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Corso di Laurea triennale in Sociologia
Talcott Parsons e il Funzionalismo Tecnico nella Sociologia dell’Educazione
Relatore:
Prof.ssa Francesca Sartori
Laureando:
Pier Paolo Topran d’Agata
Anno Accademico 2015/2016
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Sommario
Introduzione............................................................................................................. 4
CAPITOLO 1: DEFINIZIONE E TEMI DI PERTINENZA DELLA SOCIOLOGIA
DELL'EDUCAZIONE ............................................................................................... 5
1.1 Cos’è la sociologia dell’educazione ........................................................................... 5
1.2 I temi e le problematiche della sociologia dell’educazione ........................................ 6
CAPITOLO 2: BREVE PANORAMICA SUI PRINCIPALI AUTORI E SCUOLE DI
PENSIERO DELLA SOCIOLOGIA DELL'EDUCAZIONE........................................ 8
2.1 Emile Durkheim ......................................................................................................... 8
2.2 Le principali scuole di pensiero................................................................................ 12
2.2.1 Althusser: la teoria degli apparati ideologici di Stato......................................... 19
CAPITOLO 3: TALCOTT PARSONS .................................................................... 20
3.1 Il concetto di socializzazione nella sociologia dell'educazione ................................ 20
3.2 La sociologia dell'educazione in Talcott Parsons .................................................... 22
CAPITOLO 4: IL FUNZIONALISMO TECNICO E LA TEORIA DEL CAPITALE
UMANO ................................................................................................................. 29
4.1 Il funzionalismo tecnico............................................................................................ 29
4.2 La teoria del capitale umano.................................................................................... 34
4.2.2 Le critiche alla teoria del capitale umano .......................................................... 38
Conclusioni............................................................................................................ 40
BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................... 41
4	
Introduzione
Ho sempre ritenuto particolarmente interessanti i temi inerenti l'educazione e la
formazione dei più giovani, in quanto sono convinto che, questa è la fase cruciale
della costruzione di una determinata società. È grazie all'educazione che si possono
realizzare processi di unificazione a livello di popolazione, e che si possono
inizializzare processi di mobilità sociale. Per questo motivo ho deciso di incentrare
il mio lavoro di tesi su argomenti inerenti la sociologia dell'educazione e, in
particolare, su quello che ritengo uno dei sociologi più completi e importanti, Talcott
Parsons, e sul funzionalismo tecnico. Per quanto riguarda quest'ultimo, in
particolare, mi sono focalizzato sulla teoria del capitale umano, che ho sempre
ritenuto particolarmente interessante ed attuale, nonostante i punti critici che sono
stati poi individuati. Per poter parlare con un minimo di cognizione di causa di questi
argomenti, ho ritenuto indispensabile inserire una breve introduzione teorica,
composta da un’introduzione al lavoro di Durkheim, considerato il fondatore della
sociologia dell'educazione, e da una panoramica dei diversi approcci alla teoria
della sociologia dell'educazione, con focus sul funzionalismo e sul conflittualismo.
Per quanto riguarda quest’ultimo, ho trovato utile inserire una breve parentesi
inerente il lavoro di Althusser, in quanto egli è considerato uno degli esponenti più
significativi di tale filone. Infine inizia l'approfondimento specifico di questo lavoro di
tesi.
5	
CAPITOLO 1: DEFINIZIONE E TEMI DI PERTINENZA DELLA SOCIOLOGIA
DELL'EDUCAZIONE
1.1 Cos’è la sociologia dell’educazione
	
Prima di poter entrare nello specifico di qualsiasi forma di analisi di fenomeni inerenti
alla sociologia dell’istruzione, è importante fornire una definizione precisa della
materia stessa. Storicamente, si fa risalire la nascita della sociologia
dell’educazione al sociologo francese Emile Durkheim, sul cui lavoro verranno
fornite, più avanti, le principali informazioni. A caratterizzare, però, per la prima
volta, in modo esplicito, completo e sistematico la sociologia dell’educazione fu
Wilbur Brookover (1955), il quale definì la sociologia dell’educazione un’analisi
scientifica dei processi e dei modelli sociali coinvolti nel sistema educativo. Questa
definizione è basata sul presupposto che l’educazione sia un insieme di atti sociali,
e che la sociologia sia un’analisi delle interazioni umane. Nella sociologia
dell’educazione, in particolare, l’analisi include sia l’educazione formale (la scuola)
sia la moltitudine di processi educativi e formativi informali. Analizzando, quindi, il
concetto di sociologia dell’educazione, si può concludere che, da un lato, essendo
una sociologia, si serve dei metodi di ricerca propri della sociologia (qualitativi e
quantitativi) utilizzando le categorie interpretative tipiche delle varie scuole di
pensiero sociologiche, ma, d’altro canto, essendo una sociologia applicata, si
dedica più all’analisi del proprio oggetto di studio mediante l’uso di teorie esistenti,
che alla formulazione di nuove teorie generali. Si può quindi dire che:
"La sociologia dell’educazione è […] quella branca della sociologia generale che ha
per scopo specifico l’approfondimento, in chiave sociologica, con i metodi e le
categorie interpretative proprie della sociologia, dell’inserimento nel contesto
6	
sociale di ogni individuo, sia nella fase iniziale che nel corso della vita. In questo
processo, è possibile porre l’attenzione sulle strutture e le istituzioni, così come
sull’insieme dei significati e delle relazioni" (Formare gli insegnanti, Luisa Ribolzi,
2002).
1.2 I temi e le problematiche della sociologia dell’educazione
Le tematiche trattate dalla sociologia dell’educazione sono molteplici e si estendono
in vari ambiti, che qui di seguito verranno brevemente elencati. Un primo campo di
interesse sono le origini e le trasformazioni dei sistemi scolastici, come si sono
formati i vari sistemi scolastici (e le varie teorie inerenti), come si sono formati i
sistemi scolastici a scolarità di massa e quali sono le cause di questi. Si analizzano
inoltre i ruoli della scuola (socializzazione, educazione, formazione ed istruzione),
la storia dei sistemi scolastici, con il susseguirsi delle varie riforme, l’analisi e la
categorizzazione delle caratteristiche dei sistemi scolastici (alta o bassa
stratificazione, livello di standardizzazione, decentramento o centralizzazione)
(Schizzerotto e Barone, 2006). La sociologia dell’educazione studia, poi, i curricula
scolastici, le trasformazioni di questi e gli apprendimenti (analisi dei test OCSE Pisa,
con l’analisi dei differenti risultati in base all’area geografica, in Italia e in Europa,
analisi di fenomeni quali l’analfabetismo di ritorno). Inoltre, questa materia prende
in esame le disuguaglianze di opportunità (di classe, di etnia, di genere e di contesto
socio-territoriale), il condizionamento che il titolo di studio ha in molteplici ambiti
della vita (destini occupazionali, mobilità sociale, rapporti sociali, etc.) e il rapporto
tra immigrazione ed istituzione scolastica (problemi di integrazione, possibile ruolo
della scuola come agente socializzante). Un’ulteriore area di ricerca della sociologia
7	
sono le micro-dinamiche di interazione, a livello di gruppo classe, delle interazioni
tra alunni e docenti, il comportamento di insegnanti e docenti, la percezione che gli
alunni hanno della scuola (temi trattati principalmente, come detto in precedenza,
dalla New Sociology of Education). Infine, tale materia approfondisce gli attori e le
pratiche della scuola: i giovani (bullismo, soddisfatti e non, emarginati), le dinamiche
organizzative presenti all’interno della scuola e gli insegnanti. Di questi ultimi, in
particolare, si indaga la natura multiforme dell’insegnamento, che mostra una
dimensione cognitiva (il contenuto dell’insegnamento), una dimensione affettiva
(capacità di appassionare lo studente alla materia) e una dimensione morale.
Vengono poi analizzati il genere e origini sociali (negli ultimi cinquanta anni si è
assistito ad un processo di femminilizzazione e di proletarizzazione
dell’insegnamento) e viene effettuata, tra i vari Stati, una comparazione riguardante
il trattamento economico e il carico di lavoro. La ricerca si focalizza anche sul modo
in cui gli insegnanti definiscono il proprio ruolo professionale, l’attivismo sindacale
di questa categoria, l’effetto della posizione sociale dell’insegnante
sull’apprendimento (connessa alla proletarizzazione dell’insegnamento e alla
perdita di autorevolezza del ruolo di Maestro). Inoltre, si effettuano analisi sulla
selezione e la valutazione degli insegnanti, gli eventuali criteri di valutazione
meritocratica per la premialità o, invece, un sistema egualitaristico. Vengono
vagliate anche le metodologie didattiche, il lavoro extra-scolastico dei docenti, le
problematiche del rapporto tra docente e famiglie degli allievi, le problematiche
dell’aggiornamento tecnologico dei docenti, la gestione di relazione tra bambini e
adolescenti (bullismo, inserimento di immigrati) (Cavalli e Argentin, 2010). Infine,
viene analizzata anche la formazione, iniziale e in servizio.
8	
CAPITOLO 2: BREVE PANORAMICA SUI PRINCIPALI AUTORI E SCUOLE DI
PENSIERO DELLA SOCIOLOGIA DELL'EDUCAZIONE
Prima di entrare nello specifico della teoria parsonsiana e di quella tecno-
funzionalista, ho ritenuto utile fare un breve riepilogo delle principali scuole di
pensiero (con particolare attenzione alla teoria degli apparati ideologici di stato per
la corrente conflittualita), così come del pensiero di colui che è riconosciuto come il
fondatore della sociologia dell'educazione, Emile Durkheim.
2.1 Emile Durkheim
	
Emile Durkheim può essere definito, a buona ragione, il padre fondatore della
sociologia dell'educazione, avendo per primo individuato, in questa, una chiave
fondamentale per la costituzione di norme e valori condivisi, capaci di ristabilire
l'ordine sociale. L'approfondimento del rapporto tra valori condivisi ed ordine sociale
viene ripreso dai lavori di Comte, anche se Durkheim, a contrario di quest'ultimo,
affronta lo studio di tale tematica con maggiore sistematicità. L'ordine sociale può
essere variamente inteso (P.S. Cohen, 1971), ma Durkheim adotta una visione di
ordine sociale come risultato di un'identificazione attorno a valori comuni, specie di
natura morale, che consente un determinato livello di stabilità sociale (E. Besozzi,
1993). Le esigenze di stabilità sociale sono, secondo il sociologo, il vero elemento
fondamentale nell'analisi della solidarietà sociale, e non le esigenze individuali. In
particolare, si possono distinguere due tipi di solidarietà, propri di due società
differenti e con esigenze educative diverse:
9	
1. Solidarietà meccanica: è il tipo di solidarietà presente tra le società pre-
moderne (definite dall'autore segmentarie), caratterizzate da forte
somiglianza e uniformità tra gli individui. Questa uniformità porta ad una
totale identificazione con i valori e le credenze definite dalla coscienza
comune, lasciando poco spazio alla variabilità individuale;
2. Solidarietà organica: è il tipo di solidarietà presente nella società
industriale, caratterizzata da specializzazione e divisione del lavoro (cioè da
una maggiore stratificazione sociale). In questa forma sociale c'è un alto
livello di interdipendenza: come in un organismo biologico, ogni parte svolge
il suo compito specifico, ma resta indispensabile all'intero organismo, e tutte
le parti sono interdipendenti tra loro. In quest'ottica, la devianza viene
identificata con la patologia.
Durkheim individua, quindi, nella solidarietà il metodo per risolvere il conflitto
attribuendo all'educazione il ruolo fondamentale di "creatore di una coscienza
collettiva": in tale teoria, quindi, l'educazione è un fattore di ultrasocializzazione.
Per questo motivo, Durkheim viene definito teorico della stabilità (L. Ribolzi, 2012).
Durkheim considera quindi l’educazione un fattore che, da un lato, si definisce in
funzione della società di riferimento e, dall’altro, si qualifica come imprescindibile
per costruire l’essere sociale, integrare ed effettuare un controllo sociale.
L’educazione è, quindi, un processo adattivo alla società che, costituendo una
forma di autorità morale, richiede conformità alle sue regole e ai suoi principi.
Durkheim più volte, nei suoi lavori, sottolinea il fatto che il compito dell’educazione
sia quello di generare l’uomo che la società pretende (E. Durkheim, 1962). Il
sociologo francese definisce l’educazione come
10	
“quell’azione esercitata dalle generazioni adulte su quelle che non sono ancora
mature per la vita sociale. Essa ha per fine di suscitare e sviluppare nel bambino
un certo numero di stati fisici, intellettuali e morali, che reclamano da lui sia la
società politica nel suo insieme, sia l’ambiente particolare al quale è destinato” (E.
Durkheim, 1971).
Alla base di questa concezione “integrazionista e normativa” (E. Besozzi, 1993) si
pongono la visione dell’uomo come un essere asociale (se lasciato al suo stato
naturale), il primariato storico, logico e morale della società e un’idea armonica
della società, in cui ognuno occupa il posto “per il quale è destinato”. Per questo
ultimo punto la scuola ha un ruolo fondamentale, in quanto capace di offrire
un’educazione specialistica e differenziata che rimane, tuttavia, un’educazione
comune, capace di riportare la variabilità e unicità personale a quei valori che sono
la base della solidarietà sociale. La scuola, e, in particolare, la scuola di Stato,
rivestono, quindi, il ruolo di educatore delle nuove generazioni, assicurando
un’adeguata comunità di idee tra i cittadini, indispensabile alla società (E.
Durkheim, 1971). Partendo da tale discorso, si capisce quanto possa risultare
problematico il ruolo affidato all’educazione da parte del sociologo per quanto
riguarda la promozione del mutamento, dato che, come affermato dai suoi critici,
egli vede nella scuola, come è stato precedentemente spiegato, una sorta di
cinghia di trasmissione della società (L. Ribolzi, 2012). La scuola, tuttavia, è
capace di provocare cambiamento quando dotata di consapevolezza sociologica,
poiché deve rispondere a quesiti sociali mutevoli nel tempo e nello spazio,
conoscibili tramite indagini sociologiche. La scuola può quindi essere capace, se
opera un’attenta lettura dei bisogni sociali, di riformarsi, e il riformarsi consiste
nell’unica forma di mutamento prevista da Durkheim. In periodi di rapidi
cambiamenti, il mutamento che avviene grazie all’educazione può “entrare in
11	
conflitto” con la stessa istituzione scolastica (ibidem). Da ciò, si intuisce facilmente
come la sociologia dell’educazione acquisti, nell’ottica Durkheimiana, un ruolo
privilegiato, in quanto strumento globale di conoscenza, oltrepassando di gran
lunga il ruolo d strumento per le politiche educative. Proprio da tale fondamentale
ruolo affidato alla sociologia dell’educazione da parte di Durkheim si può capire
perché egli sia stato definito il padre di questa materia.
12	
2.2 Le principali scuole di pensiero
Come in tutti gli ambiti della sociologia, anche nella sociologia dell’educazione si
possono individuare una pluralità di approcci teorici differenti, la cui conoscenza è
necessaria per poter intraprendere un’analisi critica della disciplina. Storicamente,
si sono distinti e succeduti due principali approcci: la teoria funzionalista, che è stata
per anni quella predominante, sostenendo la possibilità di spiegare un’istituzione
sociale a partire dalle sue funzioni (o finalità), e la teoria conflittualista, che,
coprendo sia impostazioni neo-marxiste che neo-weberiane, considera il conflitto
tra le classi sociali la caratteristica basilare della società. Va tuttavia notato che
entrambi questi approcci teorici, nonostante le differenze, rappresentano una
visione statica della società. L’approccio funzionalista, infatti, individua nella scuola
un metodo per mantenere l’ordine e l’equilibrio sociale, mentre quello conflittualista
vede nella scuola e nell’educazione un metodo per perpetuare le differenze sociali
trasmettendo i valori della classe dominante alle nuove generazioni.
