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TESIDIMASTER2013
Elena Stellin
L’ACROPOLI DI PERGAMO
I SUOI CONFINI E IL SUO CONTROLLO SUL TERRITORIO
Master Itinerante
in “Museografia, Architettura e Archeologia.
Progettazione Strategica e Gestione Innovativa
del patrimonio archeologico
Accademia Adrianea di Architettura e Archeologia Onlus
AA 2014/2015
Al cospetto di questi nuovi Dei, nel silenzio e
in un’atmosfera luminosa soffusa, sono ammessi gli
eroi, i visitatori che sanno comprendere il rituale della
pietra e che sono invitati ad entrare per vivere
un rapporto privilegiato con il luogo.
A partire dal sec. III a. C., Pergamo fu uno dei maggiori centri culturali e artistici
del mondo ellenistico, dotato di splendide costruzioni e monumenti dai sovrani
Eumene I, Attalo I, Eumene II, Attalo II. Dopo il 1873 l’Istituto Archeologico Ger-
manico ha condotto a Pergamo imponenti scavi archeologici che hanno messo in
luce l’impianto urbanistico della città, ispirato a criteri di scenografica monumen-
talità e destinato a esercitare ampi influssi sulle città imperiali romane. La città el-
lenistica, chiusa da una cinta di mura con torri, si apriva a ventaglio sul pendio del
monte salendo, con successive terrazze, fino all’acropoli. Entro le mura un primo
gruppo di monumenti comprendeva l’agorá inferiore e abitazioni private. Segui-
vano, su terrazze successive, tre ginnasi con palestre, lo stadio e l’auditorio, so-
vrastati dai santuari di Era e di Demetra. Sulla sommità del monte l’acropoli, con i
monumenti più importanti, era divisa in due parti dalla strada; a destra sorgevano
i palazzi reali, le caserme, i magazzini; a sinistra l’agorá superiore porticata cui
seguiva il santuario di Zeus, che aveva al centro il grande altare di marmo (rico-
struito presso gli Staatliche Museen di Berlino) eretto da Eumene II tra il 181 e il
159 a. C. Si trattava di una costruzione con portico colonnato ionico su alto podio
a zoccolo decorato da un altorilievo con Gigantomachia, allusione simbolica alla
vittoria della civiltà (gli Attalidi) sulla barbarie (i Galati); anche il muro di fondo
del cortile sopraelevato era ornato da un fregio continuo raffigurante scene della
vita di Telefo, l’eroe fondatore di Pergamo. Al tempio di Zeus seguiva la terrazza
del santuario di Atena Poliade, il cui tempio dorico era circondato da un portico
a due piani con propileo di accesso. Nel santuario erano esposti i famosi gruppi
scultorei celebranti le vittorie sui Galati. Sotto il santuario si apriva la cavea del
teatro. Sulla terrazza più alta dell’acropoli era il Traianeo, tempio esastilocorinzio
costruito in età adrianea. Ai piedi della collina si estese, in età romana, la città
bassa, della quale restano i ruderi di un teatro e di un grande santuario dedicato
forse alle divinità orientali. Una strada porticata, in gran parte scavata, portava
al celebre santuario di Asclepio, che conserva vari edifici del sec. II d. C. (propi-
lei, tempio di Asclepio, edificio per le incubazioni durante le quali appariva il dio
guaritore, teatro). L’importanza artistica di Pergamo non sta solo nella sua urba-
nistica monumentale ma soprattutto nella sua scuola di scultura, cui affluirono
artisti da ogni parte della Grecia, che diede luogo a quella corrente artistica detta
appunto pergamena. I maggiori complessi di scultura, come i donari per le vittorie
sui Galati (di cui si conoscono da copie il Galata morente dei Musei Capitolini e il
Galata che si uccide con la moglie del Museo Nazionale Romano) e il fregio della
Gigantomachia sullo zoccolo del celebre altare, sono caratterizzati da composi-
zioni mosse e drammatiche, dai ritmi tortili e ascensionali delle figure, dal pathos
intenso, dai forti contrasti chiaroscurali. Il fregio interno dell’altare, con episodi
della vita di Telefo, rivela invece nuove tendenze verso un racconto più disteso,
continuo, ricco di elementi pittorici e paesistici. All’arte pergamena vanno ascritti
anche altri gruppi, come quello celebre di Laocoonte, e il gruppo di Menelao e
Patroclo, noto dalla copia fiorentina della Loggia dei Lanzi e del Pasquino. Della
perduta pittura pergamena si può trovare un’eco in alcune pitture pompeiane
con il mito di Telefo. Grande importanza artistico-culturale ha avuto la Bibliote-
ca di Pergamo per la sua struttura e per la quantità di volumi che conteneva.
