1. L’INSEGNAME NTO CENTRATO
SULLO STUDENTE
IMPL ICAZ IONI P EDAGOG IC HE DELLA
TEOR IA D ELLA PE RSONAL ITÀ DI
ROGER S
La teoria della personalità di Rogers è a tutti gli
effetti una teoria fenomenologica della personalità.
Mischel nel suo saggio Lo studio della personalità
definisce in modo sintetico i tratti che caratterizzano
questo approccio teorico:
I fenomenologi insistono sul fatto che gli individui non
sono semplicemente plasmati da forze interiori o
esterne, capaci di modellarli; essi concentrano, invece,
il loro interesse sia sul modo in cui la persona
percepisce e interpreta il significato degli eventi sia
sulle esperienze e sensazioni personali e soggettive di
ogni individuo, intese nel modo in cui egli o ella li
vive.
(Mischel 1996, 30)
L’attenzione dei fenomenologi è rivolta alle
esperienze individuali di natura immediata, alle
relazioni, agli incontri e alle percezioni attuali in cui la
persona è coinvolta. L’individuo è visto nel suo essere
nell’esperienza e non, quindi, come vittima di conflitti
inconsci. In primo piano, quindi, è l’esperienza
soggettiva dell’individuo, il suo personale punto di
vista del mondo e del sé, e le sue convinzioni di natura
privata. Inoltre, c’è un forte interesse per come
2. arriviamo a conoscere e comprendere il mondo e noi
stessi, interesse che contempla evidentemente
l’attenzione ai processi interni e mentali attraverso
cui gli individui codificano e categorizzano
l’informazione. In estrema sintesi, possiamo dire che
ciò cui sono maggiormente interessati i fenomenologi
è l’esperienza dell’individuo così come egli o ella la
percepisce o la categorizza.
Prendendo per un attimo in considerazione la
classificazione delle teorie della personalità sulla base
allo schema S-O-R di Lazarus (Stimolo-Organismo-
Risposta), possiamo dire che le teorie fenomenologiche
(tra cui quindi quella di Rogers) possono essere
considerate come teorie dell’organismo. Vediamo di
chiarire questa affermazione facendoci aiutare da un
brano di Canestrari tratto dal suo Psicologia generale e
dello sviluppo.
Per il fenomenologo ciò che determina la condotta non
sono gli oggetti fisici in se stessi (cioè gli stimoli), ma
le strutture ed i processi che all’interno della persona
mediano ed organizzano gli stimoli fisici in distinte
organizzazioni significative. Nell’orientamento
fenomenologico lo stimolo nella sequenza stimolo-
organismo-risposta (S-O-R) ha ancora un significato,
ma in relazione al come la persona lo “vive”, lo
percepisce, e non come semplice condizione fisica
esterna. Della sequenza S-O-R è dunque l’organismo
con le sue capacità di organizzare e strutturare
l’esperienza al centro dell’attenzione del
fenomenologo: la causa ed il tipo di comportamento
diventano funzione del come la persona vive la sua
esperienza del mondo interno ed esterno ad essa.
(Canestrari 1984, 500-501)
3. Le teorie fenomenologiche, quindi, vanno
considerate come teorie dell’organismo, nel senso
che al centro dell’attenzione sono i processi
interni con cui si categorizza l’esperienza e si
attribuisce senso alla realtà.
In base allo schema S-O-R le principali teorie
della personalità possono essere così classificate.
STIMOLO ORGANISMO RISPOSTA
In queste teorie si dà la TEORIE TEORIE “TIPO-
priorità alle forze FENOMENOLOGICHE TRATTO”: sono teorie
ambientali; il presente (Rogers): centrate sull’analisi
inoltre viene spiegato Lo stimolo ha della risposta
sulla base delle significato in comportamentale.
esperienze passate. relazione a come la Le caratteristiche della
PSICOANALISI persona lo VIVE e lo personalità sono stabili
COMPORTAMENTISMO PERCEPISCE. Al (il tipo
centro dunque è introverso/estroverso)
l’ORGANISMO con le
sue capacità di
organizzare e
strutturare
l’esperienza.
