Non tutti ricevono una formazione adeguata sulla sicurezza sul posto di lavoro. La presentazione si occupa di fornire un rapido accesso alle informazioni di base per iniziare il proprio percorso formativo, o per ripassare le proprie conoscenze
Non tutti ricevono una formazione adeguata sulla sicurezza sul posto di lavoro. La presentazione si occupa di fornire un rapido accesso alle informazioni di base per iniziare il proprio percorso formativo, o per ripassare le proprie conoscenze
informazione, formazione addestramento all'uso delle attrezzature di lavoroCorrado Cigaina
alcune considerazioni in merito all'informazione, formazione ed addestramento all'uso delle attrezzature di lavoro: la presentazioneè stata utilizzata come momento di aggiornamento di RSPP - aggiornato al luglio 2015
sicurezza delle macchine e valutazione dei rischiCorrado Cigaina
principi generali per garantire attraverso il processo di valutazione dei rischi l'uso in sicurezza delle attrezzature di lavoro di cui al titolo III del D.Lgs 81/08. la presentazione può essere utilizzata per la formazione e l'aggiornamento dei lavoratori e/o degli specialisti di settore. aggiornato all'aprile 2015.
infortuni ed uso delle attrezzature di lavoroCorrado Cigaina
corso di formazione-aggiornamento per RLS ; concetti generali circa l'uso delle attrezzature di lavoro e le indagini conseguenti gli infortuni sul lavoro
Organizzazione della prevenzione aziendale: datore di lavoro, dirigenti, preposti, medico competente, responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), lavoratori, addetti alla gestione delle emergenze. Per ciascuno dei soggetti della sicurezza sono indicati i loro ruoli e responsabilità.
SICUREZZA: VERIFICA PERIODICA DELLE ATTREZZATURE E RISCHIO MACCHINE. Ing. BertoneAmbiente
30 gennaio 2013 - Corso di formazione e aggiornamento di eAmbiente: SICUREZZA: VERIFICA PERIODICA DELLE ATTREZZATURE E RISCHIO MACCHINE. Intervento di Alessandro Berton - Inn Med S.r.l
principali misure prevenzione per ridurre i rischi meccaniciCorrado Cigaina
una carrellata delle èprincipali misure di prevenzione di tipo tecnico utili a ridurre i rischi meccanici generati dalle attrezzature di lavoro. aggiornato al maggio 2015
aspetti pratici per valutare i rischi e gestire il relativo documentoCorrado Cigaina
un'analisi sul modo di operare per valutare correttamente tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori e per redigere, impelmentare e mantenere attivo nel tempo il documento di valutazione di cui agli art. 28 e29 D.Lgs 81/08. aggiornata ad ottobre 2015.
Nella speranza di educare con nozioni semplici un gran numero di persone nell'ambito del Primo Soccorso, il Comitato Provinciale di Croce Rossa di Belluno ha creato queste diapositive.
informazione, formazione addestramento all'uso delle attrezzature di lavoroCorrado Cigaina
alcune considerazioni in merito all'informazione, formazione ed addestramento all'uso delle attrezzature di lavoro: la presentazioneè stata utilizzata come momento di aggiornamento di RSPP - aggiornato al luglio 2015
sicurezza delle macchine e valutazione dei rischiCorrado Cigaina
principi generali per garantire attraverso il processo di valutazione dei rischi l'uso in sicurezza delle attrezzature di lavoro di cui al titolo III del D.Lgs 81/08. la presentazione può essere utilizzata per la formazione e l'aggiornamento dei lavoratori e/o degli specialisti di settore. aggiornato all'aprile 2015.
infortuni ed uso delle attrezzature di lavoroCorrado Cigaina
corso di formazione-aggiornamento per RLS ; concetti generali circa l'uso delle attrezzature di lavoro e le indagini conseguenti gli infortuni sul lavoro
Organizzazione della prevenzione aziendale: datore di lavoro, dirigenti, preposti, medico competente, responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), lavoratori, addetti alla gestione delle emergenze. Per ciascuno dei soggetti della sicurezza sono indicati i loro ruoli e responsabilità.
SICUREZZA: VERIFICA PERIODICA DELLE ATTREZZATURE E RISCHIO MACCHINE. Ing. BertoneAmbiente
30 gennaio 2013 - Corso di formazione e aggiornamento di eAmbiente: SICUREZZA: VERIFICA PERIODICA DELLE ATTREZZATURE E RISCHIO MACCHINE. Intervento di Alessandro Berton - Inn Med S.r.l
principali misure prevenzione per ridurre i rischi meccaniciCorrado Cigaina
una carrellata delle èprincipali misure di prevenzione di tipo tecnico utili a ridurre i rischi meccanici generati dalle attrezzature di lavoro. aggiornato al maggio 2015
aspetti pratici per valutare i rischi e gestire il relativo documentoCorrado Cigaina
un'analisi sul modo di operare per valutare correttamente tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori e per redigere, impelmentare e mantenere attivo nel tempo il documento di valutazione di cui agli art. 28 e29 D.Lgs 81/08. aggiornata ad ottobre 2015.
Nella speranza di educare con nozioni semplici un gran numero di persone nell'ambito del Primo Soccorso, il Comitato Provinciale di Croce Rossa di Belluno ha creato queste diapositive.