La Storia
Osservando la pianta dell’acropoli, si nota che manca un or-
dine unitario ma questo non è dovuto solo al fatto che la co-
struzione dell’acropoli avvenne in periodi di tempo diversi e
che era più difficile sfruttare la breve cresta rocciosa piegata
a forme di arco. Predomina invece qui un altro principio ordi-
natore: non più la semplice struttura delle cittadelle greche,
fondate su misure costanti, ma un nuovo ordine ottico in rela-
zione all’uomo grazie al quale viene conferito a ciascuna delle
grandi zone lo sviluppo più imponente e più affascinante, e
le varie parti vengono fuse insieme grazie ad assi ottiche e a
giochi prospettici. In tutte le planimetrie ellenistiche le strade
erano tracciate secondo un opportuno sistema ortogonale, ma
solo ora questo sistema serve come base per assi ottiche di
grande effetto, per grandi strade fiancheggiate di portici che
terminano in porte fastose e che determinano l’aspetto del-
la città. Se una planimetria ortogonale viene a urtare, come
in questo caso, in determinati ostacoli, vi si rinuncia come a
qualcosa di indifferente a condizione però che si possa man-
tenere quell’ordinamento ottico. Il collegamento esteriore dei
vari edifici dell’acropoli viene determinato da una strada che,
partendo da sud, sale il monte, traversa un mercato fiancheg-
giato di portici, raggiunge, passando una porta fortificata, la
vera e propria spianata dell’acropoli e segue infine l’ampio
arco della cresta montuosa. Alla sua destra, verso oriente,
si trovavano i palazzi degli Attalidi ancora stranamente mo-
desti, raggruppati talvolta intorno a un peristilio, le caserme
e i magazzini. A sinistra, su aree molto più vaste, i santua-
ri, grandioso autoritratto della potenza e dello splendore del
giovane regno. Questi santuari impersonavano un’idea poli-
tica o, rovesciando i termini, il ritratto eroico della stirpe do-
minante si identificava nei santuari. Ma tutto questo è avver-
tito sempre con sentimento ellenico. La potenza è valida solo
in quanto portatrice di qualcosa di spirituale che non può e
non vuole esprimersi nei fastosi palazzi o negli edifici pubbli-
ci. Da questo deriva il livello superiore dell’arte di Pergamo.
Quattro grandi recinti quadrangolari si snodano a forma di
ventaglio al margine occidentale della spianata e al tempo
stesso ogni recinto – da sud a nord – è ad un livello superiore
rispetto a quello precedente: il mercato, la gigantesca terrazza
dell’altare di Zeus, il santuario di Atena e il “Trajaneum” sotto
al quale si può supporre l’esistenza di un temenos ellenistico.
Tutti questi complessi si aprono verso occidente e lo sguardo
spazia libero sull’ampia valle dominata dalle fortificazioni. La
struttura rispecchia dunque in grande la forma di un teatro e
proprio un teatro, adagiato come una gigantesca conchiglia sul
pendio occidentale dell’acropoli, forma effettivamente il centro.
Il luogo
Edifici e spazi pubblici
Biblioteca e tempi privati
Edifici residenziali privati e arsenale
In nero, il tracciato della
fortificazione
I terrazzamenti che caratterizzano
l’acropoli
La “spina” principale del percorso
con le ramificazioni secondarie. In
nero, i vuoti delle corti.
Il sistema antico dell’acropoli è ormai perduto nelle sue rovine
e impercettibile al giorno d’oggi. Il progetto si propone di resti-
tuire alla fortezza i suoi percorsi canonici, i suoi ingressi alle
varie parti, private o pubbliche, la ridefinizione del suo recinto
e l’accessibilità di parti non visitabili. L’attuale ingresso all’area
archeologica è posta a metà dell’acropoli stessa. Questo di-
sorienta il visitatore e non permette una facile lettura delle sue
parti. È scopo del progetto restituire tre importanti soglie, una
all’ingresso dell’area antica, la seconda all’entrata dell’Agorà
e la terza all’inizio dell’acropoli. È proprio qui che si sviluppa
un edificio adibito ad accoglienza e museo con relativi servizi
quali la biglietteria. È oggetto di studio il percorso stesso che
parte dal basso dell’agorà verso l’alto, esso si snoda a “spina
di pesce” addentrandosi nelle varie parti in modo differente.
Verso est, in modo più fitto, poiché, di fatto, vi era una mag-
giore densità architettonica, e verso ovest in modo più ampio
ma tale da percepire i vari livelli di terrazzamenti e cogliere lo
splendore del paesaggio. Sempre sul lato est, si è deciso di la-
vorare sui vuoti prodotti dai cortili interni che caratterizzavano
gli edifici antichi esistenti costruiti in questa zona. Per enfatiz-
zare tale vuoto si è deciso di estrudere strategicamente alcu-
ne mura ad un altezza minima per capirne gli spazi. Inoltre, si
è deciso di adottare un sistema con passerelle che terminano
frontali al muro fortificato per enfatizzare l’importanza di questo
muro di cinta e pertanto il tema della chiusura verso l’esterno.
Lavorando per coerenza sul tema del vuoto, il progetto pro-
pone un primo padiglione espositivo, il quale volume sfrutta
la differenza di spazio tra un cortile di un’antica domus e la
sagoma di una torre di controllo bizantina per enfatizzare il
ricordo dell’antica torre. La stessa torre che riproporzionata
si sviluppa subito al di fuori delle mura della fortificazione,
congiungendosi con un’antica torretta di controllo parzial-
mente ricostruita tramite un muro che funge anche da pa-
rapetto per un nuovo terrazzamento, quello contemporaneo
dedicato al nuovo paesaggio contemporaneo. Sfociati di-
rettamente nell’arsenale, nella sua estremità, sorge la ri-
costruzione di uno stilobate, memore di un tempio antico.
Il progetto si ripropone come una ridefinizione dei limiti, persi
con il passare del tempo e lo sviluppo di un nuovo rappor-
to, quello con il paesaggio, anch’esso mutato nel tempo.
