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Il rischio biologico
          •
              approfondimenti
Modalità di esposizione al rischio:
          l’infortunio biologico
   Una delle modalità di
esposizione al rischio è
rappresentata
dall’esposizione cutanea,
mucosa o parenterale a
materiali organici
potenzialmente contenenti
microorganismi (materiali
biologici, sangue ecc.):
infortunio biologico
Finalità della segnalazione

•
    Tutela medico-legale

•
    Follow-up sierologico

•
    Profilassi post-esposizione

•
    Valutazione epidemiologica
Registrazione degli eventi
 I dati relativi agli infortuni
debbono essere registrati

    I dati possono
successivamente essere
analizzati con software
statistici.
Finalità della Profilassi
   Post Esposizione

   •
       Prevenire o
       comunque ridurre il
       rischio di infezione
       occupazionale (HBV,
       HIV, ecc).
Profilassi per HIV, HBV, HBC e
               TBC


   Cosa fare (tempo 0 ed inizio profilassi
  terapia
   Chi fa (di norma il mc)
   Quando: attenzione al rischio HIV: max
  4 ore dall’esposizione
Le cause potenziali degli
        infortuni biologici

La mancanza o inadeguatezza di:
    Formazione
    Procedure
    Dispositivi
    Carichi di lavoro
    Cultura della sicurezza
In un anno avvengono 100mila
          esposizione percutanee…
Gli infermieri
                         Presidi più frequentemente associati alle lesioni ss ionali
                          Espos izioni ne lle dive rse cate gorie profe percutanee
sono i più
colpiti                   50%
                                                                                   Infermieri

                          40%                                                      Medici
Gli aghi a                 9%
                          30%
                                      4%
                   10%
farfalla          2%      20%                                                      Tec. Lab.

primeggiano               10%
                                                                                   Peronale form.
                            0%                                   58%
come causa di      17%           Siringhe Aghi a        Cateteri Aghi          Altro
                                 monouso farfalla        intrav. prelievo          Ausilari/Add. pulizia
incidenti che                                                     sottov.
coinvolgono                Dis pos itivi pieni di s angue
                                                                                   Altro
                                                            Dis pos itivi non pieni di s angue
                                                                                           SIROH-EPINET:SIROH
                                                                                                   Dati 1997-99
aghi cavi pieni
di sangue
Mancata segnalazione degli eventi

•
    Francia 50-70%
•
    Italia 30-40%
•
    Giappone 79-85%
•
    Stati Uniti 40-42%
EVOLUZIONE

•
    HBV    anni ’70

•
    HIV    anni ’80

•
    HCV    anni ’90

•
     ?     anni
    2000
La Sorveglianza Sanitaria negli
       operatori sanitari esposti a RB
•
    CAPO III SORVEGLIANZA SANITARIA
•


•
    Art. 279.
•
    (Prevenzione e controllo)
•
    1. Qualora l’esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità i
    lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza
    sanitaria di cui all’articolo 41.
•
    2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,
    adotta misure protettive particolari per
•
    quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si
    richiedono misure speciali di
•
    protezione, fra le quali:
•
    a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che
    non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione,
    da somministrare a cura del medico competente;
•
    b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure
    dell’articolo 42.
•
    3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori
    esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di anomalia
    imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il
    datore di lavoro.
•
    4. A seguito dell’informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro
    effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all’articolo
    271.
•
    5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni
    sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi
    ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che
    comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici
    individuati nell’allegato XLVI nonché sui vantaggi ed inconvenienti
    della vaccinazione e della non vaccinazione.
•
Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
            negli operatori sanitari esposti a RB
•
    clinico-preventivi
     –
         contribuire alla protezione e mantenimento dello stato di salute e di sicurezza dei
         lavoratori
     –
         valutare lo stato di salute generale e gli effetti sulla salute (sia patologie da lavoro o
         lavoro-correlate, sia patologie che, pur non essendo correlate alle attività lavorative,
         possono condizionare l’idoneità lavorativa)
     –
         programmare gli accertamenti clinici mirati ai rischi
     –
         identificare i soggetti ipersuscettibili
     –
         identificare necessità o opportunità per appropriate vaccinazioni
     –
         formulare una diagnosi clinica
     –
         formulare una diagnosi etiologica
     –
         indirizzare il lavoratore verso un appropriato specialista per eventuali follow up e terapia
     –
         comunicare individualmente i risultati della SS e counselling del lavoratore
     –
         individuare patologie professionali
     –
         gestire gli infortuni lavorativi
     –
         gestire focolai epidemici
Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
     negli operatori sanitari esposti a RB
•
     medico-legali
     –
         certificazione, denuncia, referto per malattie
         professionali e infortuni sul lavoro
     –
         costituzione di una base di dati sanitari come
         riferimento (al “tempo zero”, ad esempio in occasione
         di accertamenti preventivi), per valutare o interpretare
         situazioni future
     –
         rispetto di confidenzialità e riservatezza
     –
         rapporti con autorità sanitarie locali e nazionali,
         autorità giudiziarie, istituti assicuratori
Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
 negli operatori sanitari esposti a RB
•
    formulazione e gestione del giudizio di
    idoneità lavorativa
    –
        in fase di assunzione, cambio mansione,
        accertamenti periodici e straordinari
    –
        reinserimento/ricollocazione lavorativa (in
        relazione a stato di patologia, condizione di
        portatore, effettuazione di chemioprofilassi o
        terapia), in collaborazione con il datore di
        lavoro o suoi delegati
Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
     negli operatori sanitari esposti a RB
•
     epidemiologici
     –
         raccogliere ed elaborare in forma consultabile i dati
         sanitari individuali e di gruppo, per la costituzione di
         un osservatorio epidemiologico ad hoc
     –
         monitorare la prevalenza ed incidenza di infortuni e
         patologie da lavoro
     –
         identificare e valutare eventi sentinella
     –
         valutare l’adeguatezza della VdR
     –
         valutare l’efficacia ed il costo/beneficio della SS
Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
 negli operatori sanitari esposti a RB
•
    valutazione del rischio
    –
        coadiuvare nell’identificazione e caratterizzazione dei
        fattori di rischio
    –
        valutare gli effetti dell’esposizione ai fini della stima
        del rischio
Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria
     negli operatori sanitari esposti a RB
•
    informazione e formazione
    –
        organizzazione delle attività di informazione e formazione, prima
        dell’esposizione al fattore di rischio e con richiami periodici
    –
        educazione generale sui rischi per la salute e sulla loro prevenzione
    –
        informazione e formazione mirata ai rischi nel singolo ambiente di lavoro
    –
        stabilire un adeguato rapporto di fiducia con il lavoratore
    –
        valutare la compliance verso le misure tecniche, organizzative e
        procedurali di carattere preventivo
    –
        comunicazione sui rischi e sul significato e risultati della SS per lavoratori,
        datore di lavoro e delegati (individuale o per gruppi)
    –
        counselling post-infortunio, post-infezione/malattia, post-esposizione a
        RB
La Sorveglianza Sanitaria negli
      operatori sanitari esposti a RB
•
    Accertamenti preventivi

•
    Accertamenti periodici

•
    Accertamenti straordinari a seguito di
    esposizioni professionali (profilassi post-
    esposizione)
Esperienza dell’AOUP: Sorveglianza
        sanitaria ed epidemiologica
•
     Sorveglianza sanitaria e registrazione dei
     dati sanitari degli esposti: la cartella
     sanitaria asped2000

•
     Registrazione degli eventi infortunistici
     asped infortuni biologici
INFEZIONI A TRASMISSIONE
         PARENTERALE :


•
    EPATITE B
•
    EPATITE C
•
    HIV
L’ EPATITE B

•   E’ dovuta ad un virus a DNA ad alta infettività; le
    vie di trasmissione più importanti sono
•   quella parenterale o percutanea (attraverso
    tagli, punture, trasfusioni, emoderivati);
•   quella sessuale (attraverso lesioni delle mucose
    genitali, lesioni della mucosa orale);
•   quella materno-fetale e quella perinatale (al
    momento del parto).
IL RISCHIO PROFESSIONALE
 RISULTA MAGGIORE QUANDO VI
 È DA PARTE DELL’ OPERATORE:

•
    UNA LESIONE PROFONDA;

•
    UNA CONTAMINAZIONE MASSIVA A
    LIVELLO CONGIUNTIVALE;

•
    SANGUE SUL MEZZO LESIVO.
VIRUS DELL’EPATITE B
•   Virus a DNA con involucro molto resistente

•   infettività resiste per 6 mesi a
    temperatura ambiente e per 4 ore a 60 °C

•   alte concentrazioni del virus: saliva, bile,
    secreto nasofaringeo, latte materno, sperma,
    secreto vaginale
I PORTATORI ASINTOMATICI DEL
               VIRUS


•
    svolgono un ruolo importante. Questo
    virus risulta stabile nel plasma o nel
    siero e può sopravvivere in diverse
    condizioni di temperatura ed umidità.
    Pertanto sono sufficienti minime
    tracce di sangue per rendere
    contagianti i vari liquidi biologici.
È stato valutato che:

•
    il rischio di contrarre l’epatite B per una singola
    esposizione accidentale sia compreso tra il 2 ed il 40%,
    tenuto conto dello stato HbeAg positivo o negativo del
    soggetto fonte di infezione;

•   In coloro che hanno contratto l’infezione, la quasi totalità
    guarisce completamente;

•   una minima parte (5-10%) diviene portatore cronico del
    virus;

•   in quest’ultima un quarto può sviluppare un’epatite cronica
    attiva che successivamente può evolvere in cirrosi epatica
    e carcinoma epatocellulare;

•   una piccolissima percentuale, lo 0,5-1% di questi soggetti, va
    incontro ad epatite acuta fulminante che per lo più è a
    decorso mortale.
L’ EPATITE C
•
    L’epatite C è determinata da un virus a RNA
    la cui trasmissione avviene principalmente
    per via parenterale, altre vie sono quella
    perinatale e sessuale, quest’ultime però meno
    efficienti.

