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CORSI “IO MI SENTO”PER LA PREVENZIONE
DEL MALTRATTAMENTO PSICOLOGICO
1) DINAMICHE DI POTERE TRA I GENERI,
2) I SENTIMENTI DEGLI UOMINI
3) RELAZIONI DI COPPIA
PSICOLOGIA URBANA
E CREATIVA
IO MI SENTO: introduzione
L’associazione Psicologia Urbana e Creativa, in collaborazione con l’Assessorato alle poli-
tiche e culture di genere del Comune di Ravenna, si occupa di attività di prevenzione pri-
maria della violenza di genere, proponendo peculiari percorsi psico-educativi rivolti alla
popolazione .
La violenza di genere è un fenomeno sociale e culturale che spesso passa sotto al livello
di coscienza, occorre riconoscere i comportamenti prevaricanti che vengono utilizzati nel
quotidiano.
Uno dei primi passaggi per contrastare le forme di violenza è riconoscerla e chiamarla col
proprio nome, distinguendo i vari tipi di maltrattamento: fisico, economico, psicologico.
Particolarmente importante è il riconoscimento del maltrattamento psicologico nelle re-
lazioni, che si esprime attraverso varie modalità: criticare, offendere, ricattare, umiliare
sotto forma di scherzo, ferire l'identità, ingigantire gli errori, minacciare, attribuire signifi-
cati e logiche diverse rispetto alle idee e ai sentiti dell'altro ...
Siccome il fenomeno è diffuso nelle famiglie, nei luoghi di lavoro e nei contesti sociali,
questo progetto intende divulgare strumenti che rendano visibile in modo più lucido e
chiaro, nella mente delle donne e degli uomini, il riconoscimento e il contrasto dei com-
portamenti prevaricanti. Con i corsi IO MI SENTO le psicologhe e gli psicologi di Psicologia
Urbana e Creativa si rivolgono alla popolazione organizzando corsi psico-educativi distin-
ti, per donne e uomini. Secondo altre esperienze simili, condotte in Europa, i corsi sono
distinti per genere: per le donne gli obiettivi riguardano la valorizzazione delle proprie
emozioni, la consapevolezza di Logos e la necessità di rispetto dei propri bisogni e dei ta-
lenti identitari; mentre per gli uomini riguardano la consapevolezza che si può uscire dal
piano delle logiche e accedere a quello dei sentimenti per accogliere la necessità e il pia-
cere di esprimerli. Questi interventi forniscono strumenti efficaci per apportare cambia-
menti alle dinamiche familiari, anche attraverso l’insegnamento di tecniche di assertività
e comunicazione empatica.
L'importanza del sentito viene sottolineata anche dal titolo, perché “IO mi sento...” è il
linguaggio dello stato d'animo, dell'interiorità, della verità di noi stessi, ed è la base per
chiedere all'altro come vogliamo essere trattati. Generalmente, i conflitti si creano per-
ché restiamo sul piano delle logiche; se invece comunichiamo a partire dai nostri vissuti,
è più probabile che il livello della conversazione cambi, spostandosi su un piano affettivo
e di maggiore comprensione reciproca.
E’ stato sperimentato anche un terzo tipo di corso rivolto a uomini e donne in coppia e
non, con lo scopo di portare a conoscenza le proprie dinamiche affettive e relazionali, e
fornire strumenti che favoriscano l’ascolto empatico, la comprensione e il rispetto delle
singole individualità.
La violenza di genere è presente all’interno delle relazioni affettive interpersonali e trova
la sua rappresentazione più emblematica e straziante nel fenomeno del "Femminicidio",
che non è un raptus che compare all'improvviso, ma è l’esito di un tipo di mentalità pre-
varicante e un’escalation all’interno della quale ci sono dei segnali di violenza che posso-
no essere riconosciuti prima che questa venga portata agli eccessi. Esiste una tendenza
alla prevaricazione e all'imposizione delle proprie logiche, che può essere decodificata e
contrastata prima che l'escalation diventi nefasta.
Pertanto, la prevenzione primaria della violenza di genere riveste un ruolo fondamentale
per fermare i comportamenti aggressivi e prevaricanti in modo da favorire le buone rela-
zioni fra donne e uomini.
Corso rivolto alle donne “Dinamiche di potere tra i generi”
Il metodo, utilizzato nei corsi "IO MI SENTO" rivolti alle donne, riguarda innanzitutto l'e-
sprimere verbalmente i sentimenti sottostanti le varie emozioni, fra cui quella della rab-
bia. Le donne vengono aiutate a riconoscere quando in situazioni domestiche o sociali
gli uomini mettono in atto il maltrattamento psicologico che si manifesta ad esempio
con critiche sul corpo delle donne e sull’intelligenza delle donne , offese, imposizioni e
ricatti più o meno nascosti, definire la realtà con logiche che svalorizzano quelle degli
altri, svalutare i sentimenti e i bisogni degli altri. Le tecniche del maltrattamento psico-
logico sono volte a ferire l'identità della donna e ad abbassarne il potere e l'autosti-
ma. Durante il corso le donne vengono aiutate a scoprire quando loro stesse tendono a
svalutarsi (lo hanno fatto per generazioni) attribuendo alle logiche dell'uomo maggior
valore entrando così in una sottomissione di logos e in una svalutazione del proprio
sentito.
Alcuni stimoli per portare alla luce i pregiudizi di genere vengono forniti dalla proiezio-
ne di immagini tratte dalla pubblicità e da film o video stimolanti la discussione. Inoltre
le donne vengono incoraggiate a parlare della propria interiorità, in modo comprensibi-
le e non aggressivo esprimendo ciò che sentono e ciò di cui hanno bisogno. Questo me-
todo non ha come obiettivo la rinuncia né la sublimazione, dimenticando l'invito all'a-
zione sollecitato dall'emozione della rabbia, bensì aiuta a comprendere ciò che sta die-
tro l'eventuale ingorgo emotivo. Solo quando si è lucidi e si sono risolti alcuni complessi
personali è possibile rispondere in modo tranquillo, diretto, calmo, e perché no sorri-
dente, rimandando all'altro la responsabilità di non aver trovato modo
“alternativo”alla prevaricazione , ma di aver utilizzato una violenza psicologica che an-
dava a ferire l’identità di chi ha di fronte. In tal modo anche l'uomo può accorgersi
dell'automatismo da lui utilizzato, ovvero una modalità per mantenere potere. Questo
fa parte del concetto "violenza tolleranza zero" che sta alla base della consapevolezza
del bisogno di trasformare le dinamiche di potere fra i generi, auspicando relazioni ba-
sate non sulla competizione ma sulla collaborazione e sulla fiducia reciproca. Dal mo-
mento che le relazioni affettive sono fondate sul volersi bene, le atmosfere familiari po-
sitive sono di grande valore e richiedono impegno per essere mantenute. La tendenza
da parte delle donne a sottomettersi e a lasciar perdere per evitare litigi e tensioni por-
ta, a volte, alla mancanza di assertività e alla rinuncia della propria realizzazione. Invece
in questi corsi le donne vengono aiutate a non rinunciare al proprio sentito e ai propri
talenti, in un'ottica di “Individuazione” in senso junghiano: che parte dal valore del
proprio “femminile” inteso in termini di “Anima“ ,sentimenti, emozioni, intuizioni, in-
conscio, e rivalutando la conquista di un “logos autonomo” nel senso citato da Pinko-
la Estés in “Donne che corrono con i lupi”.
Oggi, dopo l'inizio della denuncia delle molestie e dell'hate speech siamo in un cam-
biamento epocale da cui non si può tornare indietro.
Il corso donne chiamato "Dinamiche di potere tra i generi", rivolto a donne che desi-
derano acquisire autostima e consapevolezza nelle relazioni e nelle dinamiche familia-
ri, si svolge a Ravenna da 5 anni, e nelle circoscrizioni di Castiglione e di Piangipane.
Durante gli incontri si affrontano diverse tematiche:
1) Quella del maltrattamento e della responsabilità della violenza che, come insegna-
no gli psicologi Norvegesi del centro ATV M. Rakil e P. Isdal, è sempre di chi l'agisce. La
violenza si protrae di generazione in generazione ed è automatica, deriva cioè da qual-
cosa che si è già fatto o si è già visto fare. La violenza è sempre: un abuso di potere, un
tentativo di gestire una percezione di impotenza soggettiva, un tentativo di raggiunge-
re la supremazia e di mantenere il potere sull'altro: dinamica chiaramente non parita-
ria.
2) Le varie forme del maltrattamento psicologico che può essere di controllo (es. degli
spazi, del tempo ecc.) o di abuso verbale (es. minacce, svalorizzare, offendere ecc.).
3) L'assertività, ovvero il modo non aggressivo ne’ passivo di esprimere i propri biso-
gni, diritti, desideri o sentimenti senza violare i diritti dell'altra persona.
4) Il concetto della rabbia, che può essere fisica, verbale o silente e la distinzione fra i
vari tipi di rabbia, che è una delle emozioni primarie che tutti noi proviamo e che ha
una sua utilità per conoscere se stessi e per regolare i rapporti, va gestita con intelli-
genza emotiva e non con violenza, che è l'azione rivolta ad abbassare il potere dell'al-
tro. La definizione di violenza per P.Isdal è: "qualunque atto diretto contro un’altra per-
sona, a prescindere che tale atto le nuoccia, la ferisca o la offenda, in modo tale da
spingere la persona a fare qualcosa contro la propria volontà, oppure che le impedisca
di fare qualcosa che desidera fare".
5) L’ingorgo emotivo e il senso di solitudine: spesso dietro al sentito della rabbia si
hanno emozioni contrastanti, che si configurano come un “'imbuto della rabbia”, dal
quale escono urla e lamentele. Diversamente, dietro a questo “imbuto” c’è un misto
di emozioni confuse che possono essere accolte e comprese. Dietro la rabbia può es-
serci: paura, ansia, impotenza, rifiuto, tristezza ecc., e se riusciamo ad esprimere
quanto abbiamo dentro, non ci sentiamo soli e incompresi.
Le donne che hanno partecipato al corso si sono messe in gioco, hanno utilizzato una
scheda che conteneva tre colonne: sentito, pensato e agito, dove riportare alcuni epi-
sodi della loro vita quotidiana.
6) I concetti di pregiudizio e stereotipo, ovvero le strategie di pensiero con cui la mente
semplifica e sistematizza l'abbondanza e la complessità di informazioni derivanti
dall'ambiente esterno attraverso il processo cognitivo della categorizzazione ed anche
gli stereotipi che vengono proposti dai mass media.
7) L'incontro con la responsabile e con le volontarie di Linea Rosa che forniscono in-
formazioni rispetto ai Centri Antiviolenza e ne illustrano le modalità di accesso.
8) I metodi per uscire dal piano delle logiche mentre si prova la rabbia ed entrare in
quello del sentito (es. lasciare il campo, trovare una parola chiave da richiamare al biso-
gno ecc.)
9) I metodi della comunicazione empatica, assertiva e positiva. Comunicare in modo
empatico vuol dire innanzitutto prendersi il tempo per farlo, per non farsi prendere to-
talmente da un ingorgo emotivo, è un metodo che può essere applicato anche dopo
una settimana o un anno, perché è necessario passare dalla situazione di confusione
emozionale alla lucidità dei propri sentimenti e bisogni. Infatti c'è una tecnica ben pre-
cisa che possiamo chiamare comunicazione empatica, composta da quattro fasi:
“Quando …”
“Mi sono sentita …”
“Ho bisogno …”
“Quindi ti chiedo …”
Gli incontri sono strutturati in modo laboratoriale, le donne che partecipano al corso
interagiscono anche grazie la somministrazione di esercizi:
1) Il primo esercizio è quello del mi piace/non mi piace. Su di un foglio diviso in due co-
lonne viene scritto ciò che ci piace fare e ciò che non ci piace fare e sentire. Questi desi-
deri oltre a rappresentare la base di come vogliamo essere trattati, quindi possono es-
sere espressi, e comunicati ai nostri cari con fiducia, ci permettono anche di acquisire
maggiore consapevolezza di noi stessi e di cosa ci piace, perché il cambiamento parte
sempre dalla conoscenza e dalla consapevolezza di noi stessi.
2) Durante il secondo esercizio viene chiesto alle donne di pensare ad un episodio in
cui hanno subito un maltrattamento o lo hanno agito.
3) Il terzo esercizio si basa sul raccoglimento personale, chiudendo gli occhi si respira
profondamente e guidati dalla voce della psicologa si cerca di pensare ad un episodio di
rabbia e di avvertire le sensazioni che essa suscita in noi, si focalizza l'attenzione sulla
parte del corpo dove viene sentita la rabbia. In seguito si verbalizza e condivide cercan-
do di portare a coscienza i passaggi che dall'invito all'azione fisica arrivano alla consape-
volezza dei propri bisogni emotivi e concreti.
4) Il quarto è quello della comunicazione empatica riportato già sopra.
