicini alle teste
polari dei fosfolipidi, diminuendo così la fluidità del mosaico (vedi Modello a mosaico fluido) ma
aumentando la stabilità meccanica e la flessibilità delle cellule. Così facendo però diminuisce la
permeabilità a piccole cellule idrosolubili.


   Assieme con molecole proteiche il colesterolo regola lo scambio di sostanze messaggere
   tramite la membrana cellulare.
   Crescita e divisione cellulare non sono possibili senza colesterolo.
   Il   colesterolo     è   la   sostanza      base   per   la   sintesi    degli   ormoni     steroidei
   come aldosterone, cortisone, testosterone, estradiolo ecc.            (vedi ghiandole     surrenalie
   della vitamina D).
   Il colesterolo è essenziale per lo sviluppo embrionale: le malformazioni di neonati dopo la
   somministrazione di Contergan alle madri erano causate da un disturbo nella biosintesi di
   colesterolo.
   Il colesterolo prodotto nel fegato viene impiegato in buona parte per la produzione di bile,
   una sostanza secreta nel duodeno che serve a emulsionare i lipidi alimentari per renderli
   assorbibili dall'intestino tenue.


Biosintesi e trasporto del colesterolo

Tutte le cellule dell'organismo umano sono capaci di sintetizzare colesterolo a partire
dall'acetilCoenzima A, ma la maggior parte viene prodotto neiperossisomi delle cellule epatiche
che lo trasferiscono al sangue per il trasporto in tutto l'organismo. Le tappe biosintetiche
seguono la via metabolica dell'acido mevalonico. Poiché non riesce a superare la barriera
ematoencefalica, il cervello deve produrre da solo il colesterolo di cui necessita.

Visto che il colesterolo, come tutti i grassi, non è solubile nel sangue, per il trasporto ematico
deve essere quot;imballatoquot; in complessi aggregati sferiche o discali di trasporto (lipoproteine).
Questi aggregati consistono essenzialmente di:


   un involucro a singolo strato di fosfolipidi;
   apolipoproteine e colesterolo non esterificato intercalati nell'involucro di fosfolipidi;
   un nucleo di acidi grassi, trigliceridi e colesterolo esterificato;

Questi aggregati vengono quot;assemblatiquot; nell'epitelio intestinale durante la fase prandiale sotto
forma di chilomicroni, mentre durante il digiuno vengono prodotti soprattutto nel fegato come
VLDL (very low density lipoproteins), le quali vengono rilasciate nella circolazione sanguigna.
Nel microcircolo, le VLDL sono idrolizzate dalla lipoprotein-lipasi presente sulla superficie delle
cellule endoteliali, rilasciando gran parte del loro contenuto di trigliceridi (che diffondono nei




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tessuti) e trasformandosi in IDL o particelle rimanenti (lipoproteine a densità intermedia). Le
IDL sono quindi idrolizzate a livello epatico e convertite in LDL (low density lipoproteins). Le
LDL fuoriescono dalla circolazione e, dopo aver attraversato la matrice fondamentale del
tessuto connettivo, raggiungono le cellule parenchimatiche, alla cui superficie si legano tramite
l'interazione con i recettori cellulari per le apoB-proteine e vengono trasportate nell'interno
delle cellule epatiche, cedendo cosí il loro carico di colesterolo. Il grafico accanto illustra
schematicamente il processo. In realtà il processo è un po' più complesso[1].


Colesterolo esterificato e non esterificato

Il colesterolo può presentarsi nella sua forma basilare non esterificata, raffigurata in alto, e in
tal caso è una molecola anfipatica, con il gruppo idrossile polare in posizione 3 e la restante
parte della molecola apolare. Può altresì presentarsi come colesterolo esterificato, ovvero
come estere del colesterolo (Colesteril-estere), formatosi per reazione del suddetto gruppo
idrossile IUPAC con un acido carbossilico, nel qual caso l'estere risultante è una molecola
completamente apolare.



Colesterolo in medicina

Quando in medicina si parla di quot;colesteroloquot;, non si intende il colesterolo chimico (si tratta di
un'ambiguità semplificatoria), ma si parla in effetti di una classe di lipoproteine (chilomicroni,
aggregati   di   trasporto)   che   circolano   nel   sangue:   la   relativa   concentrazione   si
chiama colesterolemia. Secondo la loro composizione in colesterolo, fosfolipidi, proteine,
trigliceridi e acidi grassi, questi aggregati vengono ulteriormente distinti in diverse classi
(classificabilità di laboratorio secondo il loro peso specifico tra 0.98 e 1.17 g/cm3): VLDL, IDL,
LDL, HDL2 e HDL3. Il grafico accanto illustra le componenti.


Colesterolemia e mortalità

Su raccomandazioni dell'OMS, da alcuni anni nelle analisi del colesterolo si distingue[2]:


    1. colesterolemia totale, che deve essere inferiore a 200
    2. rapporto colesterolo totale/HDL, non superiore a 5 per gli uomini e a 4,5 per le donne

Gli studi epidemiologici possono essere distinti in studi osservazionali e studi di intervento o
sperimentali, i primi possono ulteriormente essere classificati, in base alla metodologia
adottata, nelle categorie seguenti: studi descrittivi; studi trasversali o di prevalenza; studi
retrospettivi o di casi di malattia; studi longitudinali o prospettici o di coorte. Gli studi
longitudinali sono studi epidemiologici che prendono in esame uno o più gruppi di individui,



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seguendoli con esami periodici per un periodo di tempo piuttosto lungo. Gli studi longitudinali
permettono di prendere in considerazione un numero notevole di caratteristiche (es. peso,
pressione arteriosa, parametri ematochimici, dati elettrocardiografici, dieta, abitudini di vita,
come attività fisica e fumo, tipo di occupazione). Grazie a questi studi si è giunti
all'identificazione di alcuni importanti fattori di rischio per la cardiopatia ischemia e l'elevata
colesterolemia è uno dei più importanti (insieme a ipertensione, diabete, obesità, fumo,
familiarità e altri identificati più recentemente, tra i quali: trigliceridi, omocisteina, proteina C
reattiva, concentrazione plasmatica di molecole di adesione endoteliale, ecc.). Si parla di fattori
di rischio e non di fattori eziologici (cause) proprio perché gli studi epidemiologici non sono
sperimentazioni scientifiche, essendo il loro ruolo limitato alla identificazione di associazioni
naturali tra alcune caratteristiche e lo stato di malattia considerato, senza fornire informazioni
sulla natura di tale associazione. La loro importante funzione è quella di formulare ipotesi da
verificare con successive sperimentazioni scientifiche.

Sono stati i grandi studi osservazionali prospettici a documentare la relazione positiva di tipo
esponenziale   esistente   tra   colesterolemia   e   mortalità   cardiovascolare,   mentre    hanno
evidenziato una correlazione ad U tra mortalità totale e colesterolemia (cioè la mortalità totale
aumenta sia per i valori più bassi di colesterolemia, sia per quelli più alti).




Mortalità CHD in funzione della colesterolemia in uomini tra 30-49 anni all'inizio dello studio

Il Framingham Heart Study, lo studio di Framingham (Massachussetts) è una enorme opera
epidemiologica statunitense che riempie una biblioteca intera e decorre fin dagli anni
cinquanta(nel frattempo si è giunti ai nipoti dei primi partecipanti). Il follow-up a 30 anni di
1959 uomini e 2415 donne sani, di età compresa tra 31 e 65 anni, attesta che, al di sotto dei
50 anni, i livelli di colesterolo sono direttamente correlati con la mortalità totale e
cardiovascolare, in misura tale che per ogni incremento di 10 mg/dl di colesterolo sierico la
mortalità totale e quella cardiovascolare aumentano rispettivamente del 5% e del 9%. Questa

associazione rimane statisticamente significativa negli uomini anche dopo le correzioni
statistiche per pressione, fumo, peso corporeo e diabete; nelle donne l'associazione rimane


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positiva sebbene non raggiunga la significatività statistica. Dopo i 50 anni non vi è incremento
della mortalità totale né per valori alti di colesterolemia, né per quelli bassi, ma il rapporto è
confuso dalla presenza di individui in cui la colesterolemia diminuisce, possibilmente a causa
dello sviluppo di gravi malattie. In quei soggetti in cui la colesterolemia diminuisce
spontaneamente, per ogni mg/dl di discesa del colesterolo nei primi 14 anni di osservazione si
registra un incremento entro 18 anni dell'11% della mortalità totale e del 14% di quella
cardiovascolare.




Mortalità CHD in funzione della colesterolemia




Mortalità totale in funzione della colesterolemia

Lo studio statunitense Multiple Risk Factor Intervention Trial (MRFIT, iniziato nel 1973) , in cui
361.662 uomini, di età compresa tra 35 e 57 anni, sono stati seguiti per 6 anni, ha evidenziato
che la correlazione tra colesterolemia totale e mortalità per coronaropatia è lineare per valori
compresi tra 200 e 240 mg/dl, mentre al si sopra dei 240 mg/dl diviene esponenziale, cosicché
a più alte concentrazioni di colesterolo, la mortalità da CHD (coronary heart disease) aumenta
più rapidamente.Inoltre i dati del MRFIT sembrano negare la validità del concetto di soglia per i
valori della colesterolemia, da questo studio risulta infatti che non vi è un limite per il
colesterolo totale sierico, al di sotto del quale il rischio di CHD non esiste. È interessante notare



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che nel MRFIT, come è emerso anche dal Framingham Heart Study, l'importanza del
colesterolo totale come fattore di rischio si riduce con l'età. In questo studio, il rapporto tra
mortalità totale e colesterolo totale è rappresentato graficamente da una curva a J, piuttosto
che a U.

Il Prospective Cardiovascular Münster (PROCAM) Heart Study è uno dei più ampi studi
prospettici europei sui fattori di rischio cardiovascolari. Lo studio, iniziato nel 1979 e
completato nel 1991,ha riguardato 23.616 impiegati della Germania nord-occidentale (valli
del Münster e della Ruhr). Dopo un follow-up di 14 anni, il colesterolo totale, il colesterolo LDL
ed il rapporto LDL/HDL mostravano una relazione esponenziale con la mortalità per CHD e una
relazione a J con la mortalità totale. Ad alti livelli di colesterolo totale e LDL, l'aumento della
mortalità totale era dovuto all'aumento delle morti coronariche, mentre a bassi livelli di
colesterolo totale e LDL l'incremento della mortalità totale si verificava soltanto nei fumatori ed
era in rapporto con una maggiore mortalità per cancro correlato al fumo.




