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Trasumanar significar per verba non si poria
CANTO I PARADISO
«Nel ciel che più de la sua luce prende / fu’ io, e vidi
cose che ridire / né sa né può chi di la su discende…»
La maestosità del Paradiso non può essere
raccontata con parole comuni.
La poesia della terza cantica nasce proprio
dalla consapevolezza del poeta di non poter
dire e dallo sforzo di narrare la sua
straordinaria esperienza.
Dante si servirà allora delle parole, a volte da
lui stesso inventate (neologismi), ma anche
delle immagini, dei suoni, della luce e dei
colori, di tutto ciò che può aiutarlo a
descrivere il mondo dello spirito.
Riferimenti alla luce solare
Nel primo canto del Paradiso,
Dante fa più volte riferimento alla luce del sole
e ad altre immagini di intensa luminosità.
Luce, sole, giorno, foco vivo, lucerna, stella, fiamma, raggio, lume sono
termini ricorrenti per descrivere l’ascesa verso il primo cielo.
«quando Beatrice in sul sinistro fianco
Vidi rivolta a guardar nel sole:
Aguglia sì non li s’affisse unquanco.»
«Io nol soffersi molto, né sì poco,
chi’io nol vedessi sfavillar dintorno,
com’ ferro che bogliente esce dal
foco;» (vv58-60)
«E di sùbito parve giorno a giorno
essere aggiunto, come quei che puote
avesse il ciel d’un altro sole addorno»
(vv61-63)
«Fatto avea di là mane e di qua sera
tal foce, e quasi tutto era là bianco
quello emisperio, e l’altra parte nera» (vv43-45)
Con questa terzina Dante indica il tempo in
cui inizia il suo viaggio: è mezzogiorno, il
sole, simbolo della luce divina, risplende
con la massima intensità.
Attraverso il contrasto cromatico tra il
bianco e il nero, due colori completamente
opposti, il poeta evidenzia l’opposizione tra
mondo celeste e mondo terreno.
«E di sùbito parve giorno a giorno
essere aggiunto, come quei che puote
avesse il ciel d’un altro sole addorno» (vv61-63)
L’arrivo di Dante nel primi cielo, quello
della Luna, viene reso sempre con
immagini di luce.
La luminosità diventa così intensa che al
poeta sembra che La luce del giorno sia
raddoppiata, come se nel cielo ci fossero
due soli.
Il linguaggio si fa analogico per rendere
un’esperienza che supera i limiti del
mondo terreno.
Cosa prova Dante durante l’ascesa verso il Paradiso?
Se descrivere il luogo è difficile ancora di più è raccontare il suo stato
d’animo durante una simile esperienza.
Allora Dante ricorre al mito, crea nuove parole, usa latinismi…
«Trasumanar significar per verba
non si poria; però l’essemplo basti
a cui esperienza grazia serba»
(vv70-72)
«La novità del suono e ‘l grande lume
di lor cagion m’accesero un disio
mai non sentito di cotanto acume»
(vv82-84)
«Nel suo aspetto tal dentro mi fei,
qual si fé Glauco nel gustar dell’erba
che l ’fé consorto in mar de li altri dei.»
(vv 67-69)
«Trasumanar significar per verba
non si poria»
Trasumanar: superare i limiti
dell'umano, questo è il significato
di un vocabolo probabilmente
coniato dallo stesso Dante per
descrivere una situazione
eccezionale, quella del suo animo
che sente di stare per oltrepassare i
limiti della sua natura mortale ed
entrare in paradiso.
Dante fa spesso uso di termini da
lui inventati (indiarsi,
infuturarsi…) e questo è uno dei
casi.
Dante Paradiso Canto I
Laboratorio di analisi testuale e creatività
• Leuzzi Samuele
• Verzella Davide
• Di Donato Andrea
• D’Onofrio Chiara
• Totaro Matteo
Sitografia:
https://www.google.it/imghp?hl=it
https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-i.html

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Trasumanar significar per verba non si poria

  • 1. Trasumanar significar per verba non si poria CANTO I PARADISO
  • 2. «Nel ciel che più de la sua luce prende / fu’ io, e vidi cose che ridire / né sa né può chi di la su discende…» La maestosità del Paradiso non può essere raccontata con parole comuni. La poesia della terza cantica nasce proprio dalla consapevolezza del poeta di non poter dire e dallo sforzo di narrare la sua straordinaria esperienza. Dante si servirà allora delle parole, a volte da lui stesso inventate (neologismi), ma anche delle immagini, dei suoni, della luce e dei colori, di tutto ciò che può aiutarlo a descrivere il mondo dello spirito.
  • 3. Riferimenti alla luce solare Nel primo canto del Paradiso, Dante fa più volte riferimento alla luce del sole e ad altre immagini di intensa luminosità. Luce, sole, giorno, foco vivo, lucerna, stella, fiamma, raggio, lume sono termini ricorrenti per descrivere l’ascesa verso il primo cielo. «quando Beatrice in sul sinistro fianco Vidi rivolta a guardar nel sole: Aguglia sì non li s’affisse unquanco.» «Io nol soffersi molto, né sì poco, chi’io nol vedessi sfavillar dintorno, com’ ferro che bogliente esce dal foco;» (vv58-60) «E di sùbito parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote avesse il ciel d’un altro sole addorno» (vv61-63)
  • 4. «Fatto avea di là mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era là bianco quello emisperio, e l’altra parte nera» (vv43-45) Con questa terzina Dante indica il tempo in cui inizia il suo viaggio: è mezzogiorno, il sole, simbolo della luce divina, risplende con la massima intensità. Attraverso il contrasto cromatico tra il bianco e il nero, due colori completamente opposti, il poeta evidenzia l’opposizione tra mondo celeste e mondo terreno.
  • 5. «E di sùbito parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote avesse il ciel d’un altro sole addorno» (vv61-63) L’arrivo di Dante nel primi cielo, quello della Luna, viene reso sempre con immagini di luce. La luminosità diventa così intensa che al poeta sembra che La luce del giorno sia raddoppiata, come se nel cielo ci fossero due soli. Il linguaggio si fa analogico per rendere un’esperienza che supera i limiti del mondo terreno.
  • 6. Cosa prova Dante durante l’ascesa verso il Paradiso? Se descrivere il luogo è difficile ancora di più è raccontare il suo stato d’animo durante una simile esperienza. Allora Dante ricorre al mito, crea nuove parole, usa latinismi… «Trasumanar significar per verba non si poria; però l’essemplo basti a cui esperienza grazia serba» (vv70-72) «La novità del suono e ‘l grande lume di lor cagion m’accesero un disio mai non sentito di cotanto acume» (vv82-84) «Nel suo aspetto tal dentro mi fei, qual si fé Glauco nel gustar dell’erba che l ’fé consorto in mar de li altri dei.» (vv 67-69)
  • 7. «Trasumanar significar per verba non si poria» Trasumanar: superare i limiti dell'umano, questo è il significato di un vocabolo probabilmente coniato dallo stesso Dante per descrivere una situazione eccezionale, quella del suo animo che sente di stare per oltrepassare i limiti della sua natura mortale ed entrare in paradiso. Dante fa spesso uso di termini da lui inventati (indiarsi, infuturarsi…) e questo è uno dei casi.
  • 8. Dante Paradiso Canto I Laboratorio di analisi testuale e creatività • Leuzzi Samuele • Verzella Davide • Di Donato Andrea • D’Onofrio Chiara • Totaro Matteo Sitografia: https://www.google.it/imghp?hl=it https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-i.html