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2. Politica agricola ed ambientale
VITA IN CAMPAGNA 10/2013 13
L’articolo dal titolo «La primavera
più piovosa da 100 anni ci ricorda quan-
to rischia l’agricoltore», pubblicato sul
numero di luglio/agosto di quest’anno a
pag. 11, ha generato in molti lettori del-
le riflessioni su come muterà il clima del
prossimo futuro e come l’uomo e le sue
attività (in modo particolare quelle agri-
cole) saranno capaci di adattarsi. A tal
proposito abbiamo pensato di pubblica-
re un articolo (vedi pag. 34) che riporta
i pareri in materia dei nostri collaborato-
ri di diversi settori per capire se i cam-
biamenti climatici stanno influenzando
le attività in campagna, ed eventualmen-
te come.
Su questo argomento abbiamo inter-
pellato anche un autorevole esperto: En-
rico Brugnoli, Direttore del Dipartimen-
to scienze del sistema terra e tecnologie
per l’ambiente del CNR (Consiglio Na-
zionale delle Ricerche).
È un luogo comune dire che «Non
ci sono più le stagioni di una volta»?
O l’uomo ha la memoria corta?
Indubbiamente la concezione della
meteorologia e climatologia nel linguag-
gio comune è spesso dettata anche da
luoghi comuni. Ciò è dovuto al fatto che
si tende a ricordare più l’evento meteo-
rologico particolare o estremo rispetto a
quelli «normali», che poi sono quelli
che determinano il clima di una regione.
Il clima è un sistema molto complesso,
su cui ci sono ancora molti aspetti da
chiarire. Tuttavia, la ricerca scientifica
ha fatto progressi molto importanti e og-
gi sappiamo molto sui cambiamenti cli-
matici.
Questi cambiamenti climatici in-
fluenzano la percezione che comune-
mente si ha delle stagioni. I progressi
scientifici sullo studio del sistema cli-
matico e i dati acquisiti dimostrano che
la temperatura del pianeta è aumentata
e sta ancora aumentando. Negli ultimi
cento anni si è registrato un aumento
della temperatura media globale di 0,8
gradi Centigradi con una crescita molto
più marcata nelle zoneArtiche e con for-
ti oscillazioni in diversi periodi.
Il cambiamento climatico, poi, ha ef-
fetti sull’ambiente che sono evidenti e
osservabili anche da persone comuni.
È noto a tutti che i ghiacciai si stanno
ritirando, lo scioglimento della neve a
primavera è anticipata rispetto al passato,
alcune specie di piante e animali sposta-
no il loro areale di distribuzione, la fiori-
tura di alberi e piante viene anticipata,
ecc. Le estati, poi, sono generalmente più
lunghe e più calde rispetto al passato.
Molte previsioni fatte in passato dal-
la ricerca, inoltre, si stanno oggi verifi-
cando; tra queste sicuramente lo sciogli-
mento dei ghiacci polari e marini, l’in-
nalzamento del livello dei mari e le on-
date di calore prolungate e più intense. I
cambiamenti influenzano la circolazio-
ne globale che può talvolta generare
anomalie stagionali, sia con stagioni più
calde, ma anche, talvolta, periodi insoli-
tamente freddi o piovosi.
Perché assistiamo, con sempre più
frequenza, a eventi climatici estremi
come, per esempio, le temperature esti-
ve che si avvicinano, anche in Pianura
Padana, ai 38 °C, nubifragi violenti o
lunghi periodi piovosi e trombe d’aria?
Siamo diventati un Paese tropicale?
Il cambiamento climatico, di cui ab-
biamo parlato prima, determina l’au-
mento di energia sulla superficie del no-
«Non ci sono più le stagioni di una volta».
Una frase fatta o è la realtà?
Lo abbiamo chiesto ad Enrico Brugnoli del Consiglio Nazionale delle Ricerche. La realtà è che il clima
sta cambiando e le cause sono molteplici, spesso legate alle attività umane. Nei prossimi cento anni
le temperature potrebbero aumentare ed è prevedibile un conseguente incremento delle ondate di calore,
dei periodi siccitosi e della frequenza di eventi estremi. E l’agricoltura dovrà sapersi adattare
stro pianeta dando origine ad estati sem-
pre più lunghe e calde con ondate di ca-
lore prolungate e temperature che sem-
pre più di frequente possono raggiunge-
re e superare i 40°C. Queste ondate di
caldo intenso assieme al riscaldamento
della superficie dei mari e degli oceani
causano l’aumento della velocità di eva-
porazione dell’acqua e i moti ascensio-
nali delle masse d’aria in atmosfera.