•
    In passato era molto frequente la trasmissione
    post-trasfusionale, oggi questo rischio si è
    notevolmente ridotto in seguito allo screening
    per la ricerca dell’anticorpo anti-HCV.
DECORSO CLINICO EPATITE
          C
•
     Oltre la metà dei soggetti affetti da epatite
    acuta post-trasfusionale potrà contrarre una
    forma cronica e tra essi un quarto potrà
    andare incontro ad una cirrosi epatica. In
    taluni soggetti affetti da epatite cronica e
    cirrosi si può sviluppare un carcinoma
    epatocellulare.
•
    Per quanto riguarda il decorso clinico, quello
    dell’epatite C è alquanto variabile.
VIRUS DELL’EPATITE C
•
    Virus con involucro
    lipopolisaccaridico a RNA

•
    inattivato dal calore secco a
    60°C

•
    alquanto resistente
    nell’ambiente esterno
HIV
•   È estremamente labile nell’ambiente
    esterno, rapidamente inattivato da
    agenti fisici e chimici

•   Ha una infettività 20 volte inferiore a
    quella del virus dell’epatite B, di cui
    condivide le modalità di trasmissione
IL VIRUS HIV
•
    IL VIRUS HIV responsabile
    della sindrome
    dell’immunodeficienza
    acquisita è un virus a RNA, in
    genere poco resistente
    all’ambiente esterno.
•
    Tale virus è presente nelle
    secrezioni e nei liquidi
    corporei; infatti il sangue, il
    liquido seminale, le secrezioni
    vaginali sono fondamentali per
    la trasmissione di questo virus,
    ricordando tuttavia che
    teoricamente da tutti i liquidi
    contenenti linfociti infetti può
    derivare un potenziale contagio.
RISCHIO DI CONTATTO Virus
             ematogeni
Il rischio di contatto dipende:

a) dalla prevalenza
   dell’infezione nella
   popolazione (cioè dai soggetti
      infettanti nella
   popolazione);

b) dal tipo di attività espletata;

c) dalle misure di prevenzione
Sieropositività tra i pazienti ospedalizzati

•   Prevalenza HBV 2 %

•   Prevalenza HCV 4 %

•   Prevalenza HIV      1%
Sieropositività tra i pazienti dei
         reparti di emodialisi

•   Prevalenza HBV 5-10 %

•   Prevalenza HCV 25-40 %
Sieropositività tra i pazienti di
          malattie infettive



•   Prevalenza HIV 30-70%
•
    Infezioni a trasmissione per via respiratoria
DA TBC PER GLI

OPERATORI SANITARI
IL MICOBACTERIUM
              TUBERCOLOSIS

•   Il bacillo tubercolare (o Bacillo di Kock) è un
    batterio Gram positivo acido-alcol resistente
IL MICOBACTERIUM
              TUBERCOLOSIS

•   La tbc si diffonde da soggetto a soggetto
    attraverso i droplets (tosse,starnutazioni)

•   I droplets rimangono sospesi nell’aria per
    parecchie ore secondo il tipo di ambiente
Procedure diagnostico-terapeutiche ad
     alto rischio di generazione di aerosol
•Broncoscopia
•Intubazione endotracheale


•Aspirazione delle secrezioni


respiratorie
•Contatto stretto in occasione


di un accesso parossistico di
tosse
•Somministrazione di


aerosolterapie
RISCHIO DI CONTRARRE LA
       MALATTIA
•   Il rischio di contrarre la malattia
    dipende:

•   a) dalla carica infettante;

•   b) dalla suscettibilità del soggetto.
IL MICOBACTERIUM
TUBERCOLOSIS
Chi sono gli esposti?
IN PASSATO :
• Operatori di malattie infettive, pneumologia,
  anatomia patologica, microbiologia..

ATTUALMENTE
• Maggiormente esposti operatori di unità chirurgiche,
  di terapia intensiva e PS

  –   IMPORTANZA CRITICA DI UN CORRETTO TRIAGE
VALUTAZIONE DEL RISCHIO TBC
 •   caratt. Epidemiologiche della TB nel
     bacino di Utenza

 •   numero di casi contagiosi assistiti/anno

 •   risultati analisi delle cuticonversioni
     tubercoliniche tra gli operatori
RISCHIO DI CONTAGIO TBC
•   Popolazioni in studio           Incidenza
                                   annuale
•   O.S. di malattie infettive con
     pz. HIV pos. e TBC           0,8%
•   O.S. di pneumologia
    con pz. con TBC                   0,3%
•   Popolazione generale              0,0033%
Obblighi del datore di lavoro
•
  Valutazione del rischio
•
  Attuazione misure tecniche, organizzative,
  procedurali e igieniche, per evitare ogni
  esposizione degli stessi ad agenti biologici.
•
  Messa a disposizione dei DPI
•
  Informazioni e formazione
•
  Sorveglianza sanitaria preventiva, periodica
  e post-esposizione, profilassi vaccinale.
VACCINAZIONI

E’ compito del Medico Competente:
•
  Prescrivere vaccini efficaci per i lavoratori non immuni
•
  Informare i lavoratori circa vantaggi ed inconvenienti sia della
  vaccinazione che della non vaccinazione

                      Linee guida SIMLII-ISPESL
RACCOMANDATE PER TUTTI GLI                 RACCOMANDATE IN CASI
           OS                                   PARTICOLARI
                HBV                                    TBC
    Morbillo, Parotite, Rosolia                        HAV
             Varicella                                 Tifo
             Influenza
      La vaccinazione non deve essere considerata come alternativa
   a misure di contenimento ma come una misura di sicurezza ulteriore
Prevenzione HBV

•
    Vaccinazione con DNA ricombinante (0 - 1 - 6 mesi)

In caso di esposizione accidentale:
•
   Vaccinazione con schedula rapida (0 - 1 - 2 mesi ed
   eventuale 4° dose dopo 6/12 mesi dalla 3° dose)
•
   Immunoglobuline (sec. paziente fonte)
VACCINAZIONI

    Raccomandazione:
       promuovere l’offerta attiva della vaccinazione anti
    -HBV tranne quando controindicata (soggetto
    immune) perché il vaccino è molto efficace e induce
    immunità specifica a lungo termine
•
      media nazionale 65%
    •
       Nord 77,6%
    •
       Centro 67,7%
    •
       Sud 44,5%
Lavaggio mani        Decontaminazione
                                  strumenti



                     PRECAUZIONI
Tutti i pazienti
                      STANDARD
potenzialmente
     infetti

                                    Contenitori
                                    per raccolta
                      D.P.I.
                      N.P.D.
Dispositivo per prelievi ed infusioni
 con sistema di sicurezza integrato
     Figura 1              Figura 2




                Figura 3
Dispositivi di protezione integrati
Ago per prelievo multiplo


                            ü
                                Dispositivi di tipo attivo e
                                passivo

                            ü
                                Il meccanismo di protezione
                                deve poter essere applicabile
                                con una sola mano

                            ü
                                L’operatore deve operare sempre
                                con le mani in posizione
                                arretrata rispetto all’ago

                            ü
                                Il meccanismo di protezione è
                                integrato nel dispositivo
Siringa monouso con sistema di
      sicurezza integrato
 Figura 1               Figura 2




            Figura 3
Dispositivi di protezione integrati
                      Ago di sicurezza per prelievo arterioso




ü
    Il dispositivo di sicurezza è di facile e pratico utilizzo

ü
    Il dispositivo di sicurezza è sicuro ed efficace nei riguardi del paziente
Dispositivi
    di
Protezione
Individuale
D.P.I.
                                           D.Lgs. 81/2008 art. 74
DEFINIZIONE

                       ….....qualsiasi attrezzatura
                            destinata ad essere
                          indossata e tenuta dal
                         lavoratore allo scopo di
                             proteggerlo contro

