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L’INSEGNAME NTO CENTRATO
                 SULLO STUDENTE
      IMPL ICAZ IONI P EDAGOG IC HE DELLA
         TEOR IA D ELLA PE RSONAL ITÀ DI
                            ROGER S


       La teoria della personalità di Rogers è a tutti gli
effetti una teoria fenomenologica della personalità.
Mischel nel suo saggio Lo studio della personalità
definisce in modo sintetico i tratti che caratterizzano
questo approccio teorico:


         I fenomenologi insistono sul fatto che gli individui non
         sono semplicemente plasmati da forze interiori o
         esterne, capaci di modellarli; essi concentrano, invece,
         il loro interesse sia sul modo in cui la persona
         percepisce e interpreta il significato degli eventi sia
         sulle esperienze e sensazioni personali e soggettive di
         ogni individuo, intese nel modo in cui egli o ella li
         vive.
         (Mischel 1996, 30)


       L’attenzione dei fenomenologi è rivolta alle
esperienze individuali di natura immediata, alle
relazioni, agli incontri e alle percezioni attuali in cui la
persona è coinvolta. L’individuo è visto nel suo essere
nell’esperienza e non, quindi, come vittima di conflitti
inconsci. In primo piano, quindi, è l’esperienza
soggettiva dell’individuo, il suo personale punto di
vista del mondo e del sé, e le sue convinzioni di natura
privata. Inoltre, c’è un forte interesse per come
arriviamo a conoscere e comprendere il mondo e noi
stessi, interesse che contempla evidentemente
l’attenzione ai processi interni e mentali attraverso
cui gli individui codificano e categorizzano
l’informazione. In estrema sintesi, possiamo dire che
ciò cui sono maggiormente interessati i fenomenologi
è l’esperienza dell’individuo così come egli o ella la
percepisce o la categorizza.
       Prendendo per un attimo in considerazione la
classificazione delle teorie della personalità sulla base
allo schema S-O-R di Lazarus (Stimolo-Organismo-
Risposta), possiamo dire che le teorie fenomenologiche
(tra cui quindi quella di Rogers) possono essere
considerate come teorie dell’organismo. Vediamo di
chiarire questa affermazione facendoci aiutare da un
brano di Canestrari tratto dal suo Psicologia generale e
dello sviluppo.
         Per il fenomenologo ciò che determina la condotta non
         sono gli oggetti fisici in se stessi (cioè gli stimoli), ma
         le strutture ed i processi che all’interno della persona
         mediano ed organizzano gli stimoli fisici in distinte
         organizzazioni significative. Nell’orientamento
         fenomenologico lo stimolo nella sequenza stimolo-
         organismo-risposta (S-O-R) ha ancora un significato,
         ma in relazione al come la persona lo “vive”, lo
         percepisce, e non come semplice condizione fisica
         esterna. Della sequenza S-O-R è dunque l’organismo
         con le sue capacità di organizzare e strutturare
         l’esperienza al centro dell’attenzione del
         fenomenologo: la causa ed il tipo di comportamento
         diventano funzione del come la persona vive la sua
         esperienza del mondo interno ed esterno ad essa.
         (Canestrari 1984, 500-501)
Le teorie fenomenologiche, quindi, vanno
   considerate come teorie dell’organismo, nel senso
   che al centro dell’attenzione sono i processi
   interni con cui si categorizza l’esperienza e si
   attribuisce senso alla realtà.
      In base allo schema S-O-R le principali teorie
   della personalità possono essere così classificate.


STIMOLO                     ORGANISMO              RISPOSTA
In queste teorie si dà la   TEORIE                 TEORIE “TIPO-
priorità alle forze         FENOMENOLOGICHE        TRATTO”: sono teorie
ambientali; il presente     (Rogers):              centrate sull’analisi
inoltre viene spiegato      Lo stimolo ha          della risposta
sulla base delle            significato in         comportamentale.
esperienze passate.         relazione a come la    Le caratteristiche della
PSICOANALISI                persona lo VIVE e lo   personalità sono stabili
COMPORTAMENTISMO            PERCEPISCE. Al         (il tipo
                            centro dunque è        introverso/estroverso)
                            l’ORGANISMO con le
                            sue capacità di
                            organizzare e
                            strutturare
                            l’esperienza.




      Vediamo ora più in dettaglio la teoria della
   personalità di Rogers.
      Rogers assegna un ruolo fondamentale
   all’unicità e alla soggettività dell’esperienza
   dell’individuo. Egli è convinto che il modo in cui
   la persona si vede e interpreta gli eventi nella
   propria vita determini il modo in cui risponde a
   tali eventi, cioè come si comporta. Il centro
   d’interesse, quindi, è rappresentato dalle
   percezioni individuali quali determinanti
dell’azione: è dal modo in cui la persona
interpreta gli eventi che discendono le sue
reazioni ad essi.
