Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1832), uno dei più importanti autori e poeti di tutti i tempi, definito come l’ultimo genio rinascimentale, è stato non solo un grande poeta, ma anche un pittore, uno scienziato e un pensatore a “tutto tondo”. Nel saggio Zur Farbenlehre (“Della Teoria dei Colori”) illustra la sua teoria scientifica sui colori e sulla loro percezione che, nelle sue intenzioni, doveva rappresentare un nuovo modo di intendere non solo l’ottica, ma la fisica e, più in generale, la scienza. Si tratta di uno scritto che si discosta molto dalle sue creazioni letterarie, anche se ne contiene al suo interno lo stile poetico associato a una visione scientifica, e mette in risalto la complessità del fenomeno cromatico e l’ingerenza non trascurabile che ha l’organo della vista nei confronti della percezione luminosa. Nondimeno, approfondendo l’azione sensibile e morale del colore e la sua funzione estetica e artistica, Goethe si pone in contrapposizione a una visione Newtoniana strettamente scientifica del fenomeno, ridando dignità sensibile e poetica al fenomeno. In questa breve esposizione si vuole affrontare la critica Goethiana alla teoria della luce e del colore di Newton, mettendo in luce il grido di protesta contro ciò che Goethe ritiene una insopportabile e inconcepibile tirannia della matematica e dell’ottica, riconoscendo - attraverso una visione puramente romantica del fenomeno - che i colori sono qualche cosa di vivo e di umano, e che trovano la loro completa giustificazione fenomenologia sia nella macchina fisica che è l’occhio umano e nel meccanismo della visione, ma anche e soprattutto nella spiritualità e nell’animo dell’osservatore.
Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1832), uno tra i più importanti autori e poeti di tutti i tempi, definito come l’ultimo genio rinascimentale, è stato non solo un grande letterato, ma anche un pittore, uno scienziato e un pensatore a “tutto tondo”. Nel saggio Zur Farbenlehre (“Della Teoria dei Colori”) [ ] illustra la sua teoria scientifica – o come l’hanno considerata alcuni detrattori “prescientifica” - sui colori e sulla loro percezione che, nelle sue intenzioni, doveva rappresentare un nuovo modo di interpretare non solo l’ottica, ma la fisica e, più in generale, la scienza. Si tratta di uno scritto che si discosta molto dalle sue composizioni letterarie, anche se ne contiene al suo interno lo stile poetico associato però a una visione scientifica, e mette in risalto la complessità del fenomeno cromatico e l’ingerenza non trascurabile che ha l’organo della vista nei confronti della percezione luminosa e della sua traslitterazione nel colore. Nondimeno, approfondendo l’azione sensibile e etico-morale del colore, e la sua funzione estetica e artistica, Goethe si pone in contrapposizione, in una “onorevole contesa”, alla visione Newtoniana strettamente scientifica del fenomeno, ridando dignità sensibile e poetica al fenomeno fisico. In questa breve esposizione si vuole affrontare la critica Goethiana alla teoria della luce e del colore di Newton, facendo notare il grido di protesta contro ciò che Goethe ritiene una insopportabile e inconcepibile tirannia della matematica e della fisica, nel caso particolare dell’ottica, riconoscendo - attraverso una visione che possiamo certamente definire puramente romantica del fenomeno - che i colori sono qualche cosa di vivo e di umano, e che trovano la loro completa giustificazione fenomenologia in quella macchina fisica che è l’occhio umano e nel meccanismo della visione, ma anche e soprattutto nella spiritualità e nell’animo dell’osservatore, con una metrica di giudizio che seppure deve generalizzare in forma universale, deve tuttavia conservare quella sfumatura che è l’interpretazione personale.
Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1832), uno tra i più importanti autori e poeti di tutti i tempi, definito come l’ultimo genio rinascimentale, è stato non solo un grande letterato, ma anche un pittore, uno scienziato e un pensatore a “tutto tondo”. Nel saggio Zur Farbenlehre (“Della Teoria dei Colori”) [ ] illustra la sua teoria scientifica – o come l’hanno considerata alcuni detrattori “prescientifica” - sui colori e sulla loro percezione che, nelle sue intenzioni, doveva rappresentare un nuovo modo di interpretare non solo l’ottica, ma la fisica e, più in generale, la scienza. Si tratta di uno scritto che si discosta molto dalle sue composizioni letterarie, anche se ne contiene al suo interno lo stile poetico associato però a una visione scientifica, e mette in risalto la complessità del fenomeno cromatico e l’ingerenza non trascurabile che ha l’organo della vista nei confronti della percezione luminosa e della sua traslitterazione nel colore. Nondimeno, approfondendo l’azione sensibile e etico-morale del colore, e la sua funzione estetica e artistica, Goethe si pone in contrapposizione, in una “onorevole contesa”, alla visione Newtoniana strettamente scientifica del fenomeno, ridando dignità sensibile e poetica al fenomeno fisico. In questa breve esposizione si vuole affrontare la critica Goethiana alla teoria della luce e del colore di Newton, facendo notare il grido di protesta contro ciò che Goethe ritiene una insopportabile e inconcepibile tirannia della matematica e della fisica, nel caso particolare dell’ottica, riconoscendo - attraverso una visione che possiamo certamente definire puramente romantica del fenomeno - che i colori sono qualche cosa di vivo e di umano, e che trovano la loro completa giustificazione fenomenologia in quella macchina fisica che è l’occhio umano e nel meccanismo della visione, ma anche e soprattutto nella spiritualità e nell’animo dell’osservatore, con una metrica di giudizio che seppure deve generalizzare in forma universale, deve tuttavia conservare quella sfumatura che è l’interpretazione personale.
Stop guessing colors! A system to help you build a UX Design color palette.UXPA International
Picking colors is often frustrating: so many options! Art history, cultural differences, color theory, brand guidelines, and usability inform our decisions.
This presentation offers a systematic approach to color for UX design. Based on value contrast first, we will approach color selection as a system, rather than a series of unrelated choices.
La presentazione della sezione Design al Ninja Camp 2011. Un po' di nozioni base di visual design e di teoria dei colori. Dalla semiotica al campo visivo, dal significato psicologico dei colori al loro abbinamento.
Describes the Color Theory History.
Please send comments and suggestions for improvements to solo.hermelin@gmail.com. Thanks.
For more presentations on other subjects please visit my website at http://www.solohermelin.com.
Vengono presentate le vite di alcuni scienziati (Archimede, Bohr, Copernico, Curie Marie, Darwin, Einstein, Fibonacci) scandite nelle fasi della loro vita, in relazione a scoperte fatte ed esperienze vissute.
