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News 25/SSL/2015
Lunedì, 29 Giugno 2015
Sentenza della Cassazione su infortunio e inabilità preesistente
Una lavoratrice infortunata, già con percentuale di invalidità, ha posto ricorso
contro l’Inail sia perché nel calcolo per la valutazione dello stato anteriore rispetto
all’infortunio, si sarebbe applicato in modo erroneo la c.d. formula G. e sia perché si
sarebbe dovuto considerare il grado di attitudine al lavoro residuato dopo
l’infortunio e quello preesistente, non il grado di invalidità.
La Cassazione Civile, Sez. Lav., 18 giugno 2015, n. 12629 ha ritenuto il ricorso
infondato, sulla scorta anche della precedente giurisprudenza.
Nella sentenza si è ribadito che in caso di infortunio sul lavoro, se si accerta la
sussistenza di fattori patologici preesistenti non aventi origine professionale, il giudice
deve, anche di ufficio, fare applicazione dell’art. 79 del DPR 1124/1965 (Testo unico
delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali) secondo cui il grado di riduzione permanente dell’attitudine
al lavoro causata da infortunio:
1. deve essere rapportata non alla normale attitudine al lavoro ma a quella ridotta
per effetto delle preesistenti inabilità;
2. deve essere calcolata secondo la cosiddetta formula G. senza che abbia
rilievo la circostanza che l’inabilità preesistente e quella da infortunio incidano
sullo stesso apparato anatomo-funzionale.
L’applicazione di questa disposizione, sostiene la Cassazione, è finalizzata a ottenere
un calcolo del grado di riduzione dell’attitudine al lavoro che sia il più possibile
corrispondente al danno effettivamente subito dal lavoratore.
Il meccanismo “non può essere applicato all’infinito” (come invece voluto dalla
ricorrente) nel senso che, secondo una corretta lettura dell’ art. 79 del DPR
1124/1965, esso è destinato ad operare “al solo fine di tenere conto di
aggravamenti della inabilità preesistenti all’infortunio e derivanti da fatti estranei al
lavoro che non siano già stati presi in considerazione in precedenza (come, invece,
è avvenuto nel caso esaminato). (Articolo di Enzo Gonano)
Fonte:quotidianosicurezza.it
Seveso III, approvato dal Governo il decreto in attuazione della direttiva 2012/18
Seveso III. Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 23 giugno 2015 ha approvato su
proposta del Ministero dell’Ambiente il decreto legislativo in attuazione
della direttiva 2012/18 controllo incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze
pericolose Seveso III.
Queste da comunicato del Governo le principali novità introdotte dal
decreto, novità che riguardano:
• “le misure di controllo degli stabilimenti interessati semplificandone
l’attuazione e riducendone gli oneri amministrativi;
• garantire ai cittadini coinvolti un migliore accesso all’informazione sui rischi
dovuti alle attività dei vicini impianti industriali e su come comportarsi in caso di
incidente, nonché un’efficace partecipazione alle decisioni relative agli
insediamenti nelle aree a rischio di incidente rilevante;
• garantire ai cittadini ai quali non siano state fornite adeguate informazioni o la
possibilità di partecipazione, in applicazione della Convenzione di Aarhus del
1998, la possibilità di avviare azioni legali”.
Seveso III
In attesa della pubblicazione del decreto in GU e di approfondimenti futuri
ricordiamo brevemente cosa sia la Seveso III. (Questa la pagina dedicata del sito
Ministero Ambiente).
Si tratta della direttiva 2012/18/UE che dal 1° giugno 2015 è andata a sostituire le
“direttive 96/82/CE (cd. “Seveso II”), recepita in Italia con il D.lgs 334/99,
e2003/105/CE, recepita con il D.lgs. 238/05“.
“L’aggiornamento della normativa comunitaria in materia di controllo del pericolo
di incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose è, in primis, dovuto
alla necessità di adeguare la disciplina al recente cambiamento del sistema di
classificazione delle sostanze chimiche. Tale cambiamento è stato introdotto con
ilRegolamento CE n. 1272/2008 (Clp Ndr), relativo alla classificazione,
all’etichettatura ed all’imballaggio delle sostanze e delle miscele”.
