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Il	Controllo	di	Gestione													
nel	Terzo	Settore																		
Il caso della Cooperativa Sociale B
Chindet SCS
Pier Paolo Topran D’Agata
Anno Accademico 2016/2017
1
Sommario	
Parte Prima ............................................................................................................................. 2	
Il progetto di stage: individuazione sintetica ........................................................................ 2	
Scopo del tirocinio............................................................................................................ 2	
Effettivo svolgimento e organizzazione dello stage ......................................................... 3	
Chindet: Attività e Storia................................................................................................... 4	
Tipologia delle relazioni intrattenute con l’organizzazione................................................... 8	
Parte Seconda......................................................................................................................... 9	
Analisi del settore in cui ho svolto il tirocinio........................................................................ 9	
Aspetti critici messi a fuoco ............................................................................................... 11	
Parte Terza............................................................................................................................ 13	
Strumenti teorici utilizzati nel corso del tirocinio ................................................................ 13	
Definizione del controllo di gestione............................................................................... 13	
Analisi S.W.O.T.................................................................................................................. 14	
Gli strumenti del controllo di gestione................................................................................ 15	
La misurazione dei risultati ottenuti tramite gestione......................................................... 19	
Analisi dei costi e degli scostamenti .................................................................................. 19	
Reporting ........................................................................................................................... 22	
Conclusioni............................................................................................................................ 24	
Bibliografia............................................................................................................................. 26
2
Parte Prima
Il progetto di stage: individuazione sintetica
Scopo del tirocinio
Il tirocinio formativo da me svolto presso l’azienda chimica Chindet si proponeva di
realizzare la mia prima esperienza lavorativa nell’area del controllo di gestione. Più
nello specifico, nel progetto di tirocinio erano state individuate tre fasi, che
rappresentano, da un punto di vista teorico, le “tappe” percorse da ogni tirocinante
nel corso della nuova esperienza lavorativa. Queste tre fasi sono denominate
Conoscere, Attivarsi, Proporre. La prima di queste tre fasi era dedicata,
fondamentalmente, all’inserimento nell’ambiente lavorativo, cercando di capire i
meccanismi interni dell’azienda, sia da un punto di vista organizzativo-formale, sia
da un punto di vista umano, in modo da poter raggiungere la migliore intesa
possibile con colleghi e collaboratori. Oltre a questo tipo di conoscenza, la prima
fase del tirocinio aveva anche il compito di introdurmi agli strumenti di lavoro (il
software gestionale e i documenti formali di varia natura), in modo da farmi
raggiungere un buon livello di confidenza e di autonomia, utilizzata poi nelle fasi
successive.
La seconda fase, durante la quale era prevista l’acquisizione di un buon livello di
autonomia, era stata preposta, al momento della stesura del progetto di tirocinio, alla
realizzazione delle prime mansioni vere e proprie, grazie al maggior livello di
conoscenza del contesto e degli strumenti raggiunta nel corso della prima fase. Così
effettivamente è stato, e, nel corso di questa tappa, ho portato a termine i primi
compiti propri del ruolo a me affidato, cioè quello del controllo di gestione. Questa è
stata anche la fase nel corso della quale si è delineato con più precisione quello che
sarebbe stato il corpus centrale del mio lavoro presso l’organizzazione.
3
Nella fase conclusiva, il progetto di tirocinio prevedeva un mio pieno coinvolgimento
nel compito centrale a me affidato, una piena acquisizione di padronanza da parte
mia per quanto riguarda la gestione del lavoro, che avrebbe anche dovuto portare ad
un ruolo attivo e, soprattutto, pro-attivo, per proporre e realizzare eventuali nuove
idee.
Effettivo svolgimento e organizzazione dello stage
Il lavoro che ho svolto presso la Chindet è stato effettuato principalmente in
autonomia, dato che nessuno, tra i miei colleghi dell’area amministrativa e
commerciale, si occupava del controllo di gestione. Ad essere mio principale punto
di riferimento per quanto riguarda gli aspetti più specifici di competenza tecnica è
stato, più che il mio tutor aziendale Alessandro Bezzi, il direttore dell’organizzazione,
Antonio Frizzera, il quale si occupava, prima del mio arrivo, del controllo di gestione
ed era, quindi, la persona più competente per guidarmi. Era, infatti, principalmente
quest’ultimo ad affidarmi le consegne con i compiti da svolgere, e con lui mi
confrontavo per risolvere gli eventuali problemi riscontrati durante la realizzazione
del lavoro. Sempre insieme al direttore, ho svolto diversi incontri con collaboratori
dell’azienda, per discutere dei risultati sull’analisi dei trasporti svolta da me in quanto
responsabile del controllo di gestione, come anche alcuni incontri con colleghi che
ricoprivano ruoli diversi dal mio, per poter ottimizzare la produzione.
Occasionalmente, in base alla necessità e alla mia disponibilità, collaboravo anche
con gli altri colleghi dell’area amministrativa e commerciale. Questo mi ha permesso
di conoscere meglio tutti quegli strumenti di lavoro (fatture, Documenti Di Trasporto,
ordini di merce, etc.) che dovevo poi utilizzare ed analizzare nell’ambito dei miei
compiti in quanto responsabile del controllo di gestione. Con il mio tutor aziendale,
Alessandro Bezzi, mi confrontavo periodicamente, in special modo in relazione ad
eventuali problemi personali o organizzativi riscontrati da parte mia, e per avere, da
parte sua, feedback e giudizi sul lavoro svolto.
4
Chindet: Attività e Storia
La cooperativa sociale Chindet nasce dalla fusione, in particolar modo, di tre
soggetti: l’azienda chimica Chemitec, la cooperativa sociale Kaleidoscopio e
l’azienda Ferruzzi Servizi S.R.L.
L’organizzazione, precedentemente esistente come Chemitech, è stata riconvertita
ufficialmente a cooperativa sociale di tipo B solo di recente, nel maggio 2016,
nonostante la collaborazione con la cooperativa sociale di tipo A Kaleidoscopio fosse
già esistente da tempo e consolidata. Questa collaborazione consisteva
principalmente nell’impiego, attraverso progetti formativi, di soggetti detenuti nel
carcere di Spini di Gardolo, a Trento, per realizzare l’imbottigliamento e
l’etichettatura dei detergenti sfusi prodotti nello stabilimento principale dell’azienda
Chemitec, che era precedentemente situato a Mori (TN). Con la riconversione a
cooperativa sociale di tipo B, il numero di detenuti coinvolti nel progetto è aumentato,
fino ad arrivare ad un totale di 120 individui all’anno, numero destinato ad crescere
ulteriormente, se l’approvazione del bando FSE, per il quale è stata fatta domanda,
dovesse andare a buon fine. Oltre a questo, la cooperativa ha assunto anche
lavoratori svantaggiati nella sede principale, trasferita, nel frattempo, a Villa
Lagarina, in modo da ampliare gli spazi a disposizione. Oltre all’attenzione per il
sociale, l’organizzazione ha dimostrato anche una cospicua sensibilità per le
questioni ambientali, aprendo una nuova linea formata esclusivamente da prodotti
biologici ed eco-sostenibili.
L’organigramma dell’azienda è, in larga parte, assimilabile a quello di una “canonica”
azienda di produzione, ed è così composto:
5
6
Al momento attuale, per quanto concerne la dimensione economica
dell’organizzazione, le previsioni del bilancio 2017 si attestano attorno a 3,5 milioni di
euro di fatturato.
Attività da me svolta e coinvolgimento all'interno della struttura
Le mie attività all’interno dell’organizzazione sono state varie, ma principalmente
legate al nodo centrale del controllo di gestione. Il mio primo compito è stato quello
di creare un database con tutti i corsi di formazione eseguiti dal personale assunto,
catalogando le consegne dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI). Questo mi
ha permesso, tra le altre cose, di familiarizzare con gli operai e con tutto il personale,
dovendo andare a confrontarmi di volta in volta con ciascun lavoratore, e dovendo
sottoporre loro piccoli questionari. Tra le prime esperienze, inoltre, c’è stata anche la
mia partecipazione ad una riunione svolta presso il Centro di Salute Mentale
dell’APSS di Rovereto, insieme al mio tutor aziendale, nonché Responsabile Sociale
della cooperativa, per discutere della nascita di un coordinamento tra cooperative,
sia di tipo A che di tipo B, con il CSM locale, in modo tale da ottimizzare i metodi di
assunzione dei lavoratori svantaggiati (nello specifico di soggetti con disturbi
psichiatrici).
Un’esperienza svolta nel primo periodo del tirocinio (la fase Conoscere), a mio
parere molto formativa ed utile per entrare in contatto con tutto il personale, è stata
quella di collaborare, per qualche giorno, all’interno di una delle linee di produzione.
Questo mi ha consentito di comprendere meglio i metodi e i processi di produzione,
e ciò si è poi rivelato molto utile nei compiti più propriamente inerenti al controllo di
gestione.
Le mansioni assegnatemi durante il primo periodo di inserimento, anche se talvolta
non esattamente inerenti al ruolo originario, mi hanno permesso di conquistare la
stima e la fiducia dei colleghi, i quali hanno, quindi, cominciato ad assegnarmi
compiti amministrativi e gestionali più seri e impegnativi. In questa seconda fase ho
affrontato sfide e problemi tipici del controllo gestione, rispecchiando e rispettando,
quindi, il progetto di tirocinio. Più nello specifico, in questa fase ho iniziato quello che
7
è stato il central core del mio tirocinio, ovvero un’analisi dettagliata e accurata dei
costi di trasporto. Questo impegnativo lavoro ha occupato la maggior parte del
tempo presso l’azienda, e ha compreso anche numerosi incontri con il direttore
dell’organizzazione e con il responsabile di magazzino e logistica, come anche con
le aziende collaboratrici che si occupano del trasporto dei prodotti. Alla fine
dell’analisi, sono riuscito ad individuare diverse migliorie gestionali da applicare per
quanto riguarda il trasporto dei prodotti, in modo tale da ottimizzarlo e diminuire il
costo dello stesso. Oltre a verificare che le somme sulle fatture fossero corrette
(errori di fatturazione), ho effettuato anche un’analisi per verificare la correttezza dei
pesi addebitati. Partendo dai singoli ordini dei clienti, e ricostruendo il peso teorico
dei bancali, sono risalito alla tariffa che si sarebbe dovuta applicare, confrontandola
poi con quella realmente applicata. Inoltre, pesando i singoli prodotti e i bancali, ho
ricostruito uno standard di “bancalizzazione” più efficiente, in cui le tariffe sugli
scaglioni di peso sono sfruttate al massimo. Questo mio lavoro ha consentito sia di
correggere alcuni errori effettuati dai trasportatori (a vantaggio dell’organizzazione
per la quale lavoravo), sia di modificare l’assemblaggio dei pallet, ottimizzando la
disposizione in bancali, ed evitando, in questo modo, spese inutili. Alla fine ho
effettuato un ultimo incontro con il direttore dell’azienda dei trasporti Logistics &
More, incontro durante il quale ci siamo confrontati sugli errori da me trovati
all’interno dei Documenti Di Trasporto.
