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https://youtu.be/DKdAgjZ8xQo?t=2149
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1
Il Patto dei Sindaci è lo strumento di policy individuato dalla Regione ER per il
coinvolgimento attivo dei Comuni per l’Energia & il Clima.
coinvolgimento attivo dei Comuni per l’Energia & il Clima.
Grazie ai contributi regionali oggi la situazione è quella della mappa da cui emerge che:
1) Grazie alle politiche di riordino istituzionale della Regione il perimetro delle Unioni
ha consentito a molti comuni “minori” di avviare e sostenere gli impegni del Patto
dei Sindaci
2) Sono circa 4 milioni i cittadini della nostra regione che in qualche misura sono
“coperti” da politiche locali per l’Energia & il Clima
3) Le aree bianche, al netto di alcune situazioni specifiche, coincidono perfettamente
con il perimetro delle aree interne (DGR 1473/2016)
2
Nel corso del 2019, grazie alle risposte di oltre 160 Comuni che hanno risposto ad un
articolato questionario è stato possibile realizzare un primo rapporto in grado di dare
articolato questionario è stato possibile realizzare un primo rapporto in grado di dare
una visione complessiva dei processi in atto e del loro grado di maturazione.
Il rapporto, di poche pagine, è utile anche ai Comuni per “misurarsi” e orientare le azioni
da adottare per massimizzare i risultati.
3
Il rapporto è diviso in due sezioni: Il Comune e il Territorio (famiglie e imprese).
Se da un lato le due sezioni sono fortemente sbilanciate per quanto riguarda i consumi
energetici e conseguenti emissioni, dall’altra il ruolo del Comune è importante per il suo
ruolo di indirizzo di nuove visioni collettive e per esaminare il livello di trasformazione
dell’organizzazione politico e amministrativa dell’ente.
Senza una sostanziale trasformazione organizzativa nessuna nuova politica può infatti
essere esercitata.
4
Non è una pagella dei buoni e dei cattivi, non è che avere l’ufficio energia significhi automaticamente
svolgere politiche climatiche efficienti o non averlo significhi non essere attivi, ma solo un segnale di un
svolgere politiche climatiche efficienti o non averlo significhi non essere attivi, ma solo un segnale di un
cambiamento, ancora troppo lento, che si sta verificando nei comuni e che va perseguito e sostenuto
A Roma abbiamo fatto un nuovo ministero, il MiTE, che mette insieme le politiche energetiche nazionali
con quelle di tutela dell’ambiente. Se sarà efficace o meno lo vedremo. Ma di sicuro è un cambiamento
importante che contribuisce ad una modifica del sistema. Nelle nostre organizzazioni riusciamo a fare
cambiamenti così significativi?
Il Comune è il soggetto più vicino al territorio: sviluppo territoriale ed economico, welfare…. quanto
queste politiche “tradizionali” sono distanti e “non ancora contaminati” dalle politiche climatiche?
Pensiamo che ancora ai Comuni sia demandato solo il “procedimento amministrativo” o che non sia ora di
interpretare anche un ruolo diverso: quello di stimolo, ispirazione, sostegno della collettività nella
transizione energetica e nell’adattamento a nuovi comportamenti?
Richiamo l’attenzione sulle società in-house dei Comuni che hanno un mandato specifico per fornire
supporto ai Comuni. Si tratta di Società costituite ad hoc o sono società pre-esistenti che hanno aggiunto
alla loro missione originale quella specifica sull’energia. Sul piano strategico si tratta della modifica
“organizzativa” più rilevante, perché per i Comuni significa avere a disposizione (e conservare)
competenze che non potrebbero essere all’interno dell’organico comunale. Queste società consentono ai
Comuni di accelerare il processo di riqualificazione dei propri edifici, scuole e campi sportivi e di svolgere
attività di animazione territoriale sull’energia che non verrebbero svolte.