  Per Rogers la persona va sempre considerata
nella sua globalità: “…l’organismo è un sistema
globale organizzato in cui è possibile che la
modificazione di una parte produca cambiamenti
in qualsiasi altra parte. Dobbiamo studiare i
singoli fenomeni parziali, partendo dall’idea
centrale che essi si collocano in un’organizzazione
coerente e finalizzata” (Rogers 1997, 317)
  Inoltre, ogni persona tende per Rogers a
realizzare le proprie potenzialità: questo principio
dinamico è chiamato “tendenza attualizzante”,
una tendenza che riguarda la globalità
dell’organismo e che ci spinge verso la piena
realizzazione. La <<motivazione>> per Rogers
coincide, quindi, con una caratteristica
complessiva intrinseca al nostro stare al mondo.
Nel perseguire l’obiettivo di realizzare il proprio
potenziale, l’organismo si trova coinvolto in un
processo di valutazione: le esperienze che
vengono percepite favorevoli allo sviluppo sono
considerate positive e ricercate. Al contrario, le
esperienze che vengono percepite sfavorevoli
sono giudicate negative ed evitate. La spinta a
realizzarsi e a ricercare le esperienze considerate
positive costituisce la motivazione principale
dell’agire dell’organismo.
  Per Rogers la personalità è composta da due
aree: l’esperienza vissuta e la struttura del sé. Per
esperienza vissuta Rogers intende il campo
dell’esperienza sensoriale e viscerale, il campo
fenomenico, e rappresenta <<…tutto ciò che viene
vissuto dall’individuo, attraverso tutte le modalità
sensoriali. È un campo in continuo movimento e
mutamento.>> (Ibidem, 353). La struttura del sé,
invece, comprende <<… le rappresentazioni delle
caratteristiche della persona e delle sue relazioni,
nonché dei valori collegati con tali caratteristiche
e relazioni. È accessibile alla coscienza>> (Ibidem,
353). Nel neonato l’esperienza vissuta esaurisce
la totalità psicologica dell’individuo.
  A partire da un certo punto dello sviluppo individuale,
una parte dell’esperienza inizia ad essere simbolizzata, cioè
resa consapevole, entrando a far parte della coscienza.
Questa graduale differenziazione del campo percettivo
globale assume la forma del sè.

     In seguito all’interazione con l’ambiente e soprattutto
     in seguito all’interazione con gli altri nella valutazione
     si forma la struttura del sé, la rappresentazione
     concettuale organizzata; si tratta di un insieme fluido
     ma coerente di percezioni di attributi e di relazioni
     dell’<<io>> e del <<me>> e dei valori annessi a quegli
     attributi e relazioni. I valori attribuiti all’esperienza e i
     valori che appartengono alla struttura del sé derivano
     talvolta dall’esperienza immediata dell’organismo e
     altre volte sono valori altrui introiettati e falsamente
     percepiti come vissuti nella propria esperienza
     immediata. (Ibidem, 327)



  Nelle interazioni con il proprio ambiente,
quindi, il bambino costruisce a poco a poco
concetti che riguardano se stesso, l’ambiente e le
relazioni fra sé e l’ambiente. Questi concetti
funzionano come principi guida.
  Se vogliamo ora vedere più in particolare come
si forma il sé, bisogna ripercorrere alcune tappe
fondamentali del processo di sviluppo. Una delle
prime e più significative esperienze del bambino è
essere amato dai genitori e quindi la percezione di
sé come individuo amabile, degno d’amore. Allo
stesso tempo, però, il bambino vive come
esperienze soddisfacenti comportamenti come
defecare in qualsiasi momento o picchiare il
fratellino, esperienze che al principio non sono
vissute come incoerenti con la rappresentazione
di sé come amabile. Ma ad un certo punto il
bambino fa esperienza di parole e azioni dei
propri genitori che costituiscono una minaccia:
<<Se fai così sei cattivo e io non ti amo più>>.
Esperienze di per sé soddisfacenti per il bambino
diventano pericolose per la rappresentazione di sé
come persona degna d’amore.


    Il dilemma del bambino può essere così sinteticamente
    formulato: <<Se faccio accedere alla coscienza la
    soddisfazione che mi danno questi comportamenti e i
    significati che attribuisco a queste esperienze faccio
    qualcosa che è in contrasto con il mio sé come oggetto
    amato o amabile>>. A questo punto nello sviluppo del
    bambino si manifestano determinate conseguenze. Una
    conseguenza è che viene negato l’accesso alla
    consapevolezza ad alcune delle soddisfazioni
    effettivamente vissute. L’altro è che la simbolizzazione
    dell’esperienza vissuta dei genitori viene distorta. La
simbolizzazione corretta sarebbe la seguente: <<Sento
    che i miei genitori stanno giudicando questo
    comportamento come insoddisfacente per loro>>. La
    simbolizzazione distorta, alterata allo scopo di
    preservare il concetto di sé minacciato è: << Io
    percepisco questo comportamento come
    insoddisfacente>>. È probabilmente in questo modo
    che gli atteggiamenti dei genitori non soltanto
    vengono introiettati, ma invece di essere vissuti come
    atteggiamenti altrui vengono vissuti come
    atteggiamenti radicati nel proprio patrimonio
    sensoriale e viscerale.>>
    (Ibidem, 328-329)


  In atri termini, il bambino per non perdere la
rappresentazione di sé come persona amabile
rimuove alcuni vissuti o li simbolizza in modo
distorto, facendo proprio il punto di vista dei
genitori. In questo modo la struttura del sé si
separa dall’esperienza vissuta e genera uno stato
di tensione che Rogers definisce incongruenza.