Nel corso di questa e di altre mansioni ho realizzato diverse proposte, che sono
spesso state accolte favorevolmente, ricoprendo, in questo modo, un ruolo
decisamente propositivo e autonomo.
Settimanalmente, inoltre, mi sono occupato di gestire il rifornimento dello spaccio
aziendale, presente anch’esso a Villa Lagarina, nella sede dell’azienda. Sempre
settimanalmente, eseguivo le statistiche inerenti il confezionamento, per visualizzare
l’andamento dello stesso, ed individuare eventuali rallentamenti o problemi
riscontrati. In aggiunta, ogni mese mi occupavo di registrare tutte le spedizioni di tutti
i trasportatori, caricando anche i dati riguardanti i destinatari. Con queste
informazioni, sempre mensilmente, facevo un riassunto tramite il software Quanto®,
riguardante l’ordine totale effettuato dal cliente, e sottraendo, a questo, il costo
specifico del trasporto della merce dello stesso cliente: eseguivo, in questo modo, il
8
Bilancio Gestionale. Sempre per la realizzazione del Bilancio Gestionale, mi sono
occupato anche di inserire e verificare il costo della merce commercializzata, ma non
prodotta dall’azienda dato che non rientrava nel “costo standard”. Infine,
saltuariamente mi sono occupato di altri lavori una tantum, riguardanti, ad esempio,
la gestione dello spaccio aziendale, oppure lavori richiesti specificamente da alcuni
clienti.
Tipologia delle relazioni intrattenute con l’organizzazione
Posso definire le relazioni intrattenute con i miei colleghi e con i miei superiori
decisamente positive e amichevoli. Ho collaborato soprattutto, per la natura del mio
ruolo, con il personale amministrativo e commerciale e con il direttore, il quale mi
assegnava la maggior parte delle consegne e mi assisteva in ambito tecnico-
professionale. Il punto di riferimento principale del mio tirocinio si può, quindi,
individuare nel direttore dell’organizzazione Antonio Frizzera, in quanto persona più
competente nell’ambito del controllo di gestione. Il mio tutor aziendale, Alessandro
Bezzi, era comunque costantemente aggiornato sulle attività da me svolte, ed era
disponibile per risolvere qualsiasi mio problema non specificatamente inerente al
controllo di gestione. Ho collaborato in modo positivo e produttivo anche con gli altri
membri del personale, in particolar modo con le responsabili dell’ambito
amministrativo e dell’ambito commerciale, le quali mi hanno spesso dato consigli e
delucidazioni riguardo al rapporto con i clienti e alla lettura del materiale tecnico-
commerciale. Mi sono spesso confrontato in modo positivo, imparando molto dal
punto di vista professionale, sia con il responsabile del controllo qualità, sia con il
responsabile della produzione che con il responsabile del magazzino: grazie alla
collaborazione con queste persone ho potuto ultimare al meglio il mio lavoro inerente
l’analisi dei trasporti, e impadronirmi di una sempre crescente professionalità,
generale e specifica alle merci prodotte dall’organizzazione.
9
Parte Seconda
Analisi del settore in cui ho svolto il tirocinio
Il motivo per il quale l’azienda Chindet aveva catturato tanto la mia attenzione al
momento della scelta del tirocinio era stato che era una cooperativa di tipo B diversa
dalle altre. La maggior parte delle cooperative che prevede l’impiego di lavoratori
svantaggiati, infatti, è coinvolta nella manutenzione degli spazi verdi cittadini, o in
altri (pochi) ambiti tipici e standardizzati. La particolarità della Chindet, invece, è che
si presenta come una cooperativa dalla spiccata vocazione imprenditoriale e
produttiva, fatto che si può dedurre dalla storia stessa dell’organizzazione, la quale,
come ho già detto in precedenza, nasce come impresa “canonica”, e solo in un
secondo momento intraprende la strada degli inserimenti lavorativi di individui
socialmente svantaggiati, andandosi infine a definire come cooperativa. Questa sua
peculiarità di essere un’industria chimica - cooperativa B la rende unica nel suo
genere sicuramente sul territorio regionale, ma anche su quello nazionale. Questo
comporta però, sicuramente, anche numerose difficoltà da un punto di vista
organizzativo. Il contesto industriale, infatti, è piuttosto complesso, e la gestione del
personale svantaggiato, specie degli individui con problemi psichici o di
tossicodipendenza, può spesso risultare incompatibile con la rigidità degli orari e dei
tempi della catena di produzione. Per tali motivi sono spesso insorti problemi, e il
responsabile sociale è stato frequentemente interpellato per gestire al meglio il
rapporto tra il personale all’interno della catena di produzione, in modo che tutti i
lavoratori venissero responsabilizzati, e che i soggetti più difficili da gestire potessero
essere sostenuti da colleghi di più lunga esperienza. Bisogna, inoltre, saper gestire i
numerosi inserimenti dei tirocinanti, anch’essi molte volte individui svantaggiati o
immigrati con diritto di asilo politico, i quali hanno sia il problema dell’ingresso in un
nuovo contesto lavorativo sia, spesso, un problema di inserimento linguistico e
culturale. Questo, ovviamente, crea inevitabili rallentamenti a livello di produzione,
dal momento che molto spesso il problema comunicativo è tanto grave da rendere
faticosa anche la sola assegnazione delle consegne. Questi lavoratori, inoltre,
numerose volte provengono da contesti sociali e lavorativi completamente differenti
10
rispetto a quello della fabbrica, e lo stesso è vero per soggetti con disturbi psichici o
problemi di tossicodipendenza, che non hanno mai lavorato o hanno svolto
solamente lavori occasionali e sono disoccupati da tempo. Ciò comporta spesso
difficoltà di adattamento ai ritmi di lavoro industriale, e il pericolo è che si crei un
clima di laissez-faire, incompatibile con i ritmi di produzione della concorrenza e
mette a rischio la capacità dell’azienda di essere competitiva e di restare sul
mercato. Tuttavia, in questi anni, la direzione, il responsabile sociale e tutto il
personale hanno lavorato per creare un clima collaborativo all’interno
dell’organizzazione, fatto che ha reso la gestione di tali problemi e di tutte le difficoltà
legate alla imprevedibilità di programmazione temporale del personale più semplice
(o per lo meno un po’ meno complessa).
Oltre a ciò, esistono anche diverse difficoltà organizzative relative alla gestione del
personale all’interno della casa circondariale di Spini di Gardolo. Qui, al momento, vi
sono due linee di confezionamento, ciascuna con due turni di lavoro dalla durata di
circa tre ore; è in programma l’aggiunta di un terzo turno, grazie ad un progetto FSE,
in modo tale da coinvolgere un numero di detenuti ancora più ampio. Come detto in
precedenza, se si tengono in considerazione entrambe le linee di confezionamento e
tutti i turni attualmente attivi, ai quali si aggiungono 4 operai, sempre detenuti,
assunti a tempo indeterminato e con orario più esteso (6 ore e mezza al giorno per
tutto l’anno, retribuiti al 60% del CCNL), ci sono attualmente circa 120 carcerati
all’anno coinvolti nel progetto tramite borse lavoro. A questi operai si aggiungono tre
dipendenti Chindet esterni al carcere, con un ruolo di supervisione. La gestione di un
così alto numero di dipendenti, che lavorano in modo discontinuo (molti individui
aderiscono al progetto per periodi limitati di tempo, non per tutto l’anno) e con turni di
breve durata, risulta spesso complessa da un punto di vista organizzativo. Non tutti
gli operai si sentono, infatti, responsabilizzati nello svolgimento delle mansioni
affidate loro, e questo li porta a comportarsi in modo non esattamente professionale.
Nell’ultimo periodo, tuttavia, l’azienda ha investito sulla formazione del personale,
spiegando dettagliatamente come svolgere al meglio il lavoro e l’importanza di un
approccio più metodico e professionale allo stesso. Questo ha portato un doppio
vantaggio: all’azienda ha dato la possibilità di ottenere prodotti di buona qualità,
senza dover impiegare tempo e denaro per andare a correggere gli eventuali errori,
e ai detenuti ha dato la possibilità di vivere un’esperienza professionale più simile a
11
quella reale, acquisendo maggiori competenze tecniche e senso di responsabilità.
Nonostante il cammino già fatto in questo senso, credo che ulteriori migliorie
possano essere applicate, aggiungendo incontri formativi, in modo tale da rendere il
lavoro svolto in carcere di più alta qualità e più competitivo sul mercato. Un’utile
formazione potrebbe riguardare, ad esempio, l’utilizzo del software per la gestione
del magazzino, al momento non utilizzato in modo corretto. Questo faciliterebbe la
comunicazione con la sede centrale, e consentirebbe di rifornire il materiale solo
quando effettivamente necessario.
Altri problemi organizzativi riguardano più propriamente l’ambiente di lavoro, cioè il
carcere, con tutte le difficoltà e gli obblighi burocratici ad esso connessi. Bisogna,
infatti, sottostare a numerosi controlli, sia riguardanti il personale che la merce, e
questo può comportare, e spesso comporta effettivamente, ritardi sull’inizio del
turno, e quindi anche sulla produzione. Inoltre, il rapporto con il personale del
carcere non è sempre facile, si deve spesso sottostare a veti soggettivi che non
sembrano avere giustificazioni logiche, per cui l’ingresso dei trasportatori con i
materiali necessari può prendere anche diverse ore.