Vediamo ora più in dettaglio la teoria della
personalità di Rogers.
Rogers assegna un ruolo fondamentale
all’unicità e alla soggettività dell’esperienza
dell’individuo. Egli è convinto che il modo in cui
la persona si vede e interpreta gli eventi nella
propria vita determini il modo in cui risponde a
tali eventi, cioè come si comporta. Il centro
d’interesse, quindi, è rappresentato dalle
percezioni individuali quali determinanti
4. dell’azione: è dal modo in cui la persona
interpreta gli eventi che discendono le sue
reazioni ad essi.
Per Rogers la persona va sempre considerata
nella sua globalità: “…l’organismo è un sistema
globale organizzato in cui è possibile che la
modificazione di una parte produca cambiamenti
in qualsiasi altra parte. Dobbiamo studiare i
singoli fenomeni parziali, partendo dall’idea
centrale che essi si collocano in un’organizzazione
coerente e finalizzata” (Rogers 1997, 317)
Inoltre, ogni persona tende per Rogers a
realizzare le proprie potenzialità: questo principio
dinamico è chiamato “tendenza attualizzante”,
una tendenza che riguarda la globalità
dell’organismo e che ci spinge verso la piena
realizzazione. La <<motivazione>> per Rogers
coincide, quindi, con una caratteristica
complessiva intrinseca al nostro stare al mondo.
Nel perseguire l’obiettivo di realizzare il proprio
potenziale, l’organismo si trova coinvolto in un
processo di valutazione: le esperienze che
vengono percepite favorevoli allo sviluppo sono
considerate positive e ricercate. Al contrario, le
esperienze che vengono percepite sfavorevoli
sono giudicate negative ed evitate. La spinta a
realizzarsi e a ricercare le esperienze considerate
positive costituisce la motivazione principale
dell’agire dell’organismo.
Per Rogers la personalità è composta da due
aree: l’esperienza vissuta e la struttura del sé. Per
5. esperienza vissuta Rogers intende il campo
dell’esperienza sensoriale e viscerale, il campo
fenomenico, e rappresenta <<…tutto ciò che viene
vissuto dall’individuo, attraverso tutte le modalità
sensoriali. È un campo in continuo movimento e
mutamento.>> (Ibidem, 353). La struttura del sé,
invece, comprende <<… le rappresentazioni delle
caratteristiche della persona e delle sue relazioni,
nonché dei valori collegati con tali caratteristiche
e relazioni. È accessibile alla coscienza>> (Ibidem,
353). Nel neonato l’esperienza vissuta esaurisce
la totalità psicologica dell’individuo.
A partire da un certo punto dello sviluppo individuale,
una parte dell’esperienza inizia ad essere simbolizzata, cioè
resa consapevole, entrando a far parte della coscienza.
Questa graduale differenziazione del campo percettivo
globale assume la forma del sè.
In seguito all’interazione con l’ambiente e soprattutto
in seguito all’interazione con gli altri nella valutazione
si forma la struttura del sé, la rappresentazione
concettuale organizzata; si tratta di un insieme fluido
ma coerente di percezioni di attributi e di relazioni
dell’<<io>> e del <<me>> e dei valori annessi a quegli
attributi e relazioni. I valori attribuiti all’esperienza e i
valori che appartengono alla struttura del sé derivano
talvolta dall’esperienza immediata dell’organismo e
altre volte sono valori altrui introiettati e falsamente
percepiti come vissuti nella propria esperienza
immediata. (Ibidem, 327)
Nelle interazioni con il proprio ambiente,
quindi, il bambino costruisce a poco a poco
6. concetti che riguardano se stesso, l’ambiente e le
relazioni fra sé e l’ambiente. Questi concetti
funzionano come principi guida.
Se vogliamo ora vedere più in particolare come
si forma il sé, bisogna ripercorrere alcune tappe
fondamentali del processo di sviluppo. Una delle
prime e più significative esperienze del bambino è
essere amato dai genitori e quindi la percezione di
sé come individuo amabile, degno d’amore. Allo
stesso tempo, però, il bambino vive come
esperienze soddisfacenti comportamenti come
defecare in qualsiasi momento o picchiare il
fratellino, esperienze che al principio non sono
vissute come incoerenti con la rappresentazione
di sé come amabile. Ma ad un certo punto il
bambino fa esperienza di parole e azioni dei
propri genitori che costituiscono una minaccia:
<<Se fai così sei cattivo e io non ti amo più>>.