Abbiamo in questo caso un malfunzionamento
della personalità. Lo scopo primario, quello di
evitare la disgregazione del Sé, è raggiunto a
scapito dell’armonia emotivo-cognitiva
dell’individuo: gli viene impedito di essere
cosciente della sua stessa esperienza e di operare
quindi liberamente le proprie scelte esistenziali.
  Al contrario, Rogers definisce congruenza una
buona connessione tra esperienza vissuta e
struttura del sé. In questo caso abbiamo un buon
funzionamento della personalità.
Per capire meglio, facciamo l’esempio di un
bambino che percepisce la rabbia e che non ci
siano ostacoli alla corretta simbolizzazione
<<Sono arrabbiato!>>; questa emozione quindi
viene percepita, simbolizzata e introdotta nella
struttura del sé <<Queste situazioni mi fanno
arrabbiare>>; se però si fa l’esperienza della
disapprovazione dei genitori e della minaccia
<<Se ti arrabbi sei cattivo e io non ti amo più>>
(amore condizionato), il bambino potrà o negare
la rabbia o simbolizzarla in maniera distorta <<La
rabbia è una cosa cattiva>>.
  Ricapitoliamo quanto detto. Per Rogers la
personalità globale è costituita dalle due aree
dell’esperienza vissuta e del sé (concetto di sé o
struttura del sé). Quando queste due aree sono in
opposizione e incongruenti si ha disadattamento,
uno stato di tensione e di malfunzionamento della
personalità, in cui si lotta per mantenere il
proprio concetto di sé ed evitare le esperienze
non congruenti, vissute come minacciose.
  Quando nel processo di sviluppo, invece,
s’incontra l’accettazione e la considerazione
positiva dei genitori, le due aree dell’esperienza
vissuta e del concetto di sé tendono a coincidere,
producendo un buon funzionamento della
personalità.
Passiamo ora alle implicazioni pedagogiche
                della sua teoria della personalità. Rogers definisce
                l’approccio pedagogico coerente con la sua
                impostazione teorica insegnamento centrato sullo
                studente. Vediamone le caratteristiche principali,
                citando lo stesso Rogers.


                       (1) Non possiamo insegnare a un’altra persona
                       direttamente; possiamo solo facilitare il suo
                       apprendimento.
                       (…)Qui1, più che in altri campi, è evidente la natura
                       rivoluzionaria di un approccio centrato sullo studente.
                       Se invece di concentrare tutto il nostro interesse
                       sull’insegnamento (Che cosa insegnerò? Come posso
                       dimostrare di averlo insegnato? Come posso svolgere
                       in modo esauriente tutto quello che dovrei insegnare?)
                       concentrassimo il nostro interesse sullo studente, le
                       domande sarebbero diverse. Supponiamo di
                       domandarci quali siano gli scopi dello studente che
                       riguardano il corso, che cosa desidera imparare e come
                       possiamo facilitare il suo apprendimento e la sua
                       crescita. Ne risulterebbe un tipo di istruzione
                       completamente diverso.
                       (2)Una persona impara in modo significativo solo le
                       cose che percepisce come strettamente connesse con la
                       conservazione o il miglioramento del sé.
                       (…) supponiamo che in una lezione si diano
                       informazioni riguardanti la topografia di una
                       determinata regione. Come sarà diverso
                       l’apprendimento di un gruppo che vi assiste perché si
                       tratta di un corso obbligatorio di geografia,
                       dall’apprendimento di un plotone di fanteria che si
                       appresta a percorrere quelle colline e quelle vallate
                       per stanare il nemico! La salvaguardia del sé ha molto

1
    Rogers si riferisce all’insegnamento universitario.
poco a che fare con l’apprendimento del primo gruppo
    ed è invece profondamente connessa con
    l’apprendimento del secondo.
    (3)Le esperienze la cui assimilazione implicherebbe un
    cambiamento nell’organizzazione del sé tendono ad
    essere evitate attraverso il rifiuto o la distorsione del
    contenuto simbolico.
    (4) La struttura e l’organizzazione del sé diventano più
    rigide in condizioni minacciose mentre le barriere si
    allentano in condizioni completamente prive di
    minaccia.(…) Queste ipotesi si riferiscono al fatto che
    l’apprendimento, soprattutto se è significativo, è
    spesso qualcosa di minaccioso. A volte i nuovi
    contenuti da apprendere vengono subito percepiti
    come utili per il rafforzamento del sé, ma molte altre
    volte essi minacciano il sé oppure minacciano alcuni
    particolari valori con i quali il sé si è identificato.(…)
    (5) La situazione educativa che più efficacemente
    promuove un apprendimento significativo è quella in
    cui (a) la minaccia del sé di colui che apprende è
    ridotta al minimo e (b) viene facilitata una percezione
    differenziata del campo d’esperienza. Le due parti di
    questa ipotesi hanno praticamente lo stesso significato,
    dato che è molto probabile che ci sia una percezione
    differenziata quando il sé non viene minacciato.