Episodio: "Mi si è rotta la lavastoviglie e parlandone anche con una mia amica, ne avevo
trovata una che anche lei stava utilizzando in modo soddisfacente; mi sono consultata
con mio marito, ma a lui non andava bene la mia proposta. Abbiamo discusso, lui si è ar-
rabbiato. Mi sono sentita limitare la mia libertà di scegliere la lavastoviglie che ritenevo
più adatta alle esigenze della nostra famiglia ed ho pensato "forse non sono in grado di
acquistarla". Mi sono sentita affaticata e mi è venuto da piangere."
Comunicazione empatica: Quando volevo comprare la lavastoviglie e tu hai detto in
modo arrabbiato, sbattendo i pugni sulla tavola, che non andava bene, mi sono sentita
scoraggiata e limitata nella mia libertà di fare proposte, ho bisogno che ti fidi di me,
quindi ti chiedo di ascoltarmi e di concordare insieme le scelte senza innervosirti.
Episodio: "Mia sorella aveva problemi di salute, mi ha chiamata al telefono, ho colto
una sua richiesta di aiuto ed ho cercato di attivarmi offrendole suggerimenti e soluzioni
pratiche. Lei mi ha risposto che non aveva bisogno del mio aiuto e ha buttato giù il tele-
fono. Mi sono sentita rifiutata e mi sono ricordata di quando da piccola io volevo aiutar-
la, perché mia sorella neonata era malata di polmonite, e mio padre mi ha impedito di
portarle un peluche che secondo me l'avrebbe rallegrata. Mi sono sentita allontanata
anche oggi come allora e mi sono arrabbiata. Poi ho cercato di applicare i quattro punti
di questo metodo, mi sono concentrata sul momento peggiore per me durante la telefo-
nata, ho scoperto che era quello del rifiuto che mi ha portata al filone emotivo in cui mio
padre non ha colto il mio desiderio di alleviare le sofferenze della sorellina e ha liquidato
sbrigativamente il mio gesto. Mi sono quindi accorta che è un problema mio l'essermi
sentita rifiutata, non posso attribuire a mia sorella il rifiutarmi, ma penso di essermi atti-
vata nel modo non adeguato alle sue richieste che potevano essere semplicemente un
bisogno di ascolto, ho pensato che lei riattaccando il telefono abbia pensato ad una pre-
varicazione da parte mia. Quindi ho provato ad utilizzare questi quattro punti per espri-
mere i miei stati d'animo e tentare di chiarire con lei l'equivoco emotivo e relazionale".
Comunicazione empatica: Quando ci siamo sentite al telefono, io mi sono attivata per
aiutarti e tu hai riattaccato, mi sono sentita non capita e rifiutata, ma ho colto che era
un mio ingorgo emotivo riguardante l'infanzia, probabilmente tu non volevi rifiutarmi,
ho bisogno di parlare con te e spiegarmi meglio, quindi ti chiedo di vederci per prende-
re un caffè insieme e poter parlare con calma del tuo bisogno e delle modalità con cui
vogliamo comprenderci meglio e avere una buona relazione.
5) Il quinto esercizio è di tipo simbolico e utilizza sia il cognitivo che l'emotivo, è focaliz-
zato al rafforzamento della propria identità. Dopo aver ripreso il "mi piace/non mi pia-
ce" si prosegue con la ricerca delle situazioni in cui ci si sente bene mentre si fa qualcosa
che ci riesce o ci appassiona "Sono io quando", si può aggiungere anche la domanda "So
di saper fare". Le risposte a queste tre domande che aiutano a capire le proprie caratteri-
stiche e la propria individualità vengono riportate sui raggi di un sole che simbolicamente
rappresenta la propria identità, ogni raggio rappresenta il brillare delle proprie doti e del-
le nostre parti che hanno diritto di esprimersi e di venire alla luce.
Al termine del corso è stato chiesto alle donne che cosa si sono portate a casa dall'espe-
rienza svolta:
- Cerco di capire come mi sento ogni giorno. Ho migliorato il rapporto con mia mamma
ponendomi in altro modo. Mi porto a casa l'ascolto dell' "Io mi sento" durante la giorna-
ta.
- Una maggiore consapevolezza rispetto a quello che non dobbiamo più accettare come
donne. Non dobbiamo abbassare la guardia. Sottovalutavo molte cose. Dobbiamo fare
osservare quando qualcosa non ci piace. La cultura è molto importante per le nuove ge-
nerazioni.
- Un arricchimento sulla conoscenza di me stessa. Ho capito qualcosa in più e la mia auto-
stima è aumentata.
- Io mi sento più forte. Mi piacerebbe partecipare ad altri corsi. Dobbiamo farci valere co-
me donne.
- La condivisione di tempo insieme e il sentirmi accettata nel gruppo senza sentirmi giudi-
cata. Mi piacerebbe che questo corso durasse un anno, mi sono accorta che sto sbaglian-
do tante cose, sono aggressiva anche io, vorrei migliorarmi. La mia preoccupazione è ge-
stire la rabbia, calmarmi per esprimermi.
- Un arricchimento, mi piace approfondire il discorso dell' Io mi sento e della comunicazio-
ne empatica. Mi porto a casa anche il piacere della condivisione.
- Molti ricordi che riaffiorano. Mi porto a casa condivisione e arricchimento e anche qual-
che consapevolezza in più. Avevo come una benda sugli occhi che non volevo togliere
adesso sento che è un po' più spostata per vedere sia il maltrattamento che gli aspetti di
me.
- Lucidità. Mi guardo dentro, faccio più chiarezza sulle emozioni che provo. Esterno di più
quello che provo dentro.
- Mi hanno colpita molto le battute sottili, le risposte lucide. L'essere ferita penso che de-
rivi sempre da me, invece mi sono accorta che la responsabilità della violenza è di chi l'a-
gisce.
- Mi sono resa conto che le modalità con cui parlo non sono sempre corrette. Ho trovato
la strada giusta. Do valore al mio sentito.
- Riappropriarmi del logos, smettere di delegare agli uomini il pensare.
- Riflessione sulla rabbia e prevaricazione maschile sottile. L'importanza di non sottovalu-
tare l'effetto che le critiche negative hanno su di me, ho capito che devo liberarmi dei giu-
dizi degli altri.
- Un senso di benessere e condivisione "una vallata piena di fiori che mi ha dato più forza
grazie all'ascolto".
- Forza e amore, ma soprattutto ascolto non giudicante.
- Molti pensieri su cose di cui ero sicura, credevo che arrabbiarmi mi desse forza, invece
questa sicurezza è crollata, ho molto lavoro da fare su di me, sento gratitudine.
- Il migliorarsi come punto di partenza.
- Un'esperienza diversa, preziosa e la condivisione non giudicante.
- Consapevolezza, esperienza di come non essere pregiudizievole, più autostima e un
viaggio continuo.
- Bellissima esperienza e spunti per un dialogo con mio figlio.
- Sono contenta e ho voglia di ripetere la comunicazione empatica con mio figlio.
- Belle cose, vorrei che il corso durasse di più, bella esperienza. Ho capito che sto sba-
gliando tante cose nei rapporti con la vita, la famiglia ...
- Meraviglia e stupore, mi sono ritrovata dentro le vostre esperienze, problemi, preoccu-
pazioni. Gestire la rabbia in modo diverso.
- Tante lenti per leggere le cose che succedono e consapevolezza che c'è molto da fare.
- La voglia di essere più assertiva, una maggiore consapevolezza dei sentimenti.
- Spunti di riflessione sui vissuti personali e sulle sfumature del maltrattamento psicologi-
co. Piacere nel vedere come una tecnica di quattro passaggi apra dei mondi tramite la
comunicazione del proprio sentito all'altro.
- Condivisione non solo nel lavoro interiore per superare le ferite, ma anche nell'abbatte-
re i muri per realizzare i propri sogni e desideri.
- Spunti di riflessione che devo riordinare. Sono colpita dal rendermi conto delle difficoltà
di riconoscermi: es. Che cosa so fare? Se mortificata o prevaricata faccio fatica a con-
nettermi con i miei bisogni. Ho perso la capacità di contattare il mi piace/non mi piace. Fa-
tico a distinguere il mio sentire, è più facile il pensato. Cerco di lavorare su questi punti,
sono in cammino.
- Il piacere di avervi conosciute, solidarietà femminile e il mettere le proprie emozioni in
primo piano. I quattro passaggi della tecnica ti possono aiutare nel risolvere questioni .
Sono contenta di aver portato a termine il corso.
- Spunti di riflessione, sono contenta di avervi conosciute. Le quattro parole della comuni-
cazione empatica arrivano all'altro senza utilizzare l'aggressività.
- Una carezza dell'animo: comunicare le emozioni, lasciarle fluire, ascoltarle, tenerne con-
to.
Corso “I sentimenti degli uomini”
Il corso rivolto agli uomini, è chiamato "I sentimenti degli uomini" perché saper contatta-
re la propria interiorità consente di uscire dal piano delle logiche, che è il piano su cui ge-
neralmente avvengono i conflitti: "Ho ragione io non hai ragione tu" è quasi sempre la
fonte del maggior numero di scontri e arrabbiature. Entrare nel piano del sentito, degli
stati d'animo, delle emozioni consente di sciogliere tensioni e di comprendere meglio se
stessi e gli altri.
La dimensione di gruppo facilita il prendere contatto con la propria interiorità e l’entrare
nel piano del sentito e delle emozioni, facendo sentire i partecipanti a proprio agio. A
questo scopo il primo incontro viene aperto definendo alcuni principi utili per comunica-
re in gruppo:
 parlare in prima persona, evitando il ‘tu’, che è una modalità che porta spesso a formu-
lare giudizi sull’altro;
 non formulare giudizi negativi sui vissuti personali dell’altro, in quanto riteniamo che
ognuno abbia il diritto di provare le emozioni che sente che, in quanto tali, non sono di-
scutibili;
 esprimere apprezzamenti sugli aspetti positivi emersi in gruppo; il commento positivo
non è mai superfluo, è motivante e rinforza l’autostima. E’ importante quindi non rite-
nere la critica l’unica modalità educante e autentica presente nella comunicazione.
Il corso si sviluppa in sei incontri che prevedono esercizi, lezioni, giochi, discussioni e si-
mulazioni.
Durante il primo incontro l'obiettivo è quello di partire dalla soggettività dei nostri pun-
ti di vista: "le nostre idee non sono verità, ma strumenti per pensare", "si identifica con
le proprie idee chi ha un "Io" fragile e crede di rafforzarlo imponendo logiche apparente-
mente collettive". Invece la nostra identità è data da quello che abbiamo nell'animo, dal-
la ricchezza di doti e qualità che possiamo mettere a disposizione del mondo e le nostre
idee sono solo una parte accessoria del nostro presentarci al mondo.
Perciò fin dal primo incontro viene spiegato come sia fondamentale superare la concezio-
ne di oggettività delle nostre concezioni e delle nostre idee. Iniziare con il parlare in pri-
ma persona aiuta a soggettivare, cioè ad abbassare l'idea di oggettività di quanto viene
detto (C.G. Jung quando parlava di "Animus" lo associava a una collettività di padri che
unendosi aumentano la loro potenza).
Viene incoraggiato l'utilizzo del "Io mi sento" e anche del "mi piace, non mi piace". Ciò
aumenta l'allenamento all'ascolto di sé per poter poi spiegarci e comunicare agli altri co-
me desideriamo rapportarci.
Questo metodo consente di abbassare le criticità nelle relazioni. Criticare, lamentarsi,
incolpare gli altri sono modalità proiettive molto diffuse che evitano di mettere in di-
scussione noi stessi e mantengono la conflittualità nei rapporti, dove il potere viene
esercitato con vecchi metodi che finiscono per diventare circoli viziosi che rovinano le
relazioni.
Anziché criticare e sottolineare gli errori degli altri o commentare negativamente i com-
portamenti che non ci piacciono, possiamo prenderci il tempo per ascoltare ciò che
sentiamo, ciò che ci piace, possiamo dare le istruzioni per l'uso di noi agli altri, dicendo
loro ciò che desideriamo o ciò che ci piacerebbe.
Il primo esercizio proposto è quello di focalizzare l’attenzione su “come mi sento in
questo momento”: sereno, innervosito, agitato, fiducioso, positivo, ecc… La possibilità
di focalizzarsi sul presente e di dare valore agli stati d’animo è la base per rafforzare la
consapevolezza delle emozioni e ampliare il vocabolario dei sentimenti. Anche con gli
uomini viene fatto il gioco del "Mi piace, non mi piace": viene consegnato un foglio do-
ve ognuno può fare un elenco delle cose che ama, ad esempio: "mi piace essere saluta-
to quando torno a casa", "mi piace che venga riconosciuto quello che faccio", "mi piace
riposarmi un po' appena torno dal lavoro", "mi piace essere trattato gentilmente"...
Questi desideri rappresentano la base di come vogliamo essere amati, quindi possono
essere espressi e comunicati ai nostri cari con fiducia. Questo metodo è democratico,
perché l'altro può rispondere “sì o no”, “riesco o non riesco”, e può dire a sua volta i
propri desideri e bisogni in una dinamica di dialogo (dia logos cioè due luoghi mentali,
due logos che si mettono in contatto).
