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www.navarro.it
il nostro giornalino d’istituto
L’ISTITUTO COMPRENSIVO
“VINCENZO NAVARRO DI
RIBERA RICEVE UN PRESTI-
GIOSO RICONOSCIMENTO PER
IL PROPRIO GIORNALE D’ISTI-
TUTO WWW.NAVARRO.IT
L’anno scolastico 2016-2017 si avvia a conclu-
dersi con grande soddisfazione per l’Istituto Com-
prensivo “Vincenzo Navarro”; da pochi giorni,
infatti, è arrivata la notizia che il proprio giornale
d’istituto www.Navarro.it ha ricevuto dall’Associa-
zione Nazionale del giornalismo scolastico un
prestigioso riconoscimento per la sezione crona-
che scolastiche. Con nostro grande orgoglio, il
giornalista riberese Enzo Minio ha dedicato alla
notizia un articolo pubblicato sul quotidiano “La
Sicilia” e, pertanto, abbiamo voluto approfittare
della prima pagina dell’ultimo numero del nostro
giornale d’istituto per riportare per intero l’articolo
del nostro concittadino riberese; abbiamo pen-
sato, infatti, che così avremmo chiuso in bellezza,
per quest’anno, la nostra attività di giornalisti in
erba. Qui di seguito l’articolo pubblicato su La Si-
cilia del 5 maggio.
il giornale www.navarro.it ha superato una sele-
zione effettuata su 2.221 testaste studentesche
italiane, entrando di fatto tra le prime 100 reda-
zioni scolastiche nazionali per aver saputo pro-
muovere – si legge nell’attestato di
riconoscimento – il giornalismo scolastico e per
aver contribuito al processo di formazione dei ra-
gazzi accrescendone la sensibilità nei confronti
della scrittura e delle tematiche dell’informazione.
la particolarità del “www.navarro.it” consiste nel
fatto che tutte le classi della scuola secondaria di
primo grado sono state coinvolte nella sua realiz-
zazione; le classi prime vi partecipano con attività
di scrittura creativa, le classi seconde con appro-
fondimenti sulle tradizioni culturali dei Paesi eu-
ropei, le classi terze, infine, con articoli di cronaca
scolastica o relativi alle problematiche giovanili o
all’attualità.
il giornale d’istituto è entrato a far parte del PtoF
– riferisce la docente referente del progetto te-
resa Bilello – già dallo scorso anno e si è dimo-
strato molto istruttivo e interessante, perché ha
stimolato e rinnovato negli studenti il piacere della
lettura, della comunicazione e della scrittura.
il giornale d’istituto, sostengono i docenti della
scuola secondaria, ha rappresentato per i ragazzi
un validissimo strumento per far conoscere agli
altri, fuori dalle mura scolastiche, le molteplici
esperienze educativo-didattiche che hanno con-
diviso e che hanno vissuto nel corso dell’anno
scolastico.
cronaca scolastica
INSIEME PER FAR CRESCERE
LE NOSTRE EMOZIONI
Anche quest’anno l’Istituto Comprensivo “Vin-
cenzo Navarro” sta offrendo la possibilità ai suoi
studenti, sia quelli di quinta elementare sia quelli
di prima media, di poter partecipare a un labora-
torio di teatro. Questo è il terzo anno di seguito
che il nostro istituto investe nell’attività teatrale,
poiché ha compreso l’alto valore formativo della
recitazione. E d’altronde è lo stesso Ministero
della Pubblica Istruzione che raccomanda a tutte
le scuole d’Italia di introdurre l’attività teatrale in
modo stabile nella didattica per sensibilizzare i ra-
gazzi ai valori educativi e culturali del teatro. Noi
siamo entusiasti di prendere parte al laboratorio
organizzato dalle professoresse Bilello, Miceli e
Ragusa perché, come ci hanno spiegato, il lavoro
del teatro è strettamente collegato alla matura-
zione e la crescita dei bambini: insegna l'autocon-
trollo, la disciplina, la percezione di sé e degli altri,
la capacità di ascolto, la pazienza, l'autocritica, il
“gusto del bello”. Abbiamo iniziato questo per-
corso già a febbraio, pensando che recitare fosse
una cosa semplice: bastava studiare a memoria
KANGOUROU
DELLA MATEMATICA
Anche quest’anno gli alunni dell'Istituto Compren-
sivo “Vincenzo Navarro” di Ribera partecipano al
gioco concorso “Kangourou della matematica”.
La partecipazione al concorso è stata la finalità
del percorso curricolare " GIOM@TICA", ovvero
giochi matematici, avviato sin dall'inizio dell'anno
scolastico dagli insegnanti di matematica dell'Isti-
tuto Comprensivo “Vincenzo Navarro” nelle ore di
ampliamento della matematica. Esso ha avuto lo
scopo di abituare gli studenti ad affrontare le
prove INVALSI, allo stesso tempo ha rappresen-
tato una palestra per la preparazione degli alunni
per il gioco-concorso “Kangourou della Matema-
tica”. La partecipazione al gioco concorso non è
obbligatoria, per cui non tutti gli alunni hanno ade-
rito all'iniziativa. In particolare l'Istituto “Vincenzo
Navarro” ha partecipato con 80 ragazzi: 46 alunni
della categoria Benjamin (prima e seconda
media), 20 ragazzi della categoria Cadet (terza
media) e 14 alunni di quinta elementare che
hanno seguito le attività del “Progetto Continuità”,
tutti coordinati dalla Prof.ssa Ferrigno. Il “Kan-
gourou della matematica” viene espletato in tutto
il territorio nazionale e, in contemporanea, in vari
Paesi aderenti all’iniziativa. La novità di que-
st’anno consiste in una fase regionale, il 27 mag-
gio, oltre alla fase locale, espletata il 16 marzo, e
alla finale nazionale di Mirabilandia a fine settem-
bre.Le prove effettuate vengono inviate al Dipar-
timento di Matematica dell'Università degli Studi
di Milano dove avviene la correzione ed è stilata
la graduatoria nazionale. Su 80 nostri partecipanti
28 si sono qualificati per la semifinale regionale
che si svolgerà il 27 maggio a Catania presso il
Liceo “G. Turrisi Colonna”. Nello specifico per la
categoria Ecolier (quinta elementare): Caruana
Elide, Colletti Federica, Gullo Domenico, Giar-
dina Chiara, Miceli Chiara, Petrone Mattia,
Russo Simona e Spataro Alessia; per la cate-
goria Benjamin (prima e seconda media): Panta-
leo Nicola (prima), Campione Elisa, Ficara
Asia, La Malfa Ilaria, Tortorici Clelia, Vacante
Maria, Virgadamo Jack (seconda); per la cate-
goria Cadet (terza media): Balletta Pietro, Bar-
bera Giuseppe, Bivona Leonardo, Castagna
Onofrio, Chetta Marzia, La Malfa Elisa, Maggio
Vincenzo, Palermo Giuseppe, Roccaro Ema-
nuele, Tortorici Roberto, Smeraglia Leonardo,
Zambuto Onofrio e Zambuto Stefano. Il “Kan-
gourou della Matematica” ha lo scopo di promuo-
vere la diffusione della cultura matematica di
base utilizzando uno strumento particolare: il
gioco-concorso. Si tratta di una attività stimolante
al di fuori dell'insegnamento tradizionale della
matematica. Il successo della attività, già speri-
mentato anche negli anni precedenti, al di là dello
spirito competitivo e dell'occasione di incontro e
di scambio tra studenti e docenti, risiede nella
qualità dei problemi che vengono proposti. In essi
la matematica è campo di sfida e, soprattutto, è
fonte di divertimento ed ha una forte ricaduta sul
percorso didattico-educativo relativo alla disci-
plina.
Prof.ssa A. Ferrigno
LA FAMIGLIA
Come ogni anno, gli studenti delle terze classi
della scuola secondaria di primo grado partecipe-
ranno al concorso organizzato dalla famiglia del
professore Tommaso Pensabene-Lionti, docente
di scuola media a cui l’amministrazione locale ha
dedicato anche l’intitolazione di una via della no-
stra cittadina. Il tema del concorso sarà la famiglia
e tutti gli alunni saranno chiamati a produrre un
elaborato scritto in cui ogni studente dovrà riflet-
tere su questo importante argomento. La famiglia
è un’istituzione importante per la nostra società;
essa ha subito radicali trasformazioni nel corso
dei secoli, anche se continua a svolgere un ruolo
primario nell’educazione dei figli ed è, quindi, una
guida fondamentale per noi ragazzi. Il primo nu-
cleo familiare può rintracciarsi già in epoca prei-
storica, quando i nostri antenati si proteggevano
e difendevano l’uno con l’altro. Nel tempo essa si
è evoluta secondo il modello patriarcale, dove a
gestire tutto e tutti era il “pater familias” e per
molto tempo le coppie si sono formate per volere
dei padri, ma soprattutto per motivi di interessi
economici; già alla nostra giovane età, non an-
cora maturi e responsabili, i ragazzi si sposavano.
Oggi,invece, prevalgono tipi di famiglie totalmente
diverse: quelle allargate, quelle formate da coppie
di omosessuali (che con una nuova legge pos-
sono sposarsi), quelle nucleari, che sono le pre-
valenti, cioè le famiglie in cui entrambi i genitori
si occupano dei figli. Purtroppo oggi si è un po’
perso il significato della parola” famiglia” e, grazie
a questo concorso, si vuole far comprendere ai
ragazzi delle giovani generazioni il vero valore e
la vera fortuna che abbiamo nel vivere all’interno
delle nostre famiglie. Per questo vogliamo co-
gliere l’occasione, offertaci dal nostro giornale
d’istituto, per ringraziare la famiglia Pensabene-
Lionti che ormai da diversi anni sollecita i giovani
a riflettere sull’importanza e sul valore di questa
istituzione.
III C
le proprie battute. Ma con il procedere delle atti-
vità, abbiamo compreso che per diventare dei pic-
coli attori non bastava ricordarsi soltanto il testo,
ma era ancora più importante acquisire delle
competenze specifiche. Durante i primi incontri,
infatti, ci siamo dedicati a svolgere dei divertenti
esercizi ludici legati all’arte del teatro. Con essi
abbiamo capito che un bravo attore utilizza
l’espressione del viso, la mimica del corpo, la giu-
sta intonazione per poter interpretare bene il ruolo
che gli è stato assegnato. E così anche noi ab-
biamo imparato, attraverso questi esercizi, a sa-
perci muovere su uno spazio scenico, utilizzando
il nostro viso, il nostro corpo e la nostra voce per
comunicare un’emozione.
Terminata la prima parte del laboratorio, le nostre
insegnanti ci hanno riferito che quest’anno
avremmo portato in scena addirittura “I promessi
sposi”, un’opera famosissima del grande Alessan-
dro Manzoni. E così abbiamo fatto i casting per
l’assegnazione dei ruoli. E’ stato davvero emozio-
nante il giorno in cui le insegnanti hanno asse-
gnato ad ognuno di noi una parte, anche se ci
hanno spiegato che non è importante il personag-
gio che interpretiamo, perché una rappresenta-
zione scenica non è fatta dal singolo attore ma da
tutta la compagnia. Durante le successive prove,
quando ognuno di noi interpretava il proprio per-
sonaggio, ha vissuto un’esperienza unica perché
era come se uscissimo dalla nostra vita per di-
ventare delle persone diverse da quelle che
siamo normalmente. L’esperienza del teatro, in-
fatti, è unica perché ti permette di vivere tante vite
e di esprimere tutte le possibili emozioni che sono
vive e presenti. Adesso aspettiamo con ansia il
giorno della rappresentazione. Il 6 giugno,
quando finalmente porteremo in scena il frutto di
tanto impegno e lavoro, sarà una bella soddisfa-
zione per tutti noi!
Simona Montana
Alessia Russano
I D
STUPEFATTO
Il 3 aprile, noi studenti delle classi seconde e
terze della scuola secondaria di primo grado “Vin-
cenzo Navarro” abbiamo avuto la possibilità di as-
sistere a uno spettacolo davvero interessante e
istruttivo, uno spettacolo che ha rappresentato
una promozione della vita contro ogni dipen-
denza! “Stupefatto….avevo 14 anni, la droga
molto più di me”, dal romanzo autobiografico di
Enrico Comi, è stato patrocinato dal Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali e promosso da Iti-
neraria Teatro e per la prima volta, grazie al la-
voro della prof.ssa Mary Musso, referente del
progetto, è stato portato in scena a Ribera, al
Cine Teatro Lupo. L’attore Fabrizio De Giovanni,
allievo del grande maestro Dario Fò, con un sem-
plice leggio in scena, immagini video e un sotto-
fondo musicale, ci ha raccontato i pericoli della
droga, cosa vuol dire iniziare a fumare uno spi-
nello o voler provare che effetto fa la cocaina o
“sballarsi” con una pasticca tanto per divertirsi.
Il risultato è che noi alunni delle seconde e terze
medie, insieme agli studenti del biennio del liceo
Scientifico di Ribera, abbiamo capito che bisogna
sempre dire NO ALLA DROGA. Abbiamo assistito
allo spettacolo “Stupefatto” in religioso silenzio.
L’attore ha recitato le prime battute ed in teatro è
calato il buio. I cellulari sono stati spenti; non ser-
vivano, non abbiamo avuto neanche il tempo di
guardarli. Abbiamo provato una grande emo-
zione; la recitazione di Fabrizio Comi è stata emo-
tivamente coinvolgente. Il livello di attenzione è
salito sempre di più. L’attore protagonista, attra-
verso un fantastico monologo, ha portato in scena
la vera storia di Enrico Comi, autore del libro ed
ex tossicodipendente. Alla fine dello spettacolo
con grande sorpresa, lui era lì; è salito sul palco
e si è rivolto a noi studenti dicendo “Ragazzi, non
cadete in quel buio. È difficile uscire dalla schia-
vitù”. Poi ha aggiunto: “Sono stato un tossico, ora
invece vi dico che la droga uccide”.Dagli sguardi
si intuiva che tutti i ragazzi erano emotivamente
colpiti; tutti hanno riflettuto sulla storia vera di En-
rico e sulle problematiche connesse all’uso di stu-
pefacenti. Di persone come Di Rico al mondo ce
ne sono tante, persone che lasciano tutto per la
droga: famiglia, felicità, salute e spensieratezza
solamente perché credono che con l’uso di so-
stanze stupefacenti possano evadere dalla realtà.
Nella vita è facile scegliere quella che può sem-
brare una scorciatoia; la vita invece va vissuta
così come si presenta ogni singolo giorno, perché
può sembrare assurda, ma è talmente perfetta
che di queste sostanze non c’è bisogno. Tutti gli
studenti dovrebbero assistere a questo spetta-
colo perché fornisce informazioni utili per scardi-
nare soprattutto i luoghi comuni più diffusi intorno
alla droga: “Smetto quando voglio”, “Le canne
non hanno mai ucciso nessuno” e quando un gio-
vane comprende a fondo le problematiche legate
all’uso di stupefacenti riesce a sviluppare un mi-
glior senso critico che lo rende capace di pren-
dere decisioni autonome nei confronti di tali
sostanze; solo così, infatti, i giovani possono ca-
pire che bisogna scegliere sempre la vita perché
la vita è bella!!!!!!
Martina Quartararo
IIC
IL VULCANO CHIMICO:UNA
REAZIONE DIVERTENTE
Noi alunni della scuola secondaria di primo grado
abbiamo avuto l’occasione, durante quest’anno
scolastico, di arricchirci culturalmente attraverso
esperienze laboratoriali che si sono rivelate istrut-
tive e divertenti. Tra tutte queste, vogliamo pre-
sentarvi un’attività che abbiamo svolto durante le
ore di scienze della professoressa Carla Lo Ca-
scio. In questo laboratorio scientifico abbiamo si-
mulato, con un esperimento, la reazione che av-
viene durante un’eruzione vulcanica. Ma prima di
passare al nostro esperimento, vogliamo spie-
garvi sinteticamente cos’è un vulcano e come av-
viene un’eruzione vulcanica. Un'eruzione
vulcanica consiste nell'emissione di magma sulla
superficie terrestre. Nel punto in cui avviene l'eru-
zione si forma un vulcano. In genere i vulcani
hanno la forma di un rilievo, percorso nel centro
da un  condotto  all'interno del quale risale il
magma. Lo sbocco all'esterno del condotto è
detto  cratere. Il magma è formato da
un  liquido  con temperature intorno a 1.000-
1.200°C, che si forma per fusione di materiale
contenuto nel mantello terrestre. Insieme al li-
quido si trovano anche  cristalli
solidi e gas.I gas contenuti nel magma sono di di-
versi tipi, ma in genere il più abbondante è il va-
pore acqueo. Dal mantello terrestre, il magma
risale verso l'alto perché è meno denso, e quindi
meno pesante, del materiale solido che gli sta in-
torno. Le zone in cui il magma si accumula ven-
gono chiamate  camere magmatiche. Le parti
solide che circondano le camere magmatiche
LA NATURA A COLORI
“La natura a colori” è il titolo che abbiamo dato al
nostro nuovo lavoro:uno spaccato del nostro ter-
ritorio tutto a colori.La scelta di realizzare questo
nuovo progetto è nata da uno studio approfondito
del nostro ecosistema, soprattutto quando ab-
biamo intrapreso lo studio del ciclo dell’acqua.Da
allora è stato un susseguirsi di osservazioni su
tutto quello che contribuisce al bellissimo equili-
brio naturale delle cose: il cielo insieme al sole,le
nuvole e la pioggia, i monti e i prati, i fiumi e i
mari,gli alberi e gli animali, e infine noi uomini. Ab-
biamo compreso che tutti uniti insieme rappre-
sentiamo un connubio di una terra pulsante,
verdeggiante e accattivante: la nostra meravi-
gliosa casa comune.
Il desiderio forte di rappresentare tutto questo ci
ha portato a parlare, discutere,a confrontarci, a
osservare la natura in tutte le sue sfaccettature e
piano piano abbiamo messo a fuoco il nostro pro-
getto,ci siamo divisi i compiti e abbiamo recupe-
rato tutto il materiale necessario.