Questa presentazione è il risultato di un lavoro svolto nel laboratorio di analisi strumentale ed è specifico per spiegare l'effetto batocromo ed ipsocromo.
alcune informazioni sulla flora batterica che troviamo sulle mani, alcune fotografie di analisi delle mani stesse, informazioni su come lavarsi le mani e le regole di lavaggio in un ospedale.
www.fukushimaaccident.net
Roberto Ropolo:
"RISPOSTA SANITARIA ALL’EMERGENZA IN ITALIA E METODI DI MISURA"
L'incidente avvenuto alla centrale nucleare di FUKUSHIMA, in Giappone, l'11 Marzo 2011, a differenza degli incidenti di Three Mile Island e di Chernobyl, ha scatenato un acceso dibattito sull'accettabilità pubblica dell'energia nucleare, anche in Paesi che sono stati storicamente fra i maggiori promotori di questa tecnologia.
Le ansie generate dai rilasci di radioattività nell'ambiente e dalla presenza di contaminazione negli alimenti, così come l'esito dell'incidente stesso, che sembrò -per diverse settimane- non dovesse risolversi mai positivamente, sono state amplificate dai mezzi di comunicazione di massa, oscurando perfino le enormi conseguenze umane e sociali del terremoto e dello tsunami.
La popolazione, e non solo quella giapponese, si è interrogata sui rischi dell'esposizione alle radiazioni, indirizzando alla comunità scientifica la propria legittima preoccupazione sui pericoli reali e sui rischi, e pretendendo dai tecnici e dagli scienziati risposte chiare e comprensibili, anche in merito alle possibili conseguenze sulle future generazioni.
Ma qual è stata l'entità del rilascio di radiazioni dalla centrale nucleare di FUKUSHIMA? quale è stata l'estensione della contaminazione terrestre e marina? che impatto sulla popolazione hanno avuto le restrizioni alimentari imposte dal Governo Giapponese? quali sono le dosi ricevute dagli Operatori della centrale e dalla popolazione circostante? quali le conseguenze sanitarie osservate ed ipotizzabili? e quali sono le lezioni principali che la comunità internazionale di Radioprotezione ha tratto da questo evento, per aiutare a sviluppare una percezione del rischio sempre più vicina alle legittime aspettative della popolazione?
Per rispondere a queste e ad altre domande, le quattro Associazioni italiane che si occupano di protezione dalle radiazioni, l'Associazione Italiana di Fisica Medica (AIFM), l'Associazione Italiana di Radioprotezione Medica (AIRM), l’Associazione Italiana di Radioprotezione (AIRP) e l'Associazione Nazionale Professionale Esperti Qualificati nella sorveglianza fisica di radioprotezione (ANPEQ) hanno organizzato un convegno, che avrà luogo il 14 settembre 2012 alla Villa Napoleonica nel Centro Congressi delle Ville PONTI, a Varese.
L'obbiettivo del Convegno, la cui partecipazione è aperta anche ai non addetti ai lavori (www.fukushimaaccident.net) è di trattare gli aspetti radioprotezionistici dell'incidente, indicando anche una linea per possibili futuri sviluppi del sistema della Radioprotezione, che si rendono necessari anche nei Paesi -come l'Italia- che non utilizzano più l'energia nucleare, ma che fanno tuttora vasto uso di sostanze radioattive per la medicina, l'industria e la ricerca.
2. Modalità di esposizione al rischio:
l’infortunio biologico
Una delle modalità di
esposizione al rischio è
rappresentata
dall’esposizione cutanea,
mucosa o parenterale a
materiali organici
potenzialmente contenenti
microorganismi (materiali
biologici, sangue ecc.):
infortunio biologico
4. Registrazione degli eventi
I dati relativi agli infortuni
debbono essere registrati
I dati possono
successivamente essere
analizzati con software
statistici.
5. Finalità della Profilassi
Post Esposizione
•
Prevenire o
comunque ridurre il
rischio di infezione
occupazionale (HBV,
HIV, ecc).
6. Profilassi per HIV, HBV, HBC e
TBC
Cosa fare (tempo 0 ed inizio profilassi
terapia
Chi fa (di norma il mc)
Quando: attenzione al rischio HIV: max
4 ore dall’esposizione
7. Le cause potenziali degli
infortuni biologici
La mancanza o inadeguatezza di:
Formazione
Procedure
Dispositivi
Carichi di lavoro
Cultura della sicurezza
8. In un anno avvengono 100mila
esposizione percutanee…
Gli infermieri
Presidi più frequentemente associati alle lesioni ss ionali
Espos izioni ne lle dive rse cate gorie profe percutanee
sono i più
colpiti 50%
Infermieri
40% Medici
Gli aghi a 9%
30%
4%
10%
farfalla 2% 20% Tec. Lab.
primeggiano 10%
Peronale form.
0% 58%
come causa di 17% Siringhe Aghi a Cateteri Aghi Altro
monouso farfalla intrav. prelievo Ausilari/Add. pulizia
incidenti che sottov.
coinvolgono Dis pos itivi pieni di s angue
Altro
Dis pos itivi non pieni di s angue
SIROH-EPINET:SIROH
Dati 1997-99
aghi cavi pieni
di sangue
9. Mancata segnalazione degli eventi
•
Francia 50-70%
•
Italia 30-40%
•
Giappone 79-85%
•
Stati Uniti 40-42%
10. EVOLUZIONE
•
HBV anni ’70
•
HIV anni ’80
•
HCV anni ’90
•
? anni
2000
11. La Sorveglianza Sanitaria negli
operatori sanitari esposti a RB
•
CAPO III SORVEGLIANZA SANITARIA
•
•
Art. 279.