Un passaggio importante del primo incontro è il concetto mutuato dal metodo Norve-
gese di Oslo, ATV: "la responsabilità della violenza è di chi l'agisce perché al comporta-
mento violento c'è sempre un'alternativa".
Nel secondo incontro si tratta il tema delle tipologie di maltrattamento psicologico
che vengono utilizzate più o meno consapevolmente, a volte apprese sotto il livello di
coscienza e utilizzate automaticamente, a volte ereditate come esempi di virilità. Si ten-
ta di portare alla luce le varie forme di maltrattamento agito e subito. Si affronta quindi
il tema della responsabilità della violenza, che è sempre di chi l'agisce ed è un automa-
tismo che viene appreso nel contesto culturale in cui cresciamo. E' importante distin-
guere la violenza dalla rabbia, in quanto la rabbia è una delle emozioni primarie che
tutti noi proviamo e ha una sua utilità per conoscere se stessi e per regolare i rapporti,
ma va gestita con intelligenza emotiva e capacità di spiegare le proprie emozioni e i
propri bisogni. Diversamente, la violenza è l'azione rivolta ad abbassare il potere e
l’identità dell'altro. Il maltrattamento psicologico infatti è volto a colpire l'identità dell'al-
tro e ad abbassarne l'autostima. Si prosegue il secondo incontro facendo una sintesi sui
concetti di apprezzamento e critica e parlando di linguaggio positivo. Al fine di evitare
che la critica sia utilizzata in termini negativi, che finiscono spesso col mortificare l’altro,
al punto da presentarsi come una vera e propria forma di maltrattamento psicologico, il
gruppo è invitato a riflettere su un modello di ‘Critica costruttiva’ che permette di comu-
nicare la propria insoddisfazione e di trasformare situazioni negative in situazioni più
soddisfacenti. Le fasi della critica costruttiva, che in parte riprendono quelle della comu-
nicazione empatica descritte in seguito, sono le seguenti:
1. Prima di tutto chiedere il permesso (“Posso?...”)
2. Descrivere concretamente ciò che non ci piace (“Non mi piace quando tu …”)
3. Descrivere come ci sentiamo (“Io mi sento …”)
4. Offrire un suggerimento positivo (“Io propongo…”)
5. Chiarire le ragioni del suggerimento positivo (“Perché penso che …”)
Affinchè sia possibile comunicare in modo soddisfacente e costruttivo, e non semplice-
mente scaricare tensioni emotive, è necessario riflettere anche sul linguaggio che siamo
soliti usare. A questo scopo, proponiamo al gruppo un esercizio costituito da una lista di
giudizi negativi, che utilizziamo abitualmente con le persone che ci circondano, e chie-
diamo di volgerli in positivo.
Esempi di giudizi negativi volti in positivo dal gruppo:
 “Non hai capito niente” —— “Forse tu hai altri dati o stai applicando altre logiche”
 “Stai zitto” —— “E’ importante anche ascoltare”
 “Hai sbagliato” —— “Puoi vedere la cosa da un altro punto di vista”
 “Lascia perdere, non ci riesci” —— “E’ capitato anche a me di essere in difficoltà”
 “Sei un egoista” —— “Puoi essere più generoso”
L’obiettivo di questo esercizio non è quello di essere ‘buoni ad oltranza’, bensì di per-
mettere a chi riceve una critica di trovare l’energia e la fiducia in se stesso e nell’altro per
migliorare, per riprovarci e per cambiare. Il linguaggio negativo non permette l’evoluzio-
ne ma etichetta, svaluta, riduce la motivazione e la volontà di cambiamento e spesso è
solo fonte di conflitti.
Nel terzo incontro si trattano con slide ed esercizi le emozioni difficili da gestire (ansia,
paura, gelosia, vergogna), di cui tutti abbiamo esperienza, poiché le sentiamo in noi co-
me vissuto cosciente soggettivo, anche a livello corporeo, ad esempio quando avvertia-
mo tachicardia, aumento della frequenza del respiro, sudorazione, tensione muscolare e
calore.
Percepiamo le emozioni anche negli altri, nei cambiamenti della mimica facciale, della
postura, del tono della voce e della posizione del corpo. Tutti questi elementi ci per-
mettono di inferire lo stato d’animo dell’altro, quindi l’emozione che sta provando e di
regolare la nostra condotta in reazione ad essa.
Durante il corso descriviamo anche le funzioni delle emozioni che, se ascoltate, quindi
“sentite”, diventano alleate per la conoscenza di noi stessi e per guidare il nostro com-
portamento all’interno delle relazioni interpersonali, in modo da facilitare la compren-
sione reciproca e la fluidità nel rapporto affettivo.
Si tratta anche “l'imbuto della rabbia”; spesso dietro al sentito della rabbia si hanno
emozioni contrastanti che creano un ingorgo emotivo e fanno sì che la persona non
comprenda effettivamente che cosa stia provando interiormente. Vengono proposte ai
partecipanti domande del tipo: "Quando si è manifestata la rabbia?" "Che tipo di rabbia
è stata?".
Si chiede così agli uomini di riflettere su alcune situazioni in cui hanno agito in modo ag-
gressivo; riportiamo due testimonianze emerse:
- "Ero capocantiere e dovevo alzare la voce, ci davo forte, consapevolmente mi arrabbia-
vo molto. Quando montava troppo forte la rabbia mi giravo e andavo via. Mi sentivo
sconfitto dal mio atteggiamento: mi arrabbiavo perché non riuscivo ad ottenere quello
che volevo".
- "E' un esempio che riguarda l'unico litigio che ho avuto con mia moglie. Non ho svolto
dei lavori domestici e lei mi ha ripreso alzando la voce. Ho iniziato ad urlare e non capivo
più quello che dicevo, continuavo ad urlare anche quando lei non parlava più. Mi sono
reso conto di aver toccato il fondo, ho perso il controllo. Guardarsi allo specchio e non
riconoscersi...".
Negli incontri successivi, partendo da questi spunti, sono stati esposti i metodi della
comunicazione empatica, assertiva e positiva allenandosi soprattutto ad esprimere i
sentimenti che sono alla base della comunicazione empatica.
Partendo da questi concetti, comunicare in modo empatico vuol dire innanzitutto pren-
dersi il tempo per ascoltare i propri sentimenti e cercare di riconoscerli, per sbrogliare
l'ingorgo emotivo, è un metodo che può essere applicato anche dopo un giorno, una
settimana o un anno, perché è necessario passare dalla situazione di ingorgo emotivo
alla lucidità dei propri sentimenti e bisogni. Infatti ci sono tecniche che vengono speri-
mentate.
Partendo da un episodio che ci ha indotto un sentimento di rabbia si ragiona su: "Cosa
ho sentito?" "Cosa ho pensato?" "Come ho agito?" e si trova una possibile soluzione al-
ternativa attraverso cui, esponendo il mio sentito, posso proiettarmi su un piano che non
è più quello delle logiche, ma è quello del sentito.
Si chiede loro di pensare a quali emozioni si celano dietro i loro comportamenti aggressi-
vi e di provare ad utilizzare la comunicazione empatica, possibilmente in tutte e quattro
le fasi:
1) Quando ...
2) Mi sono sentito ...
3) Ho bisogno ...
4) Quindi ti chiedo ...
A volte i partecipanti lavorano in piccoli gruppi con simulazioni per trovare tecniche alter-
native agli agiti arrabbiati. L’aiuto degli altri e gli spunti espressivi forniscono varie solu-
zioni e strategie. Si crea un clima di confidenza e accoglienza perché durante i corsi viene
sospeso il giudizio ed accolto il piano emotivo. Si creano rapporti di amicizia, facilitati
dalla comprensione.
Al termine del corso viene chiesto agli uomini che cosa si sono portati a casa dall'espe-
rienza svolta e di seguito troviamo alcune delle riposte date:
- “Ho capito che cosa è la proiezione che sta dietro la gelosia. Riesco ad affrontare meglio
la rabbia.”
- “Ho trovato una spiegazione di cose avvenute dentro di me e la consapevolezza che c'è
molto lavoro da fare. Riconosco le mie debolezze e fragilità. Provo gratitudine nei vostri
confronti e spero di far meglio.”
- “La parola chiave per uscire dal piano delle logiche ha funzionato. Sono uscito dal corto-
circuito di sentirmi inadeguato. La consapevolezza che nell'aggressività si sta peggio.
Questo corso mi ha procurato delle aperture.”
- “Sono contento di essere venuto a questo corso, mi sono creato un po' di confusione che
cerco di chiarire. Il mio comportamento e il modo in cui mi relaziono, può aiutarmi con
l'altra persona.”
- “Ho iniziato il corso superficialmente, andando avanti ho trovato un clima di rispetto,
non giudicante. Sono stato ascoltato.
Questa comunicazione empatica è tutta da provare.”
- “Molti appunti e consigli, anche dubbi, ma più possibilità di uscire da un vicolo cieco, da
pensieri opprimenti, negativi e aggressivi verso l'altra persona. Provo a chiamare le cose
nel mondo nel modo in cui devono essere chiamate. Dire come ci si sente crea una no-
menclatura dei sentimenti da usare. Non è facile per noi uomini, è un'arte parlare di sen-
timenti, le donne sono più portate. Un artigianato da imparare.”
- “Ho imparato che la rabbia se la controlli fa bene. Cercare di spiegarsi, parlare in modo
diverso. Sto molto meglio, sto in mezzo alla gente e imparo. Speriamo di vederci ancora,
cercherò di fare allenamento.”
- “Ho imparato cose di me. Non voglio più strozzarla. Amiamoci.”
- “E' da un po' che lavoro su me stesso, mi impegno e sto ottenendo tanto. Soffro di que-
ste emozioni: vergogna, emotività.”
- “Penso di aver acquisito una consapevolezza maggiore di come mi sento, che le emozio-
ni possono essere modificate e non sono entità astratte. Lavorerò su questo.”
- “I sentimenti e le emozioni non sono negativi o positivi, ma sono gli agiti che possono
diventarlo. Questo metodo norvegese mi incuriosisce molto. Sento la necessità di uscire
dal razionale ed entrare nel sentito.”
Corso coppie: "I legami di coppia, sogni e bisogni"
Questo è un corso per donne e uomini, in coppia e non, che desiderano prendere
maggiore consapevolezza di quello che accade nelle dinamiche affettive, di quali sono
e come si esprimono i propri bisogni e quelli dell'altro nelle relazioni. Lo scopo è di
fornire strumenti per comunicare in modo più efficace ed empatico al fine di creare
una migliore conoscenza reciproca ed un legame più intimo e più sicuro tra i partner.
La ricerca di un legame sicuro è ciò che tutte le persone cercano anche quando non
ne sono pienamente consapevoli e la paura di perdere il legame è alla base di tante
insicurezze e conflitti.
Il corso coppie è all'interno del progetto più ampio denominato "IO MI SENTO" che
promuove la consapevolezza e l'espressione del proprio sentito come elementi fonda-
mentali per poter essere compresi dall'altro e poter comprendere l'altro, evitando in
questo modo di entrare nei conflitti e nelle logiche del "ho ragione io non hai ragione
tu".
Gli obiettivi che il corso si prefigge sono di acquisire maggiore consapevolezza:
1) dei propri sentimenti e bisogni all'interno di un legame di coppia e delle emozioni
corrispondenti;
2) degli stereotipi di coppia personali e derivanti dalle famiglie di origine e come que-
sti possano influenzare il legame di coppia attuale;
3) delle motivazioni sottostanti alle dinamiche di potere nella coppia e come queste si
esprimono in conflitti;
4) di come si esprimono i propri bisogni nell'affettività e nella sessualità;
5) di quali risorse si possono trovare e mettere in atto per vivere una migliore vita re-
lazionale.
Nel primo incontro viene proposta un'esercitazione che richiede ai partecipanti, di-
visi per gruppi di massimo 5 o 6 persone, di trovare i tre ingredienti fondamentali per
una relazione efficace.
Ad esempio è emerso quanto segue:
GRUPPO 1: complicità, rispetto, compassione
GRUPPO 2: rispetto, intimità, potersi affidare
GRUPPO 3: fiducia, comunicazione, attrazione
GRUPPO 4: rispetto, empatia/comprensione, sessualità, fiducia
Al termine dell'esercitazione viene presentata la teoria triangolare dell'amore secon-
do Sternberg, psicologo americano che ha studiato le componenti dell'amore riassun-
te in tre ingredienti: IMPEGNO, INTIMITA', PASSIONE. Si è cercato di inserire gli ingre-
dienti trovati dai vari gruppi in questi tre grandi insiemi .
- L'impegno viene inteso come qualcosa che trasforma l'emozione in sentimento, il
sentimento è qualcosa che ci mantiene nella relazione, è la forza di affrontare le
difficoltà.
- L'intimità permette alla persona di raccontarsi all'altro, di svelarsi e mostrare le pro-
prie debolezze, di esporsi.
- La passione presuppone attrazione e sessualità, si ha quando ci si abbandona all'altro
con desiderio e piacere.
