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Urbino, 6 aprile 1483
Roma, 6 aprile 1520
1494
Quando Raffaello aveva undici anni, morì il
padre. In quell'anno Raffaello ne ereditò
l'attività, assieme ad alcuni collaboratori e
contemporaneamente inizia la
collaborazione con la bottega del Perugino,
a Perugia vide, con molta probabilità, per la
prima volta le grottesche, dipinte sul soffitto
del Collegio, che entrarono in seguito nel
suo repertorio iconografico.
Grottesche nella Loggetta del cardinal
Bibbiena
1483, “in venerdì santo, alle tre di notte,
d'un Giovanni de' Santi, pittore non meno
eccellente, ma sì bene uomo di buono
ingegno, e atto a indirizzare i figli per quella
buona via, che a lui, per mala fortuna sua,
non era stata mostra nella sua bellissima
gioventù”
Maria è seduta di profilo entro una nicchia, col
Bambino addormentato in grembo,
teneramente accarezzato da un abbraccio.
Essa è rappresentata fino alle ginocchia, ed è
intenta alla lettura di un libro posto su di un
leggio davanti a lei. L'ombra nella nicchia
evidenzia il profilo, che rimanda ad esempi
fiorentini della metà del XV secolo, filtrati
probabilmente da Piero della Francesca, che
tanto aveva lavorato a Urbino. La stessa
atmosfera rarefatta, i colori chiari e tersi,
l'attenzione alla luce, rimandano ai modelli che
circolavano allora alla corte urbinate. Sembra
preannunciare poi gli stilemi dell'arte matura di
Raffaello l'intimità tra madre e figlio, il modo di
legare le due figure - anche con la
contrapposizione di tonalità chiare e scure - e il
naturale atteggiamento di Gesù, teneramente
addormentato mentre sta accovacciato in
grembo.
La Madonna di Casa Santi, datata al 1498, è la
prima opera nota di Raffaello
Raffaello apprese probabilmente i primi
insegnamenti di disegno e pittura dal padre,
che almeno dagli anni ottanta era a capo di
una fiorente bottega, impegnata nella
creazione di opere per l'aristocrazia locale e
per la famiglia ducale, come la serie
delle Muse per il tempietto del palazzo
Ducale
Autoritratto 1507
A Città di Castello l'artista lasciò almeno
altre due opere di rilievo, tra cui
la Crocifissione Gavari, visibile al lato.
1502-1503
Nel 1499 Raffaello, sedicenne, si trasferì con gli aiuti
della bottega paterna a Città di Castello, dove ricevette
la sua prima commissione indipendente: lo stendardo
della Santissima Trinità per una confraternita locale.
La tavola mostra una Sacra Conversazione con
la Madonna col Bambino, san Giovannino e i
santi Pietro, Caterina d'Alessandria, Margherita
e Paolo (169x169,5 cm), sormontata da una
lunetta con l'Eterno tra due angeli (73x168 cm).
La sacra conversazione della tavola centrale
mostra una scioltezza che ha fatto pensare alle
opere del periodo fiorentino, con il gruppo
centrale raccolto attorno alla figura di Maria in
trono e il vivace colloquio tra i due fanciulli.
Dietro Maria si trova un panno steso di ricco
broccato, espediente che rimanda alla scuola
veneta. L'influenza di Perugino si riscontra
ancora forte nelle pose flessuose delle sue
sante, col capo ritmicamente inclinato; al
contempo però Raffaello si allontanava dal
maestro rendendo maggiormente i volumi e
trattando i colori in maniera diversa, più intensi
e con una maggiore profondità delle sfumature.
Particolarmente innovativi sono i santi in primo
piano, che rimandano alla conoscenza delle
opere di Giovanni Bellini e Fra Bartolomeo. Essi
hanno gli sguardi messi in risalto e danno la
singolare sensazione di percepire lo spettatore,
pur senza fissarlo direttamente.
Pala Colonna 1503-1505
L
Sposalizio della Vergine
Verso il 1503 l'artista intraprese una serie di
brevi viaggi che lo portarono ai primi
contatti con importanti realtà artistiche
dell’epoca. Oltre alle città umbre e alla
nativa Urbino, visitò quasi sicuramente
Firenze, Roma (dove assistette alla
consacrazione di Giulio II) e Siena.
