1. INSEGNAMENTO INDIVIDUALIZZATO IN CLASSE
Le condizioni che permettono un insegnamento
individualizzato in una classe sono diverse e si possono
articolare a diversi livelli. Proviamo a vedere in primo luogo
le condizioni di cornice che permettono di progettare un
intervento educativo-didattico individualizzato:
• Conoscenza delle abilità/disabilità dello studente,
delle sue motivazioni e dei suoi punti di forza, e
conseguente scelta consapevole di una
programmazione per obiettivi minimi o differenziata
• Condivisione della programmazione e degli obiettivi
da parte del gruppo di lavoro formato da insegnanti,
operatori, tecnici ASL, famiglia
• Scrittura del PEP come documento che sintetizza
l’accordo tra i diversi attori e costituisce il punto di
riferimento nelle diverse fasi del progetto
• Monitoraggio dell’andamento dell’intervento
educativo-didattico nelle sede più appropriata: il
gruppo operativo.
All’interno di questa indispensabile cornice istituzionale si
può pensare a come attuare un insegnamento
individualizzato in classe, ma anche in altri contesti
educativi. Una certa ideologia radicale dell’integrazione
vuole che tutti i processi educativi-didattici si svolgano in
classe, così come,d’altra parte, la prassi prevalente vuole
che spesso si formino piccole classi differenziali per i
disabili più gravi. Ovviamente le scelte devono variare da
caso a caso, ma ritengo che vada sempre presa in
2. considerazione una certa alternanza di momenti in diversi
contesti educativo-didattici.
Quali strategie didattiche possono essere ipotizzate per
l’insegnamento individualizzato in classe? Vediamo le
diverse possibilità.
Quando pensiamo all’insegnamento in classe pensiamo
innanzitutto alle lezioni frontali nelle diverse discipline. In
questo caso la domanda è come possono essere adattati i
contenuti della lezione frontale? Ovviamente la risposta
cambia se siamo di fronte ad una programmazione per
obiettivi minimi o ad una programmazione per obiettivi
differenziati. Nel primo caso può essere utile predisporre
uno schema della lezione nel quale i contenuti vengono
proposti tramite parole chiave e mappe concettuali. In altri
termini, questo primo momento, utile anche per gli altri
studenti, deve costituire una spiegazione chiara dei concetti
in gioco e dei loro legami logici.
Su questa struttura minima di conoscenze si può procedere
all’approfondimento utilizzando diversi mediatori: la parola,
ma anche filmati, immagini. Normalmente l’intelligenza è
un costrutto che viene legato alla padronanza dei codici
linguistici verbali, ma non è sempre così. Molte persone,
non necessariamente disabili, hanno più facilità quando i
messaggi vengono veicolati da immagini. Possiamo parlare
in questo caso di intelligenza iconica. Ipotizzare diversi
mediatori dei contenuti può favorire, quindi, non solo
l’alunno disabile ma anche altri compagni.
Nel caso di programmazione per obiettivi differenziati,
bisogna valutare quali possano essere i punti di contatto tra i
contenuti disciplinari proposti nella lezione e i contenuti
3. della programmazione individualizzata. In base alle
conoscenze sulle abilità/disabilità di un certo studente è
ipotizzabile un percorso parallelo che abbia però punti di
contatto con il percorso di una certa disciplina? Si può
pensare, ad esempio, che un certo percorso differenziato
possa contribuire alla conoscenza o approfondimento di una
parte del programma disciplinare? Penso ad esempio al caso
di Mario, studente autistico ad alto funzionamento,
appassionato di cinema, che partendo dalla visione di
Matrix, ha portato alla sua classe di quinta liceo, durante
l’ora di filosofia, una riflessione, maturata con l’aiuto
dell’insegnante di sostegno, sul mondo virtuale e il mondo
reale con dei collegamenti al pensiero di Platone e di
Schopenhauer.
Ma la didattica in classe non è necessariamente lezione
frontale. Una modalità di lavoro poco utilizzata è quel tipo
di didattica attiva che richiede la cooperazione in piccolo
gruppo. In questo caso l’insegnante propone un processo di
insegnamento-apprendimento nel quale il gruppo classe si
configura come comunità di ricerca.
In questo caso l’insegnante ridefinisce il proprio ruolo,
passando dal ruolo di fonte dispensatrice di informazioni al
ruolo di facilitatore e coordinatore delle diverse attività di
ricerca. Questo tipo di didattica dovrebbe puntare a
valorizzare i punti di forza del disabile all’interno del lavoro
di gruppo. Ad esempio, lo studente disabile potrebbe
fungere da esperto nel caso si tratti di argomenti che lui
padroneggia oppure fare le ricerche su Internet nel caso
sappia utilizzare i motori di ricerca; potrebbe svolgere il
ruolo di segretario che trascrive i risultati del lavoro svolto
4. nel caso abbia buone capacità di letto-scrittura oppure
svolgere il ruolo di chi documenta i risultati costruendo dei
cartelloni nel caso di buone capacità a livello di motricità
fine (ad esempio tagliare immagini e incollarle su un
cartellone).
Ovviamente le due modalità didattiche non si escludono,
anzi! Si può pensare all’avvio di un percorso didattico con
una lezione frontale del tipo di quella descritta
(organizzazione dei contenuti con mappe concettuali e
utilizzo di diversi mediatori), per poi proseguire con attività
di ricerca in piccolo gruppo, in cui ogni gruppo
approfondisce determinati ambiti dell’argomento principale,
per poi presentare i risultati all’intero gruppo classe.