Mortalità in funzione della colesterolemia

Una metaanalisi effettuata su 18 studi epidemiologici e risalente al 1992 dimostra che la
mortalità totale è minima per valori di colesterolemia totale compresi tra 160 e 200 ml/dl per
gli uomini e tra 200 e 240 per le donne (le tabelle di rischio cardiovascolare fornite
dal Ministero della Salute ai medici di famiglia italiani tengono conto di tale differenza legata al
sesso). In sintesi:


   Valori troppo bassi sono correlati ad un aumentato rischio di morte causata da alcuni
   tumori, ictus cerebrali e polmonari, alcune malattie infettive, incidenti, suicidi e malattie
   degenerative, mentre
   valori troppo alti sono correlati ad un aumentato rischio d'infarto del miocardio.




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Nella pratica medica si parla solo dei rischi connessi a valori elevati, ma quasi mai di quelli
derivanti da valori troppo bassi, in quanto la relazione causale tra bassa colesterolemia ed
eventi avversi è estremamente dubbia.

Studi del genere e relative meta-analisi sono di grande valore scientifico. Nonostante che gli
studi epidemiologici non consentano conclusioni sui rapporti causa-effetto tra i fenomeni
esaminati, tuttavia si tratta di correlazioni statistiche, che dimostrano come:


   valori elevati di colesterolemia sono correlati con l'aumento della mortalità dovuta a certe
   malattie,      in     particolare      quelle      cardiovascolari       su      base          aterosclerotica
   (prevalentemente infarto del miocardio ed ictus ischemico)


   valori ridotti di colesterolemia, sotto una certa soglia, sono correlati con una più elevata
   mortalità per cause accidentali (es. suicidi) e per altre malattie (es. cancro polmonare, ictus
   emorragico); come detto sopra la natura di tale relazione è fortemente discussa


   la colesterolemia con la minima mortalità fra donne (200-240) è più alta che fra uomini
   (160-200 mg/dl)

Ulteriori domande che restano senza risposta sono (tra le altre):


   la   colesterolemia    può    concorrere    allo   sviluppo   di     altre    malattie,   oltre     a    quelle
   cardiovascolari su base ischemica?
   per quali motivi (oltre al ruolo protettivo degli estrogeni) nelle donne il rischio coronarico è
   correlato con valori di colesterolemia totale più alti che negli uomini?

Come parametro metabolico la colesterolemia è connessa con migliaia di processi metabolici
che si influenzano a vicenda. Valutando tutto questo, non è né sensato né scientifico tirare,
sulla base dei soli studi epidemiologici osservazionali, una conclusione riduttiva del tipo: basta
abbassare la colesterolemia per prevenire l'infarto cardiaco, anche se questa sembra essere al
momento l'opinione più diffusa nel grande pubblico. Una tesi del genere non può in nessun
caso essere sostenuta da uno studio epidemiologico osservazionale. Il fatto che dagli studi
epidemiologici osservazionali risulti che una colesterolemia bassa è associata a una bassa
mortalità coronarica, non comporta automaticamente che abbassando una colesterolemia alta
si riduca la mortalità. Per poter giungere a una simile conclusione sono necessari studi
prospettici di intervento terapeutico, randomizzati, in doppio cieco e placebo controllati, che
valutino   come    obiettivo    finale   principale   (endpoit   primario)       l'effetto   di    una     terapia
(farmacologica o di altro tipo) a lungo termine sulla mortalità totale e cardiovascolare e sugli
eventi cardiovascolari. Sono stati condotti anche alcuni studi epidemiologici di carattere
autoptico (Stary e McGill), dai quali è emersa una correlazione positiva tra colesterolemia e
gravità ed estensione delle lesioni aterosclerotiche avanzate (tale correlazione non esiste per le


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strie lipidiche; vedi aterosclerosi).

Colesterolemia e rischio individuale di cardiopatia ischemica




Distribuzione della colesterolemia nella popolazione con o senza CHD

Nonostante la stretta correlazione tra colesterolemia totale e mortalità per CHD emersa dagli
studi longitudinali, i valori di colesterolo totale, a livello individuale, non rappresentano un
indice altamente specifico per individuare i soggetti a rischio di malattia coronarica. Infatti,
dallo studio di Framingham è emerso che le curve di distribuzione della colesterolemia,
rispettivamente per gli uomini che sviluppano coronaropatia nel corso dei primi 16 anni dello
studio e per quelli che ne rimangono esenti, mostrano una notevole sovrapposizione
nell'ambito dei livelli di colesterolo totale compresi tra 150 e 300 mg/dl. Inoltre circa la metà
degli eventi coronarici si sono manifestati nei soggetti con colesterolemia < 240 mg/dl:
soltanto il 41% degli eventi CHD negli uomini e il 61% nelle donne di età 35-64 erano associati
a valori pari o superiori a 240 mg/dl. Nel tentativo di individuare markers più sensibili per
valutare il rischio di CHD, l'attenzione è stata rivolta allo studio dell'intero profilo lipidico.
Durante l'undicesimo esame biennale del Framingham Study, in 1023 uomini e 1434 donne,
liberi da CHD, sono state misurate le concentrazioni sieriche di LDL, HDL, colesterolo totale
(CT) e trigliceridi. Considerato isolatamente, il livello delle HDL è il singolo parametro lipidico
più specifico, mentre il rapporto tra colesterolo totale e HDL è risultato la variabile più specifica
nell'individuare gli individui a rischio di CHD, di quanto non lo fossero il colesterolo totale o le
LDL. Il rischio di CHD aumenta, per qualsiasi valore di colesterolemia, con il crescere del
rapporto CT/HDL. Quando i livelli di colesterolo totale sono al di sotto di 240 mg/dl, il rischio
varia ampiamente in dipendenza dei valori delle HDL sieriche. Comunque anche questo marker
lipidico risulta insoddisfacente per la determinazione del rischio cardiovascolare e la sua
valutazione deve tener conto dell'insieme dei fattori di rischio presenti nel soggetto in esame.

Sulla base di queste considerazioni appare evidente che sono necessari markers più specifici,
che non la sola colesterolemia, per determinare il rischio di CHD, così da evitare di allarmare

inutilmente soggetti apparentemente a rischio maggiore di CHD (falsi positivi) o, al contrario,
di rassicurare falsamente quegli individui che in base alle linee guida non risultassero nelle


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categorie a maggior rischio (falsi negativi). Un semplice innalzamento dei valori di
colesterolemia considerati pericolosi avrebbe il risultato di diminuire il numero dei falsi positivi,
ma porterebbe d'altra parte all'aumento dei falsi negativi. La stesura di carte di rischio globale,
che tengono conto di un numero maggiore di fattori di rischio, oltre alla colesterolemia,
assicura una maggiore sensibilità nella valutazione del rischio di CHD (vedi valori ottimali di
colesterolemia), mentre studi epidemiologici condotti nell'ultimo decennio sono stati indirizzati
verso la ricerca di nuovi markers.


Colesterolemia in diversi paesi

Gli studi epidemiologici che confrontano tra loro gruppi (popolazioni) diversi di individui hanno
un limite tanto maggiore quanto più disomogenei sono i gruppi presi in esame. La
disomogeneità è massima quando si prendono in considerazione popolazioni di nazioni
differenti, a causa dei numerosi quot;fattori confondentiquot; (razza, abitudini alimentari e stile di vita,
condizioni ambientali, livello di sviluppo sanitario, metodologia di rilevazione dei dati e di
misurazione dei parametri presi in esame dallo studio, ecc.). Nonostante ciò dall'esame di tali
studi emerge che nei singoli paesi esiste una correlazione positiva tra colesterolemia e
mortalità per cardiopatia ischemica, nel senso che anche nei paesi dove la mortalità per
cardiopatia ischemica è relativamente bassa esiste una relazione positiva tra valori di
colesterolemia e mortalità per malattia coronarica, come attestato dallo studio internazionale
prospettico Seven Country Study[3] e confermato dallo studio prospettico di Shanghai su un
campione di circa 9000 cinesi di entrambi i sessi, seguiti per 8-13 anni (1991). Tuttavia,
proprio per la natura multifattoriale della CHD e per la presenza di numerosi fattori
confondenti, a parità di colesterolemia la mortalità mostra ampie differenze fra i diversi paesi.

I dati provenienti dallo studio trasversale (di prevalenza) MONICA illustrano bene questo
aspetto. Il WHO MONICA Project [World Health Organization Multinational Monitoring of Trends
and   Determinants     in   Cardiovascular    Disease   Project   (MONItoring     of    CArdiovascular
diseases)] è uno studio iniziato nel 1981 con lo scopo di rilevare l'andamento della patologia
cardiovascolare e i rispettivi fattori di rischio in 38 differenti popolazioni di 21 nazioni in quattro
continenti durante un periodo di 10 anni, interessando una popolazione totale di circa 13
milioni di uomini e donne di età compresa tra 35 e 64 anni (facoltativamente anche tra 25 e 35
anni). I dati demografici sono presi dai registri ufficiali e dai censimenti, mentre le informazioni
sui fattori di rischio sono state ottenute da campioni delle popolazioni esaminate, effettuando
due o tre screening per i fattori di rischio, in primo luogo pressione arteriosa, colesterolemia e
fumo, e per molte altre caratteristiche (come il livello culturale): il primo all'inizio dello studio,
il secondo verso la metà e l'ultimo al termine dei dieci anni. Inoltre sono stati effettuati due o
tre screenings del trattamento dell'infarto miocardico acuto. Nel 1994 il WHO/MONICA Project
ha completato la sua osservazione decennale. Più di 300.000 uomini e donne sono stati


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esaminati durante gli screenings e sono stati registrati 166.000 infarti del miocardio. Le località
italiane partecipanti allo studio sono state Montegiorgio, in Italia Centrale, e Crevalcore, nel
Nord Italia. Nei diversi paesi coinvolti nello studio MONICA, a fronte di valori simili di
colesterolemia totale si riscontrano variazioni molto ampie della mortalità da CHD. Negli
uomini, gli eventi coronarici fatali e non-fatali, registrati all'inizio dello studio (1985-1987),
standardizzati per l'età, mostrano un intervallo di variazione di 12 volte dai 915 casi su
100.000 nella Nord Karelia (Finlandia) ai 76 casi/100.000 in Beijing (Cina); nelle donne
l'intervallo di variazione è di 8.5 volte, da 256/100.000 a Glasgow (UK) a 30/100.000
in Catalogna (Spagna). Anche prendendo in considerazione altri due maggiori fattori di rischio,
pressione arteriosa e fumo, nello studio MONICA rimangono inspiegabili oltre i 3/4 delle morti
per CHD; questo sottolinea il fatto che l'incidenza delle malattie a base aterosclerotica, pur
restando l'importanza dei tre maggiori fattori di rischio, è legata ad una più ampia
costellazione di fattori sia aggressivi che protettivi.