Francesco Maria Della Rovere _1503
A Siena fu invitato da Pinturicchio, con il
quale era legato da una stretta amicizia. Il
pittore più anziano invitò Raffaello a
collaborare agli affreschi della Libreria
Piccolomini (voluta dal futuro papa Paolo
III), fornendo dei cartoni che svecchiassero
il suo stile ormai in una fase di declino,
come si vede nei precedenti affreschi
della Cappella Baglioni a Spello
Nel clima artistico fiorentino, fervente più
che mai, Raffaello strinse rapporti
d'amicizia con altri artisti, tra cui : Ridolfo
del Ghirlandaio, Antonio da
Sangallo, Andrea Sansovino Probabilmente
sperava in qualche commissione ufficiale ,
ma il gonfaloniere era in ristrettezze
economiche per il recente esborso per
acquistare il David di Michelangelo e i
grandiosi progetti per la Sala del Gran
Consiglio. Nonostante ciò non passò molto
tempo che l'artista riuscì a garantirsi
commissioni da alcuni facoltosi cittadini,
come Lorenzo Nasi, per il quale dipinse la
Madonna del Cardellino.
Il soggiorno fiorentino fu di fondamentale importanza nella formazione di Raffaello, permettendogli di approfondire lo studio dei modelli
quattrocenteschi (Masaccio e Donatello) nonché delle ultime conquiste dei contemporanei maestri: Leonardo e Michelangelo. Dal
primo apprese i principi compositivi per creare gruppi di figure strutturati plasticamente nello spazio, mentre sorvolò sulle complesse
allusioni e implicazioni simboliche, sostituendo l'indefinito psicologico a sentimenti più spontanei e naturali. Da Michelangelo invece
assimilò il chiaroscuro plastico, la ricchezza cromatica e il senso dinamico delle figure
Celebre è la serie delle Madonne col
Bambino che a Firenze raggiunge nuovi
vertici. Per famiglie fiorentine della
borghesia medio-alta Raffaello dipinse
alcuni capolavori assoluti, come alcuni
gruppi di Madonne a tutta figura col
Bambino e san Giovannino: la Bella
giardiniera, la Madonna del Cardellino e
la Madonna del Belvedere.
La bella giardiniera
Le composizioni divengono via via più
complesse e articolate, senza però mai
rompere quel senso di idilliaca armonia che,
unita alla perfetta padronanza dei mezzi
pittorici, fanno di ciascuna opera un
autentico capolavoro. Nella Sacra Famiglia
Canigiani, databile al 1507 circa, quindi
quasi alla fine del soggiorno fiorentino, le
espressioni e i gesti si intrecciano con
sorprendente varietà, che riesce a rendere
sublimi e poetici dei momenti tratti dalla
quotidianità particolare
Al periodo fiorentino appartengono alcuni
ritratti nei quali è manifesta l'influenza di
Leonardo: la Donna gravida, Agnolo
Doni e Maddalena Strozzi, la Dama col
liocorno e la Muta. Ad esempio in quello di
Maddalena Strozzi è evidente
l'impostazione a mezza figura nel
paesaggio, con le mani conserte, derivata
dalla Gioconda, ma con risultati quasi
antitetici, in cui prevalgono la descrizione
dei lineamenti fisici, dell'abbigliamento, dei
gioielli, e la luminosità del paesaggio,
scevra dal complesso mondo di significati
simbolici ed allusivi di Leonardo
Opera cruciale di questa fase è la Pala
Baglioni (1507) In quest'opera Raffaello
fuse il senso tragico della morte con il vitale
slancio del turbamento, con una
composizione estremamente monumentale,
drammatica e dinamica, ma bilanciata con
cura, in cui si notano ormai evidenti spunti
michelangioleschi, nella ricerca plastica e
coloristica, e dell'antico, in particolare dalla
rappresentazione della Morte di
Melagro che l'artista aveva potuto vedere
durante un probabile viaggio formativo a
Roma nel 1506
Verso la fine del 1508 per Raffaello arrivò la
chiamata a Roma che cambiò la sua vita. In
quel periodo infatti papa Giulio II aveva
messo in atto una straordinaria opera di
rinnovo urbanistico e artistico della città in
generale e del Vaticano in particolare,
chiamando a sé i migliori artisti sulla piazza,
tra cui Michelangelo e Donato Bramante.
