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Nuotare nella poesia
Tecniche di scrittura creativa con prove di
composizione
di
Maria Rosa Pantè
Che cos’è la poesia?
Il paradosso di una non risposta che ci risponde
Ad alcuni-
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.
Piace-
mi piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.
La poesia -
ma cos'e' mai la poesia?
Piu' d'una risposta incerta
e' stata gia' data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di un corrimano.
Wislawa Szymborska, potessa
polacca vivente, premio Nobel
per la letteratura
Per iniziare un piccolo manifesto sulla poesia:
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(rivela a Paolo e Francesca la verità sul loro amore; si uccidono pur
sempre i poeti)
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(polisemia del linguaggio poetico, vicino al linguaggio religioso)
La poesia è TRASCENDENTE
(va aldilà di chi la scrive)
La poesia è MUSICA/RITMO
(il metro non è una prigione, dà armonia al caos, è canto; canto che
raggiunge anche chi non sa nulla di metrica)
La poesia è TERAPEUTICA E VISIONARIA
La poesia non dà risposte, ma vede e descrive il mondo in modo alternativo
Addirittura crea mondi aldilà dell’impossibile…
Lo scrittore argentino Borges in un libro dedicato alla “Divina
Commedia” dice: “Fin da allora notai che i versi, soprattutto i grandi versi
di Dante, sono molto di più di ciò che significano. Il verso è, tra le molte
altre cose, un’intonazione, un accento spesso intraducibile. (…) Un buon
verso non si lascia leggere a bassa voce o in silenzio. (…) Il verso esige
di essere declamato. Il verso non dimentica di essere stato un’arte orale
prima di essere un’arte scritta, non dimentica di essere stato un canto”.
Questa frase mi è sembrata molto adatta a far sentire
come il legame tra musica e poesia sia veramente tra i
più stretti. Forse è addirittura più stretto del legame
poesia/prosa…
Infatti alla domanda fatidica e terribile: ”Cos’è la
poesia?
Cosa la caratterizza?”, la prima risposta che mi sale
alle labbra
(a me come a fior di studiosi) è
Caratteristica essenziale, necessaria e distintiva della poesia sono
ritmo, musicalità, misura e cantabilità.
Per il poeta francese Valéry: “La poesia è una lunga esitazione
tra senso e suono”
La poesia è ritmo semantizzato, non si dà poesia senza ritmo! Cioè
nella poesia tutto comunica anche un certo ritmo o un certo suono.
Per cui fare poesia è far suonare la parola, la lingua, certo sempre
considerando il contenuto.
Il poeta è necessitato dal proprio canto interno, è prigioniero del suo
verso.
Importante conseguenza di tutto questo è che spesso il non detto
esce dalla partitura fonosimbolica e ritmica. In sostanza il suono
della poesia
COMUNICA
oltre il contenuto apparente.
Concretamente nella poesia come avviene tutto ciò?
Nella musica ci sono suoni, pause, timbri di strumenti
ecc., nella poesia?
A mio avviso fondamentali sono tre elementi:
· struttura metrica (numero di sillabe, accenti,
pause, lunghezza o brevità delle parole…)
· struttura fonica (uso di certi suoni consonantici e
vocalici piuttosto che altri; ripetizione di tali suoni, il
caso più lampante è la rima…)
· altre figure retoriche (ad esempio la posizione
delle parole, parole dal significato diverso, ma dal
suono simile ecc.)
Climax, anticlimax; parole più o
meno lunghe o brevi
Piano, forte; lento, veloce
Suoni (vocali, consonanti…)Timbro (voci, strumenti)
CesurePause
ParoleNote
Ritmo (accenti, numero sillabe,
enjambement)
Tempo (2/4; 4/4 ecc.)
Partitura fonosimbolicaSpartito musicale
Strutture metriche della poesia italiana.
Versi parisillabi:
Senario: accenti su 2° e 5°
Ottonario: accenti su 3° o 4° e 7°
Decasillabo: accenti su 3° 6° e 9°
Versi imparisillabi:
Quinario: accenti su 1° o 2° e 4°
Settenario: accenti su una della prime quattro sillabe e sulla 6°
Novenario: accenti su 2° o 3°, 5° e 8°
Endecasillabo: accenti su 6° e 10°
accenti su 4° e 7° o 8° e 10°
Strutture metriche della poesia italiana.
Per contare le sillabe ci sono però degli accorgimenti importanti:
Elisione: vocale finale di una parola e vocale iniziale della seguente formano
un’unica sillaba.