Impostazioni teoriche con immagini tanto statiche della scuola e dell’educazione
sono, perlomeno, limitate, in quanto non riconoscono la forte partecipazione delle
istituzioni scolastiche ai profondi mutamenti sociali, come si può notare anche dai
cambiamenti strutturali che si sono verificati nella stessa (L. Fischer, 2003). Inoltre,
queste teorie si concentrano sugli aspetti macro-sociologici, trascurando le
interazioni umane quotidiane. Per rispondere al limite di queste teorie, si è
sviluppata, dagli anni ‘70 del secolo scorso, la “New Sociology of Education”, che si
focalizza sull’analisi micro-sociologica, concentrata sullo studio delle interazioni tra
individui, soprattutto nel contesto-classe. Tale approccio empirico si ispira all’etno-
13	
metodologia, all’interazionismo simbolico e alla sociologia fenomenologica, tramite
metodi di indagine principalmente qualitativi. I sociologi appartenenti a tale scuola
muovono una forte critica nei confronti del tradizionale approccio sociologico alla
scuola, che viene concepita come una “scatola nera”, di cui si analizzano soltanto
gli elementi in entrata e in uscita, ma non il contenuto né le dinamiche presenti al
suo interno (Fele e Paoletti, 2003). Inoltre, questo approccio empirico si sforza di
adottare il punto di vista di bambini e ragazzi nell’analisi del percorso scolastico,
andando anche ad osservare il curriculum nascosto, che consiste nelle capacità e
le conoscenze acquisite dagli studenti riguardanti la gestione delle norme e dei ruoli
sociali. Infine, è stata effettuata, riprendendo anche i lavori di Rosenthal e Jacobson,
una categorizzazione delle tipologie di insegnanti in base allo stile di insegnamento
(democratico, permissivo, autoritario).
A partire dagli anni ’90, si è delineata anche la teoria della scelta (o azione)
razionale, la quale ha tentato di spiegare i dati raccolti apparentemente contrastanti
tra loro con un unico modello teorico, basato sulla razionalità, principalmente
economica, della scelta (Schizzerotto e Barone, 2006). Questa teoria si propone di
analizzare la crescita nel tempo dei tassi di partecipazione scolastica dei figli delle
classi inferiori, nonostante ciò la stabilità nel tempo delle disuguaglianze relative di
istruzione e i differenziali di investimento in istruzione a parità di investimento
scolastico, andando a spiegare questi diversi aspetti in un’unica teoria (Breen e
Goldthorpe, 1997). Tale approccio sostiene che le differenze derivate
dall’appartenenza a varie classi sociali abbiano inizio nel momento in cui l’istruzione
non è più obbligatoria, quando si deve scegliere se fare un investimento economico
per fare proseguire negli studi il ragazzo oppure no. Chi proviene da una famiglia
14	
appartenente alla classe operaia, infatti, opterà per un istituto tecnico o
professionale, in modo da non avere ulteriori spese economiche per la formazione
universitaria, ma, anzi, poter ottenere un posto di lavoro e un reddito subito dopo il
diploma. Al contrario, chi proviene da una famiglia appartenente ai ceti superiori,
potrà permettersi di proseguire con gli studi universitari, nonostante le capacità non
eccellenti del ragazzo, anche per mantenere lo status sociale (a conferma della
teoria neo-weberiana). Questo spiega perché, nonostante i maggiori tassi di
partecipazione scolastica degli individui delle classi inferiori e le buone performance
effettuate da queste a livello delle scuole primarie, permangono differenze per
quanto riguarda i livelli di istruzione raggiunti (Schizzerotto e Barone, 2006). Il
presupposto teorico di questo approccio è la concezione di uomo come attore
sempre e comunque razionale, fatto smentito più volte su più fronti, dato che non
capace di rendere conto dell’importante ruolo dell’emotività nel processo
decisionale umano.
Queste principali teorie sulla sociologia dell’educazione possono essere suddivise
e raggruppato sia in teorie aventi immagine positive o negative della scuola, sia in
teorie sociologiche del sistema o dell’azione.
Il funzionalismo e le scuole neo-marxiste sono fondamentalmente deterministiche
ed analizzano la struttura (sono, quindi, sociologie del sistema), vedendo l’azione
come un epifenomeno delle strutture sociali. Il neo-weberismo e la new sociology
of education, al contrario, sostengono che siano le azioni e le negoziazioni dei
singoli a definire le strutture, definendosi, quindi, come una sociologia dell’azione.
In altre parole, le teorie del sistema sociale dichiarano la determinazione totale dei
15	
singoli, mentre le teorie dell’azione ne postulano il totale libero arbitrio (L. Fischer,
2003).
Si opera una distinzione, però, come accennato sopra, anche tra teorie sociologiche
positive e negative. Le teorie sociologiche con immagine positiva, dominanti negli
anni ’50-‘60, sono nate tutte in un contesto di boom delle nascite ed economico che,
da un lato, dava la possibilità agli individui di investire in istruzione e, dall’altro,
richiedeva più alti tassi di persone istruite, capaci di rispondere alle esigenze di
competenze e conoscenze crescenti da parte delle industrie e dagli apparati
amministrativi (sviluppatisi nell’ottica Keynesiana dominante) (L. Benadusi, 1984).
Questi approcci teorici si caratterizzano quindi per l’elevato grado di ottimismo, per
la convinzione che l’aumento dell’istruzione renda gli individui più produttivi (da cui
deriva l’utilità economica dell’istruzione), per la convinzione che la scuola sia un
mezzo indispensabile per la conquista delle pari opportunità e per la certezza che
un’educazione ben strutturata produca coesione dei cittadini attorno a valori comuni
(L. Fischer, 2003). Tra le immagini positive si possono, poi, distinguere due visioni
distinte: una conservatrice ed una più progressista su piano culturale e sociale. La
prima pone l’accento sulla socializzazione ai valori comuni, tentando di prevenire
devianze e anomia Durkheimianamente intesa. La seconda, invece, si applica non
tanto alla scuola esistente, quanto, piuttosto, ad una possibile scuola riformata,
guardando all’istituzione scolastica come al luogo per appianare le disuguaglianze
di opportunità; in quest’ottica, inoltre, la scuola diventa il nucleo fondante di una
nuova società progressista, libera da metodi autoritari e contenuti non più attuali,
sostituendoli con una pedagogia liberal-progressista (volte al libero sviluppo della
natura individuale). Le teorie con immagine positiva dell’istituzione scolastica si
16	
identificano principalmente con le teorie funzionaliste, sebbene l’approccio
progressista si avvicini di più ad alcuni principi elaborati dalla new sociology of
education (L. Benadusi, 1984).
A tali teorie si contrappongo quelle con immagine negativa, secondo le quali la
scuola non è capace di accrescere il capitale umano e, quindi, la produttività
individuale, ma insegni, piuttosto, ad allievi e studenti, ad accettare ed interiorizzare
le norme comportamentali più vantaggiose per le imprese. Inoltre, esattamente
all’opposto delle teorie con immagine positive, non vede nella scuola il luogo nel
quale si possono annullare le disuguaglianze di opportunità, quanto il luogo in cui le
disuguaglianze vengono perpetuate e legittimate. Infine, la scuola non integra tanto
gli individui nei valori comuni (smentendo così la teoria di Parsons), quanto,
piuttosto, nei valori della classe dominante, diventando strumento di manipolazione
e conformismo anziché di sviluppo individuale libero. Le teorie con immagini
negative possono essere considerate anche come radical-funzionaliste1
, che si
oppongono al funzionalismo liberale2
. Tale definizione si deve al fatto che (in
particolare) i teorici neo-marxisti della riproduzione attingono notevolmente dai
concetti elaborati da Durkheim e Parsons, sviluppando un’analisi di stampo
struttural-funzionalista ma seguendo principi di radici marxista. Per quanto riguarda
la scuola, questo viene chiaramente dimostrato dal fatto che nelle teorie neo-
marxiste, con immagini negative, la struttura scolastica viene percepita sì come
mezzo per trasmettere e uniformare ad un pensiero (come nelle teorie funzionaliste
tradizionali), ma il pensiero che viene trasmesso è quello capitalista della classe
																																																													
1
	L’espressione	è	presa	in	prestito	dall’auto-critica	di	Bowles	e	Gintis	(S.	Bowles,	H.	Gintis,	1982).	
2
	Espressione	ripresa	da	Galtung	(J.	Galtung,	1977).
17	
dominante. Queste teorie si sono sviluppate in concomitanza alle proteste
studentesche degli anni ’60 e ’70, criticando e vedendo negativamente inizialmente
la scuola tradizionale, ma giungendo a negare, in un’iperbole iper-politicistica, il
valore di qualsiasi istituzione scolastica appartenente ad un sistema capitalistico. Di
questa visione si è poi appropriata la sinistra, inizialmente quella più radicale, in
seguito anche quella più moderata, trasformando la precedente immagine positiva
della scuola (trasmessa culturalmente dalle teorie con visioni positive) in
un’immagine completamente negativa. Si può classificare come facente parte di tali
teorie sia il conflittualismo, sia anche la new sociology of education, a causa delle
critiche mosse nei confronti di un sistema scolastico obsoleto e pedagogicamente
inadatto. Esiste, infine, un’ulteriore teoria con immagine negativa, né neo-
marxista/conflittualista né funzionalista, la cosiddetta “teoria dello spreco”. Questa
descrive l’attuale visione ambigua riguardante l’istituzione scolastica, sostenendo la
presenza di un’overeducation, cioè un’inflazione del titolo di studio che non porta ad
altro se non ad un enorme dispendio economico, senza aver alcun tipo di effetto
positivo sulla produttività, ponendo dubbi “sull’educabilità indifferenziata e
generalizzata della specie umana” (L.Benadusi, 1984). Questa scuola è di matrice
neo-liberista, conservatrice, anti-keynesiana ed anti-welfarista.
Dato questo quadro, risulta evidente l’incompatibilità delle diverse prospettive e
l’impossibilità di trovare un’unica soluzione. Per risolvere questo problema, sorse, a
metà degli anni ’90, la teoria emergentista, in base alla quale:
"La struttura e l’agire vengono entrambi considerati strati emergenti della realtà
sociale, e il legame consiste nell’esame della loro interazione" (Archer, 1995).
18	
Questa teoria riesce ad includere due diverse dimensioni, struttura e agente, non
riducibili una all’altra, perché ognuna è provvista di proprietà emergenti autonome.
In particolare, le strutture precedono le azioni (condizionandole pur senza
determinarle), e queste ultime vanno a modificare la struttura; per analizzare questo
circolo è importante dar luogo ad un’analisi completa, comprendente le due
dimensioni.
Allo scopo di chiarificare meglio la teoria marxista riguardante la sociologia
dell'educazione, verrà in seguito descritto brevemente il lavoro di Louis Altthusser,
uno tra i più importanti sociologi neo-marxisti che si è occupato di tale tema.
19	
2.2.1 Althusser: la teoria degli apparati ideologici di Stato
Secondo la teoria sopra illustrata, proposta principalmente da Louis Althusser, lo
Stato, per poter riprodurre i rapporti di potere e di produzione, si può servire e si
serve di due apparati: l’apparato repressivo, che si basa fondamentalmente sul
monopolio dell’uso legittimo della forza, e l’apparato ideologico, che assorbe tutti gli
aspetti del sociale ma che si concretizza, primariamente, nella scuola (L. Benadusi,
1984). Secondo tale teoria la scuola, educando tutti i giorni i bambini per anni
"Fin dalla scuola materna, con metodi nuovi e vecchi, inculca loro per anni – gli anni
in cui il bambino è più vulnerabile […] – dei savoir faire rivestiti dell’ideologia
dominante (la lingua, il far di conto, la storia naturale, le scienze, la letteratura) o
semplicemente dell’ideologia dominante allo stato puro (morale, educazione civica,
filosofia)". (L. Althusser, 1970)
Althusser sottolinea poi, riprendendo Lenin, l’importanza della conquista degli
apparati di Stato per mantenere l’egemonia di classe. Gli apparati ideologici di Stato
si presentano quindi sia come l’ambito sia come l’obiettivo della lotta di classe.
Inoltre, secondo Althusser l’acquisizione è preliminare alla formazione del
consenso, che si realizza tramite gli apparati stessi; al contrario di Althusser,
Gramsci ritiene, invece, che la scuola sia un mezzo utilizzabile dalle classi operaie
per raggiungere il potere. A suo parere, infatti, una nuova egemonia, anche
culturale, non può essere conquistata senza “un’elevazione culturale delle classi
popolari” (Gramsci), anche tramite l’assimilazione critica delle conoscenze e dei
progressi acquisiti proposti dalla scuola.
20	
CAPITOLO 3: TALCOTT PARSONS
3.1 Il concetto di socializzazione nella sociologia dell'educazione
Allo scopo di poter poi usare chiaramente il concetto di socializzazione in questo
capitolo, data la sua importanza all'interno della teoria Parsonsiana, ne fornirò qui
una breve definizione. Nella sociologia dell’educazione si parla spesso, infatti, di
socializzazione, dividendola in primaria e secondaria, andando ad indicare, con
questo termine, quel processo attraverso il quale i singoli individui apprendono i
valori e le norme di comportamento, le conoscenze teoriche e le abilità pratiche
necessarie alla partecipazione alla vita sociale e collettiva di nascita e di cui si viene
a far parte nel corso della vita (Gallino, 1978; Schizzerotto, 1997a; Moscati e
Ghilseni, 2001). Come si può intuire da questa definizione, dunque, il processo di
socializzazione è un processo che si realizza nel corso dell’intera esistenza
dell’individuo, sebbene sia principalmente concentrato nelle prime fasi della vita,
cioè nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza. Ha inizio, infatti, acquisendo le
competenze necessarie per l’assunzione dei ruoli adulti, ma prosegue anche in età
adulta con l’acquisizione di nuovi ruoli (coniugali, genitoriali, lavorativi, etc.). Nella
socializzazione di distinguono, a livello teorico, tre componenti: educazione,
formazione ed istruzione. La prima riguarda gli orientamenti valoriali e normativi, la
seconda è inerente all’acquisizione di abilità pratiche e strumentali, finalizzate al
lavoro, mentre la terza si concentra sull’acquisizione di conoscenze astratte, metodi
conoscitivi e schemi di pensiero (Schizzerotto e Barone, 2006; Bottani, 1986).
Come precedentemente citato, la socializzazione si divide anche in primaria e
secondaria: quella primaria si riferisce al processo che avviene nei primissimi anni
21	
di vita, in età prescolare, e che ha come principale agente socializzante la famiglia,
mentre quella secondaria avviene in anni successivi, ed ha come principale agente
socializzante la scuola. Dopo aver chiarificato questo concetto, si può quindi
procedere all'illustrazione della teoria di Parsons in merito alla sociologia
dell'educazione.
22	
3.2 La sociologia dell'educazione in Talcott Parsons
Particolare attenzione viene riservata alla sociologia dell'educazione, e del ruolo
socializzante di quest'ultima, dal sociologo statunitense Talcott Parsons (1902-
1979), il padre dello struttural-funzionalismo. Nella sua attività, si possono
distinguere tre fasi principali:
1. Nella prima fase, si ricollega alla tradizione sociologica europea e formula la
teoria volontaristica dell'azione sociale;
2. Nella seconda fase formula la teoria generale dell'azione e del sistema
sociale;
3. Nella terza fase applica il suo modello al funzionamento di vari settori concreti
della realtà sociale, tra cui la scuola.
L'autore ritiene che la strutturazione di tutti i gruppi sociali sia sostanzialmente
omologa, e che ogni sistema possa essere analizzato con un unico sistema
concettuale. La società non è altro che una particolare tipologia di sistema sociale,
che raggiunge il più elevato livello di autosufficienza rispetto all'ambiente (L. Ribolzi,
1993). Nell'ottica parsonsiana, la base della società è costituita da un insieme
costituzionalizzato di valori legittimi, condivisi dall'esistenza di un forte sistema
integrativo, che ne garantisce l'interiorizzazione. Questo comporta che i valori
diventino la base del sistema normativo, garantendo così la coesione sociale.
All'interno della società possiamo riconoscere tre sistemi:
1. Sistema sociale;
2. Sistema culturale;
3. Sistema della personalità.
23	
I tre sistemi sono autonomi ma interdipendenti, interpenetranti e non gerarchizzabili.
