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LA PROIBIZIONE DELLA
MUSICA E DEL CANTO
NELL’ISLĀM
L’opinione degli Aʾimma dei Tābi’īn e dei sapienti dopo di loro
Abū Bilāl Mustafā al-Kanad
estratto da
“La sentenza Islamica sulla musica e il canto”
Appendice sulla proibizione degli strumenti musicali
Shaykh Muhammad Salih al-Munajjid
Traduzione e adattamento a cura di Muhammad Nur al Haqq
1
L’opinione tenuta dai Sahābah fu generalmente
rispettata dai Tābi‘īn e da coloro che li seguirono, i
quattro Aʾimma e la grande maggioranza dei sapienti
islamici affidabili fino al tempo presente.
Tra i Tābi‘īn e i loro seguaci, esistono tali autorità come
Mujāhid, ʿIkrima, An-Nakhaʿī e Al-Ḥasan al-Baṣrī. (1)
Imām Abū Ḥanīfa
L’Imām Abū Ḥanīfa (2) ebbe forse l’opinione più dura
dei quattro famosi Aʾimma della giurisprudenza. La sua
scuola di pensiero è la più rigorosa, perché egli
detestava il canto e lo considerava peccaminoso.
Riguardo ai suoi discepoli, essi hanno confermato in
modo esplicito il divieto di ascoltare tutti gli svaghi e i
passatempi musicali, compresi gli strumenti a fiato
(mazāmīr) (3), tutti i tipi di tamburelli, i tamburi a
mano (dufūf) (4) e anche il colpire dei bastoni (al-
qadīb). Hanno affermato che tali azioni costituiscono
disobbedienza ad Allāh, e che l’esecutore di tale atto è
2
un peccatore, pertanto è necessario rifiutare la sua
testimonianza. (5)
Ulteriormente, essi hanno dichiarato che spetta al
Musulmano sforzarsi nell’evitare l’ascolto di queste
cose, anche se sta passando o sosta vicino ad esse (senza
alcuna intenzione).
Il più vicino discepolo di Abū Ḥanīfa, Abū Yūsuf, ha
affermato che, se il suono degli strumenti musicali
(mūzif) e i divertimenti (malāhi) uditi provengono da
una casa, si può entrare in essa senza il permesso dei
proprietari. (6) La giustificazione per questo è che il
comando riguardo alla proibizione delle cose
abominevoli (munkārāt) è obbligatorio e non si può
eseguire se tale entrata dipende dall’autorizzazione dei
residenti degli immobili. Questo è anche il maḏhab
(posizione) del resto dei sapienti di Kūfa, come Ibrāhīm
An-Nakhaʿī, Ash-Shaʿbī Hammad e Ath-Thawrī. (7)
Essi non differiscono su questa materia. Lo stesso può
dirsi del corpo generale dei giurisperiti di al-Basrah (8).
Imām Mālik
È riportato da Ibn al-Jawzī che Ishāq bin ʿĪsā At-Tabā
chiese all’Imām Mālik bin Anas (9), il giurista leader di
Madīnah, a proposito del parere della gente di Madīnah
3
riguardo al canto (ghinā). Egli rispose: “Certamente, ciò
è fatto dai peccatori.”
At-Ṭabarī disse: “Per quanto riguarda Mālik bin Anas,
ha certamente proibito il canto e il suo ascolto.”
Egli ulteriormente riferì che Mālik disse: “Se uno ha
comprato una giovane schiava (10) e l’ha trovata essere
una cantante professionista, potrebbe renderla
all’originario proprietario per il rimborso del credito,
per aver trovato un difetto nella merce.” (11)
La sentenza sulla proibizione (tahrīm) è generalmente
concordata dai sapienti di Madīnah.
Il giurisperito māliki e commentatore, Al-Qurṭūbī, cita
Ibn Khuwayz Mandād il quale dice che l’Imām Mālik
quando era piccolo imparò il canto e la musica finché
sua madre lo incoraggiò ad abbandonarli per lo studio
delle scienze religiose. Egli lo fece, e il suo punto di vista
divenne che queste cose erano proibite. (12)
Al-Qurṭūbī confermò il parere di Mālik dicendo che
l’unica eccezione a questa sentenza generale era per il
tipo di canzoni innocenti come quelle cantate per
calmare i cammelli durante il viaggio, o durante il
lavoro duro o la noia, oppure durante i periodi di festa e
di gioia, come i giorni della ʿĪd e i matrimoni - questi
ultimi con l’accompagnamento di un semplice daff
4
(tamburello a mano). Al-Qurṭūbī poi disse: “Per quanto
riguarda ciò che è fatto ai giorni nostri, nella maniera
delle (riprovevoli) innovazioni (bidā’h) dei sufi mistici
che aggiungono alle canzoni l’accompagnamento di
strumenti melodici come flauti, strumenti a corda come
flauti, strumenti a corda e tutto il resto, è harām. (13)
Imām Ash-Shafi’ī
Nel libro Ādābul Qadā, Ash-Shafi’ī (14) è citato per aver
detto: “In verità, la canzone è riprovevole (makrūh);
assomiglia alla cosa falsa e vana (al-bātil). Chi si nutre
frequentemente di essa è un pazzo incompetente la cui
testimonianza è rifiutata.” (15)
Ai suoi discepoli più vicini e più informati egli specificò
chiaramente che la sua posizione su questa materia era
quella della proibizione (tahrīm) ed essi biasimavano
coloro che gli attribuivano legalità. (16)
Questo è confermato dal successivo sapiente shafī’īta,
Ibn Hajar Al-Haythamī. Egli riferì che uno dei discepoli
di Ash-Shafi’ī, Al-Hārith Al-Muhāsibi (morto nel 243 H)
disse: “Il canto è harām, proprio come la carogna
(maytah).” (17)
5
Inoltre, la dichiarazione che il canto è harām si trova nel
trattato Ash-Sharh Al-Kabīr, dall’autorevole sapiente
shafī’īta, Ar-Rāfiī (morto nel 623 H). Questo è
ulteriormente corroborato dal colto giurisperito
shafī’ita, Imām An-Nawāwī (morto nel 676 H) nel suo
Rawḍa. (18)
Questa è la corretta opinione degli affidabili sapienti del
maḏhab shafī’īta.
Tuttavia, a causa della conoscenza limitata, della
passione e del desiderio personale, pochi dei sapienti
dei tempi successivi concordano con questa opinione.