Il progetto
Le spine secondarie che permet-
tono al visitatore di osservare le
giaciture estruse
Si presenta come un enorme sottoscala a scopo museale che
ospita una serie di sale espositive, il suo tetto è calpestabile e
permette attraverso una scalinata il collegamento con la tor-
re contemporanea al di là della cinta muraria. La scalinata è
scandita da area di sosta sui lati nord e ovest per permettere
il visitatore di osservare le giaciture estruse per la lettura dei
volumi antichi. La corte interna, che rappresenta la rievocazio-
ne della antica torre di controllo funge da perno per le stanze
espositive che si articolano lungo i quattro lati della struttu-
ra. Si sviluppa secondo la linea conduttrice degli interventi, è
un’architettura massiva scavata e plasmata per la creazione
di nicchie e stanze. Il volume che occupa è la “differenza” tra
l’area del cortile interno di un’antica domus romana e il vo-
lume che occupava la torre probabilmente di età Bizantina.
La passerella
È un elemento architettonico ideato per collegare il padiglio-
ne con la torre. Essa si appoggia direttamente sulle mura di
cinta dell’acropoli mettendo il visitatore a stretto contatto con
“l’involucro protettivo” che una volta custodiva la città alta per-
mettendogli di cogliere la sua massa. Ma il suo scopo non è
solo quello di collegamento, essa si propone anche come mi-
rador da cui poter osservare dall’alto le rovine ritrovate e capi-
re la composizione delle strutture antiche e leggerne i volumi.
Il padiglione
A sinistra, sequenza della logica di
progetto, il perimetro della torre di
controllo antica diventa la corte del
padiglione
Pianta della copertura del padiglione_1:200
Pianta del padiglione, la “massa scavata”_1:200
Prospetto ovest esterno del padiglione_1:200
Prospetto ovest interno del padiglione_1:200
Prospetto est esterno del padiglione_1:200
Prospetto est interno del padiglione_1:200
Prospetto ovest interno del padiglione_1:200
Prospetto nord interno del padiglione_1:200
Prospetto sud esterno del padiglione_1:200
Prospetto sud interno del padiglione_1:200
Ispirata ad antiche torri presenti nell’acropoli, la torre rappresenta tra tutti gli elementi con-
temporanei dell’intervento, il tema della Potenza. Creato per essere un luogo di sosta per la
didattica, essa si propone come un mirador verticale, da cui poter ammirare il vasto paesaggio
circondante, che ospita tre piani dedicati all’apprendimento attraverso ologrammi, statue e
reperti archeologici trovati in loco, la composizioni del luogo, le sue stratificazioni ed i suoi cam-
biamenti. In pianta, la torre è composta da due involucri, uno interno ed uno esterno. Quest’ulti-
mo si presenta come un pesante blocco, la quale massa è stata “scavata” e plasmata in modo
plastico ed articolato per la creazione di aperture e nicchie espositive che arricchiscono la di-
scesa o la salita della stessa. Tra l’involucro esterno e quello interno si sviluppa una scala che
appunto segue il perimetro interno della torre e collega i vari piani. L’involucro interno, invece,
funge da “guida” per l’esposizione interna, interropendosi ogni qual volta con delle aperture.
Lacoperturapresentauntagliolungoilperimetrointernodellatorreperpermetterel’entratadiluce
zenitale nel foyer e per, in qualche modo, ricordare la praticabilità dei tetti delle torri di controllo.
La sua immagine esterna si rifà alle canoniche feritoie presenti nelle torri di controllo (un esem-
pio è presente nel sito archeologico stesso in prossimità dell’inizio dell’arsenale), infatti i suoi
prospetti sono caratterizzati da una lunga fascia verticale, una specie di lungo scuretto, sul
quale si alternano le aperture, in prossimità delle piazzole di sosta che scandiscono la sca-
linata interna. Questa scelta architettonica è dovuta alla volontà di esprimere un’architettura
chiusa, protettiva, aperta soltanto in piccole parti per permettere di osservare il territorio. Per
quanto riguarda l’aspetto materico e per esprimere il linguaggio monolitico dell’architettura, si
è pensato di utilizzare blocchi di cemento trattati cromaticamente, assemblati a secco per la
costruzione di tutti i nuovi interventi. Questa decisione garantisce la reversibilità del progetto.
La passerella è un elemento architettonico ideato per collegare il padiglio-
ne con la torre. Essa si appoggia direttamente sulle mura di cinta dell’acropo-
li mettendo il visitatore a stretto contatto con “l’involucro protettivo” che una volta cu-
stodiva la città alta permettendogli di cogliere la sua massa. Ma il suo scopo non è solo
quello di collegamento, essa si propone anche come mirador da cui poter osservare dall’al-
to le rovine ritrovate e capire la composizione delle strutture antiche e leggerne i volumi.
L’Acropoli di Pergamo è caratterizzata da livelli di terrazzamenti sui quali si sviluppa la città e
che differenziano le varie zone pubbliche e private. Il muro vuole essere un nuovo terrazza-
mento per far fronte al cambiamento del paesaggio ed al suo rapporto più “romantico” con il
luogo, quindi una sorta di belvedere che accompagna i visitatori nella loro passeggiata esterna
lungo il confine delle mura. Questo è scandito da tagli a distanza irregolare che permettono
la visuale sul panorama ed anche questi sono una ripresa dell’idea di “feritoia”. Inoltre, come
spesso accade in molte cinta muraria che proteggono la città, le torri sono raccordate le une
con le altre da mura. Il muro infatti collega la nuova torre con una delle torri antiche, ricostruita
parzialmente per percepirne il volume, mediante una lunga scalinata alla quale fine è possibile
ammirare una prospettiva interessante dell’infilata di torri di controllo Bizantine ancora parzial-
mente intatte. Superata questa soglia ci si trova nell’area dell’arsenale. Si è deciso di estrude-
re, ad altezza simbolica, le mura, oggi completamente inesistenti, che racchiudevano l’arse-
nale, sul lato nord-ovest ed ovest per insistere sul tema del recinto come elemento protettivo.