Aspetti critici messi a fuoco
Come ho già detto, la Chindet si è da poco tempo definita e organizzata come
cooperativa sociale (dal maggio 2016), e, prima dell’inizio del mio lavoro, non aveva
ancora un impiegato che si occupasse a tempo pieno e in modo rigoroso del
controllo di gestione. Nonostante ciò, i risultati ottenuti dall’azienda precedente, la
Chemitech, non erano negativi. Il 2016 è stato un anno di perdita, considerate le
difficoltà e le spese legate allo spostamento di sede e alla ristrutturazione, ma per
quest’ultimo anno ci sono state previsioni migliori. Dai dati ottenuti dalle mie analisi,
in particolare quelle relative alla logistica e all’organizzazione dei prodotti per la
spedizione, ho notato che i margini di miglioramento sono significativi: ho infatti
individuato diversi errori all’interno delle fatture logistiche partendo dai Documenti Di
Trasporto, che sono quindi stati rimborsati; inoltre, con l’aiuto del responsabile del
12
magazzino, ho effettuato una registrazione precisa dei pesi di tutti i singoli prodotti,
in modo da organizzare spedizioni che rientrino nei limiti di peso imposti dai
trasportatori, senza dover pagare sovrapprezzi ad ogni spedizione. A seguire,
questo, che è sicuramente un aspetto critico rilevato, può però anche essere visto
positivamente, poiché apportando piccole modifiche ed effettuando un costante
controllo su tali aspetti della produzione e della logistica, potrebbe ottimizzare
l'organizzazione generale e consentirebbe di risparmiare diverse migliaia di euro
l'anno.
Oltre a questa, vi sarebbero altre piccole migliorie non dispendiose applicabili già
attualmente, come ad esempio la riorganizzazione del confezionamento, allo scopo
di aumentare il rendimento a parità di personale impiegato. Molte di queste sono già
in fase di attuazione, nel processo di miglioramento e riorganizzazione che sta
affrontando l’azienda.
13
Parte Terza
Strumenti teorici utilizzati nel corso del tirocinio
Definizione del controllo di gestione
Il controllo di gestione ha molteplici scopi, primo tra tutti verificare se l’azienda opera
in modo efficiente ed efficace, dove per efficienza si intende l’utilizzo massimizzato
delle risorse e per efficacia il raggiungimento degli obiettivi preposti in coerenza con
la mission (Brunetti, 1989). Una seconda funzione è quella di supporto, per tradurre
la strategia in operatività quotidiana; inoltre, attraverso la strutturazione in centri di
responsabilità, aiuta a definire meglio ruoli e mansioni. In questi ultimi anni,
l’attenzione nei confronti del controllo di gestione è aumentata, e un numero sempre
maggiore di aziende sta applicando i princìpi propri di questo ambito o assumendo
personale specializzato, in modo da poter ottimizzare la propria resa. Questo è
avvenuto a causa di un contesto di mercato in continua evoluzione, che porta alla
necessità di avere un costante monitoraggio del proprio sistema e dello “stato
interno” dell’azienda. Sebbene sia vero, dunque, che il controllo di gestione stia
diventando prassi consolidata nelle aziende di medie e grandi dimensioni, lo stesso
non vale per le piccole imprese, e vale ancora di meno per le cooperative sociali,
spesso indipendentemente dalla dimensione. Gli strumenti tipici del controllo di
gestione sono, infatti, ancora delle novità all’interno di parte dell’impresa sociale, la
quale, storicamente, ha concentrato la sua attenzione su altri aspetti del fare
impresa. Tuttavia, proprio per poter compensare le difficoltà di gestione, la minor
produttività e/o i maggiori costi di gestione, sarebbe a mio avviso ancora più
importante e vitale svolgere un’attenta ed accurata analisi per ottimizzare tali aspetti,
in modo da rendere queste imprese più competitive sul mercato senza sacrificare la
mission che contraddistingue il suddetto tipo di organizzazioni.
Il processo di verifica e di analisi tipico del controllo di gestione soddisfa
principalmente due esigenze: accertarsi di andare incontro il più possibile ai bisogni
degli stakeholders e avere un rapporto ottimale tra input (cioè le risorse utilizzate) e
14
outcome (ovvero i risultati finali). Il primo punto, che coincide con l’efficacia, deve
obbligatoriamente essere soddisfatto, in quanto coincide con la ragione per la quale
l’azienda viene fondata - la mission. Viene misurata ex-post e valutata sia in
ambiente interno (efficacia operativa) che esterno (efficacia strategica) (Leardini,
2009). Il secondo punto, invece, misura l’efficienza. L’operare in economicità viene
raggiunto solo nel caso in cui lo svolgimento delle attività aziendali è al tempo stesso
efficace ed efficiente.
Quando si parla di controllo di gestione va sempre tenuto a mente che questa attività
non riguarda solo il controller, ma si presenta, piuttosto, come un’azione, un modo di
pensare collettivo, in quanto prevede una responsabilizzazione di ogni dipendente e
una maggior partecipazione degli stessi con consapevolezza delle dinamiche
aziendali.
Analisi S.W.O.T.
L’analisi S.W.O.T. (Strengths – Weaknessess – Opportunities – Threats), conosciuta
anche come matrice S.W.O.T. è uno strumento di pianificazione strategica,
sviluppato tra gli anni Sessanta e Settanta del novecento da studenti dell’università
di Standford. Viene utilizzata per effettuare un’analisi del contesto interno ed
esterno, in modo pratico e allo stesso tempo approfondito, e garantisce la possibilità
di comprendere quali siano le forze e le debolezze del contesto organizzativo interno
e le opportunità e minacce del contesto esterno, cercando di tramutare le debolezze
in forze e le minacce in opportunità.
Soltanto una volta effettuata un’accurata analisi dei quattro fattori S.W.O.T., si è in
possesso dei dati necessari per realizzare una pianificazione strategica accurata, sia
a lungo che a breve termine.
15
Gli strumenti del controllo di gestione
Il principale e più noto strumento del controllo di gestione è il bilancio di esercizio,
dal quale vengono estrapolati e rielaborati numerosi dati, ottenendo in tal modo
informazioni utili alle successive fasi di controllo e programmazione.
Esistono tre diverse tipologie di programmazione e controllo (Anthony & Young,
1992):
1. Pianificazione strategica;
2. Controllo operativo;
3. Controllo direzionale.
16
Io sono stato impegnato principalmente, nel corso del mio tirocinio, nel controllo
operativo e direzionale. Questi ultimi sono normalmente impiegati per verificare e
migliorare efficienza ed efficacia dei compiti svolti dall’azienda, e li ho utilizzati
soprattutto nei riguardi del confezionamento (controllo operativo) e della logistica
(controllo direzionale) e, una volta, anche nei riguardi della produzione. Come si può
vedere dall’organigramma di pagina 5, l’azienda è articolata in centri di
responsabilità così definibili:
• Centri di Ricavo;
• Centri di Costo;
• Centri di Profitto;
• Centri di Investimento.
Ho effettuato un’analisi per quanto riguarda il centro relativo al confezionamento.
Questo centro viene anche definito centro di reddito, così chiamato nel linguaggio
del controllo di gestione perché caratterizzato sia da costi (costo delle materie prime,
dei materiali impiegati e dello stipendio dei dipendenti), sia dal guadagno ottenuto
grazie alla vendita del prodotto sul mercato. Sottraendo dal prezzo del prodotto il
costo di produzione, si ottiene quello che viene definito, appunto, il reddito, il quale
può essere visto, in sostanza, come il guadagno netto ottenuto dalla vendita del
prodotto, pulito dai costi di produzione, anche se ancora non pulito da diversi altri
costi, quali, ad esempio, quelli di trasporto. La mia mansione era quella di
estrapolare dal software gestionale i dati relativi ai carichi di magazzino di prodotto
finito e sommare le quantità di prodotto imbottigliate da ogni singola linea di
produzione ogni giorno, ottenendo così i dati che mi erano poi necessari alla
costruzione di tabelle e grafici rappresentanti la produzione di ogni linea ogni giorno.
In collaborazione con il direttore e il responsabile della produzione, ho svolto l’attività
di programmazione, divisa, come approfondito nel corso del Master, in quattro fasi
(Francesconi & Giordano, 2008):
1. Programmazione: è il processo decisionale operato dalla direzione,
riguardante tutti gli ambiti dell’azienda, da quello produttivo a quello
commerciale. Per fare degli esempi circa l’organizzazione in questione, è
stato un importante passaggio del processo di programmazione l’apertura al
17
mercato B to C (Business to Consumer), oltre a quello B to B (Business to
Business), che ha coinciso con l’avvio della linea Aperegina, destinata al
mercato dei consumatori finali anziché a quello industriale. La
programmazione include anche scelte come quella riguardante lo stabilire i
prezzi dei prodotti, e la formulazione di obiettivi delle unità operative. Le
incombenze relative alla programmazione sono state eseguite principalmente
dalla direzione.
2. Formulazione di obiettivi gestionali di breve periodo (formulazione del badget):
è l’attività di previsione e allocazione dei costi previsti per i vari centri di
responsabilità, che si dovrebbe eseguire in anticipo per l’anno successivo.
3. La misurazione dei risultati ottenuti tramite la gestione: è l’attività che rileva i
dati riguardanti tutti gli aspetti aziendali (costi, ricavi, performance delle
principali attività). La frequenza della misurazione varia molto all’interno delle
diverse organizzazioni, e varia anche in funzione delle caratteristiche del
sistema informativo/informatico. All’interno dell’azienda in cui ho svolto
tirocinio ero io ad occuparmi di questa attività, con cadenza settimanale.
Ritengo molto utile ed intelligente effettuare le misurazioni a intervalli
ravvicinati, anche all’interno delle cooperative, specialmente per quanto
riguarda le cooperative di tipo B a spiccato carattere produttivo, come la
Chindet.
4. La valutazione dei sistemi ottenuti (attuata tramite reporting): è l’attività che,
attraverso i dati raccolti tramite la misurazione, verifica le differenze tra
obiettivi raggiunti e programmati, cercando di capire le ragioni di eventuali
differenze significative riscontrate, e adottando provvedimenti migliorativi.
Nell’organizzazione in cui ho svolto il mio tirocinio veniva svolta dalla
direzione. Per fare un esempio inerente la mia esperienza, recentemente è
stata fatta una riorganizzazione delle modalità produttive utilizzate nell’area di
confezionamento, realizzata nel corso di un incontro, al quale ho partecipato
in quanto responsabile della misurazione, tra direttore, responsabili delle
diverse aree di produzione e responsabile sociale.