Iato: opposto dell’elisione
Dieresi: sdoppiamento i due sillabe delle vocali di un dittongo
Sineresi: opposto della dieresi
Inoltre se il verso finisce con una parola sdrucciola, si conta una sillaba in meno;
se con una parola tronca si conta una sillaba in più.
Importante è anche l’enjambement…
Struttura fonica
Le rime:
“Perché chi è amato è così sciocco e greve?
L’errore è nella causa o nell’effetto?
Voglio un posto di viole e bucaneve…
Di biancospini… il mio posto segreto…
Vattene adesso!…prendi il vaporetto…
non fingiamoci Ofelia con Amleto”
(Patrizia Valduga)
Struttura fonica
Le allitterazioni di suoni:
“dentro il fitto/ franto frastuono”
(Maria Luisa Spaziani)
Le consonanze:
“che fasto sarebbe serbarsi intatti per”
(Amelia Rosselli)
Le assonanze:
“se è misto di timore, di pudore, di onore”
(Cristina Campo)
Figure retoriche
Metafore:
“io ti chiedo solo di essere te
non quegli altri che ti innamorano
tanti vestiti appesi
tanti colletti flosci”
(Dacia Maraini)
Figure retoriche
Similitudini:
“e ti debbo parole come l’ape
deve miele al suo fiore. Perché t’amo”
(Alda Merini)
Sinestesie:
“Come piangeva il vento di mattina!”
(Anna Maria Ortese)
Per meglio evidenziare l’importanza della metrica e del ritmo, ecco un
esempio famosissimo: l’ultimo verso dell’Infinito di Giacomo
Leopardi:
E il naufragar m’è dolce in questo mare
Endecasillabo (11 versi); possibilità:
- accento su 6° e penultima sillaba
- accento su 4°, 7/8° e penultima sillaba
e m’è dolce il naufragar in questo mare
Gli accenti diversi, insieme alla diversa disposizione delle parole,
danno ovviamente un ritmo diverso, quindi se il senso apparente è lo
stesso, pure non c’è la stessa profondità di sensazione, non c’è
sovrasenso!!!
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così fra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo
mare.
Per sentire l’intera
musica dell’ Infinito ecco
la lettura di Vittorio
Gassman
Sempre caro mi fù quest’ermo còlle,
e questa siépe, che da tànta parte 
dell’ultimo orizzònte il guardo esclùde.
Ma sedendo e miràndo interminàti 
spazi di là da quélla, e sovrumàni 
silenzi e profondìssima quiéte 
io nel pensier mi fìngo; ove per pòco 
il cor non si spaùra. E come il vènto 
odo stormir tra quèste piante, io quèllo 
infinito silènzio a questa vòce 
vo comparàndo: e mi sovvièn l’etèrno,
e le morte stagiòni, e la presènte 
e viva, e il suon di lèi. Così fra quèsta 
immensità s’annèga il pensier mìo:
e il naufragàr m’è dolce in quèsto màre.
Il foglio che ho distribuito è una sorta di partitura e vi parrà
strano, trattare così una poesia.
In realtà ho seguito le indicazioni di Leopardi stesso, che la
lettura di Gassman ha in parte evidenziato.
Ho segnalato:
• gli accentiaccenti che danno il ritmo fondamentale;
• le freccefrecce indicano il fatto che il verso non contiene tutto il
senso logico d’una frase, che quindi oltrepassa il verso ed è
qui un procedimento voluto dal poeta proprio per indicare
l’infinito, ovviamente poco adatto a dei confini
(enjambementenjambement);
• alcuni suoni particolarmente evidenti sia consonanti che vocali.
Le consonanti difficilmente esprimono suoni duri come invece
accade in questi versi di Eugenio Montale, tratti dalla lirica
“Spesso il male di vivere”
Spesso il male di vivere ho
incontrato:
era il rivo strozzato che
gorgoglia,
era l’incartocciarsi della
foglia
riarsa, era il cavallo
stramazzato.
Tornando all’”Infinito”
nelle vocali, secondo alcuni studiosi, importante è l’uso delle a
toniche (cioè con l’accento) che danno l’impressione di infinità
spaziale.
Lo sgomento, invece, è reso da suoni cupi: la o e soprattutto
l’accento sulla u di spaura centrale.
Oltre ai suoni importante è l’uso di parole brevi o lunghe.
Nella prima parte della poesia vi sono parole molto lunghe,
quattro, cinque sillabe che fanno sentire l’immensità spaziale che
spaura!
Il ritmo è dunque più lento.