Abbiamo lavorato con la carta pesta, abbiamo uti-
lizzato la colla,i colori e contemporaneamente ab-
biamo parlato della bellezza degli aranceti, fiore
all’occhiello della nostra Ribera; abbiamo studiato
l’importante funzione che svolgono le piante, cioè
la fotosintesi clorofilliana e, quando la professo-
ressa Trento ci ha parlato di antenne presenti
nelle foglie per catturare la luce del sole, abbiamo
subito realizzato con la cartapesta il sole, fatto il
prato verde e gli alberi ricchi di arance e di limoni.
Imbrattati di colla e di colori, abbiamo ricordato le
nostre campagne, la serenità che esse infonde-
vano in noi, e il fiume Verdura con il suo fluire a
volte silenzioso a volte rumoroso. È stato così che
abbiamo realizzato il fiume e la sua foce; ab-
biamo fatto anche delle ricerche e abbiamo sco-
perto che il Verdura prende origine in
corrispondenza del lago artificiale di Favara e che
l’area della foce del Verdura è
riconosciuta come Sito di Inte-
resse comunitario.
Abbiamo realizzato le piccole
montagne dove sorge il castello
di Poggio Diana,sormontate da
nuvole pronte a piangere la-
crime di pioggia su tutto. Ab-
biamo capito come l’acqua,
presente sulla terra, evapora
per effetto del sole e sale su in
alto nel cielo,incontra le correnti
di aria fredda,forma le nuvole
leggere e poi più pesanti che
precipitano anche sotto forma
di ghiaccio e di neve,ritornando
così ad arricchire nuovamente
la terra: che meraviglia!
Abbiamo parlato degli animali e
di noi esseri umani che viviamo
grazie all’ossigeno scartato dalle piante. Abbiamo
infine compreso che tutto è collegato perfetta-
mente; il grande desiderio e la grande consape-
volezza di rispettare la nostra natura si è
ulteriormente rafforzato.
Alla fine di tutto, abbiamo voluto mostrare e rac-
contare alla nostra Preside il nostro lavoro per
renderla partecipe delle esperienze educative
che hanno lasciato un segno indelebile in noi.
I D
sono dette  rocce incassanti.Per dar luogo a
un'eruzione il magma deve risalire dalla camera
magmatica e raggiungere la superficie. Un pos-
sibile meccanismo che spinge il magma a fuoriu-
scire è la variazione di pressione che può essere
determinata o da
un aumento della
pressione all'in-
terno della ca-
mera magmatica
o da una diminu-
zione di quella
esterna, rappre-
sentata dal peso
delle rocce incas-
santi. Vediamo
ora come ab-
biamo simulato il
fenomeno del-
l’eruzione vulca-
nica, partendo dal
materiale che ab-
biamo utilizzato
per tale esperi-
mento: un recipiente di plastica (anche un bic-
chiere può andar bene), aceto rosso, bicarbonato
di sodio, pasta da modellare marrone, colore a
tempera rosso, detersivo liquido per piatti.Dopo
esserci procurati l’occorrente, abbiamo realizzato
attorno al recipiente un vulcano con la pasta da
modellare. Abbiamo poi riempito un terzo del re-
cipiente con l’aceto e abbiamo aggiunto qualche
goccia di colore a tempera rosso e qualche goc-
cia di detersivo liquido per piatti (che serve a fare
una schiuma più densa). Abbiamo in seguito ver-
sato rapidamente un cucchiaio colmo di bicarbo-
nato di sodio; il bicarbonato, a contatto con
l’aceto, ha formato immediatamente una
schiuma, che è fuoriuscita dal recipiente, creatasi
per l’effetto della reazione chimica che è avvenuta
tra il bicarbonato di sodio e una delle sostanze
presenti nell’aceto, e cioè l’acido acetico. Ab-
biamo coì compreso, attraverso questo esperi-
mento, che durante un’eruzione vulcanica si
forma anidride carbonica (CO2), un sale (acetato
di sodio, CH3COONa) e acqua (H2O); ne ab-
biamo dedotto, quindi, che dal contatto tra una
sostanza allo stato solido (il bicarbonato) e una
sostanza allo stato liquido (l’aceto) siè formata
una sostanza allo stato gassoso (l’anidride car-
bonica). Questo laboratorio di scienze è stato
davvero interessante e soprattutto divertente!
II B
LA BIBLIOTECA DI CLASSE
Moby Dick, romeo e
Giulietta, il giardino se-
greto…sono questi al-
cuni libri che potete
trovare nella biblioteca di
classe della I A.
Noi alunni della I A del-
l’Istituto Comprensivo
“Vincenzo Navarro” ab-
biamo realizzato, infatti,
nella nostra aula una pic-
cola biblioteca di classe
con l’aiuto della nostra
docente di Lettere, la prof.ssa Lilla Savoca. Que-
sta iniziativa è stata portata avanti nell’ambito di
un progetto di lettura e scrittura creativa durante
le ore di Approfondimento in materie letterarie.
Ogni alunno, all’inizio dell’anno, ha portato a
scuola uno o più libri da scambiare con i compa-
gni. Ogni mese ognuno di noi ha scelto un libro
(fantasy, d’avventura, giallo) tra quelli disponibili
e, dopo averlo letto, ha preparato una scheda
riassuntiva per presentarlo ai compagni.
Una volta finito il libro non restava che sceglierne
uno nuovo, magari su consiglio del compagno di
banco che l’aveva letto in precedenza.
Nel corso dell’anno abbiamo notato che noi ra-
gazze abbiamo scelto i romanzi, mentre i ragazzi
preferivano libri che suscitavano suspense.
L’aspetto più interessante è stato scoprire che la
lettura è un atto di libertà, che non va imposta,
che apre la mente e ci permette di immedesimarci
nei vari personaggi e di vivere le loro storie. Da-
niel Pennac afferma, a tal proposito, che: <<Il
verbo leggere non sopporta l'imperativo>>.
Noi ragazzi siamo contenti di questa esperienza
che ci ha arricchito molto e speriamo di poter con-
tinuare anche il prossimo anno, perché leggere è
come fare un viaggio con la fantasia…
Emanuela Aquè
Giada Marabella
I A
attUalità
IL TERRORISMO ISLAMICO
NON È SINONIMO DI ISLAM
Il terrorismo islamico è recentemente tornato a
minacciare tutto l'Occidente mettendo a repenta-
glio la convivenza finora pacifica tra la cultura mu-
sulmana e quella occidentale nel mondo intero.
Sembra impossibile continuare a convivere con
una cultura così diversa da quella laico-cristiana
-"occidentale" e continuerà ad esserlo sempre di
più, dinanzi a una politica in parte complice del
clima di odio e terrore di questi tempi, a causa di
strumentalizzazioni della cronaca a fini elettorali
e di propaganda.
Si parla molto di terrorismo islamico, e spesso
anche impropriamente, attribuendo a una cultura,
profondamente diversa dalla nostra, colpe che
non le appartengono, quasi come se tutti gli arabi
e i musulmani fossero assassini e privi di qual-
siasi raziocinio. Eppure, nei vari talk show e pro-
grammi televisivi più volte il musulmano di turno
LA GLOBALIZZAZIONE
La globalizzazione, fenomeno recente, è un pro-
cesso che unisce sempre di più le comunità
umane,favorita dalle telecomunicazioni, dai flussi
migratori e dall'interscambio di informazioni, de-
naro e beni. I prodotti, le idee e gli stili di vita pos-
sono così viaggiare velocemente da un capo
all’altro del globo. Le stesse merci vengono distri-
buite su scala mondiale; abitudini, consumi e
comportamenti sono simili in tutti i continenti. La
globalizzazione avvolge i Paesi di tutto il mondo
in una fitta rete di connessioni, di interdipendenze
e di scambi. Si possono individuare varie "dimen-
sioni" in cui la globalizzazione si presenta: la glo-
balizzazione economica, aspetto mediante il
quale tutte le economie sono strettamente legate
le une alle altre e quando una crolla, di conse-
guenza, tutte le altre sono in pericolo o possono
addirittura crollare anch'esse(effetto domino). Si
è poi creato un mercato finanziario mondiale, che
favorisce la libera circolazione dei capitali. Se-
condo me il primo è un aspetto negativo, perché
nessuna economia può dirsi totalmente al sicuro.
Un altro aspetto della globalizzazione economia
è poi la delocalizzazione, cioè lo spostamento di
interi comparti in aree geografiche dove i costi di
produzione sono inferiori. Questo è assoluta-
mente negativo in quanto gli Stati, dove erano
prima localizzate le industrie, si impoveriscono
progressivamente e alla fine la situazione si in-
vertirà, e i Paesi, in cui prima i costi erano inferiori
si arricchiranno, mentre gli altri sono destinati ad
impoverirsi. Un’altra dimensione della globalizza-
zione è quella tecnologica: si sono infatti svilup-
pate, nell’ultimo decennio, delle reti globali che ci
permettono di entrare in contatto con luoghi e
persone da tutto il mondo. Questo, a mio parere,
è uno degli aspetti più positivi, in quanto ciò faci-
lita la vita, anche a noi ragazzi. Poi ci sono la glo-
balizzazione culturale e demografica,cioè anche
a causa dei flussi migratori, nessuna popolazione
ha più una vera e propria identità culturale, ma è
l'insieme di molte etnie diverse. Si capisce poi
che ci sono Paesi nel Mondo dove le condizioni
di vita non sono del tutto favorevoli, ma gli Stati
più ricchi dovrebbero aiutarli a uscire da questa
situazione, e non approfittarne per soddisfare i
propri interessi .Così,se tutti i Paesi fossero allo
stesso livello, ognuno resterebbe nella sua terra
d'origine e ogni luogo riacquisterebbe la propria
identità culturale, anche perché non penso che
gli stranieri siano molto contenti di lasciare il loro
Paese per un altro, senza sapere quando e se ci
potranno ritornare. Infine c'è la globalizzazione
politica, che ha portato alla formazione di nuovi
equilibri fra gli Stati, ma non per questo sono di-
minuiti i conflitti fra i diversi Paesi, anzi, le tensioni
locali, le guerre civili e gli scontri etnici sono au-
mentati. Non possiamo però dire che la globaliz-
zazione riguardi tutto il mondo, ma solo una
parte, quella più ricca e avanzata, e ciò determina
gravi disagi e disuguaglianze fra le due parti.
Siamo più uniti se consideriamo invece che ora
circolano più facilmente idee e informazioni e c'è
più disponibilità di beni e prodotti; siamo maggior-
mente sensibili rispetto ai problemi e le situazioni
lontane da noi e abbiamo un maggiore senso di
responsabilità in quanto ci sentiamo di più "citta-
dini del Mondo". Possiamo quindi affermare che
la globalizzazione è fenomeno che ha insieme
aspetti positivi e negativi, e mentre da una parte
ha provocato e aggravato le differenze tra il
Mondo ricco e quello povero, ha portato impor-
tanti innovazioni che ci hanno reso la vita più fa-
cile.
Ivan Sponton
III E
L’INQUINAMENTO
L'inquinamento è,
senza dubbio, uno
dei problemi ancora
irrisolti della società
contemporanea. È la
conseguenza di tutto
ciò che l'uomo sca-
rica nell'ambiente, causando effetti nocivi per tutti
gli esseri viventi. Ancora oggi il mondo continua
ad essere minacciato dalle azioni irresponsabili
dell'uomo che, cercando di migliorare le proprie
condizioni di vita, continua a comportarsi come
se l'ambiente non corresse alcun rischio di avve-
lenamento. Abbiamo sfruttato la natura senza
pensare al domani, dimenticando che l'aria, l'ac-
qua, la vegetazione e tutto ciò che ci circonda
sono indispensabili per la nostra esistenza. Il di-
sboscamento causa frane e smottamenti perché
le radici degli alberi mantengono saldo il terreno.
Le sostanze nocive deposte nel suolo, filtrando
nel terreno, inquinano le falde acquifere. Per ri-
durre l'inquinamento bisognerebbe istallare dei
depuratori per evitare di scaricare i rifiuti nel mare,
utilizzare meno fertilizzanti, perché fanno male
non solo al suolo ma anche alla nostra salute e
affidarsi sempre di più alle fonti rinnovabili perché
pulite.
Carmen Trapani
III A
ha cercato di spiegare che il fondamentalismo
islamico, alla base del terrorismo, non corri-
sponde a tutta la cultura dell'Islam: quale citta-
dino, piuttosto che gridare all'espulsione del
diverso, ha cercato di informarsi su cos'è l'Islam
e cosa c'è, invece, alla base del fondamentali-
smo? Una corretta informazione è l'arma migliore
contro il clima di terrore scatenato da una mino-
ranza musulmana finora sottovalutata dall'Occi-
dente; una corretta informazione è alla base,
almeno in questo caso, di una corretta integra-
zione; solo una corretta informazione potrebbe
rafforzare la  convivenza tra culture  ed evitare
al terrorismo di sfociare in problemi gravi: per
esempio, in guerre interne ed episodi di violenza
tra laici, cattolici e musulmani.
I fondamentalisti hanno l'obiettivo di riportare la
società del mondo alle "fondamenta": il loro credo
è fortemente incentrato sul presupposto che la
vita sociale e la religione non possano in alcun
modo essere separate; per un fondamentalista,
insomma, la fede non è solo un fatto privato: ciò
in cui credo influenza notevolmente ciò che io fac-
cio. Di qui, lo scopo di combattere l'Occidente e i
peccatori; di qui, il concetto di Islam militante con-
tro la Chiesa cattolica e le altre religioni: di qui, in-
somma, il fanatismo alla base del terrorismo, di
cui purtroppo siamo testimoni, ma che, per for-
tuna, non accomuna tutta la cultura islamica.
Il Corano è un libro sacro che impone un modus
vivendi diverso da quello dei nostri testi sacri, e
comunque la nostra Chiesa di riferimento non ha
certo interpretato le scritture nel modo in cui i fe-
deli musulmani hanno interpretato le loro: la dif-
ferenza tra la cultura occidentale e quella
islamica, dunque, non è poca, né si può falsificare
la realtà sostenendo che sia facile che due gruppi
così diversi convivano senza problemi. Non biso-
gna neanche credere, però, che questo sia im-
possibile, anche a causa di come questioni
importanti come la jihad vengono semplificate e
maltrattate persino dai mezzi d'informazione, che
associano il termine quasi sempre alla guerra: eb-
bene, in realtà si nota come la parola jihad 'sforzo'
non sia associato al concetto di militanza violenta;
proprio alcuni passi del Corano, tra l'altro, con-
traddicono questo concetto di scontro con l'Occi-
dente peccatore:
chiunque uccida una persona - a meno che essa
non stia per uccidere una persona o per creare
disordine sulla terra - sarà come se uccidesse l'in-
tera umanità; e chiunque salvi una vita, sarà
come se avrà salvato la
vita di tutta l'umanità.
(Corano (5:32))
Nello stesso Corano si
trovano passi che, se in-
terpretati letteralmente,
come succede senz'altro
tra i fondamentalisti, por-
tano il musulmano a sa-
crificare la propria vita, a
diventare un martire per
la propria religione, e
dunque a salvarsi per
l'eternità. Il punto è che
solo fondamentalisti e in-
tegralisti fanno di questi
passi una ragione di vita
e di morte: molti invece
interpretano i passi del
Corano come tesi
alla jihad interiore, e dunque liberazione dagli af-
fanni e dai peccati terreni. Un tale stato di cose,
insomma, fa capire chiaramente che una convi-
venza pacifica tra Islam e mondo occidentale -
anche alla luce dei recenti fatti di cronaca - è pos-
sibile, se si dissocia il concetto di terrorismo da
quello di cultura musulmana. Che i fondamenta-
listi abbiano preso piede nel mondo e scatenato
il terrore, questo è indiscutibile, ma è compito non
solo del singolo cittadino, bensì pure delle istitu-
zioni fare il possibile per creare i presupposti af-
finché una situazione socio-politica così tesa non
degeneri a livello mondiale.
III D
sos GioVani
IL MONDO INFINITO
DELLA RETE
È innegabile lo sviluppo che hanno avuto negli ul-
timi tempi i social network (Facebook, Google, My-
space, Twitter) e il loro impatto sociale. Un social
network indica quei siti che permettono il formarsi
di una rete sociale virtuale composta da contatti-
amici con i quali chattare, condividere informa-
zioni, foto e video. Per entrare a far parte di un so-
cial network basta creare un profilo personale
dove, volendo, possiamo inserire alcune nostre in-
formazioni. È possibile poi ampliare la pro-
pria rete sociale invitando gli amici a farne
parte, oppure cercando persone nuove con
interessi simili. Il primo grande merito dei
social network è indubbiamente quello di
aver facilitato la comunicazione: basta
avere la connessione a Internet per parlare
in tempo reale con persone dall’altra parte
del globo, grazie alle webcam addirittura ve-
derne il volto. Essi permettono di comuni-
care in tempo reale a qualsiasi distanza ci
si trovi e con qualunque parte del mondo.