(19)
Imām Aḥmad ibn Ḥanbal
La posizione dell’Imām Aḥmad (20) riguardo tale
questione è stata narrata in dettaglio dal giurisperito
ḥanbalita e commentatore coranico, Abūʾl Faraj Ibn ul-
Jawzī (morto nel 597 H), nel suo trattato Talbīs Iblīs
(L’inganno di Satana). Egli ci dice che la ghinā durante
l’epoca di Aḥmad consisteva principalmente di una
rima, canto ritmato (inshād) di poemi (21) il cui scopo
era quello di condurre la gente a un pio e ascetico modo
di vivere. Tuttavia, quando questi cantori iniziarono a
cambiare il proprio stile semplice in uno vibrante e di
6
leziosa melodia, le narrazioni relative ad Aḥmad
cominciarono a divergere.
Suo figlio e allievo, Abd-Allāh, racconta che suo padre
disse: “Cantare (22) fa crescere l’ipocrisia nel cuore:
non mi piace.”
Il sapiente Ismāʿīl bin Ishāq Ath-Thaqafī, riporta che
Aḥmad fu interrogato riguardo coloro che ascoltano
quelle poesie (qasāid) e rispose: “La disprezzo, perché è
un bidā’h (innovazione). Non sedete ad ascoltare la sua
recitazione.”
Abūʾl-Hārith riferisce che Aḥmad disse: “Al-Taghyīr
(23) è un’innovazione” - dissero, “Ma il cuore diventa
sensibile e si ammorbidisce.” Aḥmad replicò: “È una
bidā’h.”
Yaʿqūb Al-Hāshimi racconta che Aḥmad disse: “At-
Taghyīr è un’innovazione recente” e Yaʿqūb bin Gayyath
lo riporta provando che egli disprezzava At-Taghyīr e
proibiva quegli ascolti. (24)
Ibn al-Jawzī poi menzionò alcuni racconti riferiti da
Abū Bakr Al-Khallāl e da Sālih figlio di Aḥmad, che
indicano che Aḥmad non avversava le riunioni di poesia.
È riportato che Aḥmad udì un cantante (qawwal) e non
lo rimproverò, fino a quando Sālih gli disse: “O padre,
non hai criticato e censurato una cosa del genere?”
7
Aḥmad rispose: “Questo è accaduto perché mi era stato
detto che stavano facendo cose riprovevoli, così l’ho
disprezzato; quanto a questo, non mi dispiace.” Ibn ul-
Jawzī commentò a questo punto: “Alcuni sapienti della
nostra scuola (ḥanbalita) menzionano che Abū Bakr Al-
Khallāl (morto nel 311 H) e il suo discepolo Abdul-Azīz,
permettevano il canto (ghinā). Tale dichiarazione si
riferisce alle poesie spirituali (qasāid zuhduyyāt) che
erano prevalenti durante il loro tempo. Questo è
precisamente il tipo di canto che non dispiaceva ad
Aḥmad (come accennato in precedenza).” (25)
Aḥmad ibn Ḥanbal dichiarò questo nella domanda in cui
gli venne chiesto in merito a una persona defunta che
aveva lasciato dietro di sé un figlio e una giovane
schiava cantante professionista. (26) Il figlio allora ebbe
bisogno di venderla. Aḥmad disse che ella non doveva
essere venduta sulla base del suo essere una cantante. A
questo proposito gli fu detto che (come cantante), il suo
valore era di 30000 dirham se fosse stata venduta solo
sulla base del suo essere semplicemente una giovane
schiava. Spiegò Ibn al Jawzī: “Il motivo per cui Aḥmad
disse questo fu perché la giovane schiava cantante non
cantava poesie spirituali (qasāid zuhduyyāt): piuttosto
ella cantava testi vibranti che incitavano la passione
nell’animo. Questa è la prova che siffatto canto è harām,
8
e se così non fosse, la perdita sostenuta nella ricchezza
dei figli orfani non sarebbe permessa.” (27)
Inoltre, è riportato dal giurisperito Al-Marwazī che
Aḥmad ibn Ḥanbal disse: “I guadagni del cantante
effeminato (mukhannath) sono disgustosi (khabīth),
perché egli non canta poemi spirituali, piuttosto canta
la poesia erotica (al-ghazal) in un modo licenzioso,
tubando.”
Ibn al-Jawzī concluse che era evidente da ciò che è
preceduto, che le varie narrazioni concernenti
l’avversione di Aḥmad (karāhah) o il permesso per
cantare dipendeva dal tipo di canto che era implicato.
Per quanto riguarda il tipo di canto che è popolare oggi
(28), secondo l’opinione di Aḥmad, sarebbe proibito. Se
solo avesse potuto vedere ciò che le persone hanno
aggiunto d’innovazione… (29)
In conclusione, il consenso dei Sahābah, dei Tābi’īn e
delle generazioni seguenti dei sapienti Islamici fino ai
nostri giorni, compresi i quattro Aʾimma, indica la
sentenza della proibizione di musica e canzoni, a parte
le eccezioni che saranno menzionate in seguito. (30)
9
Appendice: Le opinioni degli Aʾimma dell’Islām
sugli strumenti musicali
Shaykh al-Islām Ibn Taymiyah (rahimahullāh) disse:
“L’opinione dei quattro Aʾimma è che tutti i tipi di
strumenti musicali sono harām.
E’ stato riportato in Sahīh Al-Bukhāri e altrove che il
Profeta disse che ci sarebbero stati tra la sua Ummah
coloro che avrebbero consentito la zināʾ, la seta, l’alcool
e gli strumenti musicali, e disse che si sarebbero
trasformati in scimmie e maiali... Nessuno dei seguaci
degli Aʾimma menzionò alcuna controversia riguardo la
questione della musica.” [Al-Majmū’, 11/576]
Al-Albāni (rahimahullāh) disse: “I quattro maḏāhib
sono d’accordo che tutti gli strumenti musicali sono
harām.” [As-Sahāhah, 1/145]
Ibn al-Qayyim (rahimahullāh) disse: “Il maḏhab di Abū
Ḥanīfa è il più rigoroso al riguardo, e i suoi commenti
sono tra i più duri. I suoi compagni affermarono
chiaramente che è harām ascoltare tutti gli strumenti
musicali come il flauto e il tamburo, e anche battere un
bastone. Essi affermarono che si tratta di un peccato
che implica che una persona è un fāsiq (ribelle
malvagio) la cui testimonianza deve essere rifiutata.