                             uno o più        rischi
      suscettibili di minacciarne la salute
        e la sicurezza durante il lavoro
 nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo
Sono invece esclusi:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non
specificamente destinati a proteggere la sicurezza e
la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di
salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle
forze armate, delle forze di polizia e del personale
del servizio per il mantenimento dell'ordine
pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie
dei mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini
specificamente sportivi e non per attivita' lavorative;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare
rischi e fattori nocivi.
D.Lgs. 81/2008 art. 18 c.1 lett. d)
OBBLIGHI
                   Il Datore di Lavoro
                       e i Dirigenti


                       devono fornire
                        ai lavoratori
      i necessari e idonei
 Dispositivi di Protezione Individuale
sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il
                 medico competente, ove presente
Obblighi generali
I dispositivi di protezione individuale «(DPI) devono
essere impiegati quando i rischi non possono essere
evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche
di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da
misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione
del lavoro.» (art. 75 c. 1 D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81): è
perciò obbligatoria la loro adozione solo per far fronte
ai rischi residui altrimenti irriducibili con misure
tecnico-organizzative.
articolo 77 del D.Lgs. n. 81/2008:
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non
possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie
affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla
lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti
di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
articolo 77 del D.Lgs. n. 81/2008:

c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme
d'uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le
caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le
raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una
variazione significativa negli elementi di valutazione.
4. Il datore di lavoro:
a)   mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni
     d’igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le
     sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni
     fornite dal fabbricante;

b)   provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi
     previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente
     alle informazioni del fabbricante;

c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze
richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende
misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema
sanitario e igienico ai vari utilizzatori;

e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI
lo protegge;

f) rende disponibile nell’azienda ovvero unità produttiva
Il responsabile SPP e il medico competente, meglio se
coinvolgono il RLS, hanno poi il compito di predisporre ed
attuare il programma per informare e formare i lavoratori
sulle ragioni che hanno portato all'uso di questi mezzi, sul loro
uso coretto e sulla giusta manutenzione. E' infine necessario
che il datore di lavoro preveda anche momenti di verifica e
controllo da parte dei dirigenti e preposti sulla corretta
applicazione delle direttive aziendali sui DPI anche attraverso
l'uso di strumenti disciplinari
Il DPI deve essere IDONEO
L’ INDIVIDUAZIONE
     e la SCELTA del DPI

“NECESSARIO” e “IDONEO”
     È diretta conseguenza
          della fase di
Analisi e Valutazione dei Rischi
          “RESIDUI”
L’ IDONEITA’ del DPI
 È strettamente legata al conferimento
     da parte del Fabbricante dei:

“Requisiti essenziali di
salute e di sicurezza”

       Previa verifica da parte
dell’UTILIZZATORE che i “requisiti”
 siano adeguati ai PROPRI RISCHI
Ricordando che la legge stabilisce che
    il DPI deve essere:

“Idoneo” ai rischi,
“Adattato alle esigenze del lavoratore”,
“Non essere a sua volta fonte di
rischio”, ecc.

 ne deriva che, in fase di scelta, venga
 coinvolto il lavoratore stesso o il suo RLS e,
 se del caso, il MEDICO COMPETENTE
REQUISITI
                            i   D.P.I   devono possedere i:
(D.Lgs. 81/2008 art.76)

“Requisiti Essenziali di Salute e Sicurezza”
                         inoltre devono:
          essere adeguati ai rischi da prevenire, senza
          comportare un rischio maggiore
          essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di
          lavoro
          tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute
          del lavoratore
          poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue
          necessità
          essere compatibili tra di loro in caso di rischi multipli
Oltre al rispetto delle prescrizioni legislative (documentazione,
marcatura e certificazione CE) e dei requisiti indicati nell’Art.
76 del D. Lgs. 81/2008, vanno verificati anche altri
requisiti che si possono riassumere in:
                REQUISITI FUNZIONALI
 Le caratteristiche del dispositivo devono essere tali da:
essere in grado di neutralizzare il rischio specifico (deve essere
concepito in modo da poter annullare o almeno ridurre il più
possibile, la probabilità di infortunio per la parte protetta);
non limitare le funzioni operative (deve essere progettato in
modo che, pur mantenendo inalterate le caratteristiche
protet-tive, vengano limitate il meno possibile le capacità
lavorative); tollerato e accettato dal lavoratore e costruito in
essere ben
modo che in nessun caso possa essere fonte di disagio;
essere resistente e duraturo;
essere economico (nei limite del possibile).
REQUISITI dei MANUFATTI
 Oltre ai requisiti funzionali, il DPI deve rispondere alle
 seguenti esigenze:
idoneità specifica all'uso cui sono destinati valutando la effettiva
capacità protettiva nei confronti dei rischi da prevenire (criteri di
efficacia);
adattabilità alla persona, buona sopportabilità e confort, in modo
da consentirne l'uso senza eccessivo disagio in relazione alle
modalità e al tempo di impiego (criteri ergonomici);
adeguata solidità e resistenza agli agenti specifici, alle
sollecitazioni meccaniche, agli agenti corrosivi ecc. in relazione
alle modalità di impiego (criteri di efficienza e di economia);
semplicità di confezione e, più in generale, facilità di poter
effettuare le operazioni di pulizia previste, la manutenzione e
l'eventuale disinfezione o bonifica (criteri igienici e funzionali);
REQUISITI dei MANUFATTI
assenza di elementi o parti che possano costituire pericolo per
l’operatore;

facilità di impiego (es. semplicità di indosso e rapidità nel toglierlo
in caso di necessità);

se del caso, colorazioni appropriate per una corretta
identificazione o per evidenziare, per esempio, la presenza sul
dispositivo di sostanze pericolose;

foggia esteticamente gradevole e colori appropriati anche per
ragioni di buona visibilità (ad esempio gli indumenti per gli
operatori di squadre di emergenza o per i lavoratori impegnati in
orario notturno) oppure per ottenere il massimo contrasto rispetto
a sostanze nocive da cui ci si deve proteggere (criteri di migliore
accettabilità e di funzionalità).
D.Lgs. 475/92                       art. 4




  Il FABBRICANTE ha l’OBBLIGO di
dimostrare il possesso dei “REQUISITI
    ESSENZIALI DI SALUTE E DI
              SICUREZZA”
Tale dimostrazione si concretizza con
l’apposizione della marcatura


sul dispositivo stesso
D.Lgs. 475/92       CATEGORIE             art. 4


Il D.Lgs. 475/92 (D.E. 89/686/CEE) prescrive
    che TUTTI i DPI siano soggetti ad una
   procedura di certificazione che dimostri il
                 possesso dei

“Requisiti essenziali di salute e di sicurezza”

 Per questo scopo i DPI sono stati suddivisi in
    TRE categorie in funzione del TIPO di
   RISCHIO dal quale ci si deve proteggere
Categorie DPI
•
    I categoria: rischio lieve (autocertificata dal
    produttore)

•
    II categoria: rischio significativo per occhi,
    mani, viso ecc., certificato da organismo di
    controllo

•
    III categoria: vie respiratorie e protezione
    da agenti chimici aggressivi, certificato da
    organismo di controllo
D.Lgs. 475/92


      L’ORGANISMO DI CONTROLLO
     (o “ORGANISMO NOTIFICATO”)
   ha l’OBBLIGO di verificare il possesso
     dei REQUISITI ESSENZIALI DI
         SALUTE E DI SICUREZZA

   Ad esito positivo della verifica, rilascia
     l’”ATTESTATO DI CONFORMITA’”
ai requisiti essenziali di salute e di sicurezza
D.Lgs. 475/92
             L’ORGANISMO DI CONTROLLO
                      opera solamente
nel caso di DPI che appartengono (secondo il D.Lgs. 475/92)
                alla 2^ e 3^ CATEGORIA




  Non ha alcuna autorità per i DPI di   1^ CATEGORIA
MARCATURA di CONFORMITA’

           MARCATURA
           a partire dal 1.1.1997   (DLgs n° 10 del 2.1.1997)




     1^          2^                              3^
     cat         cat                             cat

                                             000
                                             0
                                            n° di riconoscimento
                                               dell’organismo
                                                  notificato
Dispositivi di Protezione Individuale
      Protezione delle vie respiratorie
1. La mascherina chirurgica è omologata con
 marcatura CE perché “ presidio medico chirurgico”
 in conformità con la Direttiva Europea 93/42/CEE,
 ha lo scopo di proteggere l’ambiente ed i pazienti
 dall’aerosol prodotto dall’operatore che la indossa;
 non può perciò essere considerata in alcun modo
 mezzo di protezione individuale per le vie
 respiratorie, l’unica azione che svolge è quella
 meccanica      proteggendo il volto dell’operatore
 sanitario da contaminazione accidentale di materiale
 biologico o chimico, ma anche in questo caso occorre
 rimuoverla prontamente quando è contaminata.
Dispositivi di Protezione Individuale
       Protezione delle vie respiratorie
2. La mascherina igienica ha di solito forma a
conchiglia, presenta un solo elastico per fissarla alla
testa ed ha un barretta metallica per adattare la sua
forma al naso di chi la indossa serve anch’essa per
proteggere il prodotto o l’alimento che si sta
manipolando; non necessita di marcatura CE e qualora
la riporti essa indica la conformità della mascherina
stessa al suo ciclo produttivo; anche per questa valgono
le stesse osservazioni già riportate per la mascherina
chirurgica.
Dispositivi di Protezione Individuale
        Protezione delle vie respiratorie
3. I respiratori isolanti (indipendenti dall’atmosfera
dell’ambiente dove l’operatore che li indossa svolge la
sua attività), vengono utilizzati dove la concentrazione
dell’ossigeno è al di sotto del 17% (valore stabilito dal
CEN che è l’Ente Europeo di Normazione), oppure in
presenza di contaminanti la cui concentrazione o
pericolosità non può essere annullata attraverso
l’utilizzo di respiratori a filtro; sono costituiti da sistemi
autonomi simili a quelli dei sommozzatori subacquei o
da sistemi non autonomi con collegamento esterno
simile a quello del casco del palombaro, non vengono
utilizzati nelle ordinarie attività sanitarie mentre sono a
corredo della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco.
Dispositivi di Protezione Individuale
     Protezione delle vie respiratorie
4. I respiratori filtranti (dipendenti dall’atmosfera
dell’ambiente dove l’operatore che li indossa svolge la
sua attività), sono costituiti da sistemi filtranti di varia
forma e dimensione, che possono coprire solo una parte
del viso od anche tutto il volto e che filtrano l’aria
circostante all’ operatore depurandola dall’agente
inquinante per cui sono state realizzate (polveri, fibre,
fumi , nebbie ,gas o vapori). Vengono utilizzati come
dispositivi individuali di protezione per le vie
respiratorie respiratori filtranti che coprono la bocca ed
il naso e contrassegnati con le sigle FFP1 FP2 ed FFP3.
Dispositivi di Protezione Individuale
       Protezione delle vie respiratorie
La sigla FFP è l’acronimo di Filtrante Facciale anti Polvere; questa
sigla che ritroviamo all’interno della normativa europea EN 149
(modificata nell’anno 2001 come EN149:2001) descrive il potere
filtrante dei materiali con cui vengono confezionati i respiratori
facciali ed in particolare li distingue come la tabella di seguito
elencata:

           Classe            Efficienza Filtrante
                               Totale Minima
           FFP1                     78 %
           FFP2                       92%
           FFP3                       98 %
Dispositivi di Protezione Individuale
    Protezione delle vie respiratorie
I filtranti facciali possono essere dotati di valvola
espiratoria che favorisce l’espulsione del vapore acqueo
emesso con la respirazione, migliorando il confort
dell’operatore senza pregiudicare l’attività filtrante
dell’insieme;
Dispositivi di Protezione Individuale
        Marcatura F.F.P. EN149:2001
Dispositivi di Protezione Individuale
     Protezione delle vie respiratorie
nPer quanto riguarda la protezione da rischio di
infezioni a trasmissione aerea si può considerare
adeguato l’utilizzo di un respiratore di classe FFP2
attuando le ordinarie attività assistenziali sanitarie in
presenza di paziente con sospetta o manifesta infezione
da SARS, HIV, TBC, ANTRACE;
nqualora invece vengano attuate particolari procedure
a rischio che possono aumentare l’aerosolizzazione delle
secrezioni respiratorie (broncoscopie, broncolavaggi,
induzione dell’espettorato su pazienti infetti) è
raccomandabile l’utilizzo di respiratori in classe FFP3.
Dispositivi di Protezione Individuale
     Protezione delle vie respiratorie
Per quanto riguarda il rischio da contaminazione
ambientale chimica durante la manipolazione di farmaci
antiblastici è consigliabile utilizzare un respiratore di
classe FFP2 durante tutte le fasi legate alla
preparazione, alla ricostituzione di farmaco liofilo, ed
alla riduzione di dose, nonché in caso di procedure di
sanificazione a seguito di contaminazione accidentale
ambientale.
E’ da considerarsi inadeguato l’utilizzo di filtranti
facciali FFP2 ed FFP3 in presenza di vapori di
glutaraldeide e di formaldeide.
Dispositivi di Protezione Individuale
    Filtrante Facciale Antipolvere con valvola
Dispositivi di Protezione Individuale
   Filtrante Facciale Antipolvere con valvola
   Particolare del codice colore di alcune ditte
        In questo caso CELESTE = FFP2
Dispositivi di Protezione Individuale
   Filtrante Facciale Antipolvere con valvola
   Particolare del codice colore di alcune ditte
         In questo caso ROSSO = FFP3
Dispositivi di Protezione Individuale
    Filtrante Facciale Antipolvere con valvola
               mod. FFP2 (piegata)
Dispositivi di Protezione Individuale
    Filtrante Facciale Antipolvere con valvola
               mod. FFP2 (aperta)
Dispositivi di Protezione Individuale
   Filtrante Facciale Antipolvere senza valvola
Dispositivi di Protezione Individuale
      Altri tipi di F.F.P. con valvole diverse
Dispositivi di Protezione Individuale
      Altri tipi di F.F.P. con valvole diverse
Dispositivi di Protezione Individuale
      Altri tipi di F.F.P. con valvole diverse
Dispositivi di Protezione Individuale
      Altri tipi di F.F.P. con valvole diverse
Dispositivi di Protezione Individuale
     Respiratore facciale antipolvere classe FFP1 con
filtrante a carbone attivo idoneo per ridotte esposizioni a
      vapori di formaldeide a basse concentrazioni
Dispositivi di Protezione Individuale
   Respiratore facciale antipolvere classe FFP1 con
filtrante a carbone attivo idoneo e valvola per ridotte
      esposizioni a vapori di formaldeide a basse
                    concentrazioni
Dispositivi di Protezione Individuale
   Respiratore
      facciale
antipolvere classe
     FFA1P2
    Adatto per
 esposizioni non
  prolungate a
     vapori di
   formaldeide
Dispositivi di Protezione Individuale

    Respiratore
       facciale
     antipolvere
modello 6000 con
filtri specifici per
     esposizioni
   prolungate a
      vapori di
    formaldeide
Dispositivi di Protezione Individuale
         Protezioni Oculari


1.    Occhiali : proteggono da
resistenza aumentata (es. vento) o
basse forze d’urto (es. urto con
insetti) (gli occhiali da vista e da
sole rientrano in questa classe)
Dispositivi di Protezione Individuale
         Protezioni Oculari


2.    Schermi Oculari : hanno
funzione analoga a quella degli
occhiali, unica differenza è che
alcuni sono predisposti per essere
indossati al di sopra di altri
occhiali   non    protettivi   (es.
maschera da sala operatoria con
Dispositivi di Protezione Individuale
            Schermo Oculare
Dispositivi di Protezione Individuale
         Protezioni Oculari

3. Occhiali di Protezione :
progettati per sostenere forze
d’urto di velocità bassa e media,
sono dotati di paratie al corpo ed
alle stanghette per attuare un grado
di protezione maggiore rispetto ai
normali occhiali, le lenti possono
essere separate come gli occhiali o
costituire un insieme unico (come
Dispositivi di Protezione Individuale
  Occhiali di protezione con ventilazione indiretta
Dispositivi di Protezione Individuale
  Particolare delle valvole di ventilazione indiretta
Dispositivi di Protezione Individuale
         Protezioni Oculari

3. Visiere e       schermi : sono
progettati per proteggere gli occhi
ed il volto da forze d’urto di media
ed alta velocità, hanno solitamente
una buona protezione per spruzzi
di liquidi, mentre non proteggono
dalle polveri.
Dispositivi di Protezione Individuale

Schermo con visiera
 (questo particolare
    tipo è talvolta
utilizzato anche nelle
  attività sanitarie)
Dispositivi di Protezione Individuale
      Schermo con visiera (vista dall’alto)
Dispositivi di Protezione Individuale
          Protezioni Oculari
  CAMPI DI APPLICAZIONE E
       MARCATURA
La normativa cui si fa riferimento
per la marcatura di questi D.P.I. è la
EN 166 che detta le applicazioni di
standard secondo le tabelle di seguito
allegate:
Dispositivi di Protezione Individuale
                  Protezioni Oculari
    Caratteristiche       Metri / Secondo   Contrassegno di
        d’urto                                marcatura


     Aumento di                 12                S
    sollecitazione

    Urto di bassa               45                F
      intensità

    Urto di media              120                B
      intensità

 Urto di alta intensità        190                A
Dispositivi di Protezione Individuale
                   Protezioni Oculari
           Caratteristiche ottiche     Contrassegno di
                                         marcatura
 Classe ottica 1                             1
 Classe ottica 2                             2
 Classe ottica 3 (non idonea per uso         3
 prolungato)
 Resistenza ad abrasione prodotta da         K
 particelle fini
 Resistenza all’appannamento                 N
Dispositivi di Protezione Individuale
                    Protezioni Oculari
          Campo di Applicazione       Contrassegno di
                                        marcatura
Goccioline e spruzzi liquidi                3

Particelle di polvere grosse                4

Gas e particelle di polveri fini            5

Arco elettrico a cortocircuito              8

Metallo fuso e solidi incandescenti         9
Dispositivi di Protezione Individuale
                                Protezioni Oculari
          Funzione dei filtri                       Contrassegno di marcatura
                                             Identificativo filtro       Scala
Filtro per saldatura                                                  da 1.2 a 16
                                                      /
Filtri per ultravioletti                                              da 1.2 a 1.4
                              (che possono
influire sul riconoscimento dei colori )
                                                      2
Filtri per ultravioletti                                              da 1.2 a 10
 ( che garantiscono buon riconoscimento
                                                      3
dei colori )

Filtro per infrarossi                                                 da 1.2 a 4.1
                                                      4
Filtro solare antiabbagliante                                         da 1.1 a 4.1
( senza funzione infrarossi )
                                                      5
Filtro solare antiabbagliante                                         da 1.1 a 4.1
( con funzione infrarossi )
                                                      6
    I contrassegni di marcatura delle lenti sono composti dall’identificativo
                 del filtro seguito dal numero di scala relativo
Dispositivi di Protezione Individuale
               Protezioni Oculari