Nella seconda parte le parole più brevi preparano all’immagine
positiva del naufragar dolce.
Il ritmo è più veloce.
Anche in questo caso un esempio può render meglio l’idea e far
capire che la poesia non è frutto solo del genio e del caso, ma di un
lungo e faticoso lavoro.
Gli esempi sono tratti dal poeta più grande mai esistito
(naturalmente secondo me, ma non solo), naturalmente Dante
Alighieri.
Esempio di ritmo lento: Purg. I, 13
“Dolce color d’oriental zaffiro”
Esempio di ritmo veloce: Purg. II, 51
(l’immagine è quella dell’angelo nocchiero)
“ed el s’en gì, come venne,
veloce”
Per capire cosa accade quando si fa poesia, il poeta Giuseppe Conte
si rivolge al linguista Roman Jakobson che ha individuato nel
linguaggio sei funzioni, eccole:
“ quando comunico qualcosa, posso sottolineare, enfatizzare la mia
emotività soggettiva (funzione emotiva);
o posso cercare di orientare e dirigere chi ascolta (funzione conativa);
o posso enunciare con il massimo di chiarezza il contenuto di ciò che
voglio comunicare (funzione referenziale);
o posso soffermarmi a verificare che il canale tra me e chi deve
ricevere la comunicazione sia aperto (funzione fatica);
o posso riflettere sulle regole comuni accettate che rendono possibile
la comprensione (funzione metalinguistica): in tutti questi casi, userò
le altre funzioni del linguaggio, e non quella poetica”.
Nel linguaggio prende corpo la funzione poetica quando comunico
qualcosa e mi interessa innanzi tutto questo qualcosa, mettere a
punto il messaggio in sé e per sé, la forma autonoma, particolare che
assume, quella di uno spettacolo, di un sorprendente teatro di parole.
Ecco un esempio.
C'è un ragazzo che una notte di domenica torna a casa amareggiato perché
la ragazza amata non gli ha rivolto neppure uno sguardo, che si comincia a
tormentare pensando di non avere nessuna speranza con lei e immaginando
che lei nel frattempo stia vedendo in sogno altri ragazzi: questo ragazzo
allora telefona a un suo amico, e gli riversa addosso la sua delusione, la sua
rabbia, la sua disperazione: esprimerà certo una emotività soggettiva, fatta di
esclamazioni, di gridi (funzione emotiva), e si rivolgerà imperioso al suo
interlocutore, come per intimargli di aiutarlo (funzione conativa); poi più
calmo metterà a punto le parole precise, il contenuto preciso di ciò che
direbbe alla ragazza (funzione referenziale), e ipotizzerà attraverso quale
canale farle passare: il telefono? o una lettera? o una scritta con lo spray sul
muro della scuola? (funzione fàtica), e rifletterà insieme al suo amico su
quelle parole, se vanno bene, se no (funzione metalinguistica). In sostanza,
avrà usato alla fine tutte le funzioni del linguaggio messe a fuoco da
Jakobson, fuorché quella poetica.
A lui - e possiamo capirlo - della forma
autonoma di ciò che sta comunicando
non imporla niente: gli imporla l’effetto
pratico, sfogarsi, dar corso al tumulto
che lo agita.
Ma se il ragazzo si chiama Giacomo Leopardi, quegli urli, quei
pensieri, quelle sensazioni, quegli stati di alterazione
dcll'anima diventano
« La sera del dì di festa »:
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
c queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna. O donna mia,
già tace ogni sentiero, e pei balconi
rara traluce la notturna lampa:
tu dormi, che f accolse agevol sonno
nelle tue chete stanze; e non ti morde
cura nessuna; e già non sai nè pensi
quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel che sì benigno
appare in vista a salutar m’affaccio,
e l’antica natura onnipossente,
che mi fece all’affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d’altro
non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne: or da’ trastulli
prendi riposo; e forse ti rimembra
in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
piacquero a te: non io, non già; ch’io speri,
al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
quanto a viver mi resti; e qui per terra
mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
In così verde etate!…
Precisazioni:
Spero che questo breve discorso su un aspetto della poesia
non lasci troppo perplessi.
“Ma come, dov’è finito il genio creativo?” oppure “Ma allora il
contenuto non ha più importanza?”…
Rispondo semplicemente dicendo che:
Il labor limae è ciò che segue, viene dopo il
cosiddetto “guizzo creativo”.