10
Essi andarono oltre e dissero che l’ascolto della musica
è fisq (ribellione, malvagità) e goderne è kufr
(miscredenza). Queste furono le loro parole. Narrarono
a sostegno di ciò un hadīth che non merita di essere
citato. Dissero: Egli dovrebbe cercare di non sentire se
si passa di lì o è nelle vicinanze.”
Abū Yūsuf disse, riguardo a una casa da cui si sente il
suono di strumenti musicali: “Entrate senza il loro
permesso, perché proibire azioni malvagie è
obbligatorio, e se non è consentito entrare senza
permesso, la gente non potrebbe adempiere al dovere
obbligatorio (di ingiungere ciò che è bene e proibire ciò
che è male).” [Ighāthat al-Lahfān, 1/425]
All’Imām Mālik (rahimahullāh) fu chiesto a proposito
del suono del tamburo o del flauto, se una persona gli
capita di sentirne il suono e goderne mentre cammina o
siede. Egli disse: “Dovrebbe alzarsi se constata che ne
gode, a meno che non sia seduto per una necessità o
non è in grado di alzarsi. Se è in strada, dovrebbe
tornare indietro o proseguire.” [Al-Jāmiʿ di al-
Qayrawāni, 262]
Egli (rahimahullāh) disse: “Le uniche persone che fanno
cose del genere, a nostro avviso, sono fasiqīn.” [Tafsīr
al-Qurṭūbī, 14/55]
11
Ibn ‘Abd al-Barr (rahimahullāh) disse: “Tra i tipi di
guadagni che sono harām, secondo il consenso dei
sapienti, vi è la ribā, il compenso di una prostituta,
qualunque cosa proibita, le tangenti, il pagamento per
la lamentazione sul morto e per il canto, i pagamenti
agli indovini e a coloro che pretendono di conoscere
l’invisibile e agli astrologi, i pagamenti per il suono dei
flauti, e tutti i tipi di gioco d’azzardo.” [Al-Kāfi]
Ibn al-Qayyim (rahimahullāh) disse, spiegando
l’opinione dell’Imām Ash-Shāfa’i: “I suoi compagni che
conoscono il suo maḏhab (punto di vista) hanno
affermato che ciò è harām e denunciano coloro che
dicono che è permesso.” [Ighāthat al-Lahfān, 1/425]
L’autore di Kifāt al-Akhbār, che fu uno dei shāfa’iti,
considerò gli strumenti musicali come flauti e altri
essere munkar (male), e colui che è presente (dove si
stanno suonando) dovrebbe denunciarli. Uno non può
essere giustificato dal fatto che ci sono cattivi sapienti,
perché essi stanno corrompendo la Sharī’ah, o fuqahā’
malvagi - cioè i sufi, dato che si definiscono fuqarā’ o
fuqahā’ - perché essi sono ignoranti e seguono chi fa
baccano; non sono guidati dalla luce della conoscenza,
piuttosto sono sollevati da qualsiasi vento. [Kifāyat al-
Akhbār, 2/128]
12
Ibn al-Qayyim (rahimahullāh) disse: “Per quanto
riguarda l’opinione dell’Imām Aḥmad, suo figlio ‘Abd-
Allāh disse: “Chiesi a mio padre sul canto. Egli disse:
“Cantare fa crescere l’ipocrisia nel cuore, non mi piace.”
Poi citò le parole di Mālik: “I malvagi (fasiqīn) tra di noi
lo fanno.” [Ighāthat al-Lahfān]
Ibn Qudāmah (rahimahullāh), il ricercatore del maḏhab
ḥanbalita disse: “Gli strumenti musicali sono di tre tipi,
che sono harām. Questi sono le corde e tutti i tipi di
flauto, e il liuto, il tamburo e il rabāb (strumento a
corde) e così via. Chi persiste nell’ascoltarli, la sua
testimonianza deve essere rifiutata.” [Al-Mughni,
10/173]
Ed egli (rahimahullāh) disse: “Se una persona è invitata
a una riunione in cui c’è qualcosa di deplorevole, come
il vino e gli strumenti musicali, ed è in grado di
denunciarla, allora dovrebbe partecipare e parlarne
contro, perché in questo modo avrà combinato due
doveri obbligatori. Se non è in grado di farlo, allora non
dovrebbero partecipare.” [Al-Kāfi, 3/118]
At-Ṭabarī (rahimahullāh) disse: “I sapienti di tutte le
regioni concordano che il canto è makrūh e dovrebbe
essere evitato. Anche se Ibrāhīm ibn Saʿd e ‘Ubayd-
Allāh al-‘Anbārī differirono dalla maggioranza, (va
notato che) il Messaggero di Allāh disse: “Aderite alla
13
maggioranza.” E chi muore differendo dalla
maggioranza, muore come un jāhili.” [Tafsīr al-Qurṭūbī,
14/56]
Nelle prime generazioni, la parola “makrūh” era usata
per indicare harām, poi assunse il significato di
“sgradito”. Ma questo è da intendersi nel senso che è
proibito, perché [At-Ṭabarī] disse, “dovrebbe essere
evitato”, e nulla è da evitare se non ciò che è harām, e
perché nei due ahādīth citati, la musica è denunciata
con la massima fermezza. Al-Qurṭubī (rahimahullāh) è
colui che narrò questo resoconto, poi disse: “Abū l-Faraj
e Al-Qaffāl tra i nostri compagni dissero: “La
testimonianza del cantante e del ballerino non è
accettata.” Io dico: se è provato che tale questione non è
permessa, allora nemmeno accettare il pagamento per
essa può esserlo.”
Shaykh al-Fawzān (hafidhullāh) ha detto: “Ciò che
Ibrāhīm ibn Saʿd e ‘Ubayd-Allāh al-‘Anbārī dissero sul
canto non è come per il tipo di canto che è conosciuto al
giorno d’oggi, perché essi non avrebbero mai permesso
questo tipo di canto, che è il massimo dell’immoralità e
dell’oscenità.” [Al-I’lām]
Ibn Taymiyah (rahimahullāh) disse: “Non è permesso
costruire strumenti musicali.” [Al-Majmū’, 22/140]
14
Ed egli disse: “Secondo la maggioranza dei fuqahā’, è
lecito distruggere gli strumenti musicali, come il tanbūr
(uno strumento a corde simile ad un mandolino).
