Corso di digitalizzazione e reti per segretario amministrativo
Dialogo Sulla Didattica
1. DIALOGO SULLA DIDATTICA
Incontro Paola nell’aula insegnanti. Mi sembra preoccupata. Le sorrido e
le chiedo:
- “Ciao Paola come va?”
Lei con aria demoralizzata mi risponde:
- “Insomma (facendo con la mano il gesto “così così”). È un
momento un po’ difficile con la mia III °!”.
- “Che genere di difficoltà?”
- “Il livello del gruppo è molto differenziato: alcuni brillanti e
intuitivi, altri con problemi di apprendimento e tempi brevi di
attenzione. Quando spiego mi accorgo subito chi è presente con la
testa, fa domande e prende appunti, e chi è da un’altra parte ma fa
finta di scrivere qualcosa. Posso costringerli a stare attenti?”
- “Alcuni ci provano con le minacce, lo spauracchio delle verifiche.
Ma non credo ottengano buoni risultati in termini di
apprendimento. Anzi, mi sembra che in fondo incentivino una
visione triste dello studio. È come se dicessero: è ovvio lo studio è
banale e noioso, come qualsiasi lavoro; ma se studi otterrai un
premio, avrai un titolo di studio, sarai qualcuno…In altre parole,
non pensano minimamente che lo studio in sé possa essere
motivante e che in ognuno, in fondo, ci sia il bisogno di
conoscere!”
- “Sono d’accordo, ma il problema è come fare!”
- “Prova a pensare! Se tu fossi costretta ad ascoltare e a stare attenta
per 5 ore, seduta sulla tua sedia a prendere appunti e, magari,
pensassi che lo studio è noioso e utile solo per il titolo finale,
come ti comporteresti?”
- “In questa prospettiva farei il minimo indispensabile per andare
avanti. Vista dall’altra parte, la cosa mi sembra più chiara. Ma se
rientro nei miei panni rimane il fatto che non so come fare!”
Le sorrido e poi continuo:
- “È comunque un buon punto di partenza! Vediamo un po’: quali
alternative didattiche riesci a pensare oltre alla lezione frontale?”
- “Non molte! Vedere un film o un documentario su un certo
argomento, fare delle uscite o andare a teatro…”
- “Certo tutte queste iniziative possono essere preziose, ma si
configurano come eventi speciali che possono permettere un
approfondimento, ma non sono alternativi alla lezione frontale!”
2. - “Ma è davvero necessario trovare un’alternativa! Non si potrebbe
trovare un modo di fare lezione più accattivante in grado di
catturare l’attenzione?”
- “Si certo…e gli strumenti didattici di cui parlavi (uscite, film,
teatro) possono sicuramente aiutare. Ma l’insegnante è per forza la
fonte unica delle informazioni?”
- “Non credo, ma nella scuola è questo il nostro ruolo: trasmettere
conoscenze, dare informazioni!”
- “Mi fai venire in mente l’immagine del vaso da riempire. Noi
insegnanti siamo la fonte e gli studenti i vasi da riempire! È una
visione del processo di insegnamento-apprendimento che non mi
sembra entusiasmante. Non credi ci siano altre possibilità?”
- “No, non riesco a vedere altre possibilità. Io ho sempre imparato
in questo modo: al liceo, all’università e nel corso per conseguire
l’abilitazione per l’insegnamento!”
- “Certo, purtroppo questa è spesso l’unica modalità didattica
praticata nei contesti educativi istituzionali! Proviamo allora a
prendere in considerazione altri luoghi d’apprendimento. Se tu
volessi imparare a nuotare o a suonare uno strumento, vorresti
conoscere tutta la teoria del nuoto o quella musicale prima di
buttarti in acqua o prima di fare un accordo?”
- “Certamente no! Ma a cosa vuoi arrivare? Non capisco il nesso!”
- “Il nesso è che si può imparare facendo e magari sulla base
dell’esperienza fatta andare a cercare quegli aspetti della teoria
che mi permettano di migliorare. Magari anziché tutta la teoria del
nuoto chiederesti all’istruttore come migliorare il movimento delle
braccia nel dorso…”
- “Ok! ma riportando l’esempio nella scuola cosa significa?”