Fu proprio Bramante, secondo la
testimonianza di Vasari, a suggerire al papa
il nome del conterraneo Raffaello
Ritratto di Giulio II
Nella decorazione delle stanze, affiancò una squadra di pittori provenienti da tutta Italia (il Sodoma, Bramantino, Baldassarre
Peruzzi, Lorenzo Lotto e altri) per la decorazione, da poco avviata, dei nuovi appartamenti papali. Le sue prove nella volta della prima,
poi detta Stanza della Segnatura, piacquero così tanto al papa che decise di affidargli, fin dal 1509, tutta la decorazione, a costo
anche di distruggere quanto già era stato fatto, sia ora che nel Quattrocento (tra cui gli affreschi di Piero della Francesca)
Sarebbe stato lo stesso pontefice a fornire il complesso programma iconografico adottato nella prima sala che ospitava la
sua biblioteca e che contiene le allegorie delle Quattro discipline contemplate dalla Scolastica medioevale, la Teologia, la
Filosofia, il Diritto e la Poesia (sostitutiva quest’ultima della Medicina).
La scena è una rappresentazione del monte Parnaso, che secondo la mitologia greca è la dimora delle Muse. Sulla sommità
del colle, nei pressi della fonte Castalia, Apollo, coronato di alloro e al centro della composizione, suona una lira da braccio,
circondato dalle Muse. Ai suoi lati si vedono Calliope ed Erato, che presiedono il coro delle altre: a sinistra dietro Calliope,
Talia, Clio ed Euterpe; a destra dietro Erato, Polimnia, Melpomene, Tersicore e Urania.
Il programma decorativo della successiva stanza, destinata a sala delle Udienze e poi detta di Eliodoro dal nome di uno
degli affreschi, tenne conto della particolare situazione politica: venne deciso infatti di realizzare scene legate al
superamento delle difficoltà della Chiesa grazie all'intervento divino.
Nella terza stanza, l'unica parete con l’intervento diretto del maestro, è quella dell'Incendio di Borgo (1514) in cui iniziano ad essere evidenti i
debiti verso il dinamismo turbinoso degli affreschi di Michelangelo, reinterpretati però con altri riferimenti, fino a generare un nuovo
"classicismo", scenografico e monumentale, ma dotato anche di grazia e armonia.
La storiografia artistica ha per lungo tempo trascurato la portata dell’opera di Raffaello architetto. Quando Raffaello decise di accettare l'incarico di
soprintendente ai lavori della basilica di San Pietro, aveva alle spalle alcune esperienze in questo campo: per Agostino Chigi aveva curato le
cosiddette "Scuderie" di villa Farnesina (distrutte) e la cappella funeraria in Santa Maria del Popolo. La Cappella Chigi ad esempio riproduce in
piccolo la pianta centrale dei quattro piloni angolari di San Pietro, ma aggiornati a modelli antichi come il Pantheon e tendenzialmente
decorati con maggiore ricchezza e vivacità, con connessioni armoniose alle strutture architettoniche. Raffaello si dedicò al cantiere di
San Pietro con entusiasmo, ma anche con un certo timore. Da una pianta attribuita a Raffaello si distingue una navata di cinque
campate, con navate laterali, che viene posta davanti allo spazio cupolato bramantesco;
La Loggia di Raffaello è un ambiente del
secondo piano del Palazzo Apostolico, nella
Città del Vaticano, confinante con le Stanze
e facente parte del complesso delle Logge.
È celebre per un ciclo di affreschi della
scuola di Raffaello riproducenti decorazioni
con storie bibliche e grottesche, databile tra
la fine del 1517 o il 1518 e il 1519.
Tra il 1514 e il 1516 dipinse due pale d'altare: l'Estasi di Santa Cecilia a Bologna e la Madonna Sistina in cui pone in essere radicali trasformazioni sul tema della
pala d'altare, all'insegna di un sempre più profondo coinvolgimento dello spettatore. Celeberrima la Madonna Sistina (1513-1514), dove una tenda scostata e
una balaustra fanno da cornice a un'apparizione terrena di Maria, scalza e priva di aureola, ma resa sovrannaturale dall'area luminosa che la circonda. Attorno a
essa due santi guardano e indicano fuori dalla pala, come a voler introdurre gli invisibili fedeli a Maria, verso i quali essa sembra incedere, miracolosamente
immota ma spinta da un vento che le agita la veste. Anche i due angioletti pensosi, appoggiati in basso, hanno il ruolo di mettere in connessione la sfera terrena
e reale con quella celeste e dipinta[45]. Punto di arrivo è la pala con l'Estasi di santa Cecilia (1514), tutta giocata su un'impalpabile presenza del divino,
interiorizzato dallo stato estatico della santa che rinuncia alla musica terrena, raffigurata nella straordinaria natura morta di vecchi strumenti musicali ai suoi
piedi, in favore della musica eterna e celeste dell'apparizione del coro di angeli in alto[45]
Contemporaneamente eseguì alcuni ritratti di personaggi illustri tra i quali il ritratto di Baldassarre Castiglione e il doppio ritratto che si trova alla
galleria Doria a Roma. L’opera raffigura con tutta probabilità i due letterati veneti Agostino Beazzano e Andrea Navagero, ritratti con straordinaria
abilità, durante un viaggio a Roma nel 1516, dove dovettero conoscere Raffaello. Il capolavoro appartenne a Pietro Bembo che probabilmente lo
commissionò. Il quadro dovette far scalpore fra gli uomini illustri del mondo veneziano contemporaneo e veneziano è lo stile adottato da Raffaello
con straordinaria sicurezza. La tavolozza vibrante ed intensa e l’illuminazione fortemente contrastate delle due figure, hanno fatto pensare ad
un’influenza o partecipazione all’impresa di Sebastiano dal Piombo.
