1. Young Child Observation Seminar
Osservazione di Angela
Mercoledì xx/09/2009 ore 18:00-19:00 (Prima osservazione)
In mattinata mando un messaggio a Valentina per confermare il nostro appuntamento pomeridiano.
Non ricevo risposta. Non volendo assillarla con i messaggi aspetto che sia quasi l’ora dell’osservazione
nella speranza di ricevere una risposta che però non arriva. Non volendo però presentarmi a casa loro
senza avvertirli, dieci minuti prima dell’appuntamento la chiamo. Mi risponde con una voce
interrogativa, sembra non capire per quale ragione io la stia chiamando. Quando le chiedo se ha
ricevuto il mio messaggio in cui le richiedevo una conferma mi dice di avermi risposto con un altro
messaggio dicendomi che era tutto confermato e che mi avrebbero aspettato. Le dico che purtroppo non
ho ricevuto alcun messaggio. Si dice molto dispiaciuta e mi chiede dove sono e se riesco comunque a
raggiungerli. Cinque minuti dopo suono alla loro porta. Mi apre Valentina con un largo sorriso e mi fa
accomodare. Ha i capelli sciolti, un paio di pantaloni elasticizzati e una maglietta, un abbigliamento da
casa che però mi mette meno in imbarazzo rispetto alla camicia da notte del nostro primo incontro.
Dalla cucina una vocina urla: “Chi è mamma?”. Metto le mie ciabatte ai piedi dopo essermi tolto le
scarpe a fatica e seguo Valentina in cucina. “Stiamo facendo il pane!” mi dice. Arrivato sulla soglia
della cucina vedo Angela dalla parte opposta del tavolo, in piedi sul suo seggiolino con davanti una
tavola di legno per impastare, sacchi di farina, ciotole con acqua, sale, lievito. Mi guarda un attimo
perplessa poi accenna un piccolo sorriso e riabbassa lo sguardo senza salutarmi. “Non saluti Gabriele?
È venuto per vedere te!” dice Valentina accarezzando Angela sulla testa. Io la saluto. Angela sta
giocherellando con un pezzetto di pasta, fa finta di impastare quello che mi dice essere il suo panino.
Noto che ripete tutto quello che sua mamma mi dice, guardandomi negli occhi. Quando Valentina mi
dice: “Almeno una volta la settimana noi facciamo il pane insieme”, Angela ripete, fissandomi seria:
“Facciamo il pane”. Valentina inizia mi dice di accomodarmi su una sedia del tavolo da cucina e
prendo posto in modo da avere Angela lungo il lato corto del tavolo, alla mia destra e sua mamma di
fronte a me. Valentina inizia a versare la farina sul tavolo e a preparare il pane. Mi dice che fanno il
pane non tanto per una questione di risparmio e perché a loro piace particolarmente il pane fatto in casa
quanto piuttosto per condividere insieme ad Angela un’attività manuale, per seguire con lei una certa
ritualità di gesti che possa essere la stessa nel corso delle settimane. Continua a parlare mentre Angela
spinge le manine sul suo pezzetto di pasta, facendolo roteare a salsicciotto, spingendovi dentro le dita,
girandolo e ogni tanto schiacciandolo con il palmo della mano aperta per fargli assumere la forma di
2. una pizzetta. Poi riappallottola tutto e ricomincia da capo. Valentina mi dice che questo modo di
organizzare le attività della bambina e loro sono tratte dal metodo steineriano. Mi chiede se lo conosco.
Spiazzato le rispondo che ne ho sentito parlare ma che non ne so praticamente nulla. Inizia allora a
spiegarmi che, sebbene lei e suo marito non lo seguano in modo assoluto, ritengono che sia un “metodo
molto bello” per l’educazione dei bambini. Una sua cara amica ha allevato tutti i suoi figli in questo
modo e le ha fatto venire il desiderio di applicarlo nell’educazione di Angela almeno in alcuni aspetti.
Aggiunge che per certi aspetti invece trova sia un metodo che tiene i bambini un po’ troppo al di fuori
di quella che è la vita quotidiana anche perché, essendo un metodo piuttosto vecchio ormai, non tiene
conto dei cambiamenti subiti dall’ambiente in cui i bambini di oggi vivono e crescono rispetto a cento
anni fa. In effetti i figli della sua amica sembrano un po’ “alienati”, soprattutto il figlio più piccolo.