•
(Prevenzione e controllo)
•
1. Qualora l’esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità i
lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza
sanitaria di cui all’articolo 41.
•
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,
adotta misure protettive particolari per
•
quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si
richiedono misure speciali di
•
protezione, fra le quali:
12. •
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che
non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione,
da somministrare a cura del medico competente;
•
b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure
dell’articolo 42.
•
3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori
esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di anomalia
imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il
datore di lavoro.
•
4. A seguito dell’informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro
effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all’articolo
271.
•
5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni
sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi
ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che
comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici
individuati nell’allegato XLVI nonché sui vantaggi ed inconvenienti
della vaccinazione e della non vaccinazione.
•
13. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
negli operatori sanitari esposti a RB
•
clinico-preventivi
–
contribuire alla protezione e mantenimento dello stato di salute e di sicurezza dei
lavoratori
–
valutare lo stato di salute generale e gli effetti sulla salute (sia patologie da lavoro o
lavoro-correlate, sia patologie che, pur non essendo correlate alle attività lavorative,
possono condizionare l’idoneità lavorativa)
–
programmare gli accertamenti clinici mirati ai rischi
–
identificare i soggetti ipersuscettibili
–
identificare necessità o opportunità per appropriate vaccinazioni
–
formulare una diagnosi clinica
–
formulare una diagnosi etiologica
–
indirizzare il lavoratore verso un appropriato specialista per eventuali follow up e terapia
–
comunicare individualmente i risultati della SS e counselling del lavoratore
–
individuare patologie professionali
–
gestire gli infortuni lavorativi
–
gestire focolai epidemici
14. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
negli operatori sanitari esposti a RB
•
medico-legali
–
certificazione, denuncia, referto per malattie
professionali e infortuni sul lavoro
–
costituzione di una base di dati sanitari come
riferimento (al “tempo zero”, ad esempio in occasione
di accertamenti preventivi), per valutare o interpretare
situazioni future
–
rispetto di confidenzialità e riservatezza
–
rapporti con autorità sanitarie locali e nazionali,
autorità giudiziarie, istituti assicuratori
15. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
negli operatori sanitari esposti a RB
•
formulazione e gestione del giudizio di
idoneità lavorativa
–
in fase di assunzione, cambio mansione,
accertamenti periodici e straordinari
–
reinserimento/ricollocazione lavorativa (in
relazione a stato di patologia, condizione di
portatore, effettuazione di chemioprofilassi o
terapia), in collaborazione con il datore di
lavoro o suoi delegati
16. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
negli operatori sanitari esposti a RB
•
epidemiologici
–
raccogliere ed elaborare in forma consultabile i dati
sanitari individuali e di gruppo, per la costituzione di
un osservatorio epidemiologico ad hoc
–
monitorare la prevalenza ed incidenza di infortuni e
patologie da lavoro
–
identificare e valutare eventi sentinella
–
valutare l’adeguatezza della VdR
–
valutare l’efficacia ed il costo/beneficio della SS
17. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
negli operatori sanitari esposti a RB
•
valutazione del rischio
–
coadiuvare nell’identificazione e caratterizzazione dei
fattori di rischio
–
valutare gli effetti dell’esposizione ai fini della stima
del rischio
18. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
negli operatori sanitari esposti a RB
•
informazione e formazione
–
organizzazione delle attività di informazione e formazione, prima
dell’esposizione al fattore di rischio e con richiami periodici
–
educazione generale sui rischi per la salute e sulla loro prevenzione
–
informazione e formazione mirata ai rischi nel singolo ambiente di lavoro
–
stabilire un adeguato rapporto di fiducia con il lavoratore
–
valutare la compliance verso le misure tecniche, organizzative e
procedurali di carattere preventivo
–
comunicazione sui rischi e sul significato e risultati della SS per lavoratori,
datore di lavoro e delegati (individuale o per gruppi)
–
counselling post-infortunio, post-infezione/malattia, post-esposizione a
RB
19. La Sorveglianza Sanitaria negli
operatori sanitari esposti a RB
•
Accertamenti preventivi
•
Accertamenti periodici
•
Accertamenti straordinari a seguito di
esposizioni professionali (profilassi post-
esposizione)
20. Esperienza dell’AOUP: Sorveglianza
sanitaria ed epidemiologica
•
Sorveglianza sanitaria e registrazione dei
dati sanitari degli esposti: la cartella
sanitaria asped2000
•
Registrazione degli eventi infortunistici
asped infortuni biologici
29. L’ EPATITE B
• E’ dovuta ad un virus a DNA ad alta infettività; le
vie di trasmissione più importanti sono
• quella parenterale o percutanea (attraverso
tagli, punture, trasfusioni, emoderivati);
• quella sessuale (attraverso lesioni delle mucose
genitali, lesioni della mucosa orale);
• quella materno-fetale e quella perinatale (al
momento del parto).
30. IL RISCHIO PROFESSIONALE
RISULTA MAGGIORE QUANDO VI
È DA PARTE DELL’ OPERATORE:
•
UNA LESIONE PROFONDA;
•
UNA CONTAMINAZIONE MASSIVA A
LIVELLO CONGIUNTIVALE;
•
SANGUE SUL MEZZO LESIVO.
31. VIRUS DELL’EPATITE B
• Virus a DNA con involucro molto resistente
• infettività resiste per 6 mesi a
temperatura ambiente e per 4 ore a 60 °C
• alte concentrazioni del virus: saliva, bile,
secreto nasofaringeo, latte materno, sperma,
secreto vaginale
32. I PORTATORI ASINTOMATICI DEL
VIRUS
•
svolgono un ruolo importante. Questo
virus risulta stabile nel plasma o nel
siero e può sopravvivere in diverse
condizioni di temperatura ed umidità.