L'identità della modella è controversa, prevale tuttora l'identificazione con Margherita Luti, figlia di un fornaio di Trastevere in contrada Santa Dorotea, amante
di Raffaello ma un accurato studio di Giuliano Pisani ha mostrato come il termine “Fornarina”, con cui il ritratto a busto scoperto è conosciuto, rimandi a una
tradizione linguistica consolidata, già in età antica in cui “forno” e derivati indicano metaforicamente l’organo sessuale femminile e le pratiche connesse
all'accoppiamento. La domanda corretta che ci si deve porre, secondo lo studioso, non è “chi sia” la Fornarina ma quale sia il soggetto del dipinto, che cosa
rappresenti. Pisani, attraverso opportuni confronti (in particolare con Tiziano, Amor sacro e amor profano, ipotizza che Raffaello, sulla scorta di Marsilio Ficino e
di Pietro Bembo, ritragga nella Fornarina la Venere celeste, l’amore che eleva gli spiriti alla ricerca della verità attraverso l’idea sublimata della bellezza, e che si
distingue dall’altra Venere, quella terrestre, forza generatrice della natura, che guarda alla bellezza terrena e ha come fine la procreazione. Alla Fornarina
corrisponderebbe in tal senso la Velata, identificata come Venere terrestre, sposa e madre[11].
Lo stemma sulla fronte del sarcofago ha permesso di legare l'opera alle nozze avvenute nel maggio del 1514, tra il veneziano Niccolò
Aurelio, segretario del Consiglio dei Dieci, che nel 1523 sarebbe diventato gran cancelliere di Venezia, e Laura Bagarotto, figlia del
giureconsulto patavino Bertuccio Bagarotto, giustiziato il primo dicembre 1509 in piazza san Marco con l'accusa di aver tradito la
Serenissima al tempo della conquista di Padova da parte dell'imperatore Massimiliano I d'Asburgo nel giugno del 1509
Sotto il pontificato di Leone X, Raffaello ricevette anche l'incarico di custodia e registrazione dei marmi antichi, che lo portò a condurre un attento
studio delle vestigia antiche, per esempio esaminando le strutture e gli elementi architettonici del Pantheon come nessuno aveva fatto fino a quel
momento
Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi
La Trasfigurazione, ultima opera di Raffaello, alla sua morte era ancora incompleta e fu portata a termine da Giulio Romano nella parte inferiore.
Opera dinamica e innovativa, con uno straordinario uso della luce, ci mostra due zone circolari sovrapposte, legate da molteplici rimandi di mimica
e gesti. La forza drammatica è determinata dal contrasto tra la composizione simmetrica della parte superiore e la concitata gestualità e le
dissonanze di quella inferiore, che si raccordano sull'asse verticale fino all'epifania divina, che scioglie tutti i drammi.
Raffaello morì a soli 37 anni, nel giorno di Venerdì Santo. Secondo Vasari la morte sopraggiunse dopo quindici giorni di malattia,
iniziata con una febbre "continua e acuta", causata secondo il biografo da "eccessi amorosi", e infelicemente curata con ripetuti
salassi. Pietro Bembo scrisse l'epitaffio:
«Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci, rerum magna parens et moriente mori»
Nostro Signore (Papa Leone X) con
l'onorarmi m'ha messo un gran peso sopra
spalle. Questo è la cura della fabrica di S
Pietro. Spero bene di non cadervici sotto, e
tanto più quanto il modello ch'io nho' fatto
piace a Sua Santità et è lodato da molti belli
ingegni. Ma io mi levo col pensier più alto.