18
Qui sotto, per riassumere l’iter del controllo di gestione, ho realizzato un semplice
grafico:
19
La misurazione dei risultati ottenuti tramite gestione
La fase dell’attività di programmazione di cui mi sono occupato io, ovvero la
misurazione dei risultati ottenuti, si pone, in qualche modo, come perno di tutto il
processo stesso di programmazione, controllo e, di riflesso, anche della fase di
budgeting di cui ho parlato sopra. Tutte le fasi, infatti, sia la programmazione che la
valutazione, sono strettamente legate ai dati, i quali vanno quindi raccolti. I dati che
si possono raccogliere riguardano tutti gli aspetti di tutti i centri di responsabilità, ma,
in base ai contesti, possono essere più o meno facili da registrare e catalogare:
misurare le spese contabili è relativamente semplice, una volta acquisite le giuste
competenze tecniche, mentre misurare, ad esempio in una cooperativa sociale di
tipo A che si occupa di pazienti con disturbi psichici, la soddisfazione e il benessere
del paziente per quanto riguarda il servizio può essere molto complicato. Per mia
fortuna, l’organizzazione nella quale ho svolto il mio tirocinio non presentava questa
complicazione: infatti, in quanto azienda a carattere industriale, la misurazione dei
dati si incentrava sul calcolo della quantità di materie prime e della quantità di lavoro
necessaria a produrre un determinato quantitativo di prodotto finito. Questo
processo, una volta acquisite le competenze necessarie, è di relativa facilità di
svolgimento rispetto ad una valutazione accurata di giudizi di carattere soggettivo.
Analisi dei costi e degli scostamenti
Avere informazioni riguardo ai costi è indispensabile, sia per fini interni sia per tenere
informati gli stakeholder. Vi sono, dunque, alcuni modi di classificare i costi. La
classificazione più semplice è la distinzione in costi comuni, speciali, diretti e indiretti.
Un costo è definito comune quando non è attribuibile a nessun singolo settore come,
ad esempio, l’amministrazione. Esattamente all’opposto si pongono, invece, i costi
speciali, che sono distinti da completa attribuibilità: un esempio sono l’acquisto delle
siringhe, attribuibili all’infermeria, o quello di piatti nuovi, attribuibili alla mensa. Si
parla, poi, di costi diretti quando un costo è oggettivo e minuziosamente misurabile,
20
e, nella pratica, il suo costo può essere verificato in fattura. Con costi indiretti si
intendono, invece, costi stimati, come, ad esempio, il prezzo dell’elettricità utilizzata
per realizzare un singolo pezzo della catena di produzione. I costi diretti sono
sempre speciali, mentre quelli indiretti possono essere speciali o comuni.
Si può, poi, fare una seconda classificazione, che varia in funzione del volume di
attività. Questa seconda classificazione distingue tra:
• Costi variabili: sono quei tipi di costi che variano proporzionalmente al
volume di attività;
• Costi fissi: sono quei tipi di costi che non variano al variare del volume
dell’attività. Un classico esempio di costo fisso è l’affitto di uno stabile, che
rimane costante nel tempo indipendentemente dall’andamento aziendale;
• Costi semi-variabili: sono quei tipi di costi che sommano ad un costo fisso, di
solito iniziale o una tantum, un costo variabile legato al volume di attività. Un
21
esempio classico di questo tipo di costo è rappresentato da quelle utenze
che presentano anche un costo di attivazione;
• Costi semi-fissi: sono quei tipi di costi caratterizzati dalla mancanza di
linearità. Questi costi
presentano, infatti, un tipico
andamento “a gradini” o “a
fasce”. Un esempio può
essere rappresentato dal
numero di educatori necessari
per un gruppo di bambini:
esiste, infatti, un rapporto
prestabilito che deve esserci
tra il numero di educatori e il
numero di bambini. Se il
numero di bambini supera
anche di una sola unità il valore massimo di bambini per un singolo
responsabile, bisognerà reclutare un secondo educatore. Strettamente
connesso a questo tipo di costo ci sono valutazioni di tipo economico e
strategico. Infatti, non sempre è conveniente e/o economicamente sostenibile
oltrepassare una fascia per una o per poche unità.
Esistono molti altri metodi di classificazione dei costi, come, ad esempio un metodo
basato sulle diverse aree funzionali dell’aziendale (costi di produzione, di ricerca e
sviluppo, commerciali e amministrativi). Un altro sistema, più moderno, è l’ABC, cioè
22
Activity Based Costing, il quale utilizza le attività come oggetto di costo diretto.
Essendo tutto diretto sull’attività, in questo sistema non sono previsti costi indiretti,
ma ci si basa, invece, su due princìpi:
1. Tutti i costi sono considerati variabili;
2. Tutti i costi devono essere imputabili ad un’attività.
Questo metodo risulta conveniente soprattutto in quelle strutture che utilizzano
macchinari versatili, come i computer, perché consente di attribuire meglio i costi ad
una singola attività, comparato con i metodi classici di attribuzione dei costi.
L’analisi degli scostamenti è la base sulla quale si regge tutta l’infrastruttura del
controllo di gestione. Gli scostamenti consistono nelle differenze tra le previsioni di
budget e la realtà; l’analisi ha il compito di determinare l’entità e la motivazione degli
scostamenti, che si dividono in quantitativi (es.: sprechi nell’uso delle materie prime)
e qualitativi (es.: soddisfazione del cliente).
Reporting
Come è stato detto sopra, quindi, è fondamentale disporre di dati e informazioni
inerenti i processi interni alla propria organizzazione, per due principali fini, uno
interno e uno esterno. Per quanto riguarda la dimensione interna, la raccolta dati
risulta indispensabile perchè la direzione e il Consiglio Di Amministrazione (CDA)
senza rapporti costanti sull’andamento medio dell’organizzazione, non disporrebbero
della conoscenza e consapevolezza necessarie per prendere le decisioni di
governance. Inoltre, l’attività di budgeting è fatta con previsioni e sulla base dei dati
raccolti nel corso dell’anno precedente, e durante l’anno, grazie alla rilevazione dei
dati effettuata nel controllo di gestione, si verifica quanto è grande lo scostamento
delle rilevazioni rispetto alle previsioni di budget. Per quanto concerne la dimensione
esterna, la raccolta dati risulta necessaria perché è proprio grazie alle informazioni
reperite che si può aprire un tavolo di confronto con gli stakeholders, per poterli
aggiornare sull’andamento dell’organizzazione e valutare, insieme, se questa è
ancora capace di restare fedele alla sua mission. Questa fondamentale
23
comunicazione con gli stakeholders può avvenire grazie ai diversi sistemi di
reporting (Bocchino, 2002).
I report possono avere finalità conoscitive, di controllo o decisionali, e sono tanto più
efficaci quanto più essi e i dati contenuti negli stessi soddisfano le seguenti
caratteristiche (Nicolò, 2009):
• Rilevanza;
• Selettività;
• Tempestività;
• Economicità.
Scopo dei report è informare i centri di responsabilità sui costi a loro relativi, in modo
tale da renderli consapevoli. Il report operativo ben fatto, inoltre, è semplice,
completo, commentato e di facile comprensione (quindi scritto con linguaggio
comune, non istituzionale), in modo da essere utile per il personale per il quale è
stato redatto.
I report, in base al destinatario, sono anche suddivisi in:
• Report istituzionali: sono necessari per finalità esterne (ad esempio, per le
cooperative, il bilancio sociale);
• Report operativi: interessano gli organi esecutivi al più basso livello;
• Report direzionali: servono ad informare CEO e CDA sull’andamento della
gestione.
24
Conclusioni
L’esperienza presso la cooperativa sociale Chindet è stata decisamente positiva e
formativa. La motivazione che mi aveva condotto ad individuare questa azienda
come sede per il mio tirocinio era l’interesse nell’impiego, da parte di
un’azienda/cooperativa sociale di tipo B di dimensioni medio-piccole, del controllo di
gestione. Come, infatti, ho già scritto in precedenza, questa visione è
particolarmente innovativa e, a mio parere, intelligente. Come sappiamo, e come ho
spiegato sopra, l’assunzione di lavoratori svantaggiati è già problematica per molti
motivi diversi, e restare competitivi sul mercato, per una cooperativa di tipo B, non è
affatto semplice. Inutile dire, anche se non sempre questa facile equazione viene
tenuta in considerazione, che non essere competitivi implica il non riuscire a vendere
i propri prodotti sul mercato, a cui consegue inevitabilmente l’andare in perdita, con
conseguente rischio di chiusura dell’azienda. E questa, la chiusura di
un’organizzazione, di certo non può aiutare nessun soggetto svantaggiato ad
inserirsi nel mondo del lavoro, né a riacquistare la propria dignità di lavoratore.
Il modo più efficace per aiutare queste persone, quindi, passa anche dall’attenzione
a tutti quei fattori di produzione e di mercato normalmente attribuiti alle aziende
tradizionali, per troppo tempo trascurati dagli operatori del terzo settore. Effettuare
un controllo di gestione di ottimo livello può andare a compensare tutte le difficoltà e
la bassa produttività che spesso si verifica in questi contesti, permettendo di restare
in attivo e, quindi, di far lavorare e retribuire tutti i dipendenti.
In conclusione, il messaggio più importante che ho tratto da questa mia esperienza è
che l’impresa sociale ha bisogno, per funzionare bene, di restare sempre aggiornata
e non deve mai precludersi nessun metodo, neppure quelli considerati più
"tradizionalmente aziendalistici". Questa, a mio parere, è l'unica via percorribile al
fine di migliorare la vita del maggior numero possibile di persone.
25
26
Bibliografia
Andrea, P. (2016). Il controllo di gestione degli enti non profit. Tesi di Laurea. Venezia.
Anthony, R., & Young, D. (1992). Controllo di gestione per il settore non profit. Milano:
McGraw Hill.
Bergamin Barbato, M. (1993). Il controllo di gestione nelle imprese italiane. Etas Libri.
Bocchino, U. (2002). Manuale di controllo di gestione. Milano: Il Sole 24 Ore.
Brunetti, G. (1989). Il controllo di gestione in condizioni ambientali perturbate. Torino: Franco
Angeli.
Francesconi, A., & Giordano, F. (2008). Capitolo 6 - Controllo di gestione. In M. De Mozzi, &
F. Zandonai, Impresa sociale di comunità - Strumenti per la creazione e la gestione
(p. 89-124). Trento: Edizioni 31.