Il decreto appena approvato dal Consiglio dei Ministri riguarda quindi l’attuazione
nel nostro ordinamento di tale direttiva, attuazione prevista per gli Stati membri
entro 1° giugno 2015. (Articolo di Corrado De Paolis)
Fonte:quotidianosicurezza.it e comunicato stampa Consiglio dei Ministri del n.69 del 23 giugno 2015
Sulla non adeguata formazione del lavoratore sul rischio specifico
La formazione del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro deve essere idonea
rispetto al rischio corso. Condannato un datore di lavoro per non avere informato un
lavoratore del rischio di scosciamento nel taglio dei rami di un albero.
Una sentenza della Corte di Cassazione, questa riguardante la formazione di un
lavoratore, impartita ai sensi dell’art. 37 del D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., ritenuta non
idonea in relazione al rischio che lo stesso ha corso nello svolgimento della propria
attività lavorativa. E’ relativa all’infortunio occorso ad un lavoratore durante le
operazioni, in corso in un bosco, di “scosciamento” del ramo di un albero e cioè del
taglio di un ramo allorquando lo stesso si trova in una posizione orizzontale. Secondo
la suprema Corte l’infortunio era accaduto per non essere stato istruito
sufficientemente il lavoratore sulle tecniche da utilizzare per il taglio dei rami di un
albero nel caso che questi fossero inclinati tecniche diverse da quelle per il taglio di
tronchi in posizione verticale, né era risultato che una valutazione del rischio
specifico fosse stata fatta preventivamente dal datore di lavoro. (estratto da un
articolo di Gerardo Porreca)
Fonte:puntosicuro.it
Interpello: le autorizzazioni per i locali semisotterranei e sotterranei
Un interpello risponde ad un quesito sulla corretta interpretazione dell'art. 65 del
Testo Unico relativo ai locali semisotterranei e sotterranei. In questi locali possono
permanere i lavoratori per l’intera giornata lavorativa?
Nel Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro
( D.Lgs. 81/2008), il comma 1 dell’articolo 65 (nel Titolo II, relativo ai luoghi di lavoro)
vieta l’utilizzo, per qualsiasi attività lavorativa, dei locali semisotterranei e sotterranei,
ma inserisce una successiva deroga al divieto.
Articolo 65 - Locali sotterranei o semisotterranei
1. È vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei.
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere destinati al
lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari
esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee
condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima.
3. L’organo di vigilanza può consentire l’uso dei locali chiusi sotterranei o
semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze
tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti
nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si
sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2.
E inoltre bisogna rilevare che sul tema dei locali interrati e seminterrati si sono
succedute in questi anni diverse definizioni, spesso mutevoli a seconda delle fonti di
provenienza (normativa sull’edilizia scolastica, normativa antincendio su impianti
termici a gas, regolamenti comunali, ...), come ben descritto in un articolo su
PuntoSicuro da Gerardo Porreca.
E sull’articolo 65 è intervenuta, ad esempio, anche la sentenza n. 35 del 19 gennaio
2010 del Tribunale penale di Lanciano, commentata dall’avvocato Rolando Dubini.
È evidente che, in questa situazione normativa “articolata”, possano sorgere dubbi
e interpretazioni diverse sui confini e sui criteri delle deroghe previste per legge.
Proprio per dare una risposta ad alcuni di questi dubbi, è stato pubblicato dalla
Commissione per gli interpelli l’Interpello n. 5/2015 del 24 giugno 2015 che ha per
oggetto la “risposta al quesito relativo all'art. 65 del d.lgs. n. 81/2008 sui locali
interrati e seminterrati”.
Si parte da un’istanza di interpello da parte del Consiglio Nazionale degli
Ingegneri (CNI) in merito alla corretta interpretazione dell'art. 65 del Testo Unico.