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Lettera di Raffaello a B. Castiglione

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  • 1. Urbino, 6 aprile 1483 Roma, 6 aprile 1520
  • 2. 1494 Quando Raffaello aveva undici anni, morì il padre. In quell'anno Raffaello ne ereditò l'attività, assieme ad alcuni collaboratori e contemporaneamente inizia la collaborazione con la bottega del Perugino, a Perugia vide, con molta probabilità, per la prima volta le grottesche, dipinte sul soffitto del Collegio, che entrarono in seguito nel suo repertorio iconografico. Grottesche nella Loggetta del cardinal Bibbiena
  • 3. 1483, “in venerdì santo, alle tre di notte, d'un Giovanni de' Santi, pittore non meno eccellente, ma sì bene uomo di buono ingegno, e atto a indirizzare i figli per quella buona via, che a lui, per mala fortuna sua, non era stata mostra nella sua bellissima gioventù” Maria è seduta di profilo entro una nicchia, col Bambino addormentato in grembo, teneramente accarezzato da un abbraccio. Essa è rappresentata fino alle ginocchia, ed è intenta alla lettura di un libro posto su di un leggio davanti a lei. L'ombra nella nicchia evidenzia il profilo, che rimanda ad esempi fiorentini della metà del XV secolo, filtrati probabilmente da Piero della Francesca, che tanto aveva lavorato a Urbino. La stessa atmosfera rarefatta, i colori chiari e tersi, l'attenzione alla luce, rimandano ai modelli che circolavano allora alla corte urbinate. Sembra preannunciare poi gli stilemi dell'arte matura di Raffaello l'intimità tra madre e figlio, il modo di legare le due figure - anche con la contrapposizione di tonalità chiare e scure - e il naturale atteggiamento di Gesù, teneramente addormentato mentre sta accovacciato in grembo. La Madonna di Casa Santi, datata al 1498, è la prima opera nota di Raffaello
  • 4. Raffaello apprese probabilmente i primi insegnamenti di disegno e pittura dal padre, che almeno dagli anni ottanta era a capo di una fiorente bottega, impegnata nella creazione di opere per l'aristocrazia locale e per la famiglia ducale, come la serie delle Muse per il tempietto del palazzo Ducale Autoritratto 1507
  • 5. A Città di Castello l'artista lasciò almeno altre due opere di rilievo, tra cui la Crocifissione Gavari, visibile al lato. 1502-1503
  • 6. Nel 1499 Raffaello, sedicenne, si trasferì con gli aiuti della bottega paterna a Città di Castello, dove ricevette la sua prima commissione indipendente: lo stendardo della Santissima Trinità per una confraternita locale. La tavola mostra una Sacra Conversazione con la Madonna col Bambino, san Giovannino e i santi Pietro, Caterina d'Alessandria, Margherita e Paolo (169x169,5 cm), sormontata da una lunetta con l'Eterno tra due angeli (73x168 cm). La sacra conversazione della tavola centrale mostra una scioltezza che ha fatto pensare alle opere del periodo fiorentino, con il gruppo centrale raccolto attorno alla figura di Maria in trono e il vivace colloquio tra i due fanciulli. Dietro Maria si trova un panno steso di ricco broccato, espediente che rimanda alla scuola veneta. L'influenza di Perugino si riscontra ancora forte nelle pose flessuose delle sue sante, col capo ritmicamente inclinato; al contempo però Raffaello si allontanava dal maestro rendendo maggiormente i volumi e trattando i colori in maniera diversa, più intensi e con una maggiore profondità delle sfumature. Particolarmente innovativi sono i santi in primo piano, che rimandano alla conoscenza delle opere di Giovanni Bellini e Fra Bartolomeo. Essi hanno gli sguardi messi in risalto e danno la singolare sensazione di percepire lo spettatore, pur senza fissarlo direttamente. Pala Colonna 1503-1505 L
  • 8. Verso il 1503 l'artista intraprese una serie di brevi viaggi che lo portarono ai primi contatti con importanti realtà artistiche dell’epoca. Oltre alle città umbre e alla nativa Urbino, visitò quasi sicuramente Firenze, Roma (dove assistette alla consacrazione di Giulio II) e Siena. Francesco Maria Della Rovere _1503
  • 9. A Siena fu invitato da Pinturicchio, con il quale era legato da una stretta amicizia. Il pittore più anziano invitò Raffaello a collaborare agli affreschi della Libreria Piccolomini (voluta dal futuro papa Paolo III), fornendo dei cartoni che svecchiassero il suo stile ormai in una fase di declino, come si vede nei precedenti affreschi della Cappella Baglioni a Spello
  • 10. Nel clima artistico fiorentino, fervente più che mai, Raffaello strinse rapporti d'amicizia con altri artisti, tra cui : Ridolfo del Ghirlandaio, Antonio da Sangallo, Andrea Sansovino Probabilmente sperava in qualche commissione ufficiale , ma il gonfaloniere era in ristrettezze economiche per il recente esborso per acquistare il David di Michelangelo e i grandiosi progetti per la Sala del Gran Consiglio. Nonostante ciò non passò molto tempo che l'artista riuscì a garantirsi commissioni da alcuni facoltosi cittadini, come Lorenzo Nasi, per il quale dipinse la Madonna del Cardellino.
