2. 1. Lo status permetteva di contrarre legalmente matrimonio con una
Romana o un Romano (ius conubii), di commerciare con i Romani
con la garanzia di poter ricorrere al magistrato per la tutela dei
propri atti negoziali (ius commercii), e, ma solo inizialmente, anche
di trasferirsi a Roma (ius migrandi) a condizioni di parità coi
cittadini romani, e quindi di votare (ius suffragii) nei comizi
elettorali.
Alle città i cui abitanti godevano del ius Latii era riconosciuta
l'indipendenza per quanto riguardava la politica interna, quindi
eleggevano i loro magistrati e si autogovernavano; però erano
vincolate alla politica estera romana ed erano tenute a fornire un
contingente di soldati che combattevano a fianco delle legioni, ma in
reparti diversi.
Col passare del tempo, e con l'espansione del dominio romano ben
oltre i confini del Lazio, il "diritto latino" venne riconosciuto e
applicato anche a città non laziali, e che non avevano abitanti di
origine latina: il ius Latii passò allora a indicare una condizione
giuridica e perse qualunque connotazione etnico-geografica; coloro
che ne godevano (e che erano oramai divenuti troppo numerosi)
persero però il diritto di votare a Roma.
3. Colonia romana
Gli abitanti di una colonia romana erano cittadini di Roma e godevano quindi del
riconoscimento di tutti i diritti legati a questa condizione. L'amministrazione della città
era controllata direttamente da Roma.
Colonia di diritto latino
Nel secondo caso venivano istituite nuove entità statali, con magistrati locali, autonomia
amministrativa e, in alcuni casi, con l'emissione di monete, ma comunque con l'obbligo di
fornire, in caso di guerra, l'aiuto richiesto da Roma secondo la formula togatorum. Gli
abitanti delle colonie latine non erano cives Romani optimo iure, ma possedevano lo ius
connubii e lo ius commercii secondo i diritti del Nomen Latinum. Le colonie venivano
fondate secondo il diritto latino sia come forma di controllo della diffusione della
cittadinanza romana (in quanto considerata superiore a tutte le altre), sia per motivi
pragmatici: non essendo direttamente governate da Roma come le colonie di diritto
romano, ma avendo magistrati propri, potevano meglio e più velocemente prendere
decisioni per difendersi da pericoli imminenti.
Le colonie erano rette dai duoviri, da un senato locale e da un'assemblea popolare. In età
imperiale alcune città si arrogarono il titolo di colonia pur non possedendolo, perché
questo titolo era diventato un privilegio di pochi municipia.
4. LE GUERRE SANNITICHE
• Prima guerra sannitica
(343-341 a.C.)
• Seconda guerra sannitica
(326-304 a.C.)
• Terza guerra sannitica
(298-290 a.C.)
5. LA I GUERRA SANNITICA (343-341 A.C.)
Casus Belli:
assedio di Capua
6. LA I GUERRA SANNITICA (343-341 A.C.)
Casus Belli:
assedio di Capua
7. LA I GUERRA SANNITICA (343-341 A.C.)
Il Senato romano si tirò indietro a
causa di un trattato di non
belligeranza stipulato in precedenza
con i Sanniti (354 a.C.), al che gli
ambasciatori capuani consegnarono
la loro città nelle mani di Roma
8. LA I GUERRA SANNITICA (343-341 A.C.)
I Sanniti, però, non accettarono il
nuovo stato di cose e così a Roma
non restò che dichiarare loro
guerra. Era il 343 a.C.
9. LA I GUERRA SANNITICA (343-341 A.C.)
La campagna militare fu affidata ai
due consoli in carica MarcoValerio
Corvo e Aulo Cornelio Cosso
Arvina, entrambi patrizi
(contrariamente a quanto previsto
per la Leggi Licinie Sestie da poco
approvate nel 367).
10. LA I GUERRA SANNITICA (343-341 A.C.)
I Romani sconfissero i Sanniti
presso il Monte Gauro
« Ed i Romani confessarono di
non aver mai combattuto
contro un nemico più duro. [...]