Tuttora molti dei dispositivi che si trovano in
commercio non riportano le diciture appropriate; inoltre
occorre considerare che se l’oculare e la montatura
riportano caratteristiche diverse, l’insieme deve essere
interpretato come la categoria più bassa tra quelle
trascritte sul D.P.I. di protezione oculare.
Dispositivi di Protezione Individuale
Occhiali di protezione (particolare della paratia superiore)
Dispositivi di Protezione Individuale
Particolare della stanghetta negli occhiali di protezione
Dispositivi di Protezione Individuale
  Occhiali con scarsa protezione (soprattutto laterale) e
difficoltà nell’ indossarli al di sopra degli occhiali da vista
Dispositivi di Protezione Individuale
               Protezioni Oculari (precauzioni)
- quando li trasportiamo non devono essere messi in tasca insieme ad oggetti
(chiavi, penne) che possono graffiare la superficie delle lenti ;
- non devono essere schiacciati o riposti con pesi, anche modesti, che gravino a
lungo sulla struttura ;
- sebbene siano costruiti con materiali plastici stabilizzati non soggetti ad
invecchiamento eccessivo se sottoposti a raggi u.v., una eccessiva esposizione a
fonti di calore (davanzali assolati durante la stagione estiva o termosifoni in
quella invernale), può deformare la montatura e screpolare la vernice antigraffio;
- possono essere puliti con acqua e detergente neutro o prodotto adatto per la
pulizia delle lenti, nel caso debbano essere disinfettati occorre usare un
disinfettante non molto aggressivo (es. clorexidina in soluzione saponosa per
lavaggio mani);
- prima dell’uso verificare che il D.P.I. di protezione oculare sia integro e non
graffiato, se no occorre cambiarlo (considerate comunque che la maggior parte
dei costruttori considera che il loro prodotto possa avere una vita media di tre
anni se adeguatamente trattato).
Dispositivi di
 Protezione
 Individuale
 Guanto in nitrile
(involucro esterno)
Dispositivi di
  Protezione
  Individuale
   Guanto in nitrile
(indossato sotto cappa)
Dispositivi di
 Protezione
 Individuale
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Rischio biologico approfondimento