  • 11. Il soggiorno fiorentino fu di fondamentale importanza nella formazione di Raffaello, permettendogli di approfondire lo studio dei modelli quattrocenteschi (Masaccio e Donatello) nonché delle ultime conquiste dei contemporanei maestri: Leonardo e Michelangelo. Dal primo apprese i principi compositivi per creare gruppi di figure strutturati plasticamente nello spazio, mentre sorvolò sulle complesse allusioni e implicazioni simboliche, sostituendo l'indefinito psicologico a sentimenti più spontanei e naturali. Da Michelangelo invece assimilò il chiaroscuro plastico, la ricchezza cromatica e il senso dinamico delle figure
  • 12. Celebre è la serie delle Madonne col Bambino che a Firenze raggiunge nuovi vertici. Per famiglie fiorentine della borghesia medio-alta Raffaello dipinse alcuni capolavori assoluti, come alcuni gruppi di Madonne a tutta figura col Bambino e san Giovannino: la Bella giardiniera, la Madonna del Cardellino e la Madonna del Belvedere. La bella giardiniera
  • 13. Le composizioni divengono via via più complesse e articolate, senza però mai rompere quel senso di idilliaca armonia che, unita alla perfetta padronanza dei mezzi pittorici, fanno di ciascuna opera un autentico capolavoro. Nella Sacra Famiglia Canigiani, databile al 1507 circa, quindi quasi alla fine del soggiorno fiorentino, le espressioni e i gesti si intrecciano con sorprendente varietà, che riesce a rendere sublimi e poetici dei momenti tratti dalla quotidianità particolare
  • 14. Al periodo fiorentino appartengono alcuni ritratti nei quali è manifesta l'influenza di Leonardo: la Donna gravida, Agnolo Doni e Maddalena Strozzi, la Dama col liocorno e la Muta. Ad esempio in quello di Maddalena Strozzi è evidente l'impostazione a mezza figura nel paesaggio, con le mani conserte, derivata dalla Gioconda, ma con risultati quasi antitetici, in cui prevalgono la descrizione dei lineamenti fisici, dell'abbigliamento, dei gioielli, e la luminosità del paesaggio, scevra dal complesso mondo di significati simbolici ed allusivi di Leonardo
  • 15. Opera cruciale di questa fase è la Pala Baglioni (1507) In quest'opera Raffaello fuse il senso tragico della morte con il vitale slancio del turbamento, con una composizione estremamente monumentale, drammatica e dinamica, ma bilanciata con cura, in cui si notano ormai evidenti spunti michelangioleschi, nella ricerca plastica e coloristica, e dell'antico, in particolare dalla rappresentazione della Morte di Melagro che l'artista aveva potuto vedere durante un probabile viaggio formativo a Roma nel 1506
  • 16. Verso la fine del 1508 per Raffaello arrivò la chiamata a Roma che cambiò la sua vita. In quel periodo infatti papa Giulio II aveva messo in atto una straordinaria opera di rinnovo urbanistico e artistico della città in generale e del Vaticano in particolare, chiamando a sé i migliori artisti sulla piazza, tra cui Michelangelo e Donato Bramante. Fu proprio Bramante, secondo la testimonianza di Vasari, a suggerire al papa il nome del conterraneo Raffaello Ritratto di Giulio II
  • 17.