Certo non il solo Dante conosceva le regole
metriche ecc., ma lui solo ha scritto la Commedia…
Anche l’etimologia del termine poesia, infatti,
rimanda a una specifica “abilità”, poiché deriva dal
verbo greco che significa “fare”, nel senso
quasi artigianale
(e questa parola guarda caso deriva dal latino
“ars”…)
Riguardo al contenuto si può
dire che:
La poesia è inutile come disse
Montale quando gli
assegnarono il premio Nobel
per la Letteratura,
"Io sono qui perché ho scritto
poesie, un prodotto
assolutamente inutile, ma quasi
mai nocivo".
Quindi, capire chi è il poeta
significa entrare in un mondo
diverso, nel mondo del non
produttivo, pochi poeti hanno
scritto best seller.
· La poesia è in crisi come ha scritto
con grande preveggenza già intorno
agli anni ’70 Pasolini: per lui la società
dei consumi mette in pericolo ognuno
di noi perché elimina dalla vita il senso
del sacro e con esso il poetico.
Il linguaggio è infatti sempre più
omologato, razionalistico e
strumentale, in questo ambito per la
poesia non ci può essere posto:
“La comunicatività del mondo della
scienza applicata, dell’eternità
industriale, si presenta invece come
strettamente pratica, e quindi
mostruosa. Nessuna parola avrà senso
che non sia funzionale entro l’ambito
della necessità: sarà inconcepibile
l’espressione autonoma di un
sentimento “gratuito” (…)” che è il
regno della poesia!
Paradossalmente, però, la poesia non sembra voler e poter
morire come testimoniano, non solo i numerosissimi
concorsi letterari (in Italia i poeti non si leggono, ma tutti o
molti si sentono poeti e questo è comunque un bene).
Ma soprattutto la domanda perché mai si uccidono i
poeti:
ancora nel mondo contemporaneo si contano
numerosissimi casi di poeti ammazzati in periodi di guerra
o di dittatura, fino al caso del poeta kosovaro, ucciso dai
Serbi nel 1999, a pochi passi dall'Italia!
Questo dovrebbe portare a riflettere sul ruolo guida che
spesso i poeti hanno svolto e svolgono nella coscienza di
un popolo e sulla paura che le parole fanno anche a chi
detiene armi e potere.
La poesia deve essere considerata in tutta la sua
potenzialità: non solo sfogo personale ed esistenziale, ma
strumento per analizzare il mondo e per creare mondi nuovi
e nuovi uomini .
Concluderei con due notazioni storiche.
Che musica e poesia fossero strettamente connesse è noto fin
dagli albori della civiltà umana: il distacco tra musica e poesia è
relativamente recente, deriva dalla invenzione della scrittura.
Mi sembra però che tra i meriti e le caratteristiche del Novecento,
anzi della corrente fondamentale del Novecento, cioè il
decadentismo, ci sia, oltre all’aver liberato la poesia e l’averla,
paradossalmente, ricondotta alle sue origini, l’averne evidenziato
la profonda affinità con la musica e con le strutture fondamentali
dell’inconscio. Famosissimi sono, infatti, i versi di Verlaine:
“Musica sovra ogni cosa!
E perciò preferisci il ritmo impari,
più vago e più solubile nell’aria”
Proviamo a citare tutte le poetesse che conosciamo:
Saffo, forse Corinna, forse Gaspara Stampa, forse forse
Vittoria Colonna, qualche monaca medievale, qualche
mistica e poi?
Secoli di buio.
Un fatto importantissimo del ’900, almeno in alcune
parti del mondo, è il fiorire di poetesse. Lo si vede dalle
antologie scolastiche, dalle raccolte di poesie: dove
finalmente un certo numero (pur sempre minoritario) di
poeti sono donne e donne molto brave.
Patrizia
Valduga
Cristina
Campo
Per far conoscere alcune di queste
poetesse, come avrete notato, negli
esempi di figure retoriche ho citato i
loro versi.
Non c’è il tempo per indagare se c’è e
qual è lo specifico della scrittura
poetica femminile, mi basta per ora
citare il positivo fenomeno e chiudere
con una voce poetica femminile,
quella della poetessa italiana oggi
forse più famosa: Alda Merini.
Dacia Maraini
Anna Maria Ortese
Maria Luisa Spaziani
Alda Merini
Vele del canto
Ho abbandonato ogni donna
come un unico simulacro,
un tonfo di duro destino,
l'Arte è la migliore delle matriarche
l'Arte mi ha dato molti fratelli,
i colori giovinetti gagliardi,
con la clamide finta frescura
e con questi giovani ho aperto
le vele del mio canto,
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Buona poesia a tutti!