Questa è l’opinione di Mālik ed è la più famosa delle due
opinioni narrate da Aḥmad.” [Al-Majmū’, 28/113]
Ed egli disse: “…Ibn al-Mundhir disse che i sapienti
hanno convenuto che non è lecito pagare le persone per
il canto e la lamentazione... il consenso di tutti i sapienti
le cui opinioni abbiamo appreso a questo riguardo, è
che la lamentazione e il canto non sono consentiti. Ash-
Shu’bi, An-Nakhaʿī e Mālik considerarono ciò come
makrūh (cioè harām).”
Abū Thawr, An-Nuʿmān - Abū Ḥanīfa (rahimahullāh) -
e Yaʿqūb e Muhammad, due degli studenti di Abū
Ḥanīfa dissero: “Non è lecito pagare alcunché per il
canto e la lamentazione. Questa è la nostra opinione.”
Ed egli disse: “Gli strumenti musicali sono il vino
dell’anima, e ciò che fanno all’anima è peggiore di ciò
che fanno le bevande inebrianti.” [Majmū’ al-Fatāwa,
10/417]
Ibn Abī Shaybah (rahimahullāh) riportò che un uomo
ruppe un mandolino appartenente ad un altro uomo, e
il secondo presentò il suo caso allo Shurayḥ. Ma lo
Shurayḥ non gli attribuì alcun compenso - cioè, non fece
pagare al primo uomo il costo del mandolino, perché
15
era harām e non aveva alcun valore.” [Al-Musannaf,
5/395]
Shaykh Muhammad Salih al-Munajjid
Estratto dalla sua Fatwā n. 5000
16
NOTE
(1) Vedere pagg. 67-68 di Kaffur Rā; Tafsīr Al-Qurṭūbī, vol. 19,
pag. 51 e Al-I’lām bi Naqdi Kitābil Hallāli wal Harām dello
Shaykh Sālih al-Fawzān pagg. 72-74.
(2) Il primo dei Quattro famosi Aʾimma. Nacque a Kūfa, Iraq,
nell’ottantesimo anno della Hijrah. Morì a Baghdad nell’anno
150 H, vedere Sīyar Alāmin Nubalā di Adh-Ḏhahabī, vol. 6,
pagg. 390-403.
(3) Quali flauti, pifferi, corni e relativi strumenti a fiato.
(4) Piccoli tamburi a mano senza tintinnio dell’acciaio. Questo
tipo di permesso deve essere utilizzato in certe limitate
occasioni, come designato dalla Sunnah, i cui dettagli
seguiranno.
(5) La deposizione resa dai testimoni riguardante questioni o
reati che comportano una punizione viene accettata solo da
affidabili, obbedienti Musulmani.
(6) Nella Sharī’ah, il solo sospetto di vizio non è sufficiente per
giustificare l’invasione della privacy da parte delle autorità. Qui,
tuttavia, la violazione non è salvaguardata dalla privacy della
casa che piuttosto dovrebbe essere elusa, anche con la forza, per
evitare la corruzione della società.
(7) Citato da “Ownul Mabūd Sharh us-Sunan Abī Dāwūd”, vol.
13, pagg. 273-274.
(8) Dichiarato da Abū Tīb Tāhir At-Ṭabarī e citato in Al-Jāmili
Ahkāmil Qur’ān di Al-Qurṭūbī, vol. 14, pag. 55.
17
(9) Nacque a Madīnah nell’anno 93 della Hijrah e vi morì nel
179 H. Per i dettagli sulla sua vita vedere Tartībul Madārik del
Qādi ʿAyyād, vol. 1, pagg. 107/147.
(10) Al tempo del Profeta Muhammad l’economia mondiale
era quasi completamente basata sull’istituzione della schiavitù.
Saggezza e lungimiranza hanno richiesto una graduale
eliminazione di questo sistema sociale profondamente radicato.
(11) I detti precedenti relativi a Mālik sono citati nel Talbīs Iblīs
di Ibn al-Jawzī, pag.29.
(12) Al-Jāmili Ahkāmil Qur’ān, vol. 14, pag. 55
(13) Ibid, vol. 14, pag. 54.
(14) Nacque nel 150 H a Gaza in Palestina. Morì e fu sepolto al
Cairo, nel 204 H. Dettagli della sua vita e del suo lavoro sono
raccontati in Manāqibush Shāfi’ī di Al-Bayhaqī.
(15) Vedere Tafsīr di Al-Qurṭūbī, vol. 14, pag. 55 e Talbīs Iblīs di
Ibn al-Jawzī, pag. 231. Inoltre fare riferimento alla nota n.111.
(16) Vedere Ownul Mabūd, vol. 13, pag. 274.
(17) Indica la carcassa dell’animale che non è stato macellato in
un modo accettabile secondo la Sharī’ah, ma che è morto in una
maniera che lo rende illecito da mangiare, come morire per una
malattia, incidente, in modo naturale o per essere stato colpito,
eccetera. Tuttavia, la pelle di tali animali può essere utilizzata
dopo un adeguato trattamento.
(18) Kaffur Rā, pag. 61.
18
(19) Talbīs Iblīs, pagg. 230-231. Un esempio di tali sapienti con
una confutazione della loro posizione seguirà nella prossima
sezione di questo lavoro.
(20) Nacque a Baghdad, 164 H e vi morì nel 241 H. Vedere
l’eccellente biografia della sua vita.
(21) In arabo queste sono chiamate qasāiduz zuhd.
(22) “Cantare” qui significa senza accompagnamento musicale.
(23) Indica un cambiamento nello stato della mente o nella
disposizione di una persona che appare “paralizzata” dalla
menzione (dhikr) di Allāh nella supplica (du’ā) eseguita in un
umile, mortificante atteggiamento. Coloro che partecipano a
questa esperienza di “paralisi” sono mossi all’estrema gioia o al
dolore dal modo in cui tale poesia viene pronunciata. Di solito è
pronunciata in un fremente stile che li induce a ballare e roteare
al ritmo e alla melodia di questi poemi ritmati. A causa di
questo “mutamento” (taghyīr) che li soverchia, furono chiamati
al-mughayyarah. Fare riferimento a Talbīs Iblīs, pag. 330.
(24) Talbīs Iblīs, pag. 228.
(25) Tutti questi sapienti, tra cui Aḥmad non disdegnano un
certo tipo di litania, canto e recitazione di poesia o racconti, ecc.
senza accompagnamento musicale o altri aspetti proibiti.
(26) Riferirsi alla nota n.116.
(27) La perdita subìta dalla vendita della giovane schiava non
come cantante, ma come una normale lavoratrice.
19
(28) Questa dichiarazione è stata fatta durante il sesto secolo
dell’era Islamica. Pertanto, cosa potrebbe dire di ciò che
ascoltiamo e vediamo della musica e del canto oggi!