Colesterolemia in diversi paesi

Il grafico accanto mostra che i valori medi di colesterolemia misurati subiscono variazioni
anche    significative   da   un   paese    all'altro:    p.   es. Stati   Uniti 216   mg/dl, Italia 224
mg/dl, Francia 236 mg/dl. In Italia e in Francia i decessi per infarti cardiaci sono nettamente
inferiori che negli Stati Uniti: certamente questa non è una correlazione che sostiene la
tesi colesterolo alto ⇒ alto rischio d'infarto. La differenza (201 ... 244) di ben il 20% (tenendo
però presenti le considerazioni generali sulle caratteristiche degli studi epidemiologici che
confrontano dati di nazioni diverse) lascia pensare all'intervento di fattori molteplici (la
cardiopatia ischemica e l'aterosclerosi hanno una eziologia multifattoriale) che si affianchino
alla colesterolemia, incluse le differenze genetiche. Questa ipotesi trova conforto nella
scoperta, a Limone sul Garda, di una mutazione genetica che aumenta l'efficienza del
colesterolo HDL, tanto che si sta cercando di trovare un metodo di produzione del colesterolo

mutato (detta HDL therapy) da usare come farmaco.



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Controversie sul colesterolo

Contrariamente a quanto si pensa, non è il colesterolo introdotto con l'alimentazione ad
aumentare la colesterolemia, ma il consumo di alcuni acidi grassi saturi, contenuti negli
alimenti, anche se non tutti i grassi saturi agiscono nello stesso modo. L'OMS, nel suo quot;Food
                                                      [4]
and health in Europe: a new basis for actionquot;               del 2004, sintetizza i risultati degli studi sul
colesterolo e alimentazione: i grassi saturi influiscono, anche se in maniera diversa, sul livello
del colestorolo LDL. Nel dettaglio:


   l'acido miristico, contenuto nel latte, è il più forte stimolatore della produzione di LDL
   l'acido laurico, contenuto negli olii e grassi da piante tropicali e nel latte in piccole quantità,
   l'acido palmitico, contenuto nei grassi animali (carne, pesce e molluschi) e in olii e grassi
   da piante tropicali, e alcuni acidi transsaturi sono forti stimolatori della produzione di LDL[5]
   l'acido stearico, contenuto nel grasso di manzo e nel lardo di suino, non aumenta il
   colesterolo LDL[6]

In particolare, gli acidi transsaturi riducono l'apporto di acidi grassi polinsaturi, soprattutto
di omega 3. Tali grassi sono generati soprattutto nell'idrogenazione dei grassi insaturi,
processo utilizzato per la produzione di margarine industriali a partire da olii vegetali. Gli acidi
polinsaturi riducono il rapporto LDL/HDL, mentre i monoinsaturi non hanno effetto[7]. È dunque
la qualità dei grassi, e del rapporto LDL/HDL, e non il loro apporto totale, a determinare il
fattore di rischio cardiovascolare da colesterolemia.

Tuttavia, nonostante l'enorme mole di dati a favore dell'importanza della colesterolemia come
fattore di rischio cardiovascolare, numerose pubblicazioni sottolineano il pericolo di una bassa
colesterolemia    o   contestano   il   ruolo   del     colesterolo     nello   sviluppo   della   malattia
aterosclerotica[8].

Al problema della bassa colesterolemia si è già accennato. Nella già citata metanalisi di Jacob
(1992), gli uomini e, in minor misura le donne, con concentrazioni sieriche di colesterolo totale
<4.2 mmol/l (160 mg/dL) (6° percentile) mostravano un aumento della mortalità totale circa il
10%-20% rispetto ai soggetti con valori compresi tra 4.2 e 5.2 mmol/L (160-199 mg/dL).
Sebbene il problema sia reale e ancora irrisolto, l'eccesso di mortalità totale e per cancro
potrebbe essere parzialmente spiegato dalla preesistenza di malattie subcliniche al basale e
dalla coesistenza di altri fattori aggressivi sconosciuti o non misurati correlati sia alla bassa
colesterolemia che alla mortalità. Ad esempio, nello studio prospettico Honolulu Heart
Program, condotto su circa 8000 uomini di ascendenza giapponese, residenti a Oahu(Hawaii),
nel follow-up a 16 anni, nei soggetti in cui la colesterolemia si era ridotta dai livelli medi a
quelli bassi, vi era un maggior numero di morti per alcuni tipi di cancro, per malattie epatiche e
per mortalità totale, mentre nei soggetti che avevano mantenuto una bassa colesterolemia
stabile, tale eccesso di mortalità non era riscontrabile; dopo 23 anni di follow-up, negli


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individui con colesterolo totale <180 mg/dl, in assenza di elevato consumo di alcool, di fumo e
di ipertensione la bassa colesterolemia non era associata né alla mortalità totale né a quella
per cancro. D'altra parte, vanno menzionati i lavori di Iribarren, in cui una bassa
colesterolemia era associata con rischio maggiore di alcune infezioni, specialmente del tratto
urinario, nonché con un maggior rischio di ospedalizzazione per polmonite.

Se esistono dubbi sul quot;pericoloquot; di una bassa colesterolemia quot;naturalequot;, diverso è il discorso
della bassa colesterolemia ottenuta con il trattamento terapeutico: i più recenti studi con le
statine hanno dimostrato che, in soggetti ad alto rischio cardiovascolare, valori anche molto
bassi di LDL (70-80 mg/dl) si accompagnano a riduzione degli eventi cardiovascolari, senza
che la mortalità totale aumenti oppure, come nel caso dello studio HPS, facendo registrare una
sua diminuizione. Resta da chiarire se questi risultati dipendano dalla sola riduzione della
colesterolemia o invece dall'azione pleiotropica delle statine o dall'insieme dei due fattori
(vedi ipercolesterolemia).
         [9]
Immich         si è dedicato allo studio di Framingham e ha notato, nel 1997, che lo studio
di Framingham parlava       già   negli anni   sessanta di nessuna   correlazione   statisticamente
significativa tra colesterolemia e sclerosi coronaria.

La ricerca della Carelia è uno studio epidemiologico a intervento: il governo finlandese ha
promosso uno studio (preoccupato dai tanti decessi cardiovascolari), intervenendo con delle
misure nutrizionali: educazione alla salute: antifumo, antialcol e abbassamento farmaceutico
della colesterolemia nella regione della Carelia del Nord, mentre in tutte le altre regioni non è
stato fatto alcun intervento. Il risultato è stato una riduzione di circa il 20% di decessi per
morte cardiovascolare. Per questo fatto lo studio viene spesso citato da coloro che sostengono
e vogliono promuovere l'abbassamento del colesterolo per minimizzare i rischi cardiovascolari.
Nello stesso lasso di tempo, però, nelle altre regioni della Finlandia, i decessi cardiovascolari si
sono abbassati del 22%, come illustrato da Vartiainen (vedi fonti). Nessuno sa spiegarselo,
sebbene le interpretazioni adotte possano apparire anche molto fantasiose.

In base a queste e ad altre esperienze J. McCormick e P. Skrabanek sono arrivati alla
conclusione che non è possibile prevenire le malattie cardiache coronariche con degli interventi
sulla popolazione[10]




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Valori di riferimento per la colesterolemia




                                            Colesterolo in lavoro normale, a cottimo e a
                                            catena

                                            I   valori   di    riferimento    per   i    parametri     medici
                                            vengono normalmente rilevati da un campione di
                                            persone       sane.      Del      parametro          rilevato   si
                                            determinano media aritmetica                         semplicem e
                                            la deviazione        standard σx,   una        misura     per   la
                                            dispersione dei singoli valori. Il valore di riferimento
                                            è di solito m±2σx che include circa il 97% della
                                            popolazione sana.

                                            Esempio:      per      l'intera   popolazione         tedesca   è
                                            m=210, σx=30: perciò l'intervallo di valori normali
                                            sarà 210 +/- 60 = da 150 a 270 ml/dl. Poiché questi
valori quot;normaliquot; sono eccessivamente alti, per la determinazione dei livelli ottimali di
colesterolemia nella Consensus Conference del 1984 e nelle successive linee guida ATP si è
preferito seguire il criterio del rischio di CHD, per cui sono considerati elevati quei valori per i
quali il rischio coronarico è elevato. Il quot;Pschyrembelquot;, la quot;bibbiaquot; dei medici tedeschi, dà un
valore di riferimento colesterolemico da 115 a 220 ml/dl[11]

Fondamentale comunque è la suddivisione tra frazione di colesterolo LDL e HDL: tanto più è
favorevole alla prima, tanto più alto è il rischio di malattie cardiovascolari. Questo fatto è ben
documentato da studi epidemiologici recenti, che non focalizzandosi solo su uno dei due tipi di
colesterolo, guardano alla loro percentuale relativa e al colesterolo LDL totale. L'unione dei due
parametri consente una buona predittività dei rischi di malattie cardiovascolari[12].


Stress e colesterolemia

Come Timio dimostrò nel suo famoso studio[13], esiste una forte correlazione tra stress e
colesterolemia.

Pare   che    la   colesterolemia     aumenti     con         l'aumentare     dei       tipici   ormoni     di
stress: adrenalina, noradrenalina e cortisolo. Pare che il cortisone promuova la lipolisi (il che
aumenta la trigliceridemia) e nel medesimo tempo inibisca l'elaborazione di LDL da parte del
fegato (il che fa aumentare la colesterolemia e peggiora la relazione HDL/LDL).


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I dati furono ripetutamente confermati da altri autori, tra i quali il cardiologo Rosenman[14]. In
questa ottica è messa in dubbio la cura fatta con medicamenti ipolipidemizzanti. Forse la
correlazione tra stress e colesterolemia spiega anche che l'effetto di tali medicamenti sulla
mortalità è scarsa.

Un altro approccio dubbioso è il consiglio di una modifica della dieta: secondo molti studi
affidabili non ha effetto sulla colesterolemia, e inoltre è antiterapeutico, perché un
cambiamento dietetico di solito è parecchio stressante (come ogni modifica di abitudini).


Alimentazione e colesterolemia




                                    Consumo di colesterolo e colesterolemia

                                    Popoli che si nutrono prevalentemente di prodotti animali
                                    come gli Inuit delle regioni polari o i Masai delle steppe
                                    africane hanno delle colesterolemie minori di Europei o
                                    Statunitensi.

