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News 17/SSL/2015
Lunedì, 04 Maggio 2015
Maggiorazione contributiva ex lavoratori scoibentazione amianto, circolare Inps
L'articolo 13, c. 2 della L. 257/1992, n. 257*, ha stabilito che i lavoratori:
1. occupati nelle imprese che utilizzano oppure estraggono amianto, impegnate in
processi di ristrutturazione e riconversione produttiva, anche se in corso di
dismissione o sottoposte a procedure fallimentari e;
2. che possano far valere nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità,
la vecchiaia ed i superstiti almeno trenta anni di anzianità assicurativa e
contributiva… hanno facoltà di richiedere la concessione di un trattamento di
pensione …con una maggiorazione dell’anzianità assicurativa e contributiva
pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei trentacinque
anni.
Fatto riferimento a quanto detto sopra, la circolare dell’Inps n. 80 del 21 aprile 2015,
ha emanato alcuni chiarimenti sulla materia.
Fra gli altri ha ricordato che, per effetto del c. 117 dell’art 1 della L. 190/2014 (Legge
di Stabilità 2015) … le disposizioni si applicano, “ai fini del conseguimento del diritto
alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso dell’anno 2015, anche agli
ex lavoratori occupati nelle imprese che hanno svolto attività di scoibentazione e
bonifica:
a) che hanno cessato il loro rapporto di lavoro per effetto della chiusura, dismissione
o fallimento dell’impresa presso cui erano occupati e il cui sito e’ interessato da
piano di bonifica da parte dell’ente territoriale;
b) che non hanno maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla
normativa vigente;
c) che risultano ammalati con patologia asbesto-correlata accertata e
riconosciuta…”.
Gli interessati, inoltre non devono essere titolari di pensione di invalidità, di pensione
di inabilità o di assegno ordinario di invalidità.
Ai trattamenti pensionistici di anzianità si applica la disciplina in materia di regime
delle decorrenze vigenti prima dell’entrata in vigore del Decreto legge n. 201 del
2011(Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti
pubblici)…. (Articolo di Enzo Gonano)
* Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto. Art. 13. – Trattamento
straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato.
**… in ogni caso non superiore al periodo compreso tra la data di risoluzione del
rapporto e quella del compimento di sessanta anni, se uomini, o cinquantacinque
anni se donne (art. 22 della L 153/1969, Revisione degli ordinamenti pensionistici e
norme in materia di sicurezza sociale).
Fonte: quotidianosicurezza.it e circolare inps 80 21 aprile 2015
La UNI 11578/2015 requisiti e metodi di prova degli ancoraggi permanenti
“Grazie alla recente norma Uni 11578:2015* viene realizzato un altro importante
passo avanti nella risoluzione delle problematiche legate alle carenze di tipo
legislativo e, soprattutto, di normativa tecnica relative ai dispositivi di ancoraggio a
cui vanno fissati i sistemi individuali di protezione contro le cadute dall’alto”.
Questo il commento dell’Inail dopo la pubblicazione della norma Uni che è entrata
in vigore il 9 aprile scorso.
La 11578 è stata favorevolmente accolta nel settore perchè migliora i requisiti e i
metodi di prova previste dalle precedenti Uni En 795:2012 e Uni Cen Ts 16415:2013,
conferendo una maggiore affidabilitàsulla sicurezza del dispositivo, e consentendo
l’impiego, in quanto idonei all’uso, dei dispositivi riconosciuti conformi alle
precedenti norme.
La nuova UNI indica queste tre tipologie di dispositivi di ancoraggio destinati
all’installazione permanente progettati per l’utilizzo coi dispostivi di protezione
individuale contro le cadute dall’alto:
1. dispositivo di tipo A (ancoraggio puntuale con uno o più punti di ancoraggio
non scorrevoli);
2. dispositivo di tipo C (ancoraggio lineare che utilizza una linea di ancoraggio
flessibile che devia dall’orizzontale di non più di 15°);
3. dispositivo di tipo D (ancoraggio lineare che utilizza una linea di ancoraggio
rigida che devia dall’orizzontale di non più di 15°).