Molto bravi in alcune cose, sembra che nei rapporti con altri bambini e nell’interazione con gli adulti
sembrino sempre un po’ poco a loro agio e un po’ “nelle nuvole”. E poi seguire il metodo steineriano
pare sia molto costoso, senza contare che una scuola steineriana comoda per loro non c’è. Angela la
interrompe. Nel frattempo io non sono riuscito a dire una sola parola, annuendo con la testa mentre
cercavo di guardare Angela il più possibile nel suo tentativo di rendere la pasta più morbida. Ha
staccato un pezzetto di pasta e lo tiene tra due dita: con il braccio teso lo mostra a Valentina dicendo:
“Guarda mamma. E’ morbida?”. “Sì amore, è morbida” risponde la mamma. Angela si volta allora
verso di me, mi guarda per un attimo, poi si sporge nella mia direzione e tende la manina verso di me
dicendo: “E’ morbida! Senti! Senti come è morbida!”. Prendo il pezzetto di pasta in mano e le dico
sorridendo: “Hai proprio ragione, è davvero morbida!”. “Sì, morbidissima!” aggiunge lei riprendendosi
il pezzetto di pasta e attaccandolo al resto della sua pagnotta. Valentina riprende a parlare e mi racconta
del tipo di lievito che usa per il pane, di quanto sia costoso ma di quanto sia migliore degli altri tipi.
Infine inforna il pane dopo averlo messo in uno stampo. In quel momento suona il citofono. “E’
babbo!”, urla Angela sollevando la testa e guardando sua mamma. Valentina va ad aprire e io e Angela
rimaniamo soli. Mi guarda un po’ poi mi dice: “E’ arrivato il mio babbo! Tu mangi con noi?”. Le
rispondo che credo abbia ragione, dovrebbe proprio essere il suo babbo che rientra dal lavoro. Cerco di
far finta di niente per quanto riguarda la seconda domanda ma lei mi ripete: “Mangi con noi?”. In quel
momento rientra nella stanza Valentina. Avendo sentito la domanda di Angela dice: “Ti piacerebbe che
Gabriele si fermasse a cena con noi?”. “Sì” risponde lei con un sorriso sollevando il mento verso l’alto
e appoggiandosi con i gomiti sul tavolo. Valentina si volta a guardarmi e mi dice: “Cosa ne pensi?
Riesci a fermarti?”. Preferendo evitare spiegazioni sul perché sia preferibile evitare una cena con loro
davanti ad Angela che non capirebbe le mie motivazioni mi limito a dire loro che purtroppo quella sera
3. ho già un impegno e che purtroppo sono costretto a rifiutare. Valentina dice: “Peccato! Sarà per
un’altra volta allora, a noi fa piacere!”. “Perché non si ferma?” chiede Angela alla sua mamma. “Hai
sentito, lo stanno aspettando per fare la pappa e non può non andare. Però un’altra volta, quando magari
avremo anche qualcosa di buono da dargli da mangiare, si fermerà”. “Perché non ti fermi a mangiare?”
dice Angela voltandosi verso di me, come se non avesse ascoltato sua madre. “Perché mi aspettano già
per cena a casa mia e la mia mamma ha già preparato da mangiare anche per me”, rispondo. Entra
Paolo, saluta la moglie con un bacio e da un bacio anche ad Angela sulla testa. Lei alza le braccia e le
tende verso il suo papà, gli afferra la testa e la stringe. Paolo la abbraccia e le da altri bacetti. Angela
ride e lascia la presa. “Ti fermi a mangiare con noi?”, dice Paolo. Prima che io possa rispondere
Valentina dice: “Glielo abbiamo già chiesto ma non può, sarà per la prossima volta…anche perché non
so cosa avremmo potuto dargli questa sera, non abbiamo niente”. Mi rendo conto che l’ora è trascorsa e
mi alzo in piedi facendolo notare a Valentina e Paolo. “Vai già via? Ah già, è già passata un’ora”. Mi
avvio verso l’ingresso e mi volto a salutare Angela che ha ripreso ad impastare la sua pagnotta e la sta
facendo vedere al suo papà che le fa i complimenti. Non mi saluta, Valentina glielo fa notare e lei alza
lo sguardo, mi rivolge un “ciao” frettoloso e torna a guardare quello che stava facendo. “Si saluta bene,
sennò Gabriele dice che non sei una brava bambina e non gli sei simpatica”. “Ciaaaaoooo!”, dice allora
Angela tornando a guardarmi e agitando questa volta la manina tutta infarinata. Le sorrido, la saluto
nuovamente e mi avvicino alla porta. Mentre metto le scarpe vedo che le porte delle stanze sono aperte.
A fianco a quella di Angela scorgo una stanza con un letto singolo disfatto. La stanza è un po’
disordinata. Mi domando di chi possa essere quella camera e, non so per quale motivo, mi viene da
pensare ad una zia. Messe le scarpe saluto ed esco salutato da Valentina e Paolo entrambi sulla porta.