Questi tre ingredienti, se presenti in egual misura tra loro, permettono sicuramente alla
coppia di vivere in modo più appagante perché quando ne viene a mancare uno si può
andare incontro ad uno squilibrio che può scompensare la coppia: per esempio, se in
una relazione è presente solo l'intimità si avrà un rapporto amicale, se sono presenti solo
intimità e passione si andrà incontro ad un amore romantico ma senza progettualità, se
c'è solo impegno il rapporto risulta vuoto e freddo, se c'è solo passione è un rapporto
improntato sull'attrazione sessuale.
Non vogliamo con questo dare una normativa su ciò che "deve essere" , le variabili uma-
ne e le relazioni sono tutte diverse e fantasiose quanto lo sono gli esseri umani tra loro.
Tutto ciò che proponiamo sono strumenti per capire meglio sé stessi e l'altro e nella con-
sapevolezza di questo, poter dire a sé e all'altro: "mi va bene, non mi va bene" "sono co-
moda/o, non sono comoda/o".
Fondamentale in una coppia è la stima reciproca e la stima di sé: quando un soggetto ha
bassa autostima vive tutte le osservazioni come critiche e come un attacco personale. E'
importante anche preservare un proprio equilibrio: IO POSSO STARE SENZA DI TE, MA
SCELGO DI STARE CON TE. Poter stare in equilibrio sulle proprie gambe significa non sbi-
lanciarsi completamente sull'altro. Il reciproco sostegno è importante nei momenti del
bisogno ma essere sempre bisognosi e richiedenti verso l'altro può scompensare l'equili-
brio della coppia sul lungo tempo.
Nel secondo incontro, attraverso l'utilizzo di immagini tratte da riviste, pennarelli, forbici
e colla, viene chiesto ai partecipanti di creare un proprio stemma di famiglia, sul mo-
dello degli antichi stemmi nobiliari. Questa esercitazione che coinvolge sempre molto i
partecipanti, è utile per evidenziare e svelare le proprie credenze circa la coppia, la fami-
glia , le regole e i valori tramandati dalla famiglia di origine e applicati anche nella nuova
famiglia che si va a creare. Sono comparsi aspetti relativi alla condivisione, la solidarietà,
la felicità, ricordi della propria infanzia, colori e paesaggi, la presenza frequente di anima-
li, come parte della famiglia ma anche la religiosità e in alcuni casi la rigidità, l'imposizio-
ne e l'autorevolezza.
Le persone hanno riconosciuto in maniera molto pratica ed evidente quanto siano radi-
cati in loro i valori e le credenze tramandate dalla famiglia d'origine.
Nel terzo incontro si affronta il tema del conflitto e attraverso la metafora dell' iceberg
viene evidenziato che la punta può essere considerata un 20% del conflitto, ovvero il pre-
testo, ciò che ci fa litigare (ad es. non chiudi mai il tubetto del dentifricio .., arrivi sempre
in ritardo … ecc). Ma il vero motivo per cui stiamo litigando è spesso un altro e a volte
non consapevole. E' la parte sommersa dell'iceberg. Nella coppia, alla base di tante osti-
lità e conflitti, c'è la protesta di fronte al rischio di perdere la connessione emotiva, la
paura che l'altro non tenga abbastanza a noi e alla relazione, c'è quindi l'ansia primordia-
le dell'abbandono e del non sentirsi abbastanza importanti per l'altro.
Partire invece dalla consapevolezza dei nostri stati emotivi e cercare di comprendere da
dove viene la nostra insoddisfazione ci fa andare in profondità nella relazione. La rabbia
non elaborata invece viene agita attraverso il conflitto e il litigio e ci fa restare nella punta
dell'iceberg.
Alcune correnti di pensiero affermano che il conflitto non è sempre sinonimo di violenza,
e che bisogna imparare a litigare perché anche attraverso il conflitto ci si può avvicinare e
migliorare la relazione. E' indubbio che questo passaggio possa avvenire soltanto median-
te la comprensione e l'espressione dei vissuti della propria interiorità e la comprensione
dell'animo dell'altro. Senza questo passaggio si resta in un circolo vizioso di ostilità e di
rabbia che si autoalimenta e distrugge la relazione.
Se si può arrivare alla spiegazione dei propri bisogni e dei propri vissuti emotivi, senza
passare dal conflitto, significa che il dialogo di coppia è già ad un buon livello. In caso con-
trario si può iniziare dallo stare nei conflitti in modo costruttivo, cioè mettersi in gioco
nella relazione che stiamo vivendo, per conoscere meglio le fragilità reciproche, gli aspetti
positivi e le risorse della coppia.
Per lavorare sui conflitti viene proposta un'esperienza psicosensoriale in coppia. Uno da-
vanti all'altro ad occhi chiusi: inizialmente si cerca di sentire la presenza dell'altro di fron-
te a sé. L'esercizio si articola in tre passaggi: il primo consiste nell'afferrare da parte di en-
trambi l'estremità di una cordicella e muoverla a proprio piacere, il secondo, una volta
stabilito chi è A e chi B, dapprima A conduce il movimento e B deve seguirlo, poi si alter-
nano i ruoli, il terzo richiede ad A e B di trovare un movimento comune in modo da crea-
re una sintonia.
In molti casi i soggetti hanno trovato nel tipo di dinamica venutasi a creare nel gestire il
movimento della cordicella uno specchio della loro modalità di relazione; in pratica alcu-
ne dinamiche della coppia si sono evidenziate chiaramente nell'esito dell'esercitazione:
c'era chi stava più comodo nel lasciarsi condurre, chi invece nel condurre il movimento,
chi si opponeva al lasciarsi guidare, la coppia che trovava subito il movimento comune e
quella che trovava più difficoltà a sintonizzarsi. Ci sono stati casi in cui si è notato invece
un atteggiamento opposto a quello che si verifica normalmente nella quotidianità: ad
esempio una persona che normalmente nella vita comanda e prende decisioni, nel gioco
si è lasciata condurre con piacere. C'è stato chi ha sentito la sfida, chi ansia da prestazione
e timore del giudizio dell'altro. Ognuno ha messo in campo nell'esperienza i propri modi
di stare in relazione, le proprie paure e bisogni. Questo lavoro esperienziale ha permesso
alle coppie di confrontarsi sul proprio modo di agire nel portare avanti un progetto comu-
ne o nel fare di tutti i giorni.
Si è parlato del ciclo dell'illusione-delusione-disillusione: spesso nella coppia troviamo
proiezioni incrociate dei propri bisogni sull'altro. Quando una coppia si forma si ha un'illu-
sione iniziale, la cosiddetta luna di miele in cui c'è la convinzione che l'altro/a sia la perso-
na giusta. All'illusione spesso segue la delusione, si ha quindi una crisi, perché l'immagine
che ci eravamo creati dell'altra persona crolla di fronte alla realtà quotidiana. A questo
punto si può chiedere all'altro di cambiare o di tornare ad essere quella/o di prima.
Se l'altro/a cambia ci illudiamo nuovamente e poi di nuovo andremo incontro ad un'al-
tra delusione: si entra così nel circolo della rabbia. Fondamentale risulta allora essere la
Disillusione: la consapevolezza che l'altro ha una sua individualità, è altro da noi e non
può essere solo ciò che avremmo voluto. Se si riesce a riconoscere ed accettare la realtà
dell'altro come diversa dalla nostra, e ritirare le nostre proiezioni, allora possiamo essere
due individui che si accolgono e si accettano per quello che sono uscendo dal ciclo infini-
to dell'illusione-delusione.
Nel quarto incontro, attraverso il racconto di una "favola" si chiede di riflettere e di defi-
nire tramite uno scritto come devono essere l'uomo e la donna ideale nell'incontro inti-
mo/sessuale. In seguito ci si divide per gruppi: gli uomini in una stanza leggono quanto
scritto dalle donne e viceversa per permettere di poter conoscere meglio i bisogni
dell'altro sesso.
- Nel sottogruppo donne emerge la sorpresa e l'incredulità circa la richiesta di dolcezza e
romanticismo da parte degli uomini. La richiesta principale degli uomini sembra essere
quella che le donne siano dolci e al contempo disinibite. Alcune donne hanno mostrato
diffidenza nei confronti di tali dichiarazioni maschili interpretandole come una richiesta
di sottomissione, là dove c'era probabilmente da parte dell'uomo un desiderio di forte
complicità e partecipazione sessuale. Questo per dire che la tematica è molto complessa
e che anche nella sessualità possono esserci forti differenze e fraintendimenti. Un altro
tema emerso è quello dei tabù nel parlare di sessualità: mentre le donne parlano più li-
beramente della propria intimità tra loro, gli uomini hanno più pudore o resistenza ad
entrare nell'argomento e a confrontarsi. Emerge anche il tema della finzione durante
l'intimità e del' ansia da prestazione legate alle aspettative proiettate sull'altro e alla
paura di deludere il partner e quindi in ultima analisi al timore di mettere a rischio il le-
game. Il tutto amplificato dai messaggi e dai falsi miti veicolati dalla pornografia sempre
più diffusa in rete.
- Nel sottogruppo uomini emerge la sorpresa nel riscontrare che le donne sono state
molto esplicite e chiare sul definire i loro desideri nell'intimità. La richiesta principale
delle donne sembra essere quella di una relazione a lungo termine, vale a dire che per
lasciarsi andare nella sessualità hanno bisogno di potersi fidare e sentire al sicuro con un
partner che desideri una continuità nel rapporto. Secondo gli uomini condividere una
fantasia a livello sessuale è una questione intima e difficile e lo si può fare se la relazione
è sicura. Manifestare al partner i propri bisogni e desideri, da quelli più ordinari e quoti-
diani, a quelli più intimi, significa esporsi all'altro col rischio di essere rifiutati e questo fa
paura ed è in ragione di questo che molte persone non si assumono il rischio di manife-
starsi pienamente all'altro. Ciò che da una parte può essere un comportamento di prote-
zione, si rivela però a lungo termine un fattore che mina l'intimità e la complicità.
Nel quinto incontro viene chiesto ai partecipanti di individuare risorse che sono state
utili alla coppia in periodi di difficoltà ed è emerso quanto segue:
La figura interiorizzata del padre
Il lavoro
Il sostegno delle amiche, del fratello, della famiglia
Scrivere
L’integrità personale e la coerenza con quello che si è
La resilienza e il ricordo della mamma
Lo sport
La natura
La fiducia in me stesso, che mi è stata data da mia madre.
Saper discriminare cosa mi fa bene e cosa no.
Il mio carattere.
La preghiera
La fede nel progetto di coppia, fiducia in me stesso e in mia moglie
Studiare
Lavorare su me stesso
Capacità di cercare di comprendere l’altro
La curiosità
Infine viene chiesto che cosa ognuno si porta a casa dall’esperienza fatta al Corso "I lega-
mi di coppia: sogni e bisogni":
- la promessa di essere sempre me stessa all'interno della relazione
- un bel confronto con gli altri, una bella sensazione di accoglienza in un bel gruppo
- una visione più consapevole e tranquillizzante nella relazione di coppia
- condivisione di aspetti della vita problematici, ma anche positivi
- condivisione emotiva e dei vissuti difficile da fare in altri contesti
- possibilità di parlare non sentendosi giudicati nonostante le diverse età
- entusiasmo (e desiderio di far venire anche i miei genitori il prossimo anno)
- aver visto che i conflitti che sembrano sempre unici e insormontabili, siano in realtà di-
namiche comuni a molti e come siano parte naturale della interazione della coppia
- sicurezza, conferme, spunti di miglioramento
- consapevolezza che quello che l'altro esprime è importante
- serenità, tolleranza e gli appunti presi
- ho sentito soddisfazione nell'essere riuscita a coinvolgere anche mio marito e nell'aver
trovato un ambiente di gruppo protetto e coinvolgente
- aver potuto condividere con tante persone diverse, storie di vita comuni, non ti fa senti-
re così sola - sono contento di aver partecipato, gli argomenti sono stati interessanti, ho
preso spunto per pensare ed impostare le cose nel modo giusto … Il legame di coppia è
complicato
- affrontare le problematiche di coppia in un ambiente tranquillo e senza giudizio mi ha
permesso di assimilare tante informazioni e raccogliere le espressioni di tante persone
prendendo maggiore coscienza delle dinamiche di coppia
- sono partito fiducioso, ho focalizzato diverse cose, sono soddisfatto. Anche i testi propo-
sti sono stati interessanti
- il percorso è stato molto interessante e mi ha aiutata a scoprire alcuni elementi della
differenza tra uomo e donna
- a seguito di questi incontri abbiamo potuto affrontare un argomento sul quale erano
sorti un po' di problemi e devo dire che ci ha aiutato molto parlarne. Consiglierei questo
percorso a tutte le coppie
- all'inizio ero partito per accontentare mia moglie ma devo ammettere che fin dall'inizio
il corso mi ha sempre più incuriosito e coinvolto.