La torre
Pianta del secondo piano della torre, la “massa plasmata”_1:200
Pianta del primo piano della torre_1:200
Pianta del primo piano della torre_1:200
I prospetti della torre, da est a nord_1:200
Prospetto della torre e del muro
del terrazzamento da est
Sezione della torre e del padiglione
Dall’alto verso il basso, templi In Antis come il
Tesoro di Sicione a Olimpia, i templi peripteri
presenti nell’area dell’Acropoli, quali l’Altare di
Zeus, Tempio di Atena Polias Nikephoros.
Sopra, il Tempio A di Agrigento, il cosiddetto
Tempio di Eracle.
Il Tempio, la rievocazione del suo basamento
Giunti all’estremo nord del luogo, attraversando gli antichi
giardini della Regina, riadattati in arsenale, ci s’imbatte in
uno stilobate, memore di un tempio. Secondo gli studi tede-
schi effettuati in più fasi a partire dal 1881, prima di diven-
tare arsenale, la porzione di territorio che si sviluppa come
apparente appendice oltre le torri di controllo del muro Bizan-
tino, era dedicata, come già preannunciato, ai giardini della
regina all’interno dei quali vi era un tempio apparentemente
addossato ad una roccia. L’intervento si propone come una
sorta di ricostruzione per anastilosi dello stilobate del presun-
to tempio, prendendo in considerazione due importanti fat-
tori: la sagoma del suo perimetro tracciata dagli archeologi
tedeschi e la presenza dell’enorme masso. Si pensa, infatti,
che il tempio appoggiasse sullo sperone di rocce e pertanto
ne impediva l’entrata sul lato rivolto a nord-est. Inoltre, svi-
luppando il suo stilobate con il perimetro dato, la cella inter-
na risulta essere troppo stretta, incoerente con i canoni e le
proporzioni classiche. Sono stati, pertanto, studiati modelli di
templi greci per ipotizzare lo sviluppo del tempio, dai templi
In Antis come il Tesoro di Sicione a Olimpia, a templi prostili,
come i templi peripteri presenti nella stessa area, quali l’Al-
tare di Zeus, Tempio di Atena Polias Nikephoros e il Tempio
di Dioniso che fatalità, hanno tutti un unico accesso frontale.
Pertanto lo stilobate, rappresentativo del tempio ormai scom-
parso e di cui non conosciamo l’ordine architettonico, si svi-
luppa in coerenza con gli altri templi presenti nell’acropoli,
ovvero con un accesso frontale, risolvendo così il problema
della presenza del masso. Per la modellazione dello stere-
obate/crepidoma del memoriale è stato preso come model-
lo il Tempio A di Agrigento, il cosiddetto Tempio di Eracle.
Secondo ed ultimo elemento deducibile dalle poche infor-
mazioni pervenute, è la presenza della cella interna, pre-
sente in ogni tempio classico. Si è deciso di trattare tale
elemento come una sorta di “negazione”, di vuoto, per rap-
presentare la sua assenza e pertanto la sua memoria.
L’intervento vuole essere una sorta di rievocazione dell’an-
tico ma, essendo il paesaggio mutato rispetto all’antichi-
tà si offre anche come luogo di sosta e di contemplazione.
Il tempio,
la rievocazione del suo basamento
Piante di Pergamo con
testimonianza del Tempio
Foto dell’Arsenale durante gli scavi tedeschi
L’analisi della forma.
La presenza della roccia e le dimensioni traccia-
te dagli studi tedeschi portano a dedurre che il
tempio avesse un’entrata frontale.
La rievocazione del Tempio
secondo le analisi dedotte
L’acropoli di Pergamo. I suoi confini e il suo controllo sul territorio.
Vista del padiglione da sud-ovest
Vista del padiglione da sud-ovest
Vista del padiglione da nord
L’acropoli di Pergamo. I suoi confini e il suo controllo sul territorio.
Vista del padiglione da nord
Gli interventi da nord-est
L’acropoli di Pergamo. I suoi confini e il suo controllo sul territorio.
Vista dell’insieme degli interventi
L’acropoli di Pergamo. I suoi confini e il suo controllo sul territorio.
Vista da nord
Vista da nord dell’intervento
BIBLIOGRAFIA
Testi sull’acropoli di Pergamo, l’architettura e l’allestimento:
H. Berve, I templi greci, edizione Sansoni, Firenze 1962.
E. Boringer, Alterumer von Pergamon, vol.10, Die Hellenistischen Arsenale, W. de
Gruyter & Co., Berlino 1937.
G. Kawerau, Alterumer von Pergamon, vol.5.1, Die Palaste der Hochburg, W. de
Gruyter & Co., Berlino 1937.
H. Stiller, Alterumer von Pergamon, vol.5.2, Das Traianeum, W. de Gruyter & Co.,
Berlino 1937.