Così facendo sono diminuite le distanze e
le informazioni vengono scambiate istantanea-
mente e si può sempre essere aggiornati sui fatti
di cronaca, su aggiornamenti culturali o anche
semplicemente su come sta un nostro amico o pa-
rente che vive lontano. Sono mezzi di comunica-
zione comodi:  è possibile usufruirne
comodamente da casa o in ufficio o a scuola. Non
c’è più bisogno di andare dal giornalaio a com-
prare il quotidiano per sapere cosa accade nel
mondo o andare in biblioteca per fare una piccola
ricerca. Mantengono e incrementano i rapporti in-
terpersonali: il social network più famoso al mondo
è riuscito infatti nell’intento di far riallacciare i con-
tatti con alcune persone delle quali si pensava
aver perso completamente le tracce. Inoltre si può
considerare un ottimo strumento per fare nuove
amicizie e nuove conoscenze e quindi ampliare la
propria rete sociale. Sono sempre più coloro che
fanno uso di questi nuovi mezzi comunicativi per i
motivi più diversi: le aziende si fanno pubblicità, al-
cuni professori postano i compiti e lezioni online,
servono ai medici per “visitare” a distanza e met-
tere a punto nuove terapie, permettono di ricavare
informazioni di uso quotidiano (orari, prezzi, traf-
fico). Sono utilizzati per organizzare eventi e sono
numerosissimi i siti specializzati nella ricerca del-
l’anima gemella. Oggi, inoltre, i social permettono
di dare in tempo reale notizie importanti: recenti at-
tentati terroristici sono stati raccontati su Twitter
prima che al telegiornale. I social network, se usati
in modo scorretto, possono anche essere, però,
fonte di gravi problemi. È da tener presente
che, pur favorendo lo sviluppo di relazioni virtuali,
i social network portano molti utenti a isolarsi dalla
vita sociale reale in quanto le amicizie online sono
più facilmente gestibili. I nativi digitali non si pre-
occupano di pubblicare particolari anche molto in-
timi della loro vita, perché tutti lo fanno, senza
pensare invece che i dati, una volta resi pubblici,
possono essere utilizzati contro chi li ha messi in
rete. Poiché le informazioni sono accessibili anche
a malfattori, a volte vengono utilizzate per scopi
non sempre leciti. In particolare tra i più giovani
essi sono diventati una sorta di piazza virtuale, un
posto dove ci si mette in mostra, creando perso-
nalità più o meno fittizie con l’intento di lasciare un
segno indelebile nel mondo. I social possono
creare una realtà virtuale, spesso parallela, che
può far perdere il contatto con il mondo reale. Si
può diventare tutto quello che si vuole e si può far
credere agli altri qualunque cosa. Gli adolescenti,
soprattutto, tendono a sottovalutare gli aspetti re-
lativi alla privacy che coinvolgono non solo loro
stessi ma anche i familiari. Un numero sempre
maggiore di ragazzi ha un profilo su Facebook, no-
nostante il sito fissi l’età minima di accesso a 13
anni. Per non parlare dei fenomeni di stalking
e cyber bullismo. Nel primo caso si tratta di
un’intromissione attraverso la rete nella vita
privata di un individuo, cosa che provoca
paura e ansia. Il secondo, spesso a danno
dei ragazzi più giovani e più fragili,consiste
in atti di umiliazione che vengono amplificati
dalla rete con conseguenze ancora più pe-
santi per la persona coinvolta. Molto spesso
le minacce o le aggressioni da parte dei bulli
verso un compagno vengono filmate da un
cellulare e poi trasferite su Internet e con un
semplice clic possono essere viste da tutti,
diventando motivo di derisione. Forse non si
rendono conto che questi ragazzi o ragazze non
si divertono, anzi si vergognano, non dormano la
notte o addirittura arrivano a compiere gesti
estremi come togliersi la vita. Ma che divertimento
è questo? Come si può essere così cattivi e super-
ficiali di fronte alla sofferenza inflitta di proposito?
Per concludere possiamo dire che nella società
moderna non è certo pensabile eliminare Internet,
proprio per le tante opportunità che fornisce, ma
allo stesso tempo è necessario che le persone che
utilizzano la sua rete virtuale, soprattutto se gio-
vani, siano consapevoli dei suoi aspetti più critici
e ne facciano perciò un uso attento.
Martina Perfetto
III E
L’IMPORTANZA DELLO
SPORT PER LA PERSONA
E PER LA SOCIETÀ
L'attività sportiva è da sempre grande maestra e
veicola valori d'indiscutibile importanza per lo svi-
luppo della persona e della società intera.
Nonostante sia spesso al centro di fatti di cronaca
decisamente negativi, soprattutto a causa di ciò
che succede nel mondo del calcio non solo tra i
tifosi ma anche tra giocatori e dirigenti, lo sport
merita senz'altro di essere annoverato tra le atti-
vità più belle ed edificanti al pari di lettura, lette-
ratura e scrittura. Con lo sport, infatti, coltiviamo
una passione e quindi ci rilassiamo e miglioriamo
le nostre abilità, ma ci mettiamo anche alla prova
superando ostacoli che mai avremmo creduto di
poter superare, quasi sempre assieme gli altri: ne
sono dimostrazione tanto la semplice partita di
calcio o pallavolo tra amici quanto le Olimpiadi e
le Paralimpiadi. 
Fare sport, impegnarsi in un'attività individuale o
di squadra, rappresenta un indiscutibile valore ag-
giunto alla propria giornata e alla propria vita in
generale: non solo per conoscere i propri limiti e
superarli con sacrificio e dedizione, ma anche per
conoscere la diversità, confrontarsi con essa e da
essa trarre preziosi insegnamenti. Conoscere
nuove persone, infatti, permette di capire chi è
l'altro, di mettere in discussione le proprie idee e
i propri modi di fare, in molti casi anche di cono-
scere e accogliere nuove culture. Una semplice
partita di calcio o di pallavolo, una partita a tennis
o a basket possono trasformarsi insomma in qual-
cosa che va oltre i punti da mettere a segno.
In una qualsiasi squadra per esempio sono sem-
pre più presenti ormai ragazzi di nazionalità e re-
ligione diversa dalla nostra; non sempre chi gioca
è italiano e in generale per alcuni sport si può dire
senza dubbio che la presenza di italiani è minima.
La spinta a una convivenza tra persone di razza,
cultura e religione differenti diventa importantis-
sima anche nelle realtà sociali piccole e medie in
cui l'accettazione dell'altro risulta spesso difficile
e complessa. Facendo sport il bambino, l'adole-
scente o l'adulto si confrontano costantemente
con il fatto che il compagno di squadra, a prescin-
dere dal colore della pelle o da altro, è colui che
può aiutare ed è colui grazie al quale si può vin-
cere. Solidarietà e forza della diversità insomma
sono valori che lo sport ci spinge a praticare co-
stantemente per raggiungere un obiettivo.
Chi pratica sport si trova a confrontarsi con per-
sone che hanno caratteri e modi di fare differenti
dal proprio, che magari hanno altri valori e modi
di vedere la vita. Imparando a conoscere l'altro, il
suo passato, il suo presente e i suoi sogni impa-
riamo a rispettarlo, riusciamo a crescere assieme,
a fare una delle esperienze più belle della vita,
quella della cooperazione, che talvolta sfocia
nella nascita di amicizie più o meno forti.
Non solo miglioramento delle relazioni sociali, spi-
rito di squadra e integrazione: i valori che lo sport
ci insegna sono tanti altri. Alcuni incorrono nell'er-
rore di considerare l'attività sportiva come qual-
cosa di poca o nulla importanza, un semplice
svago; non che lo sport non sia anche svago e di-
vertimento, ma è anche attraverso il divertimento
che si impara. Qualsiasi sport per esempio inse-
gna il rispetto delle regole e uno sportivo vero, a
prescindere dalla sua età, sa che qualsiasi com-
petizione necessita di onestà.
I casi di doping che spesso hanno scosso l'opi-
nione pubblica e hanno gettato ombre sul mondo
dello sport hanno fatto passare in secondo piano
il concetto e la necessità di lealtà, ma quest'ultimo
è importante tanto nella gestione della cosa pub-
blica quanto nello sport. In una competizione
sportiva deve affermarsi e trionfare non chi bara
ma chi merita, chi è riuscito attraverso la fatica a
migliorare a tal punto da risultare più bravo e ca-
pace di tutti gli altri.
In ultimo lo sport ci permette di prenderci cura di
noi stessi e della nostra salute; l'Organizzazione
Mondiale della Sanità ha più volte ribadito infatti
che praticare sport permette di irrobustire il cuore
e migliorare tutto il sistema cardio-vascolare, di
rafforzare i muscoli, le ossa e il sistema immuni-
tario, nonché di prevenire alcune malattie come il
diabete.
Oggi dunque praticare bene uno sport e capirne
il senso, coltivare una passione e impegnarsi per
ottenere grandi risultati non solo fa bene alla per-
sona, ma ha anche importanti riflessi sul gruppo
sociale a cui si appartiene. D'altra parte lo aveva
già scritto Giovenale circa duemila anni fa nelle
sue Satire: «Mens sana in corpore sano».
IIID
CRESCERE: IL PUNTO
DI VISTA DI NOI RAGAZZI
Siamo sul punto di completare la seconda classe
della scuola secondaria di primo grado e ci siamo
resi conto che, quest’anno, siamo davvero cam-
biati. Abbiamo notato che ci sono molte differenze
rispetto aquando eravamo solo dei bambini; in-
somma è proprio vero che crescendo le cose
cambiano. Da piccoli non vedevamo l'ora di
uscire con la mamma, per farci anche solo una
bella passeggiata, ora, invece, preferiamo, di
gran lunga una bella pizza con gli amici o un bel
film, comodamente seduti sul divano, rispetto ad
una noiosa uscita con gli amici dei nostri genitori.
Ma diciamoci la verità: come non potevamo
amare quelle uscite se erano le sole che cono-
scevamo? Sì, perché da bambini non si ha ovvia-
mente bisogno di quell'indipendenza che invece
ora è di fondamentale importanza per noi. Uscivi
e non avevi problemi, eri spensierato e libero, non
dovevi pagare tu, non dovevi preoccuparti di
come tornare a casa...Ora invece le cose sono
decisamente cambiate e non sempre in meglio;
per una sola uscita devi passare il pomeriggio ad
organizzarla e poi occorre continuamente chie-
dere i soldi ai genitori, cosa per noi davvero sec-
cante, o andare avanti con i pochi spiccioli delle
sere precedenti. Nel corso della giornata abbiamo
mille doveri: apparecchiare, sparecchiare, fare il
letto. Spesso ci ritroviamo a litigare con i nostri
genitori per svariati motivi; loro continuano a ve-
derci come dei bambini e non capiscono invece
che ormai siamo cresciuti. Tuttavia anche se pos-
sono esserci del malintesi, i nostri genitori conti-
nuano a essere anche i nostri migliori amici, sono
le persone di cui ci fideremo sempre, che ci vor-
ranno sempre bene e che ci ascolteranno qual-
siasi cosa succeda, magari non sempre ci
capiranno, ma è il ciclo della vita; da sempre in-
fatti i genitori non hanno mai capito i figli nell'età
adolescenziale. Sì, perché alle medie si entra
bimbi e si esce adolescenti. Proprio per questo,
in questa delicata fase di crescita, i genitori sono
più apprensivi, ci controllano i cellulari, vogliono
sapere di più su ogni tipo di relazione, questo
però non va molto a genio ai ragazzi, benché non
abbiano, nella maggior parte dei casi, niente da
nascondere; è un comportamento che dà fastidio.
Pur crescendo, quindi, c’è una cosa nel tempo
che rimane invariabile e meravigliosa: l'amore in-
condizionato che provano e proveranno i nostri
genitori per noi e noi per loro. Questo è il nostro
punto di vista. Sarebbe bello, però, se un profes-
sore-genitore rispondesse nel prossimo numero,
offrendoci il punto di vista di un adulto. Sfida lan-
ciata!
II C
culture a confronto
LA PASQUA A RIBERA
La festa di Pasqua a Ribera ha origini antichis-
sime, risale alla prima metà del Settecento. Pur-
troppo non sono state ritrovate cronache
descrittive su come si svolgesse l'incontro. Da
un'attenta analisi dei documenti della prima metà
del '700 sembra che l'incontro non si svolgesse il
giorno di Pasqua, come avviene oggi, ma la notte
tra il Sabato Santo e la Domenica di Resurrezione.
Oggi la Pasqua è la festa più attesa e partecipata
dai riberesi. La preparazione alla festa avviene già
una settimana prima con la Domenica delle Palme,
prosegue per tutta la Settimana Santa e culmina
ne “lu 'ncontru” (l'incontro) nel giorno di Pasqua.
Nel giorno della Domenica delle Palme, in tutte le
chiese di Ribera, viene effettuata la benedizione
dei ramoscelli di ulivo e delle palme intrecciate ar-
tisticamente e portate soprattutto da bambini. Tra-
dizionalmente le palme e i ramoscelli d'ulivo
benedetti vengono conservati nelle abitazioni,
come segno di augurio e prosperità.
Nei giorni della Settimana Santa vengono allestite
diverse manifestazioni. Nella giornata del Giovedì
Santo i fedeli sono soliti effettuare il giro dei Sepol-
cri per rendere omaggio agli altari preparati nelle
varie parrocchie riberesi.
Nella giornata del Venerdì Santo viene commemo-
rata la Passione e la Crocifissione di Gesù attra-
verso una processione che ha inizio verso le ore
11 e che vede la partecipazione di tutti i sacerdoti
delle parrocchie di Ribera, dei rappresentanti delle
istituzioni e delle autorità che, assieme a tanti fe-
deli, formano la cosiddetta "Condotta" che accom-
pagna, al suono delle marce funebri intonate della
banda musicale, l'urna contenente la statua del
Cristo morto al Calvario, posto nella parte alta a
nord della città, in prossimità del cimitero. Qui
viene effettuata la Crocifissione di Gesù e viene
celebrata una messa all'aperto.
La statua del Cristo Morto resta in croce fino al
tardo pomeriggio, quando viene riposto nell'urna
ed assieme alla statua della Madonna Addolorata
viene accompagnata a spalla dai fedeli fino alla
Chiesa Madre, percorrendo tutto il corso principale
della città con una processione molto partecipata
chiamata la calata di la Cruci (la discesa dalla
Croce).
La vera festa è il giorno della Santa Pasqua che
rappresenta un momento di grande fermento.
Vede Ribera risvegliarsi in una atmosfera di magia
e di grande gioia, durante la quale tutti i cittadini,
dai più piccoli ai più grandi, vivono un momento di
indescrivibile emozione, ansia e felicità, nell'attesa
dell'ormai tradizionale "Incontro".
La giornata di Pasqua, così come tante altre feste
religiose, inizia con la solita mattutina "arburata",
in ogni parte del paese si odono spari di mortaretti,
accompagnati dalle note festose della banda mu-
sicale che annunzia il giorno di gioia.
La festa si svolge lungo il corso principale, che per
l'occasione brulica di persone ben vestite e di
gruppi di ragazzi e ragazze.
Con il passare delle ore la folla cresce a dismisura,
iniziano a confluire migliaia di persone e appaiono
i primi gonfaloni, in dialetto i “pali”, alte e pesanti
aste di legno a croce che sorreggono un telone de-
corato con figure sacre; sono in tutto una quindi-
cina, ed ognuno rappresenta un gruppo
parrocchiale o un’organizzazione locale. Dietro
corrono centinaia d’appartenenti ai vari gruppi, cor-
rendo al grido ritmico del “Largo, largo”. I balconi
vengono presi d'assalto, qualche albero viene sca-
lato da ragazzi che vogliono assicurarsi un punto
di vista più alto, mentre la maggior parte della
gente prende posto sui marciapiedi.
La giornata di Pasqua è caratterizzata da mille
suoni provenienti da fischietti, dal grido dei parte-
cipanti misto al brulichio di una immensa folla, dai
mille colori dei palloncini colorati.
Poco prima delle ore 14.00, appare, portata a
spalla, la splendida Vara di San Michele, che con
la sua luccicante spada sguainata e adornato di
bellissimi fiori freschi, scende lungo il corso per an-
dare ad annunziare alla Madonna Addolorata la
Resurrezione del Figlio. Davanti alla chiesa del
Rosario si trova già in attesa la Madonna, ancora
coperta da un manto nero, che ancora non ha ap-
preso la notizia della resurrezione del figlio croce-
fisso, mentre un'altra banda esegue ancora una
triste marcia funebre. Dapprima, sempre di corsa
ed al grido di "Largo, largo", sfilano davanti alla
Madre di Gesù tutti i gonfaloni, che si dispongono
nell'ampia Piazza Duomo. A questo punto entra in
gioco San Michele, l’annunciatore, la cui statua
piena di fiori, è portata fino a quella della Madonna.
Si piega in tre inchini. Compiuto il suo dovere San
Michele risale il corso fino al “corso Margherita”,
dove si è spostata la statua di Gesù risorto.
La Madonna finalmente “crede” alla resurrezione
del figlio, tutti si scatenano, vola il velo nero che
l’avvolge, cominciano ad esplodere i mortaretti, la
banda intona una marcia allegra e sostenuta tra i
fragorosi botti, l'odore acre della polvere da sparo,
l'immenso fumo che invade la piazza, il suono
delle campane della chiesa e gli applausi della
gente, la statua della Madonna, preceduta e se-
guita da migliaia di devoti, arriva ai piedi del Figlio.
L'aria è invasa da qualcosa di magico, i volti della
gente si impietriscono di emozione.
Ed ecco il momento più solenne, l'Incontro vero e
proprio: per ben tre volte si vede la Madonna don-
dolare e inchinarsi fin quasi a baciare i piedi del Fi-
glio.
A quell’insieme di suoni, allegria, e musica si me-
scolano gli applausi della gente euforica e com-
mossa. Volano le colombe in segno di pace e
giubilo, tutti vanno verso il centro dell’incontro in
una fumata di folla allegra e commossa per
l’evento.
Quella di Pasqua, per Ribera, è senz'altro una gior-
nata indimenticabile ed occorrerà ogni volta un
altro intero anno per riprovare le stesse emozioni.
Giuseppe Tumbarello
III B
AUSTRIA: TRADIZIONI
L'Austria vanta molte tradizioni e ricorrenze: i
mercatini di Natale presenti in tutte le città austria-
che, ma anche le feste legate alla Pasqua con
tanti giochi pensati per i più piccoli, la transu-
manza del bestiame in autunno, che coinvolge
moltissimi alpeggi e vede la partecipazione di in-
teri paesi addobbati e feste dai nomi impronun-
ciabili come il Krapfenschnappen e il
Klaubaufgehen.