                                    Il Ministero della Salute Tedesco ha voluto conoscere con
                                    precisione questo dato per il proprio paese. Lo studio VERA
                                    del 1993,       ha     dimostrato      che     non      esiste
                                    alcunacorrelazione tra consumo di colesterolo (latte, panna,
                                    uova, burro, grassi animali ecc.) e colesterolemia.[15] Il
rapporto smentirebbe un'opinione diffusa secondo la quale la causa primaria del colesterolo
alto sta nel consumo di alimenti contenenti colesterolo. Una persona che consumi cibi pieni di
grassi saturi e oli idrogenati produrrà inevitabilmente più colesterolo.

Le statine (assumibili in maniera naturale con il Riso Rosso Fermentato), inibiscono la
produzione di ulteriore colesterolo nel fegato che avviene durante la digestione dei cibi grassi,
riportando il tasso complessivo a livelli normali. L'approccio tradizionale è talora criticato
perché agirebbe sui sintomi, e non sulla causa della malattia, laddove i cibi grassi introdotti
con la dieta sarebbero metabolizzati in altro modo. I grassi saturi, in particolar modo l'acido
miristico, aumentano il livello di LDL, mentre i trans-saturi inibiscono l'assorbimento
                                         [16]
degli omega 3, i quali aumentano l'HDL          .


Ipercolesterolemia

Un elevato valore di colesterolemia è solo un indice di sospetto per una ipercolesterolemia.



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Occorre    controllare    altri    parametri   ed   eventuali     segni    clinici     per     diagnosticarla.
L'ipercolesterolemia è una di sei malattie lipidemiche, un difetto dei ricettori nella membrana
                                                      ,
cellulare, responsabili per lo scambio di colesterolo tra lipoproteine e cellula. Accade
normalmente       in     età      avanzata     (come   p.       es.     anche        il diabete mellito     II)
Clinicamente la malattia si manifesta per xantomi tendinosi, xantelasmi e arcus lipoides
cornae (un alone intorno alla pupilla). Dei parametri metabolici sono caratteristici per la
ipercolesterolemia:


   low density lipoproteins (LDL) alti
   very low density lipoproteins (VLDL) normali
   beta-lipoproteine alti
   trigliceridi normali o elevati

Come altre tre delle sei malattie del metabolismo dei lipidi coinvolge un alto rischio
per aterosclerosi e va quindi curata.




                                                Fattori rischio per infarto del miocardio

                                                Malauguratamente il termine quot;ipercolesterolemiaquot;
                                                viene spesso usato ambiguamente (nelle nazioni
                                                benestanti) per indicare un valore di colesterol
                                                                                      colesterolo
                                                aumentato.            Partendo         dalla        discutibile
                                                deduzione quot;colesterolo => aterogenesi => infarto
                                                coronarioquot; viene          fatta          la         deduzione
                                                inversa quot;prevenzione         infarto         coronario     =>
                                                prevenzione       dell'aterogenesi        =>      cura    della
                                                colesterolemia         elevataquot; (scientificamente           un
peccato mortale). Risulta un comportamento (non lege artis medicae) che si concentra
esclusivamente sulla colesterolemia e non affronta più il discorso dell'aterogenesi e dei tanti
                                                                   dell'ateroge
fattori rischio coinvolti, talvolta fatale per il paziente (vedi elenco accanto).

L'ipotesi di un nesso tra colesterolemia e malattie aterogene (arteriosclerosi, infarti cardiaci) e
la susseguente deduzione inversa hanno portato a una campagna di prevenzione che non ha
                                                     campagna
paragone nella medicina umana delle nazioni industrializzate. Dopo tanti anni si può ormai fare
un bilancio, ed è deludente: una sventata morte cardiovascolare per terapia anticolesterolica
costa (in Svizzera) circa 200.000 sFr. Le statistiche parlano chiaro: sono state osservate 1.000
                  )
persone con colesterolemia alta tra i 50 e 60 anni per 10 anni (secondo criteri clinici): metà


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era trattata con le solite statine, che abbassano la colesterolemia a valori ritenuti normali,
l'altra      metà       non        era   trattata.   I     risultati   erano         i   seguenti:



Hanno subito una malattia cardiovascolare:

Tra i non medicati 114 per mille

Tra i medicati      80 per mille

Malattie evitate 34 per mille in 10 anni




I costi tra visite mediche, controlli e trattamenti sono stati circa 7.000.000 di franchi svizzeri
(7.000 pro capite). Ripartito su 34 scampate malattie, il costo è stato di circa 200.000 Fr. per
avvenimento                                                                              impedito.
Per paragone, il trattamento di un infarto cardiaco (evento non impedito) costa da 20.000 a
30.000 Fr.



Fitosterine

Fitosterine (sitosterolo, fitosteroli) sono sostanze lipidiche vegetali, strutturalmente simili al
colesterolo animale. Si trovano in leguminacee come la soia, grano, noci, semi e in dosi
rilevanti nei loro olii pressati a freddo.

L'industria alimentare li usa in grande stile, specialmente l'olio di soia, in margarine e grassi
industriali per pasti prefabbricati con l'indicazione quot;senza colesteroloquot; per la loro clientela
salutistica e vegetariana.

Questo fatto è sorprendente, e contro la legislazione alimentare della maggioranza di Stati
industrializzati, perché:


    in malattie genetiche che biosintetizzano fitosterine al posto di colesterolo la sopravvivenza
    è ridotta
    si usa il sitosterolo come medicamento per prostata ipertrofica
    sitosteroli in dosi rilevanti aumentano notevolmente le malattie coronarie[17]


Note

     1. ^ M.W. King, S. Marchesini. (EN) Lipid digestion and Lipoproteins. 21 nov 2008. URL
          consultato il 2008-11-25.




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2. ^ A. Robertson et al. (a cura di) Food and health in Europe: a new basis for action (pdf)
   (in inglese) WHO Regional Publications - European Series N° 96, WHO, 2004. 25-
   27 ISBN 928901363X
3. ^ Keys, A.B., Seven countries: a multivariate analysis of death and coronary heart
   disease., (in ingelse) Cambridge, Harvard University Press, 1980.
4. ^ A. Robertson et al. (a cura di) Food and health in Europe: a new basis for action (pdf)
   (in inglese) WHO Regional Publications - European Series N° 96, WHO, 2004. ISBN
   928901363X
5. ^ Muller, H. et al. (2001). Serum cholesterol predictive equations with special emphasis
   on trans and saturated fatty acids: an analysis from designed controlled studies . Lipids
   (36): 783–791 (in en).
6. ^ YU, S. et al. (1995). Plasma cholesterol – predictive equations demonstrate that
   stearic acid is neutral and monounsaturated fatty acids are hypocholesterolemic .
   American journal of clinical nutrition (61): 1129–1139 (in en).
7. ^ A. Robertson et al. (a cura di) Food and health in Europe: a new basis for action (pdf)
   (in inglese) WHO Regional Publications - European Series N° 96, WHO, 2004. 24-
   27 ISBN 928901363X
8. ^ (EN) The International Network of Cholesterol Skepticsquot; - News. URL consultato il
   2008-25-11.
9. ^ H. Immich (1997). Cholesterin und Koronarsklerose . Versicherungsmedizin 49: p.
   86 ss (in de).
10. ^ L'articolo è stato pubblicato nel Lancet, una delle più rinomate riviste scientifiche in
   campo                                                                                     medico.
   J. McCormick, P. Skrabanek (1988). Coronary heart disease is not preventable by
   population interventions . The Lancet (II): 839 ss. (in en).
11. ^ Willibald Pschyrembel, Pschyrembel®: Klinisches Wörterbuch , Berlino, Walter de
   Gruyter GmbH & Co., ISBN 3110181711 - ISBN 9783110176216
12. ^ A. Robertson et al. (a cura di) Food and health in Europe: a new basis for
   action (pdf) (in inglese) WHO Regional Publications - European Series N° 96,
   WHO, 2004. ISBN 928901363X
13. ^ Timio, M, Stress e cardiopatie, Roma, Lombardo Editore, 1980.
14. ^ Rosenman      R.H.    (1993). Psycological   Influence   on   the   Variability   of   Plasma
   Colesterol . Homeostasis (34): 129 - 136 (in en).
15. ^ M.   Kohlmeier   et    al., Verbreitung   von   klinisch-chemischen    Risikofaktoren,     (in
   tedesco) Niederkleen, VERA-Schriftenreihe Band VII, 1993.
16. ^ A. Robertson et al. (a cura di) Food and health in Europe: a new basis for
   action (pdf) (in inglese) WHO Regional Publications - European Series N° 96,
17. WHO, 2004. 25-27 ISBN 928901363X
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   18. ^ Assmann G. et al (2006). Plasma sitosterol elevations are associated with an

          increased    incidence   of   coronary   events   in   men. .   Nutrition,   Metabolism   &
          Cardiovascular Diseases (16): pp. 13-21.


Bibliografia

   Pollmer U., Warmuth S., Lexikon der populären Ernährungsirrtümer, (in inglese) Weltbild,
   2003. ISBN 3-8289-1930-8
   E. Vartiainen et al. (1994). Twenty-year trends in coronary risk factors in North Karelia and
   in other areas of Finland . International Journal of Epidemiology (23): p. 495.
   M.      Kohlmeier     et   al., Verbreitung     von   klinisch-chemischen      Risikofaktoren,    (in
   tedesco) Niederkleen, VERA-Schriftenreihe Band VII, 1993.
   Jacobs et al. (1992). Report of of the conference of low blood cholesterol. Mortality
   associations. . Circulation (86): p. 1046.
   Willibald Pschyrembel, Pschyrembel®: Klinisches Wörterbuch , Berlino, Walter de Gruyter
   GmbH & Co., ISBN 3110181711 - ISBN 9783110176216


Voci correlate

   Acido pantotenico
   Aterosclerosi
   Bile
   Colelitiasi
   Determinazione del colesterolo
   Ipercolesterolemia
   Infarto del miocardio
   Metabolismo dei lipidi
   Niacina
   Perossisoma
   Steroli


Collegamenti esterni

   www.LDLHDL.info Informazione in Inglese
   Mutazione di Limone
   Ministero della Salute: ipolipemizzanti
   (EN) Medical Crossfire - Lipid/Metabolic. URL consultato il 25-11-2008.