Sui “Dispositivi di ancoraggio per la protezione contro le cadute dall’alto” aveva
fornito chiarimenti la circolare interministeriale n. 3/2015 del 13/2/2015, per la quale:
• i dispositivi di ancoraggio installati permanentemente nelle opere di
costruzione, quindi fissi e non trasportabili, non rientrano nel campo di
applicazione del DLgs. n. 475/92** e pertanto, non devono riportare la
marcatura CE come Dpi;
• i dispositivi di ancoraggio destinati ad essere installati permanentemente in
opere di costruzione sono da considerare prodotti da costruzione e come tali
rientrano nel campo di applicazione del Regolamento (UE) n. 305/2011 del
Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011 che fissa condizioni
armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione…
* “Dispositivi di ancoraggio destinati all’installazione permanente – Requisiti e metodi
di prova”, pubblicata dalla Commissione tecnica sicurezza Uni.
** “Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, in
materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di
protezione individuale”. (Articolo di Enzo Gonano)
Fonte: quotidianosicurezza.it
Sentenza della Cassazione esclude il risarcimento agli eredi per prescrizione
Se la malattia professionale è prescritta, agli eredi non spetta alcun risarcimento. Lo
afferma la sent. 2.4.2015, n. 6769 della Cassazione civile, Sez. lavoro.
Il caso. La corte territoriale ha rilevato che la malattia professionale contratta da un
dipendente tra il 1969 e il 1976 e con stabilizzazione dei postumi, non era stata causa
del decesso del lavoratore, avvenuto nel 1989. La richiesta degli eredi di ottenere il
risarcimento è stata effettuata nel 2000, ossia undici anni dopo il decesso del
lavoratore, ma è stata respinta.
Contro la sentenza sono ricorsi gli eredi del lavoratore, fra l’altro, per vizio di
motivazione della sentenza, “in ragione della omessa consulenza tecnica medico
legale in appello, dell’erroneo utilizzo delle risultanze della consulenza di primo
grado, della mancata ricostruzione dello stato di salute del ricorrente e della
mancata considerazione dell’efficienza debilitante che la malattia professionale
aveva avuto e dunque della rilevanza concausale della stessa nella morte del
lavoratore”.
“La sentenza impugnata” sottolinea la Cassazione, ha invece verificato “che la
morte del lavoratore è dipesa da cause autonome rispetto alla tecnopatia
riconosciuta molti anni prima, le cui patologie sono rimaste immutate e non hanno
subito aggravamenti da molti anni prima del decesso del lavoratore”.
Su tale valutazione causale del decesso “non possono assumere rilievo le deduzioni
del ricorrente in ordine alla incidenza indiretta di altre patologie, per aver indebolito
le difese dell’organismo del lavoratore ed inciso sui caratteri della malattia
sopravvenute, accelerandone il decorso verso l’esito letale”.
Infatti “a distanza di molti anni, deve rilevarsi che il nesso eziologico è interrotto dalla
sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l’evento, tale da far
degradare le cause antecedenti a semplici occasioni”, cosicchè “va escluso un
ruolo concausale della malattia professionale in relazione alla morte verificatesi
molti anni dopo, per patologie del tutto autonome e distinte”.