Coordinatrice del progetto “Io mi sento” corsi psico-educativi rivolti alla popolazione per
la prevenzione della violenza di genere:
Dott.ssa Tisselli Giancarla
Cell. 3483183354
E-mail: cartiss@libero.it
Presidente di Psicologia Urbana e Creativa:
Dott.ssa Plazzi Edda
Psicologhe/i e Psicoterapeute/i che hanno condotto i corsi nel 2017/2018:
Dott.ssa Amoroso Marialuisa
Dott.ssa Di Cataldo Luana
Dott.ssa D’Oronzo Stella
Dott.ssa Giannini Grazia
Dott. Grazioli Marco
Dott.ssa Laghi Sara
Dott. Mazzone Paolo
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CORSI #IOMISENTO per la prevenzione del maltrattamento psicologico

  • 1. CORSI “IO MI SENTO”PER LA PREVENZIONE DEL MALTRATTAMENTO PSICOLOGICO 1) DINAMICHE DI POTERE TRA I GENERI, 2) I SENTIMENTI DEGLI UOMINI 3) RELAZIONI DI COPPIA PSICOLOGIA URBANA E CREATIVA
  • 2. IO MI SENTO: introduzione L’associazione Psicologia Urbana e Creativa, in collaborazione con l’Assessorato alle poli- tiche e culture di genere del Comune di Ravenna, si occupa di attività di prevenzione pri- maria della violenza di genere, proponendo peculiari percorsi psico-educativi rivolti alla popolazione . La violenza di genere è un fenomeno sociale e culturale che spesso passa sotto al livello di coscienza, occorre riconoscere i comportamenti prevaricanti che vengono utilizzati nel quotidiano. Uno dei primi passaggi per contrastare le forme di violenza è riconoscerla e chiamarla col proprio nome, distinguendo i vari tipi di maltrattamento: fisico, economico, psicologico. Particolarmente importante è il riconoscimento del maltrattamento psicologico nelle re- lazioni, che si esprime attraverso varie modalità: criticare, offendere, ricattare, umiliare sotto forma di scherzo, ferire l'identità, ingigantire gli errori, minacciare, attribuire signifi- cati e logiche diverse rispetto alle idee e ai sentiti dell'altro ... Siccome il fenomeno è diffuso nelle famiglie, nei luoghi di lavoro e nei contesti sociali, questo progetto intende divulgare strumenti che rendano visibile in modo più lucido e chiaro, nella mente delle donne e degli uomini, il riconoscimento e il contrasto dei com- portamenti prevaricanti. Con i corsi IO MI SENTO le psicologhe e gli psicologi di Psicologia Urbana e Creativa si rivolgono alla popolazione organizzando corsi psico-educativi distin- ti, per donne e uomini. Secondo altre esperienze simili, condotte in Europa, i corsi sono distinti per genere: per le donne gli obiettivi riguardano la valorizzazione delle proprie emozioni, la consapevolezza di Logos e la necessità di rispetto dei propri bisogni e dei ta- lenti identitari; mentre per gli uomini riguardano la consapevolezza che si può uscire dal piano delle logiche e accedere a quello dei sentimenti per accogliere la necessità e il pia- cere di esprimerli. Questi interventi forniscono strumenti efficaci per apportare cambia- menti alle dinamiche familiari, anche attraverso l’insegnamento di tecniche di assertività e comunicazione empatica. L'importanza del sentito viene sottolineata anche dal titolo, perché “IO mi sento...” è il linguaggio dello stato d'animo, dell'interiorità, della verità di noi stessi, ed è la base per chiedere all'altro come vogliamo essere trattati. Generalmente, i conflitti si creano per- ché restiamo sul piano delle logiche; se invece comunichiamo a partire dai nostri vissuti, è più probabile che il livello della conversazione cambi, spostandosi su un piano affettivo e di maggiore comprensione reciproca.
  • 3. E’ stato sperimentato anche un terzo tipo di corso rivolto a uomini e donne in coppia e non, con lo scopo di portare a conoscenza le proprie dinamiche affettive e relazionali, e fornire strumenti che favoriscano l’ascolto empatico, la comprensione e il rispetto delle singole individualità. La violenza di genere è presente all’interno delle relazioni affettive interpersonali e trova la sua rappresentazione più emblematica e straziante nel fenomeno del "Femminicidio", che non è un raptus che compare all'improvviso, ma è l’esito di un tipo di mentalità pre- varicante e un’escalation all’interno della quale ci sono dei segnali di violenza che posso- no essere riconosciuti prima che questa venga portata agli eccessi. Esiste una tendenza alla prevaricazione e all'imposizione delle proprie logiche, che può essere decodificata e contrastata prima che l'escalation diventi nefasta. Pertanto, la prevenzione primaria della violenza di genere riveste un ruolo fondamentale per fermare i comportamenti aggressivi e prevaricanti in modo da favorire le buone rela- zioni fra donne e uomini.
  • 4. Corso rivolto alle donne “Dinamiche di potere tra i generi” Il metodo, utilizzato nei corsi "IO MI SENTO" rivolti alle donne, riguarda innanzitutto l'e- sprimere verbalmente i sentimenti sottostanti le varie emozioni, fra cui quella della rab- bia. Le donne vengono aiutate a riconoscere quando in situazioni domestiche o sociali gli uomini mettono in atto il maltrattamento psicologico che si manifesta ad esempio con critiche sul corpo delle donne e sull’intelligenza delle donne , offese, imposizioni e ricatti più o meno nascosti, definire la realtà con logiche che svalorizzano quelle degli altri, svalutare i sentimenti e i bisogni degli altri. Le tecniche del maltrattamento psico- logico sono volte a ferire l'identità della donna e ad abbassarne il potere e l'autosti- ma. Durante il corso le donne vengono aiutate a scoprire quando loro stesse tendono a svalutarsi (lo hanno fatto per generazioni) attribuendo alle logiche dell'uomo maggior valore entrando così in una sottomissione di logos e in una svalutazione del proprio sentito. Alcuni stimoli per portare alla luce i pregiudizi di genere vengono forniti dalla proiezio- ne di immagini tratte dalla pubblicità e da film o video stimolanti la discussione. Inoltre le donne vengono incoraggiate a parlare della propria interiorità, in modo comprensibi- le e non aggressivo esprimendo ciò che sentono e ciò di cui hanno bisogno. Questo me- todo non ha come obiettivo la rinuncia né la sublimazione, dimenticando l'invito all'a- zione sollecitato dall'emozione della rabbia, bensì aiuta a comprendere ciò che sta die- tro l'eventuale ingorgo emotivo. Solo quando si è lucidi e si sono risolti alcuni complessi personali è possibile rispondere in modo tranquillo, diretto, calmo, e perché no sorri- dente, rimandando all'altro la responsabilità di non aver trovato modo “alternativo”alla prevaricazione , ma di aver utilizzato una violenza psicologica che an- dava a ferire l’identità di chi ha di fronte. In tal modo anche l'uomo può accorgersi dell'automatismo da lui utilizzato, ovvero una modalità per mantenere potere. Questo fa parte del concetto "violenza tolleranza zero" che sta alla base della consapevolezza del bisogno di trasformare le dinamiche di potere fra i generi, auspicando relazioni ba- sate non sulla competizione ma sulla collaborazione e sulla fiducia reciproca. Dal mo- mento che le relazioni affettive sono fondate sul volersi bene, le atmosfere familiari po- sitive sono di grande valore e richiedono impegno per essere mantenute. La tendenza da parte delle donne a sottomettersi e a lasciar perdere per evitare litigi e tensioni por- ta, a volte, alla mancanza di assertività e alla rinuncia della propria realizzazione. Invece in questi corsi le donne vengono aiutate a non rinunciare al proprio sentito e ai propri talenti, in un'ottica di “Individuazione” in senso junghiano: che parte dal valore del proprio “femminile” inteso in termini di “Anima“ ,sentimenti, emozioni, intuizioni, in- conscio, e rivalutando la conquista di un “logos autonomo” nel senso citato da Pinko- la Estés in “Donne che corrono con i lupi”.
  • 5. Oggi, dopo l'inizio della denuncia delle molestie e dell'hate speech siamo in un cam- biamento epocale da cui non si può tornare indietro. Il corso donne chiamato "Dinamiche di potere tra i generi", rivolto a donne che desi- derano acquisire autostima e consapevolezza nelle relazioni e nelle dinamiche familia- ri, si svolge a Ravenna da 5 anni, e nelle circoscrizioni di Castiglione e di Piangipane. Durante gli incontri si affrontano diverse tematiche: 1) Quella del maltrattamento e della responsabilità della violenza che, come insegna- no gli psicologi Norvegesi del centro ATV M. Rakil e P. Isdal, è sempre di chi l'agisce. La violenza si protrae di generazione in generazione ed è automatica, deriva cioè da qual- cosa che si è già fatto o si è già visto fare. La violenza è sempre: un abuso di potere, un tentativo di gestire una percezione di impotenza soggettiva, un tentativo di raggiunge- re la supremazia e di mantenere il potere sull'altro: dinamica chiaramente non parita- ria. 2) Le varie forme del maltrattamento psicologico che può essere di controllo (es. degli spazi, del tempo ecc.) o di abuso verbale (es. minacce, svalorizzare, offendere ecc.). 3) L'assertività, ovvero il modo non aggressivo ne’ passivo di esprimere i propri biso- gni, diritti, desideri o sentimenti senza violare i diritti dell'altra persona. 4) Il concetto della rabbia, che può essere fisica, verbale o silente e la distinzione fra i vari tipi di rabbia, che è una delle emozioni primarie che tutti noi proviamo e che ha una sua utilità per conoscere se stessi e per regolare i rapporti, va gestita con intelli- genza emotiva e non con violenza, che è l'azione rivolta ad abbassare il potere dell'al- tro. La definizione di violenza per P.Isdal è: "qualunque atto diretto contro un’altra per- sona, a prescindere che tale atto le nuoccia, la ferisca o la offenda, in modo tale da spingere la persona a fare qualcosa contro la propria volontà, oppure che le impedisca di fare qualcosa che desidera fare". 5) L’ingorgo emotivo e il senso di solitudine: spesso dietro al sentito della rabbia si hanno emozioni contrastanti, che si configurano come un “'imbuto della rabbia”, dal quale escono urla e lamentele. Diversamente, dietro a questo “imbuto” c’è un misto di emozioni confuse che possono essere accolte e comprese. Dietro la rabbia può es- serci: paura, ansia, impotenza, rifiuto, tristezza ecc., e se riusciamo ad esprimere quanto abbiamo dentro, non ci sentiamo soli e incompresi. Le donne che hanno partecipato al corso si sono messe in gioco, hanno utilizzato una scheda che conteneva tre colonne: sentito, pensato e agito, dove riportare alcuni epi- sodi della loro vita quotidiana.
  • 6. 6) I concetti di pregiudizio e stereotipo, ovvero le strategie di pensiero con cui la mente semplifica e sistematizza l'abbondanza e la complessità di informazioni derivanti dall'ambiente esterno attraverso il processo cognitivo della categorizzazione ed anche gli stereotipi che vengono proposti dai mass media. 7) L'incontro con la responsabile e con le volontarie di Linea Rosa che forniscono in- formazioni rispetto ai Centri Antiviolenza e ne illustrano le modalità di accesso. 8) I metodi per uscire dal piano delle logiche mentre si prova la rabbia ed entrare in quello del sentito (es. lasciare il campo, trovare una parola chiave da richiamare al biso- gno ecc.) 9) I metodi della comunicazione empatica, assertiva e positiva. Comunicare in modo empatico vuol dire innanzitutto prendersi il tempo per farlo, per non farsi prendere to- talmente da un ingorgo emotivo, è un metodo che può essere applicato anche dopo una settimana o un anno, perché è necessario passare dalla situazione di confusione emozionale alla lucidità dei propri sentimenti e bisogni. Infatti c'è una tecnica ben pre- cisa che possiamo chiamare comunicazione empatica, composta da quattro fasi: “Quando …” “Mi sono sentita …” “Ho bisogno …” “Quindi ti chiedo …” Gli incontri sono strutturati in modo laboratoriale, le donne che partecipano al corso interagiscono anche grazie la somministrazione di esercizi: 1) Il primo esercizio è quello del mi piace/non mi piace. Su di un foglio diviso in due co- lonne viene scritto ciò che ci piace fare e ciò che non ci piace fare e sentire. Questi desi- deri oltre a rappresentare la base di come vogliamo essere trattati, quindi possono es- sere espressi, e comunicati ai nostri cari con fiducia, ci permettono anche di acquisire maggiore consapevolezza di noi stessi e di cosa ci piace, perché il cambiamento parte sempre dalla conoscenza e dalla consapevolezza di noi stessi. 2) Durante il secondo esercizio viene chiesto alle donne di pensare ad un episodio in cui hanno subito un maltrattamento o lo hanno agito. 3) Il terzo esercizio si basa sul raccoglimento personale, chiudendo gli occhi si respira profondamente e guidati dalla voce della psicologa si cerca di pensare ad un episodio di rabbia e di avvertire le sensazioni che essa suscita in noi, si focalizza l'attenzione sulla parte del corpo dove viene sentita la rabbia. In seguito si verbalizza e condivide cercan- do di portare a coscienza i passaggi che dall'invito all'azione fisica arrivano alla consape- volezza dei propri bisogni emotivi e concreti.