Esperienze di per sé soddisfacenti per il bambino
diventano pericolose per la rappresentazione di sé
come persona degna d’amore.
Il dilemma del bambino può essere così sinteticamente
formulato: <<Se faccio accedere alla coscienza la
soddisfazione che mi danno questi comportamenti e i
significati che attribuisco a queste esperienze faccio
qualcosa che è in contrasto con il mio sé come oggetto
amato o amabile>>. A questo punto nello sviluppo del
bambino si manifestano determinate conseguenze. Una
conseguenza è che viene negato l’accesso alla
consapevolezza ad alcune delle soddisfazioni
effettivamente vissute. L’altro è che la simbolizzazione
dell’esperienza vissuta dei genitori viene distorta. La
7. simbolizzazione corretta sarebbe la seguente: <<Sento
che i miei genitori stanno giudicando questo
comportamento come insoddisfacente per loro>>. La
simbolizzazione distorta, alterata allo scopo di
preservare il concetto di sé minacciato è: << Io
percepisco questo comportamento come
insoddisfacente>>. È probabilmente in questo modo
che gli atteggiamenti dei genitori non soltanto
vengono introiettati, ma invece di essere vissuti come
atteggiamenti altrui vengono vissuti come
atteggiamenti radicati nel proprio patrimonio
sensoriale e viscerale.>>
(Ibidem, 328-329)
In atri termini, il bambino per non perdere la
rappresentazione di sé come persona amabile
rimuove alcuni vissuti o li simbolizza in modo
distorto, facendo proprio il punto di vista dei
genitori. In questo modo la struttura del sé si
separa dall’esperienza vissuta e genera uno stato
di tensione che Rogers definisce incongruenza.
Abbiamo in questo caso un malfunzionamento
della personalità. Lo scopo primario, quello di
evitare la disgregazione del Sé, è raggiunto a
scapito dell’armonia emotivo-cognitiva
dell’individuo: gli viene impedito di essere
cosciente della sua stessa esperienza e di operare
quindi liberamente le proprie scelte esistenziali.
Al contrario, Rogers definisce congruenza una
buona connessione tra esperienza vissuta e
struttura del sé. In questo caso abbiamo un buon
funzionamento della personalità.
8. Per capire meglio, facciamo l’esempio di un
bambino che percepisce la rabbia e che non ci
siano ostacoli alla corretta simbolizzazione
<<Sono arrabbiato!>>; questa emozione quindi
viene percepita, simbolizzata e introdotta nella
struttura del sé <<Queste situazioni mi fanno
arrabbiare>>; se però si fa l’esperienza della
disapprovazione dei genitori e della minaccia
<<Se ti arrabbi sei cattivo e io non ti amo più>>
(amore condizionato), il bambino potrà o negare
la rabbia o simbolizzarla in maniera distorta <<La
rabbia è una cosa cattiva>>.
Ricapitoliamo quanto detto. Per Rogers la
personalità globale è costituita dalle due aree
dell’esperienza vissuta e del sé (concetto di sé o
struttura del sé). Quando queste due aree sono in
opposizione e incongruenti si ha disadattamento,
uno stato di tensione e di malfunzionamento della
personalità, in cui si lotta per mantenere il
proprio concetto di sé ed evitare le esperienze
non congruenti, vissute come minacciose.
Quando nel processo di sviluppo, invece,
s’incontra l’accettazione e la considerazione
positiva dei genitori, le due aree dell’esperienza
vissuta e del concetto di sé tendono a coincidere,
producendo un buon funzionamento della
personalità.
9. Passiamo ora alle implicazioni pedagogiche
della sua teoria della personalità. Rogers definisce
l’approccio pedagogico coerente con la sua
impostazione teorica insegnamento centrato sullo
studente. Vediamone le caratteristiche principali,
citando lo stesso Rogers.