FESTE DELLA TRANSUMANZA
Ogni anno nel Tirolo si svolgono una cinquantina
di feste per la transumanza del bestiame che se-
gnano la fine del periodo del pascolo in montagna
e l'inizio della permanenza degli animali nelle
stalle d'inverno.
Proprio questo ritorno del bestiame a valle viene
festeggiato con una grande festa nei paesi. Dalla
metà di settembre le mucche adornate con cam-
panelle, fiori, fiocchi e stemmi ritornano nelle pro-
prie stalle sotto la guida della Moarckuh, la
mucca-capo. In fila seguono vitelli, tori e il piccolo
bestiame come capre e pecore.
E a valle, dove la gente aspetta il rientro dei con-
tadini con il bestiame, si prepara intanto una gran-
dissima festa con tipiche specialità regionali e
musica.
Il significato originario di questa festa è un ringra-
ziamento a Dio per avere protetto il bestiame da
qualsiasi disgrazia.
KRAPFENSCHNAPPEN
Il “Krapfenschnappen” è la festa più interessante
del Tirolo Orientale. La parola “Krapfenschnap-
pen” significa letteralmente “acciuffare i krapfen”.
I ragazzi indossano una camicia bianca, un pezzo
di pelliccia sopra il viso ed un cappello e si av-
viano per le strade del loro paese, spostandosi di
casa in casa. Nelle mani tengono il cosiddetto
“Schnapper”, un bastone tipico con una testa di
un animale, come per esempio un gallo o un
montone. Al loro arrivo le contadine ed i contadini
danno ai ragazzi i krapfen e per ringraziarli, i
“Krapfenschnapper” intonano qualche canzone.
KLAUBAUFGEHEN
Ogni anno a Matrei, piccolo paesino dell'Austria,
dal 4 al 6 dicembre si può assistere ad una tradi-
zione degna d’essere vista, anche se per certi
aspetti inquietante: strane creature attraversano
in gruppo il villaggio, mettendo paura ai passanti
o chiedendo di entrare nelle case. Nel buio della
notte inizia questa speciale tradizione: i cosiddetti
“Kleibeife” si trovano sulle strade in gruppi, trave-
stiti con pellicce, portano cinture di cuoio attorno
al loro ventre e sulla schiena campane che fanno
chiasso quando si muovono. Inquietanti sono so-
prattutto le loro maschere, le quali sono scolpite
in legno. Questa tradizione si ripeteva in molte
zone dell'arco alpino, ma in tempi moderni è stata
quasi dimenticata.
Silvia Di Lucia, Stefania Ragusa
Sofia Salvato, Denise Sciacchitano
II A
scrittUra crEatiVa
Le fiabe
LA PASSIONE FUNESTA
C'era una volta, in un castello, una bellissima
contessa dagli occhi azzurri e dai capelli biondi,
Maria-Alfa de Ribera.Tutti gli uomini che passa-
vano vicino a lei se ne innamoravano, ma a lei
non importava fidanzarsi.Un bel giorno Guglielmo
Moncada si recò al castello per un colloquio con
il conte Luna, padre di Maria. Appena gli occhi
della giovane e del principe si incrociarono, fu su-
bito un colpo di fulmine. Il principe si recò più
volte al castello, ma quando il conte capì che
c’era qualcosa di più di una semplice amicizia,
impedì alla figlia di vedere Guglielmo. Maria non
accettò la decisione del padre, così una notte de-
cise di scappare via. La mattina dopo il conte si
accorse che la ragazza non era più al castello,
così decise di mandare tutte le guardie a cercarla.
Le guardie tornarono al castello senza averla ri-
trovata e il conte si arrabbiò, decidendo che se
Maria non fosse tornata entro la stessa notte li
avrebbe decapitati. Guglielmo capì tutto quello
che stava succedendo e quindi chiese alla gio-
vane contessa di ritornare, ma Maria si rifiutò.
Così Guglielmo la ingannò, dicendole che il padre
era partito e che potevano stare al castello per
una settimana. Maria accettò e fece ritorno.
Giunti al castello,videro il conte furioso con Maria
per il suo ingiustificabile comportamento. La ra-
gazza corse immediatamente a rinchiudersi nella
sua camera piangendo a dirotto per l’inganno di
Guglielmo. Ella allora, per una settimana,decise
di non rivolgere più la parola al suo amato Gu-
glielmo. Una notte il giovane andò al castello, si
fermò sotto la finestra della camera di Maria e co-
minciò a cantarle una serenata con in mano un
LA CUCINA CECA
La cucina ceca vanta una grande tradizione e
propone piatti saporiti e consistenti. I cechi, infatti,
amano mangiare e bere tanto.
La cucina della Repubblica Ceca e della Boemia
in particolare è molto influenzata dal microclima
della regione: circondata da montagne, la Boemia
produce una grande varietà di frutta e verdure,
nonché cereali, alimenti la cui disponibilità, unita
ad un allevamento molto fiorente, si riflette in una
grande ricchezza culinaria.
Tra gli ingredienti più utilizzati, infatti, c’è la carne;
mentre il pesce è meno usato.
Il gusto dei piatti si distingue per la presenza co-
spicua di sale e aromi. Il piatto di carne più diffuso
è il maiale, servito arrosto, accompagnato da
crauti. In alternativa al maiale, si può mangiare
carne di oca, fagiano, anatra. Come contorno ai
piatti di carne con salse vengono serviti i tipici
knedliky (gnocchi di patate simili ai canederli tren-
tini). Il tutto viene accompagnato da grandi quan-
titativi di birra che è veramente a buon mercato. I
cechi sono orgogliosi di essere produttori di que-
sta bevanda e ne bevono in media una bottiglia
al giorno.
Il Vepřoknedlozelo è considerato il piatto fonda-
mentale della cucina ceca: si tratta di carne di
maiale, canederli e crauti. Anche se abbastanza
grassa, questa specialità è la preferita degli abi-
tanti del posto.
Altro cibo tipico è il Trdlo ovvero una spirale di
pasta dolce che viene cotta su una brace ardente
attorno ad un’apposita struttura di legno. Dorato
all’esterno, il Trdlo racchiude un cuore soffice e
vellutato, dal gusto inimitabile e può essere arric-
chito con zucchero e cannella, cacao, vaniglia o
altre spezie a richiesta.
Famosissimo è, inoltre, il prosciutto di Praga, un
prosciutto di maiale affumicato con legna di mon-
tagna. Le salsicce, per finire, sono le regine in-
contrastate delle piazze e dei vicoli praghesi.
Sono bianche, piccanti, di maiale, di cavallo, di
manzo e vengono servite in abbinamento con
una delle mille salse di cui la cucina ceca straripa.
II B
FESTE IN ROMANIA
In Romania è possibile partecipare ad alcune
feste tipicamente locali e scoprire antiche tradi-
zioni, usi e costumi. Solitamente, queste feste
sono dovute e legate al succedersi delle stagioni
e ai lavori agricoli di una volta oppure sono feste
cristiane, che trovano origine negli antichi riti pa-
gani. Il popolo romeno, molto legato alle tradi-
zioni, sente molto queste feste e vi partecipa
numeroso e calorosamente.
Festa di San Nicola
Le feste invernali iniziano il 6 dicembre con il
giorno di San Nicola, durante il quale i bambini,
se sono stati buoni durante l’anno, ricevono i re-
gali o un bastone nelle scarpe, se devono essere
puniti.
Colindatul
Durante le feste natalizie i bambini romeni, vestiti
con abiti caratteristici, si recano in visita nelle
case per il “Colindatul”, gli auguri cantati, in cam-
bio di una tradizionale ciambella dolce intrecciata,
simbolo di prosperità. Tra i canti più intonati ci
sono “MosAjunul” (“Babbo Vigilia”) e la “Steaua”
(“La stella”).
Il Plugul
Il” Plugul” è un antico canto dai temi rurali che in-
tonano i ragazzi per festeggiare l’inizio del nuovo
anno. Il “Plugul” accompagna un simbolico aratro
del giardino di casa in segno di buon augurio.
La Festa della Capra
Le origini della “Festa della capra” sono antichis-
sime e risalgono al rito pagano di sacrificio del-
l’animale per gli dei. Negli anni il sacrificio della
capra è stato abbandonato e la cerimonia, attual-
mente, prevede un rito collettivo, durante il quale
si lancia del grano sulla capra in segno di augurio
e prosperità per il nuovo anno.
Boboteaza
Nel giorno dell’Epifania in Romania si celebra il
“Boboteaza”, il battesimo di Gesù nel Giordano.
Durante le celebrazioni si benedicono le acque
gelide dei fiumi e dei laghi: il prete getta un croci-
fisso e gli uomini nuotano per recuperarlo. La cre-
denza vuole che chi lo recupera non avrà malattie
per tutto l’anno.
La Pasqua in Romania
In Romania la Pasqua è una festa molto sentita
e i credenti digiunano nei quaranta giorni prece-
denti per purificare il corpo e lo spirito. La Setti-
mana Santa è aperta dalla “Domenica dei
fiori”, quando vengono rievocate le passioni di
Cristo, poi il Giovedì Santo vengono letti i Vangeli.
Il sabato sera si celebra la suggestiva Messa
della mezzanotte. Durante la settimana le case
vengono dipinte, i giardini sistemati e iniziano
anche i preparativi per il pranzo pasquale, du-
rante il quale tutti gli invitati indossano vestiti
nuovi. I bambini ricevono uova dipinte, dei veri e
propri capolavori, che il capofamiglia rompe, sbat-
tendole contro quelle del vicino di tavolo escla-
mando: “Hristos a inviat”, letteralmente “Cristo è
risorto”, mentre l’altro risponde “Adevarat a in-
viat”, letteralmente “E’ veramente risorto”.
Sanziene
La “Festa di Sanziene” o “Dragaica” si festeggia il
24 giugno ed è la più spettacolare festa pagana
inclusa nel calendario delle feste cristiane orto-
dosse della Romania. È collegata al mito della
fertilità della terra e le vergini raccolgono la pianta
“Sanziene” per lavarsi con la rugiada e restare
sempre belle e giovani.
Martisor
La “Festa di Martisor” segna l’arrivo della prima-
vera e si celebra l’1 marzo. Essa nasce dalla leg-
genda di un giovane rumeno che ha sacrificato la
sua vita per liberare il sole dall’inverno. Durante
il “Martisor” si regala un ciondolo con un filo in-
trecciato di due colori: rosso come il sangue e
bianco come la neve. Il ciondolo è un portafortuna
e allontana dalle malattie e dal malocchio.
Sant’Andrea
II 30 novembre si festeggia Sant’Andrea, il santo
patrono della Romania, colui che ha portato il Cri-
stianesimo in queste regioni. La notte, chiamata
la notte del lupo che porta l’inverno, notte degli
spiriti oppure notte dei sortilegi, si chiudono tutte
le finestre e le porte delle case, che vengono
anche unte di aglio per tenere lontani gli spiriti. La
notte di Sant’Andrea è anche la notte durantela
quale le ragazze possono conoscere il loro futuro,
guardando il fondo di un pozzo, alla luce di una
candela.
II D
Sesto numero – Maggio 2017
Istituto Comprensivo “Vincenzo Navarro” di Ribera
Dirigente Scolastico: Dott.ssa Paola Triolo
DSGA: Vincenzo Geraci
Docente referente: Teresa Bilello
Docenti coinvolti: T.Bilello, L.Calcara, V. Chetta, S. Di Giorgi, A. Guirreri, C.Lo Cascio, G.Mangiapane, G. Miceli, M. Musso,
G. Perrone, A.M. Ragusa, L. Savoca, M. Trento, C.Urso,
Classi coinvolte: Tutte le classi della Scuola Secondaria di primo grado “V. Navarro”
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Il racconto fantasy
IL REGNO DI ZOWARKAND
Nel regno di Zowarkand vivevano in armonia uo-
mini e creature magiche, come elfi, gnomi, fate e
draghi. Un giorno la loro serenità venne distrutta
dall'arrivo di un cavaliere nero il quale, aiutato da
una strega perfida e cattiva, fece piombare il
regno nell'oscurità, riducendo in schiavitù tutti gli
abitanti. Per molti anni Zowarkand rimase im-
mersa nel buio e nel caos più totale; infatti le
creature più forti avevano sottomesso quelle più
deboli, le fate e gli gnomi erano stati resi schiavi,
molti draghi erano diventati cattivi. Ognuno era
rassegnato al proprio destino.
Un giorno nella foresta del regno un draghetto di
nome Ifrit, veniva inseguito da alcuni orchi, i quali
volevano catturarlo e renderlo schiavo; mentre
stavano per prenderlo, un giovane cavaliere, che
passava da lì per caso, riuscì a salvarlo dagli
orchi. Il draghetto per riconoscenza decise che
da quel giorno avrebbe dedicato la sua vita ad
aiutare il giovane cavaliere. I due si misero a par-
lare e Ifrit gli raccontò tutta la storia di Zowarkand,
e così il giovane, che si chiamava Tidos, decise
di aiutare gli abitanti del regno. Iniziò così la lotta
contro "il male". Tidos e il draghetto riuscirono a
sconfiggere alcuni seguaci del cavaliere nero e
così, sparsasi la voce delle loro imprese, gli abi-
tanti cominciarono a sperare nella loro salvezza.
Purtroppo la voce delle loro vittorie arrivò anche
alle orecchie del cavaliere nero che ordinò alla
strega e ai suoi seguaci di trovare il giovane e uc-
ciderlo. Intanto, con il trascorrere del tempo,
Tidos e Ifrit diventarono sempre più forti e così,
dopo aver liberato le fate e gli gnomi, decisero
che era giunto il momento di affrontare il cavaliere
nero. Le fate e gli gnomi dissero a Tidos che il ca-
valiere si trovava su un monte in una fortezza sor-
vegliata e custodita da terribili orchi. Prima della
partenza gli diedero una pietra e un paio di oc-
chiali magici Arrivati al monte si trovarono davanti
un'orda di orchi e così ebbe inizio una dura e vio-
lenta battaglia. Dopo un lungo ed estenuante
combattimento gli orchi vennero sconfitti e Tidos
e il draghetto arrivarono alla fortezza dove ad at-
tenderli c'era proprio il cavaliere nero insieme al
suo malefico drago. Iniziarono subito a combat-
tere a cavallo dei rispettivi draghi; poi quando il
cavaliere nero venne disarcionato anche Tidos
decise di combattere a terra. Colpo su colpo,
spada contro spada, sembrava che il cavaliere
nero avesse la meglio, ma Tidos raccolse tutte le
sue forze e, presa la pietra magica che conser-
vava in tasca, la lanciò in aria. La pietra, una volta
scagliata, creò un gran polverone e solo chi in-
dossava gli occhiali magici poteva vedere tra la
polvere ogni cosa in maniera nitida e chiara. Il
giovane Tidos, inforcati gli occhiali, sferrò così dei
colpi mortali con la sua spada uccidendo il cava-
liere nero e il suo drago.
Finalmente nel regno di Zowarkand tornò a re-
gnare la pace e l'armonia e dopo tanti festeggia-
menti Tidos in compagnia di Ifrit decise di
rimettersi in viaggio in cerca di nuove avventure.
Marika Giummarra
I E
bellissimo mazzo di fiori.
La fanciulla si affacciò e
appena lo sentì iniziò a
piangere per la gioia; così
scese di nascosto e gli
andò incontro dandogli un
bacio. Il padre li vide, ma
non disse niente perché
capì che la felicità della fi-
glia era la cosa più impor-
tante. Il giorno seguente il conte invitò a cena Gu-
glielmo. Il principe colse l’occasione per chiedere
al conte la mano di sua figlia. Il conte accettò,
così Guglielmo fece a Maria la proposta di matri-
monio e la ragazza, felicissima, rispose immedia-
tamente di sì. Il giorno seguente tutti
cominciarono a preparare il matrimonio. Maria e
sua madre pensarono a realizzare un meravi-
glioso abito da sposa, mentre Guglielmo, con il
padre di Maria, andò a incontrare il vescovo in
chiesa per stabilire il giorno del matrimonio. Il
giorno delle nozze tutti erano felici ed emozionati.
La sposa indossava un abito di seta con i fiori e il
velo, mentre lo sposo indossava un abito di vel-
luto nero. Dopo le nozze vissero tutti felici e con-
tenti.
Alessia Messina,
Carla Messina
I C
Il racconto storico
LA DUCHESSA CORAGGIOSA
Il Conte Luna, attratto dal clima mite e dalla bel-
lezza incomparabile dei luoghi del castello di Mi-
silcassino, annualmente, nel periodo invernale, vi
andava a risiedere; egli lo aveva ribattezzato «ca-
stello di Poggio Diana» in onore della moglie e
Diana Moncada lo prediligeva a tal punto che era
veramente felice di trascorrervi alcuni mesi del-
l’anno.
Il castello era stato costruito con pietra arenaria
da taglio, con piccole finestre rettangolari, con un
ponte levatoio, un ampio cortile, la cappella, la
scuderia, l’armeria e la caserma per la guarni-
gione. Esso aveva due ingressi: uno rivolto a
mezzogiorno e l’altro a settentrione che immette-
vano in un ampio cortile. La linea di difesa
esterna del castello era costituita da un ampio
muro, mentre un altro muro, costituito da fabbri-
cati interni, chiudeva la fortezza; sbarrate le due
porte il castello era inespugnabile.
Diana si sentiva molto sicura al castello e vi re-
stava molto volentieri anche quando il marito si
allontanava per andare in aiuto dei suoi vicini.
Una sera però successe qualcosa che spaventò
la duchessa; il sonno le fu interrotto da un rumore
che proveniva da fuori le mura del castello. Si af-
facciò dalla finestra e non vide nulla, però capì
che c’era qualcosa di strano perché i cavalli
erano molto agitati. Diana urlò e chiamò le guar-
die, ma capì di non essere sentita da nessuno.
Allora corse attraverso uno dei passaggi segreti,
che solo lei conosceva, e riuscì ad arrivare alla
cappella, a suonare le campane e così allertò la
guarnigione. I soldati, messi in allarme dal suono
delle campane ininterrotto, sbarrarono tutte le vie
di accesso al castello e nel controllo delle mura
di difesa scovarono una banda di venti uomini.