Questo aumenta il carico di energia del-
le nubi e sempre più spesso si generano
fenomeni estremi come precipitazioni
molto intense e concentrate nel tempo,
che impropriamente vengono talvolta
definite «bombe d’acqua», ma anche
trombe d’aria, temporali di violenza
inusuale, piccoli tornado che in passato
si verificavano solo in zone tropicali.
È forse colpa dell’effetto serra?
Le cause dei cambiamenti climatici
sono molteplici e includono diversi fat-
tori, alcuni dei quali generati dall’uomo
che si sovrappongono a meccanismi na-
turali intrinseci al sistema climatico e al-
la variabilità del pianeta. I dati della ri-
cerca scientifica dimostrano che duran-
te il corrente anno la concentrazione di
anidride carbonica nell’atmosfera ha
superato i 400 ppm (parti per milione),
un valore che non si era mai raggiunto
negli ultimi ottocentomila anni.
L’anidride carbonica è un gas serra,
in quanto le sue molecole assorbono la
radiazione infrarossa e così «intrappola-
no» l’energia sulla superficie terrestre
impedendo di essere rimessa fuori dal-
l’atmosfera. In questo modo si produce
un aumento della temperatura che con-
tribuisce al riscaldamento globale. Le
analisi del contenuto in isotopi del car-
bonio e ossigeno rivelano che l’anidride
carbonica atmosferica è originata preva-
lentemente dai combustibili fossili (co-
me per esempio i derivati del petrolio e
il carbone) e dalle attività umane (come
per esempio la produzione di cementi, la
deforestazione, ecc.).
Oltre all’anidride carbonica anche al-
tri gas, come il vapore acqueo, il metano,
l’ossido di azoto hanno un effetto serra.
Tuttavia, i gas serra non sono l’unica
Enrico Brugnoli, Direttore del Diparti-
mento scienze del sistema terra e tecno-
logie per l’ambiente del Consiglio Na-
zionale delle Ricerche
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3. POLITICA AGRICOLA ED AMBIENTALE
14 VITA IN CAMPAGNA 10/2013
causa. Anche gli aerosol hanno un ruolo
molto importante, in particolare in alcune
zone del pianeta (per esempio nel sud-est
asiatico). Sono generati sia naturalmente
(per esempio da vulcani, dall’azione del
vento su mari e deserti) che dalle attività
umane (per esempio da attività industria-
li, da automobili, ecc.); possono essere
chiari (solforosi), quindi riflettono la ra-
diazione solare e tendono a raffreddare la
superficie, o scuri (carboniosi o black
carbon), che invece assorbono radiazio-
ne, surriscaldandosi, e quando si deposi-
tano sui ghiacci e la neve provocano lo
scioglimento accelerato.
Infine, i cambiamenti di uso del terri-
torio, come per esempio la deforestazio-
ne o la cementificazione, cambiano i
flussi di evapotraspirazione e assorbi-
mento/riflessione della radiazione solare
modificando così il sistema climatico.
In definitiva, anche se non si può af-
fermare che i cambiamenti climatici sia-
no totalmente indotti dall’uomo, è ormai
certo che si sta registrando un aumento
di temperatura media globale e che una
parte importante di questa sia causata
dalle attività umane e soprattutto dal-
l’emissione di gas ad effetto serra.
Nei prossimi 30-50 anni come si
evolverà il clima?
Una previsione dell’evoluzione del
clima non è semplice, per le motivazio-
ni cui accennavo in precedenza, soprat-
tutto per la complessità del sistema cli-
matico. L’aumento di temperatura che si
è osservato nell’ultimo secolo ha tutta-
via evidenziato una notevole variabilità.
Per esempio, nell’ultimo decennio la
crescita di temperatura è stata molto più
debole che in precedenza.
Le conoscenze scientifiche consento-
no di fare analisi di scenario con aumen-
ti di temperatura stimati per i prossimi
cento anni variabili tra 1,5 e 6 °C. Ov-
viamente gli effetti saranno ben diversi,
a seconda dell’entità dell’aumento e an-
che delle azioni che gli Stati potranno
assumere per mitigare i cambiamenti
climatici (per esempio con la riduzione
di emissioni di gas serra, degli aerosol e
della deforestazione); ma finora le azio-
ni di politica internazionale non hanno
portato a grandi progressi per la man-
canza di scelte condivise sullo sviluppo
sostenibile e la riduzione dei gas serra.