La storia dell’arcobaleno è antica quanto la storia della scienza. Già Alessandro di Afrodisia (III sec. – II sec a.C.) aveva cercato di descrivere l’arcobaleno come fenomeno di luce e colori e a lui si assegna la paternità della scoperta della zona scura tra l’arcobaleno primario e quello secondario. Si deve invece ad Aristotele (384 o 383 – 322 a.C.) una prima completa descrizione del fenomeno ottico: «L’arcobaleno non forma mai un’intera circonferenza e nemmeno un arco maggiore di una semicirconferenza. Al tramonto e all’alba lo spessore dell’arco è stretto e l’arco ha la massima estensione. Quando il sole si alza maggiormente nel cielo lo spessore si allarga e la lunghezza dell’arco si riduce. Dopo l’equinozio d’autunno, nei giorni più corti, può essere visto a qualunque ora del giorno; in estate non può essere visto nelle ore del mezzogiorno. Non ci sono mai più di due arcobaleni nello stesso tempo. Ognuno di essi ha tre colori. I colori sono gli stessi in entrambi e il loro numero è identico, ma nell’arcobaleno esterno sono più deboli e la loro posizione è invertita. Nell’arcobaleno interno la prima e più larga striscia è rossa; in quello esterno la striscia più vicina a quello interno è dello stesso colore ma più stretta. Per le altre strisce vale lo stesso principio. Queste hanno gli unici colori che i pittori non possono fabbricarsi, dato che ci sono colori da essi creati con misture, ma nessuna mistura può dare il rosso, il verde e il blu. Questi sono i colori dell’arcobaleno, per quanto talora tra il rosso e il verde si possa vedere il giallo » [Aristotele, Meteorologia: Libro III]. In questo modo, l’arcobaleno entra a pieno titolo tra i fenomeni oggetto di studio da parte dei fisici anche se, secondo Lee e Fraser: « Despite its many flaws and its appeal to Pythagorean numerology, Aristotle’s qualitative explanation showed an inventiveness and relative consistency that was unmatched for centuries. After Aristotle’s death, much rainbow theory consisted of reaction to his work, although not all of this was uncritical » [Raymond L. Lee, Alistair B. Fraser. The rainbow bridge: rainbows in art, myth, and science. Penn State Press, 2001 p. 109 ]. La descrizione aristotelica dei colori dell’arcobaleno riduce a tre il loro numero e questa interpretazione fu accettata per molto tempo, con sottili differenze numerologiche associando i tre colori alla Trinità o altrimenti quattro colori associati ai quattro elementi della tradizione empedoclea. La riflessione della luce del sole tra le nuvole, lo studio dell’angolo di incidenza dei raggi luminosi, la spiegazione della forma circolare dell’arcobaleno, l’effetto ottico di profondità infinita rispetto all’origine del fenomeno luminoso sono tutte questioni che hanno incuriosito per secoli studiosi di differenti discipline.
LUCEBUIO Raul Gabriel , low resolution, ex cotonificio delle piane-Fondazion...Raul Gabriel
LUCEBUIO Raul Gabriel , low resolution, ex cotonificio delle piane-Fondazione Divisionismo Tortona-Museo Diocesano Tortona- testi di Paolo Bolpagni e Alessandro Beltrami
Progetto "Matematica e Storia" della classe 2Bc coordinata dalla prof. Manuela Piraccini e dalla prof. Anna Ranieri. A.S. 2017-2018 - Liceo Statale Vincenzo Monti Cesena
Università di Verona. Dipartimento di Scienze Giuridiche
Seminario del 25 novembre 2015 su "Natura e/o naturalità del diritto. Riflessioni filosofico-giuridiche"
(1) Introduzione
(2) La figura ed il pensiero di Giovanni Ambrosetti.
(3) La critica al naturalismo giuridico (pars destruens).
(4) La proposta del diritto naturale. Breve esposizione critica (pars construens)
(5) Conclusioni
Massimo Corradi & Claudia Tacchella.
Storia della Nautica.
Dalle origini agli inizi del X secolo.
In distribuzione su : www.lulu.com
In questo saggio si vuole raccontare la storia della nautica, dalle origini agli inizi del XX secolo, con alcuni cenni sulla nascita dello yacht e dei primi yacht club dal XVI al XIX secolo. Una particolare attenzione è stata dedicata allo sviluppo delle imbarcazioni a vela e dei loro progressi nei secoli XVII-XIX, cercando anche di offrire una panoramica delle imbarcazioni mercantili che sono state gli archetipi di quelle da diporto. Al fine di rendere la trattazione meno tecnica e più illustrativa si è fatto uso di un ricco apparato iconografico utile a far meglio comprendere caratteristiche, particolarità e differenze tra i diversi tipi di imbarcazioni utilizzati per li trasporto delle merci, per la pesca e, infine, per il diporto. Inoltre, si è ritenuto utile sviluppare argomenti minori - come le imbarcazioni da pesca e da lavoro soprattutto olandesi, antenate dello yacht moderno, le tipologie di imbarcazioni nella Russia di Pietro I, l'invenzione della deriva, e altro - con l'intento di raccontare microstorie meno note, e che hanno visto un minor interesse da parte degli studiosi, ma che riteniamo possano essere utili per arricchire la conoscenza del mondo della nautica e dell'arte della navigazione.
SUMMARY
In the XVII century, when one of the naval culture development center was focused mainly in the Mediterranean area,
disciplines such as geometry, mathematics, static and hydrodynamics had not yet been studied and early naval
architecture treatises were still influenced by empirical and descriptive knowledge typical of an oral rather than a
scientific tradition. Precisely is in this context that, in 1626, that Joseph Furttenbach (1591 - 1667) published
Architectura Navalis in Ulm. In his treatise he provides a summary of technical descriptions and a detailed account of
the construction of sailing boats, according to the Italian way of building, based on direct observation of shipyards.
Furttenbach relies on geometric drawings and a metric system of proportions to describe these techniques. Exactly for
this reason, the Architectura Navalis is considered one of the first shipbuilding treaties, and it has been used as a model
for many authors of the seventeenth and early eighteenth century.
SUMMARY
In the XVII century, when one of the naval culture development center was focused mainly in the Mediterranean area,
disciplines such as geometry, mathematics, static and hydrodynamics had not yet been studied and early naval
architecture treatises were still influenced by empirical and descriptive knowledge typical of an oral rather than a
scientific tradition. Precisely is in this context that, in 1626, that Joseph Furttenbach (1591 - 1667) published
Architectura Navalis in Ulm. In his treatise he provides a summary of technical descriptions and a detailed account of
the construction of sailing boats, according to the Italian way of building, based on direct observation of shipyards.
Furttenbach relies on geometric drawings and a metric system of proportions to describe these techniques. Exactly for
this reason, the Architectura Navalis is considered one of the first shipbuilding treaties, and it has been used as a model
for many authors of the seventeenth and early eighteenth century.