L'azione sociale è determinata da un "compromesso" tra i tre sistemi, e può essere
definita come
"il modo in cui l'attore si relaziona all'oggetto, e perviene a fissare uno scopo, nel quadro di
una situazione e sulla base di un orientamento normativo, determinato nelle sue
componenti essenziali dal consenso sui valori comuni, che avviene nella socializzazione e
dà origine al complesso delle motivazioni" (L. Ribolzi 2012)
I valori comuni determinano anche la stratificazione sociale, presente in ogni
società, che riflette, fondamentalmente, la valutazione data alle varie posizioni
sociali in base proprio ai valori comuni. Essendo basata sui valori e fortemente
gerarchizzata, si presenta come una valutazione di tipo morale, per cui chi sta più
in alto è degno di ammirazione e approvato, mentre chi sta più in basso è
disapprovato. Questo insieme di norme risulta fondamentale perché,
istituzionalizzando la stratificazione sociale, riesce a delegittimare le disuguaglianze
sociali, risolvendo il problema dell'ordine sociale (A. Cobalti, 1985). Nella sua teoria,
Parsons riconosce alla scuola due compiti fondamentali, interconnessi e in equilibrio
fra loro:
• Compito di socializzazione: è il processo di apprendimento del ruolo in un
contesto di valori universalistici e con un gruppo di pari (novità per il
bambino). In questo caso, tuttavia, l'apprendimento di cui si parla non è una
semplice acquisizione di conoscenze, ma è da intendersi come
un'interiorizzazione delle norme e dei valori, un "far proprio" i valori e le
norme sociali, in modo da adoperarle in qualsiasi contesto. Nella teoria di
Parsons, se ben realizzato, tale processo crea interpenetrazione tra le
prescrizioni e aspettative di ruolo, i valori e le norme culturali, i comportamenti
24	
e le motivazioni profonde dell'individuo, andando a creare una "struttura
organicamente congruente" (L. Gallino, 1978). In questo modo, gli individui
vanno volontariamente ad aderire ai valori dominanti. La socializzazione si
realizza in varie fasi (che più avanti verranno illustrate), durante le quali
l'individuo, freudianamente, introietta le norme sociali;
• Compito di selezione: allocazione delle risorse nel modo più rispondente ai
bisogni della società. La selezione avviene attraverso successive
dicotomizzazioni, che si verificano nei vari livelli del percorso scolastico.
Queste dicotomizzazioni si svolgono in modo da rappresentare un fattore
d'ordine.
Come sopra illustrato, la socializzazione avviene in varie fasi. Il proto-socializzatore
che un individuo incontra nel corso della vita è costituito dalla famiglia. In questa
prima fase della socializzazione, definita socializzazione primaria, avviene il
contatto tra sistema della personalità e sistema culturale, e la costruzione della
stessa personalità stessa avviene soprattutto in questa prima fase infantile, anche
se continuerà per tutta la vita (fase di socializzazione secondaria).
A questa fase segue la socializzazione scolastica, che porta i valori ad una
situazione di universalismo, in modo differente dalla famiglia, più particolare. Inoltre
la scuola, a differenza della famiglia, basandosi sul principio di prestazione,
riproduce in piccolo i valori e le strutture della società. Parsons analizza la classe
ipotizzando un funzionamento omologo a quello di ogni sistema sociale, ponendo
l'accento sugli aspetti strutturali delle istituzioni educative. Con un'ulteriore
specializzazione, Parsons individua i tipi di azione socializzatrice svolto dai vari
25	
livelli scolastici, effettuando una divisione in due gruppi principali: classi elementari
e scuola superiore/università.
Per quanto concerne le classi elementari, Parsons illustra come nella classe ci si
presenti con capacità cognitive e aspirazioni differenti, le prime innate, le seconde
dipendenti dalla classe sociale di provenienza. Gli allievi tendono poi a differenziarsi
su una dimensione di achievement, in cui le componenti intellettuali e quelle morali
sono strettamente connesse (l'allievo intelligente è anche quello "bravo e
responsabile"). Da notare che in questa situazione, secondo Parsons, non c'è una
mera ripetizione della classe sociale di provenienza. In questo periodo, quindi, le
acquisizioni fondamentali della socializzazione scolastica sono due: un primo
contatto dell'individuo con norme universalistiche e status acquisiti, e
l'apprendimento, determinante per il proseguimento del percorso scolastico,
fortemente correlata alla prestazione della scuola elementare. Già a questo livello
si crea una prima dicotomizzazione tra gli alunni, cioè una distinzione tra chi ha
successo negli studi, e, quindi proseguirà, e chi non ha una buona riuscita, e
intraprenderà un percorso professionalizzante.
A livello di scuola superiore e università, l'interazione tra i vari agenti socializzanti
crea strutture di personalità sempre più complesse. In ogni percorso si crea una
nuova dicotomizzazione, in cui si distingue tra chi continuerà con gli studi e chi no.
A tali livelli scolastici si pone la fondamentale "rivoluzione educativa", una delle tre
grandi rivoluzioni della storia americana insieme a quella industriale e politica,
caratterizzata dalla capacità dell'individuo di utilizzare la conoscenza. Di tale
rivoluzione l'università è il culmine, in quanto massimo rappresentante del sistema
di valori della razionalità cognitiva. Inoltre, l'università "estende il processo di
26	
socializzazione, sviluppando l'individuo in modo che la sua personalità possa
adattarsi ai rapidi processi di differenziazione, modificazione e razionalizzazione
della società" (T. Parsons e G. Platt, 1970). Qui si crea un'ulteriore dicotomizzazione
tra persone che hanno o no frequentato l'università, creando differenze in particolar
modo per quanto concerne l'atteggiamento nei confronti dell'autorità e verso la
differenziazione sociale. Per quanto riguarda l'atteggiamento nei confronti
dell'autorità, la differenza risiede fondamentalmente nella capacità di valutare
autonomamente l'autorità, oppure nell'accettazione della stessa in base a criteri
gerarchici. Anche per quanto riguarda la differenziazione sociale si possono
riscontrare differenze, dato che chi ha frequentato l'università tende ad avere
atteggiamenti più tolleranti e pluralistici, aderendo contemporaneamente a più
comunità e legittimandone l'esistenza. Al contrario, chi si è fermato ad un grado di
istruzione inferiore tende ad essere maggiormente concentrato su un ambiente più
limitato, fondato sui valori della maggioranza.
Da tale discorso se ne deduce che, secondo Parsons, l'espansione del sistema
scolastico superiore sia correlato allo sviluppo e al cambiamento di "atteggiamenti",
più che allo sviluppo di competenze professionali (A. Cobalti, 1985).
Come sopra accennato, tuttavia, il sistema educativo non svolge solamente il ruolo
di elemento socializzante, ma anche quello di selezione evidenziato dal fatto che i
ruoli più elevati della società sono occupati da persone con livelli di istruzione
superiore. Il meccanismo di selezione è fondamentale per il mantenimento della
stratificazione sociale, presente in tutte le società complesse e capace di esprimere
le valutazioni degli stessi membri del sistema alle varie posizioni sociali in base ai
valori comuni. La stratificazione avviene su base ascrittiva (basata sulle
27	
caratteristiche ereditarie) e prestazionale, basata sull'achievement. Quest'ultimo,
definito come desiderio di autoaffermazione, è fondamentale nella socializzazione
scolastica, andando anche ad implicare il concetto di merito: infatti, ricompensando
l'alunno sulla base delle prestazioni, gli consente di avanzare negli studi e di avere
meriti universalmente riconosciuti. Riconoscendo questi due aspetti della
stratificazione, Parsons garantisce un equilibrio tra continuità dello status familiare
e mobilità sociale individuale basata sui meriti, valore fondante della società
statunitense. Nel sistema scolastico, la selezione si verifica tramite successive
dicotomizzazioni tra chi si ferma negli studi e chi passa al livello di istruzione
successivo, processo che porterà ad opportunità e status sociali radicalmente
diversi ma che, nonostante ciò, non è un procedimento conflittuale. La mancanza di
conflitto in tale circostanza è dovuta a quattro ragioni principali (L. Ribolzi, 1993):
• La quasi totalità della popolazione, compreso chi viene penalizzato da ciò,
ritiene moralmente giusto che le ricompense vengano distribuite in base ai
meriti, ben riconosciuti dall'istituzione scolastica, che utilizza metri di giudizio
riconosciuti come imparziali. Questa credenza permane nonostante il fatto
che, in realtà, la riuscita sia dovuta non solo al merito, ma anche alla
provenienza sociale, rendendo una parte del risultato indipendente dal
merito;
• All'interno del gruppo-classe, esistono forme di sostegno emotivo tra pari che
non necessariamente coincidono con il livello della performance: gli high
achievers tendono a identificarsi più con gli insegnanti che con i compagni,
mentre il contrario avviene per i low achievers, che, quindi, tendono ad
28	
instaurare forti relazioni amicali con i coetanei. Questo costituisce un
sostegno emotivo alla non riuscita e al fallimento scolastico;
• Le giovani generazioni hanno, sulla base delle informazioni fornite da chi li
ha preceduti, determinate aspettative sull'istituzione scolastica e hanno più
basse aspettative nei confronti della mobilità sociale, in quanto consapevoli
di un "destino scolastico mediamente atteso" (Bourdieu);
• L'esistenza di incongruenza tra riuscita e status sociale di provenienza
rinforza il valore dell'impegno individuale, anche se è inverosimile ritenere lo
status indipendente dalla riuscita: nella società tecnologica la maggior
mobilità sociale è resa possibile non da maggior democraticità dell'istituzione
scolastica, ma da un'espansione quantitativa di ruoli sociali che richiedono
un'elevata qualificazione.
La selezione avviene attraverso la dicotomizzazione che si verifica nei vari livelli del
percorso scolastico e si svolge in modo da rappresentare un fattore d'ordine.
Ricapitolando, l'analisi svolta da Parsons ruota su due punti fondamentali: il primo
è la visione della scuola come "produttrice" di risorse umane, collegate ad un
sistema di forze (risorse cognitive dello studente, opportunità educative, l'azione dei
gruppi di pari, l'esistenza di valori che legittimano l'azione scolastica). Il secondo
punto forte dell'analisi Parsonsiana è costituito dalle dicotomizzazioni. In particolar
modo quest'ultimo punto viene sviluppato dalla corrente del funzionalismo tecnico.
29	
CAPITOLO 4: IL FUNZIONALISMO TECNICO E LA TEORIA DEL CAPITALE
UMANO
4.1 Il funzionalismo tecnico
La sociologia dell'educazione ha risentito per lungo tempo dell'influenza di Durkheim
e Parsons, specie per quanto riguarda il ruolo dei valori morali e della
socializzazione e la visione ottimistica del ruolo dell'educazione per la risoluzione
dei problemi di sviluppo economico e giustizia sociale. Con il passare del tempo, i
funzionalisti si divisero in due principali filoni, uno più tecnocratico, diffuso
principalmente tra i sociologi americani, e uno di stampo più social-riformista, diffuso
principalmente in Inghilterra. In entrambe le correnti, come in realtà nella maggior
parte della sociologia dell'educazione, si poteva riscontrare, come sopra accennato,
un'immagine fortemente positiva della scuola. Questa ottimistica visione si
esplicitava soprattutto nella perfetta corrispondenza tra efficienza ed uguaglianza,
ritenute complementari. I sociologi appartenenti a tale teoria, inoltre, ritenevano che
sviluppo economico e aumento della mobilità sociale derivassero entrambe
dall'aumento dell'istruzione della popolazione. Il ragionamento di fondo di tali teorie
era che la moderna ed avanzata società industriale determini un progressivo
aumento della tecnologizzazione dei processi di lavorazione, con una sempre
maggiore necessità di manodopera altamente qualificata e con un maggior
rafforzamento delle funzioni tecniche della scuola (L. Benadusi, 1984). Il sistema
scolastico deve, inoltre, restare perennemente aggiornato, in modo da poter
preparare gli studenti, specie quelli delle scuole superiori, ad affrontare il costante
30	
aggiornamento tecnologico. Il prodotto dell'istituzione scolastica, quindi, diventa
fondamentale sia a livello formativo che a livello scientifico-tecnologico.
Proprio a causa della centralità del sistema scolastico, risulta fondamentale
l'assicurarsi che nessun talento vada sprecato, in modo che la società possa
disporre delle migliori competenze e delle intelligenze più sviluppate. Questo
comporta che, laddove ci siano talenti naturali, questi debbano essere pienamente
sfruttati, indipendentemente dalla classe di provenienza dell'individuo: tale esigenza
pretende, per essere soddisfatta, una scuola fortemente meritocratica e
tecnomeritocratica, ma assolutamente non classista. Per questo motivo, in quegli
anni fiorirono studi sul rapporto tra scuola e mobilità scolastica e sulle
disuguaglianze scolastiche. Come si è precedentemente accennato, in questo
approccio teorico si possono distinguere due correnti, una di matrice Americana e
l'altra di matrice Inglese. Quest'ultima, coerentemente con la sociologia
d’oltremanica, utilizzava principalmente un'analisi empirica formalizzata, con lo
scopo di indagare e denunciare le ingiustizie della società classista, in modo da
potere, in seguito, individuare le riforme, anche radicali, da applicare per creare un
autentico Welfare State. Tra queste, una delle riforme fondamentali era,
ovviamente, la riforma scolastica.
Lievemente differente era la corrente americana, definita tecno-funzionalista,
caratterizzata da un forte ottimismo nei confronti della complementarietà tra
uguaglianza socio-educativa e sviluppo economico, ma decisamente distinta e
lontana dalle idee parsonsiane di coesione sociale assicurata dalla presenza di
valori condivisi.
31	
Pietra miliare del funzionalismo tecnico è la teoria della stratificazione formulata da
Kingsley Davis e Wilbert Moore, che
"tenta di spiegare, in termini funzionali, l'universale necessità che determina una
struttura di stratificazione in ogni sistema sociale [...], espediente inconsapevole
attraverso il quale le società si assicurano che le posizioni più importanti siano
occupate dalle persone più qualificate" (L.Ribolzi, 1993).
In altre parole, la teoria cerca di spiegare le ragioni funzionali della presenza, in tutte
le società sviluppate, della stratificazione sociale.
Questa teoria si basa sul presupposto che ogni società con un'elevata suddivisione
del lavoro sia caratterizzata da una gerarchia occupazionale fondata,
principalmente, su due criteri: l'importanza funzionale per la società (quella che
verrà definita produttività dagli economisti della teoria del capitale umano) e la rarità
delle competenze richieste, che presuppongono studi prolungati. Nell'opinione degli
autori, tali rare competenze sono richieste proprio dai ruoli più prestigiosi. Data però
la difficoltà per raggiungere e mantenere tali elevati livelli di competenza, bisogna
trovare una giusta motivazione, in modo che il bilancio costi-benefici sia vantaggioso
per chi decide, ed ha le capacità, di intraprendere il lungo percorso di formazione
necessario alla conquista di tali abilità (L. Benadusi, 1984). Per questo motivo, le
ricompense sono tanto maggiori quanto maggiori sono le competenze richieste,
fatto che rende inevitabile l'esistenza di una stratificazione istituzionalizzata, capace
di garantire il buon funzionamento del sistema sociale. Con le parole degli autori:
" La disuguaglianza sociale diventa è così uno strumento che si è evoluto
inconsapevolmente, per mezzo del quale le società si assicurano che le posizioni
più importanti siano coscienziosamente occupate dalle persone più qualificate. Per
32	
questo, ogni società, non importa se semplice o complessa, deve differenziare le
persone in termini di prestigio e deve, perciò, possedere una certa quantità di
disuguaglianza istituzionalizzata" (Davis e Moore, 1945).