(29) Talbīs Iblīs, pagg. 228-229.
(30) Qui finisce l’estratto dall’opera di Abū Bilāl Mustafā al-
Kanad, “La sentenza Islamica sulla musica e il canto” (N.d.T.)

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LA PROIBIZIONE DELLA MUSICA E DEL CANTO NELL’ISLĀM

  • 1. LA PROIBIZIONE DELLA MUSICA E DEL CANTO NELL’ISLĀM L’opinione degli Aʾimma dei Tābi’īn e dei sapienti dopo di loro Abū Bilāl Mustafā al-Kanad estratto da “La sentenza Islamica sulla musica e il canto” Appendice sulla proibizione degli strumenti musicali Shaykh Muhammad Salih al-Munajjid Traduzione e adattamento a cura di Muhammad Nur al Haqq
  • 2. 1 L’opinione tenuta dai Sahābah fu generalmente rispettata dai Tābi‘īn e da coloro che li seguirono, i quattro Aʾimma e la grande maggioranza dei sapienti islamici affidabili fino al tempo presente. Tra i Tābi‘īn e i loro seguaci, esistono tali autorità come Mujāhid, ʿIkrima, An-Nakhaʿī e Al-Ḥasan al-Baṣrī. (1) Imām Abū Ḥanīfa L’Imām Abū Ḥanīfa (2) ebbe forse l’opinione più dura dei quattro famosi Aʾimma della giurisprudenza. La sua scuola di pensiero è la più rigorosa, perché egli detestava il canto e lo considerava peccaminoso. Riguardo ai suoi discepoli, essi hanno confermato in modo esplicito il divieto di ascoltare tutti gli svaghi e i passatempi musicali, compresi gli strumenti a fiato (mazāmīr) (3), tutti i tipi di tamburelli, i tamburi a mano (dufūf) (4) e anche il colpire dei bastoni (al- qadīb). Hanno affermato che tali azioni costituiscono disobbedienza ad Allāh, e che l’esecutore di tale atto è
  • 3. 2 un peccatore, pertanto è necessario rifiutare la sua testimonianza. (5) Ulteriormente, essi hanno dichiarato che spetta al Musulmano sforzarsi nell’evitare l’ascolto di queste cose, anche se sta passando o sosta vicino ad esse (senza alcuna intenzione). Il più vicino discepolo di Abū Ḥanīfa, Abū Yūsuf, ha affermato che, se il suono degli strumenti musicali (mūzif) e i divertimenti (malāhi) uditi provengono da una casa, si può entrare in essa senza il permesso dei proprietari. (6) La giustificazione per questo è che il comando riguardo alla proibizione delle cose abominevoli (munkārāt) è obbligatorio e non si può eseguire se tale entrata dipende dall’autorizzazione dei residenti degli immobili. Questo è anche il maḏhab (posizione) del resto dei sapienti di Kūfa, come Ibrāhīm An-Nakhaʿī, Ash-Shaʿbī Hammad e Ath-Thawrī. (7) Essi non differiscono su questa materia. Lo stesso può dirsi del corpo generale dei giurisperiti di al-Basrah (8). Imām Mālik È riportato da Ibn al-Jawzī che Ishāq bin ʿĪsā At-Tabā chiese all’Imām Mālik bin Anas (9), il giurista leader di Madīnah, a proposito del parere della gente di Madīnah
  • 4. 3 riguardo al canto (ghinā). Egli rispose: “Certamente, ciò è fatto dai peccatori.” At-Ṭabarī disse: “Per quanto riguarda Mālik bin Anas, ha certamente proibito il canto e il suo ascolto.” Egli ulteriormente riferì che Mālik disse: “Se uno ha comprato una giovane schiava (10) e l’ha trovata essere una cantante professionista, potrebbe renderla all’originario proprietario per il rimborso del credito, per aver trovato un difetto nella merce.” (11) La sentenza sulla proibizione (tahrīm) è generalmente concordata dai sapienti di Madīnah. Il giurisperito māliki e commentatore, Al-Qurṭūbī, cita Ibn Khuwayz Mandād il quale dice che l’Imām Mālik quando era piccolo imparò il canto e la musica finché sua madre lo incoraggiò ad abbandonarli per lo studio delle scienze religiose. Egli lo fece, e il suo punto di vista divenne che queste cose erano proibite. (12) Al-Qurṭūbī confermò il parere di Mālik dicendo che l’unica eccezione a questa sentenza generale era per il tipo di canzoni innocenti come quelle cantate per calmare i cammelli durante il viaggio, o durante il lavoro duro o la noia, oppure durante i periodi di festa e di gioia, come i giorni della ʿĪd e i matrimoni - questi ultimi con l’accompagnamento di un semplice daff
  • 5. 4 (tamburello a mano). Al-Qurṭūbī poi disse: “Per quanto riguarda ciò che è fatto ai giorni nostri, nella maniera delle (riprovevoli) innovazioni (bidā’h) dei sufi mistici che aggiungono alle canzoni l’accompagnamento di strumenti melodici come flauti, strumenti a corda come flauti, strumenti a corda e tutto il resto, è harām. (13) Imām Ash-Shafi’ī Nel libro Ādābul Qadā, Ash-Shafi’ī (14) è citato per aver detto: “In verità, la canzone è riprovevole (makrūh); assomiglia alla cosa falsa e vana (al-bātil). Chi si nutre frequentemente di essa è un pazzo incompetente la cui testimonianza è rifiutata.” (15) Ai suoi discepoli più vicini e più informati egli specificò chiaramente che la sua posizione su questa materia era quella della proibizione (tahrīm) ed essi biasimavano coloro che gli attribuivano legalità. (16) Questo è confermato dal successivo sapiente shafī’īta, Ibn Hajar Al-Haythamī. Egli riferì che uno dei discepoli di Ash-Shafi’ī, Al-Hārith Al-Muhāsibi (morto nel 243 H) disse: “Il canto è harām, proprio come la carogna (maytah).” (17)