  • 18. Nella decorazione delle stanze, affiancò una squadra di pittori provenienti da tutta Italia (il Sodoma, Bramantino, Baldassarre Peruzzi, Lorenzo Lotto e altri) per la decorazione, da poco avviata, dei nuovi appartamenti papali. Le sue prove nella volta della prima, poi detta Stanza della Segnatura, piacquero così tanto al papa che decise di affidargli, fin dal 1509, tutta la decorazione, a costo anche di distruggere quanto già era stato fatto, sia ora che nel Quattrocento (tra cui gli affreschi di Piero della Francesca)
  • 19. Sarebbe stato lo stesso pontefice a fornire il complesso programma iconografico adottato nella prima sala che ospitava la sua biblioteca e che contiene le allegorie delle Quattro discipline contemplate dalla Scolastica medioevale, la Teologia, la Filosofia, il Diritto e la Poesia (sostitutiva quest’ultima della Medicina).
  • 20. La scena è una rappresentazione del monte Parnaso, che secondo la mitologia greca è la dimora delle Muse. Sulla sommità del colle, nei pressi della fonte Castalia, Apollo, coronato di alloro e al centro della composizione, suona una lira da braccio, circondato dalle Muse. Ai suoi lati si vedono Calliope ed Erato, che presiedono il coro delle altre: a sinistra dietro Calliope, Talia, Clio ed Euterpe; a destra dietro Erato, Polimnia, Melpomene, Tersicore e Urania.
  • 21. Il programma decorativo della successiva stanza, destinata a sala delle Udienze e poi detta di Eliodoro dal nome di uno degli affreschi, tenne conto della particolare situazione politica: venne deciso infatti di realizzare scene legate al superamento delle difficoltà della Chiesa grazie all'intervento divino.
  • 22. Nella terza stanza, l'unica parete con l’intervento diretto del maestro, è quella dell'Incendio di Borgo (1514) in cui iniziano ad essere evidenti i debiti verso il dinamismo turbinoso degli affreschi di Michelangelo, reinterpretati però con altri riferimenti, fino a generare un nuovo "classicismo", scenografico e monumentale, ma dotato anche di grazia e armonia.
  • 23. La storiografia artistica ha per lungo tempo trascurato la portata dell’opera di Raffaello architetto. Quando Raffaello decise di accettare l'incarico di soprintendente ai lavori della basilica di San Pietro, aveva alle spalle alcune esperienze in questo campo: per Agostino Chigi aveva curato le cosiddette "Scuderie" di villa Farnesina (distrutte) e la cappella funeraria in Santa Maria del Popolo. La Cappella Chigi ad esempio riproduce in piccolo la pianta centrale dei quattro piloni angolari di San Pietro, ma aggiornati a modelli antichi come il Pantheon e tendenzialmente decorati con maggiore ricchezza e vivacità, con connessioni armoniose alle strutture architettoniche. Raffaello si dedicò al cantiere di San Pietro con entusiasmo, ma anche con un certo timore. Da una pianta attribuita a Raffaello si distingue una navata di cinque campate, con navate laterali, che viene posta davanti allo spazio cupolato bramantesco;
  • 24. La Loggia di Raffaello è un ambiente del secondo piano del Palazzo Apostolico, nella Città del Vaticano, confinante con le Stanze e facente parte del complesso delle Logge. È celebre per un ciclo di affreschi della scuola di Raffaello riproducenti decorazioni con storie bibliche e grottesche, databile tra la fine del 1517 o il 1518 e il 1519.
  • 25. Tra il 1514 e il 1516 dipinse due pale d'altare: l'Estasi di Santa Cecilia a Bologna e la Madonna Sistina in cui pone in essere radicali trasformazioni sul tema della pala d'altare, all'insegna di un sempre più profondo coinvolgimento dello spettatore. Celeberrima la Madonna Sistina (1513-1514), dove una tenda scostata e una balaustra fanno da cornice a un'apparizione terrena di Maria, scalza e priva di aureola, ma resa sovrannaturale dall'area luminosa che la circonda. Attorno a essa due santi guardano e indicano fuori dalla pala, come a voler introdurre gli invisibili fedeli a Maria, verso i quali essa sembra incedere, miracolosamente immota ma spinta da un vento che le agita la veste. Anche i due angioletti pensosi, appoggiati in basso, hanno il ruolo di mettere in connessione la sfera terrena e reale con quella celeste e dipinta[45]. Punto di arrivo è la pala con l'Estasi di santa Cecilia (1514), tutta giocata su un'impalpabile presenza del divino, interiorizzato dallo stato estatico della santa che rinuncia alla musica terrena, raffigurata nella straordinaria natura morta di vecchi strumenti musicali ai suoi piedi, in favore della musica eterna e celeste dell'apparizione del coro di angeli in alto[45]
  • 26. Contemporaneamente eseguì alcuni ritratti di personaggi illustri tra i quali il ritratto di Baldassarre Castiglione e il doppio ritratto che si trova alla galleria Doria a Roma. L’opera raffigura con tutta probabilità i due letterati veneti Agostino Beazzano e Andrea Navagero, ritratti con straordinaria abilità, durante un viaggio a Roma nel 1516, dove dovettero conoscere Raffaello. Il capolavoro appartenne a Pietro Bembo che probabilmente lo commissionò. Il quadro dovette far scalpore fra gli uomini illustri del mondo veneziano contemporaneo e veneziano è lo stile adottato da Raffaello con straordinaria sicurezza. La tavolozza vibrante ed intensa e l’illuminazione fortemente contrastate delle due figure, hanno fatto pensare ad un’influenza o partecipazione all’impresa di Sebastiano dal Piombo.