Da una prima sommaria analisi della programmazione dei fondi europei 2014-2020 (tutt’ora in corso),
sono proprio i Comuni che hanno società concentrate sull’energia a raggiungere le migliori performance
(numerosità e capacità di conclusione dei progetti nei tempi) per le misure dedicate all’energia (asse 4 –
Edifici pubblici – POR-FESR 2014-2020).
5
Per ragionare sul ruolo dei Comuni usiamo questo diagramma di SanKey che la nostra
arpae produce annualmente.
arpae produce annualmente.
Dal diagramma emerge con evidenza la distanza siderale che abbiamo da colmare in
pochi anni se vogliamo mantenere il passo adeguato agli obiettivi di decarbonizzazione
al 2050
6
Esemplificando al massimo gli strumenti che abbiamo per incidere sono questi.
Se di impianti rinnovabili ed efficienza energetica si parla sempre, poco o nulla si parla di
Se di impianti rinnovabili ed efficienza energetica si parla sempre, poco o nulla si parla di
Risparmio, cioè di eliminare sprechi (abbastanza facile) e modificare comportamenti per NON
CONSUMARE (mooolto più difficile).
E non parlarne è profondamente sbagliato per due motivi:
1) Perché il margine di riduzione dei consumi è significativo e può arrivare fino al 20% (Fonte:
“CAMBIAMENTO COMPORTAMENTALE ED EFFICIENZA ENERGETICA” – ENEA 2017)
2) Perché, come ci insegna l’economia comportamentale, le scelte dell’individuo sono
profondamente legate al desiderio delle persone di ottenere una “cosa” o un risultato, più
che a mere questioni economiche
In altre parole, la scelta di fare un intervento hardware (usare la tecnologia per produrre fonti
rinnovabili o migliorare l’efficienza energetica di casa, auto o processo produttivo) dipende
dal “software” del nostro cervello.
Se non si lavora sul software, per rendere desiderabile la riduzione dei consumi, si riduce il
numero di potenziali decisori a favore di interventi utili.
Sul piano economico ormai tutti gli interventi (efficienza e rinnovabili) hanno già una
convenienza nel medio periodo (7-8 anni). Addirittura una costo (quasi) nullo nel caso del
110%.
Se ne vengono attuati pochi (meno di quelli che servirebbero) è perché mancano le motivazioni
profonde che sono quelle che regolano le nostre scelte.
Se, come la narrazione vuole, le scelte fossero solo basate sul piano economico non ci sarebbe la
corsa all’acquisto del nuovo telefonino, dell’auto sovradimensionata, non esisterebbe la
moda e il fashion…..
7
Ecco perché, per l’energia e il clima come anche in altri ambiti, in un momento di
trasformazione dell’intera società e del suo modello di sviluppo il Comune deve
trasformazione dell’intera società e del suo modello di sviluppo il Comune deve
interpretare nuovi ruoli, oltre ai classici definiti per legge.
Senza l’esercizio e il rafforzamento di tali nuove funzioni, in grado di concorrere alla
costruzione di una nuova coscienza individuale e collettiva , si riduce la capacità del
“sistema locale” (famiglie e imprese) di attivarsi per realizzare quanto necessario.
Affidarsi solo alle logiche di mercato (quando sarà conveniente famiglie e imprese lo
faranno) non serve: è già conveniente farlo oggi….. ma perché mi devo “sbattere” se non
è desiderabile, se non è attrattivo?
Ispirazione, sostegno, facilitazione e abiltazione (insegnare a fare) sono mestieri difficili
ma necessari per favorire le trasformazioni culturali necessarie. Trasformazioni che nel
sistema attuale non sono ancora avvenute ma che possono avvenire a livello locale.