(1) Non possiamo insegnare a un’altra persona
direttamente; possiamo solo facilitare il suo
apprendimento.
(…)Qui1, più che in altri campi, è evidente la natura
rivoluzionaria di un approccio centrato sullo studente.
Se invece di concentrare tutto il nostro interesse
sull’insegnamento (Che cosa insegnerò? Come posso
dimostrare di averlo insegnato? Come posso svolgere
in modo esauriente tutto quello che dovrei insegnare?)
concentrassimo il nostro interesse sullo studente, le
domande sarebbero diverse. Supponiamo di
domandarci quali siano gli scopi dello studente che
riguardano il corso, che cosa desidera imparare e come
possiamo facilitare il suo apprendimento e la sua
crescita. Ne risulterebbe un tipo di istruzione
completamente diverso.
(2)Una persona impara in modo significativo solo le
cose che percepisce come strettamente connesse con la
conservazione o il miglioramento del sé.
(…) supponiamo che in una lezione si diano
informazioni riguardanti la topografia di una
determinata regione. Come sarà diverso
l’apprendimento di un gruppo che vi assiste perché si
tratta di un corso obbligatorio di geografia,
dall’apprendimento di un plotone di fanteria che si
appresta a percorrere quelle colline e quelle vallate
per stanare il nemico! La salvaguardia del sé ha molto
1
Rogers si riferisce all’insegnamento universitario.
10. poco a che fare con l’apprendimento del primo gruppo
ed è invece profondamente connessa con
l’apprendimento del secondo.
(3)Le esperienze la cui assimilazione implicherebbe un
cambiamento nell’organizzazione del sé tendono ad
essere evitate attraverso il rifiuto o la distorsione del
contenuto simbolico.
(4) La struttura e l’organizzazione del sé diventano più
rigide in condizioni minacciose mentre le barriere si
allentano in condizioni completamente prive di
minaccia.(…) Queste ipotesi si riferiscono al fatto che
l’apprendimento, soprattutto se è significativo, è
spesso qualcosa di minaccioso. A volte i nuovi
contenuti da apprendere vengono subito percepiti
come utili per il rafforzamento del sé, ma molte altre
volte essi minacciano il sé oppure minacciano alcuni
particolari valori con i quali il sé si è identificato.(…)
(5) La situazione educativa che più efficacemente
promuove un apprendimento significativo è quella in
cui (a) la minaccia del sé di colui che apprende è
ridotta al minimo e (b) viene facilitata una percezione
differenziata del campo d’esperienza. Le due parti di
questa ipotesi hanno praticamente lo stesso significato,
dato che è molto probabile che ci sia una percezione
differenziata quando il sé non viene minacciato.
(Rogers, tr.it 1997, pp 222-224)
Proviamo ora ad analizzare le diverse
affermazioni di Rogers.
Il primo punto riguarda l’avvio dell’intero
processo di insegnamento-apprendimento: gli
obiettivi d’apprendimento sono rigidamente
predefiniti dall’insegnante oppure lo studente è
parte attiva nella loro definizione? In altri termini,
l’insegnante disegna “a priori” un percorso
11. didattico oppure è attento ai bisogni formativi e
d’apprendimento dello studente e su questi
costruisce il percorso?
Questo primo passaggio è fondamentale:
l’insegnante centrato rigidamente sul programma
da svolgere propone un approccio in cui lo
studente è chiamato fin dal principio ad assumere
una posizione passiva. È come se si dicesse: noi
(forma plurale che indica l’istituzione)sappiamo
ciò di cui hai bisogno e abbiamo predisposto tutto
in funzione di questa nostra conoscenza dei tuoi
bisogni. Questa presunta conoscenza del bisogno
altrui costituisce una sorta di peccato originale
che può inficiare tutto il resto!
L’antidoto contro questa rigidità istituzionale è
un approccio dialogico in cui si fanno domande
finalizzate alla comprensione del bisogno dello
studente (“Perché sei qui?”, “Quali sono i tuoi
scopi?”…) per poi mettersi in una posizione di
ascolto. Nel processo dialogico poi sono da
ricercare le necessarie mediazioni tra il compito
istituzionale dell’insegnante e i bisogni dello
studente, per arrivare alla costruzione di un
percorso di insegnamento-apprendimento
condiviso.