    (Rogers, tr.it 1997, pp 222-224)


  Proviamo ora ad analizzare le diverse
affermazioni di Rogers.
  Il primo punto riguarda l’avvio dell’intero
processo di insegnamento-apprendimento: gli
obiettivi d’apprendimento sono rigidamente
predefiniti dall’insegnante oppure lo studente è
parte attiva nella loro definizione? In altri termini,
l’insegnante disegna “a priori” un percorso
didattico oppure è attento ai bisogni formativi e
d’apprendimento dello studente e su questi
costruisce il percorso?
  Questo primo passaggio è fondamentale:
l’insegnante centrato rigidamente sul programma
da svolgere propone un approccio in cui lo
studente è chiamato fin dal principio ad assumere
una posizione passiva. È come se si dicesse: noi
(forma plurale che indica l’istituzione)sappiamo
ciò di cui hai bisogno e abbiamo predisposto tutto
in funzione di questa nostra conoscenza dei tuoi
bisogni. Questa presunta conoscenza del bisogno
altrui costituisce una sorta di peccato originale
che può inficiare tutto il resto!
  L’antidoto contro questa rigidità istituzionale è
un approccio dialogico in cui si fanno domande
finalizzate alla comprensione del bisogno dello
studente (“Perché sei qui?”, “Quali sono i tuoi
scopi?”…) per poi mettersi in una posizione di
ascolto. Nel processo dialogico poi sono da
ricercare le necessarie mediazioni tra il compito
istituzionale dell’insegnante e i bisogni dello
studente, per arrivare alla costruzione di un
percorso di insegnamento-apprendimento
condiviso.
  Il secondo punto citato da Rogers invita alla
riflessione sulla motivazione nell’apprendimento.
La stessa lezione di geografia può essere vissuta in
modo completamente diverso da chi frequenta la
lezione perché è parte di un corso obbligatorio e
da chi invece si appresta ad esplorare quel
territorio. Nel primo caso siamo di fronte ad un
apprendimento “esteriore”, ad una motivazione
“estrinseca”: si studia e si apprende perché così si
va avanti negli studi e si consegue un titolo; le
conoscenze in sé sono irrilevanti per la vita delle
persone. Nel secondo caso, invece, le conoscenze
diventano importanti perché permettono di vivere
con più strumenti una esperienza significativa.
Siamo in presenza, in questo caso, di una
motivazione intrinseca, dove le conoscenze
vengono percepite importanti di per sé e non per
qualche fine esterno all’apprendimento.
  Questo secondo punto si ricollega strettamente
al primo: se io conosco il bisogno formativo degli
studenti che ho davanti, posso predisporre un
percorso d’insegnamento in grado di rispondere
in modo coerente al bisogno espresso e quindi
incontrare una diversa motivazione.
  Il terzo e il quarto punto possono essere
considerati insieme: quella parte della personalità
che Rogers definisce il concetto di sé e che
riguarda le proprie rappresentazioni di sé e del
mondo, tende a resistere a tutte quelle
informazioni che tendenzialmente potrebbero
causare una disorganizzazione del sé. È il
fenomeno della dissonanza cognitiva: ciò che
rafforza ciò che io penso di me e del mondo viene
facilmente accettato, mentre tutto ciò che
comporta una faticosa riorganizzazione
dell’immagine di sé e del mondo viene
naturalmente rifiutato. Ora gli apprendimenti
significativi comportano sempre una
riorganizzazione della visione di sé e del mondo:
pensiamo alla visione copernicana del sistema
solare, alla teoria dell’evoluzione di Darwin o alla
teoria dell’inconscio di Freud che hanno
rivoluzionato profondamente il modo di
concepire l’uomo nella sua relazione con il
mondo, provocando ferite narcisistiche alla
concezione della centralità della terra e dell’uomo
nel creato e all’idea che l’uomo è governato dalla
ragione.
  Per fare in modo che si possano realizzare
apprendimenti significativi, di per sé minacciosi,
quindi, bisogna preparare un adeguato clima in
classe, un clima relazionale in cui prevale
l’accettazione e la libera espressione dei
sentimenti. Questo clima, inoltre, permette una
percezione differenziata del campo d’esperienza:
la persona che si sente accettata per quello che
sente è incentivata a trovare le parole per
esprimere i propri vissuti, simbolizzando quindi
correttamente la propria esperienza.
  In questa logica è completamente
controproducente il ricorso all’intimidazione (“se
non studi…”…). L’unico risultato che il clima
d’intimidazione può ottenere è l’apprendimento
meccanico, strumentale in funzione del voto.
  L’apprendimento significativo, al contrario,
richiede un clima di accettazione e permette una
riorganizzazione del sé, del proprio modo di
vedere il mondo.