W. Radt, Pergamon, Primus Verlag, Darmstadt 1999.
R. Albiero, João Luìs Carrilho da Graça. Monografia. Edizione Electa 2003.

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Tesi Elena Stellin

  • 1. TESIDIMASTER2013 Elena Stellin L’ACROPOLI DI PERGAMO I SUOI CONFINI E IL SUO CONTROLLO SUL TERRITORIO Master Itinerante in “Museografia, Architettura e Archeologia. Progettazione Strategica e Gestione Innovativa del patrimonio archeologico Accademia Adrianea di Architettura e Archeologia Onlus AA 2014/2015
  • 2. Al cospetto di questi nuovi Dei, nel silenzio e in un’atmosfera luminosa soffusa, sono ammessi gli eroi, i visitatori che sanno comprendere il rituale della pietra e che sono invitati ad entrare per vivere un rapporto privilegiato con il luogo.
  • 3. A partire dal sec. III a. C., Pergamo fu uno dei maggiori centri culturali e artistici del mondo ellenistico, dotato di splendide costruzioni e monumenti dai sovrani Eumene I, Attalo I, Eumene II, Attalo II. Dopo il 1873 l’Istituto Archeologico Ger- manico ha condotto a Pergamo imponenti scavi archeologici che hanno messo in luce l’impianto urbanistico della città, ispirato a criteri di scenografica monumen- talità e destinato a esercitare ampi influssi sulle città imperiali romane. La città el- lenistica, chiusa da una cinta di mura con torri, si apriva a ventaglio sul pendio del monte salendo, con successive terrazze, fino all’acropoli. Entro le mura un primo gruppo di monumenti comprendeva l’agorá inferiore e abitazioni private. Segui- vano, su terrazze successive, tre ginnasi con palestre, lo stadio e l’auditorio, so- vrastati dai santuari di Era e di Demetra. Sulla sommità del monte l’acropoli, con i monumenti più importanti, era divisa in due parti dalla strada; a destra sorgevano i palazzi reali, le caserme, i magazzini; a sinistra l’agorá superiore porticata cui seguiva il santuario di Zeus, che aveva al centro il grande altare di marmo (rico- struito presso gli Staatliche Museen di Berlino) eretto da Eumene II tra il 181 e il 159 a. C. Si trattava di una costruzione con portico colonnato ionico su alto podio a zoccolo decorato da un altorilievo con Gigantomachia, allusione simbolica alla vittoria della civiltà (gli Attalidi) sulla barbarie (i Galati); anche il muro di fondo del cortile sopraelevato era ornato da un fregio continuo raffigurante scene della vita di Telefo, l’eroe fondatore di Pergamo. Al tempio di Zeus seguiva la terrazza del santuario di Atena Poliade, il cui tempio dorico era circondato da un portico a due piani con propileo di accesso. Nel santuario erano esposti i famosi gruppi scultorei celebranti le vittorie sui Galati. Sotto il santuario si apriva la cavea del teatro. Sulla terrazza più alta dell’acropoli era il Traianeo, tempio esastilocorinzio costruito in età adrianea. Ai piedi della collina si estese, in età romana, la città bassa, della quale restano i ruderi di un teatro e di un grande santuario dedicato forse alle divinità orientali. Una strada porticata, in gran parte scavata, portava al celebre santuario di Asclepio, che conserva vari edifici del sec. II d. C. (propi- lei, tempio di Asclepio, edificio per le incubazioni durante le quali appariva il dio guaritore, teatro). L’importanza artistica di Pergamo non sta solo nella sua urba- nistica monumentale ma soprattutto nella sua scuola di scultura, cui affluirono artisti da ogni parte della Grecia, che diede luogo a quella corrente artistica detta appunto pergamena. I maggiori complessi di scultura, come i donari per le vittorie sui Galati (di cui si conoscono da copie il Galata morente dei Musei Capitolini e il Galata che si uccide con la moglie del Museo Nazionale Romano) e il fregio della Gigantomachia sullo zoccolo del celebre altare, sono caratterizzati da composi- zioni mosse e drammatiche, dai ritmi tortili e ascensionali delle figure, dal pathos intenso, dai forti contrasti chiaroscurali. Il fregio interno dell’altare, con episodi della vita di Telefo, rivela invece nuove tendenze verso un racconto più disteso, continuo, ricco di elementi pittorici e paesistici. All’arte pergamena vanno ascritti anche altri gruppi, come quello celebre di Laocoonte, e il gruppo di Menelao e Patroclo, noto dalla copia fiorentina della Loggia dei Lanzi e del Pasquino. Della perduta pittura pergamena si può trovare un’eco in alcune pitture pompeiane con il mito di Telefo. Grande importanza artistico-culturale ha avuto la Bibliote- ca di Pergamo per la sua struttura e per la quantità di volumi che conteneva. La Storia