  • 6. 5 Inoltre, la dichiarazione che il canto è harām si trova nel trattato Ash-Sharh Al-Kabīr, dall’autorevole sapiente shafī’īta, Ar-Rāfiī (morto nel 623 H). Questo è ulteriormente corroborato dal colto giurisperito shafī’ita, Imām An-Nawāwī (morto nel 676 H) nel suo Rawḍa. (18) Questa è la corretta opinione degli affidabili sapienti del maḏhab shafī’īta. Tuttavia, a causa della conoscenza limitata, della passione e del desiderio personale, pochi dei sapienti dei tempi successivi concordano con questa opinione. (19) Imām Aḥmad ibn Ḥanbal La posizione dell’Imām Aḥmad (20) riguardo tale questione è stata narrata in dettaglio dal giurisperito ḥanbalita e commentatore coranico, Abūʾl Faraj Ibn ul- Jawzī (morto nel 597 H), nel suo trattato Talbīs Iblīs (L’inganno di Satana). Egli ci dice che la ghinā durante l’epoca di Aḥmad consisteva principalmente di una rima, canto ritmato (inshād) di poemi (21) il cui scopo era quello di condurre la gente a un pio e ascetico modo di vivere. Tuttavia, quando questi cantori iniziarono a cambiare il proprio stile semplice in uno vibrante e di
  • 7. 6 leziosa melodia, le narrazioni relative ad Aḥmad cominciarono a divergere. Suo figlio e allievo, Abd-Allāh, racconta che suo padre disse: “Cantare (22) fa crescere l’ipocrisia nel cuore: non mi piace.” Il sapiente Ismāʿīl bin Ishāq Ath-Thaqafī, riporta che Aḥmad fu interrogato riguardo coloro che ascoltano quelle poesie (qasāid) e rispose: “La disprezzo, perché è un bidā’h (innovazione). Non sedete ad ascoltare la sua recitazione.” Abūʾl-Hārith riferisce che Aḥmad disse: “Al-Taghyīr (23) è un’innovazione” - dissero, “Ma il cuore diventa sensibile e si ammorbidisce.” Aḥmad replicò: “È una bidā’h.” Yaʿqūb Al-Hāshimi racconta che Aḥmad disse: “At- Taghyīr è un’innovazione recente” e Yaʿqūb bin Gayyath lo riporta provando che egli disprezzava At-Taghyīr e proibiva quegli ascolti. (24) Ibn al-Jawzī poi menzionò alcuni racconti riferiti da Abū Bakr Al-Khallāl e da Sālih figlio di Aḥmad, che indicano che Aḥmad non avversava le riunioni di poesia. È riportato che Aḥmad udì un cantante (qawwal) e non lo rimproverò, fino a quando Sālih gli disse: “O padre, non hai criticato e censurato una cosa del genere?”
  • 8. 7 Aḥmad rispose: “Questo è accaduto perché mi era stato detto che stavano facendo cose riprovevoli, così l’ho disprezzato; quanto a questo, non mi dispiace.” Ibn ul- Jawzī commentò a questo punto: “Alcuni sapienti della nostra scuola (ḥanbalita) menzionano che Abū Bakr Al- Khallāl (morto nel 311 H) e il suo discepolo Abdul-Azīz, permettevano il canto (ghinā). Tale dichiarazione si riferisce alle poesie spirituali (qasāid zuhduyyāt) che erano prevalenti durante il loro tempo. Questo è precisamente il tipo di canto che non dispiaceva ad Aḥmad (come accennato in precedenza).” (25) Aḥmad ibn Ḥanbal dichiarò questo nella domanda in cui gli venne chiesto in merito a una persona defunta che aveva lasciato dietro di sé un figlio e una giovane schiava cantante professionista. (26) Il figlio allora ebbe bisogno di venderla. Aḥmad disse che ella non doveva essere venduta sulla base del suo essere una cantante. A questo proposito gli fu detto che (come cantante), il suo valore era di 30000 dirham se fosse stata venduta solo sulla base del suo essere semplicemente una giovane schiava. Spiegò Ibn al Jawzī: “Il motivo per cui Aḥmad disse questo fu perché la giovane schiava cantante non cantava poesie spirituali (qasāid zuhduyyāt): piuttosto ella cantava testi vibranti che incitavano la passione nell’animo. Questa è la prova che siffatto canto è harām,
  • 9. 8 e se così non fosse, la perdita sostenuta nella ricchezza dei figli orfani non sarebbe permessa.” (27) Inoltre, è riportato dal giurisperito Al-Marwazī che Aḥmad ibn Ḥanbal disse: “I guadagni del cantante effeminato (mukhannath) sono disgustosi (khabīth), perché egli non canta poemi spirituali, piuttosto canta la poesia erotica (al-ghazal) in un modo licenzioso, tubando.” Ibn al-Jawzī concluse che era evidente da ciò che è preceduto, che le varie narrazioni concernenti l’avversione di Aḥmad (karāhah) o il permesso per cantare dipendeva dal tipo di canto che era implicato. Per quanto riguarda il tipo di canto che è popolare oggi (28), secondo l’opinione di Aḥmad, sarebbe proibito. Se solo avesse potuto vedere ciò che le persone hanno aggiunto d’innovazione… (29) In conclusione, il consenso dei Sahābah, dei Tābi’īn e delle generazioni seguenti dei sapienti Islamici fino ai nostri giorni, compresi i quattro Aʾimma, indica la sentenza della proibizione di musica e canzoni, a parte le eccezioni che saranno menzionate in seguito. (30)
  • 10. 9 Appendice: Le opinioni degli Aʾimma dell’Islām sugli strumenti musicali Shaykh al-Islām Ibn Taymiyah (rahimahullāh) disse: “L’opinione dei quattro Aʾimma è che tutti i tipi di strumenti musicali sono harām. E’ stato riportato in Sahīh Al-Bukhāri e altrove che il Profeta disse che ci sarebbero stati tra la sua Ummah coloro che avrebbero consentito la zināʾ, la seta, l’alcool e gli strumenti musicali, e disse che si sarebbero trasformati in scimmie e maiali... Nessuno dei seguaci degli Aʾimma menzionò alcuna controversia riguardo la questione della musica.” [Al-Majmū’, 11/576] Al-Albāni (rahimahullāh) disse: “I quattro maḏāhib sono d’accordo che tutti gli strumenti musicali sono harām.” [As-Sahāhah, 1/145] Ibn al-Qayyim (rahimahullāh) disse: “Il maḏhab di Abū Ḥanīfa è il più rigoroso al riguardo, e i suoi commenti sono tra i più duri. I suoi compagni affermarono chiaramente che è harām ascoltare tutti gli strumenti musicali come il flauto e il tamburo, e anche battere un bastone. Essi affermarono che si tratta di un peccato che implica che una persona è un fāsiq (ribelle malvagio) la cui testimonianza deve essere rifiutata.