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   (EN) Medical Crossfire - Hot Topics in Hypercholesterolemia: Impact of Recent Clinical
   Trial Data on Clinical Practice. URL consultato il 25-11-2008.
(EN) Conference on the Science and Policy of Performance-Enhancing Products Final
Report (pdf), pp. 40. gennaio 2002. URL consultato il 25-11-2008. Rapporto in cui si cita
l'effetto dell'androstenedione sull'HDL




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Colesterolo

  • 1. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Colesterolo Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici – Consultare sempre e in ogni caso il proprio medico di fiducia. Il colesterolo è uno steroide, cioè una molecola lipidica costituita da quattro anelli policicloalifatici (condensati tra loro in formazione trans) e una coda alifatica, oltre ad eventuali gruppi funzionali. La struttura policiclica di base prende pren il nome di ciclopentanperidrofenantrene ciclopentanperidrofenantrene. La parola colesterolo proviene dal greco chole (bile) e stereos (solido), ma è stata utilizzata per la prima volta nel 1894. La desinenza -olo deriva dal fatto che sul C3 del primo anello di . olo carbonio [A] è presente un gruppo alcolico, della serie delle sterine (o steroli). È formato , dall'idrocarburo C27H46, nel quale ad un H si sostituisce gruppo idrossilico -OH. La sua formula bruta è C27H45OH. È di colore bianco ed ha una consistenza simile a quella della cera. La sua presenza era già stata riscontrata nei calcoli della cistifellea già nel 1784, ma solo nel 1975 il premio Nobel John W. Cornforth ha precisato l'orientamento spaziale degli atomi di idrogeno sulla molecola. Il colesterolo è indispensabile per la vita animale. Le piante no contengono colesterolo solo in lievi tracce e altre sostanze lipidiche strutturalmente simili (fitosterine o fitosteroli). L'uomo produce per biosintesi autonoma la maggior parte del colesterolo necessario, negli parte adulti tra 1 e 2 grammi al giorno. Solo una piccola parte (in media 0,1 fino 0,3, massimo 0,5 grammi) viene assunta con l'alimentazione: la maggior parte del metabolismo del colesterolo del avviene nel fegato. Il contenuto di colesterolo nell'organismo umano è di circa 150 grammi. . Funzioni Il colesterolo è un ingrediente essenziale della membrana cellulare di tutte le cellule +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 1
  • 2. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it animali: si inserisce fra i due strati di fosfolipidi orientandosi con i gruppi -OH vicini alle teste polari dei fosfolipidi, diminuendo così la fluidità del mosaico (vedi Modello a mosaico fluido) ma aumentando la stabilità meccanica e la flessibilità delle cellule. Così facendo però diminuisce la permeabilità a piccole cellule idrosolubili. Assieme con molecole proteiche il colesterolo regola lo scambio di sostanze messaggere tramite la membrana cellulare. Crescita e divisione cellulare non sono possibili senza colesterolo. Il colesterolo è la sostanza base per la sintesi degli ormoni steroidei come aldosterone, cortisone, testosterone, estradiolo ecc. (vedi ghiandole surrenalie della vitamina D). Il colesterolo è essenziale per lo sviluppo embrionale: le malformazioni di neonati dopo la somministrazione di Contergan alle madri erano causate da un disturbo nella biosintesi di colesterolo. Il colesterolo prodotto nel fegato viene impiegato in buona parte per la produzione di bile, una sostanza secreta nel duodeno che serve a emulsionare i lipidi alimentari per renderli assorbibili dall'intestino tenue. Biosintesi e trasporto del colesterolo Tutte le cellule dell'organismo umano sono capaci di sintetizzare colesterolo a partire dall'acetilCoenzima A, ma la maggior parte viene prodotto neiperossisomi delle cellule epatiche che lo trasferiscono al sangue per il trasporto in tutto l'organismo. Le tappe biosintetiche seguono la via metabolica dell'acido mevalonico. Poiché non riesce a superare la barriera ematoencefalica, il cervello deve produrre da solo il colesterolo di cui necessita. Visto che il colesterolo, come tutti i grassi, non è solubile nel sangue, per il trasporto ematico deve essere quot;imballatoquot; in complessi aggregati sferiche o discali di trasporto (lipoproteine). Questi aggregati consistono essenzialmente di: un involucro a singolo strato di fosfolipidi; apolipoproteine e colesterolo non esterificato intercalati nell'involucro di fosfolipidi; un nucleo di acidi grassi, trigliceridi e colesterolo esterificato; Questi aggregati vengono quot;assemblatiquot; nell'epitelio intestinale durante la fase prandiale sotto forma di chilomicroni, mentre durante il digiuno vengono prodotti soprattutto nel fegato come VLDL (very low density lipoproteins), le quali vengono rilasciate nella circolazione sanguigna. Nel microcircolo, le VLDL sono idrolizzate dalla lipoprotein-lipasi presente sulla superficie delle cellule endoteliali, rilasciando gran parte del loro contenuto di trigliceridi (che diffondono nei +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 2
  • 3. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it tessuti) e trasformandosi in IDL o particelle rimanenti (lipoproteine a densità intermedia). Le IDL sono quindi idrolizzate a livello epatico e convertite in LDL (low density lipoproteins). Le LDL fuoriescono dalla circolazione e, dopo aver attraversato la matrice fondamentale del tessuto connettivo, raggiungono le cellule parenchimatiche, alla cui superficie si legano tramite l'interazione con i recettori cellulari per le apoB-proteine e vengono trasportate nell'interno delle cellule epatiche, cedendo cosí il loro carico di colesterolo. Il grafico accanto illustra schematicamente il processo. In realtà il processo è un po' più complesso[1]. Colesterolo esterificato e non esterificato Il colesterolo può presentarsi nella sua forma basilare non esterificata, raffigurata in alto, e in tal caso è una molecola anfipatica, con il gruppo idrossile polare in posizione 3 e la restante parte della molecola apolare. Può altresì presentarsi come colesterolo esterificato, ovvero come estere del colesterolo (Colesteril-estere), formatosi per reazione del suddetto gruppo idrossile IUPAC con un acido carbossilico, nel qual caso l'estere risultante è una molecola completamente apolare. Colesterolo in medicina Quando in medicina si parla di quot;colesteroloquot;, non si intende il colesterolo chimico (si tratta di un'ambiguità semplificatoria), ma si parla in effetti di una classe di lipoproteine (chilomicroni, aggregati di trasporto) che circolano nel sangue: la relativa concentrazione si chiama colesterolemia. Secondo la loro composizione in colesterolo, fosfolipidi, proteine, trigliceridi e acidi grassi, questi aggregati vengono ulteriormente distinti in diverse classi (classificabilità di laboratorio secondo il loro peso specifico tra 0.98 e 1.17 g/cm3): VLDL, IDL, LDL, HDL2 e HDL3. Il grafico accanto illustra le componenti. Colesterolemia e mortalità Su raccomandazioni dell'OMS, da alcuni anni nelle analisi del colesterolo si distingue[2]: 1. colesterolemia totale, che deve essere inferiore a 200 2. rapporto colesterolo totale/HDL, non superiore a 5 per gli uomini e a 4,5 per le donne Gli studi epidemiologici possono essere distinti in studi osservazionali e studi di intervento o sperimentali, i primi possono ulteriormente essere classificati, in base alla metodologia adottata, nelle categorie seguenti: studi descrittivi; studi trasversali o di prevalenza; studi retrospettivi o di casi di malattia; studi longitudinali o prospettici o di coorte. Gli studi longitudinali sono studi epidemiologici che prendono in esame uno o più gruppi di individui, +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 3
  • 4. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it seguendoli con esami periodici per un periodo di tempo piuttosto lungo. Gli studi longitudinali permettono di prendere in considerazione un numero notevole di caratteristiche (es. peso, pressione arteriosa, parametri ematochimici, dati elettrocardiografici, dieta, abitudini di vita, come attività fisica e fumo, tipo di occupazione). Grazie a questi studi si è giunti all'identificazione di alcuni importanti fattori di rischio per la cardiopatia ischemia e l'elevata colesterolemia è uno dei più importanti (insieme a ipertensione, diabete, obesità, fumo, familiarità e altri identificati più recentemente, tra i quali: trigliceridi, omocisteina, proteina C reattiva, concentrazione plasmatica di molecole di adesione endoteliale, ecc.). Si parla di fattori di rischio e non di fattori eziologici (cause) proprio perché gli studi epidemiologici non sono sperimentazioni scientifiche, essendo il loro ruolo limitato alla identificazione di associazioni naturali tra alcune caratteristiche e lo stato di malattia considerato, senza fornire informazioni sulla natura di tale associazione. La loro importante funzione è quella di formulare ipotesi da verificare con successive sperimentazioni scientifiche. Sono stati i grandi studi osservazionali prospettici a documentare la relazione positiva di tipo esponenziale esistente tra colesterolemia e mortalità cardiovascolare, mentre hanno evidenziato una correlazione ad U tra mortalità totale e colesterolemia (cioè la mortalità totale aumenta sia per i valori più bassi di colesterolemia, sia per quelli più alti). Mortalità CHD in funzione della colesterolemia in uomini tra 30-49 anni all'inizio dello studio Il Framingham Heart Study, lo studio di Framingham (Massachussetts) è una enorme opera epidemiologica statunitense che riempie una biblioteca intera e decorre fin dagli anni cinquanta(nel frattempo si è giunti ai nipoti dei primi partecipanti). Il follow-up a 30 anni di 1959 uomini e 2415 donne sani, di età compresa tra 31 e 65 anni, attesta che, al di sotto dei 50 anni, i livelli di colesterolo sono direttamente correlati con la mortalità totale e cardiovascolare, in misura tale che per ogni incremento di 10 mg/dl di colesterolo sierico la mortalità totale e quella cardiovascolare aumentano rispettivamente del 5% e del 9%. Questa associazione rimane statisticamente significativa negli uomini anche dopo le correzioni statistiche per pressione, fumo, peso corporeo e diabete; nelle donne l'associazione rimane +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 4
