1. News 41/SA/2016
Lunedì, 10 Ottobre 2016
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.41 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 63 (8 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificato dalla Germania per glifosato in
tè verde proveniente dalla Cina, inviato dalla Svizzera; notificato dalla Francia per
pompano congelato (Capogramma glaycos) dalla Mauritania non idoneo al
consumo umano and e con imballaggio non adatto a prodotti alimentari; notificato
dalla Svezia pistacchi con guscio provenienti dalla Turchia infestati da muffe;
notificato dalla Francia per aflatossine in arachidi in guscio provenienti dalla Cina;
notificato dal Regno Unito per aflatossine in polvere di peperoncino proveniente
dall’India.
Allerta notificata dall’Italia per: listeria monocytogenes in maiale refrigerato Brown
aromatizzato agli agrumi proveniente dall’Italia; listeria monocytogenes in uova di
aringa e insalata di cipolla proveniente dalla Romania; sesamo non dichiarato in
mini rotoli organici provenienti dalla Germania; mercurio in pesce spada a fette
congelato (Xiphias gladius) proveniente dal Portogallo; salmonella Panama in
salame di maiale affumicato proveniente dall’ Italia.
Allerta notificati: notificato dalla Francia per salmonella typhimurium in ali e groppe
di tacchino congelate provenienti dalla Francia e per tracce di arachidi in cumino
macinato proveniente dalla Spagna; dall’Olanda per Salmonella in ali di pollo
piccanti congelate provenienti dall’Olanda; dalla Grecia per fostiazato in patate
provenienti da Cipro; dall’Olanda per formetanato in mango proveniente dal
Brasile.
Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’Italia per infestazione da
parassiti con Anisakis di pesce John Dory (Zeus faber) refrigerato proveniente dalla
Francia e per Listeria monocytogenes in gamberetti whiteleg cotti (Penaeus
2. vannamei) provenienti dalla Spagna; dalla Germania presenza di lactoproteina
(caseina) in bevanda al cioccolato e riso biologica proveniente dalla Germania;
dalla Svezia per salmonella in carne di maiale congelata proveniente dall’Olanda;
dalla Svizzera per salmonella in pepe rosso speziato in polvere proveniente dalla
Turchia; dall’Olanda per mercurio in lombi di pesce spada refrigerato proveniente
dalla Spagna; dall’Italia per clorpirifos e sostanza non autorizzata carbendazim in
peperoni in salamoia provenienti dall’ Egitto.
Fonte: rasff.eu
Olio extravergine, “medicina sconosciuta” per i diabetici.
Mentre sono noti i benefici effetti dell’olio extravergine di oliva sul metabolismo in
generale e più specificatamente sull’insulino-resistenza presente nelle persone in
sovrappeso o obese, così come in molte situazioni di salute diabete-correlate
(cardiovascolari in primis), i diabetici sottovalutano ancora le proprietà dell’oro
verde.
La doppia sfida è proprio dell’educazione alimentare rivolta non solo alle persone
sane, ma soprattutto a quelle con profili patologici, come appunto i diabetici.
E se, per una decisione costitutiva della normativa alimentare europea- i cibi non
possono mettersi in concorrenza con in farmaci e relativa pubblicità, promettendo
una cura o terapia di malattie o quadri clinici, ciononostante il loro ruolo preventivo
è sempre più noto, e addirittura, la capacità di alcuni di essi di svolgere un’attività
addirittura migliore dei farmaci.
Negli ultimi anni alcuni ricercatori avevano sottolineato le proprietà positive dell’olio
extravergine nel migliorare i livelli di colesterolo ematico- addirittura più di quanto
fatto dalle statine (farmaci ordinariamente utilizzati), è recente una ricerca sulle
abitudini alimentari di diabetici (diabete mellito) da parte di ricercatori del
Policlinico II di Napoli. Le informazioni ricavate dal continuo confronto con i pazienti
hanno fornito l’evidenza di una scarsa o nulla conoscenza, molto diffusa purtroppo,
dei più elementari principi alla base di corrette abitudini alimentari. Se da un lato la
cosa appare sconfortante, dall’altro questi dati possono meglio indirizzare
campagne comunicative per un corretto uso dell’olio extravergine di oliva, principe
della Dieta Mediterranea.