L'entità delle ricompense e del livello di stratificazione vengono definite in base
all'equilibrio tra domanda e offerta del personale con le caratteristiche adatte al
lavoro in questione. Questo sistema di ricompense funziona, quindi, anche per
dissuadere gli individui ad intraprendere un determinato percorso quando si verifica
un eccesso di offerta per la professione corrispondente: in tal caso, infatti, le
ricompense vengono svalutate, e i soggetti disincentivati ad imboccare tali percorsi
(l'esatto opposto avviene in caso di carenza di offerta). Il sistema di stratificazione
si presenterebbe, in quest'ottica, come un effetto dell'interazione tra individui, che si
muovono secondo una logica concorrenziale da homo economicus, in perfetta
coerenza con il funzionamento del mercato del lavoro (A. Cobalti, 1985). È proprio
la scuola, secondo gli autori, ad assumere il ruolo di selezionatore degli individui,
fornendo loro le competenze necessarie e rendendosi il luogo in cui può, in base
alle capacità dell'individuo, verificarsi mobilità sociale su base meritocratica. Gli
autori, inoltre, distinguono tra stratificazione ed immobilità sociale: in una società
meritocratica, infatti, ad occupare i ruoli più prestigiosi non dovrebbero essere i
discendenti dell’élite in quanto tali, ma, semplicemente, gli individui migliori della
società. La concezione tecnofunzionalista riassumeva efficacemente gli elementi
culturali fondanti della società americana, assumendo un ruolo fondamentale per le
riforme scolastiche degli anni Sessanta. Diversamente da Parsons, quindi, per
Davis e Moore l'ordine sociale non si basa sulla condivisione di valori comuni,
33	
quanto, piuttosto, sulla divisione organizzata del lavoro, che va a determinare, se
ben operata, il benessere collettivo.
L'approccio tecno-funzionalista venne però, in seguito, ampiamente ed aspramente
criticato, in primo luogo perché, nonostante questa non fosse l'opinione degli autori,
la teoria dei due sociologi americani potrebbe, ad un'analisi superficiale, apparire
come una giustificazione delle disuguaglianze sociali.
I neofunzionalisti hanno poi rifiutato gli aspetti omeostatici e deterministici della
teoria, ammettendo l'esistenza del conflitto nel sistema sociale. Per la sociologia
dell'educazione, due filoni, derivanti dal funzionalismo, risultano particolarmente
interessanti: la teoria generale dei sistemi di Buckley (1976) e la teoria degli scambi
di Blau (1964). Nella prima, in particolare, vengono teorizzate le dinamiche in atto
nei cosiddetti sistemi aperti, caratterizzati da un continuo rapporto di scambio con
l'ambiente circostante. Il sistema (noi prendiamo in considerazione quello formativo)
elabora, in base ai propri meccanismi funzionali, una serie di stimoli provenienti
dall'ambiente, producendo risposte e, se necessario, cambiamenti. Da ciò ne deriva
che il sistema scolastico non può in alcun modo essere autoreferenziale, dato che
esso è basato sulle relazioni.
34	
4.2 La teoria del capitale umano
La teoria del capitale umano nasce alla riunione dell'American Economic
Association del 1960, con lo scopo di tradurre in un più rigoroso linguaggio
economico gli assunti del funzionalismo tecnico. Anche questa, insieme a quelle di
Blau e Buckley, deriva dal funzionalismo tecnico, analizzando il significato delle
funzioni sociali da un punto di vista economico. La teoria si sviluppò, in un momento
storico in cui gli economisti, a causa delle problematiche correlate allo sviluppo,
dedicarono particolari attenzioni al tema dell'istruzione. Il razionale dell'adozione di
una prospettiva economica nello studio della motivazione all'istruzione risiede nel
fatto che quest'ultima prevede costi e benefici, che possono quindi essere studiati
come decisioni economiche, di natura pubblica o privata. La visione dell'istruzione
viene, quindi, modificata: non si tratta più di un consumo, ma di un investimento,
una forma di capitale, che
"essendo parte dell'individuo, non può essere comperato, venduto o trattato come
un bene patrimoniale [...] e rende all'economia un servizio produttivo utile" (T. W.
Shultz, 1960).
In quanto investimento, inoltre, l'istruzione aumenta la produttività, a livello
individuale e sociale, diventando quantitativamente valutabile. Lo scopo degli
studiosi appartenenti a tale corrente è quello di stabilire la quota ottimale di
popolazione da destinare all'istruzione per massimizzare la produttività, tenendo
conto della redditività degli investimenti. La motivazione principale all'istruzione
diventa, quindi, il cosiddetto reddito atteso, che altro non è che la maggior
retribuzione riservata ai lavoratori che hanno raggiunto un più elevato grado di
35	
istruzione, insieme al minor tempo d'attesa per entrare nel mondo del lavoro e alla
minore probabilità di rimanere disoccupati. In quest'ottica appare chiaro come il
raggiungere più elevati gradi di istruzione risulti conveniente sì per i singoli individui
(che in questo modo possono aspirare a lavori meglio retribuiti e più prestigiosi), ma
anche, d'altro canto, per i governi, che traggono il vantaggio di un più rapido sviluppo
da una popolazione con un maggior numero di persone istruite. Inoltre, dato che è
l'istruzione a generare aumento di produttività e, di conseguenza, sviluppo, è
necessario e fondamentale programmare strategie di sviluppo delle risorse umane,
in modo da ottimizzare la produttività in ogni settore. Di conseguenza, i paesi
sottosviluppati devono progettare bene e porre molta attenzione al sistema
scolastico per poter migliorare la propria condizione, così come anche i paesi in via
di sviluppo o sviluppati, per evitare che il loro sviluppo di arresti.
L'istruzione, tuttavia, non va ad influire solo sul reddito, ma influenza anche
molteplici aspetti, non esclusivamente monetari, della vita degli individui, e può
essere a ragione utilizzato come misuratore della stratificazione sociale, in quanto
considerato come un incentivo.
Da notare che l'istruzione diventa tanto più importante quanto più la società diventa
complessa, richiedendo, quindi, skills (abilità) complesse. È proprio a tal proposito
che Thurow elabora la cosiddetta teoria delle due code (1972), secondo la quale si
può distinguere una "doppia coda" di persone e posizioni lavorative nella
competizione per il posto di lavoro. Istruzione ed esperienza contribuiscono a
formare la coda dell'individuo, fondamentali in quanto forniscono informazioni al
datore di lavoro sul costo della formazione a suo carico (logicamente, tanto più
l'individuo sarà già istruito, tanto minore sarà il costo della sua istruzione a carico
36	
del datore di lavoro). Le imprese, dal canto loro, possono utilizzare il titolo di studio
come criterio di valutazione, in quanto predittore del livello di rendimento del
lavoratore. In un contesto nel quale le informazioni ottenibili sul lavoratore, al
momento dell'assunzione, sono poche, infatti, il titolo di studio costituisce un
indicatore fondamentale per il datore di lavoro su abilità e motivazione del
candidato. Tale valore viene attribuito a priori soltanto in un'ottica credenzialista, e
questa è la prima, fondamentale, critica, mossa nei confronti di tale teoria.
L'aumento generalizzato del livello di istruzione mostra, tuttavia, un lato della
medaglia negativo: l'eccesso di offerta qualificata causa un sottoutilizzo delle
qualifiche dei lavoratori, e una traslazione delle credenziali formative verso l'alto;
questo processo è stato definito da Bourdieu (1978) "declassamento o
riclassamento" dei titoli di studio, meccanismo che sarebbe utilizzato dalle classi
superiori per mantenere immutate le distanze. Se, infatti, i requisiti necessari per
svolgere un determinato lavoro non cambiano, il numero di persone con il titolo di
studio necessario a tale lavoro aumenterà, dato che il lavoro in questione è ben
retribuito e socialmente stimato. Per distinguersi, un numero crescente di candidati
al lavoro in questione si presenterà con un titolo di studi più elevato rispetto a quello
richiesto. Una volta assunti, tuttavia, i lavoratori si troverebbero a svolgere un lavoro
inferiore alle proprie capacità (per il quale era, infatti, sufficiente un titolo di studi
inferiore), diventando così insoddisfatti e, di conseguenza, meno produttivi. Oggi,
all'opposto, a causa dell'elevata necessità di competenze tecnologiche di alto livello,
il numero di laureati richiesti continua a crescere. Tale crescita degli addetti al
terziario è stata individuata come l'inizio del tramonto dell'epoca industriale (D. Bell,
1979; A. W. Gouldner, 1979), in favore di un sempre crescente bisogno di
37	
"manodopera intellettuale", andando anche a sconvolgere la divisione in classi tipica
dell'età industriale. Al contrario, c'è chi ritiene che la divisione in classi sia ancora
riconoscibile (H.M. Schaade, A. Schizzerotto, 1987), e tra queste se ne possono
individuare due nuove (o una suddivisa in due), detta la human capital class (J.K.
Galbraith, 1968). In questa classe si possono distinguere due sotto-classi:
• Tecnocrati: sono generati dalla complessità del sistema produttivo, occupano
posizioni cruciali e sono difficili da sostituire, in quanto parte di un sistema
altamente interdipendente;
• Operatori del welfare state: sono quei lavoratori cresciuti in corrispondenza
dell'espandersi di nuove aree di domanda.
Tale situazione ha comportato un brusco aumento della necessità di lavoratori con
un elevato titolo di studio, e, in seguito, anche un aumento della congruenza tra
lavoro svolto e titolo di studio acquisito.
38	
4.2.2 Le critiche alla teoria del capitale umano
Al momento della nascita della teoria del capitale umano, si riteneva che la
correlazione tra aumento della scolarizzazione e lo sviluppo fosse diretta e certa.
Fu solo dopo il rallentamento dello sviluppo, nella seconda metà degli anni
Sessanta, che ci si rese conto che non solo questo non era vero, ma che, anzi, la
crescita della scolarità potesse addirittura portare disuguaglianze. Alcuni studi
hanno infatti evidenziato come i paesi in via di sviluppo tendano ad investire
soprattutto in istruzione tecnica e universitaria, in fasi del percorso di studi, quindi,
in cui le differenziazioni tra classi si sono già compiute, anche a causa di bassi livelli
qualitativi dell'istruzione primaria (G. Psacharopoulos, 1973). Questo si verifica,
sebbene in misura minore, anche nei paesi più sviluppati; in questi, però,
l'espansione del sistema produttivo e il dinamismo tecnologico comportano la
necessità di formazione della classe operaia, da cui deriva la classe degli operatori
del welfare state. Un'ulteriore, forte critica è stata mossa nei confronti nell'eccessivo
economicismo che caratterizza sia la teoria del capitale umano che il tecno-
funzionalismo, andando, in questo modo, a sottovalutare i nessi di natura sociale,
culturale e politica. Quello che si è, in seguito, potuto osservare è, infatti, che le
trasformazioni economiche, più che aumentare la richiesta di personale qualificato
sul mercato del lavoro, dando così una spinta all'espansione della scolarità,
agiscono indirettamente, tramite la provocazione di tensioni sociali. Queste, a loro
volta, si ripercuotono sugli enti socializzanti, domandano un rinforzo della struttura
sociale. Tale meccanismo, di impostazione parsonsiana, è definito rinforzo
39	
strutturale, e sarebbe più importante rispetto alla teoria del capitale umano nella
spiegazione del rapporto tra cambiamenti economici ed educativi (A. Field, 1976).
Anche i funzionalisti hanno mosso una critica alla teoria del capitale umano, la quale
non raiuscirebbe a spiegare, solo tramite l'istruzione formale, più del 7% della
dispersione dei redditi. Aggiungendo all'analisi, invece, esperienza, investimento in
formazione iniziale e successiva, si arriva a spiegare oltre la metà della differenza
di reddito. Infine, una critica viene mossa alla scarsa attenzione posta nei confronti
delle determinanti socioeconomiche e quelle irrazionali delle scelte formative.
40	
Conclusioni
Questo lavoro di tesi aveva lo scopo principale di approfondire il lavoro teorico
riguardante la sociologia dell'educazione di Talcott Parsons e dei tecno-
funzionalisti, con particolare attenzione alla teoria del capitale umano. Ritengo,
infatti, il lavoro di questi sociologi basilare e fondante per l'attuale sociologia
dell'educazione, nonostante il loro lavoro sia stato oggi parzialmente rivisto e
superato. Per poter approfondire tali tematiche, non ho potuto fare a meno di
inserire nel mio lavoro, come già accennato nell'introduzione, una breve premessa
teorica riguardante le altre principali teorie della sociologia dell'educazione, il
funzionalismo e il conflittualismo. Per quanto riguarda quest'ultimo, ho ritenuto utile
inserire una breve parentesi riguardante il lavoro di Althusser, figura a mio parere
molto rappresentativa della corrente conflittualista. Infine, non ho potuto fare a meno
di inserire un breve accenno al fondatore della materia trattata in questo elaborato,
Emile Durkheim, anche se, a causa del ridotto spazio a disposizione, non sono
riuscito ad approfondire questa figura quanto meriterebbe.
41	
BIBLIOGRAFIA
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42	
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Durkheim E., “La sociologia e l’educazione”, Newton Compton Italiana, Roma, 1971
Fele G., Paoletti I., "L'interazione in classe", Il Mulino, Bologna, 2003
Field A. J., "Educational Expantion in Mid-Nineteenth Century Massachussets:
Human Capital Formation or Structural reinfoirecement?", Harvard Educational
Review, 1976, n.46
Fischer L., "Sociologia della Scuola", Il Mulino, Bologna, 2003
Galbraith J. K., "Il nuovo stato industriale", Einaudi, Torino, 1968
Gallino L., "Dizionario di sociologia", UTET, Torino 1978
Galtung J., "Functionalism in a new key,in essays in methodology - methodology
and ideology", Copenaghen, 1977
Gouldner A. W., "The future of intellectuals and the rise of new class", Mach Millan,
London,1979
Moscati R., Ghilseni M., "Cos'è la socializzazione?" Carrocci, Roma, 2001
Parsons T., Platt G. M., "Età, struttura sociale e socializzazione nell'istruzione
superiore", trad. it., in V.Cesareo (a cura di) Sociologia dell'educazione, 1972 (ed.
orig.1970)
43	
Pollini G. "Analisi sociologica: L'azione e la relazione sociale", Franco Angeli,
Milano, 2007
Pollini G., Pretto A., "Sociologi: Teorie e ricerche. Sussidio per la storia dell'analisi
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Psacharopoulos G., "Returns to education: an international comparisons", Jossey
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Ribolzi L., "Formare gli insegnanti", Carrocci, Roma, 2002
Ribolzi L., "Sociologia e processi formativi", Editrice La Scuola, Brescia, 1993
Ribolzi L.," Società, persone e processi formativi. Manuale di sociologia della
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Italy", ISA RC on Social Stratification, Berckley, 1987
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investimento", a cura del Censis, Roma,1965 (ed.orig. 1960)
Thurow L., "Education and economic inequality", in "The Public interest", vol. 2,
1972
44	
Ringrazio infinitamente Benedetta, per tutto l’aiuto e sostegno che mi sa sempre
fornire.
Ringrazio la mia famiglia dell’enorme sostegno morale e del supporto strumentale,
la quale ormai da più di otto anni sopporta con pazienza la mia distanza e che si è
sempre resa disponibile a venire in contro ad ogni mia necessità.
Ringrazio la mia “famiglia acquisita” che ha saputo dimostrarsi a me molto vicina e
partecipe in alcuni momenti di difficoltà, come nella scelta del mio percorso, ricaduta
felicemente sul Master Gis.
Infine un abbraccio a tutti i vecchi e nuovi amici che hanno rallegrato il mio percorso.
Dedico simbolicamente questa tesi al Professor Gabriele Pollini e al suo esame, nel
quale ho registrato un 19, la più bassa votazione della mia carriera, a causa di un
errore nella domanda, ironia della sorte, su Parsons.