  • 5. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it positiva sebbene non raggiunga la significatività statistica. Dopo i 50 anni non vi è incremento della mortalità totale né per valori alti di colesterolemia, né per quelli bassi, ma il rapporto è confuso dalla presenza di individui in cui la colesterolemia diminuisce, possibilmente a causa dello sviluppo di gravi malattie. In quei soggetti in cui la colesterolemia diminuisce spontaneamente, per ogni mg/dl di discesa del colesterolo nei primi 14 anni di osservazione si registra un incremento entro 18 anni dell'11% della mortalità totale e del 14% di quella cardiovascolare. Mortalità CHD in funzione della colesterolemia Mortalità totale in funzione della colesterolemia Lo studio statunitense Multiple Risk Factor Intervention Trial (MRFIT, iniziato nel 1973) , in cui 361.662 uomini, di età compresa tra 35 e 57 anni, sono stati seguiti per 6 anni, ha evidenziato che la correlazione tra colesterolemia totale e mortalità per coronaropatia è lineare per valori compresi tra 200 e 240 mg/dl, mentre al si sopra dei 240 mg/dl diviene esponenziale, cosicché a più alte concentrazioni di colesterolo, la mortalità da CHD (coronary heart disease) aumenta più rapidamente.Inoltre i dati del MRFIT sembrano negare la validità del concetto di soglia per i valori della colesterolemia, da questo studio risulta infatti che non vi è un limite per il colesterolo totale sierico, al di sotto del quale il rischio di CHD non esiste. È interessante notare +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 5
  • 6. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it che nel MRFIT, come è emerso anche dal Framingham Heart Study, l'importanza del colesterolo totale come fattore di rischio si riduce con l'età. In questo studio, il rapporto tra mortalità totale e colesterolo totale è rappresentato graficamente da una curva a J, piuttosto che a U. Il Prospective Cardiovascular Münster (PROCAM) Heart Study è uno dei più ampi studi prospettici europei sui fattori di rischio cardiovascolari. Lo studio, iniziato nel 1979 e completato nel 1991,ha riguardato 23.616 impiegati della Germania nord-occidentale (valli del Münster e della Ruhr). Dopo un follow-up di 14 anni, il colesterolo totale, il colesterolo LDL ed il rapporto LDL/HDL mostravano una relazione esponenziale con la mortalità per CHD e una relazione a J con la mortalità totale. Ad alti livelli di colesterolo totale e LDL, l'aumento della mortalità totale era dovuto all'aumento delle morti coronariche, mentre a bassi livelli di colesterolo totale e LDL l'incremento della mortalità totale si verificava soltanto nei fumatori ed era in rapporto con una maggiore mortalità per cancro correlato al fumo. Mortalità in funzione della colesterolemia Una metaanalisi effettuata su 18 studi epidemiologici e risalente al 1992 dimostra che la mortalità totale è minima per valori di colesterolemia totale compresi tra 160 e 200 ml/dl per gli uomini e tra 200 e 240 per le donne (le tabelle di rischio cardiovascolare fornite dal Ministero della Salute ai medici di famiglia italiani tengono conto di tale differenza legata al sesso). In sintesi: Valori troppo bassi sono correlati ad un aumentato rischio di morte causata da alcuni tumori, ictus cerebrali e polmonari, alcune malattie infettive, incidenti, suicidi e malattie degenerative, mentre valori troppo alti sono correlati ad un aumentato rischio d'infarto del miocardio. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 6
  • 7. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Nella pratica medica si parla solo dei rischi connessi a valori elevati, ma quasi mai di quelli derivanti da valori troppo bassi, in quanto la relazione causale tra bassa colesterolemia ed eventi avversi è estremamente dubbia. Studi del genere e relative meta-analisi sono di grande valore scientifico. Nonostante che gli studi epidemiologici non consentano conclusioni sui rapporti causa-effetto tra i fenomeni esaminati, tuttavia si tratta di correlazioni statistiche, che dimostrano come: valori elevati di colesterolemia sono correlati con l'aumento della mortalità dovuta a certe malattie, in particolare quelle cardiovascolari su base aterosclerotica (prevalentemente infarto del miocardio ed ictus ischemico) valori ridotti di colesterolemia, sotto una certa soglia, sono correlati con una più elevata mortalità per cause accidentali (es. suicidi) e per altre malattie (es. cancro polmonare, ictus emorragico); come detto sopra la natura di tale relazione è fortemente discussa la colesterolemia con la minima mortalità fra donne (200-240) è più alta che fra uomini (160-200 mg/dl) Ulteriori domande che restano senza risposta sono (tra le altre): la colesterolemia può concorrere allo sviluppo di altre malattie, oltre a quelle cardiovascolari su base ischemica? per quali motivi (oltre al ruolo protettivo degli estrogeni) nelle donne il rischio coronarico è correlato con valori di colesterolemia totale più alti che negli uomini? Come parametro metabolico la colesterolemia è connessa con migliaia di processi metabolici che si influenzano a vicenda. Valutando tutto questo, non è né sensato né scientifico tirare, sulla base dei soli studi epidemiologici osservazionali, una conclusione riduttiva del tipo: basta abbassare la colesterolemia per prevenire l'infarto cardiaco, anche se questa sembra essere al momento l'opinione più diffusa nel grande pubblico. Una tesi del genere non può in nessun caso essere sostenuta da uno studio epidemiologico osservazionale. Il fatto che dagli studi epidemiologici osservazionali risulti che una colesterolemia bassa è associata a una bassa mortalità coronarica, non comporta automaticamente che abbassando una colesterolemia alta si riduca la mortalità. Per poter giungere a una simile conclusione sono necessari studi prospettici di intervento terapeutico, randomizzati, in doppio cieco e placebo controllati, che valutino come obiettivo finale principale (endpoit primario) l'effetto di una terapia (farmacologica o di altro tipo) a lungo termine sulla mortalità totale e cardiovascolare e sugli eventi cardiovascolari. Sono stati condotti anche alcuni studi epidemiologici di carattere autoptico (Stary e McGill), dai quali è emersa una correlazione positiva tra colesterolemia e gravità ed estensione delle lesioni aterosclerotiche avanzate (tale correlazione non esiste per le +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 7
  • 8. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it strie lipidiche; vedi aterosclerosi). Colesterolemia e rischio individuale di cardiopatia ischemica Distribuzione della colesterolemia nella popolazione con o senza CHD Nonostante la stretta correlazione tra colesterolemia totale e mortalità per CHD emersa dagli studi longitudinali, i valori di colesterolo totale, a livello individuale, non rappresentano un indice altamente specifico per individuare i soggetti a rischio di malattia coronarica. Infatti, dallo studio di Framingham è emerso che le curve di distribuzione della colesterolemia, rispettivamente per gli uomini che sviluppano coronaropatia nel corso dei primi 16 anni dello studio e per quelli che ne rimangono esenti, mostrano una notevole sovrapposizione nell'ambito dei livelli di colesterolo totale compresi tra 150 e 300 mg/dl. Inoltre circa la metà degli eventi coronarici si sono manifestati nei soggetti con colesterolemia < 240 mg/dl: soltanto il 41% degli eventi CHD negli uomini e il 61% nelle donne di età 35-64 erano associati a valori pari o superiori a 240 mg/dl. Nel tentativo di individuare markers più sensibili per valutare il rischio di CHD, l'attenzione è stata rivolta allo studio dell'intero profilo lipidico. Durante l'undicesimo esame biennale del Framingham Study, in 1023 uomini e 1434 donne, liberi da CHD, sono state misurate le concentrazioni sieriche di LDL, HDL, colesterolo totale (CT) e trigliceridi. Considerato isolatamente, il livello delle HDL è il singolo parametro lipidico più specifico, mentre il rapporto tra colesterolo totale e HDL è risultato la variabile più specifica nell'individuare gli individui a rischio di CHD, di quanto non lo fossero il colesterolo totale o le LDL. Il rischio di CHD aumenta, per qualsiasi valore di colesterolemia, con il crescere del rapporto CT/HDL. Quando i livelli di colesterolo totale sono al di sotto di 240 mg/dl, il rischio varia ampiamente in dipendenza dei valori delle HDL sieriche. Comunque anche questo marker lipidico risulta insoddisfacente per la determinazione del rischio cardiovascolare e la sua valutazione deve tener conto dell'insieme dei fattori di rischio presenti nel soggetto in esame. Sulla base di queste considerazioni appare evidente che sono necessari markers più specifici, che non la sola colesterolemia, per determinare il rischio di CHD, così da evitare di allarmare inutilmente soggetti apparentemente a rischio maggiore di CHD (falsi positivi) o, al contrario, di rassicurare falsamente quegli individui che in base alle linee guida non risultassero nelle +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 8
  • 9. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it categorie a maggior rischio (falsi negativi). Un semplice innalzamento dei valori di colesterolemia considerati pericolosi avrebbe il risultato di diminuire il numero dei falsi positivi, ma porterebbe d'altra parte all'aumento dei falsi negativi. La stesura di carte di rischio globale, che tengono conto di un numero maggiore di fattori di rischio, oltre alla colesterolemia, assicura una maggiore sensibilità nella valutazione del rischio di CHD (vedi valori ottimali di colesterolemia), mentre studi epidemiologici condotti nell'ultimo decennio sono stati indirizzati verso la ricerca di nuovi markers. Colesterolemia in diversi paesi Gli studi epidemiologici che confrontano tra loro gruppi (popolazioni) diversi di individui hanno un limite tanto maggiore quanto più disomogenei sono i gruppi presi in esame. La disomogeneità è massima quando si prendono in considerazione popolazioni di nazioni differenti, a causa dei numerosi quot;fattori confondentiquot; (razza, abitudini alimentari e stile di vita, condizioni ambientali, livello di sviluppo sanitario, metodologia di rilevazione dei dati e di misurazione dei parametri presi in esame dallo studio, ecc.). Nonostante ciò dall'esame di tali studi emerge che nei singoli paesi esiste una correlazione positiva tra colesterolemia e mortalità per cardiopatia ischemica, nel senso che anche nei paesi dove la mortalità per cardiopatia ischemica è relativamente bassa esiste una relazione positiva tra valori di colesterolemia e mortalità per malattia coronarica, come attestato dallo studio internazionale prospettico Seven Country Study[3] e confermato dallo studio prospettico di Shanghai su un campione di circa 9000 cinesi di entrambi i sessi, seguiti per 8-13 anni (1991). Tuttavia, proprio per la natura multifattoriale della CHD e per la presenza di numerosi fattori confondenti, a parità di colesterolemia la mortalità mostra ampie differenze fra i diversi paesi. I dati provenienti dallo studio trasversale (di prevalenza) MONICA illustrano bene questo aspetto. Il WHO MONICA Project [World Health Organization Multinational Monitoring of Trends and Determinants in Cardiovascular Disease Project (MONItoring of CArdiovascular diseases)] è uno studio iniziato nel 1981 con lo scopo di rilevare l'andamento della patologia cardiovascolare e i rispettivi fattori di rischio in 38 differenti popolazioni di 21 nazioni in quattro continenti durante un periodo di 10 anni, interessando una popolazione totale di circa 13 milioni di uomini e donne di età compresa tra 35 e 64 anni (facoltativamente anche tra 25 e 35 anni). I dati demografici sono presi dai registri ufficiali e dai censimenti, mentre le informazioni sui fattori di rischio sono state ottenute da campioni delle popolazioni esaminate, effettuando due o tre screening per i fattori di rischio, in primo luogo pressione arteriosa, colesterolemia e fumo, e per molte altre caratteristiche (come il livello culturale): il primo all'inizio dello studio, il secondo verso la metà e l'ultimo al termine dei dieci anni. Inoltre sono stati effettuati due o tre screenings del trattamento dell'infarto miocardico acuto. Nel 1994 il WHO/MONICA Project ha completato la sua osservazione decennale. Più di 300.000 uomini e donne sono stati +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 9