  • 1. Il rischio biologico • approfondimenti
  • 2. Modalità di esposizione al rischio: l’infortunio biologico Una delle modalità di esposizione al rischio è rappresentata dall’esposizione cutanea, mucosa o parenterale a materiali organici potenzialmente contenenti microorganismi (materiali biologici, sangue ecc.): infortunio biologico
  • 3. Finalità della segnalazione • Tutela medico-legale • Follow-up sierologico • Profilassi post-esposizione • Valutazione epidemiologica
  • 4. Registrazione degli eventi I dati relativi agli infortuni debbono essere registrati I dati possono successivamente essere analizzati con software statistici.
  • 5. Finalità della Profilassi Post Esposizione • Prevenire o comunque ridurre il rischio di infezione occupazionale (HBV, HIV, ecc).
  • 6. Profilassi per HIV, HBV, HBC e TBC Cosa fare (tempo 0 ed inizio profilassi terapia Chi fa (di norma il mc) Quando: attenzione al rischio HIV: max 4 ore dall’esposizione
  • 7. Le cause potenziali degli infortuni biologici La mancanza o inadeguatezza di: Formazione Procedure Dispositivi Carichi di lavoro Cultura della sicurezza
  • 8. In un anno avvengono 100mila esposizione percutanee… Gli infermieri Presidi più frequentemente associati alle lesioni ss ionali Espos izioni ne lle dive rse cate gorie profe percutanee sono i più colpiti 50% Infermieri 40% Medici Gli aghi a 9% 30% 4% 10% farfalla 2% 20% Tec. Lab. primeggiano 10% Peronale form. 0% 58% come causa di 17% Siringhe Aghi a Cateteri Aghi Altro monouso farfalla intrav. prelievo Ausilari/Add. pulizia incidenti che sottov. coinvolgono Dis pos itivi pieni di s angue Altro Dis pos itivi non pieni di s angue SIROH-EPINET:SIROH Dati 1997-99 aghi cavi pieni di sangue
  • 9. Mancata segnalazione degli eventi • Francia 50-70% • Italia 30-40% • Giappone 79-85% • Stati Uniti 40-42%
  • 10. EVOLUZIONE • HBV anni ’70 • HIV anni ’80 • HCV anni ’90 • ? anni 2000
  • 11. La Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB • CAPO III SORVEGLIANZA SANITARIA • • Art. 279. • (Prevenzione e controllo) • 1. Qualora l’esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità i lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41. • 2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per • quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di • protezione, fra le quali:
  • 12. a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente; • b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42. • 3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro. • 4. A seguito dell’informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all’articolo 271. • 5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell’allegato XLVI nonché sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione. •
  • 13. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB • clinico-preventivi – contribuire alla protezione e mantenimento dello stato di salute e di sicurezza dei lavoratori – valutare lo stato di salute generale e gli effetti sulla salute (sia patologie da lavoro o lavoro-correlate, sia patologie che, pur non essendo correlate alle attività lavorative, possono condizionare l’idoneità lavorativa) – programmare gli accertamenti clinici mirati ai rischi – identificare i soggetti ipersuscettibili – identificare necessità o opportunità per appropriate vaccinazioni – formulare una diagnosi clinica – formulare una diagnosi etiologica – indirizzare il lavoratore verso un appropriato specialista per eventuali follow up e terapia – comunicare individualmente i risultati della SS e counselling del lavoratore – individuare patologie professionali – gestire gli infortuni lavorativi – gestire focolai epidemici
  • 14. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB • medico-legali – certificazione, denuncia, referto per malattie professionali e infortuni sul lavoro – costituzione di una base di dati sanitari come riferimento (al “tempo zero”, ad esempio in occasione di accertamenti preventivi), per valutare o interpretare situazioni future – rispetto di confidenzialità e riservatezza – rapporti con autorità sanitarie locali e nazionali, autorità giudiziarie, istituti assicuratori
  • 15. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB • formulazione e gestione del giudizio di idoneità lavorativa – in fase di assunzione, cambio mansione, accertamenti periodici e straordinari – reinserimento/ricollocazione lavorativa (in relazione a stato di patologia, condizione di portatore, effettuazione di chemioprofilassi o terapia), in collaborazione con il datore di lavoro o suoi delegati
  • 16. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB • epidemiologici – raccogliere ed elaborare in forma consultabile i dati sanitari individuali e di gruppo, per la costituzione di un osservatorio epidemiologico ad hoc – monitorare la prevalenza ed incidenza di infortuni e patologie da lavoro – identificare e valutare eventi sentinella – valutare l’adeguatezza della VdR – valutare l’efficacia ed il costo/beneficio della SS
  • 17. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB • valutazione del rischio – coadiuvare nell’identificazione e caratterizzazione dei fattori di rischio – valutare gli effetti dell’esposizione ai fini della stima del rischio
  • 18. Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB • informazione e formazione – organizzazione delle attività di informazione e formazione, prima dell’esposizione al fattore di rischio e con richiami periodici – educazione generale sui rischi per la salute e sulla loro prevenzione – informazione e formazione mirata ai rischi nel singolo ambiente di lavoro – stabilire un adeguato rapporto di fiducia con il lavoratore – valutare la compliance verso le misure tecniche, organizzative e procedurali di carattere preventivo – comunicazione sui rischi e sul significato e risultati della SS per lavoratori, datore di lavoro e delegati (individuale o per gruppi) – counselling post-infortunio, post-infezione/malattia, post-esposizione a RB
  • 19. La Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB • Accertamenti preventivi • Accertamenti periodici • Accertamenti straordinari a seguito di esposizioni professionali (profilassi post- esposizione)
  • 20. Esperienza dell’AOUP: Sorveglianza sanitaria ed epidemiologica • Sorveglianza sanitaria e registrazione dei dati sanitari degli esposti: la cartella sanitaria asped2000 • Registrazione degli eventi infortunistici asped infortuni biologici
  • 21.
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  • 28. INFEZIONI A TRASMISSIONE PARENTERALE : • EPATITE B • EPATITE C • HIV
  • 29. L’ EPATITE B • E’ dovuta ad un virus a DNA ad alta infettività; le vie di trasmissione più importanti sono • quella parenterale o percutanea (attraverso tagli, punture, trasfusioni, emoderivati); • quella sessuale (attraverso lesioni delle mucose genitali, lesioni della mucosa orale); • quella materno-fetale e quella perinatale (al momento del parto).
  • 30. IL RISCHIO PROFESSIONALE RISULTA MAGGIORE QUANDO VI È DA PARTE DELL’ OPERATORE: • UNA LESIONE PROFONDA; • UNA CONTAMINAZIONE MASSIVA A LIVELLO CONGIUNTIVALE; • SANGUE SUL MEZZO LESIVO.
  • 31. VIRUS DELL’EPATITE B • Virus a DNA con involucro molto resistente • infettività resiste per 6 mesi a temperatura ambiente e per 4 ore a 60 °C • alte concentrazioni del virus: saliva, bile, secreto nasofaringeo, latte materno, sperma, secreto vaginale
  • 32. I PORTATORI ASINTOMATICI DEL VIRUS • svolgono un ruolo importante. Questo virus risulta stabile nel plasma o nel siero e può sopravvivere in diverse condizioni di temperatura ed umidità. Pertanto sono sufficienti minime tracce di sangue per rendere contagianti i vari liquidi biologici.
  • 33. È stato valutato che: • il rischio di contrarre l’epatite B per una singola esposizione accidentale sia compreso tra il 2 ed il 40%, tenuto conto dello stato HbeAg positivo o negativo del soggetto fonte di infezione; • In coloro che hanno contratto l’infezione, la quasi totalità guarisce completamente; • una minima parte (5-10%) diviene portatore cronico del virus; • in quest’ultima un quarto può sviluppare un’epatite cronica attiva che successivamente può evolvere in cirrosi epatica e carcinoma epatocellulare; • una piccolissima percentuale, lo 0,5-1% di questi soggetti, va incontro ad epatite acuta fulminante che per lo più è a decorso mortale.
  • 34. L’ EPATITE C • L’epatite C è determinata da un virus a RNA la cui trasmissione avviene principalmente per via parenterale, altre vie sono quella perinatale e sessuale, quest’ultime però meno efficienti. • In passato era molto frequente la trasmissione post-trasfusionale, oggi questo rischio si è notevolmente ridotto in seguito allo screening per la ricerca dell’anticorpo anti-HCV.
  • 35. DECORSO CLINICO EPATITE C • Oltre la metà dei soggetti affetti da epatite acuta post-trasfusionale potrà contrarre una forma cronica e tra essi un quarto potrà andare incontro ad una cirrosi epatica. In taluni soggetti affetti da epatite cronica e cirrosi si può sviluppare un carcinoma epatocellulare. • Per quanto riguarda il decorso clinico, quello dell’epatite C è alquanto variabile.
  • 36. VIRUS DELL’EPATITE C • Virus con involucro lipopolisaccaridico a RNA • inattivato dal calore secco a 60°C • alquanto resistente nell’ambiente esterno
  • 37. HIV • È estremamente labile nell’ambiente esterno, rapidamente inattivato da agenti fisici e chimici • Ha una infettività 20 volte inferiore a quella del virus dell’epatite B, di cui condivide le modalità di trasmissione
  • 38. IL VIRUS HIV • IL VIRUS HIV responsabile della sindrome dell’immunodeficienza acquisita è un virus a RNA, in genere poco resistente all’ambiente esterno. • Tale virus è presente nelle secrezioni e nei liquidi corporei; infatti il sangue, il liquido seminale, le secrezioni vaginali sono fondamentali per la trasmissione di questo virus, ricordando tuttavia che teoricamente da tutti i liquidi contenenti linfociti infetti può derivare un potenziale contagio.
  • 39. RISCHIO DI CONTATTO Virus ematogeni Il rischio di contatto dipende: a) dalla prevalenza dell’infezione nella popolazione (cioè dai soggetti infettanti nella popolazione); b) dal tipo di attività espletata; c) dalle misure di prevenzione
  • 40. Sieropositività tra i pazienti ospedalizzati • Prevalenza HBV 2 % • Prevalenza HCV 4 % • Prevalenza HIV 1%
  • 41. Sieropositività tra i pazienti dei reparti di emodialisi • Prevalenza HBV 5-10 % • Prevalenza HCV 25-40 %
  • 42. Sieropositività tra i pazienti di malattie infettive • Prevalenza HIV 30-70%
  • 43. Infezioni a trasmissione per via respiratoria
  • 44. DA TBC PER GLI OPERATORI SANITARI
  • 45. IL MICOBACTERIUM TUBERCOLOSIS • Il bacillo tubercolare (o Bacillo di Kock) è un batterio Gram positivo acido-alcol resistente
  • 46. IL MICOBACTERIUM TUBERCOLOSIS • La tbc si diffonde da soggetto a soggetto attraverso i droplets (tosse,starnutazioni) • I droplets rimangono sospesi nell’aria per parecchie ore secondo il tipo di ambiente
  • 47. Procedure diagnostico-terapeutiche ad alto rischio di generazione di aerosol •Broncoscopia •Intubazione endotracheale •Aspirazione delle secrezioni respiratorie •Contatto stretto in occasione di un accesso parossistico di tosse •Somministrazione di aerosolterapie
  • 48. RISCHIO DI CONTRARRE LA MALATTIA • Il rischio di contrarre la malattia dipende: • a) dalla carica infettante; • b) dalla suscettibilità del soggetto.
