Fattura elettronica: circolare agenzia delle entrateAntonio Palmieri
L'agenzia delle entrate riepiloga la disciplina della fattura elettronica soffermandosi sulle caratteristiche e gli elementi caratterizzanti del documento informatico
Aggiornamenti al D.L. 8 aprile 2020, n. 23.
Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 130 citato per violazione della tutela della proprietà contenuta nell’art. 1 del Protocollo I della CEDU, in riferimento all’art. 117, comma primo, Cost., atteso che la previsione dell’abbattimento nella misura della metà della somma risultante in base alle tariffe professionali non impone al professionista un sacrificio tale da risolvere il ragionevole legame fra l’onorario a lui spettante ed il relativo valore di mercato, trattandosi, semplicemente, di una parzialmente diversa modalità di determinazione del compenso medesimo, giustificata dalla considerazione dell’interesse generale che il legislatore ha inteso perseguire, nell’ambito di una disciplina mirante ad assicurare al non abbiente l’effettività del diritto di difesa" (Cass. civ., Sezione Seconda, Sent. 23 aprile 2013, n. 9808, nonché Corte cost., n.ri 350/2005 e 270/2012).
Fattura elettronica: circolare agenzia delle entrateAntonio Palmieri
L'agenzia delle entrate riepiloga la disciplina della fattura elettronica soffermandosi sulle caratteristiche e gli elementi caratterizzanti del documento informatico
Aggiornamenti al D.L. 8 aprile 2020, n. 23.
Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 130 citato per violazione della tutela della proprietà contenuta nell’art. 1 del Protocollo I della CEDU, in riferimento all’art. 117, comma primo, Cost., atteso che la previsione dell’abbattimento nella misura della metà della somma risultante in base alle tariffe professionali non impone al professionista un sacrificio tale da risolvere il ragionevole legame fra l’onorario a lui spettante ed il relativo valore di mercato, trattandosi, semplicemente, di una parzialmente diversa modalità di determinazione del compenso medesimo, giustificata dalla considerazione dell’interesse generale che il legislatore ha inteso perseguire, nell’ambito di una disciplina mirante ad assicurare al non abbiente l’effettività del diritto di difesa" (Cass. civ., Sezione Seconda, Sent. 23 aprile 2013, n. 9808, nonché Corte cost., n.ri 350/2005 e 270/2012).
La mia tesi di laurea in Diritto Amministrativo: "La cd. pregiudizialità amministrativa: profili attuali". Un argomento attuale ed in continua espansione.
L'Agenzia delle entrate chiarisce alcuni aspetti in materia di responsabilità solidale negli appalti specificando gli ambiti oggettivi e soggettivi di applicazione
Trust di scopo e attribuzione di denaro.
Va applicata l'imposta sulle successioni e donazioni, secondo l’accezione del vincolo di destinazione assunto come autonomo presupposto impositivo, in merito all'attribuzione di denaro, conferito in trust e destinato a essere investito a beneficio di terzi.
Portobello rimborso spese legali dopo assoiluzione procedimento penale delibe...Pino Ciampolillo
ISOLA DELLE FEMMINE P.D MAFIA ANTIMAFIA E I QUAQUARAQUA'..
“ … Noi crediamo nella virtù rivoluzionaria della cultura che dona all’uomo il suo vero potere ”.
In altri termini,proprio a partire dagli anni settanta si registra anche nei luoghi come Isola delle Femmine un “salto di qualità” dell’azione di Cosa Nostra, legato all’urbanizzazione susseguente all’abbandono delle campagne. Le cosche spostano i loro interessi. Dall’economia agricola passano al settore commerciale e industriale. In particolare intervengono nel campo dell’edilizia e dei lavori pubblici.
Ma Enea Vincenzo, dopo i reiterati atti di danneggiamento subiti, non si piega alla richiesta di Bruno Francesco di costituire con lui una società di fatto impegnata nell’edilizia e questo gli costerà la vita.
IN altri termini Enea Vincenzo rimane vittima dei contrasti con “un’impresa ad infiltrazione mafiosa”, ossia la B.B.P., un soggetto economico che instaura con il sodalizio mafioso, cappeggiato da Riccobono Rosario e da personaggi come Bruno Francesco e Lo Piccolo Salvatore rapporti stabili di connivenza, accettandone i servizi offerti e ricambiandoli con altri servizi ed attività complementari.