  • 10. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it esaminati durante gli screenings e sono stati registrati 166.000 infarti del miocardio. Le località italiane partecipanti allo studio sono state Montegiorgio, in Italia Centrale, e Crevalcore, nel Nord Italia. Nei diversi paesi coinvolti nello studio MONICA, a fronte di valori simili di colesterolemia totale si riscontrano variazioni molto ampie della mortalità da CHD. Negli uomini, gli eventi coronarici fatali e non-fatali, registrati all'inizio dello studio (1985-1987), standardizzati per l'età, mostrano un intervallo di variazione di 12 volte dai 915 casi su 100.000 nella Nord Karelia (Finlandia) ai 76 casi/100.000 in Beijing (Cina); nelle donne l'intervallo di variazione è di 8.5 volte, da 256/100.000 a Glasgow (UK) a 30/100.000 in Catalogna (Spagna). Anche prendendo in considerazione altri due maggiori fattori di rischio, pressione arteriosa e fumo, nello studio MONICA rimangono inspiegabili oltre i 3/4 delle morti per CHD; questo sottolinea il fatto che l'incidenza delle malattie a base aterosclerotica, pur restando l'importanza dei tre maggiori fattori di rischio, è legata ad una più ampia costellazione di fattori sia aggressivi che protettivi. Colesterolemia in diversi paesi Il grafico accanto mostra che i valori medi di colesterolemia misurati subiscono variazioni anche significative da un paese all'altro: p. es. Stati Uniti 216 mg/dl, Italia 224 mg/dl, Francia 236 mg/dl. In Italia e in Francia i decessi per infarti cardiaci sono nettamente inferiori che negli Stati Uniti: certamente questa non è una correlazione che sostiene la tesi colesterolo alto ⇒ alto rischio d'infarto. La differenza (201 ... 244) di ben il 20% (tenendo però presenti le considerazioni generali sulle caratteristiche degli studi epidemiologici che confrontano dati di nazioni diverse) lascia pensare all'intervento di fattori molteplici (la cardiopatia ischemica e l'aterosclerosi hanno una eziologia multifattoriale) che si affianchino alla colesterolemia, incluse le differenze genetiche. Questa ipotesi trova conforto nella scoperta, a Limone sul Garda, di una mutazione genetica che aumenta l'efficienza del colesterolo HDL, tanto che si sta cercando di trovare un metodo di produzione del colesterolo mutato (detta HDL therapy) da usare come farmaco. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 10
  • 11. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Controversie sul colesterolo Contrariamente a quanto si pensa, non è il colesterolo introdotto con l'alimentazione ad aumentare la colesterolemia, ma il consumo di alcuni acidi grassi saturi, contenuti negli alimenti, anche se non tutti i grassi saturi agiscono nello stesso modo. L'OMS, nel suo quot;Food [4] and health in Europe: a new basis for actionquot; del 2004, sintetizza i risultati degli studi sul colesterolo e alimentazione: i grassi saturi influiscono, anche se in maniera diversa, sul livello del colestorolo LDL. Nel dettaglio: l'acido miristico, contenuto nel latte, è il più forte stimolatore della produzione di LDL l'acido laurico, contenuto negli olii e grassi da piante tropicali e nel latte in piccole quantità, l'acido palmitico, contenuto nei grassi animali (carne, pesce e molluschi) e in olii e grassi da piante tropicali, e alcuni acidi transsaturi sono forti stimolatori della produzione di LDL[5] l'acido stearico, contenuto nel grasso di manzo e nel lardo di suino, non aumenta il colesterolo LDL[6] In particolare, gli acidi transsaturi riducono l'apporto di acidi grassi polinsaturi, soprattutto di omega 3. Tali grassi sono generati soprattutto nell'idrogenazione dei grassi insaturi, processo utilizzato per la produzione di margarine industriali a partire da olii vegetali. Gli acidi polinsaturi riducono il rapporto LDL/HDL, mentre i monoinsaturi non hanno effetto[7]. È dunque la qualità dei grassi, e del rapporto LDL/HDL, e non il loro apporto totale, a determinare il fattore di rischio cardiovascolare da colesterolemia. Tuttavia, nonostante l'enorme mole di dati a favore dell'importanza della colesterolemia come fattore di rischio cardiovascolare, numerose pubblicazioni sottolineano il pericolo di una bassa colesterolemia o contestano il ruolo del colesterolo nello sviluppo della malattia aterosclerotica[8]. Al problema della bassa colesterolemia si è già accennato. Nella già citata metanalisi di Jacob (1992), gli uomini e, in minor misura le donne, con concentrazioni sieriche di colesterolo totale <4.2 mmol/l (160 mg/dL) (6° percentile) mostravano un aumento della mortalità totale circa il 10%-20% rispetto ai soggetti con valori compresi tra 4.2 e 5.2 mmol/L (160-199 mg/dL). Sebbene il problema sia reale e ancora irrisolto, l'eccesso di mortalità totale e per cancro potrebbe essere parzialmente spiegato dalla preesistenza di malattie subcliniche al basale e dalla coesistenza di altri fattori aggressivi sconosciuti o non misurati correlati sia alla bassa colesterolemia che alla mortalità. Ad esempio, nello studio prospettico Honolulu Heart Program, condotto su circa 8000 uomini di ascendenza giapponese, residenti a Oahu(Hawaii), nel follow-up a 16 anni, nei soggetti in cui la colesterolemia si era ridotta dai livelli medi a quelli bassi, vi era un maggior numero di morti per alcuni tipi di cancro, per malattie epatiche e per mortalità totale, mentre nei soggetti che avevano mantenuto una bassa colesterolemia stabile, tale eccesso di mortalità non era riscontrabile; dopo 23 anni di follow-up, negli +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 11
  • 12. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it individui con colesterolo totale <180 mg/dl, in assenza di elevato consumo di alcool, di fumo e di ipertensione la bassa colesterolemia non era associata né alla mortalità totale né a quella per cancro. D'altra parte, vanno menzionati i lavori di Iribarren, in cui una bassa colesterolemia era associata con rischio maggiore di alcune infezioni, specialmente del tratto urinario, nonché con un maggior rischio di ospedalizzazione per polmonite. Se esistono dubbi sul quot;pericoloquot; di una bassa colesterolemia quot;naturalequot;, diverso è il discorso della bassa colesterolemia ottenuta con il trattamento terapeutico: i più recenti studi con le statine hanno dimostrato che, in soggetti ad alto rischio cardiovascolare, valori anche molto bassi di LDL (70-80 mg/dl) si accompagnano a riduzione degli eventi cardiovascolari, senza che la mortalità totale aumenti oppure, come nel caso dello studio HPS, facendo registrare una sua diminuizione. Resta da chiarire se questi risultati dipendano dalla sola riduzione della colesterolemia o invece dall'azione pleiotropica delle statine o dall'insieme dei due fattori (vedi ipercolesterolemia). [9] Immich si è dedicato allo studio di Framingham e ha notato, nel 1997, che lo studio di Framingham parlava già negli anni sessanta di nessuna correlazione statisticamente significativa tra colesterolemia e sclerosi coronaria. La ricerca della Carelia è uno studio epidemiologico a intervento: il governo finlandese ha promosso uno studio (preoccupato dai tanti decessi cardiovascolari), intervenendo con delle misure nutrizionali: educazione alla salute: antifumo, antialcol e abbassamento farmaceutico della colesterolemia nella regione della Carelia del Nord, mentre in tutte le altre regioni non è stato fatto alcun intervento. Il risultato è stato una riduzione di circa il 20% di decessi per morte cardiovascolare. Per questo fatto lo studio viene spesso citato da coloro che sostengono e vogliono promuovere l'abbassamento del colesterolo per minimizzare i rischi cardiovascolari. Nello stesso lasso di tempo, però, nelle altre regioni della Finlandia, i decessi cardiovascolari si sono abbassati del 22%, come illustrato da Vartiainen (vedi fonti). Nessuno sa spiegarselo, sebbene le interpretazioni adotte possano apparire anche molto fantasiose. In base a queste e ad altre esperienze J. McCormick e P. Skrabanek sono arrivati alla conclusione che non è possibile prevenire le malattie cardiache coronariche con degli interventi sulla popolazione[10] +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 12
  • 13. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Valori di riferimento per la colesterolemia Colesterolo in lavoro normale, a cottimo e a catena I valori di riferimento per i parametri medici vengono normalmente rilevati da un campione di persone sane. Del parametro rilevato si determinano media aritmetica semplicem e la deviazione standard σx, una misura per la dispersione dei singoli valori. Il valore di riferimento è di solito m±2σx che include circa il 97% della popolazione sana. Esempio: per l'intera popolazione tedesca è m=210, σx=30: perciò l'intervallo di valori normali sarà 210 +/- 60 = da 150 a 270 ml/dl. Poiché questi valori quot;normaliquot; sono eccessivamente alti, per la determinazione dei livelli ottimali di colesterolemia nella Consensus Conference del 1984 e nelle successive linee guida ATP si è preferito seguire il criterio del rischio di CHD, per cui sono considerati elevati quei valori per i quali il rischio coronarico è elevato. Il quot;Pschyrembelquot;, la quot;bibbiaquot; dei medici tedeschi, dà un valore di riferimento colesterolemico da 115 a 220 ml/dl[11] Fondamentale comunque è la suddivisione tra frazione di colesterolo LDL e HDL: tanto più è favorevole alla prima, tanto più alto è il rischio di malattie cardiovascolari. Questo fatto è ben documentato da studi epidemiologici recenti, che non focalizzandosi solo su uno dei due tipi di colesterolo, guardano alla loro percentuale relativa e al colesterolo LDL totale. L'unione dei due parametri consente una buona predittività dei rischi di malattie cardiovascolari[12]. Stress e colesterolemia Come Timio dimostrò nel suo famoso studio[13], esiste una forte correlazione tra stress e colesterolemia. Pare che la colesterolemia aumenti con l'aumentare dei tipici ormoni di stress: adrenalina, noradrenalina e cortisolo. Pare che il cortisone promuova la lipolisi (il che aumenta la trigliceridemia) e nel medesimo tempo inibisca l'elaborazione di LDL da parte del fegato (il che fa aumentare la colesterolemia e peggiora la relazione HDL/LDL). +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 13