Young Child Observation Seminar
Osservazione di Angela
Lunedì xx/12/2009 ore 18:00-19:00
Arrivo in leggero anticipo e decido di aspettare sul portone una decina di minuti prima di suonare.
Quando suono il portone si apre senza che nessuno chieda “Chi è?”. Salgo rapidamente le scale e trovo
la porta di casa aperta. Entro con un “Permesso!?!”. Dal bagno sento la voce di Valentina: “Ciao!
Accomodati pure, scusa ma ci stiamo preparando per il bagnetto. Raggiungici in bagno.” Mi tolgo le
scarpe e con le ciabatte ai piedi mi dirigo verso il bagno dove vengo accolto da un calore che mi
4. costringe a togliermi immediatamente il maglione. Accanto alla porta una stufetta elettrica emana
ondate di aria bollente. In mezzo alla stanza, decisamente spaziosa, Valentina, di spalle, sta spogliando
Angela, della quale vedo solo spuntare i capelli biondi. Saluto con un “Ciao!” e un sorriso. A questo
punto Angela si sposta di scatto sulla destra mostrandomi il suo faccino sorridente senza dire nulla.
Valentina si volta e mi saluta dicendo ad Angela di salutarmi per bene e di chiedermi come ho passato
il mio Natale. Angela mi guarda ancora un pochino con quell’espressione furba che mostra sempre ogni
volta che mi rivede, poi mi domanda: “Come è andato il tuo Natale?”. “Molto bene, grazie” rispondo
“E il tuo?”. Non mi risponde e continua a guardarmi come se volesse farmi un po’ sospirare in attesa di
una sua risposta. Valentina si alza dicendo ad Angela di rispondermi e di raccontarmi di come ha
passato il Natale, con la nonna e gli zii e che Babbo Natale è passato portando molti dei regali che
aveva chiesto, anche se tutti tutti non è riuscito perché pesavano troppo e glieli farà avere per il
compleanno. Poi si volta verso di me dicendo che in effetti la letterina di Angela quest’anno era un po’
tanto lunga e “costosa”. Angela intanto inizia a dirmi che lei ha passato il Natale a casa e che sono
venuti a trovarla e a mangiare la nonna (materna) e gli zii (la sorella della madre con il suo compagno).
Babbo Natale non è proprio riuscito a portare tutto ma le ha portato la carrozzina per le bambole che
aveva chiesto e tanti didò nuovi di diversi colori. Valentina le ricorda anche il nuovo puzzle (che è
molto più difficile di quelli che aveva già) e un libro nuovo della Pimpa. Infine Valentina aggiunge,
ridendo, che Babbo Natale di sua iniziativa ha portato anche alcuni vestitini e altre cose
d’abbigliamento che però Angela dimentica sempre di raccontare…chissà perchè!?! Sorrido e dico ad
Angela che deve essere stata davvero buona allora se Babbo Natale ha deciso di portarle tutto, anche se
un po’ ora un po’ più avanti. Angela sorride e mi dice di essere stata bravISSIMA! Nel frattempo la
vasca da bagno si è riempita e Valentina chiude i rubinetti dicendo ad Angela di entrare in acqua per
non prendere troppo freddo “che siamo stati già abbastanza malati in questi ultimi tempi!”. Angela
quando fa il bagnetto è sempre a suo agio. Le piace molto sguazzare nell’acqua e sul bordo della vasca
ha tanti giochi con cui giocare con la mamma mentre si lava. Valentina le porge le sue paperelle e i
ranocchi, un libretto impermeabile e la confezione di bolle di sapone. Angela inizia ad agitare una
paperella,quella più grande, nell’acqua. La fa scorrere sulla superficie a destra e a sinistra molto
velocemente, sollevando spruzzi d’acqua, molti dei quali finiscono sul pavimento. Valentina non dice
nulla e passa sul pavimento il tappeto del bagno. Angela la guarda mentre asciuga il pavimento e per un
attimo si ferma spingendo la paperella sott’acqua. Riprende poi ad agitarla, controllando con la coda
dell’occhio quanta acqua finisce fuori dalla vasca a bagnare in terra. La agita sempre più forte. Io, che
nel frattempo mi sono seduto su una sedia collocata precedentemente da Valentina per me ai piedi della
5. vasca da bagno, osservo la scena. Valentina è in piedi accanto alla vasca e ora sposta il tappetino con il
piede lungo la vasca per asciugare l’acqua fuoriuscita. Sembra non accorgersi che Angela sta bagnando
il pavimento apposta per vedere lei asciugarlo. Dopo un po’ però reagisce anche se molto più
teneramente di quanto mi sarei aspettato. “Angela, per piacere, cerca di giocare con la papera
sollevando meno acqua, sennò qui si bagna dappertutto”. Angela continua il suo gioco e. per un attimo,
sembra addirittura aumentare la velocità in modo da far fuoriuscire ancora più acqua. Tuttavia si ferma,
spinge la papera sott’acqua e la lascia. Questa schizza fuori dall’acqua e rimane a galleggiare mentre
Angela nel frattempo ha preso in mano la confezione delle bolle di sapone e cerca di aprirla. Non ci
riesce e la passa con uno scatto a sua mamma dicendo: “Apri!”. “Ehi signorina, non è che perché c’è
qui Gabriele devi fare la sciocchina maleducata, guarda che lui se lo ricorda poi e cosa penserà di te?
