2. VENERE DI
WILLENDORF
Iconografia: figura femminile steatopigica (=
con grandi fianchi), denominata Venere, in modo
anche ironico.
Stile e linguaggio: tendente alla deformazione
del corpo, le gambe, prive di piedi, le piccole
braccia, grandi seni pesanti, la testa non mostra il
volto.
Iconologia: la denominazione le grandi forme
e la vulva visibile fanno pensare che la statuina
abbia a che fare con la fertilità femminile. A parte le
ipotesi legate a riti propiziatori, la statuina potrebbe
essere semplicemente un giocattolo per bambine.
Questo potrebbe essere il ritratto di una donna
realmente esistita piuttosto che un idolo astratto.
Simili artefatti sono stati ritrovati in luoghi molto
lontani mentre non sono stati ritrovati esempi
maschili. Questo può significare che la donna, nella
società del paleolitico, dovesse rivestire un ruolo
molto importante.
3. LA NASCITA DI VENERE
Il dipinto può essere considerato uno
degli esempi massimi di idealizzazione
delle bellezza femminile che possiamo
ammirare nel mondo dell’arte.
La figura della Dea e la sua posa
pudica si riferiscono alla Venere celeste,
rappresentazione della purezza, della
semplicità, della disadorna bellezza
dell’anima.
E’ noto il parallelismo tra Venere e
l’Anima cristiana, che emerge pura
dalle acque dopo aver ricevuto il
Battesimo.
Le figure delineate nel dipinto sono
leggiadre ed armoniche e tutto nell’opera
pare corrispondere ad un ideale di
bellezza assoluta della natura che si
sublima nella donna.
4. LA VENERE DI
URBINO
Il dipinto può essere inquadrato come una
grande allegoria del matrimonio. La nudità
della moglie in primo piano non fa che esaltare
la bellezza femminile e il suo buono stato di
salute che indica quasi un buon auspicio per
mettere al mondo tanti figli.
É una Venere nuda sul letto che regge un
piccolo mazzolino di fiori sulla mano destra,
che vogliono significare quanto la bellezza sia
effimera e il tempo la fa sfiorire
usa la mano sinistra per coprirsi il pube:
questo gesto riporta alla mente la più classica
Venus pudica intenta a coprire le parti intime,
mostrando così la sua parte più umana;
guarda direttamente chi la osserva senza
alcuna vergogna, cosa non molto comune.
se volessimo combinare insieme la figura del can
e (che rappresenta la fedeltà),
con l’anello che Venere
porta sul mignolo sinistro, simbolo di purezza,
ne viene fuori un messaggio:
la sensualità deve essere rivolta solo al marito.
5. PAOLINA BORGHESE
Tipicamente neoclassica, è
l’eleganza della linea e la grazia della
figura femminile priva di ornamenti e di
elementi decorativi ma in tutta la sua
semplicità.
Paolina Bonaparte è scolpita come
una Venere Vincitrice, infatti regge nella
mano sinistra la mela della Vittoria.
La donna è ritratta come una dea
classica, distesa su di una agrippina, e
avvolta da un panneggio.
Canova si ispira alla figura di Venere,
come dipinta da artisti del
Rinascimento.
Sfrenata e imperiosa, la sorella preferita del generale Bonaparte fu definita
”una amorosa superba destinata a entrare nella storia come un Don Giovanni
in abiti femminili”.
Di Don Giovanni ebbe l’intelligenza e l’impudenza libertina; due volte sposa
ma collezionista di amanti, un giorno proclamò con fermezza:
-Il matrimonio è per le donne qualche cosa a cui non si può sfuggire, ma
l’amore è ben altro.L’amore è un nostro diritto, anche se purtroppo è ancora
chiuso dentro la Bastiglia.Noi donne avremmo mai il nostro 14 Luglio?-
UNO SGUARDO ALLA STORIA...
6. MAYA DESNUDA
L’opera si ispira ai nudi veneziani
di Tiziano e Giorgione, con la figura
femminile che si mostra allo spettatore.
Il corpo è dipinto con sensualità,
esibendo per la prima volta i peli pubici
e la linea nigra, la sottile striscia di peli
che unisce il monte di Venere
all’ombelico.
Questi dettagli, insieme alla posa
delle braccia e allo sguardo penetrante
della donna, sono fortissime allusioni
sessuali, che tolgono alla figura ogni
eterea parvenza di divinità o allegoria.
Si tratta di un quadro rivoluzionario: infatti è la prima volta che
c’è una donna nuda protagonista di un’opera senza dover
essere necessariamente una dea o un personaggio mitologico.
Fino a quel momento, il nudo artistico era giustificabile solo per
delle rappresentazioni mitiche, come ad esempio quadri con
protagonista Venere o altre donne del mondo dell’epica greca
e romana.
7. LA LIBERTÀ CHE
GUIDA IL POPOLO
Tutto ruota attorno alla donna
protagonista: rappresenta la libertà
(anche indossando un berretto grigio
che ne è simbolo) e la patria e con la
mano tesa in alto tenendo la bandiera
nazionale, incita il popolo a seguirla
nella rivolta.
Alcuni critici d'arte ipotizzano che la
donna sia veramente esistita, e che
partecipò per vendicare l'uccisione del
fratello.
La figura femminile ricorda la
greca Venere di Milo, esposta al Museo
del Louvre, dove Delacroix poteva
facilmente ammirarla.
Quando La libertà che guida il popolo fu esposta, il pubblico rimase
sconcertato per la violenza e la crudezza dell’opera. Delacroix fu
criticato per l’eccessivo realismo con cui aveva trattato il tema del nudo.
In assoluto non era il primo nudo femminile, ma precedentemente le
rappresentazioni di nudo riguardavano figure mitiche o dell'antichità.
In quest'opera la donna è in abiti contemporanei.
8. Manet nel dipinto Olympia propose
una nuova interpretazione del nudo
femminile, un genere appartenente
alla tradizione della pittura
occidentale.
rappresentazione diretta e priva
di compromessi con la morale
borghese dell’epoca
Manet propose una immagine
fredda e realista di una giovane
cortigiana.
La figura non è rivisitata con filtri
mitologici, allegorici o simbolici.
La posa che la tradizione
classica assegna a Venere viene
qui destinata alla
rappresentazione del meretricio.
OLYMPIA
Olympia infatti era un soprannome molto comune riservato alle cortigiane
nell’Ottocento. Il gatto nero poi era un simbolo erotico legato alla sessualità
femminile. Inoltre la serva che porge un mazzo di fiori espone l’offerta di un cliente.
9. GIUDITTA I
Posa estremamente sensuale, con la veste
semitrasparente
L’espressione della donna unisce l’estasi dei sensi
alla presenza lugubre della morte, di crudele trionfo
Labbra semiaperte e occhi socchiusi in uno sguardo
distaccato e freddo.
I colori sono tenui e delicati, i folti capelli neri
cingono la testa come un’aureola in un’atmosfera
decadente sospesa fra il sacro e il profano, alludendo
ad una presenza oscura e misteriosa incombente,
contrastata dalla luce dell’oro e delle pietre preziose
che circondano la figura.
Quella che comunemente dagli ebrei è vista come un’eroina per aver liberato il
popolo di Dio dall’invasore, assume qui le sembianze di Adele Blochbauer,
nobildonna della borghesia viennese, mantenendo comunque la sua valenza
di icona sacra come suggerisce la preziosa cornice dorata.