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Tesi Talcott Parsons e il Funzionalismo Tecnico nella Sociologia dell’Educazione

  • 1. 1 Corso di Laurea triennale in Sociologia Talcott Parsons e il Funzionalismo Tecnico nella Sociologia dell’Educazione Relatore: Prof.ssa Francesca Sartori Laureando: Pier Paolo Topran d’Agata Anno Accademico 2015/2016
  • 2. 2
  • 3. 3 Sommario Introduzione............................................................................................................. 4 CAPITOLO 1: DEFINIZIONE E TEMI DI PERTINENZA DELLA SOCIOLOGIA DELL'EDUCAZIONE ............................................................................................... 5 1.1 Cos’è la sociologia dell’educazione ........................................................................... 5 1.2 I temi e le problematiche della sociologia dell’educazione ........................................ 6 CAPITOLO 2: BREVE PANORAMICA SUI PRINCIPALI AUTORI E SCUOLE DI PENSIERO DELLA SOCIOLOGIA DELL'EDUCAZIONE........................................ 8 2.1 Emile Durkheim ......................................................................................................... 8 2.2 Le principali scuole di pensiero................................................................................ 12 2.2.1 Althusser: la teoria degli apparati ideologici di Stato......................................... 19 CAPITOLO 3: TALCOTT PARSONS .................................................................... 20 3.1 Il concetto di socializzazione nella sociologia dell'educazione ................................ 20 3.2 La sociologia dell'educazione in Talcott Parsons .................................................... 22 CAPITOLO 4: IL FUNZIONALISMO TECNICO E LA TEORIA DEL CAPITALE UMANO ................................................................................................................. 29 4.1 Il funzionalismo tecnico............................................................................................ 29 4.2 La teoria del capitale umano.................................................................................... 34 4.2.2 Le critiche alla teoria del capitale umano .......................................................... 38 Conclusioni............................................................................................................ 40 BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................... 41
  • 4. 4 Introduzione Ho sempre ritenuto particolarmente interessanti i temi inerenti l'educazione e la formazione dei più giovani, in quanto sono convinto che, questa è la fase cruciale della costruzione di una determinata società. È grazie all'educazione che si possono realizzare processi di unificazione a livello di popolazione, e che si possono inizializzare processi di mobilità sociale. Per questo motivo ho deciso di incentrare il mio lavoro di tesi su argomenti inerenti la sociologia dell'educazione e, in particolare, su quello che ritengo uno dei sociologi più completi e importanti, Talcott Parsons, e sul funzionalismo tecnico. Per quanto riguarda quest'ultimo, in particolare, mi sono focalizzato sulla teoria del capitale umano, che ho sempre ritenuto particolarmente interessante ed attuale, nonostante i punti critici che sono stati poi individuati. Per poter parlare con un minimo di cognizione di causa di questi argomenti, ho ritenuto indispensabile inserire una breve introduzione teorica, composta da un’introduzione al lavoro di Durkheim, considerato il fondatore della sociologia dell'educazione, e da una panoramica dei diversi approcci alla teoria della sociologia dell'educazione, con focus sul funzionalismo e sul conflittualismo. Per quanto riguarda quest’ultimo, ho trovato utile inserire una breve parentesi inerente il lavoro di Althusser, in quanto egli è considerato uno degli esponenti più significativi di tale filone. Infine inizia l'approfondimento specifico di questo lavoro di tesi.
  • 5. 5 CAPITOLO 1: DEFINIZIONE E TEMI DI PERTINENZA DELLA SOCIOLOGIA DELL'EDUCAZIONE 1.1 Cos’è la sociologia dell’educazione Prima di poter entrare nello specifico di qualsiasi forma di analisi di fenomeni inerenti alla sociologia dell’istruzione, è importante fornire una definizione precisa della materia stessa. Storicamente, si fa risalire la nascita della sociologia dell’educazione al sociologo francese Emile Durkheim, sul cui lavoro verranno fornite, più avanti, le principali informazioni. A caratterizzare, però, per la prima volta, in modo esplicito, completo e sistematico la sociologia dell’educazione fu Wilbur Brookover (1955), il quale definì la sociologia dell’educazione un’analisi scientifica dei processi e dei modelli sociali coinvolti nel sistema educativo. Questa definizione è basata sul presupposto che l’educazione sia un insieme di atti sociali, e che la sociologia sia un’analisi delle interazioni umane. Nella sociologia dell’educazione, in particolare, l’analisi include sia l’educazione formale (la scuola) sia la moltitudine di processi educativi e formativi informali. Analizzando, quindi, il concetto di sociologia dell’educazione, si può concludere che, da un lato, essendo una sociologia, si serve dei metodi di ricerca propri della sociologia (qualitativi e quantitativi) utilizzando le categorie interpretative tipiche delle varie scuole di pensiero sociologiche, ma, d’altro canto, essendo una sociologia applicata, si dedica più all’analisi del proprio oggetto di studio mediante l’uso di teorie esistenti, che alla formulazione di nuove teorie generali. Si può quindi dire che: "La sociologia dell’educazione è […] quella branca della sociologia generale che ha per scopo specifico l’approfondimento, in chiave sociologica, con i metodi e le categorie interpretative proprie della sociologia, dell’inserimento nel contesto
  • 6. 6 sociale di ogni individuo, sia nella fase iniziale che nel corso della vita. In questo processo, è possibile porre l’attenzione sulle strutture e le istituzioni, così come sull’insieme dei significati e delle relazioni" (Formare gli insegnanti, Luisa Ribolzi, 2002). 1.2 I temi e le problematiche della sociologia dell’educazione Le tematiche trattate dalla sociologia dell’educazione sono molteplici e si estendono in vari ambiti, che qui di seguito verranno brevemente elencati. Un primo campo di interesse sono le origini e le trasformazioni dei sistemi scolastici, come si sono formati i vari sistemi scolastici (e le varie teorie inerenti), come si sono formati i sistemi scolastici a scolarità di massa e quali sono le cause di questi. Si analizzano inoltre i ruoli della scuola (socializzazione, educazione, formazione ed istruzione), la storia dei sistemi scolastici, con il susseguirsi delle varie riforme, l’analisi e la categorizzazione delle caratteristiche dei sistemi scolastici (alta o bassa stratificazione, livello di standardizzazione, decentramento o centralizzazione) (Schizzerotto e Barone, 2006). La sociologia dell’educazione studia, poi, i curricula scolastici, le trasformazioni di questi e gli apprendimenti (analisi dei test OCSE Pisa, con l’analisi dei differenti risultati in base all’area geografica, in Italia e in Europa, analisi di fenomeni quali l’analfabetismo di ritorno). Inoltre, questa materia prende in esame le disuguaglianze di opportunità (di classe, di etnia, di genere e di contesto socio-territoriale), il condizionamento che il titolo di studio ha in molteplici ambiti della vita (destini occupazionali, mobilità sociale, rapporti sociali, etc.) e il rapporto tra immigrazione ed istituzione scolastica (problemi di integrazione, possibile ruolo della scuola come agente socializzante). Un’ulteriore area di ricerca della sociologia
  • 7. 7 sono le micro-dinamiche di interazione, a livello di gruppo classe, delle interazioni tra alunni e docenti, il comportamento di insegnanti e docenti, la percezione che gli alunni hanno della scuola (temi trattati principalmente, come detto in precedenza, dalla New Sociology of Education). Infine, tale materia approfondisce gli attori e le pratiche della scuola: i giovani (bullismo, soddisfatti e non, emarginati), le dinamiche organizzative presenti all’interno della scuola e gli insegnanti. Di questi ultimi, in particolare, si indaga la natura multiforme dell’insegnamento, che mostra una dimensione cognitiva (il contenuto dell’insegnamento), una dimensione affettiva (capacità di appassionare lo studente alla materia) e una dimensione morale. Vengono poi analizzati il genere e origini sociali (negli ultimi cinquanta anni si è assistito ad un processo di femminilizzazione e di proletarizzazione dell’insegnamento) e viene effettuata, tra i vari Stati, una comparazione riguardante il trattamento economico e il carico di lavoro. La ricerca si focalizza anche sul modo in cui gli insegnanti definiscono il proprio ruolo professionale, l’attivismo sindacale di questa categoria, l’effetto della posizione sociale dell’insegnante sull’apprendimento (connessa alla proletarizzazione dell’insegnamento e alla perdita di autorevolezza del ruolo di Maestro). Inoltre, si effettuano analisi sulla selezione e la valutazione degli insegnanti, gli eventuali criteri di valutazione meritocratica per la premialità o, invece, un sistema egualitaristico. Vengono vagliate anche le metodologie didattiche, il lavoro extra-scolastico dei docenti, le problematiche del rapporto tra docente e famiglie degli allievi, le problematiche dell’aggiornamento tecnologico dei docenti, la gestione di relazione tra bambini e adolescenti (bullismo, inserimento di immigrati) (Cavalli e Argentin, 2010). Infine, viene analizzata anche la formazione, iniziale e in servizio.
  • 8. 8 CAPITOLO 2: BREVE PANORAMICA SUI PRINCIPALI AUTORI E SCUOLE DI PENSIERO DELLA SOCIOLOGIA DELL'EDUCAZIONE Prima di entrare nello specifico della teoria parsonsiana e di quella tecno- funzionalista, ho ritenuto utile fare un breve riepilogo delle principali scuole di pensiero (con particolare attenzione alla teoria degli apparati ideologici di stato per la corrente conflittualita), così come del pensiero di colui che è riconosciuto come il fondatore della sociologia dell'educazione, Emile Durkheim. 2.1 Emile Durkheim Emile Durkheim può essere definito, a buona ragione, il padre fondatore della sociologia dell'educazione, avendo per primo individuato, in questa, una chiave fondamentale per la costituzione di norme e valori condivisi, capaci di ristabilire l'ordine sociale. L'approfondimento del rapporto tra valori condivisi ed ordine sociale viene ripreso dai lavori di Comte, anche se Durkheim, a contrario di quest'ultimo, affronta lo studio di tale tematica con maggiore sistematicità. L'ordine sociale può essere variamente inteso (P.S. Cohen, 1971), ma Durkheim adotta una visione di ordine sociale come risultato di un'identificazione attorno a valori comuni, specie di natura morale, che consente un determinato livello di stabilità sociale (E. Besozzi, 1993). Le esigenze di stabilità sociale sono, secondo il sociologo, il vero elemento fondamentale nell'analisi della solidarietà sociale, e non le esigenze individuali. In particolare, si possono distinguere due tipi di solidarietà, propri di due società differenti e con esigenze educative diverse:
  • 9. 9 1. Solidarietà meccanica: è il tipo di solidarietà presente tra le società pre- moderne (definite dall'autore segmentarie), caratterizzate da forte somiglianza e uniformità tra gli individui. Questa uniformità porta ad una totale identificazione con i valori e le credenze definite dalla coscienza comune, lasciando poco spazio alla variabilità individuale; 2. Solidarietà organica: è il tipo di solidarietà presente nella società industriale, caratterizzata da specializzazione e divisione del lavoro (cioè da una maggiore stratificazione sociale). In questa forma sociale c'è un alto livello di interdipendenza: come in un organismo biologico, ogni parte svolge il suo compito specifico, ma resta indispensabile all'intero organismo, e tutte le parti sono interdipendenti tra loro. In quest'ottica, la devianza viene identificata con la patologia. Durkheim individua, quindi, nella solidarietà il metodo per risolvere il conflitto attribuendo all'educazione il ruolo fondamentale di "creatore di una coscienza collettiva": in tale teoria, quindi, l'educazione è un fattore di ultrasocializzazione. Per questo motivo, Durkheim viene definito teorico della stabilità (L. Ribolzi, 2012). Durkheim considera quindi l’educazione un fattore che, da un lato, si definisce in funzione della società di riferimento e, dall’altro, si qualifica come imprescindibile per costruire l’essere sociale, integrare ed effettuare un controllo sociale. L’educazione è, quindi, un processo adattivo alla società che, costituendo una forma di autorità morale, richiede conformità alle sue regole e ai suoi principi. Durkheim più volte, nei suoi lavori, sottolinea il fatto che il compito dell’educazione sia quello di generare l’uomo che la società pretende (E. Durkheim, 1962). Il sociologo francese definisce l’educazione come
  • 10. 10 “quell’azione esercitata dalle generazioni adulte su quelle che non sono ancora mature per la vita sociale. Essa ha per fine di suscitare e sviluppare nel bambino un certo numero di stati fisici, intellettuali e morali, che reclamano da lui sia la società politica nel suo insieme, sia l’ambiente particolare al quale è destinato” (E. Durkheim, 1971). Alla base di questa concezione “integrazionista e normativa” (E. Besozzi, 1993) si pongono la visione dell’uomo come un essere asociale (se lasciato al suo stato naturale), il primariato storico, logico e morale della società e un’idea armonica della società, in cui ognuno occupa il posto “per il quale è destinato”. Per questo ultimo punto la scuola ha un ruolo fondamentale, in quanto capace di offrire un’educazione specialistica e differenziata che rimane, tuttavia, un’educazione comune, capace di riportare la variabilità e unicità personale a quei valori che sono la base della solidarietà sociale. La scuola, e, in particolare, la scuola di Stato, rivestono, quindi, il ruolo di educatore delle nuove generazioni, assicurando un’adeguata comunità di idee tra i cittadini, indispensabile alla società (E. Durkheim, 1971). Partendo da tale discorso, si capisce quanto possa risultare problematico il ruolo affidato all’educazione da parte del sociologo per quanto riguarda la promozione del mutamento, dato che, come affermato dai suoi critici, egli vede nella scuola, come è stato precedentemente spiegato, una sorta di cinghia di trasmissione della società (L. Ribolzi, 2012). La scuola, tuttavia, è capace di provocare cambiamento quando dotata di consapevolezza sociologica, poiché deve rispondere a quesiti sociali mutevoli nel tempo e nello spazio, conoscibili tramite indagini sociologiche. La scuola può quindi essere capace, se opera un’attenta lettura dei bisogni sociali, di riformarsi, e il riformarsi consiste nell’unica forma di mutamento prevista da Durkheim. In periodi di rapidi cambiamenti, il mutamento che avviene grazie all’educazione può “entrare in
  • 11. 11 conflitto” con la stessa istituzione scolastica (ibidem). Da ciò, si intuisce facilmente come la sociologia dell’educazione acquisti, nell’ottica Durkheimiana, un ruolo privilegiato, in quanto strumento globale di conoscenza, oltrepassando di gran lunga il ruolo d strumento per le politiche educative. Proprio da tale fondamentale ruolo affidato alla sociologia dell’educazione da parte di Durkheim si può capire perché egli sia stato definito il padre di questa materia.