  • 27. L'identità della modella è controversa, prevale tuttora l'identificazione con Margherita Luti, figlia di un fornaio di Trastevere in contrada Santa Dorotea, amante di Raffaello ma un accurato studio di Giuliano Pisani ha mostrato come il termine “Fornarina”, con cui il ritratto a busto scoperto è conosciuto, rimandi a una tradizione linguistica consolidata, già in età antica in cui “forno” e derivati indicano metaforicamente l’organo sessuale femminile e le pratiche connesse all'accoppiamento. La domanda corretta che ci si deve porre, secondo lo studioso, non è “chi sia” la Fornarina ma quale sia il soggetto del dipinto, che cosa rappresenti. Pisani, attraverso opportuni confronti (in particolare con Tiziano, Amor sacro e amor profano, ipotizza che Raffaello, sulla scorta di Marsilio Ficino e di Pietro Bembo, ritragga nella Fornarina la Venere celeste, l’amore che eleva gli spiriti alla ricerca della verità attraverso l’idea sublimata della bellezza, e che si distingue dall’altra Venere, quella terrestre, forza generatrice della natura, che guarda alla bellezza terrena e ha come fine la procreazione. Alla Fornarina corrisponderebbe in tal senso la Velata, identificata come Venere terrestre, sposa e madre[11].
  • 28.
  • 29. Lo stemma sulla fronte del sarcofago ha permesso di legare l'opera alle nozze avvenute nel maggio del 1514, tra il veneziano Niccolò Aurelio, segretario del Consiglio dei Dieci, che nel 1523 sarebbe diventato gran cancelliere di Venezia, e Laura Bagarotto, figlia del giureconsulto patavino Bertuccio Bagarotto, giustiziato il primo dicembre 1509 in piazza san Marco con l'accusa di aver tradito la Serenissima al tempo della conquista di Padova da parte dell'imperatore Massimiliano I d'Asburgo nel giugno del 1509
  • 30. Sotto il pontificato di Leone X, Raffaello ricevette anche l'incarico di custodia e registrazione dei marmi antichi, che lo portò a condurre un attento studio delle vestigia antiche, per esempio esaminando le strutture e gli elementi architettonici del Pantheon come nessuno aveva fatto fino a quel momento Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi
  • 31. La Trasfigurazione, ultima opera di Raffaello, alla sua morte era ancora incompleta e fu portata a termine da Giulio Romano nella parte inferiore. Opera dinamica e innovativa, con uno straordinario uso della luce, ci mostra due zone circolari sovrapposte, legate da molteplici rimandi di mimica e gesti. La forza drammatica è determinata dal contrasto tra la composizione simmetrica della parte superiore e la concitata gestualità e le dissonanze di quella inferiore, che si raccordano sull'asse verticale fino all'epifania divina, che scioglie tutti i drammi.
  • 32. Raffaello morì a soli 37 anni, nel giorno di Venerdì Santo. Secondo Vasari la morte sopraggiunse dopo quindici giorni di malattia, iniziata con una febbre "continua e acuta", causata secondo il biografo da "eccessi amorosi", e infelicemente curata con ripetuti salassi. Pietro Bembo scrisse l'epitaffio: «Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci, rerum magna parens et moriente mori»
  • 33. Nostro Signore (Papa Leone X) con l'onorarmi m'ha messo un gran peso sopra spalle. Questo è la cura della fabrica di S Pietro. Spero bene di non cadervici sotto, e tanto più quanto il modello ch'io nho' fatto piace a Sua Santità et è lodato da molti belli ingegni. Ma io mi levo col pensier più alto. Vorrei trovar le belle forme degli edifici antichi, né so se il volo sarà d'Icaro. Lettera di Raffaello a B. Castiglione