Il secondo punto citato da Rogers invita alla
riflessione sulla motivazione nell’apprendimento.
La stessa lezione di geografia può essere vissuta in
modo completamente diverso da chi frequenta la
lezione perché è parte di un corso obbligatorio e
da chi invece si appresta ad esplorare quel
12. territorio. Nel primo caso siamo di fronte ad un
apprendimento “esteriore”, ad una motivazione
“estrinseca”: si studia e si apprende perché così si
va avanti negli studi e si consegue un titolo; le
conoscenze in sé sono irrilevanti per la vita delle
persone. Nel secondo caso, invece, le conoscenze
diventano importanti perché permettono di vivere
con più strumenti una esperienza significativa.
Siamo in presenza, in questo caso, di una
motivazione intrinseca, dove le conoscenze
vengono percepite importanti di per sé e non per
qualche fine esterno all’apprendimento.
Questo secondo punto si ricollega strettamente
al primo: se io conosco il bisogno formativo degli
studenti che ho davanti, posso predisporre un
percorso d’insegnamento in grado di rispondere
in modo coerente al bisogno espresso e quindi
incontrare una diversa motivazione.
Il terzo e il quarto punto possono essere
considerati insieme: quella parte della personalità
che Rogers definisce il concetto di sé e che
riguarda le proprie rappresentazioni di sé e del
mondo, tende a resistere a tutte quelle
informazioni che tendenzialmente potrebbero
causare una disorganizzazione del sé. È il
fenomeno della dissonanza cognitiva: ciò che
rafforza ciò che io penso di me e del mondo viene
facilmente accettato, mentre tutto ciò che
comporta una faticosa riorganizzazione
dell’immagine di sé e del mondo viene
naturalmente rifiutato. Ora gli apprendimenti
13. significativi comportano sempre una
riorganizzazione della visione di sé e del mondo:
pensiamo alla visione copernicana del sistema
solare, alla teoria dell’evoluzione di Darwin o alla
teoria dell’inconscio di Freud che hanno
rivoluzionato profondamente il modo di
concepire l’uomo nella sua relazione con il
mondo, provocando ferite narcisistiche alla
concezione della centralità della terra e dell’uomo
nel creato e all’idea che l’uomo è governato dalla
ragione.
Per fare in modo che si possano realizzare
apprendimenti significativi, di per sé minacciosi,
quindi, bisogna preparare un adeguato clima in
classe, un clima relazionale in cui prevale
l’accettazione e la libera espressione dei
sentimenti. Questo clima, inoltre, permette una
percezione differenziata del campo d’esperienza:
la persona che si sente accettata per quello che
sente è incentivata a trovare le parole per
esprimere i propri vissuti, simbolizzando quindi
correttamente la propria esperienza.
In questa logica è completamente
controproducente il ricorso all’intimidazione (“se
non studi…”…). L’unico risultato che il clima
d’intimidazione può ottenere è l’apprendimento
meccanico, strumentale in funzione del voto.
L’apprendimento significativo, al contrario,
richiede un clima di accettazione e permette una
riorganizzazione del sé, del proprio modo di
vedere il mondo.
14. Rogers, partendo da queste considerazioni,
formula anche una proposta operativa: la
disposizione dei banchi in cerchio, dove
l’insegnante occupa un posto come gli altri. La
configurazione classica dell’arredo scolastico,
infatti, privilegia la lezione frontale e la
comunicazione “ a stella” (o ruota) dove il centro
è l’insegnante che ha il controllo delle
informazioni che distribuisce ai membri del
gruppo classe. La disposizione a cerchio, invece,
rappresenta una rete di comunicazione omogenea
nella quale ogni membro si relaziona a tutti gli
altri e l’insegnante non è più il centro di ogni
comunicazione.
L’approccio di Rogers all’insegnamento, quindi,
configura in modo totalmente nuovo il ruolo
dell’insegnante, non più demiurgo e dispensatore
di tutte le informazioni, ma facilitatore di processi
di apprendimento, all’interno di una comunità di
ricerca.