Ne deriva, conclude la sentenza, “poiché la morte del lavoratore non è
configurabile quale sviluppo e conseguenza delle patologie professionali, ma è
conseguenza di patologia del tutto autonoma, che essa non rileva ai fini della
decorrenza del termine di prescrizione dell’azione risarcitoria nei confronti del datore
di lavoro”. L’azione risarcitoria del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, si fa
osservare nella sentenza della Cassazione, è soggetta comunque al termine
prescrizionale ordinario, che decorre dal momento in cui il lavoratore aveva potuto
avere piena consapevolezza della malattia (nel caso, dal 1974, anno di
riconoscimento della rendita da parte dell’Inail e il termine decennale era quindi già
decorso al momento della morte del lavoratore). (Articolo di Enzo Gonano)
* Sentenza n. 19022 del 11/09/2007, Cassazione, Sez. Lavoro (“in tema di risarcimento del danno
subito dal lavoratore per effetto della mancata tutela da parte del datore delle condizioni di lavoro,
in violazione degli obblighi imposti dall’art. 2087 c.c., la prescrizione – decennale, ove il lavoratore
esperisca l’azione contrattuale – decorre dal momento in cui il danno si è manifestato, divenendo
oggettivamente percepibile e riconoscibile”).
Fonte:quotidianosicurezza.it
Sulla non responsabilità del CSE in caso di sospensione dei lavori
Gli obblighi del CSE presuppongono che i lavori in cantiere siano in esecuzione per
consentire il controllo di quanto previsto nel PSC. Una verifica nel caso di
sospensione dei lavori non avrebbe alcun significato .
Ci si è sempre chiesti quali siano le responsabilità del coordinatore per la sicurezza in
fase di esecuzione (CSE) in un cantiere temporaneo o mobile nel caso che un
infortunio sul lavoro si verifichi sì per una carenza di misure di sicurezza previste nel
PSC ma in un cantiere nel quale i lavori sono stati sospesi. Con questa sentenza la
Corte di Cassazione fornisce degli elementi utili per la individuazione delle eventuali
responsabilità del coordinatore per l’esecuzione in circostanze del genere. Il CSE,
ha sostenuto la suprema Corte nella sentenza, ha l’obbligo di controllare il corretto
adempimento degli obblighi di sicurezza in un cantiere temporaneo o mobile, in
relazione alle previsioni del piano di sicurezza e di coordinamento, per cui una
verifica nel caso di una sospensione indeterminata dei lavori non avrebbe alcun
significato né un riconoscibile scopo pratico. Peraltro una estemporanea e non
programmata ripresa dei lavori non può essere dallo stesso impedita o prevenuta in
mancanza di poteri coercitivi specifici diversi dalle mere segnalazioni formali al
committente delle inadempienze. (Estratto da un articolo di Gerardo Porreca)
Fonte:puntosicuro.it
Ponteggi Facciata/ Studio Inail comportamento meccanico strutturale
Realizzato dall’INAIL uno studio empirico con l’obiettivo di analizzare e verificare
il comportamento strutturale dei dispositivi di collegamento montante-traverso
neiponteggi metallici fissi di facciata realizzati con sistemi modulari.
Scopo primario dei test meccanici è quello di determinare il valore nominale della
resistenza caratteristica, facendo riferimento alla UNI EN 12811-3:2005.
Secondo la suddetta norma la valutazione della resistenza deve essere effettuata
sulla base dei risultati delle prove sperimentali, per le quali la stessa fornisce i requisiti
da rispettare.
Essi risultano comunque generici e riguardano le prove di carico su attrezzature di
lavoro in generale.
Dopo un’attenta analisi della norma, viene proposta nel presente lavoro
unaprocedura di prova per la valutazione del dispositivo di collegamento montante
traverso, compatibile con i requisiti generali imposti dalla UNI EN 12811-3:2005.
Lo studio comprende inoltre una fase sperimentale che ha avuto lo scopo di
acquisire elementi utili per la messa a punto della procedura stessa.
Lo studio comprende inoltre una fase sperimentale che ha avuto lo scopo di
acquisire elementi utili per la messa a punto della procedura stessa.