Scoppiò una lotta per impedire l’invasione ne-
mica, ma nella lotta alcuni dei briganti lanciarono
delle frecce infuocate che innescarono un incen-
dio nel fienile accanto alla scuderia. La lotta fu
ardua, ma la duchessa Diana intuì la difficoltà dei
suoi uomini e li condusse attraverso un passag-
gio segreto, alle spalle dei banditi, prendendoli di
sorpresa. Riuscì così con astuzia a uscire illesa
da questa avventura e a far catturare i malfattori.
Durante il viaggio, però, verso le galere, che si
trovavano ad Acragas, i briganti riuscirono a
scappare e a risalire il fiume Sosio Verdura, arri-
vando fino alla sorgente che si trovava vicino al
loro nascondiglio. Lì dentro c’era un grosso bot-
tino con molto oro, argento e altri metalli preziosi
che avevano rubato.
I briganti con la refurtiva riuscirono ad assoldare
degli uomini per espugnare il castello. Arrivarono
alle pendici del castello, risalendo il fiume Ver-
dura, con delle navi da combattimento per assal-
tarlo. Dopo ore di estenuante lotta, la duchessa
Diana riuscì, attraverso uno dei suoi passaggi se-
greti, a recarsi a Caltabellotta dove avvisò l’eser-
cito.
Ma i briganti scoprirono il passaggio segreto, en-
trarono nel castello e uccisero tutta la guarni-
gione, rubando tutto quello che c’era.
Quando Diana tornò e vide cosa era successo, si
mise subito sulle loro tracce; arrivò fino al loro na-
scondiglio dove lei stessa li catturò e li portò ad
Acragas.
Mario Cortese
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  • 1. www.navarro.it il nostro giornalino d’istituto L’ISTITUTO COMPRENSIVO “VINCENZO NAVARRO DI RIBERA RICEVE UN PRESTI- GIOSO RICONOSCIMENTO PER IL PROPRIO GIORNALE D’ISTI- TUTO WWW.NAVARRO.IT L’anno scolastico 2016-2017 si avvia a conclu- dersi con grande soddisfazione per l’Istituto Com- prensivo “Vincenzo Navarro”; da pochi giorni, infatti, è arrivata la notizia che il proprio giornale d’istituto www.Navarro.it ha ricevuto dall’Associa- zione Nazionale del giornalismo scolastico un prestigioso riconoscimento per la sezione crona- che scolastiche. Con nostro grande orgoglio, il giornalista riberese Enzo Minio ha dedicato alla notizia un articolo pubblicato sul quotidiano “La Sicilia” e, pertanto, abbiamo voluto approfittare della prima pagina dell’ultimo numero del nostro giornale d’istituto per riportare per intero l’articolo del nostro concittadino riberese; abbiamo pen- sato, infatti, che così avremmo chiuso in bellezza, per quest’anno, la nostra attività di giornalisti in erba. Qui di seguito l’articolo pubblicato su La Si- cilia del 5 maggio. il giornale www.navarro.it ha superato una sele- zione effettuata su 2.221 testaste studentesche italiane, entrando di fatto tra le prime 100 reda- zioni scolastiche nazionali per aver saputo pro- muovere – si legge nell’attestato di riconoscimento – il giornalismo scolastico e per aver contribuito al processo di formazione dei ra- gazzi accrescendone la sensibilità nei confronti della scrittura e delle tematiche dell’informazione. la particolarità del “www.navarro.it” consiste nel fatto che tutte le classi della scuola secondaria di primo grado sono state coinvolte nella sua realiz- zazione; le classi prime vi partecipano con attività di scrittura creativa, le classi seconde con appro- fondimenti sulle tradizioni culturali dei Paesi eu- ropei, le classi terze, infine, con articoli di cronaca scolastica o relativi alle problematiche giovanili o all’attualità. il giornale d’istituto è entrato a far parte del PtoF – riferisce la docente referente del progetto te- resa Bilello – già dallo scorso anno e si è dimo- strato molto istruttivo e interessante, perché ha stimolato e rinnovato negli studenti il piacere della lettura, della comunicazione e della scrittura. il giornale d’istituto, sostengono i docenti della scuola secondaria, ha rappresentato per i ragazzi un validissimo strumento per far conoscere agli altri, fuori dalle mura scolastiche, le molteplici esperienze educativo-didattiche che hanno con- diviso e che hanno vissuto nel corso dell’anno scolastico. cronaca scolastica INSIEME PER FAR CRESCERE LE NOSTRE EMOZIONI Anche quest’anno l’Istituto Comprensivo “Vin- cenzo Navarro” sta offrendo la possibilità ai suoi studenti, sia quelli di quinta elementare sia quelli di prima media, di poter partecipare a un labora- torio di teatro. Questo è il terzo anno di seguito che il nostro istituto investe nell’attività teatrale, poiché ha compreso l’alto valore formativo della recitazione. E d’altronde è lo stesso Ministero della Pubblica Istruzione che raccomanda a tutte le scuole d’Italia di introdurre l’attività teatrale in modo stabile nella didattica per sensibilizzare i ra- gazzi ai valori educativi e culturali del teatro. Noi siamo entusiasti di prendere parte al laboratorio organizzato dalle professoresse Bilello, Miceli e Ragusa perché, come ci hanno spiegato, il lavoro del teatro è strettamente collegato alla matura- zione e la crescita dei bambini: insegna l'autocon- trollo, la disciplina, la percezione di sé e degli altri, la capacità di ascolto, la pazienza, l'autocritica, il “gusto del bello”. Abbiamo iniziato questo per- corso già a febbraio, pensando che recitare fosse una cosa semplice: bastava studiare a memoria KANGOUROU DELLA MATEMATICA Anche quest’anno gli alunni dell'Istituto Compren- sivo “Vincenzo Navarro” di Ribera partecipano al gioco concorso “Kangourou della matematica”. La partecipazione al concorso è stata la finalità del percorso curricolare " GIOM@TICA", ovvero giochi matematici, avviato sin dall'inizio dell'anno scolastico dagli insegnanti di matematica dell'Isti- tuto Comprensivo “Vincenzo Navarro” nelle ore di ampliamento della matematica. Esso ha avuto lo scopo di abituare gli studenti ad affrontare le prove INVALSI, allo stesso tempo ha rappresen- tato una palestra per la preparazione degli alunni per il gioco-concorso “Kangourou della Matema- tica”. La partecipazione al gioco concorso non è obbligatoria, per cui non tutti gli alunni hanno ade- rito all'iniziativa. In particolare l'Istituto “Vincenzo Navarro” ha partecipato con 80 ragazzi: 46 alunni della categoria Benjamin (prima e seconda media), 20 ragazzi della categoria Cadet (terza media) e 14 alunni di quinta elementare che hanno seguito le attività del “Progetto Continuità”, tutti coordinati dalla Prof.ssa Ferrigno. Il “Kan- gourou della matematica” viene espletato in tutto il territorio nazionale e, in contemporanea, in vari Paesi aderenti all’iniziativa. La novità di que- st’anno consiste in una fase regionale, il 27 mag- gio, oltre alla fase locale, espletata il 16 marzo, e alla finale nazionale di Mirabilandia a fine settem- bre.Le prove effettuate vengono inviate al Dipar- timento di Matematica dell'Università degli Studi di Milano dove avviene la correzione ed è stilata la graduatoria nazionale. Su 80 nostri partecipanti 28 si sono qualificati per la semifinale regionale che si svolgerà il 27 maggio a Catania presso il Liceo “G. Turrisi Colonna”. Nello specifico per la categoria Ecolier (quinta elementare): Caruana Elide, Colletti Federica, Gullo Domenico, Giar- dina Chiara, Miceli Chiara, Petrone Mattia, Russo Simona e Spataro Alessia; per la cate- goria Benjamin (prima e seconda media): Panta- leo Nicola (prima), Campione Elisa, Ficara Asia, La Malfa Ilaria, Tortorici Clelia, Vacante Maria, Virgadamo Jack (seconda); per la cate- goria Cadet (terza media): Balletta Pietro, Bar- bera Giuseppe, Bivona Leonardo, Castagna Onofrio, Chetta Marzia, La Malfa Elisa, Maggio Vincenzo, Palermo Giuseppe, Roccaro Ema- nuele, Tortorici Roberto, Smeraglia Leonardo, Zambuto Onofrio e Zambuto Stefano. Il “Kan- gourou della Matematica” ha lo scopo di promuo- vere la diffusione della cultura matematica di base utilizzando uno strumento particolare: il gioco-concorso. Si tratta di una attività stimolante al di fuori dell'insegnamento tradizionale della matematica. Il successo della attività, già speri- mentato anche negli anni precedenti, al di là dello spirito competitivo e dell'occasione di incontro e di scambio tra studenti e docenti, risiede nella qualità dei problemi che vengono proposti. In essi la matematica è campo di sfida e, soprattutto, è fonte di divertimento ed ha una forte ricaduta sul percorso didattico-educativo relativo alla disci- plina. Prof.ssa A. Ferrigno
  • 2. LA FAMIGLIA Come ogni anno, gli studenti delle terze classi della scuola secondaria di primo grado partecipe- ranno al concorso organizzato dalla famiglia del professore Tommaso Pensabene-Lionti, docente di scuola media a cui l’amministrazione locale ha dedicato anche l’intitolazione di una via della no- stra cittadina. Il tema del concorso sarà la famiglia e tutti gli alunni saranno chiamati a produrre un elaborato scritto in cui ogni studente dovrà riflet- tere su questo importante argomento. La famiglia è un’istituzione importante per la nostra società; essa ha subito radicali trasformazioni nel corso dei secoli, anche se continua a svolgere un ruolo primario nell’educazione dei figli ed è, quindi, una guida fondamentale per noi ragazzi. Il primo nu- cleo familiare può rintracciarsi già in epoca prei- storica, quando i nostri antenati si proteggevano e difendevano l’uno con l’altro. Nel tempo essa si è evoluta secondo il modello patriarcale, dove a gestire tutto e tutti era il “pater familias” e per molto tempo le coppie si sono formate per volere dei padri, ma soprattutto per motivi di interessi economici; già alla nostra giovane età, non an- cora maturi e responsabili, i ragazzi si sposavano. Oggi,invece, prevalgono tipi di famiglie totalmente diverse: quelle allargate, quelle formate da coppie di omosessuali (che con una nuova legge pos- sono sposarsi), quelle nucleari, che sono le pre- valenti, cioè le famiglie in cui entrambi i genitori si occupano dei figli. Purtroppo oggi si è un po’ perso il significato della parola” famiglia” e, grazie a questo concorso, si vuole far comprendere ai ragazzi delle giovani generazioni il vero valore e la vera fortuna che abbiamo nel vivere all’interno delle nostre famiglie. Per questo vogliamo co- gliere l’occasione, offertaci dal nostro giornale d’istituto, per ringraziare la famiglia Pensabene- Lionti che ormai da diversi anni sollecita i giovani a riflettere sull’importanza e sul valore di questa istituzione. III C le proprie battute. Ma con il procedere delle atti- vità, abbiamo compreso che per diventare dei pic- coli attori non bastava ricordarsi soltanto il testo, ma era ancora più importante acquisire delle competenze specifiche. Durante i primi incontri, infatti, ci siamo dedicati a svolgere dei divertenti esercizi ludici legati all’arte del teatro. Con essi abbiamo capito che un bravo attore utilizza l’espressione del viso, la mimica del corpo, la giu- sta intonazione per poter interpretare bene il ruolo che gli è stato assegnato. E così anche noi ab- biamo imparato, attraverso questi esercizi, a sa- perci muovere su uno spazio scenico, utilizzando il nostro viso, il nostro corpo e la nostra voce per comunicare un’emozione. Terminata la prima parte del laboratorio, le nostre insegnanti ci hanno riferito che quest’anno avremmo portato in scena addirittura “I promessi sposi”, un’opera famosissima del grande Alessan- dro Manzoni. E così abbiamo fatto i casting per l’assegnazione dei ruoli. E’ stato davvero emozio- nante il giorno in cui le insegnanti hanno asse- gnato ad ognuno di noi una parte, anche se ci hanno spiegato che non è importante il personag- gio che interpretiamo, perché una rappresenta- zione scenica non è fatta dal singolo attore ma da tutta la compagnia. Durante le successive prove, quando ognuno di noi interpretava il proprio per- sonaggio, ha vissuto un’esperienza unica perché era come se uscissimo dalla nostra vita per di- ventare delle persone diverse da quelle che siamo normalmente. L’esperienza del teatro, in- fatti, è unica perché ti permette di vivere tante vite e di esprimere tutte le possibili emozioni che sono vive e presenti. Adesso aspettiamo con ansia il giorno della rappresentazione. Il 6 giugno, quando finalmente porteremo in scena il frutto di tanto impegno e lavoro, sarà una bella soddisfa- zione per tutti noi! Simona Montana Alessia Russano I D STUPEFATTO Il 3 aprile, noi studenti delle classi seconde e terze della scuola secondaria di primo grado “Vin- cenzo Navarro” abbiamo avuto la possibilità di as- sistere a uno spettacolo davvero interessante e istruttivo, uno spettacolo che ha rappresentato una promozione della vita contro ogni dipen- denza! “Stupefatto….avevo 14 anni, la droga molto più di me”, dal romanzo autobiografico di Enrico Comi, è stato patrocinato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e promosso da Iti- neraria Teatro e per la prima volta, grazie al la- voro della prof.ssa Mary Musso, referente del progetto, è stato portato in scena a Ribera, al Cine Teatro Lupo. L’attore Fabrizio De Giovanni, allievo del grande maestro Dario Fò, con un sem- plice leggio in scena, immagini video e un sotto- fondo musicale, ci ha raccontato i pericoli della droga, cosa vuol dire iniziare a fumare uno spi- nello o voler provare che effetto fa la cocaina o “sballarsi” con una pasticca tanto per divertirsi. Il risultato è che noi alunni delle seconde e terze medie, insieme agli studenti del biennio del liceo Scientifico di Ribera, abbiamo capito che bisogna sempre dire NO ALLA DROGA. Abbiamo assistito allo spettacolo “Stupefatto” in religioso silenzio. L’attore ha recitato le prime battute ed in teatro è calato il buio. I cellulari sono stati spenti; non ser- vivano, non abbiamo avuto neanche il tempo di guardarli. Abbiamo provato una grande emo- zione; la recitazione di Fabrizio Comi è stata emo- tivamente coinvolgente. Il livello di attenzione è salito sempre di più. L’attore protagonista, attra- verso un fantastico monologo, ha portato in scena la vera storia di Enrico Comi, autore del libro ed ex tossicodipendente. Alla fine dello spettacolo con grande sorpresa, lui era lì; è salito sul palco e si è rivolto a noi studenti dicendo “Ragazzi, non cadete in quel buio. È difficile uscire dalla schia- vitù”. Poi ha aggiunto: “Sono stato un tossico, ora invece vi dico che la droga uccide”.Dagli sguardi si intuiva che tutti i ragazzi erano emotivamente colpiti; tutti hanno riflettuto sulla storia vera di En- rico e sulle problematiche connesse all’uso di stu- pefacenti. Di persone come Di Rico al mondo ce ne sono tante, persone che lasciano tutto per la droga: famiglia, felicità, salute e spensieratezza solamente perché credono che con l’uso di so- stanze stupefacenti possano evadere dalla realtà. Nella vita è facile scegliere quella che può sem- brare una scorciatoia; la vita invece va vissuta così come si presenta ogni singolo giorno, perché può sembrare assurda, ma è talmente perfetta che di queste sostanze non c’è bisogno. Tutti gli studenti dovrebbero assistere a questo spetta- colo perché fornisce informazioni utili per scardi- nare soprattutto i luoghi comuni più diffusi intorno alla droga: “Smetto quando voglio”, “Le canne non hanno mai ucciso nessuno” e quando un gio- vane comprende a fondo le problematiche legate all’uso di stupefacenti riesce a sviluppare un mi- glior senso critico che lo rende capace di pren- dere decisioni autonome nei confronti di tali sostanze; solo così, infatti, i giovani possono ca- pire che bisogna scegliere sempre la vita perché la vita è bella!!!!!! Martina Quartararo IIC IL VULCANO CHIMICO:UNA REAZIONE DIVERTENTE Noi alunni della scuola secondaria di primo grado abbiamo avuto l’occasione, durante quest’anno scolastico, di arricchirci culturalmente attraverso esperienze laboratoriali che si sono rivelate istrut- tive e divertenti. Tra tutte queste, vogliamo pre- sentarvi un’attività che abbiamo svolto durante le ore di scienze della professoressa Carla Lo Ca- scio. In questo laboratorio scientifico abbiamo si- mulato, con un esperimento, la reazione che av- viene durante un’eruzione vulcanica. Ma prima di passare al nostro esperimento, vogliamo spie- garvi sinteticamente cos’è un vulcano e come av- viene un’eruzione vulcanica. Un'eruzione vulcanica consiste nell'emissione di magma sulla superficie terrestre. Nel punto in cui avviene l'eru- zione si forma un vulcano. In genere i vulcani hanno la forma di un rilievo, percorso nel centro da un  condotto  all'interno del quale risale il magma. Lo sbocco all'esterno del condotto è detto  cratere. Il magma è formato da un  liquido  con temperature intorno a 1.000- 1.200°C, che si forma per fusione di materiale contenuto nel mantello terrestre. Insieme al li- quido si trovano anche  cristalli solidi e gas.I gas contenuti nel magma sono di di- versi tipi, ma in genere il più abbondante è il va- pore acqueo. Dal mantello terrestre, il magma risale verso l'alto perché è meno denso, e quindi meno pesante, del materiale solido che gli sta in- torno. Le zone in cui il magma si accumula ven- gono chiamate  camere magmatiche. Le parti solide che circondano le camere magmatiche
