1. News 18/A/2016
Lunedì, 2 Maggio 2016
Tari ridotta per chi smaltisce in proprio.
Nel caso di smaltimento in proprio di rifiuti assimilati agli urbani da parte di attività
economiche è obbligatorio non far pagare il tributo? Il comma 649, secondo
periodo, dell’art. unico della legge 147 del 2013 prevede che: «Per i produttori di
rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune
disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo
proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di
aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati». Pertanto il
Comune nel proprio regolamento Tari deve prevedere obbligatoriamente una
riduzione della parte variabile della tariffa (i Comuni che nella determinazione della
tariffa non applicano il D.P.R. 158/99 dovranno comunque prevedere una riduzione
stimata analogamente in base al piano finanziario) determinata sulla base del
quantitativo di rifiuti che i produttori documentano di aver avviato al riciclo
direttamente o tramite soggetti autorizzati. La norma regolamentare dovrà pertanto
prevedere i termini per la presentazione della richiesta di riduzione, la
documentazione che dovrà essere presentata e le modalità di determinazione della
riduzione. Riguardo quest’ultimo punto una delle soluzioni possibili è quella di
calcolare la produttività teorica di rifiuti del soggetto utilizzando il parametro Kg/mq
previsto per la specifica categoria del soggetto previsto dal D.P.R. 158/99 e fare il
rapporto con il quantitativo avviato al riciclo. La riduzione della parte variabile della
tariffa sarà proporzionale.
Fonte: fondazioneifel.it
Rinnovabili non fotovoltaiche, dalla Commissione UE ok al Decreto Italiano sugli
incentivi.
Il testo è stato valutato «conforme alle norme europee sugli aiuti di Stato». Ma
arriverà praticamente già scaduto
2. La Commissione europea ha concluso l’iter di valutazione sul decreto sviluppato dal
ministero dello Sviluppo economico italiano per definire i “nuovi” incentivi alle fonti
rinnovabili non fotovoltaiche. La Commissione, si comunica in una nota ufficiale da
Bruxelles, ha concluso «che un regime italiano destinato a sostenere la produzione di
energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili è conforme alle norme Ue sugli
aiuti di Stato». In particolare Bruxelles ritiene che il decreto, che è stato valutato nel
quadro della disciplina in materia di aiuti di Stato per la protezione ambientale e
l’energia 2014-2020, «sosterrà l’Italia nel conseguire gli obiettivi dell’Ue in materia di
energie rinnovabili, contribuendo ad aumentare la capacità di generazione da fonti
rinnovabili di circa 1300 megawatt (MW)».
La Commissione non fornisce molti dettagli su come è articolato il decreto: si
sofferma soltanto a dettagliare che Il tipo di sostegno che i progetti sulle energie
rinnovabili possono ricevere nell’ambito del regime dipende dalla loro dimensione: «i
grandi progetti con più di 5 MW di potenza installata parteciperanno a gare
d’appalto specifiche per ciascuna tecnologia; i progetti di media entità con
potenza installata tra 0,5 MW e 5 MW saranno inseriti in un elenco specifico per ogni
tecnologia e saranno sostenuti in base a priorità stabilite secondo determinati criteri;
i progetti di dimensioni inferiori a 0,5 MW avranno accesso diretto agli aiuti su
richiesta. Solo gli impianti di piccole dimensioni possono beneficiare di tariffe di
riacquisto, mentre gli impianti di maggiori dimensioni riceveranno un sostegno sotto
forma di un premio, vale a dire una maggiorazione sul prezzo di mercato, che
espone tali fonti di energia rinnovabili ai segnali del mercato. Il regime sosterrà
inoltre il rinnovo dei generatori esistenti di qualsiasi dimensione, ad esempio per
aumentare la loro efficienza o prolungare la loro durata di vita operativa».