Come si chiede?”. “Apri!”, ripete Angela con aria seccata senza guardare sua mamma in faccia.
“Quando me lo chiederai come si deve lo farò; guarda qui (dice Valentina indicando il pavimento), hai
bagnato dappertutto e devo asciugare e ora fai la scemina…sai bene che così con la mamma non si fa!”.
Angela mi guarda, sempre con la stessa espressione seccata e leggermente imbarazzata. Tende verso di
me le bolle di sapone e mi dice: “Per favore, me lo apri?”. Prendo il flacone in mano e lo apro dicendo:
“Va bene, ecco qua”. Valentina: “Beh, è già qualcosa che con gli altri sia educata. Ora piuttosto che
chiederlo per favore a me rinuncerebbe a giocare con le bolle!”. Sorrido. Valentina: “Angela, ricordati
che “per favore” si dice anche a mamma e papà, capito?!?”. Nessuna risposta. Angela è intenta a
soffiare e fare le bolle. Valentina inizia a bagnarle i capelli e a farle lo shampoo ma Angela inizia a
lamentarsi, non sembra voler essere interrotta nel suo gioco. Si lamenta sempre di più, finchè, non
riuscendo a continuare a soffiare per fare le bolle perché sua madre le sta lavando i capelli tenendole la
testa leggermente inclinata indietro, inizia a piangere e ad agitarsi. Mentre piange muove la testa come
a voler sfuggire alle mani della mamma e batte le mani sull’acqua, facendo schizzare gocce d’acqua
tutt’intorno fino a bagnare i miei pantaloni. Valentina si innervosisce. “Angela, smettila, ora lo sai che
dobbiamo lavarci. Poi l’acqua sta diventando fredda e non ci possiamo stare troppo. Stai ferma e non
fare queste scene. Non le fai mai!”. Valentina si volta poi verso di me dicendo che deve essere molto
stanca perché di solito non fa capricci quando fa il bagno. Dopo un po’ Angela si calma e mi guarda
con gli occhi pieni di lacrime. Mi passa la confezione di bolle di sapone: “Le fai un po’ tu?” mi chiede.
Le sorrido e le dico che ne farò un po’ io ma che lei deve fare la brava e ascoltare la mamma. Non mi
risponde e rimane in attesa delle bolle. Inizio a soffiare e, alle prime bolle che escono, riprende a ridere
divertita cercando di prenderle con le mani. Valentina le dice che allora ci lascia un attimo a giocare
mentre va a controllare alcune cose in cucina per la cena ma che poi dovremo interromperci perché
6. Angela dovrà farsi asciugare i capelli. Io e Angela andiamo avanti con il nostro gioco per diverso
tempo, senza dire una parola, neppure quando io le faccio notare che le bolle di sapone sembrano
piacerle molto. In questo caso la sua breve risposta è: “Dai, ancora!”. Quando Valentina ritorna in
bagno Angela sembra far finta di nulla finchè sua mamma non toglie il tappo della vasca dicendo:
“Ecco qui, abbiamo giocato abbastanza, anche Gabriele sarà stanco”. Io smetto di fare bolle. Angela
inizia a piagnucolare: “Ancora, ancora. Ancora un pochino!”. Valentina la solleva dalla vasca e Angela
inizia a piangere. La mamma la mette in piedi su una sedia e la avvolge in un piccolo accappatoio
colorato. Angela rimane in piedi piangendo e pestando ogni tanto un piede a terra. Guarda fisso verso il
basso. Valentina prende il phon e lo attacca alla corrente elettrica, lo accende e inizia a passarlo sui
capelli di Angela che piange sempre più forte. Mi guarda ogni tanto poi torna a guardare in basso.