Pertanto sono sufficienti minime
tracce di sangue per rendere
contagianti i vari liquidi biologici.
33. È stato valutato che:
•
il rischio di contrarre l’epatite B per una singola
esposizione accidentale sia compreso tra il 2 ed il 40%,
tenuto conto dello stato HbeAg positivo o negativo del
soggetto fonte di infezione;
• In coloro che hanno contratto l’infezione, la quasi totalità
guarisce completamente;
• una minima parte (5-10%) diviene portatore cronico del
virus;
• in quest’ultima un quarto può sviluppare un’epatite cronica
attiva che successivamente può evolvere in cirrosi epatica
e carcinoma epatocellulare;
• una piccolissima percentuale, lo 0,5-1% di questi soggetti, va
incontro ad epatite acuta fulminante che per lo più è a
decorso mortale.
34. L’ EPATITE C
•
L’epatite C è determinata da un virus a RNA
la cui trasmissione avviene principalmente
per via parenterale, altre vie sono quella
perinatale e sessuale, quest’ultime però meno
efficienti.
•
In passato era molto frequente la trasmissione
post-trasfusionale, oggi questo rischio si è
notevolmente ridotto in seguito allo screening
per la ricerca dell’anticorpo anti-HCV.
35. DECORSO CLINICO EPATITE
C
•
Oltre la metà dei soggetti affetti da epatite
acuta post-trasfusionale potrà contrarre una
forma cronica e tra essi un quarto potrà
andare incontro ad una cirrosi epatica. In
taluni soggetti affetti da epatite cronica e
cirrosi si può sviluppare un carcinoma
epatocellulare.
•
Per quanto riguarda il decorso clinico, quello
dell’epatite C è alquanto variabile.
36. VIRUS DELL’EPATITE C
•
Virus con involucro
lipopolisaccaridico a RNA
•
inattivato dal calore secco a
60°C
•
alquanto resistente
nell’ambiente esterno
37. HIV
• È estremamente labile nell’ambiente
esterno, rapidamente inattivato da
agenti fisici e chimici
• Ha una infettività 20 volte inferiore a
quella del virus dell’epatite B, di cui
condivide le modalità di trasmissione
38. IL VIRUS HIV
•
IL VIRUS HIV responsabile
della sindrome
dell’immunodeficienza
acquisita è un virus a RNA, in
genere poco resistente
all’ambiente esterno.
•
Tale virus è presente nelle
secrezioni e nei liquidi
corporei; infatti il sangue, il
liquido seminale, le secrezioni
vaginali sono fondamentali per
la trasmissione di questo virus,
ricordando tuttavia che
teoricamente da tutti i liquidi
contenenti linfociti infetti può
derivare un potenziale contagio.
39. RISCHIO DI CONTATTO Virus
ematogeni
Il rischio di contatto dipende:
a) dalla prevalenza
dell’infezione nella
popolazione (cioè dai soggetti
infettanti nella
popolazione);
b) dal tipo di attività espletata;
c) dalle misure di prevenzione
40. Sieropositività tra i pazienti ospedalizzati
• Prevalenza HBV 2 %
• Prevalenza HCV 4 %
• Prevalenza HIV 1%
41. Sieropositività tra i pazienti dei
reparti di emodialisi
• Prevalenza HBV 5-10 %
• Prevalenza HCV 25-40 %
45. IL MICOBACTERIUM
TUBERCOLOSIS
• Il bacillo tubercolare (o Bacillo di Kock) è un
batterio Gram positivo acido-alcol resistente
46. IL MICOBACTERIUM
TUBERCOLOSIS
• La tbc si diffonde da soggetto a soggetto
attraverso i droplets (tosse,starnutazioni)
• I droplets rimangono sospesi nell’aria per
parecchie ore secondo il tipo di ambiente
47. Procedure diagnostico-terapeutiche ad
alto rischio di generazione di aerosol
•Broncoscopia
•Intubazione endotracheale
•Aspirazione delle secrezioni
respiratorie
•Contatto stretto in occasione
di un accesso parossistico di
tosse
•Somministrazione di
aerosolterapie
48. RISCHIO DI CONTRARRE LA
MALATTIA
• Il rischio di contrarre la malattia
dipende:
• a) dalla carica infettante;
• b) dalla suscettibilità del soggetto.
49. IL MICOBACTERIUM
TUBERCOLOSIS
Chi sono gli esposti?
IN PASSATO :
• Operatori di malattie infettive, pneumologia,
anatomia patologica, microbiologia..
ATTUALMENTE
• Maggiormente esposti operatori di unità chirurgiche,
di terapia intensiva e PS
– IMPORTANZA CRITICA DI UN CORRETTO TRIAGE
50. VALUTAZIONE DEL RISCHIO TBC
• caratt. Epidemiologiche della TB nel
bacino di Utenza
• numero di casi contagiosi assistiti/anno
• risultati analisi delle cuticonversioni
tubercoliniche tra gli operatori
51. RISCHIO DI CONTAGIO TBC
• Popolazioni in studio Incidenza
annuale
• O.S. di malattie infettive con
pz. HIV pos. e TBC 0,8%
• O.S. di pneumologia
con pz. con TBC 0,3%
• Popolazione generale 0,0033%
52. Obblighi del datore di lavoro
•
Valutazione del rischio
•
Attuazione misure tecniche, organizzative,
procedurali e igieniche, per evitare ogni
esposizione degli stessi ad agenti biologici.