Leardini, C. (2009). La misurazione dei risultati aziendali. Torino: Giappichelli Editore.
Luigi, D. S. (2003). Pianificazione e controllo di gestione. Milano: Franco Angeli.
Nicolò, D. (2009). Il reporting per segmenti e l'informativa settoriale secondo L'IFRS 8.
Milano: Giuffré Editore.

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  • 1. Il Controllo di Gestione nel Terzo Settore Il caso della Cooperativa Sociale B Chindet SCS Pier Paolo Topran D’Agata Anno Accademico 2016/2017
  • 2. 1 Sommario Parte Prima ............................................................................................................................. 2 Il progetto di stage: individuazione sintetica ........................................................................ 2 Scopo del tirocinio............................................................................................................ 2 Effettivo svolgimento e organizzazione dello stage ......................................................... 3 Chindet: Attività e Storia................................................................................................... 4 Tipologia delle relazioni intrattenute con l’organizzazione................................................... 8 Parte Seconda......................................................................................................................... 9 Analisi del settore in cui ho svolto il tirocinio........................................................................ 9 Aspetti critici messi a fuoco ............................................................................................... 11 Parte Terza............................................................................................................................ 13 Strumenti teorici utilizzati nel corso del tirocinio ................................................................ 13 Definizione del controllo di gestione............................................................................... 13 Analisi S.W.O.T.................................................................................................................. 14 Gli strumenti del controllo di gestione................................................................................ 15 La misurazione dei risultati ottenuti tramite gestione......................................................... 19 Analisi dei costi e degli scostamenti .................................................................................. 19 Reporting ........................................................................................................................... 22 Conclusioni............................................................................................................................ 24 Bibliografia............................................................................................................................. 26
  • 3. 2 Parte Prima Il progetto di stage: individuazione sintetica Scopo del tirocinio Il tirocinio formativo da me svolto presso l’azienda chimica Chindet si proponeva di realizzare la mia prima esperienza lavorativa nell’area del controllo di gestione. Più nello specifico, nel progetto di tirocinio erano state individuate tre fasi, che rappresentano, da un punto di vista teorico, le “tappe” percorse da ogni tirocinante nel corso della nuova esperienza lavorativa. Queste tre fasi sono denominate Conoscere, Attivarsi, Proporre. La prima di queste tre fasi era dedicata, fondamentalmente, all’inserimento nell’ambiente lavorativo, cercando di capire i meccanismi interni dell’azienda, sia da un punto di vista organizzativo-formale, sia da un punto di vista umano, in modo da poter raggiungere la migliore intesa possibile con colleghi e collaboratori. Oltre a questo tipo di conoscenza, la prima fase del tirocinio aveva anche il compito di introdurmi agli strumenti di lavoro (il software gestionale e i documenti formali di varia natura), in modo da farmi raggiungere un buon livello di confidenza e di autonomia, utilizzata poi nelle fasi successive. La seconda fase, durante la quale era prevista l’acquisizione di un buon livello di autonomia, era stata preposta, al momento della stesura del progetto di tirocinio, alla realizzazione delle prime mansioni vere e proprie, grazie al maggior livello di conoscenza del contesto e degli strumenti raggiunta nel corso della prima fase. Così effettivamente è stato, e, nel corso di questa tappa, ho portato a termine i primi compiti propri del ruolo a me affidato, cioè quello del controllo di gestione. Questa è stata anche la fase nel corso della quale si è delineato con più precisione quello che sarebbe stato il corpus centrale del mio lavoro presso l’organizzazione.
  • 4. 3 Nella fase conclusiva, il progetto di tirocinio prevedeva un mio pieno coinvolgimento nel compito centrale a me affidato, una piena acquisizione di padronanza da parte mia per quanto riguarda la gestione del lavoro, che avrebbe anche dovuto portare ad un ruolo attivo e, soprattutto, pro-attivo, per proporre e realizzare eventuali nuove idee. Effettivo svolgimento e organizzazione dello stage Il lavoro che ho svolto presso la Chindet è stato effettuato principalmente in autonomia, dato che nessuno, tra i miei colleghi dell’area amministrativa e commerciale, si occupava del controllo di gestione. Ad essere mio principale punto di riferimento per quanto riguarda gli aspetti più specifici di competenza tecnica è stato, più che il mio tutor aziendale Alessandro Bezzi, il direttore dell’organizzazione, Antonio Frizzera, il quale si occupava, prima del mio arrivo, del controllo di gestione ed era, quindi, la persona più competente per guidarmi. Era, infatti, principalmente quest’ultimo ad affidarmi le consegne con i compiti da svolgere, e con lui mi confrontavo per risolvere gli eventuali problemi riscontrati durante la realizzazione del lavoro. Sempre insieme al direttore, ho svolto diversi incontri con collaboratori dell’azienda, per discutere dei risultati sull’analisi dei trasporti svolta da me in quanto responsabile del controllo di gestione, come anche alcuni incontri con colleghi che ricoprivano ruoli diversi dal mio, per poter ottimizzare la produzione. Occasionalmente, in base alla necessità e alla mia disponibilità, collaboravo anche con gli altri colleghi dell’area amministrativa e commerciale. Questo mi ha permesso di conoscere meglio tutti quegli strumenti di lavoro (fatture, Documenti Di Trasporto, ordini di merce, etc.) che dovevo poi utilizzare ed analizzare nell’ambito dei miei compiti in quanto responsabile del controllo di gestione. Con il mio tutor aziendale, Alessandro Bezzi, mi confrontavo periodicamente, in special modo in relazione ad eventuali problemi personali o organizzativi riscontrati da parte mia, e per avere, da parte sua, feedback e giudizi sul lavoro svolto.
  • 5. 4 Chindet: Attività e Storia La cooperativa sociale Chindet nasce dalla fusione, in particolar modo, di tre soggetti: l’azienda chimica Chemitec, la cooperativa sociale Kaleidoscopio e l’azienda Ferruzzi Servizi S.R.L. L’organizzazione, precedentemente esistente come Chemitech, è stata riconvertita ufficialmente a cooperativa sociale di tipo B solo di recente, nel maggio 2016, nonostante la collaborazione con la cooperativa sociale di tipo A Kaleidoscopio fosse già esistente da tempo e consolidata. Questa collaborazione consisteva principalmente nell’impiego, attraverso progetti formativi, di soggetti detenuti nel carcere di Spini di Gardolo, a Trento, per realizzare l’imbottigliamento e l’etichettatura dei detergenti sfusi prodotti nello stabilimento principale dell’azienda Chemitec, che era precedentemente situato a Mori (TN). Con la riconversione a cooperativa sociale di tipo B, il numero di detenuti coinvolti nel progetto è aumentato, fino ad arrivare ad un totale di 120 individui all’anno, numero destinato ad crescere ulteriormente, se l’approvazione del bando FSE, per il quale è stata fatta domanda, dovesse andare a buon fine. Oltre a questo, la cooperativa ha assunto anche lavoratori svantaggiati nella sede principale, trasferita, nel frattempo, a Villa Lagarina, in modo da ampliare gli spazi a disposizione. Oltre all’attenzione per il sociale, l’organizzazione ha dimostrato anche una cospicua sensibilità per le questioni ambientali, aprendo una nuova linea formata esclusivamente da prodotti biologici ed eco-sostenibili. L’organigramma dell’azienda è, in larga parte, assimilabile a quello di una “canonica” azienda di produzione, ed è così composto:
  • 6. 5
  • 7. 6 Al momento attuale, per quanto concerne la dimensione economica dell’organizzazione, le previsioni del bilancio 2017 si attestano attorno a 3,5 milioni di euro di fatturato. Attività da me svolta e coinvolgimento all'interno della struttura Le mie attività all’interno dell’organizzazione sono state varie, ma principalmente legate al nodo centrale del controllo di gestione. Il mio primo compito è stato quello di creare un database con tutti i corsi di formazione eseguiti dal personale assunto, catalogando le consegne dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI). Questo mi ha permesso, tra le altre cose, di familiarizzare con gli operai e con tutto il personale, dovendo andare a confrontarmi di volta in volta con ciascun lavoratore, e dovendo sottoporre loro piccoli questionari. Tra le prime esperienze, inoltre, c’è stata anche la mia partecipazione ad una riunione svolta presso il Centro di Salute Mentale dell’APSS di Rovereto, insieme al mio tutor aziendale, nonché Responsabile Sociale della cooperativa, per discutere della nascita di un coordinamento tra cooperative, sia di tipo A che di tipo B, con il CSM locale, in modo tale da ottimizzare i metodi di assunzione dei lavoratori svantaggiati (nello specifico di soggetti con disturbi psichiatrici). Un’esperienza svolta nel primo periodo del tirocinio (la fase Conoscere), a mio parere molto formativa ed utile per entrare in contatto con tutto il personale, è stata quella di collaborare, per qualche giorno, all’interno di una delle linee di produzione. Questo mi ha consentito di comprendere meglio i metodi e i processi di produzione, e ciò si è poi rivelato molto utile nei compiti più propriamente inerenti al controllo di gestione. Le mansioni assegnatemi durante il primo periodo di inserimento, anche se talvolta non esattamente inerenti al ruolo originario, mi hanno permesso di conquistare la stima e la fiducia dei colleghi, i quali hanno, quindi, cominciato ad assegnarmi compiti amministrativi e gestionali più seri e impegnativi. In questa seconda fase ho affrontato sfide e problemi tipici del controllo gestione, rispecchiando e rispettando, quindi, il progetto di tirocinio. Più nello specifico, in questa fase ho iniziato quello che