Valentina le chiede più volte di smettere perché faranno in fretta, poi potrà giocare un poco prima di
cena. Io intanto mi rendo conto che l’ora a mia disposizione è passata già da cinque minuti e decido di
salutare, un po’ imbarazzato per il fatto di dover salutare in un momento così agitato e critico. Appena
accenno il mio saluto però, Angela smette di piangere e sembra calmarsi. Valentina spegne il phon
dicendo: “Di già? Mamma mia come è tardi. Vedi Angela quanto sei rimasta nell’acqua? Poi se ti
ammali di nuovo non puoi uscire e stai male. Saluta Gabriele ora…che andrà via pensando che oggi hai
davvero fatto troppi capricci”. Io sorrido imbarazzato e dico: “Beh, forse Angela oggi è davvero
stanca!”. Saluto. Angela mi guarda singhiozzando ancora un poco. Non mi saluta. Valentina allora
aggiunge: “Cosa vogliamo fare? Oggi è una serata così!”. Ci salutiamo ancora. Vado in ingresso a
prepararmi da solo e mi tiro dietro la porta senza aver ricevuto da Angela nessun saluto se non il suo
sguardo pieno di lacrime.
Young Child Observation Seminar
Osservazione di Angela
Lunedì xx/03/2010 ore 16:00-17:00
Alle 16 in punto entro nei giardini del castello D’Albertis, iniziando a cercare Angela e Caterina. Le
trovo quasi subito in una delle terrazze del giardino. Quando arrivo più vicino Angela si volta, mi vede
e si gira di nuovo continuando a camminare nella direzione in cui stava andando, verso il muretto della
terrazza. Saluto Caterina, che si volta verso Angela e le dice: “Angela, non hai visto che è arrivata una
persona che conosci? Non vieni a salutarlo?”. Angela, che mi sta dando le spalle, si volta come se non
7. mi avesse ancora visto, anche se un sorrisetto la tradisce, mi osserva per un po’ mentre io la saluto, poi
risponde rapidamente che non si ricorda chi io sia, rigirandosi di scatto. Caterina mi guarda e sorride.
Rispondo al sorriso. Angela nel frattempo, senza girarsi urla: “Gabrieeeeele, vieni qui a vedere cosa ho
fatto!”. Caterina: “Ah, ma non avevi detto di non ricordarti chi fosse?”. Angela: “No!”. Caterina:
“Allora mi sarò sbagliata, mi era sembrato di sentirti dire così”. Mi avvicino e vedo che Angela sta
disegnando, come fa spesso, con i gessetti colorati, lungo tutto il muretto che arriva all’altezza della sua
pancia. E’ molto impegnata a disegnare quello che sembra un omino: un cerchietto un po’ storto
dovrebbe essere la testa in cui si distinguono due puntini verdi (gli occhi, credo) uno in alto e uno in
basso. Un segno rosso storto lascia immaginare una bocca. Una riga verticale che scende verso il basso,
marrone come il contorno della testa potrebbe essere il busto. Mancano gambe e braccia e mi aspetto
che Angela le aggiunga subito dopo, invece solleva il gessetto, osserva per un po’ la sua opera e dice:
“Ecco fatto, questo sei tu”. La ringrazio per il ritratto e le faccio i complimenti per avermi disegnato più
bello di come sono. Mi guarda e ride. Mi siedo sul muretto accanto ai suoi disegni; Caterina è in piedi
dietro Angela, guarda i disegni, poi le si affianca sull’altro lato, si accuccia, prende un gessetto verde e
le dice che ora le farà vedere come si fa un bellissimo albero fiorito perché siamo in primavera. Angela
non dice nulla, si limita a cacciare un’occhiata ai primi segni tracciati da Caterina accanto al suo
omino, poi mi guarda ridendo e mi dice che è arrivata la primavera e che tra poco è estate e si va al
mare a fare il bagno. Confermo. Angela si gira a guardare l’albero di Caterina che in effetti sta venendo
molto bene e le dice: “Mi serve il verde”. Caterina: “Sì, guarda, lì hai un gessetto verde”. “Voglio
quello!”, risponde Angela, indicando quello che Caterina tiene in mano. Caterina le passa il suo
gessetto prendendo lei l’altro, dicendo ad Angela che sono uguali e che quindi lei può benissimo
continuare con quello. Angela la guarda tenendo il suo gessetto in mano, poi guarda il muretto e, sotto
l’omino e un po’ più a sinistra, inizia a tracciare una linea strofinando il gesso a destra e a sinistra più
volte, ma in modo distratto; continua a osservare, con la coda dell’occhio, il disegno di Caterina.
Quest’ultima vede le linee verdi tracciate da Angela e le chiede se siano un prato. Angela non risponde.
