1. LA TRAGEDIA DI MATTMARK
e il caporalato di allora e di oggi
ROMANO GIORGIA
2A_IC San Vito Romano (RM)
a.s. 2015-16
2. LA STORIA DI MATTMARK
• La catastrofe di
Mattmark fu causata
da una valanga che
alle 17.15 di lunedì
30 agosto 1965
investì il cantiere per
la costruzione della
diga di Mattmark, in
Svizzera.
3.
4. L’EMIGRAZIONE IN SVIZZERA
• Negli anni sessanta, la Svizzera ha
vissuto una crescita economica senza
precedenti. In quel periodo,
l’emigrazione si andava
progressivamente meridionalizzando e
la Svizzera accoglieva da sola quasi il
50% dell’intero flusso migratorio
italiano: più di 2 milioni e mezzo di
persone, dall’immediato secondo
dopoguerra e fino agli anni ottanta.
Molte furono impegnate nella
costruzione di grandi opere, come la
diga di Mattmark. Lo sfruttamento
dell’energia idroelettrica, che ancora
oggi rappresenta la fonte principale di
approvvigionamento della
Confederazione, fu fino agli anni
sessanta quasi l’unica risorsa energetica
.
5. COSA SUCCESSE A MATTMARK?
• Lunedì 30 agosto 1965 una valanga di più di 2 milioni
di metri cubi di ghiaccio seppellì 88 dei lavoratori
impegnati nella costruzione della diga in terra più
grande d’Europa. Di questi, 56 erano italiani. Come
a Marcinelle, la tragedia determinò un momento di
cesura nella storia dell’emigrazione italiana. Fu la
provincia di Belluno, con 17 vittime, a essere la
più colpita, insieme al comune di San Giovanni in
Fiore, in provincia di Cosenza, che perse 7 uomini.
6. LE SALME
• Morirono, sul colpo, 88
lavoratori e di questi 56
erano italiani. Trascorsero
più di 6 mesi per recuperare
l'ultima salma. Fu la
provincia di Belluno, reduce
dall'apocalisse del Vajont.
7. EMBLEMA DI UNA CATASTROFE
DIMENTICATA
• Due milioni di metri cubi di
ghiaccio e di detriti, staccatisi
dal ghiacciaio dell’Allalin, in
Vallese, il 30 agosto 1965
seppelliscono il cantiere della
diga di Mattmark. Con 88 morti,
è la più grave sciagura della
Svizzera moderna. È anche il
simbolo di drammatiche storie
di migrazione italiana e di un
importante capitolo della storia
elvetica che dei ricercatori
hanno appena iniziato a
esplorare.
• “Si può vivere con
quella catastrofe
alle spalle, ma
dimenticare
sicuramente non si
potrà mai’’
8. TESTIMONIANZE DELLA TRAGEDIA
• Martin Anthamatten era solo un bimbo di
6 anni. Eppure, a 50 anni di distanza,
"nella mia testa risuonano ancora le
sirene delle ambulanze", ci confida. Il
municipale Stefan Andenmatten di anni
ne aveva 17 e meno di un’ora prima del
cataclisma si trovava ancora lì. Era un
liceale che durante le vacanze estive
accudiva le pecore.
• "Ero salito a prenderle e avevo
attraversato tutta l’area sotto il
ghiacciaio per portarle dall’altra
parte, racconta, mostrandoci il
percorso. Poi mi volevo fermare come
al solito alla mensa del cantiere in
compagnia degli operai. Grazie a un
buon amico, il padre di Martin, che
insistette per condurmi con sé, scesi al
paese. Ebbi una fortuna incredibile.
Ma lo shock per me e per tutta la
popolazione qui fu terribile".
• L’ impossibilità di cancellare dalla
memoria la tragedia di Mattmark
accomuna non solo le famiglie delle
vittime, ma anche le persone che ,
direttamente o indirettamente, ne furono
testimoni.
10. IL CAPORALATO
Chiunque penserebbe che andare a
lavorare in posti come Mattmark oppure
come Marcinelle sia la cosa peggiore
che possa succedere a una persona, ma
non è così. A quei tempi si poteva
definire quasi una fortuna lavorare in
posti come questi perché molta gente
non aveva la possibilità di permettersi
cose del genere. A causa di tutto ciò,
nacque il caporalato cioè,
nell'accezione originaria del termine, un
antichissimo sistema di organizzazione
del lavoro agricolo temporaneo, svolto
da braccianti inseriti in gruppi di lavoro
(squadre) di dimensione variabile (da
pochi individui a diverse centinaia). Esso
si basa sulla capacità del "caporale’’ ed
è considerato un reato.
11. STORIE DI DONNE VITTIME DEL
CAPORALATO
Donne, caporalato e sfruttamento
nei campi del “Ghetto Italiane’’.
Le donne, italiane e straniere,
vengono condotte nei luoghi della
raccolta dai caporali, trasportate
per decine di chilometri dai punti
di raccolta. Nel caso pugliese, i
pulmini dei caporali partono dai
comuni della provincia di Brindisi o
di Taranto per raggiungere Bari e la
Bat, dove c’è la più forte
concentrazione di imprese di una
certa dimensione, capaci di
assorbire manodopera in grande
quantità. Ed in queste aziende può
capitare che le braccianti siano
sottoposte a forme di ricatto,
anche sessuale, pur di mantenere il
posto, per essere richiamate a
lavorare l’indomani.
12. LA VIOLENZA SULLE DONNE
• “La violenza sulle donne non è
un fenomeno lontano, ossia un
problema che riguarda le grandi
metropoli o le città. La violenza
sulle donne è qualcosa che, al
contrario ci tocca da vicino. A
parlare sono i freddi numeri
che, in questo caso, sono anche
specchio di ciò che accade nella
porta accanto”. Ad affermarlo è
Matteo Caporali, assessore al
sociale del Comune di Bibbiena
che, in occasione della giornata
contro la violenza sulle donne,
stila un bilancio e apre una
finestra su questo drammatico
fenomeno con un lungo
intervento.
13. • QUESTE IMMAGINI RAPPRESENTANO QUELLO CHE
ERA, E’ E SARA’ IL FUTURO DI UOMINI, DONNE E
BAMBINI, SE I DIRITTI UMANI RIMARRANNO SOLO
SULLA CARTA SCRITTA