Fausto Veranzio (Faust Vrančić, 1551 - 1617) humanist, philosopher and Dalmatian historian, known for its Dictionarium Quinque Nobilissimarum Europae linguarum, Latinae, Italicae, Germanicae, Dalmaticae et Ungaricae (Venetiis, 1595) and Logica Nova (Venetiis, 1616) was, curiously, a forerunner of the Machine revolution, that will own the revolution of science and technical progress during the Industrial Revolution. Trained at the University of Padua also in mathematics, lover of science and the progress of mechanics and engineering, he publishes at the end of the sixteenth century a “visionary” treaty, where instead his visions will translate in actually built. His treatise on Machinae Novae (Venetiis, c. 1595 or 1616) is anticipating scientific and technological advances that will find fertile ground in the eighteenth and nineteenth centuries. The Veranzio design is not only imaginative illustration of a machine or a work of engineering, is rather precursor sign of a refined technology that will be developed in the following centuries. The suspension bridges imagined and designed by Veranzio are, for example, precognitions of an engineering that will be declined, with infinite facets of sign and design, with the introduction of cast iron, iron and steel in Architecture, almost two centuries after publication of his treatise. In this short note we will tell the traces, the visions and pre-visions of a Renaissance man who anticipates, with his ideas and his projects, the Iron architecture design and especially the suspension bridges.
The history of the rainbow is as old as that of science. The ancient Greek philosophers tried to describe the rainbow, and Aristotle was the first to fully include it among the phenomena studied by physicists. Sunlight reflected in the clouds, the incidence of light rays, the reason for the rainbow’s circular shape, the optical effect of an infinite depth are aspects that have for centuries intrigued scholars, who studied the rainbow with a mixture science and alchemy, sense and sensibility. In the 17th century the rainbow became a strictly physical phenomenon, the object of rigorous investigations according to the law of reflection and refraction. Here we survey this often forgotten history, from ancient Greeks to modern scientists, the rainbow’s colours belonging to the world of physics but also—as Thomas Young wrote in 1803—to the world of speculation and imagination.
The Art of War is a subject that has enthusiast for centuries not only the military but also historians, architects, engineers, mathematicians and scholars of other disciplines that have produced a large number of articles, essays and books. Nevertheless, the Art of War has gone through all periods of history, from antiquity to the present day, gradually adapting to the evolution of techniques and weapons technologies, tactics and military strategy, thanks to what we call a particular “passion” of man to prevaricate his fellows. Simultaneously, in Architecture and Urban Planning, the will to fortify cities and towns, castles and fortresses, create defensive and offensive works, stimulated the intelligence of leaders and military men, architects, engineers and mathematicians who have offered their speculative abilities to compose treaties of fortification and military architecture, introducing what will be the “Star Fort” or “tracé à l'italienne” in the Renaissance. The purpose of this note is retraces, in that span of time ranging from the sixteenth century to the eighteenth century and face even briefly the developments, the steps and the interferences between art and architecture, empirical science and applied sciences, in a big tourbillon studies and research which, although carried out in the fields and distant disciplines together, they have a common denominator in the more general science applied to the architecture of the fortifications and defensive systems.
Nombres et grandeurs, arithmétique et géométrie ont toujours accompagné les développements de la Mécanique appliquée aux constructions. Les études poursuivies par Aristote et Stevin, par Varignon et Galilée, par Huygens et Euler, et encore celles de Jacques Bernoulli et de Leibniz, jusqu’à Lagrange et à Coulomb, ont permis la rencontre de l’Architecture et de la Géométrie, des Mathématiques et de la Mécanique, en déterminant, ainsi un véritable entrelacement de principes et de règles, de nombres et de grandeurs. À partir des fondements de la Mécanique médiévale, et parallèlement aux ‘préceptes’ de l’Art et de la Science du Bâtir, un fil conducteur s’est distingué, qui a su mener, pas à pas, à la découverte des principes de la Mécanique et, par la suite, à la formulation des bases de la Science des Constructions. Un parcours linguistique a traversé la théorie des proportions et la géométrie euclidienne, le calcul des isopérimètres et le calcul différentiel et intégral, en révolutionnant en peu de peu de temps, un siècle et demi à peu-près, les méthodes d’interprétation des principes statiques et mécaniques (en 1638 Galilée publie ses Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, en 1744 Euler publie son traité Methodus inveniendi lineas curvas…, en 1773 Coulomb écrit son Essai sur une application des Règles de Maximis & Minimis à quelques Problèmes de Statique, relatifs à l’Architecture) Il ne s’agit plus là de principes qui ne sont tirés que de l’interprétation du comportement mécanique de machines simples et, par l’emploi des mathématiques élémentaires, ayant l’objectif de comprendre le comportement structural des constructions, mais de l’emploi du calcul mathématique dans le but de décrire les phénomènes et d’introduire des instruments d’analyse, généralement valables, à même de représenter les fondements mécaniques de la science du bâtir. Un parcours nettement plus « rationnel » et plus « scientifique », qui a dépassé le « savoir de l’ancien constructeur » qui, n’utilisant que l’arithmétique, l’algèbre élémentaire et la géométrie euclidienne, avait été, jusqu’à ce moment là, le guide et l’âme, la raison et la logique nécessaires pour « faire » de l’architecture, dans le but d’utiliser les principes mécaniques afin de gagner cette « immense » lutte entre la pesanteur et la résistance qui constitue à elle seule l’intérêt de la belle architecture [Schopenhauer]. Pouvoir reparcourir le déroulement de cet écheveau si emmêlé, ne peut donc que représenter un encouragement nécessaire et remarquable permettant la redécouverte des connexions, des interférences et des contrastes que les mathématiques ont su mettre en relief entre géométrie et construction, entre arithmétique et résistance des matériaux, entre mécanique et architecture, en apportant, en même temps, une petite contribution au débat concernant le rôle de la pensée mathématique dans les développements de la Mécanique appliquée aux constructions et de l’Architecture.
La lettura verte su una tematica che si rivela fondamentale per tutti i campi dell’Ingegneria, la Resistenza dei solidi e, più in generale la Meccanica dell’Ingegneria nelle ricerche dal XVII al XVIII secolo, un periodo che è da considerare tra i più fervidi e ricchi di risultati, fondante; l’argomento è studiato e visto però non solo nella sostanza applicativa così come si è sedimentato nelle conoscenze attuali che fanno parte del bagaglio culturale e scientifico degli Ingegneri e degli Architetti ma soprattutto, come si è detto, nell’analisi dei meccanismi, delle incentivazioni, degli intenti ora ideali o speculativi, ora pratici, che hanno determinato le linee di sviluppo dell’ingegneria, della ricerca, della formazione degli ingegneri, al fine di ricostituire la continuità degli sviluppi disciplinari soprattutto per un segmento significativo della storia dell’ingegneria. È da rilevare, a questo proposito, che l'Autore pone opportunamente in evidenza, tra l’altro, quanto complesse e profonde siano le basi teoriche e le stesse motivazioni umane oltre che applicative sulle quali si fonda l’ingegneria e quanto estese siano le specializzazioni che questa comprende sino a raggiungere portata per molti versi globalizzante. La lezione è quindi, in sostanza, un vero trattato di fondamenti della “scienza dell’ingegnere”, perché sono presi in considerazione gli aspetti filosofici, matematici, geometrici, fisici, teorici e applicativi e perfino, per quanto concerne le relazioni tra i vari ricercatori, sociali e umani, restituendo l’attività dell’ingegnere al più vasto ambito di attento studioso della natura, interprete delle leggi naturali secondo le esigenze ideali, filosofiche e civili oltre che tecniche e scientifiche, della società. Le sue argomentazioni inducono la fondata convinzione che le ricerche sui temi della costruzione, cioè di un settore modesto, neppure prioritario o centrale, basato sull’empirismo, abbiano assunto carattere paradigmatico ed anzi che esse si siano incentrate sulla conoscenza della realtà; ciò che dava il senso, dell’ingegneria del mondo esperibile, nella più vasta accezione di tale espressione, e in fondo, modificabile oltre che acquisibile con l’intelletto, assegnando all’Ingegnere e all’Architetto il compito di ideatore e costruttore del modello della natura. La conoscenza della storia dell’Ingegneria è dunque uno dei fondamenti del progresso scientifico e tecnologico.