Infatti il CNI scrive che ‘il decreto legislativo n. 81/2008 prevede, all'art.65, commi 2 e
3, che, in deroga, possono essere destinati al lavoro, locali chiusi sotterranei o
semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche (comma 2) e
comunque anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze
tecniche (comma 3) in assenza di emissioni di agenti nocivi, assicurando sempre
idonee condizioni di aerazione meccanica e/o naturale, di illuminazione artificiale e
di microclima (bar, ristoranti, attività commerciali, ecc.). L'ordine degli ingegneri
ritiene che, alle condizioni suddette, vi possa essere permanenza di lavoratori in detti
locali per l'intera giornata lavorativa contrattuale".
Quello che chiede dunque il Consiglio Nazionale degli Ingegneri alla Commissione è
la “conferma della correttezza di tale interpretazione”.
Prima di rispondere la Commissione per gli interpelli, prevista dall’articolo 12 comma
2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro, segnala che “le
modalità di utilizzo dei locali sotterranei o semisotterranei sono regolamentate
dall'art. 65 del d.lgs. n. 81/2008”. E si sottolinea che il comma 3 dell'articolo
“attribuisce all'organo di vigilanza il potere di ‘consentire l'uso dei locali chiusi
sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le
esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti
nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia
provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2’”.
Ricordiamo, a questo proposito, che sui siti di molte Aziende Sanitarie Locali, sono
presenti precise indicazioni relative alle documentazioni necessarie, ai criteri di
deroga e alle linee guide per l’utilizzo di locali interrati e seminterrati destinati alla
permanenza di persone per attività lavorativa.
Torniamo all’interpello e alla risposta fornita dalla Commissione.
Si indica che “il potere attribuito all' organo di vigilanza, dal succitato art. 65 comma
3, si concretizza in uno specifico potere autorizzativo atto a rimuovere, con un
determinato provvedimento, i limiti posti dall'ordinamento all'utilizzazione dei locali
sotterranei o semisotterranei, previa verifica della compatibilità di tale esercizio con il
bene tutelato e costituito, nel caso in specie, dalla salute e sicurezza dei lavoratori”.
Fatta questa premessa, il provvedimento di autorizzazione “deve essere
congruamente motivato in ordine a quanto previsto al comma 3 dell'art. 65, il quale
impone che le predette lavorazioni ‘non diano luogo ad emissione di agenti nocivi’,
presuppone il rispetto del d.lgs. n. 81/2008 e, in particolare, richiede la verifica che si
sia provveduto ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di
microclima (comma 2, art. 65, d.lgs. n. 81/2008)”.
E si desume infine che “nell'ambito dell'atto autorizzativo anche eventuali limitazioni
sull'orario di lavoro devono trovare una concreta e determinata motivazione
strettamente correlata alle esigenze imposte e specificate dalla norma medesima”.
(Articolo di Tiziano Menduto)
Fonte: puntosicuro.it
nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia
provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2’”.
Ricordiamo, a questo proposito, che sui siti di molte Aziende Sanitarie Locali, sono
presenti precise indicazioni relative alle documentazioni necessarie, ai criteri di
deroga e alle linee guide per l’utilizzo di locali interrati e seminterrati destinati alla
permanenza di persone per attività lavorativa.
Torniamo all’interpello e alla risposta fornita dalla Commissione.
Si indica che “il potere attribuito all' organo di vigilanza, dal succitato art. 65 comma
3, si concretizza in uno specifico potere autorizzativo atto a rimuovere, con un
determinato provvedimento, i limiti posti dall'ordinamento all'utilizzazione dei locali
sotterranei o semisotterranei, previa verifica della compatibilità di tale esercizio con il
bene tutelato e costituito, nel caso in specie, dalla salute e sicurezza dei lavoratori”.
Fatta questa premessa, il provvedimento di autorizzazione “deve essere
congruamente motivato in ordine a quanto previsto al comma 3 dell'art. 65, il quale
impone che le predette lavorazioni ‘non diano luogo ad emissione di agenti nocivi’,
presuppone il rispetto del d.lgs. n. 81/2008 e, in particolare, richiede la verifica che si
sia provveduto ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di
microclima (comma 2, art. 65, d.lgs. n. 81/2008)”.