Non a caso, nel momento del contrasto con la società B.B.P., Enea Vincenzo subisce danneggiamenti nei cantieri e la proposta di bruno Francesco, “uomo d’onore” vicino a Riccobono Rosario, di costituire una società di fatto per attività nell’edilizia; e quando i fratelli D’Agostino cercano di aiutare l’Enea Vincenzo per risolvere i problemi con la società B.B.P. si rivolgono proprio a Riccobono Rosario referente mafioso indiscusso per risolvere certi problemi…..pag 56 Sentenza…
http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2013/11/le-motivazioni-nella-sentenza-di.html
La mia tesi di laurea in Diritto Amministrativo: "La cd. pregiudizialità amministrativa: profili attuali". Un argomento attuale ed in continua espansione.
L'Agenzia delle entrate chiarisce alcuni aspetti in materia di responsabilità solidale negli appalti specificando gli ambiti oggettivi e soggettivi di applicazione
Trust di scopo e attribuzione di denaro.
Va applicata l'imposta sulle successioni e donazioni, secondo l’accezione del vincolo di destinazione assunto come autonomo presupposto impositivo, in merito all'attribuzione di denaro, conferito in trust e destinato a essere investito a beneficio di terzi.
Portobello rimborso spese legali dopo assoiluzione procedimento penale delibe...Pino Ciampolillo
ISOLA DELLE FEMMINE P.D MAFIA ANTIMAFIA E I QUAQUARAQUA'..
“ … Noi crediamo nella virtù rivoluzionaria della cultura che dona all’uomo il suo vero potere ”.
In altri termini,proprio a partire dagli anni settanta si registra anche nei luoghi come Isola delle Femmine un “salto di qualità” dell’azione di Cosa Nostra, legato all’urbanizzazione susseguente all’abbandono delle campagne. Le cosche spostano i loro interessi. Dall’economia agricola passano al settore commerciale e industriale. In particolare intervengono nel campo dell’edilizia e dei lavori pubblici.
Ma Enea Vincenzo, dopo i reiterati atti di danneggiamento subiti, non si piega alla richiesta di Bruno Francesco di costituire con lui una società di fatto impegnata nell’edilizia e questo gli costerà la vita.
IN altri termini Enea Vincenzo rimane vittima dei contrasti con “un’impresa ad infiltrazione mafiosa”, ossia la B.B.P., un soggetto economico che instaura con il sodalizio mafioso, cappeggiato da Riccobono Rosario e da personaggi come Bruno Francesco e Lo Piccolo Salvatore rapporti stabili di connivenza, accettandone i servizi offerti e ricambiandoli con altri servizi ed attività complementari.
Non a caso, nel momento del contrasto con la società B.B.P., Enea Vincenzo subisce danneggiamenti nei cantieri e la proposta di bruno Francesco, “uomo d’onore” vicino a Riccobono Rosario, di costituire una società di fatto per attività nell’edilizia; e quando i fratelli D’Agostino cercano di aiutare l’Enea Vincenzo per risolvere i problemi con la società B.B.P. si rivolgono proprio a Riccobono Rosario referente mafioso indiscusso per risolvere certi problemi…..pag 56 Sentenza…
http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2013/11/le-motivazioni-nella-sentenza-di.html
Els contes de fades sobre els edredons, coixins, anoracs o jaquetes fets de plomes ens evoquen els nius d’Èider a platges d’Islàndia o Escandinàvia. A molts llocs, després de la cria, es recull el plomissol que ha quedat al niu buit i s’utilitza per a fabricar peces d’abric artesanes. Aquesta pràctica recol·lectora sense patiment (germana de la recol·lecció de fruïts, sense animals) no té res a veure, però, amb l’origen de les plomes i el plomissol de la producció industrial.
El plomissol és un aïllament tèrmic, en contacte directe amb la pell i a sota de les plomes, que les aus aquàtiques com les oques o els ànecs generen en major quantitat (més encara si són adultes). Està format per embulls de filaments que, a diferència de les plomes, no tenen canons ni barbes. Amb ell es fan les peces d’abric de més qualitat, més lleugeres, mentre que les plomes son utilitzades per a fer peces més barates. Si l’animal està adaptat a la vida en territoris molt freds, el seu plomissol es converteix en el més cobejat. Així, es considera que el plomissol Downmark és el millor del món. Es arrencat a ànecs i oques de Canadà, que arriben a suportar temperatures de 50º sota cero quan estan en llibertat...
RIVALUTAZIONE DELLA BUONUSCITA
Pubblichiamo una importante risoluzione, che sta compiendo alcuni passi nel Governo, in merito alla rivalutazione della buonuscita.