Rogers, partendo da queste considerazioni,
formula anche una proposta operativa: la
disposizione dei banchi in cerchio, dove
l’insegnante occupa un posto come gli altri. La
configurazione classica dell’arredo scolastico,
infatti, privilegia la lezione frontale e la
comunicazione “ a stella” (o ruota) dove il centro
è l’insegnante che ha il controllo delle
informazioni che distribuisce ai membri del
gruppo classe. La disposizione a cerchio, invece,
rappresenta una rete di comunicazione omogenea
nella quale ogni membro si relaziona a tutti gli
altri e l’insegnante non è più il centro di ogni
comunicazione.
  L’approccio di Rogers all’insegnamento, quindi,
configura in modo totalmente nuovo il ruolo
dell’insegnante, non più demiurgo e dispensatore
di tutte le informazioni, ma facilitatore di processi
di apprendimento, all’interno di una comunità di
ricerca.

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Insegnamento Centrato Sullo Studente

  • 1. L’INSEGNAME NTO CENTRATO SULLO STUDENTE IMPL ICAZ IONI P EDAGOG IC HE DELLA TEOR IA D ELLA PE RSONAL ITÀ DI ROGER S La teoria della personalità di Rogers è a tutti gli effetti una teoria fenomenologica della personalità. Mischel nel suo saggio Lo studio della personalità definisce in modo sintetico i tratti che caratterizzano questo approccio teorico: I fenomenologi insistono sul fatto che gli individui non sono semplicemente plasmati da forze interiori o esterne, capaci di modellarli; essi concentrano, invece, il loro interesse sia sul modo in cui la persona percepisce e interpreta il significato degli eventi sia sulle esperienze e sensazioni personali e soggettive di ogni individuo, intese nel modo in cui egli o ella li vive. (Mischel 1996, 30) L’attenzione dei fenomenologi è rivolta alle esperienze individuali di natura immediata, alle relazioni, agli incontri e alle percezioni attuali in cui la persona è coinvolta. L’individuo è visto nel suo essere nell’esperienza e non, quindi, come vittima di conflitti inconsci. In primo piano, quindi, è l’esperienza soggettiva dell’individuo, il suo personale punto di vista del mondo e del sé, e le sue convinzioni di natura privata. Inoltre, c’è un forte interesse per come
  • 2. arriviamo a conoscere e comprendere il mondo e noi stessi, interesse che contempla evidentemente l’attenzione ai processi interni e mentali attraverso cui gli individui codificano e categorizzano l’informazione. In estrema sintesi, possiamo dire che ciò cui sono maggiormente interessati i fenomenologi è l’esperienza dell’individuo così come egli o ella la percepisce o la categorizza. Prendendo per un attimo in considerazione la classificazione delle teorie della personalità sulla base allo schema S-O-R di Lazarus (Stimolo-Organismo- Risposta), possiamo dire che le teorie fenomenologiche (tra cui quindi quella di Rogers) possono essere considerate come teorie dell’organismo. Vediamo di chiarire questa affermazione facendoci aiutare da un brano di Canestrari tratto dal suo Psicologia generale e dello sviluppo. Per il fenomenologo ciò che determina la condotta non sono gli oggetti fisici in se stessi (cioè gli stimoli), ma le strutture ed i processi che all’interno della persona mediano ed organizzano gli stimoli fisici in distinte organizzazioni significative. Nell’orientamento fenomenologico lo stimolo nella sequenza stimolo- organismo-risposta (S-O-R) ha ancora un significato, ma in relazione al come la persona lo “vive”, lo percepisce, e non come semplice condizione fisica esterna. Della sequenza S-O-R è dunque l’organismo con le sue capacità di organizzare e strutturare l’esperienza al centro dell’attenzione del fenomenologo: la causa ed il tipo di comportamento diventano funzione del come la persona vive la sua esperienza del mondo interno ed esterno ad essa. (Canestrari 1984, 500-501)
  • 3. Le teorie fenomenologiche, quindi, vanno considerate come teorie dell’organismo, nel senso che al centro dell’attenzione sono i processi interni con cui si categorizza l’esperienza e si attribuisce senso alla realtà. In base allo schema S-O-R le principali teorie della personalità possono essere così classificate. STIMOLO ORGANISMO RISPOSTA In queste teorie si dà la TEORIE TEORIE “TIPO- priorità alle forze FENOMENOLOGICHE TRATTO”: sono teorie ambientali; il presente (Rogers): centrate sull’analisi inoltre viene spiegato Lo stimolo ha della risposta sulla base delle significato in comportamentale. esperienze passate. relazione a come la Le caratteristiche della PSICOANALISI persona lo VIVE e lo personalità sono stabili COMPORTAMENTISMO PERCEPISCE. Al (il tipo centro dunque è introverso/estroverso) l’ORGANISMO con le sue capacità di organizzare e strutturare l’esperienza. Vediamo ora più in dettaglio la teoria della personalità di Rogers. Rogers assegna un ruolo fondamentale all’unicità e alla soggettività dell’esperienza dell’individuo. Egli è convinto che il modo in cui la persona si vede e interpreta gli eventi nella propria vita determini il modo in cui risponde a tali eventi, cioè come si comporta. Il centro d’interesse, quindi, è rappresentato dalle percezioni individuali quali determinanti