La cupola di S. Gaudenzio a Novara, opera di Alessandro Antonelli, è la più completa sintesi architettonica dei profondi rapporti che intercorrono tra meccanica e geometria, tra materia e costruzione, tra scienza e tecnica, un compendio costruito di scienza e arte del costruire. Le complesse interrelazioni tra forma e struttura, tra immagine dell’architettura e costruzione materica, in un complesso giuoco di forme geometriche ed elementi strutturali sono perfettamente evidenti nella complessa costruzione del sistema architettonico-strutturale che costituisce l’ossatura muraria e portante della cupola antonelliana.
L'insegnamento che la Storia della Scienza e della Tecnica del costruire ha direttamente o indirettamente dispensato nei secoli, e dispensa tutt'oggi attraverso il considerevole patrimonio architettonico tramandatoci, ha sempre più messo in evidenza la sua caratteristica di strumento indispensabile per operare scelte consapevoli negli interventi di consolidamento statico degli edifici storici. La riscoperta degli antichi magisteri, fondati sovente più sull'esperienza e sulla sperimentazione diretta del costruire che sulla conoscenza scientifica e tecnica di particolari metodi di analisi e strumenti di calcolo, diventa dunque indispensabile quando ci troviamo di fronte a quel complesso e variegato insieme d'interventi che riguardano il restauro del patrimonio architettonico e monumentale.
Hydraulics, notwithstanding its ancient origins, is very young as a discipline. It has been founding and consolidating its scientific bases onIy for the last three centuries as pure science, like mechanics, and its application to engineering. The «discovery» of basic principles, the fundamentals of hydraulic science, required many efforts throughout the 17th and 18th century.
The aim of this paper is to compare the development of theoretical research on the collapse analysis of arches and vaults, with some significant constructions of arch bridges, in French and Italy during the XVIIIth and XIXth centuries. On this subject, the authors would develop a brief outline of most important researches about mechanical aspects of the arch bridge theory in the same centuries. Then it will be developed some considerations on the construction, behaviour and assessment of a little number of significant arch bridges, to verify the corresponding between construction, theoretical and mechanical approach, collapse mode and conservation approach of these architectures.
Lagrange écrit dans l’Avertissement de sa Méchanique Analytique (Paris, 1788): «On a déjà plusieurs Traités de Méchanique, mais le plan de celui-ci est entièrement neuf. Je me suis proposé de réduire la théorie de cette science et l’art de résoudre les problèmes qui s’y rapportent, à des formules générales, dont le simple développement donne toutes les équations nécessaires pour la solution de chaque problème». Cette «nouvelle vision du monde », qui sera celle du XVIIe siècle et encore plus celle du siècle suivant et qui tente d’établir un dialogue entre la Méchanique physique proposée par S.D. Poisson et la Mécanique analytique de Lagrange (reprise au XIXe siècle en termes plus précis par le courant des « axiomaticiens »), constitue un vaste et important projet scientifique qui dépasse les principes généraux de la Mécanique pour investir des lieux de recherche et des disciplines plus spécialisées et plus particulières comme, par exemple, la balistique et l’hydraulique.
Jacopo Barozzi da Vignola (1507–1573), pittore di formazione
e architetto di «mestiere», ha lasciato —oltre
ad un cospicuo patrimonio architettonico interprete
del maturo linguaggio Rinascimentale, ricco di una
precisa grammatica e una rigorosa sintassi costruttiva e
formale— un’opera di gran pregio anche per la
«scienza meccanica». Come il linguaggio vitruviano
della firmitas, più o meno ricco e raffinato, riprende i
temi della meccanica antica —pre-galileiana, aristotelica
e archimedea—, dove i princìpi elementari e le
macchine semplici sono gli strumenti indispensabili
per la comprensione del vasto mondo della meccanica
applicata alle costruzioni, così il linguaggio architettonico
di Vignola si spoglia di quell’apparato formale
che contraddistingue la trattatistica Rinascimentale,
per rendere parimenti «puri» e scevri da elementi
complessi i canoni e le regole del buon costruire.
«I vascelli cartaginesi erano costruiti in modo da potersi muovere in tutti i sensi con molta leggerezza; i loro rematori erano esperti. Quando il nemico avanzava per inseguirli loro si giravano, gli volteggiavano attorno o gli piombavano sul fianco e lo urtavano, mentre il vascello romano poteva appena virare nuovamente per la sua pesantezza e la scarsa esperienza dei rematori» [Polibio, 206 - 124 a.C.].
L’immagine della femme fatale è l'immagine di una donna particolare forse più eterea che reale, concentrato di bellezza, sensualità, voluttà, peccato, lussuria, ma sempre e soltanto ‘donna’. Per descrivere la femme fatale abbiamo scelto la strada principale delle immagini che come un fiume raccoglie rivoli di pensieri e parole sull’universo femminile; perché se la donna ideale si sogna, si immagina in un mondo irreale e irraggiungibile, la donna è invece reale, presente, viva nella nostra vita così come lo è stato nella vita degli artisti che l’hanno voluta rappresentare attraverso le diverse forme d’arte che nei secoli sono state utilizzate per presentare i propri pensieri, i propri sogni, i propri desideri, la propria volontà di trasmettere ai posteri un pensiero, un immagine, un sogno che è quello della donna: la femme fatale.
ISBN 9781445266640 - 2010
La costruzione navale è un’arte antica che quasi sicuramente risale alle origini dell’uomo. Nei secoli si è sviluppata fino a diventare scienza e ha consentito all’uomo di solcare i mari, esplorare nuove terre, scoprire nuovi continenti e mettere a contatto popolazioni diverse e molto distanti tra loro. Ma la scienza navale, nel senso moderno del termine, è una disciplina nuova che trae le sue origini dai trattati di costruzione navale, prima manoscritti, e poi a stampa che a partire dal XVI secolo sono sono stati resi pubblici e a disposizione degli studiosi, degli architetti e degli ingegneri navali. In questo volume vogliamo fornire al lettore una raccolta bibliografica sull'arte e l'architettura navale, sulla costruzione e sulla scienza navale, altrimenti uno strumento che si auspica utile per successive ricerche.