Convegni gratuiti sul contenzioso nei rapporti di lavoroServizi CGN
Convegni Unoformat gratuiti e accreditati sugli istituti propri della gestione del rapporto di lavoro: fasi costitutive (tipologie contrattuali e caratteristiche essenziali delle stesse), svolgimento (inquadramento del lavoratore ed effettive modalità di esecuzione della prestazione lavorativa), cessazione (legittimità del licenziamento e sistema sanzionatorio).
Corte conti e divieto di rinnovo negli appalti pubblici: articolo di Ilenia F...ilenia filippetti
Il tema del rinnovo dei contratti d’appalto è, in questi ultimi giorni, oggetto di molteplici ed apprezzabili riflessioni, emerse, essenzialmente, a seguito della pronuncia resa da Consiglio Stato, Sez. III, con sentenza 5 luglio 2013, n. 3580, ad avviso del quale né l’art. 23 della L. 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004), né l’art. 57 D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, né i principi comunitari consolidati in materia contrattuale, impedirebbero il rinnovo espresso dei contratti, allorché la facoltà di rinnovo, alle medesime condizioni e per un tempo predeterminato e limitato, sia ab origine prevista negli atti di gara e venga esercitata in modo espresso e con adeguata motivazione. Secondo la recente pronuncia del Consiglio di Stato, infatti, un argomento positivo a favore dell’ammissibilità del rinnovo contrattuale, se espressamente previsto dalla lex di gara, sarebbe desumibile dall’art. 29 del codice dei contratti, che a proposito del calcolo del valore stimato degli appalti e dei servizi pubblici prescrive che si tenga conto di qualsiasi forma di opzione o rinnovo del contratto.
In questo panorama, non sembra inutile tracciare qualche breve riflessione sulle pronunce edite dalla Corte dei conti proprio sul tema del divieto generale del rinnovo dei contratti d’appalto.
Agenzia entrate illegittime nomine di 1200 dirigenti sentenza corte costituz...Giuseppe Ciampolillo
L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE N 693 DEL 18 LUGLIO 2008 CHE HA VISTO COME RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO L’ARCHITETTO CANNOVA GIANFRANCO, CON LA QUALE LA ITALCEMENTI AVANZA RICHIESTA DI RINNOVO NON PUO’ TROVARE ACCOGLIMENTO IN QUANTO IL DECRETO SU CUI SI CHIEDE IL RINNOVO E’ DECADUTO SIN DAL 17 LUGLIO 2010 PER INOSSERVANZA DELLE PRESCRIZIONI INSERITE NEL DECRETO 693 18 LUGLIO 2008
LA CONFERMA DI QUANTO SOPRA SI EVINCE DALLA CONVOCAZIONE DI UN TAVOLO TECNICO PER IL GIORNO 09/06/2011 ALLE ORE 11 DEL SERVIZIO 2 VIA VAS DIRETTO DAL DOTTOR NATALE ZUCCARELLO .
IL TAVOLO TECNICO CONVOCATO DAL DIRIGENTE RESPONSABILE DR NATALE ZUCCARELLO AVEVA IL COMPITO DI: “verificare se la societa’ italcementi s.p.a. ha provveduto a dare corso alla attuazione delle prescrizioni contenute nel decreto di riferimento “
QUINDI NON SI PUO’ AVANZARE UNA RICHIESTA DI RINNOVO SU UN DECRETO CHE NON ESISTE
NON RISULTANDO ALCUN INTERVENTO VOLTO AD UNIFORMARSI ALLE PREVISIONI DELLA AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE CONCESSA NEL 2008, COMPORTA UNA GRAVE RESPONSABILITA’ PER L’AITALCEMENTI S.p.a. CHE HA CONTINUATO AD UTILIZZARE UN IMPIANTO ALTAMENTE INQUINANTE E NOCIVO PER LA SALUTE DEI CITTADINI, OLTRE AD ESSERE FORIERA DI RESPONSABILITA’ ANCHE PER L’AMMINISTRAZIONE REGIONALE PER I SUOI AGENTI CHE RIMANENDO INERTI SONO SOLIDAMENTE RESPONSABILI CON LA ITALCEMENTI S.p.a., PER I DANNI ALLA SALUTE DEI CITTADINI.
NON RISULTA CHE L’AMMINISTRAZIONE ABBIA MAI EFFETTUATO ALCUN CONTROLLO IN ORDINE ALL’ADEMPIMENTO DELLE PRESCRIZIONI IMPOSTE NEI TERMINI PREVISTI DALL’A.I.A.
Sempre in merito alla procedura A.I.A.