Si attendono dunque ulteriori dettagli – e un testo finalmente definito – da parte del
ministero dello Sviluppo economico italiano, il cui dicastero è ancora oggi retto ad
interim dal premier Matteo Renzi dopo le dimissioni di Federica Guidi a causa dei
recenti scandali petroliferi nel territorio della Basilicata. Quel che è certo riguarda i
trascorsi del decreto, tutt’altro che incoraggianti: nelle ultime versioni del testo
disponibili, come abbiamo documentato sulle nostre pagine, non mancano
paradossali incentivi alla termovalorizzazione dei rifiuti (a fronte, ricordiamo, di zero
incentivi al riciclo dei materiali). Senza dimenticare i ciclopici ritardi che si sono
accumulati nella redazione e sviluppo del decreto: atteso da ormai 16 mesi – con
conseguente blocco degli investimenti nel settore, crollati di 30 volte dal 2011 al
2015 –, il regime d’incentivazione «sarà in vigore fino alla fine del 2016». Contando
che dopo il via libera da parte della Commissione europea il testo dovrà essere
definitivamente approvato dalle istituzioni nazionali (con il dicastero dello Sviluppo
3. economico al momento privo di un ministro dedicato), il decreto sarà destinato ad
essere già vecchio non appena reso operativo.
Fonte: greenreport.it
Ets, la Corte Europea boccia le quote a titolo gratuito stabilite dalla Commissione.
Wwf: «Il sistema di scambio emissioni deve essere riformato per far pagare – e non
ricompensare – chi inquina»
Il quantitativo massimo annuo di quote gratuite di emissioni di gas a effetto serra
stabilito dalla Commissione per il periodo dal 2013 al 2020 non è valido, perché la
Commissione nel calcolarlo ha tenuto conto delle emissioni di alcuni impianti che
non potevano essere incluse. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia europea che, con
sentenza di ieri, ha concesso alla Commissione dieci mesi per stabilire un nuovo
quantitativo, fermo restando che le precedenti assegnazioni di quote non possono
essere rimesse in discussione.
La vicenda ha inizio con la proposta di ricorsi in Italia, nei Paesi Bassi e in Austria da
parte di alcune imprese contro le autorità nazionali competenti ad assegnare le
quote. La imprese hanno contestato la validità delle decisioni nazionali di
assegnazione per il periodo dal 2013 al 2020 e, indirettamente, il quantitativo
massimo annuo di quote (nonché il fattore di correzione) determinato dalla
Commissione in due decisioni nel 2011 e nel 2013. La prima dichiarata valida dalla
Corte e l’altra no.
Con la decisione del 2011 viene escluso che, ai fini della determinazione del
quantitativo massimo annuo di quote, siano prese in considerazione le emissioni
degli impianti di produzione di elettricità. Mentre con la decisione del 2013 – ossia
quella che ha stabilisce il fattore di correzione – viene esteso l’ambito di
applicazione della direttiva a decorrere dal 1° gennaio 2013. In particolare vengono
incluse le emissioni derivanti dalla produzione di alluminio e da determinati settori
dell’industria chimica.
Il sistema di scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità
(Ets) è stato istituito dalla direttiva del 2003. Ai sensi della direttiva, gli Stati membri
possono assegnare alle imprese che rilasciano gas a effetto serra diritti di emissione
cioè delle quote. Una parte delle quote disponibili è assegnata a titolo gratuito.
L’economia generale della direttiva è basata su una rigorosa contabilità delle quote
di emissione dei gas a effetto serra attribuite, detenute, trasferite e cancellate.
Quindi, quando il quantitativo di quote gratuite assegnate a titolo provvisorio dagli
Stati membri è superiore al quantitativo massimo di quote gratuite determinato dalla
4. Commissione, è applicato un fattore di correzione transettoriale uniforme (fattore di
correzione) per livellare tali valori e ridurre le quote assegnate provvisoriamente.