  • 3. LA NATURA A COLORI “La natura a colori” è il titolo che abbiamo dato al nostro nuovo lavoro:uno spaccato del nostro ter- ritorio tutto a colori.La scelta di realizzare questo nuovo progetto è nata da uno studio approfondito del nostro ecosistema, soprattutto quando ab- biamo intrapreso lo studio del ciclo dell’acqua.Da allora è stato un susseguirsi di osservazioni su tutto quello che contribuisce al bellissimo equili- brio naturale delle cose: il cielo insieme al sole,le nuvole e la pioggia, i monti e i prati, i fiumi e i mari,gli alberi e gli animali, e infine noi uomini. Ab- biamo compreso che tutti uniti insieme rappre- sentiamo un connubio di una terra pulsante, verdeggiante e accattivante: la nostra meravi- gliosa casa comune. Il desiderio forte di rappresentare tutto questo ci ha portato a parlare, discutere,a confrontarci, a osservare la natura in tutte le sue sfaccettature e piano piano abbiamo messo a fuoco il nostro pro- getto,ci siamo divisi i compiti e abbiamo recupe- rato tutto il materiale necessario. Abbiamo lavorato con la carta pesta, abbiamo uti- lizzato la colla,i colori e contemporaneamente ab- biamo parlato della bellezza degli aranceti, fiore all’occhiello della nostra Ribera; abbiamo studiato l’importante funzione che svolgono le piante, cioè la fotosintesi clorofilliana e, quando la professo- ressa Trento ci ha parlato di antenne presenti nelle foglie per catturare la luce del sole, abbiamo subito realizzato con la cartapesta il sole, fatto il prato verde e gli alberi ricchi di arance e di limoni. Imbrattati di colla e di colori, abbiamo ricordato le nostre campagne, la serenità che esse infonde- vano in noi, e il fiume Verdura con il suo fluire a volte silenzioso a volte rumoroso. È stato così che abbiamo realizzato il fiume e la sua foce; ab- biamo fatto anche delle ricerche e abbiamo sco- perto che il Verdura prende origine in corrispondenza del lago artificiale di Favara e che l’area della foce del Verdura è riconosciuta come Sito di Inte- resse comunitario. Abbiamo realizzato le piccole montagne dove sorge il castello di Poggio Diana,sormontate da nuvole pronte a piangere la- crime di pioggia su tutto. Ab- biamo capito come l’acqua, presente sulla terra, evapora per effetto del sole e sale su in alto nel cielo,incontra le correnti di aria fredda,forma le nuvole leggere e poi più pesanti che precipitano anche sotto forma di ghiaccio e di neve,ritornando così ad arricchire nuovamente la terra: che meraviglia! Abbiamo parlato degli animali e di noi esseri umani che viviamo grazie all’ossigeno scartato dalle piante. Abbiamo infine compreso che tutto è collegato perfetta- mente; il grande desiderio e la grande consape- volezza di rispettare la nostra natura si è ulteriormente rafforzato. Alla fine di tutto, abbiamo voluto mostrare e rac- contare alla nostra Preside il nostro lavoro per renderla partecipe delle esperienze educative che hanno lasciato un segno indelebile in noi. I D sono dette  rocce incassanti.Per dar luogo a un'eruzione il magma deve risalire dalla camera magmatica e raggiungere la superficie. Un pos- sibile meccanismo che spinge il magma a fuoriu- scire è la variazione di pressione che può essere determinata o da un aumento della pressione all'in- terno della ca- mera magmatica o da una diminu- zione di quella esterna, rappre- sentata dal peso delle rocce incas- santi. Vediamo ora come ab- biamo simulato il fenomeno del- l’eruzione vulca- nica, partendo dal materiale che ab- biamo utilizzato per tale esperi- mento: un recipiente di plastica (anche un bic- chiere può andar bene), aceto rosso, bicarbonato di sodio, pasta da modellare marrone, colore a tempera rosso, detersivo liquido per piatti.Dopo esserci procurati l’occorrente, abbiamo realizzato attorno al recipiente un vulcano con la pasta da modellare. Abbiamo poi riempito un terzo del re- cipiente con l’aceto e abbiamo aggiunto qualche goccia di colore a tempera rosso e qualche goc- cia di detersivo liquido per piatti (che serve a fare una schiuma più densa). Abbiamo in seguito ver- sato rapidamente un cucchiaio colmo di bicarbo- nato di sodio; il bicarbonato, a contatto con l’aceto, ha formato immediatamente una schiuma, che è fuoriuscita dal recipiente, creatasi per l’effetto della reazione chimica che è avvenuta tra il bicarbonato di sodio e una delle sostanze presenti nell’aceto, e cioè l’acido acetico. Ab- biamo coì compreso, attraverso questo esperi- mento, che durante un’eruzione vulcanica si forma anidride carbonica (CO2), un sale (acetato di sodio, CH3COONa) e acqua (H2O); ne ab- biamo dedotto, quindi, che dal contatto tra una sostanza allo stato solido (il bicarbonato) e una sostanza allo stato liquido (l’aceto) siè formata una sostanza allo stato gassoso (l’anidride car- bonica). Questo laboratorio di scienze è stato davvero interessante e soprattutto divertente! II B LA BIBLIOTECA DI CLASSE Moby Dick, romeo e Giulietta, il giardino se- greto…sono questi al- cuni libri che potete trovare nella biblioteca di classe della I A. Noi alunni della I A del- l’Istituto Comprensivo “Vincenzo Navarro” ab- biamo realizzato, infatti, nella nostra aula una pic- cola biblioteca di classe con l’aiuto della nostra docente di Lettere, la prof.ssa Lilla Savoca. Que- sta iniziativa è stata portata avanti nell’ambito di un progetto di lettura e scrittura creativa durante le ore di Approfondimento in materie letterarie. Ogni alunno, all’inizio dell’anno, ha portato a scuola uno o più libri da scambiare con i compa- gni. Ogni mese ognuno di noi ha scelto un libro (fantasy, d’avventura, giallo) tra quelli disponibili e, dopo averlo letto, ha preparato una scheda riassuntiva per presentarlo ai compagni. Una volta finito il libro non restava che sceglierne uno nuovo, magari su consiglio del compagno di banco che l’aveva letto in precedenza. Nel corso dell’anno abbiamo notato che noi ra- gazze abbiamo scelto i romanzi, mentre i ragazzi preferivano libri che suscitavano suspense. L’aspetto più interessante è stato scoprire che la lettura è un atto di libertà, che non va imposta, che apre la mente e ci permette di immedesimarci nei vari personaggi e di vivere le loro storie. Da- niel Pennac afferma, a tal proposito, che: <<Il verbo leggere non sopporta l'imperativo>>. Noi ragazzi siamo contenti di questa esperienza che ci ha arricchito molto e speriamo di poter con- tinuare anche il prossimo anno, perché leggere è come fare un viaggio con la fantasia… Emanuela Aquè Giada Marabella I A attUalità IL TERRORISMO ISLAMICO NON È SINONIMO DI ISLAM Il terrorismo islamico è recentemente tornato a minacciare tutto l'Occidente mettendo a repenta- glio la convivenza finora pacifica tra la cultura mu- sulmana e quella occidentale nel mondo intero. Sembra impossibile continuare a convivere con una cultura così diversa da quella laico-cristiana -"occidentale" e continuerà ad esserlo sempre di più, dinanzi a una politica in parte complice del clima di odio e terrore di questi tempi, a causa di strumentalizzazioni della cronaca a fini elettorali e di propaganda. Si parla molto di terrorismo islamico, e spesso anche impropriamente, attribuendo a una cultura, profondamente diversa dalla nostra, colpe che non le appartengono, quasi come se tutti gli arabi e i musulmani fossero assassini e privi di qual- siasi raziocinio. Eppure, nei vari talk show e pro- grammi televisivi più volte il musulmano di turno
  • 4. LA GLOBALIZZAZIONE La globalizzazione, fenomeno recente, è un pro- cesso che unisce sempre di più le comunità umane,favorita dalle telecomunicazioni, dai flussi migratori e dall'interscambio di informazioni, de- naro e beni. I prodotti, le idee e gli stili di vita pos- sono così viaggiare velocemente da un capo all’altro del globo. Le stesse merci vengono distri- buite su scala mondiale; abitudini, consumi e comportamenti sono simili in tutti i continenti. La globalizzazione avvolge i Paesi di tutto il mondo in una fitta rete di connessioni, di interdipendenze e di scambi. Si possono individuare varie "dimen- sioni" in cui la globalizzazione si presenta: la glo- balizzazione economica, aspetto mediante il quale tutte le economie sono strettamente legate le une alle altre e quando una crolla, di conse- guenza, tutte le altre sono in pericolo o possono addirittura crollare anch'esse(effetto domino). Si è poi creato un mercato finanziario mondiale, che favorisce la libera circolazione dei capitali. Se- condo me il primo è un aspetto negativo, perché nessuna economia può dirsi totalmente al sicuro. Un altro aspetto della globalizzazione economia è poi la delocalizzazione, cioè lo spostamento di interi comparti in aree geografiche dove i costi di produzione sono inferiori. Questo è assoluta- mente negativo in quanto gli Stati, dove erano prima localizzate le industrie, si impoveriscono progressivamente e alla fine la situazione si in- vertirà, e i Paesi, in cui prima i costi erano inferiori si arricchiranno, mentre gli altri sono destinati ad impoverirsi. Un’altra dimensione della globalizza- zione è quella tecnologica: si sono infatti svilup- pate, nell’ultimo decennio, delle reti globali che ci permettono di entrare in contatto con luoghi e persone da tutto il mondo. Questo, a mio parere, è uno degli aspetti più positivi, in quanto ciò faci- lita la vita, anche a noi ragazzi. Poi ci sono la glo- balizzazione culturale e demografica,cioè anche a causa dei flussi migratori, nessuna popolazione ha più una vera e propria identità culturale, ma è l'insieme di molte etnie diverse. Si capisce poi che ci sono Paesi nel Mondo dove le condizioni di vita non sono del tutto favorevoli, ma gli Stati più ricchi dovrebbero aiutarli a uscire da questa situazione, e non approfittarne per soddisfare i propri interessi .Così,se tutti i Paesi fossero allo stesso livello, ognuno resterebbe nella sua terra d'origine e ogni luogo riacquisterebbe la propria identità culturale, anche perché non penso che gli stranieri siano molto contenti di lasciare il loro Paese per un altro, senza sapere quando e se ci potranno ritornare. Infine c'è la globalizzazione politica, che ha portato alla formazione di nuovi equilibri fra gli Stati, ma non per questo sono di- minuiti i conflitti fra i diversi Paesi, anzi, le tensioni locali, le guerre civili e gli scontri etnici sono au- mentati. Non possiamo però dire che la globaliz- zazione riguardi tutto il mondo, ma solo una parte, quella più ricca e avanzata, e ciò determina gravi disagi e disuguaglianze fra le due parti. Siamo più uniti se consideriamo invece che ora circolano più facilmente idee e informazioni e c'è più disponibilità di beni e prodotti; siamo maggior- mente sensibili rispetto ai problemi e le situazioni lontane da noi e abbiamo un maggiore senso di responsabilità in quanto ci sentiamo di più "citta- dini del Mondo". Possiamo quindi affermare che la globalizzazione è fenomeno che ha insieme aspetti positivi e negativi, e mentre da una parte ha provocato e aggravato le differenze tra il Mondo ricco e quello povero, ha portato impor- tanti innovazioni che ci hanno reso la vita più fa- cile. Ivan Sponton III E L’INQUINAMENTO L'inquinamento è, senza dubbio, uno dei problemi ancora irrisolti della società contemporanea. È la conseguenza di tutto ciò che l'uomo sca- rica nell'ambiente, causando effetti nocivi per tutti gli esseri viventi. Ancora oggi il mondo continua ad essere minacciato dalle azioni irresponsabili dell'uomo che, cercando di migliorare le proprie condizioni di vita, continua a comportarsi come se l'ambiente non corresse alcun rischio di avve- lenamento. Abbiamo sfruttato la natura senza pensare al domani, dimenticando che l'aria, l'ac- qua, la vegetazione e tutto ciò che ci circonda sono indispensabili per la nostra esistenza. Il di- sboscamento causa frane e smottamenti perché le radici degli alberi mantengono saldo il terreno. Le sostanze nocive deposte nel suolo, filtrando nel terreno, inquinano le falde acquifere. Per ri- durre l'inquinamento bisognerebbe istallare dei depuratori per evitare di scaricare i rifiuti nel mare, utilizzare meno fertilizzanti, perché fanno male non solo al suolo ma anche alla nostra salute e affidarsi sempre di più alle fonti rinnovabili perché pulite. Carmen Trapani III A ha cercato di spiegare che il fondamentalismo islamico, alla base del terrorismo, non corri- sponde a tutta la cultura dell'Islam: quale citta- dino, piuttosto che gridare all'espulsione del diverso, ha cercato di informarsi su cos'è l'Islam e cosa c'è, invece, alla base del fondamentali- smo? Una corretta informazione è l'arma migliore contro il clima di terrore scatenato da una mino- ranza musulmana finora sottovalutata dall'Occi- dente; una corretta informazione è alla base, almeno in questo caso, di una corretta integra- zione; solo una corretta informazione potrebbe rafforzare la  convivenza tra culture  ed evitare al terrorismo di sfociare in problemi gravi: per esempio, in guerre interne ed episodi di violenza tra laici, cattolici e musulmani. I fondamentalisti hanno l'obiettivo di riportare la società del mondo alle "fondamenta": il loro credo è fortemente incentrato sul presupposto che la vita sociale e la religione non possano in alcun modo essere separate; per un fondamentalista, insomma, la fede non è solo un fatto privato: ciò in cui credo influenza notevolmente ciò che io fac- cio. Di qui, lo scopo di combattere l'Occidente e i peccatori; di qui, il concetto di Islam militante con- tro la Chiesa cattolica e le altre religioni: di qui, in- somma, il fanatismo alla base del terrorismo, di cui purtroppo siamo testimoni, ma che, per for- tuna, non accomuna tutta la cultura islamica. Il Corano è un libro sacro che impone un modus vivendi diverso da quello dei nostri testi sacri, e comunque la nostra Chiesa di riferimento non ha certo interpretato le scritture nel modo in cui i fe- deli musulmani hanno interpretato le loro: la dif- ferenza tra la cultura occidentale e quella islamica, dunque, non è poca, né si può falsificare la realtà sostenendo che sia facile che due gruppi così diversi convivano senza problemi. Non biso- gna neanche credere, però, che questo sia im- possibile, anche a causa di come questioni importanti come la jihad vengono semplificate e maltrattate persino dai mezzi d'informazione, che associano il termine quasi sempre alla guerra: eb- bene, in realtà si nota come la parola jihad 'sforzo' non sia associato al concetto di militanza violenta; proprio alcuni passi del Corano, tra l'altro, con- traddicono questo concetto di scontro con l'Occi- dente peccatore: chiunque uccida una persona - a meno che essa non stia per uccidere una persona o per creare disordine sulla terra - sarà come se uccidesse l'in- tera umanità; e chiunque salvi una vita, sarà come se avrà salvato la vita di tutta l'umanità. (Corano (5:32)) Nello stesso Corano si trovano passi che, se in- terpretati letteralmente, come succede senz'altro tra i fondamentalisti, por- tano il musulmano a sa- crificare la propria vita, a diventare un martire per la propria religione, e dunque a salvarsi per l'eternità. Il punto è che solo fondamentalisti e in- tegralisti fanno di questi passi una ragione di vita e di morte: molti invece interpretano i passi del Corano come tesi alla jihad interiore, e dunque liberazione dagli af- fanni e dai peccati terreni. Un tale stato di cose, insomma, fa capire chiaramente che una convi- venza pacifica tra Islam e mondo occidentale - anche alla luce dei recenti fatti di cronaca - è pos- sibile, se si dissocia il concetto di terrorismo da quello di cultura musulmana. Che i fondamenta- listi abbiano preso piede nel mondo e scatenato il terrore, questo è indiscutibile, ma è compito non solo del singolo cittadino, bensì pure delle istitu- zioni fare il possibile per creare i presupposti af- finché una situazione socio-politica così tesa non degeneri a livello mondiale. III D