  • 12. 12 2.2 Le principali scuole di pensiero Come in tutti gli ambiti della sociologia, anche nella sociologia dell’educazione si possono individuare una pluralità di approcci teorici differenti, la cui conoscenza è necessaria per poter intraprendere un’analisi critica della disciplina. Storicamente, si sono distinti e succeduti due principali approcci: la teoria funzionalista, che è stata per anni quella predominante, sostenendo la possibilità di spiegare un’istituzione sociale a partire dalle sue funzioni (o finalità), e la teoria conflittualista, che, coprendo sia impostazioni neo-marxiste che neo-weberiane, considera il conflitto tra le classi sociali la caratteristica basilare della società. Va tuttavia notato che entrambi questi approcci teorici, nonostante le differenze, rappresentano una visione statica della società. L’approccio funzionalista, infatti, individua nella scuola un metodo per mantenere l’ordine e l’equilibrio sociale, mentre quello conflittualista vede nella scuola e nell’educazione un metodo per perpetuare le differenze sociali trasmettendo i valori della classe dominante alle nuove generazioni. Impostazioni teoriche con immagini tanto statiche della scuola e dell’educazione sono, perlomeno, limitate, in quanto non riconoscono la forte partecipazione delle istituzioni scolastiche ai profondi mutamenti sociali, come si può notare anche dai cambiamenti strutturali che si sono verificati nella stessa (L. Fischer, 2003). Inoltre, queste teorie si concentrano sugli aspetti macro-sociologici, trascurando le interazioni umane quotidiane. Per rispondere al limite di queste teorie, si è sviluppata, dagli anni ‘70 del secolo scorso, la “New Sociology of Education”, che si focalizza sull’analisi micro-sociologica, concentrata sullo studio delle interazioni tra individui, soprattutto nel contesto-classe. Tale approccio empirico si ispira all’etno-
  • 13. 13 metodologia, all’interazionismo simbolico e alla sociologia fenomenologica, tramite metodi di indagine principalmente qualitativi. I sociologi appartenenti a tale scuola muovono una forte critica nei confronti del tradizionale approccio sociologico alla scuola, che viene concepita come una “scatola nera”, di cui si analizzano soltanto gli elementi in entrata e in uscita, ma non il contenuto né le dinamiche presenti al suo interno (Fele e Paoletti, 2003). Inoltre, questo approccio empirico si sforza di adottare il punto di vista di bambini e ragazzi nell’analisi del percorso scolastico, andando anche ad osservare il curriculum nascosto, che consiste nelle capacità e le conoscenze acquisite dagli studenti riguardanti la gestione delle norme e dei ruoli sociali. Infine, è stata effettuata, riprendendo anche i lavori di Rosenthal e Jacobson, una categorizzazione delle tipologie di insegnanti in base allo stile di insegnamento (democratico, permissivo, autoritario). A partire dagli anni ’90, si è delineata anche la teoria della scelta (o azione) razionale, la quale ha tentato di spiegare i dati raccolti apparentemente contrastanti tra loro con un unico modello teorico, basato sulla razionalità, principalmente economica, della scelta (Schizzerotto e Barone, 2006). Questa teoria si propone di analizzare la crescita nel tempo dei tassi di partecipazione scolastica dei figli delle classi inferiori, nonostante ciò la stabilità nel tempo delle disuguaglianze relative di istruzione e i differenziali di investimento in istruzione a parità di investimento scolastico, andando a spiegare questi diversi aspetti in un’unica teoria (Breen e Goldthorpe, 1997). Tale approccio sostiene che le differenze derivate dall’appartenenza a varie classi sociali abbiano inizio nel momento in cui l’istruzione non è più obbligatoria, quando si deve scegliere se fare un investimento economico per fare proseguire negli studi il ragazzo oppure no. Chi proviene da una famiglia
  • 14. 14 appartenente alla classe operaia, infatti, opterà per un istituto tecnico o professionale, in modo da non avere ulteriori spese economiche per la formazione universitaria, ma, anzi, poter ottenere un posto di lavoro e un reddito subito dopo il diploma. Al contrario, chi proviene da una famiglia appartenente ai ceti superiori, potrà permettersi di proseguire con gli studi universitari, nonostante le capacità non eccellenti del ragazzo, anche per mantenere lo status sociale (a conferma della teoria neo-weberiana). Questo spiega perché, nonostante i maggiori tassi di partecipazione scolastica degli individui delle classi inferiori e le buone performance effettuate da queste a livello delle scuole primarie, permangono differenze per quanto riguarda i livelli di istruzione raggiunti (Schizzerotto e Barone, 2006). Il presupposto teorico di questo approccio è la concezione di uomo come attore sempre e comunque razionale, fatto smentito più volte su più fronti, dato che non capace di rendere conto dell’importante ruolo dell’emotività nel processo decisionale umano. Queste principali teorie sulla sociologia dell’educazione possono essere suddivise e raggruppato sia in teorie aventi immagine positive o negative della scuola, sia in teorie sociologiche del sistema o dell’azione. Il funzionalismo e le scuole neo-marxiste sono fondamentalmente deterministiche ed analizzano la struttura (sono, quindi, sociologie del sistema), vedendo l’azione come un epifenomeno delle strutture sociali. Il neo-weberismo e la new sociology of education, al contrario, sostengono che siano le azioni e le negoziazioni dei singoli a definire le strutture, definendosi, quindi, come una sociologia dell’azione. In altre parole, le teorie del sistema sociale dichiarano la determinazione totale dei
  • 15. 15 singoli, mentre le teorie dell’azione ne postulano il totale libero arbitrio (L. Fischer, 2003). Si opera una distinzione, però, come accennato sopra, anche tra teorie sociologiche positive e negative. Le teorie sociologiche con immagine positiva, dominanti negli anni ’50-‘60, sono nate tutte in un contesto di boom delle nascite ed economico che, da un lato, dava la possibilità agli individui di investire in istruzione e, dall’altro, richiedeva più alti tassi di persone istruite, capaci di rispondere alle esigenze di competenze e conoscenze crescenti da parte delle industrie e dagli apparati amministrativi (sviluppatisi nell’ottica Keynesiana dominante) (L. Benadusi, 1984). Questi approcci teorici si caratterizzano quindi per l’elevato grado di ottimismo, per la convinzione che l’aumento dell’istruzione renda gli individui più produttivi (da cui deriva l’utilità economica dell’istruzione), per la convinzione che la scuola sia un mezzo indispensabile per la conquista delle pari opportunità e per la certezza che un’educazione ben strutturata produca coesione dei cittadini attorno a valori comuni (L. Fischer, 2003). Tra le immagini positive si possono, poi, distinguere due visioni distinte: una conservatrice ed una più progressista su piano culturale e sociale. La prima pone l’accento sulla socializzazione ai valori comuni, tentando di prevenire devianze e anomia Durkheimianamente intesa. La seconda, invece, si applica non tanto alla scuola esistente, quanto, piuttosto, ad una possibile scuola riformata, guardando all’istituzione scolastica come al luogo per appianare le disuguaglianze di opportunità; in quest’ottica, inoltre, la scuola diventa il nucleo fondante di una nuova società progressista, libera da metodi autoritari e contenuti non più attuali, sostituendoli con una pedagogia liberal-progressista (volte al libero sviluppo della natura individuale). Le teorie con immagine positiva dell’istituzione scolastica si
  • 16. 16 identificano principalmente con le teorie funzionaliste, sebbene l’approccio progressista si avvicini di più ad alcuni principi elaborati dalla new sociology of education (L. Benadusi, 1984). A tali teorie si contrappongo quelle con immagine negativa, secondo le quali la scuola non è capace di accrescere il capitale umano e, quindi, la produttività individuale, ma insegni, piuttosto, ad allievi e studenti, ad accettare ed interiorizzare le norme comportamentali più vantaggiose per le imprese. Inoltre, esattamente all’opposto delle teorie con immagine positive, non vede nella scuola il luogo nel quale si possono annullare le disuguaglianze di opportunità, quanto il luogo in cui le disuguaglianze vengono perpetuate e legittimate. Infine, la scuola non integra tanto gli individui nei valori comuni (smentendo così la teoria di Parsons), quanto, piuttosto, nei valori della classe dominante, diventando strumento di manipolazione e conformismo anziché di sviluppo individuale libero. Le teorie con immagini negative possono essere considerate anche come radical-funzionaliste1 , che si oppongono al funzionalismo liberale2 . Tale definizione si deve al fatto che (in particolare) i teorici neo-marxisti della riproduzione attingono notevolmente dai concetti elaborati da Durkheim e Parsons, sviluppando un’analisi di stampo struttural-funzionalista ma seguendo principi di radici marxista. Per quanto riguarda la scuola, questo viene chiaramente dimostrato dal fatto che nelle teorie neo- marxiste, con immagini negative, la struttura scolastica viene percepita sì come mezzo per trasmettere e uniformare ad un pensiero (come nelle teorie funzionaliste tradizionali), ma il pensiero che viene trasmesso è quello capitalista della classe 1 L’espressione è presa in prestito dall’auto-critica di Bowles e Gintis (S. Bowles, H. Gintis, 1982). 2 Espressione ripresa da Galtung (J. Galtung, 1977).
  • 17. 17 dominante. Queste teorie si sono sviluppate in concomitanza alle proteste studentesche degli anni ’60 e ’70, criticando e vedendo negativamente inizialmente la scuola tradizionale, ma giungendo a negare, in un’iperbole iper-politicistica, il valore di qualsiasi istituzione scolastica appartenente ad un sistema capitalistico. Di questa visione si è poi appropriata la sinistra, inizialmente quella più radicale, in seguito anche quella più moderata, trasformando la precedente immagine positiva della scuola (trasmessa culturalmente dalle teorie con visioni positive) in un’immagine completamente negativa. Si può classificare come facente parte di tali teorie sia il conflittualismo, sia anche la new sociology of education, a causa delle critiche mosse nei confronti di un sistema scolastico obsoleto e pedagogicamente inadatto. Esiste, infine, un’ulteriore teoria con immagine negativa, né neo- marxista/conflittualista né funzionalista, la cosiddetta “teoria dello spreco”. Questa descrive l’attuale visione ambigua riguardante l’istituzione scolastica, sostenendo la presenza di un’overeducation, cioè un’inflazione del titolo di studio che non porta ad altro se non ad un enorme dispendio economico, senza aver alcun tipo di effetto positivo sulla produttività, ponendo dubbi “sull’educabilità indifferenziata e generalizzata della specie umana” (L.Benadusi, 1984). Questa scuola è di matrice neo-liberista, conservatrice, anti-keynesiana ed anti-welfarista. Dato questo quadro, risulta evidente l’incompatibilità delle diverse prospettive e l’impossibilità di trovare un’unica soluzione. Per risolvere questo problema, sorse, a metà degli anni ’90, la teoria emergentista, in base alla quale: "La struttura e l’agire vengono entrambi considerati strati emergenti della realtà sociale, e il legame consiste nell’esame della loro interazione" (Archer, 1995).
  • 18. 18 Questa teoria riesce ad includere due diverse dimensioni, struttura e agente, non riducibili una all’altra, perché ognuna è provvista di proprietà emergenti autonome. In particolare, le strutture precedono le azioni (condizionandole pur senza determinarle), e queste ultime vanno a modificare la struttura; per analizzare questo circolo è importante dar luogo ad un’analisi completa, comprendente le due dimensioni. Allo scopo di chiarificare meglio la teoria marxista riguardante la sociologia dell'educazione, verrà in seguito descritto brevemente il lavoro di Louis Altthusser, uno tra i più importanti sociologi neo-marxisti che si è occupato di tale tema.
  • 19. 19 2.2.1 Althusser: la teoria degli apparati ideologici di Stato Secondo la teoria sopra illustrata, proposta principalmente da Louis Althusser, lo Stato, per poter riprodurre i rapporti di potere e di produzione, si può servire e si serve di due apparati: l’apparato repressivo, che si basa fondamentalmente sul monopolio dell’uso legittimo della forza, e l’apparato ideologico, che assorbe tutti gli aspetti del sociale ma che si concretizza, primariamente, nella scuola (L. Benadusi, 1984). Secondo tale teoria la scuola, educando tutti i giorni i bambini per anni "Fin dalla scuola materna, con metodi nuovi e vecchi, inculca loro per anni – gli anni in cui il bambino è più vulnerabile […] – dei savoir faire rivestiti dell’ideologia dominante (la lingua, il far di conto, la storia naturale, le scienze, la letteratura) o semplicemente dell’ideologia dominante allo stato puro (morale, educazione civica, filosofia)". (L. Althusser, 1970) Althusser sottolinea poi, riprendendo Lenin, l’importanza della conquista degli apparati di Stato per mantenere l’egemonia di classe. Gli apparati ideologici di Stato si presentano quindi sia come l’ambito sia come l’obiettivo della lotta di classe. Inoltre, secondo Althusser l’acquisizione è preliminare alla formazione del consenso, che si realizza tramite gli apparati stessi; al contrario di Althusser, Gramsci ritiene, invece, che la scuola sia un mezzo utilizzabile dalle classi operaie per raggiungere il potere. A suo parere, infatti, una nuova egemonia, anche culturale, non può essere conquistata senza “un’elevazione culturale delle classi popolari” (Gramsci), anche tramite l’assimilazione critica delle conoscenze e dei progressi acquisiti proposti dalla scuola.
  • 20. 20 CAPITOLO 3: TALCOTT PARSONS 3.1 Il concetto di socializzazione nella sociologia dell'educazione Allo scopo di poter poi usare chiaramente il concetto di socializzazione in questo capitolo, data la sua importanza all'interno della teoria Parsonsiana, ne fornirò qui una breve definizione. Nella sociologia dell’educazione si parla spesso, infatti, di socializzazione, dividendola in primaria e secondaria, andando ad indicare, con questo termine, quel processo attraverso il quale i singoli individui apprendono i valori e le norme di comportamento, le conoscenze teoriche e le abilità pratiche necessarie alla partecipazione alla vita sociale e collettiva di nascita e di cui si viene a far parte nel corso della vita (Gallino, 1978; Schizzerotto, 1997a; Moscati e Ghilseni, 2001). Come si può intuire da questa definizione, dunque, il processo di socializzazione è un processo che si realizza nel corso dell’intera esistenza dell’individuo, sebbene sia principalmente concentrato nelle prime fasi della vita, cioè nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza. Ha inizio, infatti, acquisendo le competenze necessarie per l’assunzione dei ruoli adulti, ma prosegue anche in età adulta con l’acquisizione di nuovi ruoli (coniugali, genitoriali, lavorativi, etc.). Nella socializzazione di distinguono, a livello teorico, tre componenti: educazione, formazione ed istruzione. La prima riguarda gli orientamenti valoriali e normativi, la seconda è inerente all’acquisizione di abilità pratiche e strumentali, finalizzate al lavoro, mentre la terza si concentra sull’acquisizione di conoscenze astratte, metodi conoscitivi e schemi di pensiero (Schizzerotto e Barone, 2006; Bottani, 1986). Come precedentemente citato, la socializzazione si divide anche in primaria e secondaria: quella primaria si riferisce al processo che avviene nei primissimi anni
  • 21. 21 di vita, in età prescolare, e che ha come principale agente socializzante la famiglia, mentre quella secondaria avviene in anni successivi, ed ha come principale agente socializzante la scuola. Dopo aver chiarificato questo concetto, si può quindi procedere all'illustrazione della teoria di Parsons in merito alla sociologia dell'educazione.
  • 22. 22 3.2 La sociologia dell'educazione in Talcott Parsons Particolare attenzione viene riservata alla sociologia dell'educazione, e del ruolo socializzante di quest'ultima, dal sociologo statunitense Talcott Parsons (1902- 1979), il padre dello struttural-funzionalismo. Nella sua attività, si possono distinguere tre fasi principali: 1. Nella prima fase, si ricollega alla tradizione sociologica europea e formula la teoria volontaristica dell'azione sociale; 2. Nella seconda fase formula la teoria generale dell'azione e del sistema sociale; 3. Nella terza fase applica il suo modello al funzionamento di vari settori concreti della realtà sociale, tra cui la scuola. L'autore ritiene che la strutturazione di tutti i gruppi sociali sia sostanzialmente omologa, e che ogni sistema possa essere analizzato con un unico sistema concettuale. La società non è altro che una particolare tipologia di sistema sociale, che raggiunge il più elevato livello di autosufficienza rispetto all'ambiente (L. Ribolzi, 1993). Nell'ottica parsonsiana, la base della società è costituita da un insieme costituzionalizzato di valori legittimi, condivisi dall'esistenza di un forte sistema integrativo, che ne garantisce l'interiorizzazione. Questo comporta che i valori diventino la base del sistema normativo, garantendo così la coesione sociale. All'interno della società possiamo riconoscere tre sistemi: 1. Sistema sociale; 2. Sistema culturale; 3. Sistema della personalità.