Risultati
Se il 56% dei pazienti usano olio extravergine di oliva per condire le pietanze e
preparare i pasti (24%), solo una piccola percentuale lo utilizza per friggere (7%). Il
3. dato non è positivo, in quanto in ragione della ricchezza di grassi monoinsaturi, l’olio
di oliva ben si presta a tale scopo, surclassando in proprietà altri tipi di oli di semi.
Un corretto approccio alla dieta mediterranea, che vede nell’olio extravergine di
oliva un suo alimento cardine, non può quindi prescindere da una rivalutazione del
suo utilizzo nei più ampi e svariati usi di cucina, senza segmentazioni pregiudiziali
nell’applicazione in frittura. In tal senso, occorre svolgere diffuse campagne
informative ed educative.
Un aspetto tutto sommato positivo è che in ogni caso – sebbene il 77% dei diabetici
intervistati dichiari di utilizzare olio di semi per friggere- la maggiore parte poi di
questi usa olio di semi di arachide (39%), ricco a sua volta in grassi monoinsaturi
(sebbene non nella stessa quantità dell’olio extravergine, e sebbene senza diversi
altri composti fenolici o vitamine). Un ulteriore 26% usa olio di semi di girasole, e una
cifra analoga olio di semi di mais.
In modo sempre interessante, la maggior parte (80%) dei consumatori ritiene
migliore l’olio DOP (Denominazione di Origine Protetta), ma non ne sa indicare il
motivo.
Guarino, G, Sofia, M., Della Corte, T., Carbone, L., Marino, G., Martedì, E., Gentile, S. (2015) Indagine
conoscitiva sul consumo di olio extravergine di oliva in diabetici tipo 2 ambulatoriali. Il Giornale di
AMD, Vol. 18, pp.192-196.
Fonte: www.sicurezzaalimentare.it
Paese che vai, ricetta che trovi. Un’indagine europea rivela come cambiano i valori
nutrizionali dei singoli prodotti da un paese all’altro.
Paese che vai, ricetta che trovi. Si potrebbero riassumere così i risultati di una ricerca
dell’associazione europea dei consumatori BEUC, condotta con la collaborazione
delle associazioni nazionali che ne fanno parte (Altroconsumo per l’Italia).
L’organizzazione ha esaminato i valori nutrizionali di nove prodotti, acquistati nei
supermercati di 17 paesi europei. Le tipologie di prodotto incluse nell’indagine sono
state scelte in modo da riprodurre idealmente la tipica spesa di una famiglia
europea: cereali da colazione per bambini e adulti, yogurt, snack, cioccolata,
gelati da passeggio e bibite gassate. Si tratta di prodotti di grandi marche,
disponibili in tutti e 17 i paesi oggetto dell’indagine.
4. L’associazione ha scoperto che molti prodotti apparentemente identici, in realtà
possono presentare differenze di composizione – quindi nutrizionali – anche molto
rilevanti. Su questa base i nove prodotti sotto esame sono stati suddivisi in tre
categorie: prodotti con differenze nutrizionali elevate, prodotti con leggere
differenze di composizione e prodotti con composizione identica in tutti i paesi. In
quest’ultima categoria troviamo il cioccolato Kinder di Ferrero e le chips Pringles di
Kellogg’s.
La categoria di alimenti con significative differenze nelle caratteristiche nutrizionali
comprende un solo prodotto: la bibita gassata Fanta di Coca-Cola. La bevanda
spicca per le marcate differenze nella quantità di zuccheri contenuti nelle bottiglie
vendute nei diversi paesi europei. Il record negativo va a Cipro con 12.7 grammi di
zuccheri semplici in 100 millilitri. Si tratta di un grammo in più rispetto alla Fanta
venduta in Italia (11.8 g/100 ml) e quasi il doppio rispetto alla versione britannica,
che ha solo 6.9 g/100 ml. Ma si trovano versioni anche con 8, 9 e 10 grammi:
insomma, chi più ne ha più ne metta.
Zuccheri contenuti in 100 ml di Fanta nei diversi paesi europei
5. La seconda categoria comprende prodotti con variazioni di nutrienti meno
significative o meno diffuse. Nella lista troviamo i cereali da colazione Fitness e
Frosties di Kellogg’s, lo yogurt Activia di Danone, Nesquik di Nestlé, il cioccolato
Milka e lo stecco Magnum. Per esempio, nel caso dei cereali Fitness di Kellogg’s il
contenuto di zuccheri varia di circa il 16% tra la versione più dolce e quella meno
zuccherata e del 22% tra la versione con più sale e quella con meno sale. Si
osserva anche una certa variabilità nel contenuto di zuccheri, sale, grassi totali e
grassi saturi presenti nelle confezioni di Nesquik Nestlé e Activia di Danone nei diversi
paesi europei.