•
Messa a disposizione dei DPI
•
Informazioni e formazione
•
Sorveglianza sanitaria preventiva, periodica
e post-esposizione, profilassi vaccinale.
53. VACCINAZIONI
E’ compito del Medico Competente:
•
Prescrivere vaccini efficaci per i lavoratori non immuni
•
Informare i lavoratori circa vantaggi ed inconvenienti sia della
vaccinazione che della non vaccinazione
Linee guida SIMLII-ISPESL
RACCOMANDATE PER TUTTI GLI RACCOMANDATE IN CASI
OS PARTICOLARI
HBV TBC
Morbillo, Parotite, Rosolia HAV
Varicella Tifo
Influenza
La vaccinazione non deve essere considerata come alternativa
a misure di contenimento ma come una misura di sicurezza ulteriore
54. Prevenzione HBV
•
Vaccinazione con DNA ricombinante (0 - 1 - 6 mesi)
In caso di esposizione accidentale:
•
Vaccinazione con schedula rapida (0 - 1 - 2 mesi ed
eventuale 4° dose dopo 6/12 mesi dalla 3° dose)
•
Immunoglobuline (sec. paziente fonte)
55. VACCINAZIONI
Raccomandazione:
promuovere l’offerta attiva della vaccinazione anti
-HBV tranne quando controindicata (soggetto
immune) perché il vaccino è molto efficace e induce
immunità specifica a lungo termine
•
media nazionale 65%
•
Nord 77,6%
•
Centro 67,7%
•
Sud 44,5%
56. Lavaggio mani Decontaminazione
strumenti
PRECAUZIONI
Tutti i pazienti
STANDARD
potenzialmente
infetti
Contenitori
per raccolta
D.P.I.
N.P.D.
57.
58.
59. Dispositivo per prelievi ed infusioni
con sistema di sicurezza integrato
Figura 1 Figura 2
Figura 3
60. Dispositivi di protezione integrati
Ago per prelievo multiplo
ü
Dispositivi di tipo attivo e
passivo
ü
Il meccanismo di protezione
deve poter essere applicabile
con una sola mano
ü
L’operatore deve operare sempre
con le mani in posizione
arretrata rispetto all’ago
ü
Il meccanismo di protezione è
integrato nel dispositivo
61. Siringa monouso con sistema di
sicurezza integrato
Figura 1 Figura 2
Figura 3
62. Dispositivi di protezione integrati
Ago di sicurezza per prelievo arterioso
ü
Il dispositivo di sicurezza è di facile e pratico utilizzo
ü
Il dispositivo di sicurezza è sicuro ed efficace nei riguardi del paziente
64. D.P.I.
D.Lgs. 81/2008 art. 74
DEFINIZIONE
….....qualsiasi attrezzatura
destinata ad essere
indossata e tenuta dal
lavoratore allo scopo di
proteggerlo contro
uno o più rischi
suscettibili di minacciarne la salute
e la sicurezza durante il lavoro
nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo
65. Sono invece esclusi:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non
specificamente destinati a proteggere la sicurezza e
la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di
salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle
forze armate, delle forze di polizia e del personale
del servizio per il mantenimento dell'ordine
pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie
dei mezzi di trasporto stradali;
66. e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini
specificamente sportivi e non per attivita' lavorative;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare
rischi e fattori nocivi.
67. D.Lgs. 81/2008 art. 18 c.1 lett. d)
OBBLIGHI
Il Datore di Lavoro
e i Dirigenti
devono fornire
ai lavoratori
i necessari e idonei
Dispositivi di Protezione Individuale
sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il
medico competente, ove presente
68. Obblighi generali
I dispositivi di protezione individuale «(DPI) devono
essere impiegati quando i rischi non possono essere
evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche
di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da
misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione
del lavoro.» (art. 75 c. 1 D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81): è
perciò obbligatoria la loro adozione solo per far fronte
ai rischi residui altrimenti irriducibili con misure
tecnico-organizzative.
69. articolo 77 del D.Lgs. n. 81/2008:
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non
possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie
affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla
lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti
di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
70. articolo 77 del D.Lgs. n. 81/2008:
c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme
d'uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le
caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le
raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una
variazione significativa negli elementi di valutazione.
71. 4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni
d’igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le
sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni
fornite dal fabbricante;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi
previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente
alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
72. d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze
richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende
misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema
sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI
lo protegge;
f) rende disponibile nell’azienda ovvero unità produttiva
73. Il responsabile SPP e il medico competente, meglio se
coinvolgono il RLS, hanno poi il compito di predisporre ed
attuare il programma per informare e formare i lavoratori
sulle ragioni che hanno portato all'uso di questi mezzi, sul loro
uso coretto e sulla giusta manutenzione. E' infine necessario
che il datore di lavoro preveda anche momenti di verifica e
controllo da parte dei dirigenti e preposti sulla corretta
applicazione delle direttive aziendali sui DPI anche attraverso
l'uso di strumenti disciplinari
75. L’ INDIVIDUAZIONE
e la SCELTA del DPI
“NECESSARIO” e “IDONEO”
È diretta conseguenza
della fase di
Analisi e Valutazione dei Rischi
“RESIDUI”
76. L’ IDONEITA’ del DPI
È strettamente legata al conferimento
da parte del Fabbricante dei:
“Requisiti essenziali di
salute e di sicurezza”
Previa verifica da parte
dell’UTILIZZATORE che i “requisiti”
siano adeguati ai PROPRI RISCHI
77. Ricordando che la legge stabilisce che
il DPI deve essere:
“Idoneo” ai rischi,
“Adattato alle esigenze del lavoratore”,
“Non essere a sua volta fonte di
rischio”, ecc.