  • 8. 7 è stato il central core del mio tirocinio, ovvero un’analisi dettagliata e accurata dei costi di trasporto. Questo impegnativo lavoro ha occupato la maggior parte del tempo presso l’azienda, e ha compreso anche numerosi incontri con il direttore dell’organizzazione e con il responsabile di magazzino e logistica, come anche con le aziende collaboratrici che si occupano del trasporto dei prodotti. Alla fine dell’analisi, sono riuscito ad individuare diverse migliorie gestionali da applicare per quanto riguarda il trasporto dei prodotti, in modo tale da ottimizzarlo e diminuire il costo dello stesso. Oltre a verificare che le somme sulle fatture fossero corrette (errori di fatturazione), ho effettuato anche un’analisi per verificare la correttezza dei pesi addebitati. Partendo dai singoli ordini dei clienti, e ricostruendo il peso teorico dei bancali, sono risalito alla tariffa che si sarebbe dovuta applicare, confrontandola poi con quella realmente applicata. Inoltre, pesando i singoli prodotti e i bancali, ho ricostruito uno standard di “bancalizzazione” più efficiente, in cui le tariffe sugli scaglioni di peso sono sfruttate al massimo. Questo mio lavoro ha consentito sia di correggere alcuni errori effettuati dai trasportatori (a vantaggio dell’organizzazione per la quale lavoravo), sia di modificare l’assemblaggio dei pallet, ottimizzando la disposizione in bancali, ed evitando, in questo modo, spese inutili. Alla fine ho effettuato un ultimo incontro con il direttore dell’azienda dei trasporti Logistics & More, incontro durante il quale ci siamo confrontati sugli errori da me trovati all’interno dei Documenti Di Trasporto. Nel corso di questa e di altre mansioni ho realizzato diverse proposte, che sono spesso state accolte favorevolmente, ricoprendo, in questo modo, un ruolo decisamente propositivo e autonomo. Settimanalmente, inoltre, mi sono occupato di gestire il rifornimento dello spaccio aziendale, presente anch’esso a Villa Lagarina, nella sede dell’azienda. Sempre settimanalmente, eseguivo le statistiche inerenti il confezionamento, per visualizzare l’andamento dello stesso, ed individuare eventuali rallentamenti o problemi riscontrati. In aggiunta, ogni mese mi occupavo di registrare tutte le spedizioni di tutti i trasportatori, caricando anche i dati riguardanti i destinatari. Con queste informazioni, sempre mensilmente, facevo un riassunto tramite il software Quanto®, riguardante l’ordine totale effettuato dal cliente, e sottraendo, a questo, il costo specifico del trasporto della merce dello stesso cliente: eseguivo, in questo modo, il
  • 9. 8 Bilancio Gestionale. Sempre per la realizzazione del Bilancio Gestionale, mi sono occupato anche di inserire e verificare il costo della merce commercializzata, ma non prodotta dall’azienda dato che non rientrava nel “costo standard”. Infine, saltuariamente mi sono occupato di altri lavori una tantum, riguardanti, ad esempio, la gestione dello spaccio aziendale, oppure lavori richiesti specificamente da alcuni clienti. Tipologia delle relazioni intrattenute con l’organizzazione Posso definire le relazioni intrattenute con i miei colleghi e con i miei superiori decisamente positive e amichevoli. Ho collaborato soprattutto, per la natura del mio ruolo, con il personale amministrativo e commerciale e con il direttore, il quale mi assegnava la maggior parte delle consegne e mi assisteva in ambito tecnico- professionale. Il punto di riferimento principale del mio tirocinio si può, quindi, individuare nel direttore dell’organizzazione Antonio Frizzera, in quanto persona più competente nell’ambito del controllo di gestione. Il mio tutor aziendale, Alessandro Bezzi, era comunque costantemente aggiornato sulle attività da me svolte, ed era disponibile per risolvere qualsiasi mio problema non specificatamente inerente al controllo di gestione. Ho collaborato in modo positivo e produttivo anche con gli altri membri del personale, in particolar modo con le responsabili dell’ambito amministrativo e dell’ambito commerciale, le quali mi hanno spesso dato consigli e delucidazioni riguardo al rapporto con i clienti e alla lettura del materiale tecnico- commerciale. Mi sono spesso confrontato in modo positivo, imparando molto dal punto di vista professionale, sia con il responsabile del controllo qualità, sia con il responsabile della produzione che con il responsabile del magazzino: grazie alla collaborazione con queste persone ho potuto ultimare al meglio il mio lavoro inerente l’analisi dei trasporti, e impadronirmi di una sempre crescente professionalità, generale e specifica alle merci prodotte dall’organizzazione.
  • 10. 9 Parte Seconda Analisi del settore in cui ho svolto il tirocinio Il motivo per il quale l’azienda Chindet aveva catturato tanto la mia attenzione al momento della scelta del tirocinio era stato che era una cooperativa di tipo B diversa dalle altre. La maggior parte delle cooperative che prevede l’impiego di lavoratori svantaggiati, infatti, è coinvolta nella manutenzione degli spazi verdi cittadini, o in altri (pochi) ambiti tipici e standardizzati. La particolarità della Chindet, invece, è che si presenta come una cooperativa dalla spiccata vocazione imprenditoriale e produttiva, fatto che si può dedurre dalla storia stessa dell’organizzazione, la quale, come ho già detto in precedenza, nasce come impresa “canonica”, e solo in un secondo momento intraprende la strada degli inserimenti lavorativi di individui socialmente svantaggiati, andandosi infine a definire come cooperativa. Questa sua peculiarità di essere un’industria chimica - cooperativa B la rende unica nel suo genere sicuramente sul territorio regionale, ma anche su quello nazionale. Questo comporta però, sicuramente, anche numerose difficoltà da un punto di vista organizzativo. Il contesto industriale, infatti, è piuttosto complesso, e la gestione del personale svantaggiato, specie degli individui con problemi psichici o di tossicodipendenza, può spesso risultare incompatibile con la rigidità degli orari e dei tempi della catena di produzione. Per tali motivi sono spesso insorti problemi, e il responsabile sociale è stato frequentemente interpellato per gestire al meglio il rapporto tra il personale all’interno della catena di produzione, in modo che tutti i lavoratori venissero responsabilizzati, e che i soggetti più difficili da gestire potessero essere sostenuti da colleghi di più lunga esperienza. Bisogna, inoltre, saper gestire i numerosi inserimenti dei tirocinanti, anch’essi molte volte individui svantaggiati o immigrati con diritto di asilo politico, i quali hanno sia il problema dell’ingresso in un nuovo contesto lavorativo sia, spesso, un problema di inserimento linguistico e culturale. Questo, ovviamente, crea inevitabili rallentamenti a livello di produzione, dal momento che molto spesso il problema comunicativo è tanto grave da rendere faticosa anche la sola assegnazione delle consegne. Questi lavoratori, inoltre, numerose volte provengono da contesti sociali e lavorativi completamente differenti
  • 11. 10 rispetto a quello della fabbrica, e lo stesso è vero per soggetti con disturbi psichici o problemi di tossicodipendenza, che non hanno mai lavorato o hanno svolto solamente lavori occasionali e sono disoccupati da tempo. Ciò comporta spesso difficoltà di adattamento ai ritmi di lavoro industriale, e il pericolo è che si crei un clima di laissez-faire, incompatibile con i ritmi di produzione della concorrenza e mette a rischio la capacità dell’azienda di essere competitiva e di restare sul mercato. Tuttavia, in questi anni, la direzione, il responsabile sociale e tutto il personale hanno lavorato per creare un clima collaborativo all’interno dell’organizzazione, fatto che ha reso la gestione di tali problemi e di tutte le difficoltà legate alla imprevedibilità di programmazione temporale del personale più semplice (o per lo meno un po’ meno complessa). Oltre a ciò, esistono anche diverse difficoltà organizzative relative alla gestione del personale all’interno della casa circondariale di Spini di Gardolo. Qui, al momento, vi sono due linee di confezionamento, ciascuna con due turni di lavoro dalla durata di circa tre ore; è in programma l’aggiunta di un terzo turno, grazie ad un progetto FSE, in modo tale da coinvolgere un numero di detenuti ancora più ampio. Come detto in precedenza, se si tengono in considerazione entrambe le linee di confezionamento e tutti i turni attualmente attivi, ai quali si aggiungono 4 operai, sempre detenuti, assunti a tempo indeterminato e con orario più esteso (6 ore e mezza al giorno per tutto l’anno, retribuiti al 60% del CCNL), ci sono attualmente circa 120 carcerati all’anno coinvolti nel progetto tramite borse lavoro. A questi operai si aggiungono tre dipendenti Chindet esterni al carcere, con un ruolo di supervisione. La gestione di un così alto numero di dipendenti, che lavorano in modo discontinuo (molti individui aderiscono al progetto per periodi limitati di tempo, non per tutto l’anno) e con turni di breve durata, risulta spesso complessa da un punto di vista organizzativo. Non tutti gli operai si sentono, infatti, responsabilizzati nello svolgimento delle mansioni affidate loro, e questo li porta a comportarsi in modo non esattamente professionale. Nell’ultimo periodo, tuttavia, l’azienda ha investito sulla formazione del personale, spiegando dettagliatamente come svolgere al meglio il lavoro e l’importanza di un approccio più metodico e professionale allo stesso. Questo ha portato un doppio vantaggio: all’azienda ha dato la possibilità di ottenere prodotti di buona qualità, senza dover impiegare tempo e denaro per andare a correggere gli eventuali errori, e ai detenuti ha dato la possibilità di vivere un’esperienza professionale più simile a
  • 12. 11 quella reale, acquisendo maggiori competenze tecniche e senso di responsabilità. Nonostante il cammino già fatto in questo senso, credo che ulteriori migliorie possano essere applicate, aggiungendo incontri formativi, in modo tale da rendere il lavoro svolto in carcere di più alta qualità e più competitivo sul mercato. Un’utile formazione potrebbe riguardare, ad esempio, l’utilizzo del software per la gestione del magazzino, al momento non utilizzato in modo corretto. Questo faciliterebbe la comunicazione con la sede centrale, e consentirebbe di rifornire il materiale solo quando effettivamente necessario. Altri problemi organizzativi riguardano più propriamente l’ambiente di lavoro, cioè il carcere, con tutte le difficoltà e gli obblighi burocratici ad esso connessi. Bisogna, infatti, sottostare a numerosi controlli, sia riguardanti il personale che la merce, e questo può comportare, e spesso comporta effettivamente, ritardi sull’inizio del turno, e quindi anche sulla produzione. Inoltre, il rapporto con il personale del carcere non è sempre facile, si deve spesso sottostare a veti soggettivi che non sembrano avere giustificazioni logiche, per cui l’ingresso dei trasportatori con i materiali necessari può prendere anche diverse ore. Aspetti critici messi a fuoco Come ho già detto, la Chindet si è da poco tempo definita e organizzata come cooperativa sociale (dal maggio 2016), e, prima dell’inizio del mio lavoro, non aveva ancora un impiegato che si occupasse a tempo pieno e in modo rigoroso del controllo di gestione. Nonostante ciò, i risultati ottenuti dall’azienda precedente, la Chemitech, non erano negativi. Il 2016 è stato un anno di perdita, considerate le difficoltà e le spese legate allo spostamento di sede e alla ristrutturazione, ma per quest’ultimo anno ci sono state previsioni migliori. Dai dati ottenuti dalle mie analisi, in particolare quelle relative alla logistica e all’organizzazione dei prodotti per la spedizione, ho notato che i margini di miglioramento sono significativi: ho infatti individuato diversi errori all’interno delle fatture logistiche partendo dai Documenti Di Trasporto, che sono quindi stati rimborsati; inoltre, con l’aiuto del responsabile del
  • 13. 12 magazzino, ho effettuato una registrazione precisa dei pesi di tutti i singoli prodotti, in modo da organizzare spedizioni che rientrino nei limiti di peso imposti dai trasportatori, senza dover pagare sovrapprezzi ad ogni spedizione. A seguire, questo, che è sicuramente un aspetto critico rilevato, può però anche essere visto positivamente, poiché apportando piccole modifiche ed effettuando un costante controllo su tali aspetti della produzione e della logistica, potrebbe ottimizzare l'organizzazione generale e consentirebbe di risparmiare diverse migliaia di euro l'anno. Oltre a questa, vi sarebbero altre piccole migliorie non dispendiose applicabili già attualmente, come ad esempio la riorganizzazione del confezionamento, allo scopo di aumentare il rendimento a parità di personale impiegato. Molte di queste sono già in fase di attuazione, nel processo di miglioramento e riorganizzazione che sta affrontando l’azienda.