  • 4. dell’azione: è dal modo in cui la persona interpreta gli eventi che discendono le sue reazioni ad essi. Per Rogers la persona va sempre considerata nella sua globalità: “…l’organismo è un sistema globale organizzato in cui è possibile che la modificazione di una parte produca cambiamenti in qualsiasi altra parte. Dobbiamo studiare i singoli fenomeni parziali, partendo dall’idea centrale che essi si collocano in un’organizzazione coerente e finalizzata” (Rogers 1997, 317) Inoltre, ogni persona tende per Rogers a realizzare le proprie potenzialità: questo principio dinamico è chiamato “tendenza attualizzante”, una tendenza che riguarda la globalità dell’organismo e che ci spinge verso la piena realizzazione. La <<motivazione>> per Rogers coincide, quindi, con una caratteristica complessiva intrinseca al nostro stare al mondo. Nel perseguire l’obiettivo di realizzare il proprio potenziale, l’organismo si trova coinvolto in un processo di valutazione: le esperienze che vengono percepite favorevoli allo sviluppo sono considerate positive e ricercate. Al contrario, le esperienze che vengono percepite sfavorevoli sono giudicate negative ed evitate. La spinta a realizzarsi e a ricercare le esperienze considerate positive costituisce la motivazione principale dell’agire dell’organismo. Per Rogers la personalità è composta da due aree: l’esperienza vissuta e la struttura del sé. Per
  • 5. esperienza vissuta Rogers intende il campo dell’esperienza sensoriale e viscerale, il campo fenomenico, e rappresenta <<…tutto ciò che viene vissuto dall’individuo, attraverso tutte le modalità sensoriali. È un campo in continuo movimento e mutamento.>> (Ibidem, 353). La struttura del sé, invece, comprende <<… le rappresentazioni delle caratteristiche della persona e delle sue relazioni, nonché dei valori collegati con tali caratteristiche e relazioni. È accessibile alla coscienza>> (Ibidem, 353). Nel neonato l’esperienza vissuta esaurisce la totalità psicologica dell’individuo. A partire da un certo punto dello sviluppo individuale, una parte dell’esperienza inizia ad essere simbolizzata, cioè resa consapevole, entrando a far parte della coscienza. Questa graduale differenziazione del campo percettivo globale assume la forma del sè. In seguito all’interazione con l’ambiente e soprattutto in seguito all’interazione con gli altri nella valutazione si forma la struttura del sé, la rappresentazione concettuale organizzata; si tratta di un insieme fluido ma coerente di percezioni di attributi e di relazioni dell’<<io>> e del <<me>> e dei valori annessi a quegli attributi e relazioni. I valori attribuiti all’esperienza e i valori che appartengono alla struttura del sé derivano talvolta dall’esperienza immediata dell’organismo e altre volte sono valori altrui introiettati e falsamente percepiti come vissuti nella propria esperienza immediata. (Ibidem, 327) Nelle interazioni con il proprio ambiente, quindi, il bambino costruisce a poco a poco
  • 6. concetti che riguardano se stesso, l’ambiente e le relazioni fra sé e l’ambiente. Questi concetti funzionano come principi guida. Se vogliamo ora vedere più in particolare come si forma il sé, bisogna ripercorrere alcune tappe fondamentali del processo di sviluppo. Una delle prime e più significative esperienze del bambino è essere amato dai genitori e quindi la percezione di sé come individuo amabile, degno d’amore. Allo stesso tempo, però, il bambino vive come esperienze soddisfacenti comportamenti come defecare in qualsiasi momento o picchiare il fratellino, esperienze che al principio non sono vissute come incoerenti con la rappresentazione di sé come amabile. Ma ad un certo punto il bambino fa esperienza di parole e azioni dei propri genitori che costituiscono una minaccia: <<Se fai così sei cattivo e io non ti amo più>>. Esperienze di per sé soddisfacenti per il bambino diventano pericolose per la rappresentazione di sé come persona degna d’amore. Il dilemma del bambino può essere così sinteticamente formulato: <<Se faccio accedere alla coscienza la soddisfazione che mi danno questi comportamenti e i significati che attribuisco a queste esperienze faccio qualcosa che è in contrasto con il mio sé come oggetto amato o amabile>>. A questo punto nello sviluppo del bambino si manifestano determinate conseguenze. Una conseguenza è che viene negato l’accesso alla consapevolezza ad alcune delle soddisfazioni effettivamente vissute. L’altro è che la simbolizzazione dell’esperienza vissuta dei genitori viene distorta. La
  • 7. simbolizzazione corretta sarebbe la seguente: <<Sento che i miei genitori stanno giudicando questo comportamento come insoddisfacente per loro>>. La simbolizzazione distorta, alterata allo scopo di preservare il concetto di sé minacciato è: << Io percepisco questo comportamento come insoddisfacente>>. È probabilmente in questo modo che gli atteggiamenti dei genitori non soltanto vengono introiettati, ma invece di essere vissuti come atteggiamenti altrui vengono vissuti come atteggiamenti radicati nel proprio patrimonio sensoriale e viscerale.>> (Ibidem, 328-329) In atri termini, il bambino per non perdere la rappresentazione di sé come persona amabile rimuove alcuni vissuti o li simbolizza in modo distorto, facendo proprio il punto di vista dei genitori. In questo modo la struttura del sé si separa dall’esperienza vissuta e genera uno stato di tensione che Rogers definisce incongruenza. Abbiamo in questo caso un malfunzionamento della personalità. Lo scopo primario, quello di evitare la disgregazione del Sé, è raggiunto a scapito dell’armonia emotivo-cognitiva dell’individuo: gli viene impedito di essere cosciente della sua stessa esperienza e di operare quindi liberamente le proprie scelte esistenziali. Al contrario, Rogers definisce congruenza una buona connessione tra esperienza vissuta e struttura del sé. In questo caso abbiamo un buon funzionamento della personalità.