ISBN 9781447762027 - 2012
In questo volume vogliamo presentare al lettore alcuni aspetti della multiforme personalità scientifica di Edoardo Benvenuto – seppure limitati alla Storia della scienza e dell’arte del costruire, disciplina da lui ‘inventata’ e amata per lunghi anni, tanto da indirizzare i suoi studi al di fuori dei canoni disciplinari della scienza delle costruzioni che esercitava come professore universitario - attraverso la pubblicazione di testi presentati in due differenti modi, in cui il Nostro era solito esprimersi: per iscritto e per immagini.
ISBN 9781409242444 - 2008
Edoardo Benvenuto: l'Arte e la Scienza del costruire
La teoria dei colori di Johann Wolfgang von Goethe
1.
2. Sistemi di ordinamento
dei colori lineari :
A) Aristotele, c. 330 a.C., Peri
Aistheseos kai aistheton; B) Calcidio,
c. 325 d.C. dal suo commento al
Timeo di Platone; C) Bartolomeo
Anglico, c. 1245, dalla sua
enciclopedia De Naturalis rerum; D)
Leonardo da Vinci, c. 1500, Trattato
della pittura; E) Robert Fludd, 1629,
Medicina Catholica.
Tutti gli schemi basati su descrizioni
puramente verbali, tranne Fludd [1].
Zur Farbenlehre
“Della Teoria dei Colori” di Goethe
Massimo Corradi
[1] Rolf G. Kuehni and Andreas Schwarz, 2008.
Color Ordered: A Survey of Color Order Systems
from Antiquity to the Present. New York: Oxford
University Press, pp. 31-33, 37-38.
3. Alhazen, o Abū ʿAlī al-Ḥasan ibn al-Ḥasan ibn al-Haytham (c. 965 – c. 1040).
- De Aspectibus or Opticae Thesaurus: Alhazeni Arabis. Basilaeae: per
Episcopios, 1572.
la luce non è una elaborazione della psiche umana
genialità della scomposizione particellare della luce :
embrione della teoria corpuscolare
Kamal al-Din Hasan ibn Ali ibn Hasan al-Farisi (1267 – c. 1319).
- studio della rifrazione della luce
- prima spiegazione matematicamente soddisfacente del fenomeno
dell’arcobaleno
Zur Farbenlehre
“Della Teoria dei Colori” di Goethe
Massimo Corradi
4. Teodorico di Freiberg (c. 1250 – c. 1318/20).
- Tractatus de coloribus. München : manuscript Latin 444.
- De iride et de radialibus impressionibus. Basel: manuscript, 1304-1311.
A cavallo del XIV secolo Teodorico da una delle prime corrette analisi
geometriche del fenomeno dell’arcobaleno, definito « probably the most dramatic
development of 14th- and 15th-century optics » [1].
- la formazione dell'arcobaleno e il ruolo delle singole gocce nel creare l’effetto
luminoso
- i colori dell’arcobaleno e la loro posizione nello spettro luminoso
- il percorso della luce solare all'interno di una goccia
- il fenomeno di inversione dei colori dell'arcobaleno secondario
[1] Wallace, W. A. The Scientific Methodology of Theodoric of Freiberg. A Case Study of the Relationship Between Science and Philosophy. Studia
Friburgensia, N.S. 26. Fribourg: The University Press, 1959.
Zur Farbenlehre
“Della Teoria dei Colori” di Goethe
Massimo Corradi
5. Il modo di isolare il colore nella sua dimensione autonoma e di rappresentarlo
come un cerchio continuo, che diventerà il noto cerchio dei colori di Isaac
Newton nella sua ottica del 1704 si sviluppa a partire dal Seicento:
Sigfridus Aronus Forsius (1550 – 1624), François D'Aguilon o Franciscus
Aguilonius (1567 – 1617), Robert Fludd (1574 – 1637), Athanasius Kircher
(1602 – 1680), Johann Zahn (1631 - 1707), Francis Glisson (1597 - 1677).
1611. Sigfridus Aronus Forsius, Physica. Manoscritto.
1613. François D’Aguilon, Opticorum libri sex. Antverpiae: Viduam et Filios.
Sigfridus Aronus Forsius
Zur Farbenlehre
“Della Teoria dei Colori” di Goethe
Massimo Corradi
6. 1629. Robert Fludd, Medicina Catholica. Franofurti: Caspari Rotelii, 1629.
L’uso dei diagrammi circolari era utilizzato in medicina per studiare l’urina.
Zur Farbenlehre
“Della Teoria dei Colori” di Goethe
Massimo Corradi
7. 1637. René Descartes (1596 – 1650) : Discours de la methode pour bien
conduire sa raison, & chercher la verité dans les sciences : Plus La dioptrique, et
Les meteores. Qui sont des essais de cette methode. Leiden: Jan Maire, 16371;
Paris: Michel Bobin & Nicholas le Gras, 1668.
La vis luminis è prodotta dalla rotazione di globuli aetherei.
Zur Farbenlehre
“Della Teoria dei Colori” di Goethe
Massimo Corradi
8. 1665. Robert Hooke (1635 – 1703). Micrographia: or, Some physiological
descriptions of minute bodies made by magnifying glasses. London: J. Martyn
and J. Allestry, 1665.
Robert Hooke associò il colore al “grado di obliquità” introdotto in un fronte
d’onda dalla rifrazione della luce, in contrapposizione alla teoria di Newton che
dimostrò attraverso una serie di controversi esperimenti, che il colore era
correlato alla rifrangibilità in un modo tale che un fascio di luce bianca doveva
essere considerato composto di molti raggi, ciascuno dotato di rifrangibilità (e
quindi di un tono di colore) differente dagli altri.
Zur Farbenlehre
“Della Teoria dei Colori” di Goethe
Massimo Corradi
9. 1646. Athanasius Kircher, Ars magna lucis et umbrae in mundo. Romae:
Hermanni Scheus,1646.
Athanasius Kircher: Caput II, De multiplici varietate colorum
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Massimo Corradi
10. 1677. François Glisson o Francisco Glissonio, Tractatus de ventriculo et
intestinis. London: Henry Bromme, 1677; Amstelodami: Jacobum Juniorem,
1677.
1685. Johann Zahn, Oculus artificialis teledioptricus sive telescopium, ex abditis
rerum naturalium & artificialium principiis explicatum ac e' triplici fundamento,
physico seu naturali, mathematico dioptrico et machanicoo, seu practito
stabilitum. [2 vol.]. Würzburg: Quirinus Heyl, 1685-86.
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Massimo Corradi
11. 1686. Richard Waller (... - 1715). A catalogue of simple and mixt colours,
Philosophical Transactions of the Royal Society, XVI, 24-32, 1686-87 (London,
1688).
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“Della Teoria dei Colori” di Goethe
Massimo Corradi
12. 1690. Christiaan Huygens (1629 – 1695). Traité de la lumière. Leide: Pierre van
der Aa, 1690.