  • 23. 23 I tre sistemi sono autonomi ma interdipendenti, interpenetranti e non gerarchizzabili. L'azione sociale è determinata da un "compromesso" tra i tre sistemi, e può essere definita come "il modo in cui l'attore si relaziona all'oggetto, e perviene a fissare uno scopo, nel quadro di una situazione e sulla base di un orientamento normativo, determinato nelle sue componenti essenziali dal consenso sui valori comuni, che avviene nella socializzazione e dà origine al complesso delle motivazioni" (L. Ribolzi 2012) I valori comuni determinano anche la stratificazione sociale, presente in ogni società, che riflette, fondamentalmente, la valutazione data alle varie posizioni sociali in base proprio ai valori comuni. Essendo basata sui valori e fortemente gerarchizzata, si presenta come una valutazione di tipo morale, per cui chi sta più in alto è degno di ammirazione e approvato, mentre chi sta più in basso è disapprovato. Questo insieme di norme risulta fondamentale perché, istituzionalizzando la stratificazione sociale, riesce a delegittimare le disuguaglianze sociali, risolvendo il problema dell'ordine sociale (A. Cobalti, 1985). Nella sua teoria, Parsons riconosce alla scuola due compiti fondamentali, interconnessi e in equilibrio fra loro: • Compito di socializzazione: è il processo di apprendimento del ruolo in un contesto di valori universalistici e con un gruppo di pari (novità per il bambino). In questo caso, tuttavia, l'apprendimento di cui si parla non è una semplice acquisizione di conoscenze, ma è da intendersi come un'interiorizzazione delle norme e dei valori, un "far proprio" i valori e le norme sociali, in modo da adoperarle in qualsiasi contesto. Nella teoria di Parsons, se ben realizzato, tale processo crea interpenetrazione tra le prescrizioni e aspettative di ruolo, i valori e le norme culturali, i comportamenti
  • 24. 24 e le motivazioni profonde dell'individuo, andando a creare una "struttura organicamente congruente" (L. Gallino, 1978). In questo modo, gli individui vanno volontariamente ad aderire ai valori dominanti. La socializzazione si realizza in varie fasi (che più avanti verranno illustrate), durante le quali l'individuo, freudianamente, introietta le norme sociali; • Compito di selezione: allocazione delle risorse nel modo più rispondente ai bisogni della società. La selezione avviene attraverso successive dicotomizzazioni, che si verificano nei vari livelli del percorso scolastico. Queste dicotomizzazioni si svolgono in modo da rappresentare un fattore d'ordine. Come sopra illustrato, la socializzazione avviene in varie fasi. Il proto-socializzatore che un individuo incontra nel corso della vita è costituito dalla famiglia. In questa prima fase della socializzazione, definita socializzazione primaria, avviene il contatto tra sistema della personalità e sistema culturale, e la costruzione della stessa personalità stessa avviene soprattutto in questa prima fase infantile, anche se continuerà per tutta la vita (fase di socializzazione secondaria). A questa fase segue la socializzazione scolastica, che porta i valori ad una situazione di universalismo, in modo differente dalla famiglia, più particolare. Inoltre la scuola, a differenza della famiglia, basandosi sul principio di prestazione, riproduce in piccolo i valori e le strutture della società. Parsons analizza la classe ipotizzando un funzionamento omologo a quello di ogni sistema sociale, ponendo l'accento sugli aspetti strutturali delle istituzioni educative. Con un'ulteriore specializzazione, Parsons individua i tipi di azione socializzatrice svolto dai vari
  • 25. 25 livelli scolastici, effettuando una divisione in due gruppi principali: classi elementari e scuola superiore/università. Per quanto concerne le classi elementari, Parsons illustra come nella classe ci si presenti con capacità cognitive e aspirazioni differenti, le prime innate, le seconde dipendenti dalla classe sociale di provenienza. Gli allievi tendono poi a differenziarsi su una dimensione di achievement, in cui le componenti intellettuali e quelle morali sono strettamente connesse (l'allievo intelligente è anche quello "bravo e responsabile"). Da notare che in questa situazione, secondo Parsons, non c'è una mera ripetizione della classe sociale di provenienza. In questo periodo, quindi, le acquisizioni fondamentali della socializzazione scolastica sono due: un primo contatto dell'individuo con norme universalistiche e status acquisiti, e l'apprendimento, determinante per il proseguimento del percorso scolastico, fortemente correlata alla prestazione della scuola elementare. Già a questo livello si crea una prima dicotomizzazione tra gli alunni, cioè una distinzione tra chi ha successo negli studi, e, quindi proseguirà, e chi non ha una buona riuscita, e intraprenderà un percorso professionalizzante. A livello di scuola superiore e università, l'interazione tra i vari agenti socializzanti crea strutture di personalità sempre più complesse. In ogni percorso si crea una nuova dicotomizzazione, in cui si distingue tra chi continuerà con gli studi e chi no. A tali livelli scolastici si pone la fondamentale "rivoluzione educativa", una delle tre grandi rivoluzioni della storia americana insieme a quella industriale e politica, caratterizzata dalla capacità dell'individuo di utilizzare la conoscenza. Di tale rivoluzione l'università è il culmine, in quanto massimo rappresentante del sistema di valori della razionalità cognitiva. Inoltre, l'università "estende il processo di
  • 26. 26 socializzazione, sviluppando l'individuo in modo che la sua personalità possa adattarsi ai rapidi processi di differenziazione, modificazione e razionalizzazione della società" (T. Parsons e G. Platt, 1970). Qui si crea un'ulteriore dicotomizzazione tra persone che hanno o no frequentato l'università, creando differenze in particolar modo per quanto concerne l'atteggiamento nei confronti dell'autorità e verso la differenziazione sociale. Per quanto riguarda l'atteggiamento nei confronti dell'autorità, la differenza risiede fondamentalmente nella capacità di valutare autonomamente l'autorità, oppure nell'accettazione della stessa in base a criteri gerarchici. Anche per quanto riguarda la differenziazione sociale si possono riscontrare differenze, dato che chi ha frequentato l'università tende ad avere atteggiamenti più tolleranti e pluralistici, aderendo contemporaneamente a più comunità e legittimandone l'esistenza. Al contrario, chi si è fermato ad un grado di istruzione inferiore tende ad essere maggiormente concentrato su un ambiente più limitato, fondato sui valori della maggioranza. Da tale discorso se ne deduce che, secondo Parsons, l'espansione del sistema scolastico superiore sia correlato allo sviluppo e al cambiamento di "atteggiamenti", più che allo sviluppo di competenze professionali (A. Cobalti, 1985). Come sopra accennato, tuttavia, il sistema educativo non svolge solamente il ruolo di elemento socializzante, ma anche quello di selezione evidenziato dal fatto che i ruoli più elevati della società sono occupati da persone con livelli di istruzione superiore. Il meccanismo di selezione è fondamentale per il mantenimento della stratificazione sociale, presente in tutte le società complesse e capace di esprimere le valutazioni degli stessi membri del sistema alle varie posizioni sociali in base ai valori comuni. La stratificazione avviene su base ascrittiva (basata sulle
  • 27. 27 caratteristiche ereditarie) e prestazionale, basata sull'achievement. Quest'ultimo, definito come desiderio di autoaffermazione, è fondamentale nella socializzazione scolastica, andando anche ad implicare il concetto di merito: infatti, ricompensando l'alunno sulla base delle prestazioni, gli consente di avanzare negli studi e di avere meriti universalmente riconosciuti. Riconoscendo questi due aspetti della stratificazione, Parsons garantisce un equilibrio tra continuità dello status familiare e mobilità sociale individuale basata sui meriti, valore fondante della società statunitense. Nel sistema scolastico, la selezione si verifica tramite successive dicotomizzazioni tra chi si ferma negli studi e chi passa al livello di istruzione successivo, processo che porterà ad opportunità e status sociali radicalmente diversi ma che, nonostante ciò, non è un procedimento conflittuale. La mancanza di conflitto in tale circostanza è dovuta a quattro ragioni principali (L. Ribolzi, 1993): • La quasi totalità della popolazione, compreso chi viene penalizzato da ciò, ritiene moralmente giusto che le ricompense vengano distribuite in base ai meriti, ben riconosciuti dall'istituzione scolastica, che utilizza metri di giudizio riconosciuti come imparziali. Questa credenza permane nonostante il fatto che, in realtà, la riuscita sia dovuta non solo al merito, ma anche alla provenienza sociale, rendendo una parte del risultato indipendente dal merito; • All'interno del gruppo-classe, esistono forme di sostegno emotivo tra pari che non necessariamente coincidono con il livello della performance: gli high achievers tendono a identificarsi più con gli insegnanti che con i compagni, mentre il contrario avviene per i low achievers, che, quindi, tendono ad
  • 28. 28 instaurare forti relazioni amicali con i coetanei. Questo costituisce un sostegno emotivo alla non riuscita e al fallimento scolastico; • Le giovani generazioni hanno, sulla base delle informazioni fornite da chi li ha preceduti, determinate aspettative sull'istituzione scolastica e hanno più basse aspettative nei confronti della mobilità sociale, in quanto consapevoli di un "destino scolastico mediamente atteso" (Bourdieu); • L'esistenza di incongruenza tra riuscita e status sociale di provenienza rinforza il valore dell'impegno individuale, anche se è inverosimile ritenere lo status indipendente dalla riuscita: nella società tecnologica la maggior mobilità sociale è resa possibile non da maggior democraticità dell'istituzione scolastica, ma da un'espansione quantitativa di ruoli sociali che richiedono un'elevata qualificazione. La selezione avviene attraverso la dicotomizzazione che si verifica nei vari livelli del percorso scolastico e si svolge in modo da rappresentare un fattore d'ordine. Ricapitolando, l'analisi svolta da Parsons ruota su due punti fondamentali: il primo è la visione della scuola come "produttrice" di risorse umane, collegate ad un sistema di forze (risorse cognitive dello studente, opportunità educative, l'azione dei gruppi di pari, l'esistenza di valori che legittimano l'azione scolastica). Il secondo punto forte dell'analisi Parsonsiana è costituito dalle dicotomizzazioni. In particolar modo quest'ultimo punto viene sviluppato dalla corrente del funzionalismo tecnico.
  • 29. 29 CAPITOLO 4: IL FUNZIONALISMO TECNICO E LA TEORIA DEL CAPITALE UMANO 4.1 Il funzionalismo tecnico La sociologia dell'educazione ha risentito per lungo tempo dell'influenza di Durkheim e Parsons, specie per quanto riguarda il ruolo dei valori morali e della socializzazione e la visione ottimistica del ruolo dell'educazione per la risoluzione dei problemi di sviluppo economico e giustizia sociale. Con il passare del tempo, i funzionalisti si divisero in due principali filoni, uno più tecnocratico, diffuso principalmente tra i sociologi americani, e uno di stampo più social-riformista, diffuso principalmente in Inghilterra. In entrambe le correnti, come in realtà nella maggior parte della sociologia dell'educazione, si poteva riscontrare, come sopra accennato, un'immagine fortemente positiva della scuola. Questa ottimistica visione si esplicitava soprattutto nella perfetta corrispondenza tra efficienza ed uguaglianza, ritenute complementari. I sociologi appartenenti a tale teoria, inoltre, ritenevano che sviluppo economico e aumento della mobilità sociale derivassero entrambe dall'aumento dell'istruzione della popolazione. Il ragionamento di fondo di tali teorie era che la moderna ed avanzata società industriale determini un progressivo aumento della tecnologizzazione dei processi di lavorazione, con una sempre maggiore necessità di manodopera altamente qualificata e con un maggior rafforzamento delle funzioni tecniche della scuola (L. Benadusi, 1984). Il sistema scolastico deve, inoltre, restare perennemente aggiornato, in modo da poter preparare gli studenti, specie quelli delle scuole superiori, ad affrontare il costante
  • 30. 30 aggiornamento tecnologico. Il prodotto dell'istituzione scolastica, quindi, diventa fondamentale sia a livello formativo che a livello scientifico-tecnologico. Proprio a causa della centralità del sistema scolastico, risulta fondamentale l'assicurarsi che nessun talento vada sprecato, in modo che la società possa disporre delle migliori competenze e delle intelligenze più sviluppate. Questo comporta che, laddove ci siano talenti naturali, questi debbano essere pienamente sfruttati, indipendentemente dalla classe di provenienza dell'individuo: tale esigenza pretende, per essere soddisfatta, una scuola fortemente meritocratica e tecnomeritocratica, ma assolutamente non classista. Per questo motivo, in quegli anni fiorirono studi sul rapporto tra scuola e mobilità scolastica e sulle disuguaglianze scolastiche. Come si è precedentemente accennato, in questo approccio teorico si possono distinguere due correnti, una di matrice Americana e l'altra di matrice Inglese. Quest'ultima, coerentemente con la sociologia d’oltremanica, utilizzava principalmente un'analisi empirica formalizzata, con lo scopo di indagare e denunciare le ingiustizie della società classista, in modo da potere, in seguito, individuare le riforme, anche radicali, da applicare per creare un autentico Welfare State. Tra queste, una delle riforme fondamentali era, ovviamente, la riforma scolastica. Lievemente differente era la corrente americana, definita tecno-funzionalista, caratterizzata da un forte ottimismo nei confronti della complementarietà tra uguaglianza socio-educativa e sviluppo economico, ma decisamente distinta e lontana dalle idee parsonsiane di coesione sociale assicurata dalla presenza di valori condivisi.
  • 31. 31 Pietra miliare del funzionalismo tecnico è la teoria della stratificazione formulata da Kingsley Davis e Wilbert Moore, che "tenta di spiegare, in termini funzionali, l'universale necessità che determina una struttura di stratificazione in ogni sistema sociale [...], espediente inconsapevole attraverso il quale le società si assicurano che le posizioni più importanti siano occupate dalle persone più qualificate" (L.Ribolzi, 1993). In altre parole, la teoria cerca di spiegare le ragioni funzionali della presenza, in tutte le società sviluppate, della stratificazione sociale. Questa teoria si basa sul presupposto che ogni società con un'elevata suddivisione del lavoro sia caratterizzata da una gerarchia occupazionale fondata, principalmente, su due criteri: l'importanza funzionale per la società (quella che verrà definita produttività dagli economisti della teoria del capitale umano) e la rarità delle competenze richieste, che presuppongono studi prolungati. Nell'opinione degli autori, tali rare competenze sono richieste proprio dai ruoli più prestigiosi. Data però la difficoltà per raggiungere e mantenere tali elevati livelli di competenza, bisogna trovare una giusta motivazione, in modo che il bilancio costi-benefici sia vantaggioso per chi decide, ed ha le capacità, di intraprendere il lungo percorso di formazione necessario alla conquista di tali abilità (L. Benadusi, 1984). Per questo motivo, le ricompense sono tanto maggiori quanto maggiori sono le competenze richieste, fatto che rende inevitabile l'esistenza di una stratificazione istituzionalizzata, capace di garantire il buon funzionamento del sistema sociale. Con le parole degli autori: " La disuguaglianza sociale diventa è così uno strumento che si è evoluto inconsapevolmente, per mezzo del quale le società si assicurano che le posizioni più importanti siano coscienziosamente occupate dalle persone più qualificate. Per
  • 32. 32 questo, ogni società, non importa se semplice o complessa, deve differenziare le persone in termini di prestigio e deve, perciò, possedere una certa quantità di disuguaglianza istituzionalizzata" (Davis e Moore, 1945). L'entità delle ricompense e del livello di stratificazione vengono definite in base all'equilibrio tra domanda e offerta del personale con le caratteristiche adatte al lavoro in questione. Questo sistema di ricompense funziona, quindi, anche per dissuadere gli individui ad intraprendere un determinato percorso quando si verifica un eccesso di offerta per la professione corrispondente: in tal caso, infatti, le ricompense vengono svalutate, e i soggetti disincentivati ad imboccare tali percorsi (l'esatto opposto avviene in caso di carenza di offerta). Il sistema di stratificazione si presenterebbe, in quest'ottica, come un effetto dell'interazione tra individui, che si muovono secondo una logica concorrenziale da homo economicus, in perfetta coerenza con il funzionamento del mercato del lavoro (A. Cobalti, 1985). È proprio la scuola, secondo gli autori, ad assumere il ruolo di selezionatore degli individui, fornendo loro le competenze necessarie e rendendosi il luogo in cui può, in base alle capacità dell'individuo, verificarsi mobilità sociale su base meritocratica. Gli autori, inoltre, distinguono tra stratificazione ed immobilità sociale: in una società meritocratica, infatti, ad occupare i ruoli più prestigiosi non dovrebbero essere i discendenti dell’élite in quanto tali, ma, semplicemente, gli individui migliori della società. La concezione tecnofunzionalista riassumeva efficacemente gli elementi culturali fondanti della società americana, assumendo un ruolo fondamentale per le riforme scolastiche degli anni Sessanta. Diversamente da Parsons, quindi, per Davis e Moore l'ordine sociale non si basa sulla condivisione di valori comuni,
  • 33. 33 quanto, piuttosto, sulla divisione organizzata del lavoro, che va a determinare, se ben operata, il benessere collettivo. L'approccio tecno-funzionalista venne però, in seguito, ampiamente ed aspramente criticato, in primo luogo perché, nonostante questa non fosse l'opinione degli autori, la teoria dei due sociologi americani potrebbe, ad un'analisi superficiale, apparire come una giustificazione delle disuguaglianze sociali. I neofunzionalisti hanno poi rifiutato gli aspetti omeostatici e deterministici della teoria, ammettendo l'esistenza del conflitto nel sistema sociale. Per la sociologia dell'educazione, due filoni, derivanti dal funzionalismo, risultano particolarmente interessanti: la teoria generale dei sistemi di Buckley (1976) e la teoria degli scambi di Blau (1964). Nella prima, in particolare, vengono teorizzate le dinamiche in atto nei cosiddetti sistemi aperti, caratterizzati da un continuo rapporto di scambio con l'ambiente circostante. Il sistema (noi prendiamo in considerazione quello formativo) elabora, in base ai propri meccanismi funzionali, una serie di stimoli provenienti dall'ambiente, producendo risposte e, se necessario, cambiamenti. Da ciò ne deriva che il sistema scolastico non può in alcun modo essere autoreferenziale, dato che esso è basato sulle relazioni.