- “Significa che anziché stare seduto a registrare passivamente
quello che dice l’insegnante per poi ripeterlo più o meno
meccanicamente posso attivarmi all’interno di un processo di
conoscenza!”
- “Quello di cui mi parli mi sembra una favoletta da pedagogista, di
quei pedagogisti che da una cattedra universitaria dispensano
ricette facili agli altri!”
- “Ti sembra una favoletta perché tu nella pratica hai sperimentato
solo quella modalità, non perché sia l’unica possibile. Ti ricordi di
Socrate e della maieutica? Oppure dei dialoghi di Platone in cui la
ricerca della conoscenza si svolge solo nel dialogo tra persone? La
maieutica ci suggerisce un’altra immagine da contrapporre a
quella del vaso da riempire: è l’immagine dell’insegnante che non
3. travasa conoscenze ma aiuta a tirare fuori dall’altro, stimolandolo
con le domande”
- “La modalità di cui parli mi sembra praticabile solo all’interno di
un rapporto individuale con un’altra persona, non certo in una
classe!”
- “In parte è vero. Anche se il fare spesso domande può essere
molto utile per sapere qual è il punto di partenza dello studente o
per guidare delle connessioni tra concetti. Ma se prendiamo ad
esempio l’accademia platonica, possiamo pensare ad una scuola
dove si può fare davvero ricerca insieme. Il punto di partenza è
riorganizzare la nostra idea di scuola: da luogo di trasmissione di
conoscenze (in questa veste siamo perdenti perché in concorrenza
con fonti più ricche d’informazione e accattivanti, pensa ad
esempio a Internet!) a luogo in cui si fa ricerca insieme a partire
da alcuni temi centrali per le nostre discipline.”
- “ Ok! Ma al lato pratico tutto questo cosa significa?”
- “Provo a fare un esempio pratico! Siamo in un liceo delle Scienze
Sociali e abbiamo nel nostro programma da studiare proprio
Platone. Uno dei temi che si può trattare è quello del mito. È un
tema complesso perché da una parte Platone fa abbondante ricorso
al mito per introdurre alcune sue idee o riflessioni (riflessioni
epistemologiche nel mito della caverna ad esempio), dall’altra
prende distanza dalla mitologia greca precedente vista come una
specie di favoletta. La filosofia come logos nasce proprio dal suo
prendere distanza dal mito. Lo studio del mito inoltre si presta
bene a progettare dei percorsi interdisciplinari con scienze sociali:
si può pensare quindi ad un modulo interdisciplinare dove si mette
a confronto il mito nella cultura greca e in Platone con il mito in
alcune popolazioni studiate dall’antropologia. Iniziamo quindi a
farci una serie di domande: qual è la struttura essenziale di un
mito? Quanti tipi di miti si conoscono? Quali funzioni sociali
svolgono i miti? Che legami ci sono tra miti e riti?...Quindi, dopo
aver introdotto il tema generale e aver raccolto materiali di varia
natura (fotocopie di testi, articoli, filmati…) facciamo lavorare in
piccoli gruppi: ogni gruppo lavora su una di queste domande. Nei
gruppi (5-6 studenti) facciamo in modo che ognuno sia attivo e
possa interagire con gli altri esprimendo le sue idee o le sue
critiche. Il conflitto cognitivo che si genera necessariamente dal
confronto costringe i partecipanti a decentrarsi, a fare proprio il
punto di vista dell’altro, ad argomentare meglio le proprie idee…
Al termine del lavoro di approfondimento, c’è un segretario che
4. raccoglie i risultati e scrive un resoconto del lavoro svolto. Infine
c’è il momento della restituzione. La relazione che documenta i
risultati del lavoro di piccolo gruppo viene esposta al resto dei
compagni. Magari si può pensare anche ad un documento di
sintesi in cui i lavori dei diversi gruppi vengono raccolti per
formare una monografia autoprodotta sul mito.”
- “ Mi sembra un’idea interessante! Ma come fai per le
valutazioni?”
- “Questo è un altro argomento. Magari ne parliamo un’altra volta!”