Esempio banale: se tutte le famiglie e imprese di un territorio scegliessero contratti di fornitura di energia
verde (ogni venditore di energia ha almeno una opzione per questo a sostanziale parità di costi) la
produzione di CO2 imputabile a quel territorio crollerebbe del 21% (percentuale dei consumi elettrici
rispetto al totale dei consumi). Una scelta del genere aumenterebbe la domanda di energia verde,
accelerando la costruzione di nuovi impianti da parte dei produttori di energia. Il sistema invece ci dice
che per risparmiare sull’energia devi andare sui portali di confronto delle offerte e trovare quella che,
magicamente, ti fa risparmiare. Al contrario il Comune potrebbe orientare i propri cittadini a compiere
una scelta del genere, spiegando che i margini di risparmio nella scelta tra i vari venditori sono in realtà
esigui (incidono solo sulla quota energia che è una percentuale del costo complessivo della bolletta) e che
scegliere tra le sole opzioni verdi è la cosa più giusta da fare.
Costi da parte di Comuni e cittadini: pressoché nullo
Difficoltà: molto bassa
Effetto: molto alto
8
Torniamo al nostro diagramma di Sankey. Abbiamo visto prima un profilo di intervento
per agire sui consumi del territorio: orientando e ispirando le scelte dei singoli e della
per agire sui consumi del territorio: orientando e ispirando le scelte dei singoli e della
collettività.
Spostiamoci sul lato dell’offerta (produzione di energia) dove vediamo l’ancora troppo
risicato ruolo delle fonti rinnovabili rispetto alla montagna di fonti fossili che tutt’ora
tengono in piedi il nostro sistema energetico.
Ogni impianto in più che viene realizzato sul territorio “spegne” un po’ di combustioni di
fonti fossili.
Sta avvenendo da anni ma….
9
……troppo lentamente.
Completamente fuori traiettoria rispetto a quello che dovremmo fare.
10
La consapevolezza è a tutti i livelli e sicuramente si stanno definendo misure per
accelerare ma non è tutto solo nelle mani del governo (né delle Regioni).
accelerare ma non è tutto solo nelle mani del governo (né delle Regioni).
Infatti la transizione energetica, da un modello centralizzato ad uno distribuito, coinvolge
i territori che giocano un ruolo determinante, i cui estremi sono quelli di facilitare o
ostacolare il processo e di conseguenza ottenendo una accelerazione o rallentamento.
11
Gli impianti rinnovabili vanno fatti sul territorio.
L’esercizio è: definire un territorio (p.es. quello di un Comune) e riflettere su quali
tipologie di impianti è possibile fare.
E’ facile rendersi conto velocemente che in un territorio come quello della nostra
regione, esaurite da tempo le fonti idrolettriche, al netto di qualche impianto in grado di
trattare scarti vegetali a fini energetici, a qualche impianto eolico off-shore (se mai ci
saranno le condizioni per farli) non abbiamo altra alternativa al fotovoltaico.
12
Sono anni che incentiviamo il fotovoltaico. Prima con i conti energia (quando i prezzi
erano elevati), oggi con altri strumenti basati sulla fiscalità generale.
erano elevati), oggi con altri strumenti basati sulla fiscalità generale.
Il risultato a livello Italia è quello che vedete.
Installiamo pochi piccoli impianti ogni anno per una potenza complessiva inferiore a 500
Mw quando in realtà servirebbe un ordine di grandezza in più.
Da circa un anno diciamo che dobbiamo decuplicare, nel 2022 dovremo dire che
dobbiamo moltiplicare per 11 la velocità di installazione…..
Le ragioni sono tante, ma riflettiamo su QUANTI ne dobbiamo fare e DOVE possiamo
farli
13
Le opzioni sono tante e tutte da perseguire, ma visto che è impossibile imporre un obbligo di installazione
ai proprietari di tetti e capannoni, visto che i parcheggi sono un numero finito come le discariche e le ex-
ai proprietari di tetti e capannoni, visto che i parcheggi sono un numero finito come le discariche e le ex-
cave, dobbiamo cominciare a ragionare di altre opzioni.