La luce, secondo Huygens, si forma attraverso una serie irregolare di onde
d’urto che procede con velocità molto grande, ma finita, attraverso l’etere.
Questo etere è composto da un insieme di particelle elastiche molto piccole
distribuite uniformemente nello spazio. La luce, dunque, non è un trasferimento
effettivo di materia, ma piuttosto di una “tendenza a muoversi”, uno
spostamento seriale simile a una collisione che procede attraverso una fila di
corpuscoli ... Huygens sostiene che i fronti d’onda hanno origine attorno ad ogni
particella che è toccata dalla luce e queste onde si estendono verso l'esterno
dalla particella in forma di emisferi ... . La sua teoria ondulatoria della luce era
in opposizione alla teoria corpuscolare proposta da Newton, e successivamente
fu confermato e sviluppata da Young e Fresnel oltre un secolo più tardi.
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13. Zur Farbenlehre
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Massimo Corradi
1704. Isaac Newton (1642 – 1727). Opticks or, A treatise of the Reflections,
Refractions, Inflexions and Colours of Light, Also Two treatises of the Species and
Magnitude of Curvilinear Figures. London: printed for Sam. Smith, and Benj.
Walford, Printers to the Royal Society, 1704.
Isaac Newton ha fornito la prima descrizione scientifica della vera natura della
luce, e fu il primo a creare un cerchio dei colori. Ordinò i colori come segue:
rosso (nota musicale C), arancione (D), giallo (E), verde (F), blu (G), indaco (A), e
viola (B). Anche se il viola non è un colore dello spettro di dispersione, Newton lo
aggiunse per completare il cerchio, colmando il divario tra il rosso e il violetto.
14. 1704. Newton nella sua Opticks ha dato una descrizione molto elaborata di
come i colori di un arcobaleno sono percepiti dall’occhio dello spettatore.
Zur Farbenlehre
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Massimo Corradi
15. 1740. Louis Bertrand Castel (1688 -
1757), Optique des couleurs, fondée sur
les simples observations et tournée
surtout à la pratique de la peinture, de la
teinture, et autres arts coloristes.
Paris: Briasson, 1740.
Il gesuita francese Louis-Bertrand
Castel, nella sua Optique des couleurs,
afferma di aver scoperto i colori
“primitivi” (rosso, giallo e blu) e in una
seconda opera in due volumi del 1743,
Le vrai système de physique générale de
M. Isaac Newton, attacca la teoria di
Newton, il che gli valse da parte di
Voltaire (1694 – 1778) la definizione di
“ Don Chisciotte delle matematiche ”.
Confronto tra la teoria spettrale di Newton
e quella “vera” di Castel.
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Massimo Corradi
16. 1748. Petrus van Musschenbroek. Institutiones physicae conscriptae in usus
academicos / a Petro van Musschenbroek. Lugduni batavorum: Luchtmanns,
1748. - 743 p., Ill.
Riflessione di un arcobaleno
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Massimo Corradi
17. Piramide dei colori
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1758. Tobias Mayer. Tobiae Mayeri... opera inedita : commentationes societatis
regiae scientiarum oblatas quae integrae supersunt com tabula selenographica
complectens / editit et obsevationum appendicem adiecit Georgius Christophorus
Lichtenberg. Gottingae : apud Joann. Christian. Dietrich, 1775.
18. 1772. Joseph Priestley
(1733 - 1804), The history and
present state of discoveries
relating to vision, light and
colours.
London: J. Johnson, 1772.
In questo volume espone la storia
dell’ottica e presenta I primi
esperimenti sulla visione, la luce
e I colori.
1772. Johann Heinrich
Lambert (1728 – 1777),
La necessità di ordinare i colori
nello spazio è stata dimostrata
per la prima volta dalla piramide
colore di Lambert (1772). I
campioni di colore sono stati
preparati mescolando cere
colorate in proporzioni integrali.
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Massimo Corradi
19. 1776. Sistema naturale dei colori [Natural System of Colours. 1769-1776. Royal
Academy of Arts]: due ruote di colori principali e composti secondo Moses
Harris (1730 – c. 1788). Ebbero una grande influenza su coloro che lavoravano
con le tinture, purtroppo erano basati su una serie difettosa di colori primari.
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20. 1807. Thomas Young (1773 – 1829). A Course of Lectures on Natural Philosophy
and the Mechanical Arts. London: Joseph Johnson, 1807.
Nelle sue lezioni avanzò l’ipotesi, in seguito sviluppata da Hermann von
Helmholtz (1821 - 1894), che la percezione dei colori dipendeva dalla presenza
nella retina di tre diversi tipi di fibre nervose reagenti rispettivamente al rosso, al
verde e al violetto: la teoria tricromatica.
1815. Augustin-Jean Fresnel (1788 – 1827). Premier mémoire sur la diffraction
de la lumière. Mémoire adressé à l’Académie des sciences le 15 octobre 1815.
Studi teorico-sperimentali sulla luce basati sulla teoria ondulatoria.
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21. 1810. Johann Wolfgang Goethe (1749 – 1832) mette in discussione la teoria
dei colori stabilita da Newton. Introduce una nuova ruota colore, ma poi scopre
che un triangolo equilatero era più adatto a rappresentare le sue scoperte. I
triangoli apicali in questo diagramma sono i colori primari. I triangoli secondari
tra quelli apicali sono i colori primari che utilizzano i pittori, e i colori terziari
che si formano sono i neutri scuri.
Lo scopo di Goethe era quello di distillare le leggi che governano l’armonia dei
colori attraverso la soggettività della nostra percezione del colore, che dipende
dall'oggetto, dalla luce, e dal modo in cui noi li percepiamo.
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22. 1810. La sfera dei colori secondo
Philipp Otto Runge (1777 – 1810) : la
miscelazione di pigmenti gialli e blu per
ottenere il verde era così familiare che
egli si rifiutava di riconoscere il verde
come un colore puro. La sua sfera
rappresenta così la mescolanza di tutti
i pigmenti. Runge ha immaginato il
primo colore solido, un modello di
colore sferico tridimensionale in grado
di ordinare tutte le tinte, sfumature e
tonalità di colori. Sulla falsariga delle
idee di Goethe, ha prodotto una teoria
rivoluzionaria, organizzando i colori
puri lungo l’equatore. Le tonalità
alleggeriscono verso un polo bianco,
correndo longitudinalmente, e
scuriscono verso il polo nero.
Philipp Otto Runge. La sfera dei colori e altri scritti
sul colore e sull'arte. Milano: Abscondita, 2008.
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23. 1839. Ruota dei colori secondo Michel-Eugène Chevreul (1786 - 1889). I colori
adiacenti dovrebbero mostrare lo stesso grado di differenza tra loro. Egli è
considerato come tra i più grandi studiosi del colore.
Michel-Eugène Chevreul, De la loi du contraste simultané
des couleurs et de l'assortiment des objets colorés,
considérés d'après cette loi dans ses rapports avec la
peinture, les tapisseries ... . Paris: Pitois-Levrault, 1839.