  • 11. 10 Essi andarono oltre e dissero che l’ascolto della musica è fisq (ribellione, malvagità) e goderne è kufr (miscredenza). Queste furono le loro parole. Narrarono a sostegno di ciò un hadīth che non merita di essere citato. Dissero: Egli dovrebbe cercare di non sentire se si passa di lì o è nelle vicinanze.” Abū Yūsuf disse, riguardo a una casa da cui si sente il suono di strumenti musicali: “Entrate senza il loro permesso, perché proibire azioni malvagie è obbligatorio, e se non è consentito entrare senza permesso, la gente non potrebbe adempiere al dovere obbligatorio (di ingiungere ciò che è bene e proibire ciò che è male).” [Ighāthat al-Lahfān, 1/425] All’Imām Mālik (rahimahullāh) fu chiesto a proposito del suono del tamburo o del flauto, se una persona gli capita di sentirne il suono e goderne mentre cammina o siede. Egli disse: “Dovrebbe alzarsi se constata che ne gode, a meno che non sia seduto per una necessità o non è in grado di alzarsi. Se è in strada, dovrebbe tornare indietro o proseguire.” [Al-Jāmiʿ di al- Qayrawāni, 262] Egli (rahimahullāh) disse: “Le uniche persone che fanno cose del genere, a nostro avviso, sono fasiqīn.” [Tafsīr al-Qurṭūbī, 14/55]
  • 12. 11 Ibn ‘Abd al-Barr (rahimahullāh) disse: “Tra i tipi di guadagni che sono harām, secondo il consenso dei sapienti, vi è la ribā, il compenso di una prostituta, qualunque cosa proibita, le tangenti, il pagamento per la lamentazione sul morto e per il canto, i pagamenti agli indovini e a coloro che pretendono di conoscere l’invisibile e agli astrologi, i pagamenti per il suono dei flauti, e tutti i tipi di gioco d’azzardo.” [Al-Kāfi] Ibn al-Qayyim (rahimahullāh) disse, spiegando l’opinione dell’Imām Ash-Shāfa’i: “I suoi compagni che conoscono il suo maḏhab (punto di vista) hanno affermato che ciò è harām e denunciano coloro che dicono che è permesso.” [Ighāthat al-Lahfān, 1/425] L’autore di Kifāt al-Akhbār, che fu uno dei shāfa’iti, considerò gli strumenti musicali come flauti e altri essere munkar (male), e colui che è presente (dove si stanno suonando) dovrebbe denunciarli. Uno non può essere giustificato dal fatto che ci sono cattivi sapienti, perché essi stanno corrompendo la Sharī’ah, o fuqahā’ malvagi - cioè i sufi, dato che si definiscono fuqarā’ o fuqahā’ - perché essi sono ignoranti e seguono chi fa baccano; non sono guidati dalla luce della conoscenza, piuttosto sono sollevati da qualsiasi vento. [Kifāyat al- Akhbār, 2/128]
  • 13. 12 Ibn al-Qayyim (rahimahullāh) disse: “Per quanto riguarda l’opinione dell’Imām Aḥmad, suo figlio ‘Abd- Allāh disse: “Chiesi a mio padre sul canto. Egli disse: “Cantare fa crescere l’ipocrisia nel cuore, non mi piace.” Poi citò le parole di Mālik: “I malvagi (fasiqīn) tra di noi lo fanno.” [Ighāthat al-Lahfān] Ibn Qudāmah (rahimahullāh), il ricercatore del maḏhab ḥanbalita disse: “Gli strumenti musicali sono di tre tipi, che sono harām. Questi sono le corde e tutti i tipi di flauto, e il liuto, il tamburo e il rabāb (strumento a corde) e così via. Chi persiste nell’ascoltarli, la sua testimonianza deve essere rifiutata.” [Al-Mughni, 10/173] Ed egli (rahimahullāh) disse: “Se una persona è invitata a una riunione in cui c’è qualcosa di deplorevole, come il vino e gli strumenti musicali, ed è in grado di denunciarla, allora dovrebbe partecipare e parlarne contro, perché in questo modo avrà combinato due doveri obbligatori. Se non è in grado di farlo, allora non dovrebbero partecipare.” [Al-Kāfi, 3/118] At-Ṭabarī (rahimahullāh) disse: “I sapienti di tutte le regioni concordano che il canto è makrūh e dovrebbe essere evitato. Anche se Ibrāhīm ibn Saʿd e ‘Ubayd- Allāh al-‘Anbārī differirono dalla maggioranza, (va notato che) il Messaggero di Allāh disse: “Aderite alla
  • 14. 13 maggioranza.” E chi muore differendo dalla maggioranza, muore come un jāhili.” [Tafsīr al-Qurṭūbī, 14/56] Nelle prime generazioni, la parola “makrūh” era usata per indicare harām, poi assunse il significato di “sgradito”. Ma questo è da intendersi nel senso che è proibito, perché [At-Ṭabarī] disse, “dovrebbe essere evitato”, e nulla è da evitare se non ciò che è harām, e perché nei due ahādīth citati, la musica è denunciata con la massima fermezza. Al-Qurṭubī (rahimahullāh) è colui che narrò questo resoconto, poi disse: “Abū l-Faraj e Al-Qaffāl tra i nostri compagni dissero: “La testimonianza del cantante e del ballerino non è accettata.” Io dico: se è provato che tale questione non è permessa, allora nemmeno accettare il pagamento per essa può esserlo.” Shaykh al-Fawzān (hafidhullāh) ha detto: “Ciò che Ibrāhīm ibn Saʿd e ‘Ubayd-Allāh al-‘Anbārī dissero sul canto non è come per il tipo di canto che è conosciuto al giorno d’oggi, perché essi non avrebbero mai permesso questo tipo di canto, che è il massimo dell’immoralità e dell’oscenità.” [Al-I’lām] Ibn Taymiyah (rahimahullāh) disse: “Non è permesso costruire strumenti musicali.” [Al-Majmū’, 22/140]