  • 4. Osservando la pianta dell’acropoli, si nota che manca un or- dine unitario ma questo non è dovuto solo al fatto che la co- struzione dell’acropoli avvenne in periodi di tempo diversi e che era più difficile sfruttare la breve cresta rocciosa piegata a forme di arco. Predomina invece qui un altro principio ordi- natore: non più la semplice struttura delle cittadelle greche, fondate su misure costanti, ma un nuovo ordine ottico in rela- zione all’uomo grazie al quale viene conferito a ciascuna delle grandi zone lo sviluppo più imponente e più affascinante, e le varie parti vengono fuse insieme grazie ad assi ottiche e a giochi prospettici. In tutte le planimetrie ellenistiche le strade erano tracciate secondo un opportuno sistema ortogonale, ma solo ora questo sistema serve come base per assi ottiche di grande effetto, per grandi strade fiancheggiate di portici che terminano in porte fastose e che determinano l’aspetto del- la città. Se una planimetria ortogonale viene a urtare, come in questo caso, in determinati ostacoli, vi si rinuncia come a qualcosa di indifferente a condizione però che si possa man- tenere quell’ordinamento ottico. Il collegamento esteriore dei vari edifici dell’acropoli viene determinato da una strada che, partendo da sud, sale il monte, traversa un mercato fiancheg- giato di portici, raggiunge, passando una porta fortificata, la vera e propria spianata dell’acropoli e segue infine l’ampio arco della cresta montuosa. Alla sua destra, verso oriente, si trovavano i palazzi degli Attalidi ancora stranamente mo- desti, raggruppati talvolta intorno a un peristilio, le caserme e i magazzini. A sinistra, su aree molto più vaste, i santua- ri, grandioso autoritratto della potenza e dello splendore del giovane regno. Questi santuari impersonavano un’idea poli- tica o, rovesciando i termini, il ritratto eroico della stirpe do- minante si identificava nei santuari. Ma tutto questo è avver- tito sempre con sentimento ellenico. La potenza è valida solo in quanto portatrice di qualcosa di spirituale che non può e non vuole esprimersi nei fastosi palazzi o negli edifici pubbli- ci. Da questo deriva il livello superiore dell’arte di Pergamo. Quattro grandi recinti quadrangolari si snodano a forma di ventaglio al margine occidentale della spianata e al tempo stesso ogni recinto – da sud a nord – è ad un livello superiore rispetto a quello precedente: il mercato, la gigantesca terrazza dell’altare di Zeus, il santuario di Atena e il “Trajaneum” sotto al quale si può supporre l’esistenza di un temenos ellenistico. Tutti questi complessi si aprono verso occidente e lo sguardo spazia libero sull’ampia valle dominata dalle fortificazioni. La struttura rispecchia dunque in grande la forma di un teatro e proprio un teatro, adagiato come una gigantesca conchiglia sul pendio occidentale dell’acropoli, forma effettivamente il centro. Il luogo Edifici e spazi pubblici Biblioteca e tempi privati Edifici residenziali privati e arsenale In nero, il tracciato della fortificazione
  • 5. I terrazzamenti che caratterizzano l’acropoli La “spina” principale del percorso con le ramificazioni secondarie. In nero, i vuoti delle corti.
  • 6. Il sistema antico dell’acropoli è ormai perduto nelle sue rovine e impercettibile al giorno d’oggi. Il progetto si propone di resti- tuire alla fortezza i suoi percorsi canonici, i suoi ingressi alle varie parti, private o pubbliche, la ridefinizione del suo recinto e l’accessibilità di parti non visitabili. L’attuale ingresso all’area archeologica è posta a metà dell’acropoli stessa. Questo di- sorienta il visitatore e non permette una facile lettura delle sue parti. È scopo del progetto restituire tre importanti soglie, una all’ingresso dell’area antica, la seconda all’entrata dell’Agorà e la terza all’inizio dell’acropoli. È proprio qui che si sviluppa un edificio adibito ad accoglienza e museo con relativi servizi quali la biglietteria. È oggetto di studio il percorso stesso che parte dal basso dell’agorà verso l’alto, esso si snoda a “spina di pesce” addentrandosi nelle varie parti in modo differente. Verso est, in modo più fitto, poiché, di fatto, vi era una mag- giore densità architettonica, e verso ovest in modo più ampio ma tale da percepire i vari livelli di terrazzamenti e cogliere lo splendore del paesaggio. Sempre sul lato est, si è deciso di la- vorare sui vuoti prodotti dai cortili interni che caratterizzavano gli edifici antichi esistenti costruiti in questa zona. Per enfatiz- zare tale vuoto si è deciso di estrudere strategicamente alcu- ne mura ad un altezza minima per capirne gli spazi. Inoltre, si è deciso di adottare un sistema con passerelle che terminano frontali al muro fortificato per enfatizzare l’importanza di questo muro di cinta e pertanto il tema della chiusura verso l’esterno. Lavorando per coerenza sul tema del vuoto, il progetto pro- pone un primo padiglione espositivo, il quale volume sfrutta la differenza di spazio tra un cortile di un’antica domus e la sagoma di una torre di controllo bizantina per enfatizzare il ricordo dell’antica torre. La stessa torre che riproporzionata si sviluppa subito al di fuori delle mura della fortificazione, congiungendosi con un’antica torretta di controllo parzial- mente ricostruita tramite un muro che funge anche da pa- rapetto per un nuovo terrazzamento, quello contemporaneo dedicato al nuovo paesaggio contemporaneo. Sfociati di- rettamente nell’arsenale, nella sua estremità, sorge la ri- costruzione di uno stilobate, memore di un tempio antico. Il progetto si ripropone come una ridefinizione dei limiti, persi con il passare del tempo e lo sviluppo di un nuovo rappor- to, quello con il paesaggio, anch’esso mutato nel tempo. Il progetto
  • 7.