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Navigando nella poesia

  • 1. Nuotare nella poesia Tecniche di scrittura creativa con prove di composizione di Maria Rosa Pantè
  • 2. Che cos’è la poesia? Il paradosso di una non risposta che ci risponde Ad alcuni- cioè non a tutti. E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza. senza contare le scuole, dove è un obbligo, e i poeti stessi, ce ne saranno forse due su mille. Piace- mi piace anche la pasta in brodo, piacciono i complimenti e il colore azzurro, piace una vecchia sciarpa, piace averla vinta, piace accarezzare un cane. La poesia - ma cos'e' mai la poesia? Piu' d'una risposta incerta e' stata gia' data in proposito. Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo come alla salvezza di un corrimano. Wislawa Szymborska, potessa polacca vivente, premio Nobel per la letteratura
  • 3. Per iniziare un piccolo manifesto sulla poesia: La poesia è POTENTE (rivela a Paolo e Francesca la verità sul loro amore; si uccidono pur sempre i poeti) La poesia è MISTERIOSA, MISTERICA (polisemia del linguaggio poetico, vicino al linguaggio religioso) La poesia è TRASCENDENTE (va aldilà di chi la scrive) La poesia è MUSICA/RITMO (il metro non è una prigione, dà armonia al caos, è canto; canto che raggiunge anche chi non sa nulla di metrica) La poesia è TERAPEUTICA E VISIONARIA La poesia non dà risposte, ma vede e descrive il mondo in modo alternativo Addirittura crea mondi aldilà dell’impossibile…
  • 4. Lo scrittore argentino Borges in un libro dedicato alla “Divina Commedia” dice: “Fin da allora notai che i versi, soprattutto i grandi versi di Dante, sono molto di più di ciò che significano. Il verso è, tra le molte altre cose, un’intonazione, un accento spesso intraducibile. (…) Un buon verso non si lascia leggere a bassa voce o in silenzio. (…) Il verso esige di essere declamato. Il verso non dimentica di essere stato un’arte orale prima di essere un’arte scritta, non dimentica di essere stato un canto”. Questa frase mi è sembrata molto adatta a far sentire come il legame tra musica e poesia sia veramente tra i più stretti. Forse è addirittura più stretto del legame poesia/prosa… Infatti alla domanda fatidica e terribile: ”Cos’è la poesia? Cosa la caratterizza?”, la prima risposta che mi sale alle labbra (a me come a fior di studiosi) è
  • 5. Caratteristica essenziale, necessaria e distintiva della poesia sono ritmo, musicalità, misura e cantabilità. Per il poeta francese Valéry: “La poesia è una lunga esitazione tra senso e suono” La poesia è ritmo semantizzato, non si dà poesia senza ritmo! Cioè nella poesia tutto comunica anche un certo ritmo o un certo suono. Per cui fare poesia è far suonare la parola, la lingua, certo sempre considerando il contenuto. Il poeta è necessitato dal proprio canto interno, è prigioniero del suo verso. Importante conseguenza di tutto questo è che spesso il non detto esce dalla partitura fonosimbolica e ritmica. In sostanza il suono della poesia COMUNICA oltre il contenuto apparente.
  • 6. Concretamente nella poesia come avviene tutto ciò? Nella musica ci sono suoni, pause, timbri di strumenti ecc., nella poesia? A mio avviso fondamentali sono tre elementi: · struttura metrica (numero di sillabe, accenti, pause, lunghezza o brevità delle parole…) · struttura fonica (uso di certi suoni consonantici e vocalici piuttosto che altri; ripetizione di tali suoni, il caso più lampante è la rima…) · altre figure retoriche (ad esempio la posizione delle parole, parole dal significato diverso, ma dal suono simile ecc.)