ne deriva che, in fase di scelta, venga
coinvolto il lavoratore stesso o il suo RLS e,
se del caso, il MEDICO COMPETENTE
78. REQUISITI
i D.P.I devono possedere i:
(D.Lgs. 81/2008 art.76)
“Requisiti Essenziali di Salute e Sicurezza”
inoltre devono:
essere adeguati ai rischi da prevenire, senza
comportare un rischio maggiore
essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di
lavoro
tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute
del lavoratore
poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue
necessità
essere compatibili tra di loro in caso di rischi multipli
79. Oltre al rispetto delle prescrizioni legislative (documentazione,
marcatura e certificazione CE) e dei requisiti indicati nell’Art.
76 del D. Lgs. 81/2008, vanno verificati anche altri
requisiti che si possono riassumere in:
REQUISITI FUNZIONALI
Le caratteristiche del dispositivo devono essere tali da:
essere in grado di neutralizzare il rischio specifico (deve essere
concepito in modo da poter annullare o almeno ridurre il più
possibile, la probabilità di infortunio per la parte protetta);
non limitare le funzioni operative (deve essere progettato in
modo che, pur mantenendo inalterate le caratteristiche
protet-tive, vengano limitate il meno possibile le capacità
lavorative); tollerato e accettato dal lavoratore e costruito in
essere ben
modo che in nessun caso possa essere fonte di disagio;
essere resistente e duraturo;
essere economico (nei limite del possibile).
80. REQUISITI dei MANUFATTI
Oltre ai requisiti funzionali, il DPI deve rispondere alle
seguenti esigenze:
idoneità specifica all'uso cui sono destinati valutando la effettiva
capacità protettiva nei confronti dei rischi da prevenire (criteri di
efficacia);
adattabilità alla persona, buona sopportabilità e confort, in modo
da consentirne l'uso senza eccessivo disagio in relazione alle
modalità e al tempo di impiego (criteri ergonomici);
adeguata solidità e resistenza agli agenti specifici, alle
sollecitazioni meccaniche, agli agenti corrosivi ecc. in relazione
alle modalità di impiego (criteri di efficienza e di economia);
semplicità di confezione e, più in generale, facilità di poter
effettuare le operazioni di pulizia previste, la manutenzione e
l'eventuale disinfezione o bonifica (criteri igienici e funzionali);
81. REQUISITI dei MANUFATTI
assenza di elementi o parti che possano costituire pericolo per
l’operatore;
facilità di impiego (es. semplicità di indosso e rapidità nel toglierlo
in caso di necessità);
se del caso, colorazioni appropriate per una corretta
identificazione o per evidenziare, per esempio, la presenza sul
dispositivo di sostanze pericolose;
foggia esteticamente gradevole e colori appropriati anche per
ragioni di buona visibilità (ad esempio gli indumenti per gli
operatori di squadre di emergenza o per i lavoratori impegnati in
orario notturno) oppure per ottenere il massimo contrasto rispetto
a sostanze nocive da cui ci si deve proteggere (criteri di migliore
accettabilità e di funzionalità).
82. D.Lgs. 475/92 art. 4
Il FABBRICANTE ha l’OBBLIGO di
dimostrare il possesso dei “REQUISITI
ESSENZIALI DI SALUTE E DI
SICUREZZA”
Tale dimostrazione si concretizza con
l’apposizione della marcatura
sul dispositivo stesso
83. D.Lgs. 475/92 CATEGORIE art. 4
Il D.Lgs. 475/92 (D.E. 89/686/CEE) prescrive
che TUTTI i DPI siano soggetti ad una
procedura di certificazione che dimostri il
possesso dei
“Requisiti essenziali di salute e di sicurezza”
Per questo scopo i DPI sono stati suddivisi in
TRE categorie in funzione del TIPO di
RISCHIO dal quale ci si deve proteggere
84. Categorie DPI
•
I categoria: rischio lieve (autocertificata dal
produttore)
•
II categoria: rischio significativo per occhi,
mani, viso ecc., certificato da organismo di
controllo
•
III categoria: vie respiratorie e protezione
da agenti chimici aggressivi, certificato da
organismo di controllo
85. D.Lgs. 475/92
L’ORGANISMO DI CONTROLLO
(o “ORGANISMO NOTIFICATO”)
ha l’OBBLIGO di verificare il possesso
dei REQUISITI ESSENZIALI DI
SALUTE E DI SICUREZZA
Ad esito positivo della verifica, rilascia
l’”ATTESTATO DI CONFORMITA’”
ai requisiti essenziali di salute e di sicurezza
86. D.Lgs. 475/92
L’ORGANISMO DI CONTROLLO
opera solamente
nel caso di DPI che appartengono (secondo il D.Lgs. 475/92)
alla 2^ e 3^ CATEGORIA
Non ha alcuna autorità per i DPI di 1^ CATEGORIA
87. MARCATURA di CONFORMITA’
MARCATURA
a partire dal 1.1.1997 (DLgs n° 10 del 2.1.1997)
1^ 2^ 3^
cat cat cat
000
0
n° di riconoscimento
dell’organismo
notificato
88. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezione delle vie respiratorie
1. La mascherina chirurgica è omologata con
marcatura CE perché “ presidio medico chirurgico”
in conformità con la Direttiva Europea 93/42/CEE,
ha lo scopo di proteggere l’ambiente ed i pazienti
dall’aerosol prodotto dall’operatore che la indossa;
non può perciò essere considerata in alcun modo
mezzo di protezione individuale per le vie
respiratorie, l’unica azione che svolge è quella
meccanica proteggendo il volto dell’operatore
sanitario da contaminazione accidentale di materiale
biologico o chimico, ma anche in questo caso occorre
rimuoverla prontamente quando è contaminata.
89. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezione delle vie respiratorie
2. La mascherina igienica ha di solito forma a
conchiglia, presenta un solo elastico per fissarla alla
testa ed ha un barretta metallica per adattare la sua
forma al naso di chi la indossa serve anch’essa per
proteggere il prodotto o l’alimento che si sta
manipolando; non necessita di marcatura CE e qualora
la riporti essa indica la conformità della mascherina
stessa al suo ciclo produttivo; anche per questa valgono
le stesse osservazioni già riportate per la mascherina
chirurgica.
90. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezione delle vie respiratorie
3. I respiratori isolanti (indipendenti dall’atmosfera
dell’ambiente dove l’operatore che li indossa svolge la
sua attività), vengono utilizzati dove la concentrazione
dell’ossigeno è al di sotto del 17% (valore stabilito dal
CEN che è l’Ente Europeo di Normazione), oppure in
presenza di contaminanti la cui concentrazione o
pericolosità non può essere annullata attraverso
l’utilizzo di respiratori a filtro; sono costituiti da sistemi
autonomi simili a quelli dei sommozzatori subacquei o
da sistemi non autonomi con collegamento esterno
simile a quello del casco del palombaro, non vengono
utilizzati nelle ordinarie attività sanitarie mentre sono a
corredo della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco.
91. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezione delle vie respiratorie
4. I respiratori filtranti (dipendenti dall’atmosfera
dell’ambiente dove l’operatore che li indossa svolge la
sua attività), sono costituiti da sistemi filtranti di varia
forma e dimensione, che possono coprire solo una parte
del viso od anche tutto il volto e che filtrano l’aria
circostante all’ operatore depurandola dall’agente
inquinante per cui sono state realizzate (polveri, fibre,
fumi , nebbie ,gas o vapori). Vengono utilizzati come
dispositivi individuali di protezione per le vie
respiratorie respiratori filtranti che coprono la bocca ed
il naso e contrassegnati con le sigle FFP1 FP2 ed FFP3.
92. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezione delle vie respiratorie
La sigla FFP è l’acronimo di Filtrante Facciale anti Polvere; questa
sigla che ritroviamo all’interno della normativa europea EN 149
(modificata nell’anno 2001 come EN149:2001) descrive il potere
filtrante dei materiali con cui vengono confezionati i respiratori
facciali ed in particolare li distingue come la tabella di seguito
elencata:
Classe Efficienza Filtrante
Totale Minima
FFP1 78 %
FFP2 92%
FFP3 98 %
93. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezione delle vie respiratorie
I filtranti facciali possono essere dotati di valvola
espiratoria che favorisce l’espulsione del vapore acqueo
emesso con la respirazione, migliorando il confort
dell’operatore senza pregiudicare l’attività filtrante
dell’insieme;
95. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezione delle vie respiratorie
nPer quanto riguarda la protezione da rischio di
infezioni a trasmissione aerea si può considerare
adeguato l’utilizzo di un respiratore di classe FFP2
attuando le ordinarie attività assistenziali sanitarie in
presenza di paziente con sospetta o manifesta infezione
da SARS, HIV, TBC, ANTRACE;
nqualora invece vengano attuate particolari procedure
a rischio che possono aumentare l’aerosolizzazione delle
secrezioni respiratorie (broncoscopie, broncolavaggi,
induzione dell’espettorato su pazienti infetti) è
raccomandabile l’utilizzo di respiratori in classe FFP3.
96. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezione delle vie respiratorie
Per quanto riguarda il rischio da contaminazione
ambientale chimica durante la manipolazione di farmaci
antiblastici è consigliabile utilizzare un respiratore di
classe FFP2 durante tutte le fasi legate alla
preparazione, alla ricostituzione di farmaco liofilo, ed
alla riduzione di dose, nonché in caso di procedure di
sanificazione a seguito di contaminazione accidentale
ambientale.
E’ da considerarsi inadeguato l’utilizzo di filtranti
facciali FFP2 ed FFP3 in presenza di vapori di
glutaraldeide e di formaldeide.