Comunque, secondo il tenore letterale della direttiva del 2003 e nonostante
l’esistenza di differenze tra le varie versioni linguistiche – che hanno pregiudicato
l’uniformità di interpretazione e di attuazione della direttiva stessa da parte dei vari
Stati membri – la Commissione, al momento del calcolo del quantitativo massimo
annuo di quote, è tenuta a fare riferimento solo alle emissioni degli impianti inclusi
nel sistema comunitario a partire dal 2013, e non all’insieme delle emissioni incluse a
partire da tale data. Invece la Commissione ha tenuto conto dei dati di alcuni Stati
membri che, contrariamente ad altri, le hanno comunicato le emissioni prodotte da
nuove attività svolte in impianti già sottoposti al sistema di scambio di quote prima
del 2013.
Secondo la Corte la Commissione avrebbe dovuto verificare che gli Stati membri le
trasmettessero i dati rilevanti. Nei limiti in cui tali dati non le avessero consentito di
determinare il quantitativo massimo annuo di quote e, di conseguenza, il fattore di
correzione, essa avrebbe almeno dovuto chiedere agli Stati membri di effettuare le
necessarie correzioni. Dunque ha dichiarato la decisone del 2013 della Commissione
invalida. E ha stabilito un tempo entro il quale l’importo massimo di quote di
emissioni dovrà essere ricalcolato dalla Commissione Europea.
Agli occhi Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed energia del Wwf Italia la
sentenza della Corte conferma che «il sistema di scambio delle emissioni dell’Ue
deve essere riformato in modo da far pagare – e non ricompensare – chi inquina. I
decisori politici devono garantire che il mercato europeo del carbonio produca un
vero abbattimento delle emissioni e impegnarsi a eliminare i permessi di
inquinamento».
Il Wwf, infatti, chiede da tempo ai leader europei di riformare il sistema delle quote
di emissioni per il periodo post 2020. Chiede l’aumento della quantità di quote di
emissione messe all’asta e il reinvestimento dei ricavi nel risparmio energetico e nelle
tecnologie per l’energia rinnovabile, sia all’interno dell’Ue che sul piano
internazionale. Chiede “una concessione più oculata, ossia mirata a chi ne ha
realmente necessità, delle quote di emissione gratuite”. Un obiettivo che può essere
raggiunto attraverso «un approccio graduale basato su una valutazione realistica e
trasparente dei rischi di delocalizzazione dei vari settori industriali». (Articolo di
Eleonora Santucci)
Fonte: greenreport.it
5. Competenza del Sindaco e non del dirigente ad adottare l’ordinanza di rimozione
dei rifiuti.
Consiglio di Stato Sez. V n. 58 del 11 gennaio 2016,Rifiuti. Competenza del sindaco e
non del dirigente ad adottare l'ordinanza di rimozione dei rifiuti.L’art. 192, comma 3,
del D.lgs. n. 152/2006, che è norma speciale sopravvenuta rispetto all'art. 107,
comma 5, del D.lgs. n. 267/2000, attribuisce espressamente al Sindaco la
competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed
allo smaltimento dei rifiuti previste dal comma 2. La disposizione sopravvenuta
prevale sul disposto dell’art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000. (Segnalazione e
massima a cura dell'Avv. M. Balletta).
Fonte: lexambiente.it
6. Competenza del Sindaco e non del dirigente ad adottare l’ordinanza di rimozione
dei rifiuti.
Consiglio di Stato Sez. V n. 58 del 11 gennaio 2016,Rifiuti. Competenza del sindaco e
non del dirigente ad adottare l'ordinanza di rimozione dei rifiuti.L’art. 192, comma 3,
del D.lgs. n. 152/2006, che è norma speciale sopravvenuta rispetto all'art. 107,
comma 5, del D.lgs. n. 267/2000, attribuisce espressamente al Sindaco la
competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed
allo smaltimento dei rifiuti previste dal comma 2. La disposizione sopravvenuta
prevale sul disposto dell’art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000. (Segnalazione e
massima a cura dell'Avv. M. Balletta).
Fonte: lexambiente.it