Fonte:checklistsicurezza.it
Ponteggi Facciata/ Studio Inail comportamento meccanico strutturale
Realizzato dall’INAIL uno studio empirico con l’obiettivo di analizzare e verificare
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Lo studio comprende inoltre una fase sperimentale che ha avuto lo scopo di
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News SSL 17 2015

  • 1. News 17/SSL/2015 Lunedì, 04 Maggio 2015 Maggiorazione contributiva ex lavoratori scoibentazione amianto, circolare Inps L'articolo 13, c. 2 della L. 257/1992, n. 257*, ha stabilito che i lavoratori: 1. occupati nelle imprese che utilizzano oppure estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione produttiva, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari e; 2. che possano far valere nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti almeno trenta anni di anzianità assicurativa e contributiva… hanno facoltà di richiedere la concessione di un trattamento di pensione …con una maggiorazione dell’anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei trentacinque anni. Fatto riferimento a quanto detto sopra, la circolare dell’Inps n. 80 del 21 aprile 2015, ha emanato alcuni chiarimenti sulla materia. Fra gli altri ha ricordato che, per effetto del c. 117 dell’art 1 della L. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015) … le disposizioni si applicano, “ai fini del conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso dell’anno 2015, anche agli ex lavoratori occupati nelle imprese che hanno svolto attività di scoibentazione e bonifica: a) che hanno cessato il loro rapporto di lavoro per effetto della chiusura, dismissione o fallimento dell’impresa presso cui erano occupati e il cui sito e’ interessato da piano di bonifica da parte dell’ente territoriale; b) che non hanno maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente; c) che risultano ammalati con patologia asbesto-correlata accertata e riconosciuta…”. Gli interessati, inoltre non devono essere titolari di pensione di invalidità, di pensione di inabilità o di assegno ordinario di invalidità. Ai trattamenti pensionistici di anzianità si applica la disciplina in materia di regime delle decorrenze vigenti prima dell’entrata in vigore del Decreto legge n. 201 del 2011(Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici)…. (Articolo di Enzo Gonano)
  • 2. * Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto. Art. 13. – Trattamento straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato. **… in ogni caso non superiore al periodo compreso tra la data di risoluzione del rapporto e quella del compimento di sessanta anni, se uomini, o cinquantacinque anni se donne (art. 22 della L 153/1969, Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale). Fonte: quotidianosicurezza.it e circolare inps 80 21 aprile 2015 La UNI 11578/2015 requisiti e metodi di prova degli ancoraggi permanenti “Grazie alla recente norma Uni 11578:2015* viene realizzato un altro importante passo avanti nella risoluzione delle problematiche legate alle carenze di tipo legislativo e, soprattutto, di normativa tecnica relative ai dispositivi di ancoraggio a cui vanno fissati i sistemi individuali di protezione contro le cadute dall’alto”. Questo il commento dell’Inail dopo la pubblicazione della norma Uni che è entrata in vigore il 9 aprile scorso. La 11578 è stata favorevolmente accolta nel settore perchè migliora i requisiti e i metodi di prova previste dalle precedenti Uni En 795:2012 e Uni Cen Ts 16415:2013, conferendo una maggiore affidabilitàsulla sicurezza del dispositivo, e consentendo l’impiego, in quanto idonei all’uso, dei dispositivi riconosciuti conformi alle precedenti norme. La nuova UNI indica queste tre tipologie di dispositivi di ancoraggio destinati all’installazione permanente progettati per l’utilizzo coi dispostivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto: 1. dispositivo di tipo A (ancoraggio puntuale con uno o più punti di ancoraggio non scorrevoli); 2. dispositivo di tipo C (ancoraggio lineare che utilizza una linea di ancoraggio flessibile che devia dall’orizzontale di non più di 15°); 3. dispositivo di tipo D (ancoraggio lineare che utilizza una linea di ancoraggio rigida che devia dall’orizzontale di non più di 15°). Sui “Dispositivi di ancoraggio per la protezione contro le cadute dall’alto” aveva fornito chiarimenti la circolare interministeriale n. 3/2015 del 13/2/2015, per la quale: • i dispositivi di ancoraggio installati permanentemente nelle opere di costruzione, quindi fissi e non trasportabili, non rientrano nel campo di applicazione del DLgs. n. 475/92** e pertanto, non devono riportare la marcatura CE come Dpi; • i dispositivi di ancoraggio destinati ad essere installati permanentemente in opere di costruzione sono da considerare prodotti da costruzione e come tali