Numeri: se volessimo raggiungere l’obiettivo del Patto per il Lavoro & il Clima (100% energie rinnovabili al
2035) e ci limitassimo all’energia elettrica (21% dell’energia totale che consumiamo), senza tenere conto
dell’elettrificazione dei consumi (pompe elettrice e BEV) dovremmo installare circa 21.000 Mw. Una stima,
ottimistica, delle superfici disponibili nei parcheggi, nelle discariche e nelle ex-cave ci soentirebbe di farne
1.000 Mw. Dei restanti 20.000 ipotizziamo con un miracolo di farne il 30% sui tetti e i capannoni. Ne
rimangono 14.000, pari a circa 17.000 ha. E questo solo per l’energia elettrica attuale. Poi vogliamo anche
fare l’idrogeno verde, poi abbiamo tutti gli altri consumi (il 79%) da elettrificare….
Certo, c’è la frontiera dell’agrovoltaico (fotovoltaico che convive sulle colture con benefici reciproci) ma si
tratta di impianti costosi (infatti il PNRR prevede 1,1 miliardi per installarne 1.600 Mw a livello nazionale
entro il 2026) di cui ancora manca una definizione adeguata che ne rassicuri la convivenza con alcune
tipologie di attività agricole. Ma ancora una volta è insufficiente: sia per gli obiettivi al 2030 sia per quelli
di più lungo periodo.
Servono superfici quindi. E non potranno essere solo pubbliche.
Il tema è molto complesso e le tante speculazioni fatte in passato rischiano di inquinare il dibattito .
Dibattito che serve avviare il prima possibile sulla base di considerazioni oggettive e non ideologiche.
La decisione di dove farlo, come farlo, quanto farne è una decisione che non può essere presa senza un
ampio confronto che parta dalle reali necessità (numeri) che sono guidate dal processo di
decarbonizzazione di cui parliamo da anni.
L’alternativa è mantenere il trend attuale, ovvero mantenere accese le centrali a carbone e turbogas che
hanno il “pregio” di occupare meno superficie a parità di potenza.
Ma visto che la cosa è complessa, che le opinioni e le idee di tutti sono molto diverse, un percorso che
potrebbe convergere ad una posizione condivisa forse c’è…..
14
…. Ed è che il Comune, nell’ambito degli impegni di decarbonizzazione che ha assunto
con l’adesione al Patto dei Sindaci o altri impegni ancora più stringenti, avvii un vero e
con l’adesione al Patto dei Sindaci o altri impegni ancora più stringenti, avvii un vero e
proprio assessment delle potenzialità del territorio e ne valuti la coerenza con gli
impegni assunti.
Facciamo i conti dei tetti pubblici su cui possiamo installare impianti, facciamo una
valutazione credibile di quali coperture e parcheggi privati possono realisticamente
installare impianti da qui al 2030, individuiamo tutte le aree marginali del territorio che
possiamo usare per gli impianti. Bastano? Se la risposta è no vanno trovate altre aree.
Definire in quelle aree quali sono le modalità che garantiscono una buona accettabilità
sociale, ambientale e paesaggistica…. Quando siamo arrivati all’obiettivo possiamo
tranquillizzarci, prima no.
Ci sono tanti modelli per fare impianti fotovoltaici, molti altri ne possiamo inventare.
Non necessariamente deve essere un’area con il filo spinato attorno, ma possono essere
luoghi dalle molte funzioni: in cui o attorno a cui c’è aggregazione, avvengono attività
sociali, in cui la biodiversità si sviluppa, in cui si preserva la risorsa idrica o la si convoglia
durante le precipitazioni intense riducendo il carico fognario…. Abbiamo davanti un
mondo di possibilità che potrebbero modificare in meglio le nostre città mentre
raggiungiamo gli obiettivi di decarbonizzazione.
Dipende dalla nostra fantasia e capacità di immaginazione. Doti che dobbiamo esercitare
se vogliamo ottenere qualcosa di concreto nei tempi dati.
Le alternative, al momento, non sono disponibili.
15
La registrazione di questo intervento è disponibile qui:
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Cosa possono fare i Comuni in Emilia-Romagna?