  • 7. 4) Il quarto è quello della comunicazione empatica riportato già sopra. Episodio: "Mi si è rotta la lavastoviglie e parlandone anche con una mia amica, ne avevo trovata una che anche lei stava utilizzando in modo soddisfacente; mi sono consultata con mio marito, ma a lui non andava bene la mia proposta. Abbiamo discusso, lui si è ar- rabbiato. Mi sono sentita limitare la mia libertà di scegliere la lavastoviglie che ritenevo più adatta alle esigenze della nostra famiglia ed ho pensato "forse non sono in grado di acquistarla". Mi sono sentita affaticata e mi è venuto da piangere." Comunicazione empatica: Quando volevo comprare la lavastoviglie e tu hai detto in modo arrabbiato, sbattendo i pugni sulla tavola, che non andava bene, mi sono sentita scoraggiata e limitata nella mia libertà di fare proposte, ho bisogno che ti fidi di me, quindi ti chiedo di ascoltarmi e di concordare insieme le scelte senza innervosirti. Episodio: "Mia sorella aveva problemi di salute, mi ha chiamata al telefono, ho colto una sua richiesta di aiuto ed ho cercato di attivarmi offrendole suggerimenti e soluzioni pratiche. Lei mi ha risposto che non aveva bisogno del mio aiuto e ha buttato giù il tele- fono. Mi sono sentita rifiutata e mi sono ricordata di quando da piccola io volevo aiutar- la, perché mia sorella neonata era malata di polmonite, e mio padre mi ha impedito di portarle un peluche che secondo me l'avrebbe rallegrata. Mi sono sentita allontanata anche oggi come allora e mi sono arrabbiata. Poi ho cercato di applicare i quattro punti di questo metodo, mi sono concentrata sul momento peggiore per me durante la telefo- nata, ho scoperto che era quello del rifiuto che mi ha portata al filone emotivo in cui mio padre non ha colto il mio desiderio di alleviare le sofferenze della sorellina e ha liquidato sbrigativamente il mio gesto. Mi sono quindi accorta che è un problema mio l'essermi sentita rifiutata, non posso attribuire a mia sorella il rifiutarmi, ma penso di essermi atti- vata nel modo non adeguato alle sue richieste che potevano essere semplicemente un bisogno di ascolto, ho pensato che lei riattaccando il telefono abbia pensato ad una pre- varicazione da parte mia. Quindi ho provato ad utilizzare questi quattro punti per espri- mere i miei stati d'animo e tentare di chiarire con lei l'equivoco emotivo e relazionale". Comunicazione empatica: Quando ci siamo sentite al telefono, io mi sono attivata per aiutarti e tu hai riattaccato, mi sono sentita non capita e rifiutata, ma ho colto che era un mio ingorgo emotivo riguardante l'infanzia, probabilmente tu non volevi rifiutarmi, ho bisogno di parlare con te e spiegarmi meglio, quindi ti chiedo di vederci per prende- re un caffè insieme e poter parlare con calma del tuo bisogno e delle modalità con cui vogliamo comprenderci meglio e avere una buona relazione.
  • 8. 5) Il quinto esercizio è di tipo simbolico e utilizza sia il cognitivo che l'emotivo, è focaliz- zato al rafforzamento della propria identità. Dopo aver ripreso il "mi piace/non mi pia- ce" si prosegue con la ricerca delle situazioni in cui ci si sente bene mentre si fa qualcosa che ci riesce o ci appassiona "Sono io quando", si può aggiungere anche la domanda "So di saper fare". Le risposte a queste tre domande che aiutano a capire le proprie caratteri- stiche e la propria individualità vengono riportate sui raggi di un sole che simbolicamente rappresenta la propria identità, ogni raggio rappresenta il brillare delle proprie doti e del- le nostre parti che hanno diritto di esprimersi e di venire alla luce. Al termine del corso è stato chiesto alle donne che cosa si sono portate a casa dall'espe- rienza svolta: - Cerco di capire come mi sento ogni giorno. Ho migliorato il rapporto con mia mamma ponendomi in altro modo. Mi porto a casa l'ascolto dell' "Io mi sento" durante la giorna- ta. - Una maggiore consapevolezza rispetto a quello che non dobbiamo più accettare come donne. Non dobbiamo abbassare la guardia. Sottovalutavo molte cose. Dobbiamo fare osservare quando qualcosa non ci piace. La cultura è molto importante per le nuove ge- nerazioni. - Un arricchimento sulla conoscenza di me stessa. Ho capito qualcosa in più e la mia auto- stima è aumentata. - Io mi sento più forte. Mi piacerebbe partecipare ad altri corsi. Dobbiamo farci valere co- me donne. - La condivisione di tempo insieme e il sentirmi accettata nel gruppo senza sentirmi giudi- cata. Mi piacerebbe che questo corso durasse un anno, mi sono accorta che sto sbaglian- do tante cose, sono aggressiva anche io, vorrei migliorarmi. La mia preoccupazione è ge- stire la rabbia, calmarmi per esprimermi. - Un arricchimento, mi piace approfondire il discorso dell' Io mi sento e della comunicazio- ne empatica. Mi porto a casa anche il piacere della condivisione. - Molti ricordi che riaffiorano. Mi porto a casa condivisione e arricchimento e anche qual- che consapevolezza in più. Avevo come una benda sugli occhi che non volevo togliere adesso sento che è un po' più spostata per vedere sia il maltrattamento che gli aspetti di me. - Lucidità. Mi guardo dentro, faccio più chiarezza sulle emozioni che provo. Esterno di più quello che provo dentro.
  • 9. - Mi hanno colpita molto le battute sottili, le risposte lucide. L'essere ferita penso che de- rivi sempre da me, invece mi sono accorta che la responsabilità della violenza è di chi l'a- gisce. - Mi sono resa conto che le modalità con cui parlo non sono sempre corrette. Ho trovato la strada giusta. Do valore al mio sentito. - Riappropriarmi del logos, smettere di delegare agli uomini il pensare. - Riflessione sulla rabbia e prevaricazione maschile sottile. L'importanza di non sottovalu- tare l'effetto che le critiche negative hanno su di me, ho capito che devo liberarmi dei giu- dizi degli altri. - Un senso di benessere e condivisione "una vallata piena di fiori che mi ha dato più forza grazie all'ascolto". - Forza e amore, ma soprattutto ascolto non giudicante. - Molti pensieri su cose di cui ero sicura, credevo che arrabbiarmi mi desse forza, invece questa sicurezza è crollata, ho molto lavoro da fare su di me, sento gratitudine. - Il migliorarsi come punto di partenza. - Un'esperienza diversa, preziosa e la condivisione non giudicante. - Consapevolezza, esperienza di come non essere pregiudizievole, più autostima e un viaggio continuo. - Bellissima esperienza e spunti per un dialogo con mio figlio. - Sono contenta e ho voglia di ripetere la comunicazione empatica con mio figlio. - Belle cose, vorrei che il corso durasse di più, bella esperienza. Ho capito che sto sba- gliando tante cose nei rapporti con la vita, la famiglia ... - Meraviglia e stupore, mi sono ritrovata dentro le vostre esperienze, problemi, preoccu- pazioni. Gestire la rabbia in modo diverso. - Tante lenti per leggere le cose che succedono e consapevolezza che c'è molto da fare. - La voglia di essere più assertiva, una maggiore consapevolezza dei sentimenti. - Spunti di riflessione sui vissuti personali e sulle sfumature del maltrattamento psicologi- co. Piacere nel vedere come una tecnica di quattro passaggi apra dei mondi tramite la comunicazione del proprio sentito all'altro. - Condivisione non solo nel lavoro interiore per superare le ferite, ma anche nell'abbatte- re i muri per realizzare i propri sogni e desideri.
  • 10. - Spunti di riflessione che devo riordinare. Sono colpita dal rendermi conto delle difficoltà di riconoscermi: es. Che cosa so fare? Se mortificata o prevaricata faccio fatica a con- nettermi con i miei bisogni. Ho perso la capacità di contattare il mi piace/non mi piace. Fa- tico a distinguere il mio sentire, è più facile il pensato. Cerco di lavorare su questi punti, sono in cammino. - Il piacere di avervi conosciute, solidarietà femminile e il mettere le proprie emozioni in primo piano. I quattro passaggi della tecnica ti possono aiutare nel risolvere questioni . Sono contenta di aver portato a termine il corso. - Spunti di riflessione, sono contenta di avervi conosciute. Le quattro parole della comuni- cazione empatica arrivano all'altro senza utilizzare l'aggressività. - Una carezza dell'animo: comunicare le emozioni, lasciarle fluire, ascoltarle, tenerne con- to.
  • 11. Corso “I sentimenti degli uomini” Il corso rivolto agli uomini, è chiamato "I sentimenti degli uomini" perché saper contatta- re la propria interiorità consente di uscire dal piano delle logiche, che è il piano su cui ge- neralmente avvengono i conflitti: "Ho ragione io non hai ragione tu" è quasi sempre la fonte del maggior numero di scontri e arrabbiature. Entrare nel piano del sentito, degli stati d'animo, delle emozioni consente di sciogliere tensioni e di comprendere meglio se stessi e gli altri. La dimensione di gruppo facilita il prendere contatto con la propria interiorità e l’entrare nel piano del sentito e delle emozioni, facendo sentire i partecipanti a proprio agio. A questo scopo il primo incontro viene aperto definendo alcuni principi utili per comunica- re in gruppo:  parlare in prima persona, evitando il ‘tu’, che è una modalità che porta spesso a formu- lare giudizi sull’altro;  non formulare giudizi negativi sui vissuti personali dell’altro, in quanto riteniamo che ognuno abbia il diritto di provare le emozioni che sente che, in quanto tali, non sono di- scutibili;  esprimere apprezzamenti sugli aspetti positivi emersi in gruppo; il commento positivo non è mai superfluo, è motivante e rinforza l’autostima. E’ importante quindi non rite- nere la critica l’unica modalità educante e autentica presente nella comunicazione. Il corso si sviluppa in sei incontri che prevedono esercizi, lezioni, giochi, discussioni e si- mulazioni. Durante il primo incontro l'obiettivo è quello di partire dalla soggettività dei nostri pun- ti di vista: "le nostre idee non sono verità, ma strumenti per pensare", "si identifica con le proprie idee chi ha un "Io" fragile e crede di rafforzarlo imponendo logiche apparente- mente collettive". Invece la nostra identità è data da quello che abbiamo nell'animo, dal- la ricchezza di doti e qualità che possiamo mettere a disposizione del mondo e le nostre idee sono solo una parte accessoria del nostro presentarci al mondo. Perciò fin dal primo incontro viene spiegato come sia fondamentale superare la concezio- ne di oggettività delle nostre concezioni e delle nostre idee. Iniziare con il parlare in pri- ma persona aiuta a soggettivare, cioè ad abbassare l'idea di oggettività di quanto viene detto (C.G. Jung quando parlava di "Animus" lo associava a una collettività di padri che unendosi aumentano la loro potenza). Viene incoraggiato l'utilizzo del "Io mi sento" e anche del "mi piace, non mi piace". Ciò aumenta l'allenamento all'ascolto di sé per poter poi spiegarci e comunicare agli altri co- me desideriamo rapportarci.