  • 7. Climax, anticlimax; parole più o meno lunghe o brevi Piano, forte; lento, veloce Suoni (vocali, consonanti…)Timbro (voci, strumenti) CesurePause ParoleNote Ritmo (accenti, numero sillabe, enjambement) Tempo (2/4; 4/4 ecc.) Partitura fonosimbolicaSpartito musicale
  • 8. Strutture metriche della poesia italiana. Versi parisillabi: Senario: accenti su 2° e 5° Ottonario: accenti su 3° o 4° e 7° Decasillabo: accenti su 3° 6° e 9° Versi imparisillabi: Quinario: accenti su 1° o 2° e 4° Settenario: accenti su una della prime quattro sillabe e sulla 6° Novenario: accenti su 2° o 3°, 5° e 8° Endecasillabo: accenti su 6° e 10° accenti su 4° e 7° o 8° e 10°
  • 9. Strutture metriche della poesia italiana. Per contare le sillabe ci sono però degli accorgimenti importanti: Elisione: vocale finale di una parola e vocale iniziale della seguente formano un’unica sillaba. Iato: opposto dell’elisione Dieresi: sdoppiamento i due sillabe delle vocali di un dittongo Sineresi: opposto della dieresi Inoltre se il verso finisce con una parola sdrucciola, si conta una sillaba in meno; se con una parola tronca si conta una sillaba in più. Importante è anche l’enjambement…
  • 10. Struttura fonica Le rime: “Perché chi è amato è così sciocco e greve? L’errore è nella causa o nell’effetto? Voglio un posto di viole e bucaneve… Di biancospini… il mio posto segreto… Vattene adesso!…prendi il vaporetto… non fingiamoci Ofelia con Amleto” (Patrizia Valduga)
  • 11. Struttura fonica Le allitterazioni di suoni: “dentro il fitto/ franto frastuono” (Maria Luisa Spaziani) Le consonanze: “che fasto sarebbe serbarsi intatti per” (Amelia Rosselli) Le assonanze: “se è misto di timore, di pudore, di onore” (Cristina Campo)
  • 12. Figure retoriche Metafore: “io ti chiedo solo di essere te non quegli altri che ti innamorano tanti vestiti appesi tanti colletti flosci” (Dacia Maraini)
  • 13. Figure retoriche Similitudini: “e ti debbo parole come l’ape deve miele al suo fiore. Perché t’amo” (Alda Merini) Sinestesie: “Come piangeva il vento di mattina!” (Anna Maria Ortese)
  • 14. Per meglio evidenziare l’importanza della metrica e del ritmo, ecco un esempio famosissimo: l’ultimo verso dell’Infinito di Giacomo Leopardi: E il naufragar m’è dolce in questo mare Endecasillabo (11 versi); possibilità: - accento su 6° e penultima sillaba - accento su 4°, 7/8° e penultima sillaba e m’è dolce il naufragar in questo mare Gli accenti diversi, insieme alla diversa disposizione delle parole, danno ovviamente un ritmo diverso, quindi se il senso apparente è lo stesso, pure non c’è la stessa profondità di sensazione, non c’è sovrasenso!!!
  • 15. Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi e profondissima quiete io nel pensier mi fingo; ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così fra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare. Per sentire l’intera musica dell’ Infinito ecco la lettura di Vittorio Gassman
  • 16. Sempre caro mi fù quest’ermo còlle, e questa siépe, che da tànta parte  dell’ultimo orizzònte il guardo esclùde. Ma sedendo e miràndo interminàti  spazi di là da quélla, e sovrumàni  silenzi e profondìssima quiéte  io nel pensier mi fìngo; ove per pòco  il cor non si spaùra. E come il vènto  odo stormir tra quèste piante, io quèllo  infinito silènzio a questa vòce  vo comparàndo: e mi sovvièn l’etèrno, e le morte stagiòni, e la presènte  e viva, e il suon di lèi. Così fra quèsta  immensità s’annèga il pensier mìo: e il naufragàr m’è dolce in quèsto màre.
  • 17. Il foglio che ho distribuito è una sorta di partitura e vi parrà strano, trattare così una poesia. In realtà ho seguito le indicazioni di Leopardi stesso, che la lettura di Gassman ha in parte evidenziato. Ho segnalato: • gli accentiaccenti che danno il ritmo fondamentale; • le freccefrecce indicano il fatto che il verso non contiene tutto il senso logico d’una frase, che quindi oltrepassa il verso ed è qui un procedimento voluto dal poeta proprio per indicare l’infinito, ovviamente poco adatto a dei confini (enjambementenjambement);
  • 18. • alcuni suoni particolarmente evidenti sia consonanti che vocali. Le consonanti difficilmente esprimono suoni duri come invece accade in questi versi di Eugenio Montale, tratti dalla lirica “Spesso il male di vivere” Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l’incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato.
  • 19. Tornando all’”Infinito” nelle vocali, secondo alcuni studiosi, importante è l’uso delle a toniche (cioè con l’accento) che danno l’impressione di infinità spaziale. Lo sgomento, invece, è reso da suoni cupi: la o e soprattutto l’accento sulla u di spaura centrale. Oltre ai suoni importante è l’uso di parole brevi o lunghe. Nella prima parte della poesia vi sono parole molto lunghe, quattro, cinque sillabe che fanno sentire l’immensità spaziale che spaura! Il ritmo è dunque più lento. Nella seconda parte le parole più brevi preparano all’immagine positiva del naufragar dolce. Il ritmo è più veloce.