  • 1. La registrazione di questo intervento è disponibile qui: https://youtu.be/DKdAgjZ8xQo?t=2149 https://youtu.be/DKdAgjZ8xQo?t=2149 1
  • 2. Il Patto dei Sindaci è lo strumento di policy individuato dalla Regione ER per il coinvolgimento attivo dei Comuni per l’Energia & il Clima. coinvolgimento attivo dei Comuni per l’Energia & il Clima. Grazie ai contributi regionali oggi la situazione è quella della mappa da cui emerge che: 1) Grazie alle politiche di riordino istituzionale della Regione il perimetro delle Unioni ha consentito a molti comuni “minori” di avviare e sostenere gli impegni del Patto dei Sindaci 2) Sono circa 4 milioni i cittadini della nostra regione che in qualche misura sono “coperti” da politiche locali per l’Energia & il Clima 3) Le aree bianche, al netto di alcune situazioni specifiche, coincidono perfettamente con il perimetro delle aree interne (DGR 1473/2016) 2
  • 3. Nel corso del 2019, grazie alle risposte di oltre 160 Comuni che hanno risposto ad un articolato questionario è stato possibile realizzare un primo rapporto in grado di dare articolato questionario è stato possibile realizzare un primo rapporto in grado di dare una visione complessiva dei processi in atto e del loro grado di maturazione. Il rapporto, di poche pagine, è utile anche ai Comuni per “misurarsi” e orientare le azioni da adottare per massimizzare i risultati. 3
  • 4. Il rapporto è diviso in due sezioni: Il Comune e il Territorio (famiglie e imprese). Se da un lato le due sezioni sono fortemente sbilanciate per quanto riguarda i consumi energetici e conseguenti emissioni, dall’altra il ruolo del Comune è importante per il suo ruolo di indirizzo di nuove visioni collettive e per esaminare il livello di trasformazione dell’organizzazione politico e amministrativa dell’ente. Senza una sostanziale trasformazione organizzativa nessuna nuova politica può infatti essere esercitata. 4
  • 5. Non è una pagella dei buoni e dei cattivi, non è che avere l’ufficio energia significhi automaticamente svolgere politiche climatiche efficienti o non averlo significhi non essere attivi, ma solo un segnale di un svolgere politiche climatiche efficienti o non averlo significhi non essere attivi, ma solo un segnale di un cambiamento, ancora troppo lento, che si sta verificando nei comuni e che va perseguito e sostenuto A Roma abbiamo fatto un nuovo ministero, il MiTE, che mette insieme le politiche energetiche nazionali con quelle di tutela dell’ambiente. Se sarà efficace o meno lo vedremo. Ma di sicuro è un cambiamento importante che contribuisce ad una modifica del sistema. Nelle nostre organizzazioni riusciamo a fare cambiamenti così significativi? Il Comune è il soggetto più vicino al territorio: sviluppo territoriale ed economico, welfare…. quanto queste politiche “tradizionali” sono distanti e “non ancora contaminati” dalle politiche climatiche? Pensiamo che ancora ai Comuni sia demandato solo il “procedimento amministrativo” o che non sia ora di interpretare anche un ruolo diverso: quello di stimolo, ispirazione, sostegno della collettività nella transizione energetica e nell’adattamento a nuovi comportamenti? Richiamo l’attenzione sulle società in-house dei Comuni che hanno un mandato specifico per fornire supporto ai Comuni. Si tratta di Società costituite ad hoc o sono società pre-esistenti che hanno aggiunto alla loro missione originale quella specifica sull’energia. Sul piano strategico si tratta della modifica “organizzativa” più rilevante, perché per i Comuni significa avere a disposizione (e conservare) competenze che non potrebbero essere all’interno dell’organico comunale. Queste società consentono ai Comuni di accelerare il processo di riqualificazione dei propri edifici, scuole e campi sportivi e di svolgere attività di animazione territoriale sull’energia che non verrebbero svolte. Da una prima sommaria analisi della programmazione dei fondi europei 2014-2020 (tutt’ora in corso), sono proprio i Comuni che hanno società concentrate sull’energia a raggiungere le migliori performance (numerosità e capacità di conclusione dei progetti nei tempi) per le misure dedicate all’energia (asse 4 – Edifici pubblici – POR-FESR 2014-2020). 5