  • 12. Questo metodo consente di abbassare le criticità nelle relazioni. Criticare, lamentarsi, incolpare gli altri sono modalità proiettive molto diffuse che evitano di mettere in di- scussione noi stessi e mantengono la conflittualità nei rapporti, dove il potere viene esercitato con vecchi metodi che finiscono per diventare circoli viziosi che rovinano le relazioni. Anziché criticare e sottolineare gli errori degli altri o commentare negativamente i com- portamenti che non ci piacciono, possiamo prenderci il tempo per ascoltare ciò che sentiamo, ciò che ci piace, possiamo dare le istruzioni per l'uso di noi agli altri, dicendo loro ciò che desideriamo o ciò che ci piacerebbe. Il primo esercizio proposto è quello di focalizzare l’attenzione su “come mi sento in questo momento”: sereno, innervosito, agitato, fiducioso, positivo, ecc… La possibilità di focalizzarsi sul presente e di dare valore agli stati d’animo è la base per rafforzare la consapevolezza delle emozioni e ampliare il vocabolario dei sentimenti. Anche con gli uomini viene fatto il gioco del "Mi piace, non mi piace": viene consegnato un foglio do- ve ognuno può fare un elenco delle cose che ama, ad esempio: "mi piace essere saluta- to quando torno a casa", "mi piace che venga riconosciuto quello che faccio", "mi piace riposarmi un po' appena torno dal lavoro", "mi piace essere trattato gentilmente"... Questi desideri rappresentano la base di come vogliamo essere amati, quindi possono essere espressi e comunicati ai nostri cari con fiducia. Questo metodo è democratico, perché l'altro può rispondere “sì o no”, “riesco o non riesco”, e può dire a sua volta i propri desideri e bisogni in una dinamica di dialogo (dia logos cioè due luoghi mentali, due logos che si mettono in contatto). Un passaggio importante del primo incontro è il concetto mutuato dal metodo Norve- gese di Oslo, ATV: "la responsabilità della violenza è di chi l'agisce perché al comporta- mento violento c'è sempre un'alternativa". Nel secondo incontro si tratta il tema delle tipologie di maltrattamento psicologico che vengono utilizzate più o meno consapevolmente, a volte apprese sotto il livello di coscienza e utilizzate automaticamente, a volte ereditate come esempi di virilità. Si ten- ta di portare alla luce le varie forme di maltrattamento agito e subito. Si affronta quindi il tema della responsabilità della violenza, che è sempre di chi l'agisce ed è un automa- tismo che viene appreso nel contesto culturale in cui cresciamo. E' importante distin- guere la violenza dalla rabbia, in quanto la rabbia è una delle emozioni primarie che tutti noi proviamo e ha una sua utilità per conoscere se stessi e per regolare i rapporti, ma va gestita con intelligenza emotiva e capacità di spiegare le proprie emozioni e i propri bisogni. Diversamente, la violenza è l'azione rivolta ad abbassare il potere e
  • 13. l’identità dell'altro. Il maltrattamento psicologico infatti è volto a colpire l'identità dell'al- tro e ad abbassarne l'autostima. Si prosegue il secondo incontro facendo una sintesi sui concetti di apprezzamento e critica e parlando di linguaggio positivo. Al fine di evitare che la critica sia utilizzata in termini negativi, che finiscono spesso col mortificare l’altro, al punto da presentarsi come una vera e propria forma di maltrattamento psicologico, il gruppo è invitato a riflettere su un modello di ‘Critica costruttiva’ che permette di comu- nicare la propria insoddisfazione e di trasformare situazioni negative in situazioni più soddisfacenti. Le fasi della critica costruttiva, che in parte riprendono quelle della comu- nicazione empatica descritte in seguito, sono le seguenti: 1. Prima di tutto chiedere il permesso (“Posso?...”) 2. Descrivere concretamente ciò che non ci piace (“Non mi piace quando tu …”) 3. Descrivere come ci sentiamo (“Io mi sento …”) 4. Offrire un suggerimento positivo (“Io propongo…”) 5. Chiarire le ragioni del suggerimento positivo (“Perché penso che …”) Affinchè sia possibile comunicare in modo soddisfacente e costruttivo, e non semplice- mente scaricare tensioni emotive, è necessario riflettere anche sul linguaggio che siamo soliti usare. A questo scopo, proponiamo al gruppo un esercizio costituito da una lista di giudizi negativi, che utilizziamo abitualmente con le persone che ci circondano, e chie- diamo di volgerli in positivo. Esempi di giudizi negativi volti in positivo dal gruppo:  “Non hai capito niente” —— “Forse tu hai altri dati o stai applicando altre logiche”  “Stai zitto” —— “E’ importante anche ascoltare”  “Hai sbagliato” —— “Puoi vedere la cosa da un altro punto di vista”  “Lascia perdere, non ci riesci” —— “E’ capitato anche a me di essere in difficoltà”  “Sei un egoista” —— “Puoi essere più generoso” L’obiettivo di questo esercizio non è quello di essere ‘buoni ad oltranza’, bensì di per- mettere a chi riceve una critica di trovare l’energia e la fiducia in se stesso e nell’altro per migliorare, per riprovarci e per cambiare. Il linguaggio negativo non permette l’evoluzio- ne ma etichetta, svaluta, riduce la motivazione e la volontà di cambiamento e spesso è solo fonte di conflitti.
  • 14. Nel terzo incontro si trattano con slide ed esercizi le emozioni difficili da gestire (ansia, paura, gelosia, vergogna), di cui tutti abbiamo esperienza, poiché le sentiamo in noi co- me vissuto cosciente soggettivo, anche a livello corporeo, ad esempio quando avvertia- mo tachicardia, aumento della frequenza del respiro, sudorazione, tensione muscolare e calore. Percepiamo le emozioni anche negli altri, nei cambiamenti della mimica facciale, della postura, del tono della voce e della posizione del corpo. Tutti questi elementi ci per- mettono di inferire lo stato d’animo dell’altro, quindi l’emozione che sta provando e di regolare la nostra condotta in reazione ad essa. Durante il corso descriviamo anche le funzioni delle emozioni che, se ascoltate, quindi “sentite”, diventano alleate per la conoscenza di noi stessi e per guidare il nostro com- portamento all’interno delle relazioni interpersonali, in modo da facilitare la compren- sione reciproca e la fluidità nel rapporto affettivo. Si tratta anche “l'imbuto della rabbia”; spesso dietro al sentito della rabbia si hanno emozioni contrastanti che creano un ingorgo emotivo e fanno sì che la persona non comprenda effettivamente che cosa stia provando interiormente. Vengono proposte ai partecipanti domande del tipo: "Quando si è manifestata la rabbia?" "Che tipo di rabbia è stata?". Si chiede così agli uomini di riflettere su alcune situazioni in cui hanno agito in modo ag- gressivo; riportiamo due testimonianze emerse: - "Ero capocantiere e dovevo alzare la voce, ci davo forte, consapevolmente mi arrabbia- vo molto. Quando montava troppo forte la rabbia mi giravo e andavo via. Mi sentivo sconfitto dal mio atteggiamento: mi arrabbiavo perché non riuscivo ad ottenere quello che volevo". - "E' un esempio che riguarda l'unico litigio che ho avuto con mia moglie. Non ho svolto dei lavori domestici e lei mi ha ripreso alzando la voce. Ho iniziato ad urlare e non capivo più quello che dicevo, continuavo ad urlare anche quando lei non parlava più. Mi sono reso conto di aver toccato il fondo, ho perso il controllo. Guardarsi allo specchio e non riconoscersi...". Negli incontri successivi, partendo da questi spunti, sono stati esposti i metodi della comunicazione empatica, assertiva e positiva allenandosi soprattutto ad esprimere i sentimenti che sono alla base della comunicazione empatica. Partendo da questi concetti, comunicare in modo empatico vuol dire innanzitutto pren- dersi il tempo per ascoltare i propri sentimenti e cercare di riconoscerli, per sbrogliare l'ingorgo emotivo, è un metodo che può essere applicato anche dopo un giorno, una settimana o un anno, perché è necessario passare dalla situazione di ingorgo emotivo
  • 15. alla lucidità dei propri sentimenti e bisogni. Infatti ci sono tecniche che vengono speri- mentate. Partendo da un episodio che ci ha indotto un sentimento di rabbia si ragiona su: "Cosa ho sentito?" "Cosa ho pensato?" "Come ho agito?" e si trova una possibile soluzione al- ternativa attraverso cui, esponendo il mio sentito, posso proiettarmi su un piano che non è più quello delle logiche, ma è quello del sentito. Si chiede loro di pensare a quali emozioni si celano dietro i loro comportamenti aggressi- vi e di provare ad utilizzare la comunicazione empatica, possibilmente in tutte e quattro le fasi: 1) Quando ... 2) Mi sono sentito ... 3) Ho bisogno ... 4) Quindi ti chiedo ... A volte i partecipanti lavorano in piccoli gruppi con simulazioni per trovare tecniche alter- native agli agiti arrabbiati. L’aiuto degli altri e gli spunti espressivi forniscono varie solu- zioni e strategie. Si crea un clima di confidenza e accoglienza perché durante i corsi viene sospeso il giudizio ed accolto il piano emotivo. Si creano rapporti di amicizia, facilitati dalla comprensione. Al termine del corso viene chiesto agli uomini che cosa si sono portati a casa dall'espe- rienza svolta e di seguito troviamo alcune delle riposte date: - “Ho capito che cosa è la proiezione che sta dietro la gelosia. Riesco ad affrontare meglio la rabbia.” - “Ho trovato una spiegazione di cose avvenute dentro di me e la consapevolezza che c'è molto lavoro da fare. Riconosco le mie debolezze e fragilità. Provo gratitudine nei vostri confronti e spero di far meglio.” - “La parola chiave per uscire dal piano delle logiche ha funzionato. Sono uscito dal corto- circuito di sentirmi inadeguato. La consapevolezza che nell'aggressività si sta peggio. Questo corso mi ha procurato delle aperture.” - “Sono contento di essere venuto a questo corso, mi sono creato un po' di confusione che cerco di chiarire. Il mio comportamento e il modo in cui mi relaziono, può aiutarmi con l'altra persona.” - “Ho iniziato il corso superficialmente, andando avanti ho trovato un clima di rispetto, non giudicante. Sono stato ascoltato.
  • 16. Questa comunicazione empatica è tutta da provare.” - “Molti appunti e consigli, anche dubbi, ma più possibilità di uscire da un vicolo cieco, da pensieri opprimenti, negativi e aggressivi verso l'altra persona. Provo a chiamare le cose nel mondo nel modo in cui devono essere chiamate. Dire come ci si sente crea una no- menclatura dei sentimenti da usare. Non è facile per noi uomini, è un'arte parlare di sen- timenti, le donne sono più portate. Un artigianato da imparare.” - “Ho imparato che la rabbia se la controlli fa bene. Cercare di spiegarsi, parlare in modo diverso. Sto molto meglio, sto in mezzo alla gente e imparo. Speriamo di vederci ancora, cercherò di fare allenamento.” - “Ho imparato cose di me. Non voglio più strozzarla. Amiamoci.” - “E' da un po' che lavoro su me stesso, mi impegno e sto ottenendo tanto. Soffro di que- ste emozioni: vergogna, emotività.” - “Penso di aver acquisito una consapevolezza maggiore di come mi sento, che le emozio- ni possono essere modificate e non sono entità astratte. Lavorerò su questo.” - “I sentimenti e le emozioni non sono negativi o positivi, ma sono gli agiti che possono diventarlo. Questo metodo norvegese mi incuriosisce molto. Sento la necessità di uscire dal razionale ed entrare nel sentito.”
  • 17. Corso coppie: "I legami di coppia, sogni e bisogni" Questo è un corso per donne e uomini, in coppia e non, che desiderano prendere maggiore consapevolezza di quello che accade nelle dinamiche affettive, di quali sono e come si esprimono i propri bisogni e quelli dell'altro nelle relazioni. Lo scopo è di fornire strumenti per comunicare in modo più efficace ed empatico al fine di creare una migliore conoscenza reciproca ed un legame più intimo e più sicuro tra i partner. La ricerca di un legame sicuro è ciò che tutte le persone cercano anche quando non ne sono pienamente consapevoli e la paura di perdere il legame è alla base di tante insicurezze e conflitti. Il corso coppie è all'interno del progetto più ampio denominato "IO MI SENTO" che promuove la consapevolezza e l'espressione del proprio sentito come elementi fonda- mentali per poter essere compresi dall'altro e poter comprendere l'altro, evitando in questo modo di entrare nei conflitti e nelle logiche del "ho ragione io non hai ragione tu". Gli obiettivi che il corso si prefigge sono di acquisire maggiore consapevolezza: 1) dei propri sentimenti e bisogni all'interno di un legame di coppia e delle emozioni corrispondenti; 2) degli stereotipi di coppia personali e derivanti dalle famiglie di origine e come que- sti possano influenzare il legame di coppia attuale; 3) delle motivazioni sottostanti alle dinamiche di potere nella coppia e come queste si esprimono in conflitti; 4) di come si esprimono i propri bisogni nell'affettività e nella sessualità; 5) di quali risorse si possono trovare e mettere in atto per vivere una migliore vita re- lazionale. Nel primo incontro viene proposta un'esercitazione che richiede ai partecipanti, di- visi per gruppi di massimo 5 o 6 persone, di trovare i tre ingredienti fondamentali per una relazione efficace. Ad esempio è emerso quanto segue: GRUPPO 1: complicità, rispetto, compassione GRUPPO 2: rispetto, intimità, potersi affidare GRUPPO 3: fiducia, comunicazione, attrazione GRUPPO 4: rispetto, empatia/comprensione, sessualità, fiducia Al termine dell'esercitazione viene presentata la teoria triangolare dell'amore secon- do Sternberg, psicologo americano che ha studiato le componenti dell'amore riassun- te in tre ingredienti: IMPEGNO, INTIMITA', PASSIONE. Si è cercato di inserire gli ingre- dienti trovati dai vari gruppi in questi tre grandi insiemi . - L'impegno viene inteso come qualcosa che trasforma l'emozione in sentimento, il sentimento è qualcosa che ci mantiene nella relazione, è la forza di affrontare le difficoltà. - L'intimità permette alla persona di raccontarsi all'altro, di svelarsi e mostrare le pro- prie debolezze, di esporsi.