Il 9 febbraio 2007 protocollo 10741 il 2° servizio VIA VAS nel rispondere a quanto richiesto con nota prot arta 75686 del 2.11.206 della ITALCEMENTI tendente ad ottenere L’AUTORIZZAIONE INTEGRATA AMBIENTALE comunicava alla ITALCEMENTI che la richiesta avanzata doveva essere sottoposta a procedura di Valutazione Di Impatto Ambientale
La comunicazione a firma del
Dirigente responsabile del servizio 2° VIA-VAS ingegnere VINCENZO SANSONE
Nella conferenza dei servizi del 21.11.2007 il responsabile del procedimento architetto CANNOVA GIANFRANCO comunica i presenti di “ aver ricevuto una nota 2132 del 20.11.07 col quale si informa che la pratica di V.I.A. e’ in fase istruttoria e che sarà cura dell’U.O. trasmettere le risultanze alla conclusione del procedimento”
Nella conferenza dei servizi del 31.1.2008 il responsabile del procedimento architetto CANNOVA GIANFRANCO comunica i presenti di “ aver ricevuto una nota 138 del 25.01.08 col quale si informa che la pratica di V.I.A. e’ in fase istruttoria e che sarà cura dell’U.O. trasmettere le risultanze alla conclusione del procedimento”
La Italcementi chiede “ di rilasciare l’Autorizzazione Integrata Ambientale relativo all’impianto attuale includendo il coke di petrolio, ad esclusione della conversione tecnologica da via semisecca a via secca che
Schema di decreto legislativo in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183
Recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti
Similar to Cassazion ebuonuscita poste5apr2013 (20)
Rinnovo applicazioni temporanee sisma 2016 definitivaFabio Bolo
comunicazione sindacale inviata a responsabile risorse umane, avente per oggetto il rinnovo delle applicazioni temporanee del personale interessato agli eventi sismici del 2016
1. CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza
05 aprile 2013, n. 8444
Lavoro subordinato - Trattamento di fine rapporto - Poste - Liquidazione - Buonuscita - Termini -
Fattispecie.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 20.10.2008, la Corte di Appello di Torino respingeva l'appello proposto dalla Gestione
Commissariale Fondo Buonuscita Lavoratori Poste avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la
domanda avanzata da Z.S., cessato dal servizio il 31.7.2002, intesa ad ottenere il computo dalla indennità di
buonuscita per il periodo antecedente alla trasformazione dell'ente in società per azioni sulla base del
trattamento contrattualmente spettante all'atto della cessazione del rapporto lavorativo, anziché su quello
liquidato sul trattamento retributivo in godimento alla data del 27.2.1998 e la rivalutazione con l'applicazione
degli incrementi annuali ex art. 2120 c.c. e L. 297/82 per il periodo intercorrente tra il 28.2.1998 e la data di
cessazione del rapporto. Il Tribunale aveva accolto il ricorso, condannando la Gestione a corrispondere allo
Z. la somma di euro 2.734,80 oltre accessori dal dovuto al saldo, nonché la domanda di rivalutazione ed
interessi per il tardivo pagamento dell'indennità.
Il giudice del gravame riteneva corretta la interpretazione delle norme fornita dal primo giudice, considerato,
quanto al primo profilo, che la lettera della legge consentiva una duplice interpretazione, atteso che, se pure
l'art. 53 comma 6 I. 449/1997 prevedeva la corresponsione dell'indennità "maturata", l'art., 3 comma 3, del
DPR n. 1032/73 faceva riferimento all'ultimo stipendio, che era da intendersi come riferito a quello percepito
al momento della cessazione del rapporto, non prevedendo la normativa alcun meccanismo di perequazione
idoneo a mantenere il valore adeguato ai processi inflattivi e non potendo trovare applicazione in via
analogica il disposto di cui all'art. 2120 cc, come modificato dall'art. 1 I. 297/82, applicabile al regime
pubblicistico solo in via subordinata e nei limiti in cui la materia non fosse regolata diversamente, come,
invece, era da ritenere per il caso in esame.