  • 49. IL MICOBACTERIUM TUBERCOLOSIS Chi sono gli esposti? IN PASSATO : • Operatori di malattie infettive, pneumologia, anatomia patologica, microbiologia.. ATTUALMENTE • Maggiormente esposti operatori di unità chirurgiche, di terapia intensiva e PS – IMPORTANZA CRITICA DI UN CORRETTO TRIAGE
  • 50. VALUTAZIONE DEL RISCHIO TBC • caratt. Epidemiologiche della TB nel bacino di Utenza • numero di casi contagiosi assistiti/anno • risultati analisi delle cuticonversioni tubercoliniche tra gli operatori
  • 51. RISCHIO DI CONTAGIO TBC • Popolazioni in studio Incidenza annuale • O.S. di malattie infettive con pz. HIV pos. e TBC 0,8% • O.S. di pneumologia con pz. con TBC 0,3% • Popolazione generale 0,0033%
  • 52. Obblighi del datore di lavoro • Valutazione del rischio • Attuazione misure tecniche, organizzative, procedurali e igieniche, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici. • Messa a disposizione dei DPI • Informazioni e formazione • Sorveglianza sanitaria preventiva, periodica e post-esposizione, profilassi vaccinale.
  • 53. VACCINAZIONI E’ compito del Medico Competente: • Prescrivere vaccini efficaci per i lavoratori non immuni • Informare i lavoratori circa vantaggi ed inconvenienti sia della vaccinazione che della non vaccinazione Linee guida SIMLII-ISPESL RACCOMANDATE PER TUTTI GLI RACCOMANDATE IN CASI OS PARTICOLARI HBV TBC Morbillo, Parotite, Rosolia HAV Varicella Tifo Influenza La vaccinazione non deve essere considerata come alternativa a misure di contenimento ma come una misura di sicurezza ulteriore
  • 54. Prevenzione HBV • Vaccinazione con DNA ricombinante (0 - 1 - 6 mesi) In caso di esposizione accidentale: • Vaccinazione con schedula rapida (0 - 1 - 2 mesi ed eventuale 4° dose dopo 6/12 mesi dalla 3° dose) • Immunoglobuline (sec. paziente fonte)
  • 55. VACCINAZIONI Raccomandazione: promuovere l’offerta attiva della vaccinazione anti -HBV tranne quando controindicata (soggetto immune) perché il vaccino è molto efficace e induce immunità specifica a lungo termine • media nazionale 65% • Nord 77,6% • Centro 67,7% • Sud 44,5%
  • 56. Lavaggio mani Decontaminazione strumenti PRECAUZIONI Tutti i pazienti STANDARD potenzialmente infetti Contenitori per raccolta D.P.I. N.P.D.
  • 57.
  • 58.
  • 59. Dispositivo per prelievi ed infusioni con sistema di sicurezza integrato Figura 1 Figura 2 Figura 3
  • 60. Dispositivi di protezione integrati Ago per prelievo multiplo ü Dispositivi di tipo attivo e passivo ü Il meccanismo di protezione deve poter essere applicabile con una sola mano ü L’operatore deve operare sempre con le mani in posizione arretrata rispetto all’ago ü Il meccanismo di protezione è integrato nel dispositivo
  • 61. Siringa monouso con sistema di sicurezza integrato Figura 1 Figura 2 Figura 3
  • 62. Dispositivi di protezione integrati Ago di sicurezza per prelievo arterioso ü Il dispositivo di sicurezza è di facile e pratico utilizzo ü Il dispositivo di sicurezza è sicuro ed efficace nei riguardi del paziente
  • 63. Dispositivi di Protezione Individuale
  • 64. D.P.I. D.Lgs. 81/2008 art. 74 DEFINIZIONE ….....qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la salute e la sicurezza durante il lavoro nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo
  • 65. Sono invece esclusi: a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore; b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico; d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;
  • 66. e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non per attivita' lavorative; f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione; g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
  • 67. D.Lgs. 81/2008 art. 18 c.1 lett. d) OBBLIGHI Il Datore di Lavoro e i Dirigenti devono fornire ai lavoratori i necessari e idonei Dispositivi di Protezione Individuale sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente
  • 68. Obblighi generali I dispositivi di protezione individuale «(DPI) devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.» (art. 75 c. 1 D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81): è perciò obbligatoria la loro adozione solo per far fronte ai rischi residui altrimenti irriducibili con misure tecnico-organizzative.
  • 69. articolo 77 del D.Lgs. n. 81/2008: 1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI: a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi; b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
  • 70. articolo 77 del D.Lgs. n. 81/2008: c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d'uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b); d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione.
  • 71. 4. Il datore di lavoro: a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante; b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante; c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
  • 72. d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori; e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge; f) rende disponibile nell’azienda ovvero unità produttiva
  • 73. Il responsabile SPP e il medico competente, meglio se coinvolgono il RLS, hanno poi il compito di predisporre ed attuare il programma per informare e formare i lavoratori sulle ragioni che hanno portato all'uso di questi mezzi, sul loro uso coretto e sulla giusta manutenzione. E' infine necessario che il datore di lavoro preveda anche momenti di verifica e controllo da parte dei dirigenti e preposti sulla corretta applicazione delle direttive aziendali sui DPI anche attraverso l'uso di strumenti disciplinari
  • 74. Il DPI deve essere IDONEO
  • 75. L’ INDIVIDUAZIONE e la SCELTA del DPI “NECESSARIO” e “IDONEO” È diretta conseguenza della fase di Analisi e Valutazione dei Rischi “RESIDUI”
  • 76. L’ IDONEITA’ del DPI È strettamente legata al conferimento da parte del Fabbricante dei: “Requisiti essenziali di salute e di sicurezza” Previa verifica da parte dell’UTILIZZATORE che i “requisiti” siano adeguati ai PROPRI RISCHI
  • 77. Ricordando che la legge stabilisce che il DPI deve essere: “Idoneo” ai rischi, “Adattato alle esigenze del lavoratore”, “Non essere a sua volta fonte di rischio”, ecc. ne deriva che, in fase di scelta, venga coinvolto il lavoratore stesso o il suo RLS e, se del caso, il MEDICO COMPETENTE
  • 78. REQUISITI i D.P.I devono possedere i: (D.Lgs. 81/2008 art.76) “Requisiti Essenziali di Salute e Sicurezza” inoltre devono: essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare un rischio maggiore essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità essere compatibili tra di loro in caso di rischi multipli
  • 79. Oltre al rispetto delle prescrizioni legislative (documentazione, marcatura e certificazione CE) e dei requisiti indicati nell’Art. 76 del D. Lgs. 81/2008, vanno verificati anche altri requisiti che si possono riassumere in: REQUISITI FUNZIONALI Le caratteristiche del dispositivo devono essere tali da: essere in grado di neutralizzare il rischio specifico (deve essere concepito in modo da poter annullare o almeno ridurre il più possibile, la probabilità di infortunio per la parte protetta); non limitare le funzioni operative (deve essere progettato in modo che, pur mantenendo inalterate le caratteristiche protet-tive, vengano limitate il meno possibile le capacità lavorative); tollerato e accettato dal lavoratore e costruito in essere ben modo che in nessun caso possa essere fonte di disagio; essere resistente e duraturo; essere economico (nei limite del possibile).
  • 80. REQUISITI dei MANUFATTI Oltre ai requisiti funzionali, il DPI deve rispondere alle seguenti esigenze: idoneità specifica all'uso cui sono destinati valutando la effettiva capacità protettiva nei confronti dei rischi da prevenire (criteri di efficacia); adattabilità alla persona, buona sopportabilità e confort, in modo da consentirne l'uso senza eccessivo disagio in relazione alle modalità e al tempo di impiego (criteri ergonomici); adeguata solidità e resistenza agli agenti specifici, alle sollecitazioni meccaniche, agli agenti corrosivi ecc. in relazione alle modalità di impiego (criteri di efficienza e di economia); semplicità di confezione e, più in generale, facilità di poter effettuare le operazioni di pulizia previste, la manutenzione e l'eventuale disinfezione o bonifica (criteri igienici e funzionali);
  • 81. REQUISITI dei MANUFATTI assenza di elementi o parti che possano costituire pericolo per l’operatore; facilità di impiego (es. semplicità di indosso e rapidità nel toglierlo in caso di necessità); se del caso, colorazioni appropriate per una corretta identificazione o per evidenziare, per esempio, la presenza sul dispositivo di sostanze pericolose; foggia esteticamente gradevole e colori appropriati anche per ragioni di buona visibilità (ad esempio gli indumenti per gli operatori di squadre di emergenza o per i lavoratori impegnati in orario notturno) oppure per ottenere il massimo contrasto rispetto a sostanze nocive da cui ci si deve proteggere (criteri di migliore accettabilità e di funzionalità).
  • 82. D.Lgs. 475/92 art. 4 Il FABBRICANTE ha l’OBBLIGO di dimostrare il possesso dei “REQUISITI ESSENZIALI DI SALUTE E DI SICUREZZA” Tale dimostrazione si concretizza con l’apposizione della marcatura sul dispositivo stesso
  • 83. D.Lgs. 475/92 CATEGORIE art. 4 Il D.Lgs. 475/92 (D.E. 89/686/CEE) prescrive che TUTTI i DPI siano soggetti ad una procedura di certificazione che dimostri il possesso dei “Requisiti essenziali di salute e di sicurezza” Per questo scopo i DPI sono stati suddivisi in TRE categorie in funzione del TIPO di RISCHIO dal quale ci si deve proteggere
  • 84. Categorie DPI • I categoria: rischio lieve (autocertificata dal produttore) • II categoria: rischio significativo per occhi, mani, viso ecc., certificato da organismo di controllo • III categoria: vie respiratorie e protezione da agenti chimici aggressivi, certificato da organismo di controllo
  • 85. D.Lgs. 475/92 L’ORGANISMO DI CONTROLLO (o “ORGANISMO NOTIFICATO”) ha l’OBBLIGO di verificare il possesso dei REQUISITI ESSENZIALI DI SALUTE E DI SICUREZZA Ad esito positivo della verifica, rilascia l’”ATTESTATO DI CONFORMITA’” ai requisiti essenziali di salute e di sicurezza
  • 86. D.Lgs. 475/92 L’ORGANISMO DI CONTROLLO opera solamente nel caso di DPI che appartengono (secondo il D.Lgs. 475/92) alla 2^ e 3^ CATEGORIA Non ha alcuna autorità per i DPI di 1^ CATEGORIA
  • 87. MARCATURA di CONFORMITA’ MARCATURA a partire dal 1.1.1997 (DLgs n° 10 del 2.1.1997) 1^ 2^ 3^ cat cat cat 000 0 n° di riconoscimento dell’organismo notificato
  • 88. Dispositivi di Protezione Individuale Protezione delle vie respiratorie 1. La mascherina chirurgica è omologata con marcatura CE perché “ presidio medico chirurgico” in conformità con la Direttiva Europea 93/42/CEE, ha lo scopo di proteggere l’ambiente ed i pazienti dall’aerosol prodotto dall’operatore che la indossa; non può perciò essere considerata in alcun modo mezzo di protezione individuale per le vie respiratorie, l’unica azione che svolge è quella meccanica proteggendo il volto dell’operatore sanitario da contaminazione accidentale di materiale biologico o chimico, ma anche in questo caso occorre rimuoverla prontamente quando è contaminata.