I Sanniti... dichiararono di aver
avuto l'impressione che gli
occhi dei romani schizzassero
fiamme. »
(Livio)
11. LA I GUERRA SANNITICA (343-341 A.C.)
La I Guerra Sannitica si
concluse in favore dei
Romani, che riportarono il
trionfo
12. LA II GUERRA SANNITICA (326-304 A.C.)
Casus Belli:
fondazione romana di Fregellae (Ceprano)
326: Roma invia i FEZIALI.
La cerimonia per la dichiarazione di guerra - che
prevedeva anche l'uso di un' "erba sacra" (herba
pura ), forse la verbena (a simboleggiare il territorio
romano), la selce (a simboleggiare la folgore che
annichilisce lo spergiuro ma che era usata per
uccidere un suino prima della conclusione del rito,
identificando l'animale con l'eventuale spergiuro
operato contro i Romani) e lo scettro (simbolo di
auctoritas)
13. LA II GUERRA SANNITICA (326-304 A.C.)
Romani, Sanniti, Lucani,Tarantini
14. LA II GUERRA SANNITICA (326-304 A.C.)
Nel 321 a.C. l'esercito romano (consoli TiberioVeturio Calvino e
Spurio Postumio Albino Caudino), subì l'umiliante sconfitta alle
Forche Caudine: mentre l'esercito romano si stava spostando da
Capua a Benevento, spie sannite travestite da pastori li
indirizzarono verso una stretta gola montuosa dove furono presi
facilmente in trappola dai nemic.Alla fine i Sanniti lasciarono
andare l'esercito romano ma imposero gravose condizioni di
resa; tra queste la subjugatio, il passaggio sotto il giogo: due
lance confitte in terra, una sospesa orizzontalmente a queste
ultime: lo sconfitto, nudo, doveva passarvi sotto, inchinandosi, in
presenza dell'esercito nemico. Ne conseguiva, "grande gloria a chi
imponeva una tale umiliazione, ma totale ignominia a chi la
subiva" (Cassio Dione) tanto che spesso si preferiva piuttosto
affrontare la morte.
15. LA LEGIO LINTEATA
La Legio Linteata rappresentava un corpo
speciale dell’esercito Sannita formato da guerrieri
che si erano dimostrati valorosi e capaci in
battaglia che formavano una Devotio alle divinita
protettrici sannite.
16. LA DEVOTIO
Era una pratica religiosa dell'antica
Roma secondo la quale il
comandante dell'esercito
romano si immolava per la
salvezza e la vittoria dei suoi
uomini agli dei Mani in cambio
della propria vita. Normalmente si
trattava del console o del
dittatore romano.
18. LA III GUERRA SANNITICA (298-290 A.C.)
Casus Belli:
gli ambasciatori lucani chiedono aiuto e
protezione ai Roma
19. LA III GUERRA SANNITICA (298-290 A.C.)
La resa dei conti ci fu con la Battaglia di Sentino (in latino
Sentinum: nella pianura in prossimità della cittadina di
Sassoferrato, oggi in provincia di Ancona), nel 295 a.C.
dove i Romani dovettero fronteggiare una coalizione
nemica composta da 4 poli: Sanniti, Etruschi, Galli ed
Umbri. I romani vennero inizialmente sorpresi dai Galli,
che si gettarono nella mischia con carri carichi di arcieri
che scagliavano frecce. Il fracasso dei carri spaventò i
cavalli romani, i quali batterono in ritirata. Il console
plebeo Publio Decio Mure, figlio del Decio Mure che
aveva combattuto nella Prima guerra Sannitica compì il
rito della devotio consacrandosi a Marte ed agli Dei
Inferi, scagliandosi contro i carri e perdendo la vita nella
mischia. Il gesto eroico e ancor più la morte del console,
che indicava l'accettazione del sacrificio da parte degli
Dei, rianimò le schiere romane che riportarono alla fine
una completa vittoria.