  • 14. 13 Parte Terza Strumenti teorici utilizzati nel corso del tirocinio Definizione del controllo di gestione Il controllo di gestione ha molteplici scopi, primo tra tutti verificare se l’azienda opera in modo efficiente ed efficace, dove per efficienza si intende l’utilizzo massimizzato delle risorse e per efficacia il raggiungimento degli obiettivi preposti in coerenza con la mission (Brunetti, 1989). Una seconda funzione è quella di supporto, per tradurre la strategia in operatività quotidiana; inoltre, attraverso la strutturazione in centri di responsabilità, aiuta a definire meglio ruoli e mansioni. In questi ultimi anni, l’attenzione nei confronti del controllo di gestione è aumentata, e un numero sempre maggiore di aziende sta applicando i princìpi propri di questo ambito o assumendo personale specializzato, in modo da poter ottimizzare la propria resa. Questo è avvenuto a causa di un contesto di mercato in continua evoluzione, che porta alla necessità di avere un costante monitoraggio del proprio sistema e dello “stato interno” dell’azienda. Sebbene sia vero, dunque, che il controllo di gestione stia diventando prassi consolidata nelle aziende di medie e grandi dimensioni, lo stesso non vale per le piccole imprese, e vale ancora di meno per le cooperative sociali, spesso indipendentemente dalla dimensione. Gli strumenti tipici del controllo di gestione sono, infatti, ancora delle novità all’interno di parte dell’impresa sociale, la quale, storicamente, ha concentrato la sua attenzione su altri aspetti del fare impresa. Tuttavia, proprio per poter compensare le difficoltà di gestione, la minor produttività e/o i maggiori costi di gestione, sarebbe a mio avviso ancora più importante e vitale svolgere un’attenta ed accurata analisi per ottimizzare tali aspetti, in modo da rendere queste imprese più competitive sul mercato senza sacrificare la mission che contraddistingue il suddetto tipo di organizzazioni. Il processo di verifica e di analisi tipico del controllo di gestione soddisfa principalmente due esigenze: accertarsi di andare incontro il più possibile ai bisogni degli stakeholders e avere un rapporto ottimale tra input (cioè le risorse utilizzate) e
  • 15. 14 outcome (ovvero i risultati finali). Il primo punto, che coincide con l’efficacia, deve obbligatoriamente essere soddisfatto, in quanto coincide con la ragione per la quale l’azienda viene fondata - la mission. Viene misurata ex-post e valutata sia in ambiente interno (efficacia operativa) che esterno (efficacia strategica) (Leardini, 2009). Il secondo punto, invece, misura l’efficienza. L’operare in economicità viene raggiunto solo nel caso in cui lo svolgimento delle attività aziendali è al tempo stesso efficace ed efficiente. Quando si parla di controllo di gestione va sempre tenuto a mente che questa attività non riguarda solo il controller, ma si presenta, piuttosto, come un’azione, un modo di pensare collettivo, in quanto prevede una responsabilizzazione di ogni dipendente e una maggior partecipazione degli stessi con consapevolezza delle dinamiche aziendali. Analisi S.W.O.T. L’analisi S.W.O.T. (Strengths – Weaknessess – Opportunities – Threats), conosciuta anche come matrice S.W.O.T. è uno strumento di pianificazione strategica, sviluppato tra gli anni Sessanta e Settanta del novecento da studenti dell’università di Standford. Viene utilizzata per effettuare un’analisi del contesto interno ed esterno, in modo pratico e allo stesso tempo approfondito, e garantisce la possibilità di comprendere quali siano le forze e le debolezze del contesto organizzativo interno e le opportunità e minacce del contesto esterno, cercando di tramutare le debolezze in forze e le minacce in opportunità. Soltanto una volta effettuata un’accurata analisi dei quattro fattori S.W.O.T., si è in possesso dei dati necessari per realizzare una pianificazione strategica accurata, sia a lungo che a breve termine.
  • 16. 15 Gli strumenti del controllo di gestione Il principale e più noto strumento del controllo di gestione è il bilancio di esercizio, dal quale vengono estrapolati e rielaborati numerosi dati, ottenendo in tal modo informazioni utili alle successive fasi di controllo e programmazione. Esistono tre diverse tipologie di programmazione e controllo (Anthony & Young, 1992): 1. Pianificazione strategica; 2. Controllo operativo; 3. Controllo direzionale.
  • 17. 16 Io sono stato impegnato principalmente, nel corso del mio tirocinio, nel controllo operativo e direzionale. Questi ultimi sono normalmente impiegati per verificare e migliorare efficienza ed efficacia dei compiti svolti dall’azienda, e li ho utilizzati soprattutto nei riguardi del confezionamento (controllo operativo) e della logistica (controllo direzionale) e, una volta, anche nei riguardi della produzione. Come si può vedere dall’organigramma di pagina 5, l’azienda è articolata in centri di responsabilità così definibili: • Centri di Ricavo; • Centri di Costo; • Centri di Profitto; • Centri di Investimento. Ho effettuato un’analisi per quanto riguarda il centro relativo al confezionamento. Questo centro viene anche definito centro di reddito, così chiamato nel linguaggio del controllo di gestione perché caratterizzato sia da costi (costo delle materie prime, dei materiali impiegati e dello stipendio dei dipendenti), sia dal guadagno ottenuto grazie alla vendita del prodotto sul mercato. Sottraendo dal prezzo del prodotto il costo di produzione, si ottiene quello che viene definito, appunto, il reddito, il quale può essere visto, in sostanza, come il guadagno netto ottenuto dalla vendita del prodotto, pulito dai costi di produzione, anche se ancora non pulito da diversi altri costi, quali, ad esempio, quelli di trasporto. La mia mansione era quella di estrapolare dal software gestionale i dati relativi ai carichi di magazzino di prodotto finito e sommare le quantità di prodotto imbottigliate da ogni singola linea di produzione ogni giorno, ottenendo così i dati che mi erano poi necessari alla costruzione di tabelle e grafici rappresentanti la produzione di ogni linea ogni giorno. In collaborazione con il direttore e il responsabile della produzione, ho svolto l’attività di programmazione, divisa, come approfondito nel corso del Master, in quattro fasi (Francesconi & Giordano, 2008): 1. Programmazione: è il processo decisionale operato dalla direzione, riguardante tutti gli ambiti dell’azienda, da quello produttivo a quello commerciale. Per fare degli esempi circa l’organizzazione in questione, è stato un importante passaggio del processo di programmazione l’apertura al
  • 18. 17 mercato B to C (Business to Consumer), oltre a quello B to B (Business to Business), che ha coinciso con l’avvio della linea Aperegina, destinata al mercato dei consumatori finali anziché a quello industriale. La programmazione include anche scelte come quella riguardante lo stabilire i prezzi dei prodotti, e la formulazione di obiettivi delle unità operative. Le incombenze relative alla programmazione sono state eseguite principalmente dalla direzione. 2. Formulazione di obiettivi gestionali di breve periodo (formulazione del badget): è l’attività di previsione e allocazione dei costi previsti per i vari centri di responsabilità, che si dovrebbe eseguire in anticipo per l’anno successivo. 3. La misurazione dei risultati ottenuti tramite la gestione: è l’attività che rileva i dati riguardanti tutti gli aspetti aziendali (costi, ricavi, performance delle principali attività). La frequenza della misurazione varia molto all’interno delle diverse organizzazioni, e varia anche in funzione delle caratteristiche del sistema informativo/informatico. All’interno dell’azienda in cui ho svolto tirocinio ero io ad occuparmi di questa attività, con cadenza settimanale. Ritengo molto utile ed intelligente effettuare le misurazioni a intervalli ravvicinati, anche all’interno delle cooperative, specialmente per quanto riguarda le cooperative di tipo B a spiccato carattere produttivo, come la Chindet. 4. La valutazione dei sistemi ottenuti (attuata tramite reporting): è l’attività che, attraverso i dati raccolti tramite la misurazione, verifica le differenze tra obiettivi raggiunti e programmati, cercando di capire le ragioni di eventuali differenze significative riscontrate, e adottando provvedimenti migliorativi. Nell’organizzazione in cui ho svolto il mio tirocinio veniva svolta dalla direzione. Per fare un esempio inerente la mia esperienza, recentemente è stata fatta una riorganizzazione delle modalità produttive utilizzate nell’area di confezionamento, realizzata nel corso di un incontro, al quale ho partecipato in quanto responsabile della misurazione, tra direttore, responsabili delle diverse aree di produzione e responsabile sociale.