  • 3. rientrano nel campo di applicazione del Regolamento (UE) n. 305/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011 che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione… * “Dispositivi di ancoraggio destinati all’installazione permanente – Requisiti e metodi di prova”, pubblicata dalla Commissione tecnica sicurezza Uni. ** “Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale”. (Articolo di Enzo Gonano) Fonte: quotidianosicurezza.it Sentenza della Cassazione esclude il risarcimento agli eredi per prescrizione Se la malattia professionale è prescritta, agli eredi non spetta alcun risarcimento. Lo afferma la sent. 2.4.2015, n. 6769 della Cassazione civile, Sez. lavoro. Il caso. La corte territoriale ha rilevato che la malattia professionale contratta da un dipendente tra il 1969 e il 1976 e con stabilizzazione dei postumi, non era stata causa del decesso del lavoratore, avvenuto nel 1989. La richiesta degli eredi di ottenere il risarcimento è stata effettuata nel 2000, ossia undici anni dopo il decesso del lavoratore, ma è stata respinta. Contro la sentenza sono ricorsi gli eredi del lavoratore, fra l’altro, per vizio di motivazione della sentenza, “in ragione della omessa consulenza tecnica medico legale in appello, dell’erroneo utilizzo delle risultanze della consulenza di primo grado, della mancata ricostruzione dello stato di salute del ricorrente e della mancata considerazione dell’efficienza debilitante che la malattia professionale aveva avuto e dunque della rilevanza concausale della stessa nella morte del lavoratore”. “La sentenza impugnata” sottolinea la Cassazione, ha invece verificato “che la morte del lavoratore è dipesa da cause autonome rispetto alla tecnopatia riconosciuta molti anni prima, le cui patologie sono rimaste immutate e non hanno subito aggravamenti da molti anni prima del decesso del lavoratore”. Su tale valutazione causale del decesso “non possono assumere rilievo le deduzioni del ricorrente in ordine alla incidenza indiretta di altre patologie, per aver indebolito le difese dell’organismo del lavoratore ed inciso sui caratteri della malattia sopravvenute, accelerandone il decorso verso l’esito letale”. Infatti “a distanza di molti anni, deve rilevarsi che il nesso eziologico è interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l’evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni”, cosicchè “va escluso un
  • 4. ruolo concausale della malattia professionale in relazione alla morte verificatesi molti anni dopo, per patologie del tutto autonome e distinte”. Ne deriva, conclude la sentenza, “poiché la morte del lavoratore non è configurabile quale sviluppo e conseguenza delle patologie professionali, ma è conseguenza di patologia del tutto autonoma, che essa non rileva ai fini della decorrenza del termine di prescrizione dell’azione risarcitoria nei confronti del datore di lavoro”. L’azione risarcitoria del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, si fa osservare nella sentenza della Cassazione, è soggetta comunque al termine prescrizionale ordinario, che decorre dal momento in cui il lavoratore aveva potuto avere piena consapevolezza della malattia (nel caso, dal 1974, anno di riconoscimento della rendita da parte dell’Inail e il termine decennale era quindi già decorso al momento della morte del lavoratore). (Articolo di Enzo Gonano) * Sentenza n. 19022 del 11/09/2007, Cassazione, Sez. Lavoro (“in tema di risarcimento del danno subito dal lavoratore per effetto della mancata tutela da parte del datore delle condizioni di lavoro, in violazione degli obblighi imposti dall’art. 2087 c.c., la prescrizione – decennale, ove il lavoratore