98. Dispositivi di Protezione Individuale
Filtrante Facciale Antipolvere con valvola
Particolare del codice colore di alcune ditte
In questo caso CELESTE = FFP2
99. Dispositivi di Protezione Individuale
Filtrante Facciale Antipolvere con valvola
Particolare del codice colore di alcune ditte
In questo caso ROSSO = FFP3
100. Dispositivi di Protezione Individuale
Filtrante Facciale Antipolvere con valvola
mod. FFP2 (piegata)
101. Dispositivi di Protezione Individuale
Filtrante Facciale Antipolvere con valvola
mod. FFP2 (aperta)
107. Dispositivi di Protezione Individuale
Respiratore facciale antipolvere classe FFP1 con
filtrante a carbone attivo idoneo per ridotte esposizioni a
vapori di formaldeide a basse concentrazioni
108. Dispositivi di Protezione Individuale
Respiratore facciale antipolvere classe FFP1 con
filtrante a carbone attivo idoneo e valvola per ridotte
esposizioni a vapori di formaldeide a basse
concentrazioni
109. Dispositivi di Protezione Individuale
Respiratore
facciale
antipolvere classe
FFA1P2
Adatto per
esposizioni non
prolungate a
vapori di
formaldeide
110. Dispositivi di Protezione Individuale
Respiratore
facciale
antipolvere
modello 6000 con
filtri specifici per
esposizioni
prolungate a
vapori di
formaldeide
111. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezioni Oculari
1. Occhiali : proteggono da
resistenza aumentata (es. vento) o
basse forze d’urto (es. urto con
insetti) (gli occhiali da vista e da
sole rientrano in questa classe)
112. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezioni Oculari
2. Schermi Oculari : hanno
funzione analoga a quella degli
occhiali, unica differenza è che
alcuni sono predisposti per essere
indossati al di sopra di altri
occhiali non protettivi (es.
maschera da sala operatoria con
114. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezioni Oculari
3. Occhiali di Protezione :
progettati per sostenere forze
d’urto di velocità bassa e media,
sono dotati di paratie al corpo ed
alle stanghette per attuare un grado
di protezione maggiore rispetto ai
normali occhiali, le lenti possono
essere separate come gli occhiali o
costituire un insieme unico (come
117. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezioni Oculari
3. Visiere e schermi : sono
progettati per proteggere gli occhi
ed il volto da forze d’urto di media
ed alta velocità, hanno solitamente
una buona protezione per spruzzi
di liquidi, mentre non proteggono
dalle polveri.
118. Dispositivi di Protezione Individuale
Schermo con visiera
(questo particolare
tipo è talvolta
utilizzato anche nelle
attività sanitarie)
120. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezioni Oculari
CAMPI DI APPLICAZIONE E
MARCATURA
La normativa cui si fa riferimento
per la marcatura di questi D.P.I. è la
EN 166 che detta le applicazioni di
standard secondo le tabelle di seguito
allegate:
121. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezioni Oculari
Caratteristiche Metri / Secondo Contrassegno di
d’urto marcatura
Aumento di 12 S
sollecitazione
Urto di bassa 45 F
intensità
Urto di media 120 B
intensità
Urto di alta intensità 190 A
122. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezioni Oculari
Caratteristiche ottiche Contrassegno di
marcatura
Classe ottica 1 1
Classe ottica 2 2
Classe ottica 3 (non idonea per uso 3
prolungato)
Resistenza ad abrasione prodotta da K
particelle fini
Resistenza all’appannamento N
123. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezioni Oculari
Campo di Applicazione Contrassegno di
marcatura
Goccioline e spruzzi liquidi 3
Particelle di polvere grosse 4
Gas e particelle di polveri fini 5
Arco elettrico a cortocircuito 8
Metallo fuso e solidi incandescenti 9
124. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezioni Oculari
Funzione dei filtri Contrassegno di marcatura
Identificativo filtro Scala
Filtro per saldatura da 1.2 a 16
/
Filtri per ultravioletti da 1.2 a 1.4
(che possono
influire sul riconoscimento dei colori )
2
Filtri per ultravioletti da 1.2 a 10
( che garantiscono buon riconoscimento
3
dei colori )
Filtro per infrarossi da 1.2 a 4.1
4
Filtro solare antiabbagliante da 1.1 a 4.1
( senza funzione infrarossi )
5
Filtro solare antiabbagliante da 1.1 a 4.1
( con funzione infrarossi )
6
I contrassegni di marcatura delle lenti sono composti dall’identificativo
del filtro seguito dal numero di scala relativo
125. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezioni Oculari
Tuttora molti dei dispositivi che si trovano in
commercio non riportano le diciture appropriate; inoltre
occorre considerare che se l’oculare e la montatura
riportano caratteristiche diverse, l’insieme deve essere
interpretato come la categoria più bassa tra quelle
trascritte sul D.P.I. di protezione oculare.
128. Dispositivi di Protezione Individuale
Occhiali con scarsa protezione (soprattutto laterale) e
difficoltà nell’ indossarli al di sopra degli occhiali da vista
129. Dispositivi di Protezione Individuale
Protezioni Oculari (precauzioni)
- quando li trasportiamo non devono essere messi in tasca insieme ad oggetti
(chiavi, penne) che possono graffiare la superficie delle lenti ;
- non devono essere schiacciati o riposti con pesi, anche modesti, che gravino a
lungo sulla struttura ;
- sebbene siano costruiti con materiali plastici stabilizzati non soggetti ad
invecchiamento eccessivo se sottoposti a raggi u.v., una eccessiva esposizione a
fonti di calore (davanzali assolati durante la stagione estiva o termosifoni in
quella invernale), può deformare la montatura e screpolare la vernice antigraffio;
- possono essere puliti con acqua e detergente neutro o prodotto adatto per la
pulizia delle lenti, nel caso debbano essere disinfettati occorre usare un
disinfettante non molto aggressivo (es. clorexidina in soluzione saponosa per
lavaggio mani);
- prima dell’uso verificare che il D.P.I. di protezione oculare sia integro e non
graffiato, se no occorre cambiarlo (considerate comunque che la maggior parte
dei costruttori considera che il loro prodotto possa avere una vita media di tre
anni se adeguatamente trattato).