  • 6. Per ragionare sul ruolo dei Comuni usiamo questo diagramma di SanKey che la nostra arpae produce annualmente. arpae produce annualmente. Dal diagramma emerge con evidenza la distanza siderale che abbiamo da colmare in pochi anni se vogliamo mantenere il passo adeguato agli obiettivi di decarbonizzazione al 2050 6
  • 7. Esemplificando al massimo gli strumenti che abbiamo per incidere sono questi. Se di impianti rinnovabili ed efficienza energetica si parla sempre, poco o nulla si parla di Se di impianti rinnovabili ed efficienza energetica si parla sempre, poco o nulla si parla di Risparmio, cioè di eliminare sprechi (abbastanza facile) e modificare comportamenti per NON CONSUMARE (mooolto più difficile). E non parlarne è profondamente sbagliato per due motivi: 1) Perché il margine di riduzione dei consumi è significativo e può arrivare fino al 20% (Fonte: “CAMBIAMENTO COMPORTAMENTALE ED EFFICIENZA ENERGETICA” – ENEA 2017) 2) Perché, come ci insegna l’economia comportamentale, le scelte dell’individuo sono profondamente legate al desiderio delle persone di ottenere una “cosa” o un risultato, più che a mere questioni economiche In altre parole, la scelta di fare un intervento hardware (usare la tecnologia per produrre fonti rinnovabili o migliorare l’efficienza energetica di casa, auto o processo produttivo) dipende dal “software” del nostro cervello. Se non si lavora sul software, per rendere desiderabile la riduzione dei consumi, si riduce il numero di potenziali decisori a favore di interventi utili. Sul piano economico ormai tutti gli interventi (efficienza e rinnovabili) hanno già una convenienza nel medio periodo (7-8 anni). Addirittura una costo (quasi) nullo nel caso del 110%. Se ne vengono attuati pochi (meno di quelli che servirebbero) è perché mancano le motivazioni profonde che sono quelle che regolano le nostre scelte. Se, come la narrazione vuole, le scelte fossero solo basate sul piano economico non ci sarebbe la corsa all’acquisto del nuovo telefonino, dell’auto sovradimensionata, non esisterebbe la moda e il fashion….. 7
  • 8. Ecco perché, per l’energia e il clima come anche in altri ambiti, in un momento di trasformazione dell’intera società e del suo modello di sviluppo il Comune deve trasformazione dell’intera società e del suo modello di sviluppo il Comune deve interpretare nuovi ruoli, oltre ai classici definiti per legge. Senza l’esercizio e il rafforzamento di tali nuove funzioni, in grado di concorrere alla costruzione di una nuova coscienza individuale e collettiva , si riduce la capacità del “sistema locale” (famiglie e imprese) di attivarsi per realizzare quanto necessario. Affidarsi solo alle logiche di mercato (quando sarà conveniente famiglie e imprese lo faranno) non serve: è già conveniente farlo oggi….. ma perché mi devo “sbattere” se non è desiderabile, se non è attrattivo? Ispirazione, sostegno, facilitazione e abiltazione (insegnare a fare) sono mestieri difficili ma necessari per favorire le trasformazioni culturali necessarie. Trasformazioni che nel sistema attuale non sono ancora avvenute ma che possono avvenire a livello locale. Esempio banale: se tutte le famiglie e imprese di un territorio scegliessero contratti di fornitura di energia verde (ogni venditore di energia ha almeno una opzione per questo a sostanziale parità di costi) la produzione di CO2 imputabile a quel territorio crollerebbe