  • 8. Per capire meglio, facciamo l’esempio di un bambino che percepisce la rabbia e che non ci siano ostacoli alla corretta simbolizzazione <<Sono arrabbiato!>>; questa emozione quindi viene percepita, simbolizzata e introdotta nella struttura del sé <<Queste situazioni mi fanno arrabbiare>>; se però si fa l’esperienza della disapprovazione dei genitori e della minaccia <<Se ti arrabbi sei cattivo e io non ti amo più>> (amore condizionato), il bambino potrà o negare la rabbia o simbolizzarla in maniera distorta <<La rabbia è una cosa cattiva>>. Ricapitoliamo quanto detto. Per Rogers la personalità globale è costituita dalle due aree dell’esperienza vissuta e del sé (concetto di sé o struttura del sé). Quando queste due aree sono in opposizione e incongruenti si ha disadattamento, uno stato di tensione e di malfunzionamento della personalità, in cui si lotta per mantenere il proprio concetto di sé ed evitare le esperienze non congruenti, vissute come minacciose. Quando nel processo di sviluppo, invece, s’incontra l’accettazione e la considerazione positiva dei genitori, le due aree dell’esperienza vissuta e del concetto di sé tendono a coincidere, producendo un buon funzionamento della personalità.
  • 9. Passiamo ora alle implicazioni pedagogiche della sua teoria della personalità. Rogers definisce l’approccio pedagogico coerente con la sua impostazione teorica insegnamento centrato sullo studente. Vediamone le caratteristiche principali, citando lo stesso Rogers. (1) Non possiamo insegnare a un’altra persona direttamente; possiamo solo facilitare il suo apprendimento. (…)Qui1, più che in altri campi, è evidente la natura rivoluzionaria di un approccio centrato sullo studente. Se invece di concentrare tutto il nostro interesse sull’insegnamento (Che cosa insegnerò? Come posso dimostrare di averlo insegnato? Come posso svolgere in modo esauriente tutto quello che dovrei insegnare?) concentrassimo il nostro interesse sullo studente, le domande sarebbero diverse. Supponiamo di domandarci quali siano gli scopi dello studente che riguardano il corso, che cosa desidera imparare e come possiamo facilitare il suo apprendimento e la sua crescita. Ne risulterebbe un tipo di istruzione completamente diverso. (2)Una persona impara in modo significativo solo le cose che percepisce come strettamente connesse con la conservazione o il miglioramento del sé. (…) supponiamo che in una lezione si diano informazioni riguardanti la topografia di una determinata regione. Come sarà diverso l’apprendimento di un gruppo che vi assiste perché si tratta di un corso obbligatorio di geografia, dall’apprendimento di un plotone di fanteria che si appresta a percorrere quelle colline e quelle vallate per stanare il nemico! La salvaguardia del sé ha molto 1 Rogers si riferisce all’insegnamento universitario.