  • 8. Le spine secondarie che permet- tono al visitatore di osservare le giaciture estruse
  • 9. Si presenta come un enorme sottoscala a scopo museale che ospita una serie di sale espositive, il suo tetto è calpestabile e permette attraverso una scalinata il collegamento con la tor- re contemporanea al di là della cinta muraria. La scalinata è scandita da area di sosta sui lati nord e ovest per permettere il visitatore di osservare le giaciture estruse per la lettura dei volumi antichi. La corte interna, che rappresenta la rievocazio- ne della antica torre di controllo funge da perno per le stanze espositive che si articolano lungo i quattro lati della struttu- ra. Si sviluppa secondo la linea conduttrice degli interventi, è un’architettura massiva scavata e plasmata per la creazione di nicchie e stanze. Il volume che occupa è la “differenza” tra l’area del cortile interno di un’antica domus romana e il vo- lume che occupava la torre probabilmente di età Bizantina. La passerella È un elemento architettonico ideato per collegare il padiglio- ne con la torre. Essa si appoggia direttamente sulle mura di cinta dell’acropoli mettendo il visitatore a stretto contatto con “l’involucro protettivo” che una volta custodiva la città alta per- mettendogli di cogliere la sua massa. Ma il suo scopo non è solo quello di collegamento, essa si propone anche come mi- rador da cui poter osservare dall’alto le rovine ritrovate e capi- re la composizione delle strutture antiche e leggerne i volumi. Il padiglione A sinistra, sequenza della logica di progetto, il perimetro della torre di controllo antica diventa la corte del padiglione
  • 10. Pianta della copertura del padiglione_1:200
  • 11. Pianta del padiglione, la “massa scavata”_1:200
  • 12. Prospetto ovest esterno del padiglione_1:200 Prospetto ovest interno del padiglione_1:200 Prospetto est esterno del padiglione_1:200 Prospetto est interno del padiglione_1:200
  • 13. Prospetto ovest interno del padiglione_1:200 Prospetto nord interno del padiglione_1:200 Prospetto sud esterno del padiglione_1:200 Prospetto sud interno del padiglione_1:200
  • 14.
  • 15. Ispirata ad antiche torri presenti nell’acropoli, la torre rappresenta tra tutti gli elementi con- temporanei dell’intervento, il tema della Potenza. Creato per essere un luogo di sosta per la didattica, essa si propone come un mirador verticale, da cui poter ammirare il vasto paesaggio circondante, che ospita tre piani dedicati all’apprendimento attraverso ologrammi, statue e reperti archeologici trovati in loco, la composizioni del luogo, le sue stratificazioni ed i suoi cam- biamenti. In pianta, la torre è composta da due involucri, uno interno ed uno esterno. Quest’ulti- mo si presenta come un pesante blocco, la quale massa è stata “scavata” e plasmata in modo plastico ed articolato per la creazione di aperture e nicchie espositive che arricchiscono la di- scesa o la salita della stessa. Tra l’involucro esterno e quello interno si sviluppa una scala che appunto segue il perimetro interno della torre e collega i vari piani. L’involucro interno, invece, funge da “guida” per l’esposizione interna, interropendosi ogni qual volta con delle aperture. Lacoperturapresentauntagliolungoilperimetrointernodellatorreperpermetterel’entratadiluce zenitale nel foyer e per, in qualche modo, ricordare la praticabilità dei tetti delle torri di controllo. La sua immagine esterna si rifà alle canoniche feritoie presenti nelle torri di controllo (un esem- pio è presente nel sito archeologico stesso in prossimità dell’inizio dell’arsenale), infatti i suoi prospetti sono caratterizzati da una lunga fascia verticale, una specie di lungo scuretto, sul quale si alternano le aperture, in prossimità delle piazzole di sosta che scandiscono la sca- linata interna. Questa scelta architettonica è dovuta alla volontà di esprimere un’architettura chiusa, protettiva, aperta soltanto in piccole parti per permettere di osservare il territorio. Per quanto riguarda l’aspetto materico e per esprimere il linguaggio monolitico dell’architettura, si è pensato di utilizzare blocchi di cemento trattati cromaticamente, assemblati a secco per la costruzione di tutti i nuovi interventi. Questa decisione garantisce la reversibilità del progetto. La passerella è un elemento architettonico ideato per collegare il padiglio- ne con la torre. Essa si appoggia direttamente sulle mura di cinta dell’acropo- li mettendo il visitatore a stretto contatto con “l’involucro protettivo” che una volta cu- stodiva la città alta permettendogli di cogliere la sua massa. Ma il suo scopo non è solo quello di collegamento, essa si propone anche come mirador da cui poter osservare dall’al- to le rovine ritrovate e capire la composizione delle strutture antiche e leggerne i volumi. L’Acropoli di Pergamo è caratterizzata da livelli di terrazzamenti sui quali si sviluppa la città e che differenziano le varie zone pubbliche e private. Il muro vuole essere un nuovo terrazza- mento per far fronte al cambiamento del paesaggio ed al suo rapporto più “romantico” con il luogo, quindi una sorta di belvedere che accompagna i visitatori nella loro passeggiata esterna lungo il confine delle mura. Questo è scandito da tagli a distanza irregolare che permettono la visuale sul panorama ed anche questi sono una ripresa dell’idea di “feritoia”. Inoltre, come spesso accade in molte cinta muraria che proteggono la città, le torri sono raccordate le une con le altre da mura. Il muro infatti collega la nuova torre con una delle torri antiche, ricostruita parzialmente per percepirne il volume, mediante una lunga scalinata alla quale fine è possibile ammirare una prospettiva interessante dell’infilata di torri di controllo Bizantine ancora parzial- mente intatte. Superata questa soglia ci si trova nell’area dell’arsenale. Si è deciso di estrude- re, ad altezza simbolica, le mura, oggi completamente inesistenti, che racchiudevano l’arse- nale, sul lato nord-ovest ed ovest per insistere sul tema del recinto come elemento protettivo. La torre
  • 16. Pianta del secondo piano della torre, la “massa plasmata”_1:200
  • 17. Pianta del primo piano della torre_1:200
  • 18. Pianta del primo piano della torre_1:200
  • 19. I prospetti della torre, da est a nord_1:200
  • 20. Prospetto della torre e del muro del terrazzamento da est
  • 21. Sezione della torre e del padiglione
  • 22. Dall’alto verso il basso, templi In Antis come il Tesoro di Sicione a Olimpia, i templi peripteri presenti nell’area dell’Acropoli, quali l’Altare di Zeus, Tempio di Atena Polias Nikephoros. Sopra, il Tempio A di Agrigento, il cosiddetto Tempio di Eracle.