« loi du contraste simultané des couleurs »
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24. 1850. Sistema di dischi rotanti sovrapposti per illustrare la gamma dei colori.
Questo è stato il primo sistema di colori basato su principi scientifici, sviluppato
da James Clerk Maxwell (1831 – 1879).
1855 “Experiments on Colour, as perceived by the Eye, with
remarks on Colour-Blindness” Transactions of the Royal Society
of Edinburgh, 21, 275-298.
1856 “On the Theory of Colours in relation to Colour-
Blindness”. A letter to Dr. G. Wilson. Transactions of the Royal
Scottish Society of Arts, 4, 394-400.
1857 “Account of experiments on the perception of colour”
Philosophical Magazine, July, 40-47.
1860 “On the Theory of Compound Colours, and the Relations
of the Colours of the Spectrum” Philosophical Transactions of
the Royal Society of London, 150, 57-84.
1872 “On colour vision” Proceedings of the Royal Institution of
Great Britain 6, 260-271.
James Clerk Maxwell costruisce
anche un triangolo equilatero dei colori
simile a quello proposto da Goethe.
Entrambi mescolano i colori primarie
dei triangoli esterni per produrre i
colori nei triangoli interni. Tuttavia,
Maxwell sceglie il rosso, il verde e il blu
come colori primari, e immaginò di
poter produrre tutti i colori conosciuti
da questi.
Zur Farbenlehre
“Della Teoria dei Colori” di Goethe
Massimo Corradi
25. 1860. Hermann von Helmholtz (1821 - 1894), Handbuch der Physiologischen
Optik. Leipzig: Voss. Part I (1856), Part II (1860), Part III (1866).
Studia le sensazioni visive indotte dalla luce, i colori semplici e i colori composti,
l’intensità e la durata delle sensazioni, le immagini postume e il contrasto
simultaneo
Zur Farbenlehre
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26. 1810. Johann Wolfgang von Goethe: Zur Farbenlehre. Tübingen: Cotta, 1810.
« Quelli che compongono
con luci di colori la luce unica
ed essenzialmente bianca,
sono i veri oscurantisti ».
(Goethe, Massime e riflessioni)
Zur Farbenlehre
“Della Teoria dei Colori” di Goethe
Massimo Corradi
27. Goethe si pone in
contrapposizione, in
una “onorevole
contesa”, alla visione
Newtoniana
strettamente
scientifica del
fenomeno, ridando
dignità sensibile e
poetica al
fenomeno fisico,
un grido di protesta
contro ciò che Goethe
ritiene una
insopportabile e
inconcepibile
tirannia della
matematica e della
fisica.
Zur Farbenlehre
“Della Teoria dei Colori” di Goethe
Massimo Corradi
28. La “rosa dei temperamenti” (Temperamentenrose), uno studio di Goethe e
Friedrich Schiller (1759 - 1805) del 1798/99 fa corrispondere a dodici colori i
tratti caratteriali della natura umana (tiranni, eroi, avventurieri, edonisti,
amanti, poeti, oratori, storici, insegnanti, filosofi, pedanti, righelli), raggruppati
in quattro temperamenti.
Zur Farbenlehre
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29. Goethe studia non il colore come fenomeno di oscillazione elettro-magnetica
piuttosto che pigmento chimico-fisico, quanto la percezione fisico-sensoriale del
fenomeno da parte dell’uomo.
[Cfr. Ludwig Wittgenstein (1889 - 1951). Remarks on Colour / Bemerkungen über die Farben. Berkeley
and Los Angeles: University of California Press, 1978].
« Ma come io rimasi stupito, come guardando un muro bianco attraverso il prisma,
esso era rimasto bianco! Che solo soltanto osservando da qualche zona buia, esso
mostrava un certo colore, poi finalmente, attorno al davanzale della finestra tutti i
colori brillavano ... Non ci volle molto tempo che io capii che c’era qualcosa di
significativo sul colore che doveva essere compreso, e io ho parlato d’istinto ad
alta voce, [dicendo] che gli insegnamenti di Newton erano falsi ».
[Goethe, Johann Wolfgang von 1887-1919. Goethes Werke. Weimar: Hermann Böhlau. II. Abtheilung:
Naturwissenschaft lichte Schriften, Bd. 4, pp. 295–296].
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30. Goethe afferma che Newton aveva commesso un errore nell’esperimento del
prisma ottico, e nel 1793 il poeta tedesco aveva formulato le sue argomentazioni
nel saggio Über Newton Hypothese der diversen Refrangibilität [1793],
rimarcando l’importanza dell’aspetto fisiologico dei colori.
Schizzo dell’experimentum crucis [1672] di Newton in cui mostra come la luce del sole viene rifratta
attraverso un prisma. Un colore viene rifratto attraverso un secondo prisma per dimostrare che la luce
subisce alcun ulteriore cambiamento. La luce afferma lo scienziato inglese è composta dei colori rifratti nel
secondo prisma.
Zur Farbenlehre
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31. « La teoria che abbiamo enunciato contro questa [quella di Newton, n.d.t.] inizia
con la luce incolore, e si avvale di condizioni esterne, in grado di produrre
fenomeni di colore; e riconosce valore e dignità a queste condizioni. Non è
necessario attribuire lo sviluppo dei colori dalla luce, ma piuttosto cercare di
dimostrare con innumerevoli esempi che il colore è prodotto dalla luce ma anche
da quello che a essa si oppone [il buio, n.d.t.] »
Severa critica di Wittgenstein: « Goethe’s theory of the constitution of the colours
of the spectrum has not proved to be unsatisfactory theory, rather it really isn’t a
theory at all. Nothing can be predicted with it. It is, rather, a vague schematic
outline, of the sort we find in James’s psychology. Nor is there any experimentum
crucis which could decide for or against the theory ».
Experimentum crucis di Newton.
Zur Farbenlehre
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32. L’appunto principale che Goethe muove a Newton è quello di « fidarsi della
matematica invece che delle sensazioni del suo occhio », e afferma che è
necessario rimanere fedeli alla percezione senza ricorrere a spiegazioni fisico-
matematiche della realtà naturale, in quanto i fenomeni stessi sono la teoria.
Veemente critica di Arthur Schopenhauer (1788 – 1860).
1835. George Field (1777 - 1854) Chromatography; or, A
treatise on colours and pigments: and of their powers in
painting. London: Charles Tilt, 1835.
« Anche qui possiamo dire che un bianco che si
scurisce, che si intorbida, diviene giallo; il nero
che si schiarisce diviene invece azzurro ».
[Goethe, § 502, p. 134].
Zur Farbenlehre
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33. « ... essere stato l’unico del mio
secolo che ha visto chiaro in
questa difficile scienza dei
colori, ebbene sì, di questo vado
fiero, e sono cosciente di essere
superiore a molti saggi ».