  • 18. - La passione presuppone attrazione e sessualità, si ha quando ci si abbandona all'altro con desiderio e piacere. Questi tre ingredienti, se presenti in egual misura tra loro, permettono sicuramente alla coppia di vivere in modo più appagante perché quando ne viene a mancare uno si può andare incontro ad uno squilibrio che può scompensare la coppia: per esempio, se in una relazione è presente solo l'intimità si avrà un rapporto amicale, se sono presenti solo intimità e passione si andrà incontro ad un amore romantico ma senza progettualità, se c'è solo impegno il rapporto risulta vuoto e freddo, se c'è solo passione è un rapporto improntato sull'attrazione sessuale. Non vogliamo con questo dare una normativa su ciò che "deve essere" , le variabili uma- ne e le relazioni sono tutte diverse e fantasiose quanto lo sono gli esseri umani tra loro. Tutto ciò che proponiamo sono strumenti per capire meglio sé stessi e l'altro e nella con- sapevolezza di questo, poter dire a sé e all'altro: "mi va bene, non mi va bene" "sono co- moda/o, non sono comoda/o". Fondamentale in una coppia è la stima reciproca e la stima di sé: quando un soggetto ha bassa autostima vive tutte le osservazioni come critiche e come un attacco personale. E' importante anche preservare un proprio equilibrio: IO POSSO STARE SENZA DI TE, MA SCELGO DI STARE CON TE. Poter stare in equilibrio sulle proprie gambe significa non sbi- lanciarsi completamente sull'altro. Il reciproco sostegno è importante nei momenti del bisogno ma essere sempre bisognosi e richiedenti verso l'altro può scompensare l'equili- brio della coppia sul lungo tempo. Nel secondo incontro, attraverso l'utilizzo di immagini tratte da riviste, pennarelli, forbici e colla, viene chiesto ai partecipanti di creare un proprio stemma di famiglia, sul mo- dello degli antichi stemmi nobiliari. Questa esercitazione che coinvolge sempre molto i partecipanti, è utile per evidenziare e svelare le proprie credenze circa la coppia, la fami- glia , le regole e i valori tramandati dalla famiglia di origine e applicati anche nella nuova famiglia che si va a creare. Sono comparsi aspetti relativi alla condivisione, la solidarietà, la felicità, ricordi della propria infanzia, colori e paesaggi, la presenza frequente di anima- li, come parte della famiglia ma anche la religiosità e in alcuni casi la rigidità, l'imposizio- ne e l'autorevolezza. Le persone hanno riconosciuto in maniera molto pratica ed evidente quanto siano radi- cati in loro i valori e le credenze tramandate dalla famiglia d'origine. Nel terzo incontro si affronta il tema del conflitto e attraverso la metafora dell' iceberg viene evidenziato che la punta può essere considerata un 20% del conflitto, ovvero il pre- testo, ciò che ci fa litigare (ad es. non chiudi mai il tubetto del dentifricio .., arrivi sempre in ritardo … ecc). Ma il vero motivo per cui stiamo litigando è spesso un altro e a volte non consapevole. E' la parte sommersa dell'iceberg. Nella coppia, alla base di tante osti- lità e conflitti, c'è la protesta di fronte al rischio di perdere la connessione emotiva, la paura che l'altro non tenga abbastanza a noi e alla relazione, c'è quindi l'ansia primordia- le dell'abbandono e del non sentirsi abbastanza importanti per l'altro.
  • 19. Partire invece dalla consapevolezza dei nostri stati emotivi e cercare di comprendere da dove viene la nostra insoddisfazione ci fa andare in profondità nella relazione. La rabbia non elaborata invece viene agita attraverso il conflitto e il litigio e ci fa restare nella punta dell'iceberg. Alcune correnti di pensiero affermano che il conflitto non è sempre sinonimo di violenza, e che bisogna imparare a litigare perché anche attraverso il conflitto ci si può avvicinare e migliorare la relazione. E' indubbio che questo passaggio possa avvenire soltanto median- te la comprensione e l'espressione dei vissuti della propria interiorità e la comprensione dell'animo dell'altro. Senza questo passaggio si resta in un circolo vizioso di ostilità e di rabbia che si autoalimenta e distrugge la relazione. Se si può arrivare alla spiegazione dei propri bisogni e dei propri vissuti emotivi, senza passare dal conflitto, significa che il dialogo di coppia è già ad un buon livello. In caso con- trario si può iniziare dallo stare nei conflitti in modo costruttivo, cioè mettersi in gioco nella relazione che stiamo vivendo, per conoscere meglio le fragilità reciproche, gli aspetti positivi e le risorse della coppia. Per lavorare sui conflitti viene proposta un'esperienza psicosensoriale in coppia. Uno da- vanti all'altro ad occhi chiusi: inizialmente si cerca di sentire la presenza dell'altro di fron- te a sé. L'esercizio si articola in tre passaggi: il primo consiste nell'afferrare da parte di en- trambi l'estremità di una cordicella e muoverla a proprio piacere, il secondo, una volta stabilito chi è A e chi B, dapprima A conduce il movimento e B deve seguirlo, poi si alter- nano i ruoli, il terzo richiede ad A e B di trovare un movimento comune in modo da crea- re una sintonia. In molti casi i soggetti hanno trovato nel tipo di dinamica venutasi a creare nel gestire il movimento della cordicella uno specchio della loro modalità di relazione; in pratica alcu- ne dinamiche della coppia si sono evidenziate chiaramente nell'esito dell'esercitazione: c'era chi stava più comodo nel lasciarsi condurre, chi invece nel condurre il movimento, chi si opponeva al lasciarsi guidare, la coppia che trovava subito il movimento comune e quella che trovava più difficoltà a sintonizzarsi. Ci sono stati casi in cui si è notato invece un atteggiamento opposto a quello che si verifica normalmente nella quotidianità: ad esempio una persona che normalmente nella vita comanda e prende decisioni, nel gioco si è lasciata condurre con piacere. C'è stato chi ha sentito la sfida, chi ansia da prestazione e timore del giudizio dell'altro. Ognuno ha messo in campo nell'esperienza i propri modi di stare in relazione, le proprie paure e bisogni. Questo lavoro esperienziale ha permesso alle coppie di confrontarsi sul proprio modo di agire nel portare avanti un progetto comu- ne o nel fare di tutti i giorni. Si è parlato del ciclo dell'illusione-delusione-disillusione: spesso nella coppia troviamo proiezioni incrociate dei propri bisogni sull'altro. Quando una coppia si forma si ha un'illu- sione iniziale, la cosiddetta luna di miele in cui c'è la convinzione che l'altro/a sia la perso- na giusta. All'illusione spesso segue la delusione, si ha quindi una crisi, perché l'immagine che ci eravamo creati dell'altra persona crolla di fronte alla realtà quotidiana. A questo punto si può chiedere all'altro di cambiare o di tornare ad essere quella/o di prima.
  • 20. Se l'altro/a cambia ci illudiamo nuovamente e poi di nuovo andremo incontro ad un'al- tra delusione: si entra così nel circolo della rabbia. Fondamentale risulta allora essere la Disillusione: la consapevolezza che l'altro ha una sua individualità, è altro da noi e non può essere solo ciò che avremmo voluto. Se si riesce a riconoscere ed accettare la realtà dell'altro come diversa dalla nostra, e ritirare le nostre proiezioni, allora possiamo essere due individui che si accolgono e si accettano per quello che sono uscendo dal ciclo infini- to dell'illusione-delusione. Nel quarto incontro, attraverso il racconto di una "favola" si chiede di riflettere e di defi- nire tramite uno scritto come devono essere l'uomo e la donna ideale nell'incontro inti- mo/sessuale. In seguito ci si divide per gruppi: gli uomini in una stanza leggono quanto scritto dalle donne e viceversa per permettere di poter conoscere meglio i bisogni dell'altro sesso. - Nel sottogruppo donne emerge la sorpresa e l'incredulità circa la richiesta di dolcezza e romanticismo da parte degli uomini. La richiesta principale degli uomini sembra essere quella che le donne siano dolci e al contempo disinibite. Alcune donne hanno mostrato diffidenza nei confronti di tali dichiarazioni maschili interpretandole come una richiesta di sottomissione, là dove c'era probabilmente da parte dell'uomo un desiderio di forte complicità e partecipazione sessuale. Questo per dire che la tematica è molto complessa e che anche nella sessualità possono esserci forti differenze e fraintendimenti. Un altro tema emerso è quello dei tabù nel parlare di sessualità: mentre le donne parlano più li- beramente della propria intimità tra loro, gli uomini hanno più pudore o resistenza ad entrare nell'argomento e a confrontarsi. Emerge anche il tema della finzione durante l'intimità e del' ansia da prestazione legate alle aspettative proiettate sull'altro e alla paura di deludere il partner e quindi in ultima analisi al timore di mettere a rischio il le- game. Il tutto amplificato dai messaggi e dai falsi miti veicolati dalla pornografia sempre più diffusa in rete. - Nel sottogruppo uomini emerge la sorpresa nel riscontrare che le donne sono state molto esplicite e chiare sul definire i loro desideri nell'intimità. La richiesta principale delle donne sembra essere quella di una relazione a lungo termine, vale a dire che per lasciarsi andare nella sessualità hanno bisogno di potersi fidare e sentire al sicuro con un partner che desideri una continuità nel rapporto. Secondo gli uomini condividere una fantasia a livello sessuale è una questione intima e difficile e lo si può fare se la relazione è sicura. Manifestare al partner i propri bisogni e desideri, da quelli più ordinari e quoti- diani, a quelli più intimi, significa esporsi all'altro col rischio di essere rifiutati e questo fa paura ed è in ragione di questo che molte persone non si assumono il rischio di manife- starsi pienamente all'altro. Ciò che da una parte può essere un comportamento di prote- zione, si rivela però a lungo termine un fattore che mina l'intimità e la complicità.
  • 21. Nel quinto incontro viene chiesto ai partecipanti di individuare risorse che sono state utili alla coppia in periodi di difficoltà ed è emerso quanto segue: La figura interiorizzata del padre Il lavoro Il sostegno delle amiche, del fratello, della famiglia Scrivere L’integrità personale e la coerenza con quello che si è La resilienza e il ricordo della mamma Lo sport La natura La fiducia in me stesso, che mi è stata data da mia madre. Saper discriminare cosa mi fa bene e cosa no. Il mio carattere. La preghiera La fede nel progetto di coppia, fiducia in me stesso e in mia moglie Studiare Lavorare su me stesso Capacità di cercare di comprendere l’altro La curiosità Infine viene chiesto che cosa ognuno si porta a casa dall’esperienza fatta al Corso "I lega- mi di coppia: sogni e bisogni": - la promessa di essere sempre me stessa all'interno della relazione - un bel confronto con gli altri, una bella sensazione di accoglienza in un bel gruppo - una visione più consapevole e tranquillizzante nella relazione di coppia - condivisione di aspetti della vita problematici, ma anche positivi - condivisione emotiva e dei vissuti difficile da fare in altri contesti - possibilità di parlare non sentendosi giudicati nonostante le diverse età - entusiasmo (e desiderio di far venire anche i miei genitori il prossimo anno) - aver visto che i conflitti che sembrano sempre unici e insormontabili, siano in realtà di- namiche comuni a molti e come siano parte naturale della interazione della coppia - sicurezza, conferme, spunti di miglioramento - consapevolezza che quello che l'altro esprime è importante - serenità, tolleranza e gli appunti presi - ho sentito soddisfazione nell'essere riuscita a coinvolgere anche mio marito e nell'aver trovato un ambiente di gruppo protetto e coinvolgente - aver potuto condividere con tante persone diverse, storie di vita comuni, non ti fa senti- re così sola - sono contento di aver partecipato, gli argomenti sono stati interessanti, ho preso spunto per pensare ed impostare le cose nel modo giusto … Il legame di coppia è complicato - affrontare le problematiche di coppia in un ambiente tranquillo e senza giudizio mi ha permesso di assimilare tante informazioni e raccogliere le espressioni di tante persone prendendo maggiore coscienza delle dinamiche di coppia
  • 22. - sono partito fiducioso, ho focalizzato diverse cose, sono soddisfatto. Anche i testi propo- sti sono stati interessanti - il percorso è stato molto interessante e mi ha aiutata a scoprire alcuni elementi della differenza tra uomo e donna - a seguito di questi incontri abbiamo potuto affrontare un argomento sul quale erano sorti un po' di problemi e devo dire che ci ha aiutato molto parlarne. Consiglierei questo percorso a tutte le coppie - all'inizio ero partito per accontentare mia moglie ma devo ammettere che fin dall'inizio il corso mi ha sempre più incuriosito e coinvolto.
  • 23. Coordinatrice del progetto “Io mi sento” corsi psico-educativi rivolti alla popolazione per la prevenzione della violenza di genere: Dott.ssa Tisselli Giancarla Cell. 3483183354 E-mail: cartiss@libero.it Presidente di Psicologia Urbana e Creativa: Dott.ssa Plazzi Edda Psicologhe/i e Psicoterapeute/i che hanno condotto i corsi nel 2017/2018: Dott.ssa Amoroso Marialuisa Dott.ssa Di Cataldo Luana Dott.ssa D’Oronzo Stella Dott.ssa Giannini Grazia Dott. Grazioli Marco Dott.ssa Laghi Sara Dott. Mazzone Paolo Dott. Righini Daniele Dott. Zanella Fulvio