del 21% (percentuale dei consumi elettrici rispetto al totale dei consumi). Una scelta del genere aumenterebbe la domanda di energia verde, accelerando la costruzione di nuovi impianti da parte dei produttori di energia. Il sistema invece ci dice che per risparmiare sull’energia devi andare sui portali di confronto delle offerte e trovare quella che, magicamente, ti fa risparmiare. Al contrario il Comune potrebbe orientare i propri cittadini a compiere una scelta del genere, spiegando che i margini di risparmio nella scelta tra i vari venditori sono in realtà esigui (incidono solo sulla quota energia che è una percentuale del costo complessivo della bolletta) e che scegliere tra le sole opzioni verdi è la cosa più giusta da fare. Costi da parte di Comuni e cittadini: pressoché nullo Difficoltà: molto bassa Effetto: molto alto 8
  • 9. Torniamo al nostro diagramma di Sankey. Abbiamo visto prima un profilo di intervento per agire sui consumi del territorio: orientando e ispirando le scelte dei singoli e della per agire sui consumi del territorio: orientando e ispirando le scelte dei singoli e della collettività. Spostiamoci sul lato dell’offerta (produzione di energia) dove vediamo l’ancora troppo risicato ruolo delle fonti rinnovabili rispetto alla montagna di fonti fossili che tutt’ora tengono in piedi il nostro sistema energetico. Ogni impianto in più che viene realizzato sul territorio “spegne” un po’ di combustioni di fonti fossili. Sta avvenendo da anni ma…. 9
  • 10. ……troppo lentamente. Completamente fuori traiettoria rispetto a quello che dovremmo fare. 10
  • 11. La consapevolezza è a tutti i livelli e sicuramente si stanno definendo misure per accelerare ma non è tutto solo nelle mani del governo (né delle Regioni). accelerare ma non è tutto solo nelle mani del governo (né delle Regioni). Infatti la transizione energetica, da un modello centralizzato ad uno distribuito, coinvolge i territori che giocano un ruolo determinante, i cui estremi sono quelli di facilitare o ostacolare il processo e di conseguenza ottenendo una accelerazione o rallentamento. 11
  • 12. Gli impianti rinnovabili vanno fatti sul territorio. L’esercizio è: definire un territorio (p.es. quello di un Comune) e riflettere su quali tipologie di impianti è possibile fare. E’ facile rendersi conto velocemente che in un territorio come quello della nostra regione, esaurite da tempo le fonti idrolettriche, al netto di qualche impianto in grado di trattare scarti vegetali a fini energetici, a qualche impianto eolico off-shore (se mai ci saranno le condizioni per farli) non abbiamo altra alternativa al fotovoltaico. 12
  • 13. Sono anni che incentiviamo il fotovoltaico. Prima con i conti energia (quando i prezzi erano elevati), oggi con altri strumenti basati sulla fiscalità generale. erano elevati), oggi con altri strumenti basati sulla fiscalità generale. Il risultato a livello Italia è quello che vedete. Installiamo pochi piccoli impianti ogni anno per una potenza complessiva inferiore a 500 Mw quando in realtà servirebbe un ordine di grandezza in più. Da circa un anno diciamo che dobbiamo decuplicare, nel 2022 dovremo dire che dobbiamo moltiplicare per 11 la velocità di installazione….. Le ragioni sono tante, ma riflettiamo su QUANTI ne dobbiamo fare e DOVE possiamo farli 13