  • 20. Anche in questo caso un esempio può render meglio l’idea e far capire che la poesia non è frutto solo del genio e del caso, ma di un lungo e faticoso lavoro. Gli esempi sono tratti dal poeta più grande mai esistito (naturalmente secondo me, ma non solo), naturalmente Dante Alighieri. Esempio di ritmo lento: Purg. I, 13 “Dolce color d’oriental zaffiro” Esempio di ritmo veloce: Purg. II, 51 (l’immagine è quella dell’angelo nocchiero) “ed el s’en gì, come venne, veloce”
  • 21. Per capire cosa accade quando si fa poesia, il poeta Giuseppe Conte si rivolge al linguista Roman Jakobson che ha individuato nel linguaggio sei funzioni, eccole: “ quando comunico qualcosa, posso sottolineare, enfatizzare la mia emotività soggettiva (funzione emotiva); o posso cercare di orientare e dirigere chi ascolta (funzione conativa); o posso enunciare con il massimo di chiarezza il contenuto di ciò che voglio comunicare (funzione referenziale); o posso soffermarmi a verificare che il canale tra me e chi deve ricevere la comunicazione sia aperto (funzione fatica); o posso riflettere sulle regole comuni accettate che rendono possibile la comprensione (funzione metalinguistica): in tutti questi casi, userò le altre funzioni del linguaggio, e non quella poetica”. Nel linguaggio prende corpo la funzione poetica quando comunico qualcosa e mi interessa innanzi tutto questo qualcosa, mettere a punto il messaggio in sé e per sé, la forma autonoma, particolare che assume, quella di uno spettacolo, di un sorprendente teatro di parole.
  • 22. Ecco un esempio. C'è un ragazzo che una notte di domenica torna a casa amareggiato perché la ragazza amata non gli ha rivolto neppure uno sguardo, che si comincia a tormentare pensando di non avere nessuna speranza con lei e immaginando che lei nel frattempo stia vedendo in sogno altri ragazzi: questo ragazzo allora telefona a un suo amico, e gli riversa addosso la sua delusione, la sua rabbia, la sua disperazione: esprimerà certo una emotività soggettiva, fatta di esclamazioni, di gridi (funzione emotiva), e si rivolgerà imperioso al suo interlocutore, come per intimargli di aiutarlo (funzione conativa); poi più calmo metterà a punto le parole precise, il contenuto preciso di ciò che direbbe alla ragazza (funzione referenziale), e ipotizzerà attraverso quale canale farle passare: il telefono? o una lettera? o una scritta con lo spray sul muro della scuola? (funzione fàtica), e rifletterà insieme al suo amico su quelle parole, se vanno bene, se no (funzione metalinguistica). In sostanza, avrà usato alla fine tutte le funzioni del linguaggio messe a fuoco da Jakobson, fuorché quella poetica. A lui - e possiamo capirlo - della forma autonoma di ciò che sta comunicando non imporla niente: gli imporla l’effetto pratico, sfogarsi, dar corso al tumulto che lo agita.
  • 23. Ma se il ragazzo si chiama Giacomo Leopardi, quegli urli, quei pensieri, quelle sensazioni, quegli stati di alterazione dcll'anima diventano « La sera del dì di festa »: Dolce e chiara è la notte e senza vento, c queta sovra i tetti e in mezzo agli orti posa la luna, e di lontan rivela serena ogni montagna. O donna mia, già tace ogni sentiero, e pei balconi rara traluce la notturna lampa: tu dormi, che f accolse agevol sonno nelle tue chete stanze; e non ti morde cura nessuna; e già non sai nè pensi quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
  • 24. Tu dormi: io questo ciel che sì benigno appare in vista a salutar m’affaccio, e l’antica natura onnipossente, che mi fece all’affanno. A te la speme Nego, mi disse, anche la speme; e d’altro non brillin gli occhi tuoi se non di pianto. Questo dì fu solenne: or da’ trastulli prendi riposo; e forse ti rimembra in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti piacquero a te: non io, non già; ch’io speri, al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo quanto a viver mi resti; e qui per terra mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi In così verde etate!…
  • 25. Precisazioni: Spero che questo breve discorso su un aspetto della poesia non lasci troppo perplessi. “Ma come, dov’è finito il genio creativo?” oppure “Ma allora il contenuto non ha più importanza?”… Rispondo semplicemente dicendo che:
  • 26. Il labor limae è ciò che segue, viene dopo il cosiddetto “guizzo creativo”. Certo non il solo Dante conosceva le regole metriche ecc., ma lui solo ha scritto la Commedia… Anche l’etimologia del termine poesia, infatti, rimanda a una specifica “abilità”, poiché deriva dal verbo greco che significa “fare”, nel senso quasi artigianale (e questa parola guarda caso deriva dal latino “ars”…)
  • 27. Riguardo al contenuto si può dire che: La poesia è inutile come disse Montale quando gli assegnarono il premio Nobel per la Letteratura, "Io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo". Quindi, capire chi è il poeta significa entrare in un mondo diverso, nel mondo del non produttivo, pochi poeti hanno scritto best seller.