Pertanto, ciò che è prevedibile è un au-
mento delle ondate di calore e dei perio-
di siccitosi, la diminuzione della dispo-
nibilità d’acqua, con un aumento della
frequenza di eventi estremi e una tropi-
calizzazione del clima.
Si potrà avere un aumento della sicci-
tà con conseguenti aumenti del rischio
di desertificazione in aree importanti del
nostro Paese e soprattutto nel Meridione
d’Italia. Di contro si potrà avere un au-
mento del rischio idrogeologico a causa
degli eventi estremi, con il conseguente
aumento nella frequenza di esondazioni
e allagamenti. Inoltre si avrà la riduzio-
ne della copertura nevosa in inverno e
sui rilievi montuosi. Tutti questi feno-
meni potranno avere effetti rilevanti sul-
la produttività agricola.
Stando a quanto lei dice, l’agricol-
tura italiana dovrà cambiare le pro-
prie tecniche di coltivazione. In quale
direzione dovrà orientarsi?
Accanto agli effetti negativi, i cam-
biamenti climatici potranno offrire an-
che qualche limitato vantaggio e alcune
opportunità per l’agricoltura. Gli au-
menti di temperatura previsti e l’aumen-
tata concentrazione di anidride carboni-
ca (utilizzata nella fotosintesi per pro-
durre zuccheri) potranno causare au-
menti di produttività di alcune colture,
specialmente nelle aree più fredde del
Paese. In questi casi però, affinché si ab-
biano dei veri benefici, è necessario che
la disponibilità di elementi nutritivi, le
condizioni del suolo e la disponibilità
d’acqua siano adeguate, anche in consi-
derazione dell’aumentata evapotraspira-
zione. Ciò significa, per esempio, impo-
stare in modo adeguato la concimazione
delle colture e l’irrigazione. Ovviamen-
te la disponibilità di acqua irrigua po-
trebbe diventare limitante. In special
modo se nell’area Mediterranea si avran-
no, come previsto, periodi ricorrenti e
prolungati di siccità. In generale però, se
i cambiamenti climatici si verificheran-
no come previsto dai modelli, in Italia si
potranno verificare diminuzioni impor-
tanti di produttività delle maggiori col-
ture in vaste aree, a causa della diminui-
ta disponibilità d’acqua e delle ondate
di calore.
Per fronteggiare questi problemi si
dovrà innanzitutto creare la consapevo-
lezza negli imprenditori agricoli e nel-
l’agroindustria della necessità di adatta-
mento ai mutamenti in atto. Per ottenere
risultati positivi nell’adattamento ai
cambiamenti climatici, occorre imposta-
re tecniche colturali flessibili e basate
sui rischi e le incertezze future, predi-
sponendo strategie che consentano di
adattarsi ai possibili mutamenti climati-
ci specifici per ogni regione. Molte del-
le azioni di adattamento al cambiamen-
to climatico sono simili alle «buone pra-
tiche» in agricoltura e alla gestione so-
stenibile delle risorse naturali.
Occorrerà, per esempio, adottare pra-
tiche per la conservazione e l’ottimizza-
zione dell’acqua nei suoli, quindi idonee
lavorazioni dei terreni, adeguata densità
di semina e di impianto, tecniche irrigue
ad alta efficienza, adozione di varietà
precoci per sfuggire la siccità estiva, ov-
vero tutte quelle pratiche già adottate
nell’aridocoltura in molte aree del Pae-
se. Bisognerà poi mettere in atto tutte
quelle pratiche che consentano di con-
servare e aumentare la sostanza organi-
ca del terreno, per fronteggiare l’aumen-
tata respirazione e decomposizione cau-
sata dall’aumento di temperatura.
In definitiva, occorre adottare ordina-
menti colturali che consentano, con una
certa flessibilità, di passare a specie e
varietà più adattate alle mutate condi-
zioni e qui la ricerca scientifica avrà sen-
za dubbio un ruolo importante.
Giorgio Vincenzi
Temperatura media prevista per il periodo 2041-2060
rispetto al periodo 1986-2005
La carta geografica
del bacino del Mar
Mediterraneo mo-
stra gli aumenti di
temperatura previsti
nelle diverse aree
geografiche. I diver-
si colori e le diverse
intensità di colora-
zione indicano l’au-
mento di temperatu-
ra previsto in gradi
centigradi, come in-
dicato nella barra
sotto la figura, ovve-
ro: colore bianco o
giallo chiaro, nessuna o minima variazione di temperatura attesa; colore più scu-
ro, aumenti attesi massimi di 4 °C.
Fonte: modello climatico globale EC-Earth, J. von Hardenberg, E. Palazzi, A. Provenzale, DTA-CNR
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