Mi guarda e mi dice di aver disegnato un prato, ma non sembra molto convinta. Le dico che è proprio
un bel prato. Caterina le suggerisce di aggiungere dei fiori, perché ora che è primavera i prati sono
pieni di fiori profumati. Angela lascia subito il gessetto verde e inizia a raccogliere a uno a uno tutti i
gessetti colorati per poi passarli sopra il suo prato con dei movimenti circolari. Fa prima uno
‘scarabocchio’ rosso, poi uno giallo, un altro rosso e infine uno azzurro. Appoggia l’ultimo gessetto sul
muretto e si strofina le manine, rimanendo per un po’ a guardare il suo prato fiorito. Caterina le fa i
complimenti e le dice di riuscire a sentire bene l’ottimo profumo che arriva da quel praticello fiorito.
8. Angela ride e fa finta di annusare i suoi fiori, dicendo che in effetti hanno un profumo buonissimo. Mi
chiede di sentire il profumo insieme a lei. Faccio finta di annusare l’aria ma Angela mi chiede di andare
più vicino ai fiori. Mi piego allora sul fiore azzurro, lo annuso e le dico che in effetti si sente davvero
un buon profumo di primavera. Forse sono stato troppo convincente e Angela mi corregge dicendomi:
“Ma noooo, guarda che è per finta”. Sorrido e Caterina sorride insieme a noi. Angela guarda il suo
omino e dice che mancano i capelli, poi mi guarda, ci pensa un po’ su, poi prende il gessetto nero e
traccia due linee verticali un po’ zigzaganti che dagli occhi salgono verso l’alto. Mi dice poi che io
sono nel suo giardino e che il suo giardino è tutto pieno di fiori profumati (“ma che profumano per
finta”, si affretta a correggersi). “Ma Gabriele è da solo nel tuo giardino?”, chiede Caterina ad Angela,
la quale si limita a risponderle con un “No!” piuttosto brusco. Prende ancora il gessetto nero che aveva
nel frattempo appoggiato sul “prato” e inizia a pasticciare il disegno con movimenti circolari. Alla fine
ci fa notare come quello sia un cane nero che serve a tenermi compagnia nel giardino, perché sennò
avrei paura. Caterina le dice che il cane sembra davvero un bel cane e le chiede se sia lì nel giardino per
fare una passeggiata tra i fiori. Angela ci pensa un attimo, poi risponde: “Sta cercando un albero per
fare la pipì”. Caterina le dice che il suo è davvero un cane fortunato perché nel giardino c’è un
bell’albero e perché può correre libero per il giardino mentre molti cani vivono legati o incatenati.
Angela posa a questo punto il gessetto nero sul corpo del cane e con una linea piuttosto incerta lo
collega al corpo dell’omino. “E’ al guinzaglio”, dice. Caterina sta controllando un sms che le è arrivato
e non presta attenzione. Quando si ferma e alza la testa, credo abbia la sensazione di essersi persa
qualcosa e chiede ad Angela che cosa le abbia chiesto. Angela ripete, guardando nella direzione del
cane “E’ al guinzaglio”. Caterina inizia a fingere di piagnucolare, dicendo che quel povero cane era
così fortunato a poter scorrazzare per il giardino libero ché ora soffrirà tantissimo a dover stare al
guinzaglio. Angela: “Ma io ogni tanto lo libero………così fa la pipì sugli alberi e poi torna subito da
me. Caterina nel frattempo ha terminato il suo albero e ora sta disegnando un uccellino giallo e verde.
Dice che si tratta di un pappagallo, che è appena arrivato attirato dal profumo dei fiori del giardino.
Angela traccia rapidamente un segno vistoso, nero, sul pappagallo, dicendo che nel suo giardino non
devono entrare pappagalli perché le mangerebbero i fiori che lei ha piantato e ha fatto crescere.
Caterina riprende a piagnucolare dicendo di essere un povero pappagallino senza casa e che ora lo
stanno cacciando anche dal giardino. Angela non dice nulla. Nel frattempo è venuta per me l’ora di
andarmene, mi alzo e saluto Angela dicendo che ora sarei andato a fare un giretto per il giardino per
uscire dal castello, proprio come lei ha appena disegnato. Angela non sembra molto felice e mi dice:
“Rimani ancora un po’?”. Le spiego che non mi è possibile, ché devo andare via davvero ma che
9. tornerò presto a trovarla, dovrà aspettare solo una settimana. “Ciao”, mi dice allora, tornando a
concentrarsi sui suoi gessetti. Mentre mi allontano mi volto a un tratto, convinto di vederla già di nuovo
tutta intenta a disegnare; invece la trovo in piedi girata verso di me che mi allontano. Quando ci
guardiamo, solleva una manina e mi saluta. Ricambio il saluto e sparisco alla sua vista.