  • 14. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it I dati furono ripetutamente confermati da altri autori, tra i quali il cardiologo Rosenman[14]. In questa ottica è messa in dubbio la cura fatta con medicamenti ipolipidemizzanti. Forse la correlazione tra stress e colesterolemia spiega anche che l'effetto di tali medicamenti sulla mortalità è scarsa. Un altro approccio dubbioso è il consiglio di una modifica della dieta: secondo molti studi affidabili non ha effetto sulla colesterolemia, e inoltre è antiterapeutico, perché un cambiamento dietetico di solito è parecchio stressante (come ogni modifica di abitudini). Alimentazione e colesterolemia Consumo di colesterolo e colesterolemia Popoli che si nutrono prevalentemente di prodotti animali come gli Inuit delle regioni polari o i Masai delle steppe africane hanno delle colesterolemie minori di Europei o Statunitensi. Il Ministero della Salute Tedesco ha voluto conoscere con precisione questo dato per il proprio paese. Lo studio VERA del 1993, ha dimostrato che non esiste alcunacorrelazione tra consumo di colesterolo (latte, panna, uova, burro, grassi animali ecc.) e colesterolemia.[15] Il rapporto smentirebbe un'opinione diffusa secondo la quale la causa primaria del colesterolo alto sta nel consumo di alimenti contenenti colesterolo. Una persona che consumi cibi pieni di grassi saturi e oli idrogenati produrrà inevitabilmente più colesterolo. Le statine (assumibili in maniera naturale con il Riso Rosso Fermentato), inibiscono la produzione di ulteriore colesterolo nel fegato che avviene durante la digestione dei cibi grassi, riportando il tasso complessivo a livelli normali. L'approccio tradizionale è talora criticato perché agirebbe sui sintomi, e non sulla causa della malattia, laddove i cibi grassi introdotti con la dieta sarebbero metabolizzati in altro modo. I grassi saturi, in particolar modo l'acido miristico, aumentano il livello di LDL, mentre i trans-saturi inibiscono l'assorbimento [16] degli omega 3, i quali aumentano l'HDL . Ipercolesterolemia Un elevato valore di colesterolemia è solo un indice di sospetto per una ipercolesterolemia. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 14
  • 15. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Occorre controllare altri parametri ed eventuali segni clinici per diagnosticarla. L'ipercolesterolemia è una di sei malattie lipidemiche, un difetto dei ricettori nella membrana , cellulare, responsabili per lo scambio di colesterolo tra lipoproteine e cellula. Accade normalmente in età avanzata (come p. es. anche il diabete mellito II) Clinicamente la malattia si manifesta per xantomi tendinosi, xantelasmi e arcus lipoides cornae (un alone intorno alla pupilla). Dei parametri metabolici sono caratteristici per la ipercolesterolemia: low density lipoproteins (LDL) alti very low density lipoproteins (VLDL) normali beta-lipoproteine alti trigliceridi normali o elevati Come altre tre delle sei malattie del metabolismo dei lipidi coinvolge un alto rischio per aterosclerosi e va quindi curata. Fattori rischio per infarto del miocardio Malauguratamente il termine quot;ipercolesterolemiaquot; viene spesso usato ambiguamente (nelle nazioni benestanti) per indicare un valore di colesterol colesterolo aumentato. Partendo dalla discutibile deduzione quot;colesterolo => aterogenesi => infarto coronarioquot; viene fatta la deduzione inversa quot;prevenzione infarto coronario => prevenzione dell'aterogenesi => cura della colesterolemia elevataquot; (scientificamente un peccato mortale). Risulta un comportamento (non lege artis medicae) che si concentra esclusivamente sulla colesterolemia e non affronta più il discorso dell'aterogenesi e dei tanti dell'ateroge fattori rischio coinvolti, talvolta fatale per il paziente (vedi elenco accanto). L'ipotesi di un nesso tra colesterolemia e malattie aterogene (arteriosclerosi, infarti cardiaci) e la susseguente deduzione inversa hanno portato a una campagna di prevenzione che non ha campagna paragone nella medicina umana delle nazioni industrializzate. Dopo tanti anni si può ormai fare un bilancio, ed è deludente: una sventata morte cardiovascolare per terapia anticolesterolica costa (in Svizzera) circa 200.000 sFr. Le statistiche parlano chiaro: sono state osservate 1.000 ) persone con colesterolemia alta tra i 50 e 60 anni per 10 anni (secondo criteri clinici): metà +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 15
  • 16. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it era trattata con le solite statine, che abbassano la colesterolemia a valori ritenuti normali, l'altra metà non era trattata. I risultati erano i seguenti: Hanno subito una malattia cardiovascolare: Tra i non medicati 114 per mille Tra i medicati 80 per mille Malattie evitate 34 per mille in 10 anni I costi tra visite mediche, controlli e trattamenti sono stati circa 7.000.000 di franchi svizzeri (7.000 pro capite). Ripartito su 34 scampate malattie, il costo è stato di circa 200.000 Fr. per avvenimento impedito. Per paragone, il trattamento di un infarto cardiaco (evento non impedito) costa da 20.000 a 30.000 Fr. Fitosterine Fitosterine (sitosterolo, fitosteroli) sono sostanze lipidiche vegetali, strutturalmente simili al colesterolo animale. Si trovano in leguminacee come la soia, grano, noci, semi e in dosi rilevanti nei loro olii pressati a freddo. L'industria alimentare li usa in grande stile, specialmente l'olio di soia, in margarine e grassi industriali per pasti prefabbricati con l'indicazione quot;senza colesteroloquot; per la loro clientela salutistica e vegetariana. Questo fatto è sorprendente, e contro la legislazione alimentare della maggioranza di Stati industrializzati, perché: in malattie genetiche che biosintetizzano fitosterine al posto di colesterolo la sopravvivenza è ridotta si usa il sitosterolo come medicamento per prostata ipertrofica sitosteroli in dosi rilevanti aumentano notevolmente le malattie coronarie[17] Note 1. ^ M.W. King, S. Marchesini. (EN) Lipid digestion and Lipoproteins. 21 nov 2008. URL consultato il 2008-11-25. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 16
  • 17. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it 2. ^ A. Robertson et al. (a cura di) Food and health in Europe: a new basis for action (pdf) (in inglese) WHO Regional Publications - European Series N° 96, WHO, 2004. 25- 27 ISBN 928901363X 3. ^ Keys, A.B., Seven countries: a multivariate analysis of death and coronary heart disease., (in ingelse) Cambridge, Harvard University Press, 1980. 4. ^ A. Robertson et al. (a cura di) Food and health in Europe: a new basis for action (pdf) (in inglese) WHO Regional Publications - European Series N° 96, WHO, 2004. ISBN 928901363X 5. ^ Muller, H. et al. (2001). Serum cholesterol predictive equations with special emphasis on trans and saturated fatty acids: an analysis from designed controlled studies . Lipids (36): 783–791 (in en). 6. ^ YU, S. et al. (1995). Plasma cholesterol – predictive equations demonstrate that stearic acid is neutral and monounsaturated fatty acids are hypocholesterolemic . American journal of clinical nutrition (61): 1129–1139 (in en). 7. ^ A. Robertson et al. (a cura di) Food and health in Europe: a new basis for action (pdf) (in inglese) WHO Regional Publications - European Series N° 96, WHO, 2004. 24- 27 ISBN 928901363X 8. ^ (EN) The International Network of Cholesterol Skepticsquot; - News. URL consultato il 2008-25-11. 9. ^ H. Immich (1997). Cholesterin und Koronarsklerose . Versicherungsmedizin 49: p. 86 ss (in de). 10. ^ L'articolo è stato pubblicato nel Lancet, una delle più rinomate riviste scientifiche in campo medico. J. McCormick, P. Skrabanek (1988). Coronary heart disease is not preventable by population interventions . The Lancet (II): 839 ss. (in en). 11. ^ Willibald Pschyrembel, Pschyrembel®: Klinisches Wörterbuch , Berlino, Walter de Gruyter GmbH & Co., ISBN 3110181711 - ISBN 9783110176216 12. ^ A. Robertson et al. (a cura di) Food and health in Europe: a new basis for action (pdf) (in inglese) WHO Regional Publications - European Series N° 96, WHO, 2004. ISBN 928901363X 13. ^ Timio, M, Stress e cardiopatie, Roma, Lombardo Editore, 1980. 14. ^ Rosenman R.H. (1993). Psycological Influence on the Variability of Plasma Colesterol . Homeostasis (34): 129 - 136 (in en). 15. ^ M. Kohlmeier et al., Verbreitung von klinisch-chemischen Risikofaktoren, (in tedesco) Niederkleen, VERA-Schriftenreihe Band VII, 1993. 16. ^ A. Robertson et al. (a cura di) Food and health in Europe: a new basis for action (pdf) (in inglese) WHO Regional Publications - European Series N° 96, 17. WHO, 2004. 25-27 ISBN 928901363X +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 17
  • 18. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it 18. ^ Assmann G. et al (2006). Plasma sitosterol elevations are associated with an increased incidence of coronary events in men. . Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases (16): pp. 13-21. Bibliografia Pollmer U., Warmuth S., Lexikon der populären Ernährungsirrtümer, (in inglese) Weltbild, 2003. ISBN 3-8289-1930-8 E. Vartiainen et al. (1994). Twenty-year trends in coronary risk factors in North Karelia and in other areas of Finland . International Journal of Epidemiology (23): p. 495. M. Kohlmeier et al., Verbreitung von klinisch-chemischen Risikofaktoren, (in tedesco) Niederkleen, VERA-Schriftenreihe Band VII, 1993. Jacobs et al. (1992). Report of of the conference of low blood cholesterol. Mortality associations. . Circulation (86): p. 1046. Willibald Pschyrembel, Pschyrembel®: Klinisches Wörterbuch , Berlino, Walter de Gruyter GmbH & Co., ISBN 3110181711 - ISBN 9783110176216 Voci correlate Acido pantotenico Aterosclerosi Bile Colelitiasi Determinazione del colesterolo Ipercolesterolemia Infarto del miocardio Metabolismo dei lipidi Niacina Perossisoma Steroli Collegamenti esterni www.LDLHDL.info Informazione in Inglese Mutazione di Limone Ministero della Salute: ipolipemizzanti (EN) Medical Crossfire - Lipid/Metabolic. URL consultato il 25-11-2008. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 18
  • 19. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it (EN) Medical Crossfire - Hot Topics in Hypercholesterolemia: Impact of Recent Clinical Trial Data on Clinical Practice. URL consultato il 25-11-2008. (EN) Conference on the Science and Policy of Performance-Enhancing Products Final Report (pdf), pp. 40. gennaio 2002. URL consultato il 25-11-2008. Rapporto in cui si cita l'effetto dell'androstenedione sull'HDL +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 19