esperisca l’azione contrattuale – decorre dal momento in cui il danno si è manifestato, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile”). Fonte:quotidianosicurezza.it Sulla non responsabilità del CSE in caso di sospensione dei lavori Gli obblighi del CSE presuppongono che i lavori in cantiere siano in esecuzione per consentire il controllo di quanto previsto nel PSC. Una verifica nel caso di sospensione dei lavori non avrebbe alcun significato . Ci si è sempre chiesti quali siano le responsabilità del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE) in un cantiere temporaneo o mobile nel caso che un infortunio sul lavoro si verifichi sì per una carenza di misure di sicurezza previste nel PSC ma in un cantiere nel quale i lavori sono stati sospesi. Con questa sentenza la Corte di Cassazione fornisce degli elementi utili per la individuazione delle eventuali responsabilità del coordinatore per l’esecuzione in circostanze del genere. Il CSE, ha sostenuto la suprema Corte nella sentenza, ha l’obbligo di controllare il corretto adempimento degli obblighi di sicurezza in un cantiere temporaneo o mobile, in relazione alle previsioni del piano di sicurezza e di coordinamento, per cui una verifica nel caso di una sospensione indeterminata dei lavori non avrebbe alcun significato né un riconoscibile scopo pratico. Peraltro una estemporanea e non programmata ripresa dei lavori non può essere dallo stesso impedita o prevenuta in mancanza di poteri coercitivi specifici diversi dalle mere segnalazioni formali al committente delle inadempienze. (Estratto da un articolo di Gerardo Porreca) Fonte:puntosicuro.it
  • 5. Ponteggi Facciata/ Studio Inail comportamento meccanico strutturale Realizzato dall’INAIL uno studio empirico con l’obiettivo di analizzare e verificare il comportamento strutturale dei dispositivi di collegamento montante-traverso neiponteggi metallici fissi di facciata realizzati con sistemi modulari. Scopo primario dei test meccanici è quello di determinare il valore nominale della resistenza caratteristica, facendo riferimento alla UNI EN 12811-3:2005. Secondo la suddetta norma la valutazione della resistenza deve essere effettuata sulla base dei risultati delle prove sperimentali, per le quali la stessa fornisce i requisiti da rispettare. Essi risultano comunque generici e riguardano le prove di carico su attrezzature di lavoro in generale. Dopo un’attenta analisi della norma, viene proposta nel presente lavoro unaprocedura di prova per la valutazione del dispositivo di collegamento montante traverso, compatibile con i requisiti generali imposti dalla UNI EN 12811-3:2005. Lo studio comprende inoltre una fase sperimentale che ha avuto lo scopo di acquisire elementi utili per la messa a punto della procedura stessa. Lo studio comprende inoltre una fase sperimentale che ha avuto lo scopo di acquisire elementi utili per la messa a punto della procedura stessa. Fonte:checklistsicurezza.it
  • 6. Ponteggi Facciata/ Studio Inail comportamento meccanico strutturale Realizzato dall’INAIL uno studio empirico con l’obiettivo di analizzare e verificare il comportamento strutturale dei dispositivi di collegamento montante-traverso neiponteggi metallici fissi di facciata realizzati con sistemi modulari. Scopo primario dei test meccanici è quello di determinare il valore nominale della resistenza caratteristica, facendo riferimento alla UNI EN 12811-3:2005. Secondo la suddetta norma la valutazione della resistenza deve essere effettuata sulla base dei risultati delle prove sperimentali, per le quali la stessa fornisce i requisiti da rispettare. Essi risultano comunque generici e riguardano le prove di carico su attrezzature di lavoro in generale. Dopo un’attenta analisi della norma, viene proposta nel presente lavoro unaprocedura di prova per la valutazione del dispositivo di collegamento montante traverso, compatibile con i requisiti generali imposti dalla UNI EN 12811-3:2005. Lo studio comprende inoltre una fase sperimentale che ha avuto lo scopo di acquisire elementi utili per la messa a punto della procedura stessa. Lo studio comprende inoltre una fase sperimentale che ha avuto lo scopo di acquisire elementi utili per la messa a punto della procedura stessa. Fonte:checklistsicurezza.it