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Osservazione di Angela
Lunedì xx/05/’10 ore 17:30-18:30
Arrivo a casa di Angela alla solita ora. Mi apre la porta Valentina. Paolo esce un attimo dalla sua
stanza, della quale tiene la porta socchiusa, e mi saluta a sua volta. Valentina mi dice che Angela è in
camera sua. Mi tolgo le scarpe, indosso le ciabatte e raggiungo Angela nella sua stanza, accompagnato
da Valentina. Paolo nel frattempo è rientrato nella sua stanza e ha chiuso nuovamente la porta.
Valentina mi dice che deve fare da mangiare e quindi mi avrebbe lasciato solo con Angela. “Fai vedere
i tuoi giochi a Gabriele!” le dice, mentre si allontana verso la cucina. Angela le dice: “Mammaaaa,
aspetta, non ti ho ancora dato il regalo!”. Valentina torna indietro. Angela prende un telo piegato al
quale una molletta tiene attaccato un biglietto. Lo porge a Valentina che la ringrazia sorridente; ha
l’aria emozionata. Angela osserva sua mamma che toglie la molletta con sopra un cuoricino rosso di
cartone e apre il biglietto. Valentina legge la poesia e dice che è bellissima. Poi apre il telo: è uno
strofinaccio da cucina con alcuni disegni a stencil fatti evidentemente dalla maestra e, intorno, alcuni
scarabocchi colorati fatti da Angela. In un angolo il nome ‘Angela’, con alcune lettere scritte speculari.
Valentina fa i complimenti alla figlia che sorride soddisfatta e orgogliosa del proprio lavoro. Valentina
le chiede se quelli intorno siano dei fiori. Angela risponde affermativamente e riceve ancora tanti
complimenti da Valentina, la quale bussa poi alla porta di Paolo per fargli vedere il regalo. “Che
bellissimi scarabocchi colorati!”, sento che dice Paolo. Tornata in camera di Angela, Valentina dice che
quella di Paolo è solo invidia “E ora ti faccio vedere perché”, mi dice. Si allontana un attimo, poi
rientra con una penna che è stata circondata da uno spesso strato di DAS colorato fatto a forma di
omino. “Capisci?!?”. Sorrido. Angela strappa dalle mani di sua mamma lo strofinaccio e inizia a
volteggiare su se stessa in cerchio, agitando lo strofinaccio. Poi si ferma, mi guarda e mi viene
incontro, saltando all’improvviso e, contemporaneamente, lanciando lo strofinaccio alle sue spalle,
oltre la sua testa. Ride. Valentina le ripete di farmi vedere i suoi giochi nuovi e si avvia nuovamente
10. verso la cucina. Angela la spinge fuori e chiude la porta dopo che Valentina è uscita. Mi guarda un
attimo, io mi siedo sul pavimento, perché l’unica alternativa sarebbe il suo letto, sfatto anche quello.
Angela mi supera e si avvicina alla libreria dove sono appoggiati tutti i suoi giochi. Estrae due scatole
di piccoli arredi per casa di bambole tutti in legno. Le appoggia sul pavimento, poi prende quella più
grande e, ridendo, la agita sopra la sua testa facendo molto rumore. Io la guardo sorridendo. Apre una
scatola a fatica e la svuota sul pavimento. Prende quattro piccoli piattini in legno, una coppia nera, uno
più grande e uno più piccolo, e una coppia verde, sempre di diverse dimensioni. Mi dice che sono
mamme e figli. Quelli più grandi sono le mamme e i più piccini sono i figli. Ride di gusto dopo avermi
detto questo. Non tocca nient’altro e si alza in piedi. Mi dice che poi vuole farmi vedere il gioco della
‘insalata di Pimpa’. Sta appoggiata al suo letto, alle mie spalle, in piedi. Credo di aver capito male e
ripeto: “L’insalata della Pimpa?”. “No, in realtà è l’insalata di Armando”. “Ah, ok!”, dico io, tagliando
corto. “E’ uguale alla Pimpa Armando, però è blu. E’ il babbo della Pimpa, sono babbo e figlia…e…e
la mamma non c’è più. Non c’è più la mamma!”. Poi si muove verso il suo piccolo tavolino, raccoglie
una scatola di pennarelli e me la mostra. “Questi sono della mamma”, si volta, apre la porta ed esce. Li
appoggia su un tavolino in salotto e rientra in camera, chiudendo ancora la porta dietro di sé. Va vicino
alla finestra e apre una cesta di vimini. Ne estrae un massaggiatore vibrante a forma di coccinella e lo
accende guardandomi. Se lo mette sulla spalla e assume un’espressione rilassata. Me la porge ancora
accesa e io le dico che deve essere proprio rilassante. “Molto”, mi dice. Poi la riprende in mano e la
spegne, dicendomi che, altrimenti si scaricano le pile. Mentre la spegne nota un adesivo sul retro della
coccinella con disegnato un bidone della spazzatura barrato. Mi dice, passandoci sopra il dito, che quel
simbolo vuol dire che, quando smette di funzionare, non va buttata ma bisogna farla aggiustare. Entra
un attimo Valentina e chiede come stia andando. “Bene”, risponde Angela, prima che io possa parlare.