  • 89. Dispositivi di Protezione Individuale Protezione delle vie respiratorie 2. La mascherina igienica ha di solito forma a conchiglia, presenta un solo elastico per fissarla alla testa ed ha un barretta metallica per adattare la sua forma al naso di chi la indossa serve anch’essa per proteggere il prodotto o l’alimento che si sta manipolando; non necessita di marcatura CE e qualora la riporti essa indica la conformità della mascherina stessa al suo ciclo produttivo; anche per questa valgono le stesse osservazioni già riportate per la mascherina chirurgica.
  • 90. Dispositivi di Protezione Individuale Protezione delle vie respiratorie 3. I respiratori isolanti (indipendenti dall’atmosfera dell’ambiente dove l’operatore che li indossa svolge la sua attività), vengono utilizzati dove la concentrazione dell’ossigeno è al di sotto del 17% (valore stabilito dal CEN che è l’Ente Europeo di Normazione), oppure in presenza di contaminanti la cui concentrazione o pericolosità non può essere annullata attraverso l’utilizzo di respiratori a filtro; sono costituiti da sistemi autonomi simili a quelli dei sommozzatori subacquei o da sistemi non autonomi con collegamento esterno simile a quello del casco del palombaro, non vengono utilizzati nelle ordinarie attività sanitarie mentre sono a corredo della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco.
  • 91. Dispositivi di Protezione Individuale Protezione delle vie respiratorie 4. I respiratori filtranti (dipendenti dall’atmosfera dell’ambiente dove l’operatore che li indossa svolge la sua attività), sono costituiti da sistemi filtranti di varia forma e dimensione, che possono coprire solo una parte del viso od anche tutto il volto e che filtrano l’aria circostante all’ operatore depurandola dall’agente inquinante per cui sono state realizzate (polveri, fibre, fumi , nebbie ,gas o vapori). Vengono utilizzati come dispositivi individuali di protezione per le vie respiratorie respiratori filtranti che coprono la bocca ed il naso e contrassegnati con le sigle FFP1 FP2 ed FFP3.
  • 92. Dispositivi di Protezione Individuale Protezione delle vie respiratorie La sigla FFP è l’acronimo di Filtrante Facciale anti Polvere; questa sigla che ritroviamo all’interno della normativa europea EN 149 (modificata nell’anno 2001 come EN149:2001) descrive il potere filtrante dei materiali con cui vengono confezionati i respiratori facciali ed in particolare li distingue come la tabella di seguito elencata: Classe Efficienza Filtrante Totale Minima FFP1 78 % FFP2 92% FFP3 98 %
  • 93. Dispositivi di Protezione Individuale Protezione delle vie respiratorie I filtranti facciali possono essere dotati di valvola espiratoria che favorisce l’espulsione del vapore acqueo emesso con la respirazione, migliorando il confort dell’operatore senza pregiudicare l’attività filtrante dell’insieme;
  • 94. Dispositivi di Protezione Individuale Marcatura F.F.P. EN149:2001
  • 95. Dispositivi di Protezione Individuale Protezione delle vie respiratorie nPer quanto riguarda la protezione da rischio di infezioni a trasmissione aerea si può considerare adeguato l’utilizzo di un respiratore di classe FFP2 attuando le ordinarie attività assistenziali sanitarie in presenza di paziente con sospetta o manifesta infezione da SARS, HIV, TBC, ANTRACE; nqualora invece vengano attuate particolari procedure a rischio che possono aumentare l’aerosolizzazione delle secrezioni respiratorie (broncoscopie, broncolavaggi, induzione dell’espettorato su pazienti infetti) è raccomandabile l’utilizzo di respiratori in classe FFP3.
  • 96. Dispositivi di Protezione Individuale Protezione delle vie respiratorie Per quanto riguarda il rischio da contaminazione ambientale chimica durante la manipolazione di farmaci antiblastici è consigliabile utilizzare un respiratore di classe FFP2 durante tutte le fasi legate alla preparazione, alla ricostituzione di farmaco liofilo, ed alla riduzione di dose, nonché in caso di procedure di sanificazione a seguito di contaminazione accidentale ambientale. E’ da considerarsi inadeguato l’utilizzo di filtranti facciali FFP2 ed FFP3 in presenza di vapori di glutaraldeide e di formaldeide.
  • 97. Dispositivi di Protezione Individuale Filtrante Facciale Antipolvere con valvola
  • 98. Dispositivi di Protezione Individuale Filtrante Facciale Antipolvere con valvola Particolare del codice colore di alcune ditte In questo caso CELESTE = FFP2
  • 99. Dispositivi di Protezione Individuale Filtrante Facciale Antipolvere con valvola Particolare del codice colore di alcune ditte In questo caso ROSSO = FFP3
  • 100. Dispositivi di Protezione Individuale Filtrante Facciale Antipolvere con valvola mod. FFP2 (piegata)
  • 101. Dispositivi di Protezione Individuale Filtrante Facciale Antipolvere con valvola mod. FFP2 (aperta)
  • 102. Dispositivi di Protezione Individuale Filtrante Facciale Antipolvere senza valvola
  • 103. Dispositivi di Protezione Individuale Altri tipi di F.F.P. con valvole diverse
  • 104. Dispositivi di Protezione Individuale Altri tipi di F.F.P. con valvole diverse
  • 105. Dispositivi di Protezione Individuale Altri tipi di F.F.P. con valvole diverse
  • 106. Dispositivi di Protezione Individuale Altri tipi di F.F.P. con valvole diverse
  • 107. Dispositivi di Protezione Individuale Respiratore facciale antipolvere classe FFP1 con filtrante a carbone attivo idoneo per ridotte esposizioni a vapori di formaldeide a basse concentrazioni
  • 108. Dispositivi di Protezione Individuale Respiratore facciale antipolvere classe FFP1 con filtrante a carbone attivo idoneo e valvola per ridotte esposizioni a vapori di formaldeide a basse concentrazioni
  • 109. Dispositivi di Protezione Individuale Respiratore facciale antipolvere classe FFA1P2 Adatto per esposizioni non prolungate a vapori di formaldeide
  • 110. Dispositivi di Protezione Individuale Respiratore facciale antipolvere modello 6000 con filtri specifici per esposizioni prolungate a vapori di formaldeide
  • 111. Dispositivi di Protezione Individuale Protezioni Oculari 1. Occhiali : proteggono da resistenza aumentata (es. vento) o basse forze d’urto (es. urto con insetti) (gli occhiali da vista e da sole rientrano in questa classe)
  • 112. Dispositivi di Protezione Individuale Protezioni Oculari 2. Schermi Oculari : hanno funzione analoga a quella degli occhiali, unica differenza è che alcuni sono predisposti per essere indossati al di sopra di altri occhiali non protettivi (es. maschera da sala operatoria con
  • 113. Dispositivi di Protezione Individuale Schermo Oculare
  • 114. Dispositivi di Protezione Individuale Protezioni Oculari 3. Occhiali di Protezione : progettati per sostenere forze d’urto di velocità bassa e media, sono dotati di paratie al corpo ed alle stanghette per attuare un grado di protezione maggiore rispetto ai normali occhiali, le lenti possono essere separate come gli occhiali o costituire un insieme unico (come
  • 115. Dispositivi di Protezione Individuale Occhiali di protezione con ventilazione indiretta
  • 116. Dispositivi di Protezione Individuale Particolare delle valvole di ventilazione indiretta
  • 117. Dispositivi di Protezione Individuale Protezioni Oculari 3. Visiere e schermi : sono progettati per proteggere gli occhi ed il volto da forze d’urto di media ed alta velocità, hanno solitamente una buona protezione per spruzzi di liquidi, mentre non proteggono dalle polveri.
  • 118. Dispositivi di Protezione Individuale Schermo con visiera (questo particolare tipo è talvolta utilizzato anche nelle attività sanitarie)
  • 119. Dispositivi di Protezione Individuale Schermo con visiera (vista dall’alto)
  • 120. Dispositivi di Protezione Individuale Protezioni Oculari CAMPI DI APPLICAZIONE E MARCATURA La normativa cui si fa riferimento per la marcatura di questi D.P.I. è la EN 166 che detta le applicazioni di standard secondo le tabelle di seguito allegate:
  • 121. Dispositivi di Protezione Individuale Protezioni Oculari Caratteristiche Metri / Secondo Contrassegno di d’urto marcatura Aumento di 12 S sollecitazione Urto di bassa 45 F intensità Urto di media 120 B intensità Urto di alta intensità 190 A
  • 122. Dispositivi di Protezione Individuale Protezioni Oculari Caratteristiche ottiche Contrassegno di marcatura Classe ottica 1 1 Classe ottica 2 2 Classe ottica 3 (non idonea per uso 3 prolungato) Resistenza ad abrasione prodotta da K particelle fini Resistenza all’appannamento N
  • 123. Dispositivi di Protezione Individuale Protezioni Oculari Campo di Applicazione Contrassegno di marcatura Goccioline e spruzzi liquidi 3 Particelle di polvere grosse 4 Gas e particelle di polveri fini 5 Arco elettrico a cortocircuito 8 Metallo fuso e solidi incandescenti 9
  • 124. Dispositivi di Protezione Individuale Protezioni Oculari Funzione dei filtri Contrassegno di marcatura Identificativo filtro Scala Filtro per saldatura da 1.2 a 16 / Filtri per ultravioletti da 1.2 a 1.4 (che possono influire sul riconoscimento dei colori ) 2 Filtri per ultravioletti da 1.2 a 10 ( che garantiscono buon riconoscimento 3 dei colori ) Filtro per infrarossi da 1.2 a 4.1 4 Filtro solare antiabbagliante da 1.1 a 4.1 ( senza funzione infrarossi ) 5 Filtro solare antiabbagliante da 1.1 a 4.1 ( con funzione infrarossi ) 6 I contrassegni di marcatura delle lenti sono composti dall’identificativo del filtro seguito dal numero di scala relativo
  • 125. Dispositivi di Protezione Individuale Protezioni Oculari Tuttora molti dei dispositivi che si trovano in commercio non riportano le diciture appropriate; inoltre occorre considerare che se l’oculare e la montatura riportano caratteristiche diverse, l’insieme deve essere interpretato come la categoria più bassa tra quelle trascritte sul D.P.I. di protezione oculare.
  • 126. Dispositivi di Protezione Individuale Occhiali di protezione (particolare della paratia superiore)
  • 127. Dispositivi di Protezione Individuale Particolare della stanghetta negli occhiali di protezione
  • 128. Dispositivi di Protezione Individuale Occhiali con scarsa protezione (soprattutto laterale) e difficoltà nell’ indossarli al di sopra degli occhiali da vista
  • 129. Dispositivi di Protezione Individuale Protezioni Oculari (precauzioni) - quando li trasportiamo non devono essere messi in tasca insieme ad oggetti (chiavi, penne) che possono graffiare la superficie delle lenti ; - non devono essere schiacciati o riposti con pesi, anche modesti, che gravino a lungo sulla struttura ; - sebbene siano costruiti con materiali plastici stabilizzati non soggetti ad invecchiamento eccessivo se sottoposti a raggi u.v., una eccessiva esposizione a fonti di calore (davanzali assolati durante la stagione estiva o termosifoni in quella invernale), può deformare la montatura e screpolare la vernice antigraffio; - possono essere puliti con acqua e detergente neutro o prodotto adatto per la pulizia delle lenti, nel caso debbano essere disinfettati occorre usare un disinfettante non molto aggressivo (es. clorexidina in soluzione saponosa per lavaggio mani); - prima dell’uso verificare che il D.P.I. di protezione oculare sia integro e non graffiato, se no occorre cambiarlo (considerate comunque che la maggior parte dei costruttori considera che il loro prodotto possa avere una vita media di tre anni se adeguatamente trattato).
  • 130.
  • 131. Dispositivi di Protezione Individuale Guanto in nitrile (involucro esterno)
  • 132. Dispositivi di Protezione Individuale Guanto in nitrile (indossato sotto cappa)
  • 133. Dispositivi di Protezione Individuale Guanto in lattice Non sterile
  • 134. Dispositivi di Protezione Individuale Camice in TNT Sterile con rinforzi (involucro esterno)