  • 15. 14 Ed egli disse: “Secondo la maggioranza dei fuqahā’, è lecito distruggere gli strumenti musicali, come il tanbūr (uno strumento a corde simile ad un mandolino). Questa è l’opinione di Mālik ed è la più famosa delle due opinioni narrate da Aḥmad.” [Al-Majmū’, 28/113] Ed egli disse: “…Ibn al-Mundhir disse che i sapienti hanno convenuto che non è lecito pagare le persone per il canto e la lamentazione... il consenso di tutti i sapienti le cui opinioni abbiamo appreso a questo riguardo, è che la lamentazione e il canto non sono consentiti. Ash- Shu’bi, An-Nakhaʿī e Mālik considerarono ciò come makrūh (cioè harām).” Abū Thawr, An-Nuʿmān - Abū Ḥanīfa (rahimahullāh) - e Yaʿqūb e Muhammad, due degli studenti di Abū Ḥanīfa dissero: “Non è lecito pagare alcunché per il canto e la lamentazione. Questa è la nostra opinione.” Ed egli disse: “Gli strumenti musicali sono il vino dell’anima, e ciò che fanno all’anima è peggiore di ciò che fanno le bevande inebrianti.” [Majmū’ al-Fatāwa, 10/417] Ibn Abī Shaybah (rahimahullāh) riportò che un uomo ruppe un mandolino appartenente ad un altro uomo, e il secondo presentò il suo caso allo Shurayḥ. Ma lo Shurayḥ non gli attribuì alcun compenso - cioè, non fece pagare al primo uomo il costo del mandolino, perché
  • 16. 15 era harām e non aveva alcun valore.” [Al-Musannaf, 5/395] Shaykh Muhammad Salih al-Munajjid Estratto dalla sua Fatwā n. 5000
  • 17. 16 NOTE (1) Vedere pagg. 67-68 di Kaffur Rā; Tafsīr Al-Qurṭūbī, vol. 19, pag. 51 e Al-I’lām bi Naqdi Kitābil Hallāli wal Harām dello Shaykh Sālih al-Fawzān pagg. 72-74. (2) Il primo dei Quattro famosi Aʾimma. Nacque a Kūfa, Iraq, nell’ottantesimo anno della Hijrah. Morì a Baghdad nell’anno 150 H, vedere Sīyar Alāmin Nubalā di Adh-Ḏhahabī, vol. 6, pagg. 390-403. (3) Quali flauti, pifferi, corni e relativi strumenti a fiato. (4) Piccoli tamburi a mano senza tintinnio dell’acciaio. Questo tipo di permesso deve essere utilizzato in certe limitate occasioni, come designato dalla Sunnah, i cui dettagli seguiranno. (5) La deposizione resa dai testimoni riguardante questioni o reati che comportano una punizione viene accettata solo da affidabili, obbedienti Musulmani. (6) Nella Sharī’ah, il solo sospetto di vizio non è sufficiente per giustificare l’invasione della privacy da parte delle autorità. Qui, tuttavia, la violazione non è salvaguardata dalla privacy della casa che piuttosto dovrebbe essere elusa, anche con la forza, per evitare la corruzione della società. (7) Citato da “Ownul Mabūd Sharh us-Sunan Abī Dāwūd”, vol. 13, pagg. 273-274. (8) Dichiarato da Abū Tīb Tāhir At-Ṭabarī e citato in Al-Jāmili Ahkāmil Qur’ān di Al-Qurṭūbī, vol. 14, pag. 55.
  • 18. 17 (9) Nacque a Madīnah nell’anno 93 della Hijrah e vi morì nel 179 H. Per i dettagli sulla sua vita vedere Tartībul Madārik del Qādi ʿAyyād, vol. 1, pagg. 107/147. (10) Al tempo del Profeta Muhammad l’economia mondiale era quasi completamente basata sull’istituzione della schiavitù. Saggezza e lungimiranza hanno richiesto una graduale eliminazione di questo sistema sociale profondamente radicato. (11) I detti precedenti relativi a Mālik sono citati nel Talbīs Iblīs di Ibn al-Jawzī, pag.29. (12) Al-Jāmili Ahkāmil Qur’ān, vol. 14, pag. 55 (13) Ibid, vol. 14, pag. 54. (14) Nacque nel 150 H a Gaza in Palestina. Morì e fu sepolto al Cairo, nel 204 H. Dettagli della sua vita e del suo lavoro sono raccontati in Manāqibush Shāfi’ī di Al-Bayhaqī. (15) Vedere Tafsīr di Al-Qurṭūbī, vol. 14, pag. 55 e Talbīs Iblīs di Ibn al-Jawzī, pag. 231. Inoltre fare riferimento alla nota n.111. (16) Vedere Ownul Mabūd, vol. 13, pag. 274. (17) Indica la carcassa dell’animale che non è stato macellato in un modo accettabile secondo la Sharī’ah, ma che è morto in una maniera che lo rende illecito da mangiare, come morire per una malattia, incidente, in modo naturale o per essere stato colpito, eccetera. Tuttavia, la pelle di tali animali può essere utilizzata dopo un adeguato trattamento. (18) Kaffur Rā, pag. 61.
  • 19. 18 (19) Talbīs Iblīs, pagg. 230-231. Un esempio di tali sapienti con una confutazione della loro posizione seguirà nella prossima sezione di questo lavoro. (20) Nacque a Baghdad, 164 H e vi morì nel 241 H. Vedere l’eccellente biografia della sua vita. (21) In arabo queste sono chiamate qasāiduz zuhd. (22) “Cantare” qui significa senza accompagnamento musicale. (23) Indica un cambiamento nello stato della mente o nella disposizione di una persona che appare “paralizzata” dalla menzione (dhikr) di Allāh nella supplica (du’ā) eseguita in un umile, mortificante atteggiamento. Coloro che partecipano a questa esperienza di “paralisi” sono mossi all’estrema gioia o al dolore dal modo in cui tale poesia viene pronunciata. Di solito è pronunciata in un fremente stile che li induce a ballare e roteare al ritmo e alla melodia di questi poemi ritmati. A causa di questo “mutamento” (taghyīr) che li soverchia, furono chiamati al-mughayyarah. Fare riferimento a Talbīs Iblīs, pag. 330. (24) Talbīs Iblīs, pag. 228. (25) Tutti questi sapienti, tra cui Aḥmad non disdegnano un certo tipo di litania, canto e recitazione di poesia o racconti, ecc. senza accompagnamento musicale o altri aspetti proibiti. (26) Riferirsi alla nota n.116. (27) La perdita subìta dalla vendita della giovane schiava non come cantante, ma come una normale lavoratrice.
  • 20. 19 (28) Questa dichiarazione è stata fatta durante il sesto secolo dell’era Islamica. Pertanto, cosa potrebbe dire di ciò che ascoltiamo e vediamo della musica e del canto oggi! (29) Talbīs Iblīs, pagg. 228-229. (30) Qui finisce l’estratto dall’opera di Abū Bilāl Mustafā al- Kanad, “La sentenza Islamica sulla musica e il canto” (N.d.T.)