In questa categoria ci sono anche prodotti venduti con la stessa composizione in
tutti paesi, tranne pochissime eccezioni. Per esempio i cereali da colazione per
bambini Frosties di Kellogg’s in Svezia contengono 25 grammi di zucchero su 100
grammi di prodotto, mentre nel resto d’Europa si arriva a 37 g (oltre il 30% di zuccheri
in meno nelle confezioni vendute nel paese scandinavo). Nella cioccolata Milka
venduta in Grecia si trovano meno zuccheri, grassi saturi e sale, ma più grassi totali
rispetto alle tavolette in vendita negli altri paesi. Lo stecco gelato Magnum, invece,
contiene più zuccheri, grassi e saturi nella versione cipriota, ma meno grassi saturi e
sale in Macedonia.
Per il BEUC non è concepibile che le aziende del settore alimentare vendano
prodotti apparentemente identici, ma con valori nutrizionali differenti nei diversi
paesi europei. La ragione di queste oscillazioni non è chiara e “le aziende
dovrebbero spiegare ai consumatori perché a volte vendono prodotti diversi in
paesi diversi mentre in altri casi i prodotti sono identici”, afferma l’associazione.
(Articolo di Giulia Crepaldi)
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Insalate in vaschetta, quali garanzie per i consumatori?
Gli alimenti di origine vegetale freschi, sono prodotti ortofrutticoli allo stato fresco,
che vengono raccolti e commercializzati tal quali senza subire processi di
trasformazione. Una volta raccolti, essendo un sistema biologico vivente, continuano
la loro attività fisiologica seppur con modalità differenti da quelle del vegetale
ancora attaccato alla pianta e andando incontro a processi degenerativi, che
variano in relazione alla natura del prodotto (foglia, frutto, radice), all’attività
metabolica e alle condizioni ambientali in cui sono mantenuti.
I metodi di conservazione utilizzati per prolungare le caratteristiche nutrizionali e
6. quelle di freschezza sono mirati all’adozione di nuove tecnologie capaci di
salvaguardare la qualità iniziale del prodotto e fornire al consumatore un prodotto
raccolto, lavorato e commercializzato nel minor tempo possibile. In base alla
tecnologia utilizzata per la conservazione i prodotti ortofrutticoli vengono distinti in
categorie o gamme ed i vegetali freschi si suddividono in:
- I Gamma che comprende tutti quei vegetali freschi che ricevono solo
un’attività di condizionamento, come la refrigerazione e/o l’ atmosfera
modificata. Questi prodotti possono essere immessi sul mercato
immediatamente dopo la raccolta o dopo un ridotto tempo di
conservazione;
- IV Gamma si intendono quei prodotti freschi che, dopo essere stati puliti,
tagliati, lavati e asciugati vengono confezionati e sigillati in sacchetti o
vaschette e messi in vendita pronti per il consumo senza che sia necessario
alcun trattamento di preliminare da parte del consumatore. La loro
produzione, conservazione e distribuzione è stata regolamentata con il DM
n° 3746 del 20.6.2016 che impone il rispetto di alcune norme come, ad
esempio, la necessità di indicare una data di scadenza e l’obbligo della
conservazione ad una temperatura inferiore a 8° C.
La qualità igienico-sanitaria dei vegetali freschi (I Gamma) e pronti per il consumo
(IV Gamma) è molto variabile poiché risente di differenti fattori che intervengono
nelle fasi di pre-raccolta, raccolta e lavorazione.
La microflora dei prodotti vegetali si accumula e risiede, prevalentemente sulla
superficie esterna, dove riesce a sopravvivere e a proteggersi dall’ambiente esterno
grazie alla formazione dei biofilm.
Il biofilm rappresenta un sistema biologico di dimensioni microscopiche ad elevata
organizzazione, in cui i microrganismi, appartenenti ad una o più specie, riescono ad
aderire sul prodotto vegetale (verdura e frutta) diventando così di difficile
eradicazione anche nella fase di lavaggio.
Tuttavia, occorre considerare che trattasi generalmente di microrganismi
deterioranti, non patogeni per l’uomo, e anche se presenti su verdura o frutta fresca
non sono in grado di causare problemi significativi per la salute umana.