[Conversations de Goethe avec Eckermann
(intervista del 19 febbraio 1829), trad.
francese di Jean Chuzeville (1930), Paris,
Gallimard 1949; 1988, p. 285.]
Zanzare newtoniane e luci omogenee:
Zur Farbenlehre, tav. XII.
« La chiarezza è una giusta distribuzione di ombre e di luci ».
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34. « Io riverisco i matematici … però non approvo che si voglia far abuso delle cose
che non appartengono al loro campo e dove questa nobile scienza diviene assurda,
come se esistesse solo ciò che può essere dimostrato matematicamente ! ».
[Gespräche mit Goethe in den letzen Jahren seines Lebens 1823-1832. Leipzig: Brockhaus, vol. I & II 1836;
Magdeburg: Heinrichshofen, vol. III 1848].
Da un quaderno di schizzi di Klausbernd Vollmar (1946 - ).
Zur Farbenlehre
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35. La scomposizione spettrale della luce bianca in sette colori essenziali, tra i quali
egli aggiunge l’indaco, quasi a voler scandire una analogia tra la gamma
cromatica dei colori e quella musicale delle note. Goethe, tuttavia, esclude ogni
possibile equivalenza tra colore e suono :
« Colore e suono non si possono in alcun modo paragonare. … Entrambi sono
azioni elementari e generali, operanti secondo la legge universale del dividere e
del tendere alla riunione, del dirigersi ora verso l’alto ora verso il basso, dello
spostarsi ora su questo ora su quel lato della bilancia, ma su lati interamente
diversi, in modi diversi, poggiando su elementi intermedi diversi, rivolti a sensi
diversi. … la musica … nasce per vie empiriche insolite, casuali, matematiche,
estetiche e geniali ».
[Goethe, op. cit., § 748 e § 750, pp. 185-86].
Anonymous, Traité de la peinture en mignature. The Hague: van Dole, 1708.
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36. Il chimico George Field elaborò una teoria del colore dove i colori di base erano
organizzati dal chiaro allo scuro, come aveva raccomandato Aristotele, e dove il
bianco o la luce era l'elemento attivo, e il nero o l'ombra quello passivo. I colori
in mezzo a questi due estremi erano disposti secondo un ordine che seguiva i
principi della meccanica.
Scala dei colori di George Field
da Chromatics: or, the Analogy, Harmony, and Philosophy of Colours,
London: Printed for the author by A.J. Valpy1817.
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37. Field associò anche i suoi colori alla scala della musica, unendoli in un “sistema
universale di Filosofia Analogica”. I colori primari avevano un significato
melodico e armonico e simboleggiava la Trinità.
Le idee di Filed furono utilizzate da Owen Jones nel 1850 progetto dell'interno del Crystal Palace.
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38. Goethe propone una ruota dei colori simmetrica. Il cerchio cromatico è disposto
in modo generale secondo l’ordine naturale e i colori diametralmente opposti tra
loro sono quelli che evocano reciprocamente gli uni agli altri.
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39. Il saggio di Goethe si oppone alla ‘scientificità’ della fisica sperimentale di
Newton, alla sua teoria cromatica del colore dedotta da osservazioni sperimentali
e deduzioni logico-speculative, rivendicando la centralità dei sensi dell’uomo
nella conoscenza dei fenomeni naturali.
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40. L’obiettivo diventa sostanziale quando diversi artisti, tra i quali Runge,
cominciano a interessarsi ai suoi studi sul colore [1]. Dopo la traduzione in
lingua inglese avvenuta nel 1840 da parte di Charles Eastlake (1793 – 1865), la
teoria sui colori di Goethe diventa uno dei testi di riferimento nel mondo
dell’arte, particolarmente tra i pre-raffaelliti. William Turner (1775 – 1851)
studiò il lavoro dello studioso tedesco e molti riferimenti a quest’opera si
possono trovare nei titoli di alcuni suoi dipinti [2], e Wassily Kandinsky (1866 –
1944) la considerò una delle opere più importanti sull’argomento [3].
[1] Mandelkow, Karl Robert 1976. Goethes Briefe. Vol. 4: Briefe der Jahre 1821-1832. München: C. H.
Beck, p. 622. «Wie die Anfänge von Goethes Beschäftigung mit der Farbenlehre veranlaßt waren durch die
Frage nach dem Kolorit in der Malerei (...), so war die Anteilnahme bildender Künstler an seinen
Farbenstudien für Goethe eine hochwillkommene Bestätigung des von ihm Gewollten, wie er sie vor allem
von Philipp Otto Runge erfahren hat».
[2] Bockemuhl, M. 1991. Turner. Köln: Taschen.
[3] Rowley, Alison 2002. Kandinskii’s theory of colour and Olesha’s Envy. Canadian Slavonic Papers, Vol.
44, No. 3-4, pp. 251-261.
Luci e colori di J. M. W. Turner (1843) :
la mattina dopo il diluvio.
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41. Le teorie di Goethe trovarono anche un ampio interesse e una forte curiosità in
studiosi di differenti discipline tra i filosofi, Arthur Schopenhauer (1788 – 1860)
– che all’età di 28 anni pubblicò un interessante trattato sulla visione dei colori
(Über das Sehn und die Farben) -, Ludwig Wittgenstein (1889 – 1951), Rudolf
Steiner (1861 – 1925), tra i fisici Thomas Johann Seebeck (1770 – 1831),
Hermann von Helmholtz (1821 – 1894), Werner Heisenberg (1901 – 1976), e
infine tra i matematici Kurt Gödel (1906 – 1978) e Mitchell Feigenbaum (1944
- ).
L'artista Louis Hayet (1864 – 1940) ha ideato dieci diversi
cerchi del colore che introducono i nuovi concetti sui colori
complementari, come la miscela di Helmholtz di giallo e blu
per creare il bianco. Le sue ricerche furono messe a
disposizione di mandò a Jacob Abraham Camille Pissarro
(1830 – 1903) e Georges-Pierre Seurat (1859 – 1891) .
Zur Farbenlehre
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42. La posizione dello scienziato,
secondo Goethe, deve essere
quella di mettersi in sintonia con
la Natura stessa e di ritrovare
l’unità perduta di tutte le cose,
nei termini probabilmente delle
dottrine mistiche di Emanuel
Swedenborg (1688 – 1772),
ma anche del panteismo di
Baruch Spinoza (1632 – 1677).
Philipp Otto Runge : Der Morgen (1808).
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43. « Mai un occhio vedrà il Sole senza essere divenuto simile al Sole, né
un’anima contemplerà la bellezza senza essere divenuta bella ».
Plotino, Enneadi, I, 6: Sulla bellezza, IX.
Alexandre Cabanel, La nascita di Venere (1863).
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44. « I colori sono azioni della luce, azioni e passioni » [Goethe].
Grazie per l’attenzione.
Foglia di Ginkgo biloba incollata dallo stesso Goethe su un foglio con una
poesia dedicata all'amata Marianne von Willemer (1784 – 1860).
[15 Settembre 1815].
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