  • 34. 34 4.2 La teoria del capitale umano La teoria del capitale umano nasce alla riunione dell'American Economic Association del 1960, con lo scopo di tradurre in un più rigoroso linguaggio economico gli assunti del funzionalismo tecnico. Anche questa, insieme a quelle di Blau e Buckley, deriva dal funzionalismo tecnico, analizzando il significato delle funzioni sociali da un punto di vista economico. La teoria si sviluppò, in un momento storico in cui gli economisti, a causa delle problematiche correlate allo sviluppo, dedicarono particolari attenzioni al tema dell'istruzione. Il razionale dell'adozione di una prospettiva economica nello studio della motivazione all'istruzione risiede nel fatto che quest'ultima prevede costi e benefici, che possono quindi essere studiati come decisioni economiche, di natura pubblica o privata. La visione dell'istruzione viene, quindi, modificata: non si tratta più di un consumo, ma di un investimento, una forma di capitale, che "essendo parte dell'individuo, non può essere comperato, venduto o trattato come un bene patrimoniale [...] e rende all'economia un servizio produttivo utile" (T. W. Shultz, 1960). In quanto investimento, inoltre, l'istruzione aumenta la produttività, a livello individuale e sociale, diventando quantitativamente valutabile. Lo scopo degli studiosi appartenenti a tale corrente è quello di stabilire la quota ottimale di popolazione da destinare all'istruzione per massimizzare la produttività, tenendo conto della redditività degli investimenti. La motivazione principale all'istruzione diventa, quindi, il cosiddetto reddito atteso, che altro non è che la maggior retribuzione riservata ai lavoratori che hanno raggiunto un più elevato grado di
  • 35. 35 istruzione, insieme al minor tempo d'attesa per entrare nel mondo del lavoro e alla minore probabilità di rimanere disoccupati. In quest'ottica appare chiaro come il raggiungere più elevati gradi di istruzione risulti conveniente sì per i singoli individui (che in questo modo possono aspirare a lavori meglio retribuiti e più prestigiosi), ma anche, d'altro canto, per i governi, che traggono il vantaggio di un più rapido sviluppo da una popolazione con un maggior numero di persone istruite. Inoltre, dato che è l'istruzione a generare aumento di produttività e, di conseguenza, sviluppo, è necessario e fondamentale programmare strategie di sviluppo delle risorse umane, in modo da ottimizzare la produttività in ogni settore. Di conseguenza, i paesi sottosviluppati devono progettare bene e porre molta attenzione al sistema scolastico per poter migliorare la propria condizione, così come anche i paesi in via di sviluppo o sviluppati, per evitare che il loro sviluppo di arresti. L'istruzione, tuttavia, non va ad influire solo sul reddito, ma influenza anche molteplici aspetti, non esclusivamente monetari, della vita degli individui, e può essere a ragione utilizzato come misuratore della stratificazione sociale, in quanto considerato come un incentivo. Da notare che l'istruzione diventa tanto più importante quanto più la società diventa complessa, richiedendo, quindi, skills (abilità) complesse. È proprio a tal proposito che Thurow elabora la cosiddetta teoria delle due code (1972), secondo la quale si può distinguere una "doppia coda" di persone e posizioni lavorative nella competizione per il posto di lavoro. Istruzione ed esperienza contribuiscono a formare la coda dell'individuo, fondamentali in quanto forniscono informazioni al datore di lavoro sul costo della formazione a suo carico (logicamente, tanto più l'individuo sarà già istruito, tanto minore sarà il costo della sua istruzione a carico
  • 36. 36 del datore di lavoro). Le imprese, dal canto loro, possono utilizzare il titolo di studio come criterio di valutazione, in quanto predittore del livello di rendimento del lavoratore. In un contesto nel quale le informazioni ottenibili sul lavoratore, al momento dell'assunzione, sono poche, infatti, il titolo di studio costituisce un indicatore fondamentale per il datore di lavoro su abilità e motivazione del candidato. Tale valore viene attribuito a priori soltanto in un'ottica credenzialista, e questa è la prima, fondamentale, critica, mossa nei confronti di tale teoria. L'aumento generalizzato del livello di istruzione mostra, tuttavia, un lato della medaglia negativo: l'eccesso di offerta qualificata causa un sottoutilizzo delle qualifiche dei lavoratori, e una traslazione delle credenziali formative verso l'alto; questo processo è stato definito da Bourdieu (1978) "declassamento o riclassamento" dei titoli di studio, meccanismo che sarebbe utilizzato dalle classi superiori per mantenere immutate le distanze. Se, infatti, i requisiti necessari per svolgere un determinato lavoro non cambiano, il numero di persone con il titolo di studio necessario a tale lavoro aumenterà, dato che il lavoro in questione è ben retribuito e socialmente stimato. Per distinguersi, un numero crescente di candidati al lavoro in questione si presenterà con un titolo di studi più elevato rispetto a quello richiesto. Una volta assunti, tuttavia, i lavoratori si troverebbero a svolgere un lavoro inferiore alle proprie capacità (per il quale era, infatti, sufficiente un titolo di studi inferiore), diventando così insoddisfatti e, di conseguenza, meno produttivi. Oggi, all'opposto, a causa dell'elevata necessità di competenze tecnologiche di alto livello, il numero di laureati richiesti continua a crescere. Tale crescita degli addetti al terziario è stata individuata come l'inizio del tramonto dell'epoca industriale (D. Bell, 1979; A. W. Gouldner, 1979), in favore di un sempre crescente bisogno di
  • 37. 37 "manodopera intellettuale", andando anche a sconvolgere la divisione in classi tipica dell'età industriale. Al contrario, c'è chi ritiene che la divisione in classi sia ancora riconoscibile (H.M. Schaade, A. Schizzerotto, 1987), e tra queste se ne possono individuare due nuove (o una suddivisa in due), detta la human capital class (J.K. Galbraith, 1968). In questa classe si possono distinguere due sotto-classi: • Tecnocrati: sono generati dalla complessità del sistema produttivo, occupano posizioni cruciali e sono difficili da sostituire, in quanto parte di un sistema altamente interdipendente; • Operatori del welfare state: sono quei lavoratori cresciuti in corrispondenza dell'espandersi di nuove aree di domanda. Tale situazione ha comportato un brusco aumento della necessità di lavoratori con un elevato titolo di studio, e, in seguito, anche un aumento della congruenza tra lavoro svolto e titolo di studio acquisito.
  • 38. 38 4.2.2 Le critiche alla teoria del capitale umano Al momento della nascita della teoria del capitale umano, si riteneva che la correlazione tra aumento della scolarizzazione e lo sviluppo fosse diretta e certa. Fu solo dopo il rallentamento dello sviluppo, nella seconda metà degli anni Sessanta, che ci si rese conto che non solo questo non era vero, ma che, anzi, la crescita della scolarità potesse addirittura portare disuguaglianze. Alcuni studi hanno infatti evidenziato come i paesi in via di sviluppo tendano ad investire soprattutto in istruzione tecnica e universitaria, in fasi del percorso di studi, quindi, in cui le differenziazioni tra classi si sono già compiute, anche a causa di bassi livelli qualitativi dell'istruzione primaria (G. Psacharopoulos, 1973). Questo si verifica, sebbene in misura minore, anche nei paesi più sviluppati; in questi, però, l'espansione del sistema produttivo e il dinamismo tecnologico comportano la necessità di formazione della classe operaia, da cui deriva la classe degli operatori del welfare state. Un'ulteriore, forte critica è stata mossa nei confronti nell'eccessivo economicismo che caratterizza sia la teoria del capitale umano che il tecno- funzionalismo, andando, in questo modo, a sottovalutare i nessi di natura sociale, culturale e politica. Quello che si è, in seguito, potuto osservare è, infatti, che le trasformazioni economiche, più che aumentare la richiesta di personale qualificato sul mercato del lavoro, dando così una spinta all'espansione della scolarità, agiscono indirettamente, tramite la provocazione di tensioni sociali. Queste, a loro volta, si ripercuotono sugli enti socializzanti, domandano un rinforzo della struttura sociale. Tale meccanismo, di impostazione parsonsiana, è definito rinforzo
  • 39. 39 strutturale, e sarebbe più importante rispetto alla teoria del capitale umano nella spiegazione del rapporto tra cambiamenti economici ed educativi (A. Field, 1976). Anche i funzionalisti hanno mosso una critica alla teoria del capitale umano, la quale non raiuscirebbe a spiegare, solo tramite l'istruzione formale, più del 7% della dispersione dei redditi. Aggiungendo all'analisi, invece, esperienza, investimento in formazione iniziale e successiva, si arriva a spiegare oltre la metà della differenza di reddito. Infine, una critica viene mossa alla scarsa attenzione posta nei confronti delle determinanti socioeconomiche e quelle irrazionali delle scelte formative.
  • 40. 40 Conclusioni Questo lavoro di tesi aveva lo scopo principale di approfondire il lavoro teorico riguardante la sociologia dell'educazione di Talcott Parsons e dei tecno- funzionalisti, con particolare attenzione alla teoria del capitale umano. Ritengo, infatti, il lavoro di questi sociologi basilare e fondante per l'attuale sociologia dell'educazione, nonostante il loro lavoro sia stato oggi parzialmente rivisto e superato. Per poter approfondire tali tematiche, non ho potuto fare a meno di inserire nel mio lavoro, come già accennato nell'introduzione, una breve premessa teorica riguardante le altre principali teorie della sociologia dell'educazione, il funzionalismo e il conflittualismo. Per quanto riguarda quest'ultimo, ho ritenuto utile inserire una breve parentesi riguardante il lavoro di Althusser, figura a mio parere molto rappresentativa della corrente conflittualista. Infine, non ho potuto fare a meno di inserire un breve accenno al fondatore della materia trattata in questo elaborato, Emile Durkheim, anche se, a causa del ridotto spazio a disposizione, non sono riuscito ad approfondire questa figura quanto meriterebbe.
  • 41. 41 BIBLIOGRAFIA Althusser L., "Ideologia e apparati ideologici di stato", in M. Barbagli (a cura di), Scuola, potere e ideologia, Il Mulino,Bologna, 1970 Bagnasco A., Barbagli M., Cavalli A., "Corso di sociologia", Il Mulino, Bologna, 1997 Bell D., "The new class: a muddled concept" in B. Brucebridges (ed.), "The New class?", Transaction Books, New Brunswick 1979 Benadusi L., "Scuola, riproduzione e mutamento. Sociologie dell'educazione a confronto", La Nuova Italia, Firenze, 1984 Besozzi E., "Elementi di sociologia dell'educazione", Nuova Italia Scientifica, Roma, 1993 Blau P. M., "Ezchange and power in social life", Whiley, New York, 1964 Bottani N., "La ricreazione è finita", Il Mulino, Bologna, 1986 Bourdieu P., "Classement, declassement, reclassement", in "Actes de la recherce en sciences sociales", n.24, 1978 a Breen R., Goldthorpe J. H., "Explaining educational differentials: towards a formal rational action theory", in "Rationality and society", 9,3, 1997 Brookover W., “A sociology of education”, Amercan Books Company, New York, 1955 Buckley W., "Sociologia e teoria dei sistemi", trad. it., Torino, 1976 Cavalli A., Argentin G., "Gli insegnanti italiani: come cambia il modo di fare scuola. Terza indagine dell'istituto IARD sulle condizioni di vita e di lavoro nella scuola italiana", Il Mulino, Bologna, 2010
  • 42. 42 Cobalti A., "Sociologia dell'educazione. Teorie e ricerche sul sistema scolastico", Franco Angeli, Milano, 1985 Cohen P.S., "La teoria sociologica contemporanea", trad. it., Bologna 1971 Davis K., Moore W. E., "Alcuni principi della teoria della stratificazione", R. Bandix, S.M. Lipset (eds.), "Teorie sulla struttura di classe", trad. it. Venezia, 1969 (ed. orig.1945) Durkheim E., “Pedagogia e sociologia”, Canova, Treviso, 1962 Durkheim E., “La sociologia e l’educazione”, Newton Compton Italiana, Roma, 1971 Fele G., Paoletti I., "L'interazione in classe", Il Mulino, Bologna, 2003 Field A. J., "Educational Expantion in Mid-Nineteenth Century Massachussets: Human Capital Formation or Structural reinfoirecement?", Harvard Educational Review, 1976, n.46 Fischer L., "Sociologia della Scuola", Il Mulino, Bologna, 2003 Galbraith J. K., "Il nuovo stato industriale", Einaudi, Torino, 1968 Gallino L., "Dizionario di sociologia", UTET, Torino 1978 Galtung J., "Functionalism in a new key,in essays in methodology - methodology and ideology", Copenaghen, 1977 Gouldner A. W., "The future of intellectuals and the rise of new class", Mach Millan, London,1979 Moscati R., Ghilseni M., "Cos'è la socializzazione?" Carrocci, Roma, 2001 Parsons T., Platt G. M., "Età, struttura sociale e socializzazione nell'istruzione superiore", trad. it., in V.Cesareo (a cura di) Sociologia dell'educazione, 1972 (ed. orig.1970)
  • 43. 43 Pollini G. "Analisi sociologica: L'azione e la relazione sociale", Franco Angeli, Milano, 2007 Pollini G., Pretto A., "Sociologi: Teorie e ricerche. Sussidio per la storia dell'analisi sociologica", Franco Angeli, Milano, 2009 Psacharopoulos G., "Returns to education: an international comparisons", Jossey Bass, San Francisco, 1973 Ribolzi L., "Formare gli insegnanti", Carrocci, Roma, 2002 Ribolzi L., "Sociologia e processi formativi", Editrice La Scuola, Brescia, 1993 Ribolzi L.," Società, persone e processi formativi. Manuale di sociologia della scuola" Mondadori, Milano, 2012 Schaade H.M., Schizzerotto A., "Social mobility and education in contemporary Italy", ISA RC on Social Stratification, Berckley, 1987 Schizzerotto A., "Scuola" in "Enciclopedia delle scienze sociali", Roma, Istituto delle enciclopedie italiane, vol. 7 1997a Schizzerotto A., Barone C., "Sociologia dell'istruzione", il Mulino, Bologna, 2006 Shultz T. W., "Istruzione e formazione di capitale", trad it. in "L'istruzione come investimento", a cura del Censis, Roma,1965 (ed.orig. 1960) Thurow L., "Education and economic inequality", in "The Public interest", vol. 2, 1972
  • 44. 44 Ringrazio infinitamente Benedetta, per tutto l’aiuto e sostegno che mi sa sempre fornire. Ringrazio la mia famiglia dell’enorme sostegno morale e del supporto strumentale, la quale ormai da più di otto anni sopporta con pazienza la mia distanza e che si è sempre resa disponibile a venire in contro ad ogni mia necessità. Ringrazio la mia “famiglia acquisita” che ha saputo dimostrarsi a me molto vicina e partecipe in alcuni momenti di difficoltà, come nella scelta del mio percorso, ricaduta felicemente sul Master Gis. Infine un abbraccio a tutti i vecchi e nuovi amici che hanno rallegrato il mio percorso. Dedico simbolicamente questa tesi al Professor Gabriele Pollini e al suo esame, nel quale ho registrato un 19, la più bassa votazione della mia carriera, a causa di un errore nella domanda, ironia della sorte, su Parsons.
  • 45. 45