Nonostante ciò, negli ultimi anni, il sistema di Allerta Rapido (RASFF) ha richiamato
l’attenzione degli Stati Membri in relazione alla presenza di microrganismi patogeni
come Salmonella, E. coli STEC e Norovirus in questa categoria di prodotto. Per
7. meglio comprendere tale problematica ed effettuare una valutazione del rischio in
relazione alla presenza di pericoli microbiologici nei vegetali di I e IV Gamma, l’ISS e
gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, hanno effettuato una sorveglianza nazionale
tesa a verificare la prevalenza di Salmonella, L. monocytogenes, Yersinia
enterocolitica, Campylobacter e Norovirus. I risultati ottenuti dall’analisi di 2354
campioni, pubblicati di recente su International Journal of Food Microbiology hanno
evidenziato una contaminazione molto bassa per entrambe le categorie. (Dal blog
di Agostino Macrì)
Fonte: www.sicurezzalimentare.it
Latte e latticini, valide le ragioni per il sì all’origine in etichetta.
La proposta francese, che riguarda latte e carne in alimenti trasformati, era stata
sfidata dall’EDA - l’European Dairy Association -, che adduceva motivi di legittimità-
ma l’Ombudsman Emily O’Reilly ha ribattuto alla genericità delle critiche: non in
grado quindi di sfidare su un terreno propriamente legale la decisione dell’esecutivo
francese. Sebbene l’industria europea stia combattendo frontalmente contro le
proposte nazionali (in Italia, Polonia, Lituania e Grecia) per portare avanti disegni
che impongano l’origine in etichetta sui trasformati. Da un punto di vista
procedurale, una volta notificate le leggi alla Commissione europea, e passati 3
mesi senza obiezioni, queste sono considerate pienamente legittime.
L’EDA avrebbe criticato la restrizione al commercio sul mercato interno, e la
mancanza di oggettivi requisiti di qualità. Per contro, i proponenti della legge in
Francia hanno addotto come la maggior parte dei consumatori attribuisce un
valore distintivo alla provenienza francese del latte e derivati.
Il dibattito facilmente si infiammerà, ma va detto che la “qualità” può a pieno titolo
riguardare anche aspetti percettivi, in una sfera “allargata” del prodotto che
comprenda la tutela del territorio rurale, del lavoro e del patrimonio gastronomico in
senso lato. Inoltre, è sempre più evidente che sapere come e dove un animale da
reddito è stato allevato determina… differenti esperienze sensoriali nei consumatori.
L’anno scorso la Lituania era stata rifiutata nel suo tentativo di proporre una norma
simile, ma ora le cose sembrano sul punto di cambiare. Anche il Regno Unito, con gli
agricoltori della National Farmers Union, si sono uniti alla richiesta al governo
francese per avere l’obbligo di indicazione dell’origine. Un fronte che si allarga-
l'Italia già ben presente e che ha parimenti notificato uno schema simile.
La Grecia è l’ultimo stato in ordine a notificare alla Commissione europea una
8. norma sull’obbligo dell’origine per latte e latticini. Come per Italia e Francia,
l’obbligo riguarda la zona di mungitura, di trasformazione e confezionamento. La
misura greca sembra essere permanente, quindi non una prova temporanea. Sono
previste modalità semplificate di comunicazione dell’origine qualora tutti i passaggi
(produzione trasformazione e confezionamento) avvengano in un unico Paese: in tal
case, è sufficiente indicare “Origine: …” seguita dal nome dello Stato membro.
Tutte le proposte normative in ogni caso adottano il principio legale del “mutuo
riconoscimento”, ovvero, latte destinato ad altri mercati rispetto al mercato interno
in cui vale la regola.
Nel frattempo sta proseguendo la volontà di meglio comunicare l’origine in
etichetta anche tramite indicazione dello stabilimento produttivo: l’Italia, con la
legge di delegazione europea 2016, ha dato infatti mandato al Governo di fare una
proposta entro 12 mesi, al fine di prevedere espressamente tale possibilità, altrimenti
a rischio di abrogazione stante l’incertezza della normativa europea.
Tale norma, che andrà poi notificata alla Commissione europea, non prevede però
motivi critici di legittimità, e ad oggi costituisce una informazione volontaria che può
essere data in etichetta nel pieno rispetto delle altre informazioni obbligatorie da
rendersi.
Fonte: www.sicurezzaalimentare.it
Pomodoro e conserve, aggiornamento sulle definizioni.