E si desume infine che “nell'ambito dell'atto autorizzativo anche eventuali limitazioni
sull'orario di lavoro devono trovare una concreta e determinata motivazione
strettamente correlata alle esigenze imposte e specificate dalla norma medesima”.
(Articolo di Tiziano Menduto)
Fonte: puntosicuro.it

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  • 1. News 25/SSL/2015 Lunedì, 29 Giugno 2015 Sentenza della Cassazione su infortunio e inabilità preesistente Una lavoratrice infortunata, già con percentuale di invalidità, ha posto ricorso contro l’Inail sia perché nel calcolo per la valutazione dello stato anteriore rispetto all’infortunio, si sarebbe applicato in modo erroneo la c.d. formula G. e sia perché si sarebbe dovuto considerare il grado di attitudine al lavoro residuato dopo l’infortunio e quello preesistente, non il grado di invalidità. La Cassazione Civile, Sez. Lav., 18 giugno 2015, n. 12629 ha ritenuto il ricorso infondato, sulla scorta anche della precedente giurisprudenza. Nella sentenza si è ribadito che in caso di infortunio sul lavoro, se si accerta la sussistenza di fattori patologici preesistenti non aventi origine professionale, il giudice deve, anche di ufficio, fare applicazione dell’art. 79 del DPR 1124/1965 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) secondo cui il grado di riduzione permanente dell’attitudine al lavoro causata da infortunio: 1. deve essere rapportata non alla normale attitudine al lavoro ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilità; 2. deve essere calcolata secondo la cosiddetta formula G. senza che abbia rilievo la circostanza che l’inabilità preesistente e quella da infortunio incidano sullo stesso apparato anatomo-funzionale. L’applicazione di questa disposizione, sostiene la Cassazione, è finalizzata a ottenere un calcolo del grado di riduzione dell’attitudine al lavoro che sia il più possibile corrispondente al danno effettivamente subito dal lavoratore. Il meccanismo “non può essere applicato all’infinito” (come invece voluto dalla ricorrente) nel senso che, secondo una corretta lettura dell’ art. 79 del DPR 1124/1965, esso è destinato ad operare “al solo fine di tenere conto di aggravamenti della inabilità preesistenti all’infortunio e derivanti da fatti estranei al lavoro che non siano già stati presi in considerazione in precedenza (come, invece, è avvenuto nel caso esaminato). (Articolo di Enzo Gonano) Fonte:quotidianosicurezza.it
  • 2. Seveso III, approvato dal Governo il decreto in attuazione della direttiva 2012/18 Seveso III. Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 23 giugno 2015 ha approvato su proposta del Ministero dell’Ambiente il decreto legislativo in attuazione della direttiva 2012/18 controllo incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose Seveso III. Queste da comunicato del Governo le principali novità introdotte dal decreto, novità che riguardano: • “le misure di controllo degli stabilimenti interessati semplificandone l’attuazione e riducendone gli oneri amministrativi; • garantire ai cittadini coinvolti un migliore accesso all’informazione sui rischi dovuti alle attività dei vicini impianti industriali e su come comportarsi in caso di incidente, nonché un’efficace partecipazione alle decisioni relative agli insediamenti nelle aree a rischio di incidente rilevante; • garantire ai cittadini ai quali non siano state fornite adeguate informazioni o la possibilità di partecipazione, in applicazione della Convenzione di Aarhus del 1998, la possibilità di avviare azioni legali”. Seveso III In attesa della pubblicazione del decreto in GU e di approfondimenti futuri ricordiamo brevemente cosa sia la Seveso III. (Questa la pagina dedicata del sito Ministero Ambiente). Si tratta della direttiva 2012/18/UE che dal 1° giugno 2015 è andata a sostituire le “direttive 96/82/CE (cd. “Seveso II”), recepita in Italia con il D.lgs 334/99, e2003/105/CE, recepita con il D.lgs. 238/05“. “L’aggiornamento della normativa comunitaria in materia di controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose è, in primis, dovuto alla necessità di adeguare la disciplina al recente cambiamento del sistema di classificazione delle sostanze chimiche. Tale cambiamento è stato introdotto con ilRegolamento CE n. 1272/2008 (Clp Ndr), relativo alla classificazione, all’etichettatura ed all’imballaggio delle sostanze e delle miscele”. Il decreto appena approvato dal Consiglio dei Ministri riguarda quindi l’attuazione nel nostro ordinamento di tale direttiva, attuazione prevista per gli Stati membri entro 1° giugno 2015. (Articolo di Corrado De Paolis) Fonte:quotidianosicurezza.it e comunicato stampa Consiglio dei Ministri del n.69 del 23 giugno 2015