  • 10. poco a che fare con l’apprendimento del primo gruppo ed è invece profondamente connessa con l’apprendimento del secondo. (3)Le esperienze la cui assimilazione implicherebbe un cambiamento nell’organizzazione del sé tendono ad essere evitate attraverso il rifiuto o la distorsione del contenuto simbolico. (4) La struttura e l’organizzazione del sé diventano più rigide in condizioni minacciose mentre le barriere si allentano in condizioni completamente prive di minaccia.(…) Queste ipotesi si riferiscono al fatto che l’apprendimento, soprattutto se è significativo, è spesso qualcosa di minaccioso. A volte i nuovi contenuti da apprendere vengono subito percepiti come utili per il rafforzamento del sé, ma molte altre volte essi minacciano il sé oppure minacciano alcuni particolari valori con i quali il sé si è identificato.(…) (5) La situazione educativa che più efficacemente promuove un apprendimento significativo è quella in cui (a) la minaccia del sé di colui che apprende è ridotta al minimo e (b) viene facilitata una percezione differenziata del campo d’esperienza. Le due parti di questa ipotesi hanno praticamente lo stesso significato, dato che è molto probabile che ci sia una percezione differenziata quando il sé non viene minacciato. (Rogers, tr.it 1997, pp 222-224) Proviamo ora ad analizzare le diverse affermazioni di Rogers. Il primo punto riguarda l’avvio dell’intero processo di insegnamento-apprendimento: gli obiettivi d’apprendimento sono rigidamente predefiniti dall’insegnante oppure lo studente è parte attiva nella loro definizione? In altri termini, l’insegnante disegna “a priori” un percorso
  • 11. didattico oppure è attento ai bisogni formativi e d’apprendimento dello studente e su questi costruisce il percorso? Questo primo passaggio è fondamentale: l’insegnante centrato rigidamente sul programma da svolgere propone un approccio in cui lo studente è chiamato fin dal principio ad assumere una posizione passiva. È come se si dicesse: noi (forma plurale che indica l’istituzione)sappiamo ciò di cui hai bisogno e abbiamo predisposto tutto in funzione di questa nostra conoscenza dei tuoi bisogni. Questa presunta conoscenza del bisogno altrui costituisce una sorta di peccato originale che può inficiare tutto il resto! L’antidoto contro questa rigidità istituzionale è un approccio dialogico in cui si fanno domande finalizzate alla comprensione del bisogno dello studente (“Perché sei qui?”, “Quali sono i tuoi scopi?”…) per poi mettersi in una posizione di ascolto. Nel processo dialogico poi sono da ricercare le necessarie mediazioni tra il compito istituzionale dell’insegnante e i bisogni dello studente, per arrivare alla costruzione di un percorso di insegnamento-apprendimento condiviso. Il secondo punto citato da Rogers invita alla riflessione sulla motivazione nell’apprendimento. La stessa lezione di geografia può essere vissuta in modo completamente diverso da chi frequenta la lezione perché è parte di un corso obbligatorio e da chi invece si appresta ad esplorare quel
  • 12. territorio. Nel primo caso siamo di fronte ad un apprendimento “esteriore”, ad una motivazione “estrinseca”: si studia e si apprende perché così si va avanti negli studi e si consegue un titolo; le conoscenze in sé sono irrilevanti per la vita delle persone. Nel secondo caso, invece, le conoscenze diventano importanti perché permettono di vivere con più strumenti una esperienza significativa. Siamo in presenza, in questo caso, di una motivazione intrinseca, dove le conoscenze vengono percepite importanti di per sé e non per qualche fine esterno all’apprendimento. Questo secondo punto si ricollega strettamente al primo: se io conosco il bisogno formativo degli studenti che ho davanti, posso predisporre un percorso d’insegnamento in grado di rispondere in modo coerente al bisogno espresso e quindi incontrare una diversa motivazione. Il terzo e il quarto punto possono essere considerati insieme: quella parte della personalità che Rogers definisce il concetto di sé e che riguarda le proprie rappresentazioni di sé e del mondo, tende a resistere a tutte quelle informazioni che tendenzialmente potrebbero causare una disorganizzazione del sé. È il fenomeno della dissonanza cognitiva: ciò che rafforza ciò che io penso di me e del mondo viene facilmente accettato, mentre tutto ciò che comporta una faticosa riorganizzazione dell’immagine di sé e del mondo viene naturalmente rifiutato. Ora gli apprendimenti
  • 13. significativi comportano sempre una riorganizzazione della visione di sé e del mondo: pensiamo alla visione copernicana del sistema solare, alla teoria dell’evoluzione di Darwin o alla teoria dell’inconscio di Freud che hanno rivoluzionato profondamente il modo di concepire l’uomo nella sua relazione con il mondo, provocando ferite narcisistiche alla concezione della centralità della terra e dell’uomo nel creato e all’idea che l’uomo è governato dalla ragione. Per fare in modo che si possano realizzare apprendimenti significativi, di per sé minacciosi, quindi, bisogna preparare un adeguato clima in classe, un clima relazionale in cui prevale l’accettazione e la libera espressione dei sentimenti. Questo clima, inoltre, permette una percezione differenziata del campo d’esperienza: la persona che si sente accettata per quello che sente è incentivata a trovare le parole per esprimere i propri vissuti, simbolizzando quindi correttamente la propria esperienza. In questa logica è completamente controproducente il ricorso all’intimidazione (“se non studi…”…). L’unico risultato che il clima d’intimidazione può ottenere è l’apprendimento meccanico, strumentale in funzione del voto. L’apprendimento significativo, al contrario, richiede un clima di accettazione e permette una riorganizzazione del sé, del proprio modo di vedere il mondo.
  • 14. Rogers, partendo da queste considerazioni, formula anche una proposta operativa: la disposizione dei banchi in cerchio, dove l’insegnante occupa un posto come gli altri. La configurazione classica dell’arredo scolastico, infatti, privilegia la lezione frontale e la comunicazione “ a stella” (o ruota) dove il centro è l’insegnante che ha il controllo delle informazioni che distribuisce ai membri del gruppo classe. La disposizione a cerchio, invece, rappresenta una rete di comunicazione omogenea nella quale ogni membro si relaziona a tutti gli altri e l’insegnante non è più il centro di ogni comunicazione. L’approccio di Rogers all’insegnamento, quindi, configura in modo totalmente nuovo il ruolo dell’insegnante, non più demiurgo e dispensatore di tutte le informazioni, ma facilitatore di processi di apprendimento, all’interno di una comunità di ricerca.