Non sarà passato inosservato come, al Titolo IV Capo I, della legge 154 del 28 luglio
2016, vi è una parte non minore dedicata alle norme di commercializzazione (e
relativa denominazione di vendita) del pomodoro trasformato. Si chiarisce infatti
che sono:
<<conserve di pomodoro>>: prodotti ottenuti da pomodori interi o a pezzi, con e
senza buccia, sottoposti ad un adeguato trattamento di stabilizzazione e
confezionati in idonei contenitori, che, in funzione della presentazione, si distinguono
in:
-pomodori non pelati interi
-pomodori pelati interi (necessità di rapporto tra altezza e diametro maggiore
superiore a 1,5 con tolleranza del 10%)
- pomodori in pezzi: conserve di pomodoro ottenute con
pomodori sottoposti a triturazione o a taglio, con eventuale sgrondatura e parziale
aggiunta di succo. Il modo di presentazione è legato alle consuetudini commerciali
9. e la relativa denominazione di vendita deve fornire al consumatore una chiara
informazione sulla tipologia del prodotto, quali, fra le altre, polpa di pomodoro,
pomodori tagliati, cubetti di pomodoro, filetti di pomodoro, triturato di pomodoro;
Concentrato di pomodoro, in attesa
Alcune novità sono presenti nel concentrato di pomodoro: se è vero che la
categoria comprende i prodotti ottenuti dalla estrazione, raffinazione ed
eventuale concentrazione di succo di pomodoro suddivisi in base al residuo
secco, il legislatore chiarisce che “Le tipologie di prodotto concentrato saranno
stabilite dal decreto di cui all'articolo 25, comma 1”-ovvero entro 180, e fissando
requisiti minimi ed i criteri qualitativi, ma già si sa che è ammesso il successivo
passaggio da un residuo secco ad un altro mediante aggiunta di acqua o ulteriore
concentrazione.
Nel caso di raffinazioni che consentano il passaggio di bucce, di semi o di
entrambi sono utilizzate denominazioni specifiche per caratterizzarne la
presentazione o l'uso;
Passata di pomodoro, non cambia nulla
La “passata di pomodoro” rimane quel prodotto avente i requisiti stabiliti dal
decreto del Ministro delle attività produttive 23 settembre 2005, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 232 del 5 ottobre 2005; quindi caratterizzato da una lavorazione
a fresco entro le 24 ore, che di fatto consente solo al pomodoro italiano di essere
presente nella passata. Nella legge sono poi presenti anche altre categorie
merceologiche (pomodori disidratati, di cui pomodori in fiocchi o fiocchi di
pomodoro, polvere di pomodoro, pomodori semi-dry o semi-secchi).
Fonte: www.sicurezzaalimentare.it
10. e la relativa denominazione di vendita deve fornire al consumatore una chiara
informazione sulla tipologia del prodotto, quali, fra le altre, polpa di pomodoro,
pomodori tagliati, cubetti di pomodoro, filetti di pomodoro, triturato di pomodoro;
Concentrato di pomodoro, in attesa
Alcune novità sono presenti nel concentrato di pomodoro: se è vero che la
categoria comprende i prodotti ottenuti dalla estrazione, raffinazione ed
eventuale concentrazione di succo di pomodoro suddivisi in base al residuo
secco, il legislatore chiarisce che “Le tipologie di prodotto concentrato saranno
stabilite dal decreto di cui all'articolo 25, comma 1”-ovvero entro 180, e fissando
requisiti minimi ed i criteri qualitativi, ma già si sa che è ammesso il successivo
passaggio da un residuo secco ad un altro mediante aggiunta di acqua o ulteriore
concentrazione.
Nel caso di raffinazioni che consentano il passaggio di bucce, di semi o di
entrambi sono utilizzate denominazioni specifiche per caratterizzarne la
presentazione o l'uso;
Passata di pomodoro, non cambia nulla
La “passata di pomodoro” rimane quel prodotto avente i requisiti stabiliti dal
decreto del Ministro delle attività produttive 23 settembre 2005, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 232 del 5 ottobre 2005; quindi caratterizzato da una lavorazione
a fresco entro le 24 ore, che di fatto consente solo al pomodoro italiano di essere
presente nella passata. Nella legge sono poi presenti anche altre categorie
merceologiche (pomodori disidratati, di cui pomodori in fiocchi o fiocchi di
pomodoro, polvere di pomodoro, pomodori semi-dry o semi-secchi).
Fonte: www.sicurezzaalimentare.it