  • 3. Sulla non adeguata formazione del lavoratore sul rischio specifico La formazione del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro deve essere idonea rispetto al rischio corso. Condannato un datore di lavoro per non avere informato un lavoratore del rischio di scosciamento nel taglio dei rami di un albero. Una sentenza della Corte di Cassazione, questa riguardante la formazione di un lavoratore, impartita ai sensi dell’art. 37 del D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., ritenuta non idonea in relazione al rischio che lo stesso ha corso nello svolgimento della propria attività lavorativa. E’ relativa all’infortunio occorso ad un lavoratore durante le operazioni, in corso in un bosco, di “scosciamento” del ramo di un albero e cioè del taglio di un ramo allorquando lo stesso si trova in una posizione orizzontale. Secondo la suprema Corte l’infortunio era accaduto per non essere stato istruito sufficientemente il lavoratore sulle tecniche da utilizzare per il taglio dei rami di un albero nel caso che questi fossero inclinati tecniche diverse da quelle per il taglio di tronchi in posizione verticale, né era risultato che una valutazione del rischio specifico fosse stata fatta preventivamente dal datore di lavoro. (estratto da un articolo di Gerardo Porreca) Fonte:puntosicuro.it Interpello: le autorizzazioni per i locali semisotterranei e sotterranei Un interpello risponde ad un quesito sulla corretta interpretazione dell'art. 65 del Testo Unico relativo ai locali semisotterranei e sotterranei. In questi locali possono permanere i lavoratori per l’intera giornata lavorativa? Nel Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ( D.Lgs. 81/2008), il comma 1 dell’articolo 65 (nel Titolo II, relativo ai luoghi di lavoro) vieta l’utilizzo, per qualsiasi attività lavorativa, dei locali semisotterranei e sotterranei, ma inserisce una successiva deroga al divieto. Articolo 65 - Locali sotterranei o semisotterranei 1. È vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei. 2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima. 3. L’organo di vigilanza può consentire l’uso dei locali chiusi sotterranei o
  • 4. semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2. E inoltre bisogna rilevare che sul tema dei locali interrati e seminterrati si sono succedute in questi anni diverse definizioni, spesso mutevoli a seconda delle fonti di provenienza (normativa sull’edilizia scolastica, normativa antincendio su impianti termici a gas, regolamenti comunali, ...), come ben descritto in un articolo su PuntoSicuro da Gerardo Porreca. E sull’articolo 65 è intervenuta, ad esempio, anche la sentenza n. 35 del 19 gennaio 2010 del Tribunale penale di Lanciano, commentata dall’avvocato Rolando Dubini. È evidente che, in questa situazione normativa “articolata”, possano sorgere dubbi e interpretazioni diverse sui confini e sui criteri delle deroghe previste per legge. Proprio per dare una risposta ad alcuni di questi dubbi, è stato pubblicato dalla Commissione per gli interpelli l’Interpello n. 5/2015 del 24 giugno 2015 che ha per oggetto la “risposta al quesito relativo all'art. 65 del d.lgs. n. 81/2008 sui locali interrati e seminterrati”. Si parte da un’istanza di interpello da parte del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI) in merito alla corretta interpretazione dell'art. 65 del Testo Unico. Infatti il CNI scrive che ‘il decreto legislativo n. 81/2008 prevede, all'art.65, commi 2 e 3, che, in deroga, possono essere destinati al lavoro, locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche (comma 2) e comunque anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche (comma 3) in assenza di emissioni di agenti nocivi, assicurando sempre idonee condizioni di aerazione meccanica e/o naturale, di illuminazione artificiale e di microclima (bar, ristoranti, attività commerciali, ecc.). L'ordine degli ingegneri ritiene che, alle condizioni suddette, vi possa essere permanenza di lavoratori in detti locali per l'intera giornata lavorativa contrattuale". Quello che chiede dunque il Consiglio Nazionale degli Ingegneri alla Commissione è la “conferma della correttezza di tale interpretazione”. Prima di rispondere la Commissione per gli interpelli, prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro, segnala che “le modalità di utilizzo dei locali sotterranei o semisotterranei sono regolamentate dall'art. 65 del d.lgs. n. 81/2008”. E si sottolinea che il comma 3 dell'articolo “attribuisce all'organo di vigilanza il potere di ‘consentire l'uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti
  • 5. nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2’”. Ricordiamo, a questo proposito, che sui siti di molte Aziende Sanitarie Locali, sono presenti precise indicazioni relative alle documentazioni necessarie, ai criteri di deroga e alle linee guide per l’utilizzo di locali interrati e seminterrati destinati alla permanenza di persone per attività lavorativa. Torniamo all’interpello e alla risposta fornita dalla Commissione. Si indica che “il potere attribuito all' organo di vigilanza, dal succitato art. 65 comma 3, si concretizza in uno specifico potere autorizzativo atto a rimuovere, con un determinato provvedimento, i limiti posti dall'ordinamento all'utilizzazione dei locali sotterranei o semisotterranei, previa verifica della compatibilità di tale esercizio con il bene tutelato e costituito, nel caso in specie, dalla salute e sicurezza dei lavoratori”. Fatta questa premessa, il provvedimento di autorizzazione “deve essere congruamente motivato in ordine a quanto previsto al comma 3 dell'art. 65, il quale impone che le predette lavorazioni ‘non diano luogo ad emissione di agenti nocivi’, presuppone il rispetto del d.lgs. n. 81/2008 e, in particolare, richiede la verifica che si sia provveduto ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima (comma 2, art. 65, d.lgs. n. 81/2008)”. E si desume infine che “nell'ambito dell'atto autorizzativo anche eventuali limitazioni sull'orario di lavoro devono trovare una concreta e determinata motivazione strettamente correlata alle esigenze imposte e specificate dalla norma medesima”. (Articolo di Tiziano Menduto) Fonte: puntosicuro.it
  • 6. nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2’”. Ricordiamo, a questo proposito, che sui siti di molte Aziende Sanitarie Locali, sono presenti precise indicazioni relative alle documentazioni necessarie, ai criteri di deroga e alle linee guide per l’utilizzo di locali interrati e seminterrati destinati alla permanenza di persone per attività lavorativa. Torniamo all’interpello e alla risposta fornita dalla Commissione. Si indica che “il potere attribuito all' organo di vigilanza, dal succitato art. 65 comma 3, si concretizza in uno specifico potere autorizzativo atto a rimuovere, con un determinato provvedimento, i limiti posti dall'ordinamento all'utilizzazione dei locali sotterranei o semisotterranei, previa verifica della compatibilità di tale esercizio con il bene tutelato e costituito, nel caso in specie, dalla salute e sicurezza dei lavoratori”. Fatta questa premessa, il provvedimento di autorizzazione “deve essere congruamente motivato in ordine a quanto previsto al comma 3 dell'art. 65, il quale impone che le predette lavorazioni ‘non diano luogo ad emissione di agenti nocivi’, presuppone il rispetto del d.lgs. n. 81/2008 e, in particolare, richiede la verifica che si sia provveduto ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima (comma 2, art. 65, d.lgs. n. 81/2008)”. E si desume infine che “nell'ambito dell'atto autorizzativo anche eventuali limitazioni sull'orario di lavoro devono trovare una concreta e determinata motivazione strettamente correlata alle esigenze imposte e specificate dalla norma medesima”. (Articolo di Tiziano Menduto) Fonte: puntosicuro.it