  • 5. sos GioVani IL MONDO INFINITO DELLA RETE È innegabile lo sviluppo che hanno avuto negli ul- timi tempi i social network (Facebook, Google, My- space, Twitter) e il loro impatto sociale. Un social network indica quei siti che permettono il formarsi di una rete sociale virtuale composta da contatti- amici con i quali chattare, condividere informa- zioni, foto e video. Per entrare a far parte di un so- cial network basta creare un profilo personale dove, volendo, possiamo inserire alcune nostre in- formazioni. È possibile poi ampliare la pro- pria rete sociale invitando gli amici a farne parte, oppure cercando persone nuove con interessi simili. Il primo grande merito dei social network è indubbiamente quello di aver facilitato la comunicazione: basta avere la connessione a Internet per parlare in tempo reale con persone dall’altra parte del globo, grazie alle webcam addirittura ve- derne il volto. Essi permettono di comuni- care in tempo reale a qualsiasi distanza ci si trovi e con qualunque parte del mondo. Così facendo sono diminuite le distanze e le informazioni vengono scambiate istantanea- mente e si può sempre essere aggiornati sui fatti di cronaca, su aggiornamenti culturali o anche semplicemente su come sta un nostro amico o pa- rente che vive lontano. Sono mezzi di comunica- zione comodi:  è possibile usufruirne comodamente da casa o in ufficio o a scuola. Non c’è più bisogno di andare dal giornalaio a com- prare il quotidiano per sapere cosa accade nel mondo o andare in biblioteca per fare una piccola ricerca. Mantengono e incrementano i rapporti in- terpersonali: il social network più famoso al mondo è riuscito infatti nell’intento di far riallacciare i con- tatti con alcune persone delle quali si pensava aver perso completamente le tracce. Inoltre si può considerare un ottimo strumento per fare nuove amicizie e nuove conoscenze e quindi ampliare la propria rete sociale. Sono sempre più coloro che fanno uso di questi nuovi mezzi comunicativi per i motivi più diversi: le aziende si fanno pubblicità, al- cuni professori postano i compiti e lezioni online, servono ai medici per “visitare” a distanza e met- tere a punto nuove terapie, permettono di ricavare informazioni di uso quotidiano (orari, prezzi, traf- fico). Sono utilizzati per organizzare eventi e sono numerosissimi i siti specializzati nella ricerca del- l’anima gemella. Oggi, inoltre, i social permettono di dare in tempo reale notizie importanti: recenti at- tentati terroristici sono stati raccontati su Twitter prima che al telegiornale. I social network, se usati in modo scorretto, possono anche essere, però, fonte di gravi problemi. È da tener presente che, pur favorendo lo sviluppo di relazioni virtuali, i social network portano molti utenti a isolarsi dalla vita sociale reale in quanto le amicizie online sono più facilmente gestibili. I nativi digitali non si pre- occupano di pubblicare particolari anche molto in- timi della loro vita, perché tutti lo fanno, senza pensare invece che i dati, una volta resi pubblici, possono essere utilizzati contro chi li ha messi in rete. Poiché le informazioni sono accessibili anche a malfattori, a volte vengono utilizzate per scopi non sempre leciti. In particolare tra i più giovani essi sono diventati una sorta di piazza virtuale, un posto dove ci si mette in mostra, creando perso- nalità più o meno fittizie con l’intento di lasciare un segno indelebile nel mondo. I social possono creare una realtà virtuale, spesso parallela, che può far perdere il contatto con il mondo reale. Si può diventare tutto quello che si vuole e si può far credere agli altri qualunque cosa. Gli adolescenti, soprattutto, tendono a sottovalutare gli aspetti re- lativi alla privacy che coinvolgono non solo loro stessi ma anche i familiari. Un numero sempre maggiore di ragazzi ha un profilo su Facebook, no- nostante il sito fissi l’età minima di accesso a 13 anni. Per non parlare dei fenomeni di stalking e cyber bullismo. Nel primo caso si tratta di un’intromissione attraverso la rete nella vita privata di un individuo, cosa che provoca paura e ansia. Il secondo, spesso a danno dei ragazzi più giovani e più fragili,consiste in atti di umiliazione che vengono amplificati dalla rete con conseguenze ancora più pe- santi per la persona coinvolta. Molto spesso le minacce o le aggressioni da parte dei bulli verso un compagno vengono filmate da un cellulare e poi trasferite su Internet e con un semplice clic possono essere viste da tutti, diventando motivo di derisione. Forse non si rendono conto che questi ragazzi o ragazze non si divertono, anzi si vergognano, non dormano la notte o addirittura arrivano a compiere gesti estremi come togliersi la vita. Ma che divertimento è questo? Come si può essere così cattivi e super- ficiali di fronte alla sofferenza inflitta di proposito? Per concludere possiamo dire che nella società moderna non è certo pensabile eliminare Internet, proprio per le tante opportunità che fornisce, ma allo stesso tempo è necessario che le persone che utilizzano la sua rete virtuale, soprattutto se gio- vani, siano consapevoli dei suoi aspetti più critici e ne facciano perciò un uso attento. Martina Perfetto III E L’IMPORTANZA DELLO SPORT PER LA PERSONA E PER LA SOCIETÀ L'attività sportiva è da sempre grande maestra e veicola valori d'indiscutibile importanza per lo svi- luppo della persona e della società intera. Nonostante sia spesso al centro di fatti di cronaca decisamente negativi, soprattutto a causa di ciò che succede nel mondo del calcio non solo tra i tifosi ma anche tra giocatori e dirigenti, lo sport merita senz'altro di essere annoverato tra le atti- vità più belle ed edificanti al pari di lettura, lette- ratura e scrittura. Con lo sport, infatti, coltiviamo una passione e quindi ci rilassiamo e miglioriamo le nostre abilità, ma ci mettiamo anche alla prova superando ostacoli che mai avremmo creduto di poter superare, quasi sempre assieme gli altri: ne sono dimostrazione tanto la semplice partita di calcio o pallavolo tra amici quanto le Olimpiadi e le Paralimpiadi.  Fare sport, impegnarsi in un'attività individuale o di squadra, rappresenta un indiscutibile valore ag- giunto alla propria giornata e alla propria vita in generale: non solo per conoscere i propri limiti e superarli con sacrificio e dedizione, ma anche per conoscere la diversità, confrontarsi con essa e da essa trarre preziosi insegnamenti. Conoscere nuove persone, infatti, permette di capire chi è l'altro, di mettere in discussione le proprie idee e i propri modi di fare, in molti casi anche di cono- scere e accogliere nuove culture. Una semplice partita di calcio o di pallavolo, una partita a tennis o a basket possono trasformarsi insomma in qual- cosa che va oltre i punti da mettere a segno. In una qualsiasi squadra per esempio sono sem- pre più presenti ormai ragazzi di nazionalità e re- ligione diversa dalla nostra; non sempre chi gioca è italiano e in generale per alcuni sport si può dire senza dubbio che la presenza di italiani è minima. La spinta a una convivenza tra persone di razza, cultura e religione differenti diventa importantis- sima anche nelle realtà sociali piccole e medie in cui l'accettazione dell'altro risulta spesso difficile e complessa. Facendo sport il bambino, l'adole- scente o l'adulto si confrontano costantemente con il fatto che il compagno di squadra, a prescin- dere dal colore della pelle o da altro, è colui che può aiutare ed è colui grazie al quale si può vin- cere. Solidarietà e forza della diversità insomma sono valori che lo sport ci spinge a praticare co- stantemente per raggiungere un obiettivo. Chi pratica sport si trova a confrontarsi con per- sone che hanno caratteri e modi di fare differenti dal proprio, che magari hanno altri valori e modi di vedere la vita. Imparando a conoscere l'altro, il suo passato, il suo presente e i suoi sogni impa- riamo a rispettarlo, riusciamo a crescere assieme, a fare una delle esperienze più belle della vita, quella della cooperazione, che talvolta sfocia nella nascita di amicizie più o meno forti. Non solo miglioramento delle relazioni sociali, spi- rito di squadra e integrazione: i valori che lo sport ci insegna sono tanti altri. Alcuni incorrono nell'er- rore di considerare l'attività sportiva come qual- cosa di poca o nulla importanza, un semplice svago; non che lo sport non sia anche svago e di- vertimento, ma è anche attraverso il divertimento che si impara. Qualsiasi sport per esempio inse- gna il rispetto delle regole e uno sportivo vero, a prescindere dalla sua età, sa che qualsiasi com- petizione necessita di onestà. I casi di doping che spesso hanno scosso l'opi- nione pubblica e hanno gettato ombre sul mondo dello sport hanno fatto passare in secondo piano il concetto e la necessità di lealtà, ma quest'ultimo è importante tanto nella gestione della cosa pub- blica quanto nello sport. In una competizione sportiva deve affermarsi e trionfare non chi bara ma chi merita, chi è riuscito attraverso la fatica a migliorare a tal punto da risultare più bravo e ca- pace di tutti gli altri. In ultimo lo sport ci permette di prenderci cura di noi stessi e della nostra salute; l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha più volte ribadito infatti che praticare sport permette di irrobustire il cuore e migliorare tutto il sistema cardio-vascolare, di rafforzare i muscoli, le ossa e il sistema immuni- tario, nonché di prevenire alcune malattie come il diabete. Oggi dunque praticare bene uno sport e capirne il senso, coltivare una passione e impegnarsi per ottenere grandi risultati non solo fa bene alla per- sona, ma ha anche importanti riflessi sul gruppo sociale a cui si appartiene. D'altra parte lo aveva già scritto Giovenale circa duemila anni fa nelle sue Satire: «Mens sana in corpore sano». IIID
  • 6. CRESCERE: IL PUNTO DI VISTA DI NOI RAGAZZI Siamo sul punto di completare la seconda classe della scuola secondaria di primo grado e ci siamo resi conto che, quest’anno, siamo davvero cam- biati. Abbiamo notato che ci sono molte differenze rispetto aquando eravamo solo dei bambini; in- somma è proprio vero che crescendo le cose cambiano. Da piccoli non vedevamo l'ora di uscire con la mamma, per farci anche solo una bella passeggiata, ora, invece, preferiamo, di gran lunga una bella pizza con gli amici o un bel film, comodamente seduti sul divano, rispetto ad una noiosa uscita con gli amici dei nostri genitori. Ma diciamoci la verità: come non potevamo amare quelle uscite se erano le sole che cono- scevamo? Sì, perché da bambini non si ha ovvia- mente bisogno di quell'indipendenza che invece ora è di fondamentale importanza per noi. Uscivi e non avevi problemi, eri spensierato e libero, non dovevi pagare tu, non dovevi preoccuparti di come tornare a casa...Ora invece le cose sono decisamente cambiate e non sempre in meglio; per una sola uscita devi passare il pomeriggio ad organizzarla e poi occorre continuamente chie- dere i soldi ai genitori, cosa per noi davvero sec- cante, o andare avanti con i pochi spiccioli delle sere precedenti. Nel corso della giornata abbiamo mille doveri: apparecchiare, sparecchiare, fare il letto. Spesso ci ritroviamo a litigare con i nostri genitori per svariati motivi; loro continuano a ve- derci come dei bambini e non capiscono invece che ormai siamo cresciuti. Tuttavia anche se pos- sono esserci del malintesi, i nostri genitori conti- nuano a essere anche i nostri migliori amici, sono le persone di cui ci fideremo sempre, che ci vor- ranno sempre bene e che ci ascolteranno qual- siasi cosa succeda, magari non sempre ci capiranno, ma è il ciclo della vita; da sempre in- fatti i genitori non hanno mai capito i figli nell'età adolescenziale. Sì, perché alle medie si entra bimbi e si esce adolescenti. Proprio per questo, in questa delicata fase di crescita, i genitori sono più apprensivi, ci controllano i cellulari, vogliono sapere di più su ogni tipo di relazione, questo però non va molto a genio ai ragazzi, benché non abbiano, nella maggior parte dei casi, niente da nascondere; è un comportamento che dà fastidio. Pur crescendo, quindi, c’è una cosa nel tempo che rimane invariabile e meravigliosa: l'amore in- condizionato che provano e proveranno i nostri genitori per noi e noi per loro. Questo è il nostro punto di vista. Sarebbe bello, però, se un profes- sore-genitore rispondesse nel prossimo numero, offrendoci il punto di vista di un adulto. Sfida lan- ciata! II C culture a confronto LA PASQUA A RIBERA La festa di Pasqua a Ribera ha origini antichis- sime, risale alla prima metà del Settecento. Pur- troppo non sono state ritrovate cronache descrittive su come si svolgesse l'incontro. Da un'attenta analisi dei documenti della prima metà del '700 sembra che l'incontro non si svolgesse il giorno di Pasqua, come avviene oggi, ma la notte tra il Sabato Santo e la Domenica di Resurrezione. Oggi la Pasqua è la festa più attesa e partecipata dai riberesi. La preparazione alla festa avviene già una settimana prima con la Domenica delle Palme, prosegue per tutta la Settimana Santa e culmina ne “lu 'ncontru” (l'incontro) nel giorno di Pasqua. Nel giorno della Domenica delle Palme, in tutte le chiese di Ribera, viene effettuata la benedizione dei ramoscelli di ulivo e delle palme intrecciate ar- tisticamente e portate soprattutto da bambini. Tra- dizionalmente le palme e i ramoscelli d'ulivo benedetti vengono conservati nelle abitazioni, come segno di augurio e prosperità. Nei giorni della Settimana Santa vengono allestite diverse manifestazioni. Nella giornata del Giovedì Santo i fedeli sono soliti effettuare il giro dei Sepol- cri per rendere omaggio agli altari preparati nelle varie parrocchie riberesi. Nella giornata del Venerdì Santo viene commemo- rata la Passione e la Crocifissione di Gesù attra- verso una processione che ha inizio verso le ore 11 e che vede la partecipazione di tutti i sacerdoti delle parrocchie di Ribera, dei rappresentanti delle istituzioni e delle autorità che, assieme a tanti fe- deli, formano la cosiddetta "Condotta" che accom- pagna, al suono delle marce funebri intonate della banda musicale, l'urna contenente la statua del Cristo morto al Calvario, posto nella parte alta a nord della città, in prossimità del cimitero. Qui viene effettuata la Crocifissione di Gesù e viene celebrata una messa all'aperto. La statua del Cristo Morto resta in croce fino al tardo pomeriggio, quando viene riposto nell'urna ed assieme alla statua della Madonna Addolorata viene accompagnata a spalla dai fedeli fino alla Chiesa Madre, percorrendo tutto il corso principale della città con una processione molto partecipata chiamata la calata di la Cruci (la discesa dalla Croce). La vera festa è il giorno della Santa Pasqua che rappresenta un momento di grande fermento. Vede Ribera risvegliarsi in una atmosfera di magia e di grande gioia, durante la quale tutti i cittadini, dai più piccoli ai più grandi, vivono un momento di indescrivibile emozione, ansia e felicità, nell'attesa dell'ormai tradizionale "Incontro". La giornata di Pasqua, così come tante altre feste religiose, inizia con la solita mattutina "arburata", in ogni parte del paese si odono spari di mortaretti, accompagnati dalle note festose della banda mu- sicale che annunzia il giorno di gioia. La festa si svolge lungo il corso principale, che per l'occasione brulica di persone ben vestite e di gruppi di ragazzi e ragazze. Con il passare delle ore la folla cresce a dismisura, iniziano a confluire migliaia di persone e appaiono i primi gonfaloni, in dialetto i “pali”, alte e pesanti aste di legno a croce che sorreggono un telone de- corato con figure sacre; sono in tutto una quindi- cina, ed ognuno rappresenta un gruppo parrocchiale o un’organizzazione locale. Dietro corrono centinaia d’appartenenti ai vari gruppi, cor- rendo al grido ritmico del “Largo, largo”. I balconi vengono presi d'assalto, qualche albero viene sca- lato da ragazzi che vogliono assicurarsi un punto di vista più alto, mentre la maggior parte della gente prende posto sui marciapiedi. La giornata di Pasqua è caratterizzata da mille suoni provenienti da fischietti, dal grido dei parte- cipanti misto al brulichio di una immensa folla, dai mille colori dei palloncini colorati. Poco prima delle ore 14.00, appare, portata a spalla, la splendida Vara di San Michele, che con la sua luccicante spada sguainata e adornato di bellissimi fiori freschi, scende lungo il corso per an- dare ad annunziare alla Madonna Addolorata la Resurrezione del Figlio. Davanti alla chiesa del Rosario si trova già in attesa la Madonna, ancora coperta da un manto nero, che ancora non ha ap- preso la notizia della resurrezione del figlio croce- fisso, mentre un'altra banda esegue ancora una triste marcia funebre. Dapprima, sempre di corsa ed al grido di "Largo, largo", sfilano davanti alla Madre di Gesù tutti i gonfaloni, che si dispongono nell'ampia Piazza Duomo. A questo punto entra in gioco San Michele, l’annunciatore, la cui statua piena di fiori, è portata fino a quella della Madonna. Si piega in tre inchini. Compiuto il suo dovere San Michele risale il corso fino al “corso Margherita”, dove si è spostata la statua di Gesù risorto. La Madonna finalmente “crede” alla resurrezione del figlio, tutti si scatenano, vola il velo nero che l’avvolge, cominciano ad esplodere i mortaretti, la banda intona una marcia allegra e sostenuta tra i fragorosi botti, l'odore acre della polvere da sparo, l'immenso fumo che invade la piazza, il suono delle campane della chiesa e gli applausi della gente, la statua della Madonna, preceduta e se- guita da migliaia di devoti, arriva ai piedi del Figlio. L'aria è invasa da qualcosa di magico, i volti della gente si impietriscono di emozione. Ed ecco il momento più solenne, l'Incontro vero e proprio: per ben tre volte si vede la Madonna don- dolare e inchinarsi fin quasi a baciare i piedi del Fi- glio. A quell’insieme di suoni, allegria, e musica si me- scolano gli applausi della gente euforica e com- mossa. Volano le colombe in segno di pace e giubilo, tutti vanno verso il centro dell’incontro in una fumata di folla allegra e commossa per l’evento. Quella di Pasqua, per Ribera, è senz'altro una gior- nata indimenticabile ed occorrerà ogni volta un altro intero anno per riprovare le stesse emozioni. Giuseppe Tumbarello III B AUSTRIA: TRADIZIONI L'Austria vanta molte tradizioni e ricorrenze: i mercatini di Natale presenti in tutte le città austria- che, ma anche le feste legate alla Pasqua con tanti giochi pensati per i più piccoli, la transu- manza del bestiame in autunno, che coinvolge moltissimi alpeggi e vede la partecipazione di in- teri paesi addobbati e feste dai nomi impronun- ciabili come il Krapfenschnappen e il Klaubaufgehen. FESTE DELLA TRANSUMANZA Ogni anno nel Tirolo si svolgono una cinquantina di feste per la transumanza del bestiame che se- gnano la fine del periodo del pascolo in montagna e l'inizio della permanenza degli animali nelle stalle d'inverno. Proprio questo ritorno del bestiame a valle viene festeggiato con una grande festa nei paesi. Dalla metà di settembre le mucche adornate con cam- panelle, fiori, fiocchi e stemmi ritornano nelle pro- prie stalle sotto la guida della Moarckuh, la mucca-capo. In fila seguono vitelli, tori e il piccolo bestiame come capre e pecore. E a valle, dove la gente aspetta il rientro dei con- tadini con il bestiame, si prepara intanto una gran- dissima festa con tipiche specialità regionali e musica. Il significato originario di questa festa è un ringra- ziamento a Dio per avere protetto il bestiame da qualsiasi disgrazia. KRAPFENSCHNAPPEN Il “Krapfenschnappen” è la festa più interessante del Tirolo Orientale. La parola “Krapfenschnap- pen” significa letteralmente “acciuffare i krapfen”. I ragazzi indossano una camicia bianca, un pezzo di pelliccia sopra il viso ed un cappello e si av- viano per le strade del loro paese, spostandosi di casa in casa. Nelle mani tengono il cosiddetto “Schnapper”, un bastone tipico con una testa di un animale, come per esempio un gallo o un montone. Al loro arrivo le contadine ed i contadini