  • 28. · La poesia è in crisi come ha scritto con grande preveggenza già intorno agli anni ’70 Pasolini: per lui la società dei consumi mette in pericolo ognuno di noi perché elimina dalla vita il senso del sacro e con esso il poetico. Il linguaggio è infatti sempre più omologato, razionalistico e strumentale, in questo ambito per la poesia non ci può essere posto: “La comunicatività del mondo della scienza applicata, dell’eternità industriale, si presenta invece come strettamente pratica, e quindi mostruosa. Nessuna parola avrà senso che non sia funzionale entro l’ambito della necessità: sarà inconcepibile l’espressione autonoma di un sentimento “gratuito” (…)” che è il regno della poesia!
  • 29. Paradossalmente, però, la poesia non sembra voler e poter morire come testimoniano, non solo i numerosissimi concorsi letterari (in Italia i poeti non si leggono, ma tutti o molti si sentono poeti e questo è comunque un bene). Ma soprattutto la domanda perché mai si uccidono i poeti: ancora nel mondo contemporaneo si contano numerosissimi casi di poeti ammazzati in periodi di guerra o di dittatura, fino al caso del poeta kosovaro, ucciso dai Serbi nel 1999, a pochi passi dall'Italia! Questo dovrebbe portare a riflettere sul ruolo guida che spesso i poeti hanno svolto e svolgono nella coscienza di un popolo e sulla paura che le parole fanno anche a chi detiene armi e potere. La poesia deve essere considerata in tutta la sua potenzialità: non solo sfogo personale ed esistenziale, ma strumento per analizzare il mondo e per creare mondi nuovi e nuovi uomini .
  • 30. Concluderei con due notazioni storiche. Che musica e poesia fossero strettamente connesse è noto fin dagli albori della civiltà umana: il distacco tra musica e poesia è relativamente recente, deriva dalla invenzione della scrittura. Mi sembra però che tra i meriti e le caratteristiche del Novecento, anzi della corrente fondamentale del Novecento, cioè il decadentismo, ci sia, oltre all’aver liberato la poesia e l’averla, paradossalmente, ricondotta alle sue origini, l’averne evidenziato la profonda affinità con la musica e con le strutture fondamentali dell’inconscio. Famosissimi sono, infatti, i versi di Verlaine: “Musica sovra ogni cosa! E perciò preferisci il ritmo impari, più vago e più solubile nell’aria”
  • 31. Proviamo a citare tutte le poetesse che conosciamo: Saffo, forse Corinna, forse Gaspara Stampa, forse forse Vittoria Colonna, qualche monaca medievale, qualche mistica e poi? Secoli di buio. Un fatto importantissimo del ’900, almeno in alcune parti del mondo, è il fiorire di poetesse. Lo si vede dalle antologie scolastiche, dalle raccolte di poesie: dove finalmente un certo numero (pur sempre minoritario) di poeti sono donne e donne molto brave. Patrizia Valduga Cristina Campo
  • 32. Per far conoscere alcune di queste poetesse, come avrete notato, negli esempi di figure retoriche ho citato i loro versi. Non c’è il tempo per indagare se c’è e qual è lo specifico della scrittura poetica femminile, mi basta per ora citare il positivo fenomeno e chiudere con una voce poetica femminile, quella della poetessa italiana oggi forse più famosa: Alda Merini. Dacia Maraini Anna Maria Ortese Maria Luisa Spaziani
  • 33. Alda Merini Vele del canto Ho abbandonato ogni donna come un unico simulacro, un tonfo di duro destino, l'Arte è la migliore delle matriarche l'Arte mi ha dato molti fratelli, i colori giovinetti gagliardi, con la clamide finta frescura e con questi giovani ho aperto le vele del mio canto, e sono aprtito per mari azzurri insieme al mio unico remo che è il mio ricordo Buona poesia a tutti!