  • 14. Le opzioni sono tante e tutte da perseguire, ma visto che è impossibile imporre un obbligo di installazione ai proprietari di tetti e capannoni, visto che i parcheggi sono un numero finito come le discariche e le ex- ai proprietari di tetti e capannoni, visto che i parcheggi sono un numero finito come le discariche e le ex- cave, dobbiamo cominciare a ragionare di altre opzioni. Numeri: se volessimo raggiungere l’obiettivo del Patto per il Lavoro & il Clima (100% energie rinnovabili al 2035) e ci limitassimo all’energia elettrica (21% dell’energia totale che consumiamo), senza tenere conto dell’elettrificazione dei consumi (pompe elettrice e BEV) dovremmo installare circa 21.000 Mw. Una stima, ottimistica, delle superfici disponibili nei parcheggi, nelle discariche e nelle ex-cave ci soentirebbe di farne 1.000 Mw. Dei restanti 20.000 ipotizziamo con un miracolo di farne il 30% sui tetti e i capannoni. Ne rimangono 14.000, pari a circa 17.000 ha. E questo solo per l’energia elettrica attuale. Poi vogliamo anche fare l’idrogeno verde, poi abbiamo tutti gli altri consumi (il 79%) da elettrificare…. Certo, c’è la frontiera dell’agrovoltaico (fotovoltaico che convive sulle colture con benefici reciproci) ma si tratta di impianti costosi (infatti il PNRR prevede 1,1 miliardi per installarne 1.600 Mw a livello nazionale entro il 2026) di cui ancora manca una definizione adeguata che ne rassicuri la convivenza con alcune tipologie di attività agricole. Ma ancora una volta è insufficiente: sia per gli obiettivi al 2030 sia per quelli di più lungo periodo. Servono superfici quindi. E non potranno essere solo pubbliche. Il tema è molto complesso e le tante speculazioni fatte in passato rischiano di inquinare il dibattito . Dibattito che serve avviare il prima possibile sulla base di considerazioni oggettive e non ideologiche. La decisione di dove farlo, come farlo, quanto farne è una decisione che non può essere presa senza un ampio confronto che parta dalle reali necessità (numeri) che sono guidate dal processo di decarbonizzazione di cui parliamo da anni. L’alternativa è mantenere il trend attuale, ovvero mantenere accese le centrali a carbone e turbogas che hanno il “pregio” di occupare meno superficie a parità di potenza. Ma visto che la cosa è complessa, che le opinioni e le idee di tutti sono molto diverse, un percorso che potrebbe convergere ad una posizione condivisa forse c’è….. 14
  • 15. …. Ed è che il Comune, nell’ambito degli impegni di decarbonizzazione che ha assunto con l’adesione al Patto dei Sindaci o altri impegni ancora più stringenti, avvii un vero e con l’adesione al Patto dei Sindaci o altri impegni ancora più stringenti, avvii un vero e proprio assessment delle potenzialità del territorio e ne valuti la coerenza con gli impegni assunti. Facciamo i conti dei tetti pubblici su cui possiamo installare impianti, facciamo una valutazione credibile di quali coperture e parcheggi privati possono realisticamente installare impianti da qui al 2030, individuiamo tutte le aree marginali del territorio che possiamo usare per gli impianti. Bastano? Se la risposta è no vanno trovate altre aree. Definire in quelle aree quali sono le modalità che garantiscono una buona accettabilità sociale, ambientale e paesaggistica…. Quando siamo arrivati all’obiettivo possiamo tranquillizzarci, prima no. Ci sono tanti modelli per fare impianti fotovoltaici, molti altri ne possiamo inventare. Non necessariamente deve essere un’area con il filo spinato attorno, ma possono essere luoghi dalle molte funzioni: in cui o attorno a cui c’è aggregazione, avvengono attività sociali, in cui la biodiversità si sviluppa, in cui si preserva la risorsa idrica o la si convoglia durante le precipitazioni intense riducendo il carico fognario…. Abbiamo davanti un mondo di possibilità che potrebbero modificare in meglio le nostre città mentre raggiungiamo gli obiettivi di decarbonizzazione. Dipende dalla nostra fantasia e capacità di immaginazione. Doti che dobbiamo esercitare se vogliamo ottenere qualcosa di concreto nei tempi dati. Le alternative, al momento, non sono disponibili. 15
  • 16. La registrazione di questo intervento è disponibile qui: La registrazione di questo intervento è disponibile qui: https://youtu.be/DKdAgjZ8xQo?t=2149 16