  • 7. danno ai ragazzi i krapfen e per ringraziarli, i “Krapfenschnapper” intonano qualche canzone. KLAUBAUFGEHEN Ogni anno a Matrei, piccolo paesino dell'Austria, dal 4 al 6 dicembre si può assistere ad una tradi- zione degna d’essere vista, anche se per certi aspetti inquietante: strane creature attraversano in gruppo il villaggio, mettendo paura ai passanti o chiedendo di entrare nelle case. Nel buio della notte inizia questa speciale tradizione: i cosiddetti “Kleibeife” si trovano sulle strade in gruppi, trave- stiti con pellicce, portano cinture di cuoio attorno al loro ventre e sulla schiena campane che fanno chiasso quando si muovono. Inquietanti sono so- prattutto le loro maschere, le quali sono scolpite in legno. Questa tradizione si ripeteva in molte zone dell'arco alpino, ma in tempi moderni è stata quasi dimenticata. Silvia Di Lucia, Stefania Ragusa Sofia Salvato, Denise Sciacchitano II A scrittUra crEatiVa Le fiabe LA PASSIONE FUNESTA C'era una volta, in un castello, una bellissima contessa dagli occhi azzurri e dai capelli biondi, Maria-Alfa de Ribera.Tutti gli uomini che passa- vano vicino a lei se ne innamoravano, ma a lei non importava fidanzarsi.Un bel giorno Guglielmo Moncada si recò al castello per un colloquio con il conte Luna, padre di Maria. Appena gli occhi della giovane e del principe si incrociarono, fu su- bito un colpo di fulmine. Il principe si recò più volte al castello, ma quando il conte capì che c’era qualcosa di più di una semplice amicizia, impedì alla figlia di vedere Guglielmo. Maria non accettò la decisione del padre, così una notte de- cise di scappare via. La mattina dopo il conte si accorse che la ragazza non era più al castello, così decise di mandare tutte le guardie a cercarla. Le guardie tornarono al castello senza averla ri- trovata e il conte si arrabbiò, decidendo che se Maria non fosse tornata entro la stessa notte li avrebbe decapitati. Guglielmo capì tutto quello che stava succedendo e quindi chiese alla gio- vane contessa di ritornare, ma Maria si rifiutò. Così Guglielmo la ingannò, dicendole che il padre era partito e che potevano stare al castello per una settimana. Maria accettò e fece ritorno. Giunti al castello,videro il conte furioso con Maria per il suo ingiustificabile comportamento. La ra- gazza corse immediatamente a rinchiudersi nella sua camera piangendo a dirotto per l’inganno di Guglielmo. Ella allora, per una settimana,decise di non rivolgere più la parola al suo amato Gu- glielmo. Una notte il giovane andò al castello, si fermò sotto la finestra della camera di Maria e co- minciò a cantarle una serenata con in mano un LA CUCINA CECA La cucina ceca vanta una grande tradizione e propone piatti saporiti e consistenti. I cechi, infatti, amano mangiare e bere tanto. La cucina della Repubblica Ceca e della Boemia in particolare è molto influenzata dal microclima della regione: circondata da montagne, la Boemia produce una grande varietà di frutta e verdure, nonché cereali, alimenti la cui disponibilità, unita ad un allevamento molto fiorente, si riflette in una grande ricchezza culinaria. Tra gli ingredienti più utilizzati, infatti, c’è la carne; mentre il pesce è meno usato. Il gusto dei piatti si distingue per la presenza co- spicua di sale e aromi. Il piatto di carne più diffuso è il maiale, servito arrosto, accompagnato da crauti. In alternativa al maiale, si può mangiare carne di oca, fagiano, anatra. Come contorno ai piatti di carne con salse vengono serviti i tipici knedliky (gnocchi di patate simili ai canederli tren- tini). Il tutto viene accompagnato da grandi quan- titativi di birra che è veramente a buon mercato. I cechi sono orgogliosi di essere produttori di que- sta bevanda e ne bevono in media una bottiglia al giorno. Il Vepřoknedlozelo è considerato il piatto fonda- mentale della cucina ceca: si tratta di carne di maiale, canederli e crauti. Anche se abbastanza grassa, questa specialità è la preferita degli abi- tanti del posto. Altro cibo tipico è il Trdlo ovvero una spirale di pasta dolce che viene cotta su una brace ardente attorno ad un’apposita struttura di legno. Dorato all’esterno, il Trdlo racchiude un cuore soffice e vellutato, dal gusto inimitabile e può essere arric- chito con zucchero e cannella, cacao, vaniglia o altre spezie a richiesta. Famosissimo è, inoltre, il prosciutto di Praga, un prosciutto di maiale affumicato con legna di mon- tagna. Le salsicce, per finire, sono le regine in- contrastate delle piazze e dei vicoli praghesi. Sono bianche, piccanti, di maiale, di cavallo, di manzo e vengono servite in abbinamento con una delle mille salse di cui la cucina ceca straripa. II B FESTE IN ROMANIA In Romania è possibile partecipare ad alcune feste tipicamente locali e scoprire antiche tradi- zioni, usi e costumi. Solitamente, queste feste sono dovute e legate al succedersi delle stagioni e ai lavori agricoli di una volta oppure sono feste cristiane, che trovano origine negli antichi riti pa- gani. Il popolo romeno, molto legato alle tradi- zioni, sente molto queste feste e vi partecipa numeroso e calorosamente. Festa di San Nicola Le feste invernali iniziano il 6 dicembre con il giorno di San Nicola, durante il quale i bambini, se sono stati buoni durante l’anno, ricevono i re- gali o un bastone nelle scarpe, se devono essere puniti. Colindatul Durante le feste natalizie i bambini romeni, vestiti con abiti caratteristici, si recano in visita nelle case per il “Colindatul”, gli auguri cantati, in cam- bio di una tradizionale ciambella dolce intrecciata, simbolo di prosperità. Tra i canti più intonati ci sono “MosAjunul” (“Babbo Vigilia”) e la “Steaua” (“La stella”). Il Plugul Il” Plugul” è un antico canto dai temi rurali che in- tonano i ragazzi per festeggiare l’inizio del nuovo anno. Il “Plugul” accompagna un simbolico aratro del giardino di casa in segno di buon augurio. La Festa della Capra Le origini della “Festa della capra” sono antichis- sime e risalgono al rito pagano di sacrificio del- l’animale per gli dei. Negli anni il sacrificio della capra è stato abbandonato e la cerimonia, attual- mente, prevede un rito collettivo, durante il quale si lancia del grano sulla capra in segno di augurio e prosperità per il nuovo anno. Boboteaza Nel giorno dell’Epifania in Romania si celebra il “Boboteaza”, il battesimo di Gesù nel Giordano. Durante le celebrazioni si benedicono le acque gelide dei fiumi e dei laghi: il prete getta un croci- fisso e gli uomini nuotano per recuperarlo. La cre- denza vuole che chi lo recupera non avrà malattie per tutto l’anno. La Pasqua in Romania In Romania la Pasqua è una festa molto sentita e i credenti digiunano nei quaranta giorni prece- denti per purificare il corpo e lo spirito. La Setti- mana Santa è aperta dalla “Domenica dei fiori”, quando vengono rievocate le passioni di Cristo, poi il Giovedì Santo vengono letti i Vangeli. Il sabato sera si celebra la suggestiva Messa della mezzanotte. Durante la settimana le case vengono dipinte, i giardini sistemati e iniziano anche i preparativi per il pranzo pasquale, du- rante il quale tutti gli invitati indossano vestiti nuovi. I bambini ricevono uova dipinte, dei veri e propri capolavori, che il capofamiglia rompe, sbat- tendole contro quelle del vicino di tavolo escla- mando: “Hristos a inviat”, letteralmente “Cristo è risorto”, mentre l’altro risponde “Adevarat a in- viat”, letteralmente “E’ veramente risorto”. Sanziene La “Festa di Sanziene” o “Dragaica” si festeggia il 24 giugno ed è la più spettacolare festa pagana inclusa nel calendario delle feste cristiane orto- dosse della Romania. È collegata al mito della fertilità della terra e le vergini raccolgono la pianta “Sanziene” per lavarsi con la rugiada e restare sempre belle e giovani. Martisor La “Festa di Martisor” segna l’arrivo della prima- vera e si celebra l’1 marzo. Essa nasce dalla leg- genda di un giovane rumeno che ha sacrificato la sua vita per liberare il sole dall’inverno. Durante il “Martisor” si regala un ciondolo con un filo in- trecciato di due colori: rosso come il sangue e bianco come la neve. Il ciondolo è un portafortuna e allontana dalle malattie e dal malocchio. Sant’Andrea II 30 novembre si festeggia Sant’Andrea, il santo patrono della Romania, colui che ha portato il Cri- stianesimo in queste regioni. La notte, chiamata la notte del lupo che porta l’inverno, notte degli spiriti oppure notte dei sortilegi, si chiudono tutte le finestre e le porte delle case, che vengono anche unte di aglio per tenere lontani gli spiriti. La notte di Sant’Andrea è anche la notte durantela quale le ragazze possono conoscere il loro futuro, guardando il fondo di un pozzo, alla luce di una candela. II D
  • 8. Sesto numero – Maggio 2017 Istituto Comprensivo “Vincenzo Navarro” di Ribera Dirigente Scolastico: Dott.ssa Paola Triolo DSGA: Vincenzo Geraci Docente referente: Teresa Bilello Docenti coinvolti: T.Bilello, L.Calcara, V. Chetta, S. Di Giorgi, A. Guirreri, C.Lo Cascio, G.Mangiapane, G. Miceli, M. Musso, G. Perrone, A.M. Ragusa, L. Savoca, M. Trento, C.Urso, Classi coinvolte: Tutte le classi della Scuola Secondaria di primo grado “V. Navarro” WWW.NAVARRO.IT Il racconto fantasy IL REGNO DI ZOWARKAND Nel regno di Zowarkand vivevano in armonia uo- mini e creature magiche, come elfi, gnomi, fate e draghi. Un giorno la loro serenità venne distrutta dall'arrivo di un cavaliere nero il quale, aiutato da una strega perfida e cattiva, fece piombare il regno nell'oscurità, riducendo in schiavitù tutti gli abitanti. Per molti anni Zowarkand rimase im- mersa nel buio e nel caos più totale; infatti le creature più forti avevano sottomesso quelle più deboli, le fate e gli gnomi erano stati resi schiavi, molti draghi erano diventati cattivi. Ognuno era rassegnato al proprio destino. Un giorno nella foresta del regno un draghetto di nome Ifrit, veniva inseguito da alcuni orchi, i quali volevano catturarlo e renderlo schiavo; mentre stavano per prenderlo, un giovane cavaliere, che passava da lì per caso, riuscì a salvarlo dagli orchi. Il draghetto per riconoscenza decise che da quel giorno avrebbe dedicato la sua vita ad aiutare il giovane cavaliere. I due si misero a par- lare e Ifrit gli raccontò tutta la storia di Zowarkand, e così il giovane, che si chiamava Tidos, decise di aiutare gli abitanti del regno. Iniziò così la lotta contro "il male". Tidos e il draghetto riuscirono a sconfiggere alcuni seguaci del cavaliere nero e così, sparsasi la voce delle loro imprese, gli abi- tanti cominciarono a sperare nella loro salvezza. Purtroppo la voce delle loro vittorie arrivò anche alle orecchie del cavaliere nero che ordinò alla strega e ai suoi seguaci di trovare il giovane e uc- ciderlo. Intanto, con il trascorrere del tempo, Tidos e Ifrit diventarono sempre più forti e così, dopo aver liberato le fate e gli gnomi, decisero che era giunto il momento di affrontare il cavaliere nero. Le fate e gli gnomi dissero a Tidos che il ca- valiere si trovava su un monte in una fortezza sor- vegliata e custodita da terribili orchi. Prima della partenza gli diedero una pietra e un paio di oc- chiali magici Arrivati al monte si trovarono davanti un'orda di orchi e così ebbe inizio una dura e vio- lenta battaglia. Dopo un lungo ed estenuante combattimento gli orchi vennero sconfitti e Tidos e il draghetto arrivarono alla fortezza dove ad at- tenderli c'era proprio il cavaliere nero insieme al suo malefico drago. Iniziarono subito a combat- tere a cavallo dei rispettivi draghi; poi quando il cavaliere nero venne disarcionato anche Tidos decise di combattere a terra. Colpo su colpo, spada contro spada, sembrava che il cavaliere nero avesse la meglio, ma Tidos raccolse tutte le sue forze e, presa la pietra magica che conser- vava in tasca, la lanciò in aria. La pietra, una volta scagliata, creò un gran polverone e solo chi in- dossava gli occhiali magici poteva vedere tra la polvere ogni cosa in maniera nitida e chiara. Il giovane Tidos, inforcati gli occhiali, sferrò così dei colpi mortali con la sua spada uccidendo il cava- liere nero e il suo drago. Finalmente nel regno di Zowarkand tornò a re- gnare la pace e l'armonia e dopo tanti festeggia- menti Tidos in compagnia di Ifrit decise di rimettersi in viaggio in cerca di nuove avventure. Marika Giummarra I E bellissimo mazzo di fiori. La fanciulla si affacciò e appena lo sentì iniziò a piangere per la gioia; così scese di nascosto e gli andò incontro dandogli un bacio. Il padre li vide, ma non disse niente perché capì che la felicità della fi- glia era la cosa più impor- tante. Il giorno seguente il conte invitò a cena Gu- glielmo. Il principe colse l’occasione per chiedere al conte la mano di sua figlia. Il conte accettò, così Guglielmo fece a Maria la proposta di matri- monio e la ragazza, felicissima, rispose immedia- tamente di sì. Il giorno seguente tutti cominciarono a preparare il matrimonio. Maria e sua madre pensarono a realizzare un meravi- glioso abito da sposa, mentre Guglielmo, con il padre di Maria, andò a incontrare il vescovo in chiesa per stabilire il giorno del matrimonio. Il giorno delle nozze tutti erano felici ed emozionati. La sposa indossava un abito di seta con i fiori e il velo, mentre lo sposo indossava un abito di vel- luto nero. Dopo le nozze vissero tutti felici e con- tenti. Alessia Messina, Carla Messina I C Il racconto storico LA DUCHESSA CORAGGIOSA Il Conte Luna, attratto dal clima mite e dalla bel- lezza incomparabile dei luoghi del castello di Mi- silcassino, annualmente, nel periodo invernale, vi andava a risiedere; egli lo aveva ribattezzato «ca- stello di Poggio Diana» in onore della moglie e Diana Moncada lo prediligeva a tal punto che era veramente felice di trascorrervi alcuni mesi del- l’anno. Il castello era stato costruito con pietra arenaria da taglio, con piccole finestre rettangolari, con un ponte levatoio, un ampio cortile, la cappella, la scuderia, l’armeria e la caserma per la guarni- gione. Esso aveva due ingressi: uno rivolto a mezzogiorno e l’altro a settentrione che immette- vano in un ampio cortile. La linea di difesa esterna del castello era costituita da un ampio muro, mentre un altro muro, costituito da fabbri- cati interni, chiudeva la fortezza; sbarrate le due porte il castello era inespugnabile. Diana si sentiva molto sicura al castello e vi re- stava molto volentieri anche quando il marito si allontanava per andare in aiuto dei suoi vicini. Una sera però successe qualcosa che spaventò la duchessa; il sonno le fu interrotto da un rumore che proveniva da fuori le mura del castello. Si af- facciò dalla finestra e non vide nulla, però capì che c’era qualcosa di strano perché i cavalli erano molto agitati. Diana urlò e chiamò le guar- die, ma capì di non essere sentita da nessuno. Allora corse attraverso uno dei passaggi segreti, che solo lei conosceva, e riuscì ad arrivare alla cappella, a suonare le campane e così allertò la guarnigione. I soldati, messi in allarme dal suono delle campane ininterrotto, sbarrarono tutte le vie di accesso al castello e nel controllo delle mura di difesa scovarono una banda di venti uomini. Scoppiò una lotta per impedire l’invasione ne- mica, ma nella lotta alcuni dei briganti lanciarono delle frecce infuocate che innescarono un incen- dio nel fienile accanto alla scuderia. La lotta fu ardua, ma la duchessa Diana intuì la difficoltà dei suoi uomini e li condusse attraverso un passag- gio segreto, alle spalle dei banditi, prendendoli di sorpresa. Riuscì così con astuzia a uscire illesa da questa avventura e a far catturare i malfattori. Durante il viaggio, però, verso le galere, che si trovavano ad Acragas, i briganti riuscirono a scappare e a risalire il fiume Sosio Verdura, arri- vando fino alla sorgente che si trovava vicino al loro nascondiglio. Lì dentro c’era un grosso bot- tino con molto oro, argento e altri metalli preziosi che avevano rubato. I briganti con la refurtiva riuscirono ad assoldare degli uomini per espugnare il castello. Arrivarono alle pendici del castello, risalendo il fiume Ver- dura, con delle navi da combattimento per assal- tarlo. Dopo ore di estenuante lotta, la duchessa Diana riuscì, attraverso uno dei suoi passaggi se- greti, a recarsi a Caltabellotta dove avvisò l’eser- cito. Ma i briganti scoprirono il passaggio segreto, en- trarono nel castello e uccisero tutta la guarni- gione, rubando tutto quello che c’era. Quando Diana tornò e vide cosa era successo, si mise subito sulle loro tracce; arrivò fino al loro na- scondiglio dove lei stessa li catturò e li portò ad Acragas. Mario Cortese Nicola Pantaleo Francesco Riggi Alfonso Segreto Francesco Tallo I C