  • 19. 18 Qui sotto, per riassumere l’iter del controllo di gestione, ho realizzato un semplice grafico:
  • 20. 19 La misurazione dei risultati ottenuti tramite gestione La fase dell’attività di programmazione di cui mi sono occupato io, ovvero la misurazione dei risultati ottenuti, si pone, in qualche modo, come perno di tutto il processo stesso di programmazione, controllo e, di riflesso, anche della fase di budgeting di cui ho parlato sopra. Tutte le fasi, infatti, sia la programmazione che la valutazione, sono strettamente legate ai dati, i quali vanno quindi raccolti. I dati che si possono raccogliere riguardano tutti gli aspetti di tutti i centri di responsabilità, ma, in base ai contesti, possono essere più o meno facili da registrare e catalogare: misurare le spese contabili è relativamente semplice, una volta acquisite le giuste competenze tecniche, mentre misurare, ad esempio in una cooperativa sociale di tipo A che si occupa di pazienti con disturbi psichici, la soddisfazione e il benessere del paziente per quanto riguarda il servizio può essere molto complicato. Per mia fortuna, l’organizzazione nella quale ho svolto il mio tirocinio non presentava questa complicazione: infatti, in quanto azienda a carattere industriale, la misurazione dei dati si incentrava sul calcolo della quantità di materie prime e della quantità di lavoro necessaria a produrre un determinato quantitativo di prodotto finito. Questo processo, una volta acquisite le competenze necessarie, è di relativa facilità di svolgimento rispetto ad una valutazione accurata di giudizi di carattere soggettivo. Analisi dei costi e degli scostamenti Avere informazioni riguardo ai costi è indispensabile, sia per fini interni sia per tenere informati gli stakeholder. Vi sono, dunque, alcuni modi di classificare i costi. La classificazione più semplice è la distinzione in costi comuni, speciali, diretti e indiretti. Un costo è definito comune quando non è attribuibile a nessun singolo settore come, ad esempio, l’amministrazione. Esattamente all’opposto si pongono, invece, i costi speciali, che sono distinti da completa attribuibilità: un esempio sono l’acquisto delle siringhe, attribuibili all’infermeria, o quello di piatti nuovi, attribuibili alla mensa. Si parla, poi, di costi diretti quando un costo è oggettivo e minuziosamente misurabile,
  • 21. 20 e, nella pratica, il suo costo può essere verificato in fattura. Con costi indiretti si intendono, invece, costi stimati, come, ad esempio, il prezzo dell’elettricità utilizzata per realizzare un singolo pezzo della catena di produzione. I costi diretti sono sempre speciali, mentre quelli indiretti possono essere speciali o comuni. Si può, poi, fare una seconda classificazione, che varia in funzione del volume di attività. Questa seconda classificazione distingue tra: • Costi variabili: sono quei tipi di costi che variano proporzionalmente al volume di attività; • Costi fissi: sono quei tipi di costi che non variano al variare del volume dell’attività. Un classico esempio di costo fisso è l’affitto di uno stabile, che rimane costante nel tempo indipendentemente dall’andamento aziendale; • Costi semi-variabili: sono quei tipi di costi che sommano ad un costo fisso, di solito iniziale o una tantum, un costo variabile legato al volume di attività. Un
  • 22. 21 esempio classico di questo tipo di costo è rappresentato da quelle utenze che presentano anche un costo di attivazione; • Costi semi-fissi: sono quei tipi di costi caratterizzati dalla mancanza di linearità. Questi costi presentano, infatti, un tipico andamento “a gradini” o “a fasce”. Un esempio può essere rappresentato dal numero di educatori necessari per un gruppo di bambini: esiste, infatti, un rapporto prestabilito che deve esserci tra il numero di educatori e il numero di bambini. Se il numero di bambini supera anche di una sola unità il valore massimo di bambini per un singolo responsabile, bisognerà reclutare un secondo educatore. Strettamente connesso a questo tipo di costo ci sono valutazioni di tipo economico e strategico. Infatti, non sempre è conveniente e/o economicamente sostenibile oltrepassare una fascia per una o per poche unità. Esistono molti altri metodi di classificazione dei costi, come, ad esempio un metodo basato sulle diverse aree funzionali dell’aziendale (costi di produzione, di ricerca e sviluppo, commerciali e amministrativi). Un altro sistema, più moderno, è l’ABC, cioè
  • 23. 22 Activity Based Costing, il quale utilizza le attività come oggetto di costo diretto. Essendo tutto diretto sull’attività, in questo sistema non sono previsti costi indiretti, ma ci si basa, invece, su due princìpi: 1. Tutti i costi sono considerati variabili; 2. Tutti i costi devono essere imputabili ad un’attività. Questo metodo risulta conveniente soprattutto in quelle strutture che utilizzano macchinari versatili, come i computer, perché consente di attribuire meglio i costi ad una singola attività, comparato con i metodi classici di attribuzione dei costi. L’analisi degli scostamenti è la base sulla quale si regge tutta l’infrastruttura del controllo di gestione. Gli scostamenti consistono nelle differenze tra le previsioni di budget e la realtà; l’analisi ha il compito di determinare l’entità e la motivazione degli scostamenti, che si dividono in quantitativi (es.: sprechi nell’uso delle materie prime) e qualitativi (es.: soddisfazione del cliente). Reporting Come è stato detto sopra, quindi, è fondamentale disporre di dati e informazioni inerenti i processi interni alla propria organizzazione, per due principali fini, uno interno e uno esterno. Per quanto riguarda la dimensione interna, la raccolta dati risulta indispensabile perchè la direzione e il Consiglio Di Amministrazione (CDA) senza rapporti costanti sull’andamento medio dell’organizzazione, non disporrebbero della conoscenza e consapevolezza necessarie per prendere le decisioni di governance. Inoltre, l’attività di budgeting è fatta con previsioni e sulla base dei dati raccolti nel corso dell’anno precedente, e durante l’anno, grazie alla rilevazione dei dati effettuata nel controllo di gestione, si verifica quanto è grande lo scostamento delle rilevazioni rispetto alle previsioni di budget. Per quanto concerne la dimensione esterna, la raccolta dati risulta necessaria perché è proprio grazie alle informazioni reperite che si può aprire un tavolo di confronto con gli stakeholders, per poterli aggiornare sull’andamento dell’organizzazione e valutare, insieme, se questa è ancora capace di restare fedele alla sua mission. Questa fondamentale
  • 24. 23 comunicazione con gli stakeholders può avvenire grazie ai diversi sistemi di reporting (Bocchino, 2002). I report possono avere finalità conoscitive, di controllo o decisionali, e sono tanto più efficaci quanto più essi e i dati contenuti negli stessi soddisfano le seguenti caratteristiche (Nicolò, 2009): • Rilevanza; • Selettività; • Tempestività; • Economicità. Scopo dei report è informare i centri di responsabilità sui costi a loro relativi, in modo tale da renderli consapevoli. Il report operativo ben fatto, inoltre, è semplice, completo, commentato e di facile comprensione (quindi scritto con linguaggio comune, non istituzionale), in modo da essere utile per il personale per il quale è stato redatto. I report, in base al destinatario, sono anche suddivisi in: • Report istituzionali: sono necessari per finalità esterne (ad esempio, per le cooperative, il bilancio sociale); • Report operativi: interessano gli organi esecutivi al più basso livello; • Report direzionali: servono ad informare CEO e CDA sull’andamento della gestione.
  • 25. 24 Conclusioni L’esperienza presso la cooperativa sociale Chindet è stata decisamente positiva e formativa. La motivazione che mi aveva condotto ad individuare questa azienda come sede per il mio tirocinio era l’interesse nell’impiego, da parte di un’azienda/cooperativa sociale di tipo B di dimensioni medio-piccole, del controllo di gestione. Come, infatti, ho già scritto in precedenza, questa visione è particolarmente innovativa e, a mio parere, intelligente. Come sappiamo, e come ho spiegato sopra, l’assunzione di lavoratori svantaggiati è già problematica per molti motivi diversi, e restare competitivi sul mercato, per una cooperativa di tipo B, non è affatto semplice. Inutile dire, anche se non sempre questa facile equazione viene tenuta in considerazione, che non essere competitivi implica il non riuscire a vendere i propri prodotti sul mercato, a cui consegue inevitabilmente l’andare in perdita, con conseguente rischio di chiusura dell’azienda. E questa, la chiusura di un’organizzazione, di certo non può aiutare nessun soggetto svantaggiato ad inserirsi nel mondo del lavoro, né a riacquistare la propria dignità di lavoratore. Il modo più efficace per aiutare queste persone, quindi, passa anche dall’attenzione a tutti quei fattori di produzione e di mercato normalmente attribuiti alle aziende tradizionali, per troppo tempo trascurati dagli operatori del terzo settore. Effettuare un controllo di gestione di ottimo livello può andare a compensare tutte le difficoltà e la bassa produttività che spesso si verifica in questi contesti, permettendo di restare in attivo e, quindi, di far lavorare e retribuire tutti i dipendenti. In conclusione, il messaggio più importante che ho tratto da questa mia esperienza è che l’impresa sociale ha bisogno, per funzionare bene, di restare sempre aggiornata e non deve mai precludersi nessun metodo, neppure quelli considerati più "tradizionalmente aziendalistici". Questa, a mio parere, è l'unica via percorribile al fine di migliorare la vita del maggior numero possibile di persone.
  • 26. 25
  • 27. 26 Bibliografia Andrea, P. (2016). Il controllo di gestione degli enti non profit. Tesi di Laurea. Venezia. Anthony, R., & Young, D. (1992). Controllo di gestione per il settore non profit. Milano: McGraw Hill. Bergamin Barbato, M. (1993). Il controllo di gestione nelle imprese italiane. Etas Libri. Bocchino, U. (2002). Manuale di controllo di gestione. Milano: Il Sole 24 Ore. Brunetti, G. (1989). Il controllo di gestione in condizioni ambientali perturbate. Torino: Franco Angeli. Francesconi, A., & Giordano, F. (2008). Capitolo 6 - Controllo di gestione. In M. De Mozzi, & F. Zandonai, Impresa sociale di comunità - Strumenti per la creazione e la gestione (p. 89-124). Trento: Edizioni 31. Leardini, C. (2009). La misurazione dei risultati aziendali. Torino: Giappichelli Editore. Luigi, D. S. (2003). Pianificazione e controllo di gestione. Milano: Franco Angeli. Nicolò, D. (2009). Il reporting per segmenti e l'informativa settoriale secondo L'IFRS 8. Milano: Giuffré Editore.