  • 23. Il Tempio, la rievocazione del suo basamento Giunti all’estremo nord del luogo, attraversando gli antichi giardini della Regina, riadattati in arsenale, ci s’imbatte in uno stilobate, memore di un tempio. Secondo gli studi tede- schi effettuati in più fasi a partire dal 1881, prima di diven- tare arsenale, la porzione di territorio che si sviluppa come apparente appendice oltre le torri di controllo del muro Bizan- tino, era dedicata, come già preannunciato, ai giardini della regina all’interno dei quali vi era un tempio apparentemente addossato ad una roccia. L’intervento si propone come una sorta di ricostruzione per anastilosi dello stilobate del presun- to tempio, prendendo in considerazione due importanti fat- tori: la sagoma del suo perimetro tracciata dagli archeologi tedeschi e la presenza dell’enorme masso. Si pensa, infatti, che il tempio appoggiasse sullo sperone di rocce e pertanto ne impediva l’entrata sul lato rivolto a nord-est. Inoltre, svi- luppando il suo stilobate con il perimetro dato, la cella inter- na risulta essere troppo stretta, incoerente con i canoni e le proporzioni classiche. Sono stati, pertanto, studiati modelli di templi greci per ipotizzare lo sviluppo del tempio, dai templi In Antis come il Tesoro di Sicione a Olimpia, a templi prostili, come i templi peripteri presenti nella stessa area, quali l’Al- tare di Zeus, Tempio di Atena Polias Nikephoros e il Tempio di Dioniso che fatalità, hanno tutti un unico accesso frontale. Pertanto lo stilobate, rappresentativo del tempio ormai scom- parso e di cui non conosciamo l’ordine architettonico, si svi- luppa in coerenza con gli altri templi presenti nell’acropoli, ovvero con un accesso frontale, risolvendo così il problema della presenza del masso. Per la modellazione dello stere- obate/crepidoma del memoriale è stato preso come model- lo il Tempio A di Agrigento, il cosiddetto Tempio di Eracle. Secondo ed ultimo elemento deducibile dalle poche infor- mazioni pervenute, è la presenza della cella interna, pre- sente in ogni tempio classico. Si è deciso di trattare tale elemento come una sorta di “negazione”, di vuoto, per rap- presentare la sua assenza e pertanto la sua memoria. L’intervento vuole essere una sorta di rievocazione dell’an- tico ma, essendo il paesaggio mutato rispetto all’antichi- tà si offre anche come luogo di sosta e di contemplazione. Il tempio, la rievocazione del suo basamento Piante di Pergamo con testimonianza del Tempio
  • 24. Foto dell’Arsenale durante gli scavi tedeschi
  • 25. L’analisi della forma. La presenza della roccia e le dimensioni traccia- te dagli studi tedeschi portano a dedurre che il tempio avesse un’entrata frontale. La rievocazione del Tempio secondo le analisi dedotte
  • 26. L’acropoli di Pergamo. I suoi confini e il suo controllo sul territorio. Vista del padiglione da sud-ovest Vista del padiglione da sud-ovest
  • 27. Vista del padiglione da nord L’acropoli di Pergamo. I suoi confini e il suo controllo sul territorio. Vista del padiglione da nord
  • 28. Gli interventi da nord-est L’acropoli di Pergamo. I suoi confini e il suo controllo sul territorio. Vista dell’insieme degli interventi
  • 29. L’acropoli di Pergamo. I suoi confini e il suo controllo sul territorio. Vista da nord Vista da nord dell’intervento
  • 30. BIBLIOGRAFIA Testi sull’acropoli di Pergamo, l’architettura e l’allestimento: H. Berve, I templi greci, edizione Sansoni, Firenze 1962. E. Boringer, Alterumer von Pergamon, vol.10, Die Hellenistischen Arsenale, W. de Gruyter & Co., Berlino 1937. G. Kawerau, Alterumer von Pergamon, vol.5.1, Die Palaste der Hochburg, W. de Gruyter & Co., Berlino 1937. H. Stiller, Alterumer von Pergamon, vol.5.2, Das Traianeum, W. de Gruyter & Co., Berlino 1937. W. Radt, Pergamon, Primus Verlag, Darmstadt 1999. R. Albiero, João Luìs Carrilho da Graça. Monografia. Edizione Electa 2003.