Valentina mi guarda con espressione divertita e sparisce di nuovo. Poi rientra un attimo e dice ad
Angela di dirmi che tra poco qualcuno compirà gli anni. Angela mi dice che tra poco sarà il suo
compleanno. Le chiedo quanti anni compirà. “Quattro” mi risponde, facendomi il segno con le dita. Mi
dice che a questo punto giocheremo alla famiglia: io sono il papà e lei la mamma. Abbiamo due figli,
uno piccolo, un bambolotto che mi mette subito in braccio e una più grande che prende e mette sul
passeggino. Poi riprende anche il bambino piccolo e lo siede sul passeggino accanto all’altro,
dicendomi che sarebbe uscita con loro a fare la spesa. Esce dalla stanza e mi lascia solo. Torna dopo un
attimo, spinge verso di me il passeggino e mi chiede di occuparmi io dei bambini perché lei deve
andare a yoga. Torna dopo poco, chiedendomi di passarle il bambino più piccolo perché è stanco e
deve dormire. Crede anche che sia un po’ malato, così lo mette nel suo letto e gli rimbocca le coperte
11. delicatamente per poi dargli un bacio delicato sulla fronte. Si avvicina ancora al tavolino, dove c’è, in
piedi, un cavallo fatto con quelle costruzioni di pasta di mais. E’ fatto molto bene, marrone, con gli
occhi bianchi. Prende un pennarello e disegna qualcosa ma non riesco a vedere finchè non me lo porge
dicendomi di guardare le sopracciglia che gli ha appena disegnato. Appoggia di nuovo il cavallo sul
tavolo e mi dice che deve andare a fare la pipì. Spalanca la porta e corre via verso il bagno. Dopo un
attimo torna ridendo, mi guarda e, spingendo verso di me il bacino, si tira giù i pantaloni nella parte
anteriore, scoprendo le mutande. Poi corre via e torna in bagno. Sento che Paolo esce dalla sua stanza e
vedo che va in bagno anche lui. Sento Angela urlare: “Babbooo, mi hai spaventata e ora mi sono
bagnata la mano di pipì!”. Paolo le dice qualcosa che non riesco a sentire. Arriva Valentina e mi dice
che Angela sta diventando “proprio una bella tipetta” e che forse è meglio così perché questa è una sua
risorsa con due genitori come loro che sono due caratteri molto forti. Angela, dal suo punto di vista,
crescerà molto forte caratterialmente proprio perché sarà cresciuta con due genitori così. Questo le fa
pensare che la scuola dell’analisi sistemica abbia proprio ragione: un bambino va osservato e studiato
sempre all’interno della sua vita famigliare, tenendo conto anche di coloro che gli vivono intorno,
soprattutto i genitori. Angela torna nella stanza ancora mentre cerca di tirarsi bene su i pantaloni.
Valentina dice di dover tornare in cucina e scompare ancora una volta. Nel frattempo per me è venuta
l’ora di andarmene e mi alzo, annunciandolo ad Angela e a Valentina. Quest’ultima chiede ad Angela
di mostrarmi le sue piantine di pomodori sul davanzale. Angela mi prende per mano e mi conduce in
cucina, vicino alla finestra, dove, in un piccolo vasetto, sono spuntate alcune piccole piantine. Mi dice
che è il suo piccolo orto e che, quando cresceranno i pomodori, se li mangerà. Torniamo in ingresso
mentre mi complimento con lei per il suo piccolo orticello. Mentre la saluto sulla porta mi chiede di
aspettare un attimo, corre in cucina e torna con una scatoletta piena di piccole figurine di principesse,
ne estrae sei o sette e me le porge, dicendo che ha deciso di regalarne un po’ a tutti quelli che vanno a
casa sua, perché lei ne ha tante e sono tutte uguali. La ringrazio e accetto il regalo mentre la saluto
ancora ed esco.