La opzione interpretativa secondo cui l'indennità restava congelata nella misura calcolata al 28.2.1998 fino
alla data della sua corresponsione destava, secondo la Corte del merito, perplessità sul piano dell'equità,
considerato il sistema previsto per i lavoratori privati, dovendo ritenersi che la sentenza della Corte
Costituzionale, che non aveva ravvisato alcun vulnus di tale sistema ai principi della Costituzione, non
attenesse all'individuazione della retribuzione da porre a base del calcolo e che la non contrarietà a
Costituzione di un'interpretazione della norma non significasse anche che essa fosse la più conforme a
Costituzione, sicché era maggiormente aderente ai principi costituzionali degli arti 36 e 38 della Costituzione
l'interpretazione che evitasse il descritto congelamento. Quanto all'ulteriore profilo della corresponsione degli
accessori ritenuti non dovuti dalla Gestione Commissariale, ugualmente era da condividere quanto ritenuto
in primo grado, atteso che le disposizioni dal D.L. 79/1997, conv. in legge 140/97 - secondo cui il trattamento
di fine servizio comunque denominato, nei confronti dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche con
rapporto privatizzato di cui al d. Igs 29/93, doveva essere liquidato entro sei mesi dalla cessazione del
rapporto e corrisposto entro i tre mesi successivi - non trovavano applicazione nella fattispecie, poiché la
2. norma era intervenuta in epoca anteriore alla trasformazione dell'ente in s.p.a, e non potevano più riguardare
dipendenti che, a decorrere dal 28.2.1998, erano a tutti gli effetti divenuti dipendenti di società privata e che
una diversa interpretazione avrebbe posto gravi dubbi di legittimità costituzionale in relazione in particolare
all'art. 3 Cost., non potendo assumere rilievo la circostanza che il trattamento venisse erogato non
direttamente dalla datrice di lavoro ma da una Gestione ad hoc.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l'Ipost, con due motivi di impugnazione.
Z.S.P. è rimasto intimato.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, l'IPOST denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 53, comma 6°, della I, 449/97,
nonché dell'art. 3 D.P.R. 1032/73, per avere la Corte territoriale ritenuto che l'indennità di buonuscita vada
liquidata sulla base dell'ultimo stipendio percepito dal lavoratore alla cessazione del servizio e non di quello
goduto al 28.2.1998. Dopo avere proceduto ad una ricognizione degli interventi legislativi che avevano
interessato l'amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni dal 1993, osserva che la trasformazione
dell'ente in s.p.a. aveva comportato una differente valutazione dei diversi regimi succedutisi nel tempo con
separazione degli stessi ai finì delle prestazioni da erogare al termine del servizio del dipendente, ed
applicazione di una differente disciplina per i due periodi nel quale sì era articolato il rapporto per i dipendenti
cessati dal servizio dopo la trasformazione dell'ente (DPR 1032/73 e art. 2120 cc).
Assume che, se l'art. 53 comma 6, della L. 449/97 avesse voluto fare riferimento per il periodo di calcolo
della buonuscita alla retribuzione percepita all'atto della cessazione del rapporto, non avrebbe previsto che
al dipendente spetti unicamente l'indennità maturata al 28.2.1998, ma si sarebbe limitata a disporre che
all'atto della cessazione del rapporto vengano erogati l'indennità dì buonuscita ed il TFR per i periodi
corrispondenti. Pertanto, l'interpretazione della Corte territoriale è contraria alla lettera della legge e conduce
a sovrapporre due trattamenti strutturalmente diversi, il primo dei quali andava determinato con riferimento
alla retribuzione percepita alla data di esaurimento del regime pubblicistico, non essendo possibile una
contaminazione di istituti giuridici ontologicamente diversi, tenuto conto anche del fatto che per il TFR sì è
avuto riguardo ad un sistema che comporta l'addizione tra importi annualmente determinati in base alla
retribuzione corrisposta, laddove per l'indennità si ha riguardo all'ultima retribuzione percepita ma nella
misura dell'80%. Va, poi, secondo il ricorrente, considerato che lo squilibrio finanziario che sì produrrebbe
per effetto della assunzione quale base di calcolo dell'ultima retribuzione percepita al momento della
collocazione a riposo non sarebbe colmabile con il prelievo contributivo, ormai cessato ai sensi dell'art. 68
comma 8° della I. 388/00, a carico del lavoratore, e con il contributo a carico del datore, cessato alla data
della trasformazione dell'ente, successivamente alla quale non era ipotizzabile una prosecuzione del
rapporto previdenziale ai fini della buonuscita.
Evidenzia, poi, la contraddittorietà della motivazione laddove ritiene che la norma richiamata sia compatibile
con entrambe le soluzioni prospettate ma ritiene conforme alla lettera della legge solo quella adottata in
base ad una interpretazione costituzionalmente orientata, priva, però, di adeguato supporto argomentativo,
non essendo indicato alcun elemento in rapporto all'adeguatezza dell'indennità di buonuscita erogata
rispetto ai criteri di cui agli artt. 36 e 38 Cost. e non essendo considerata la cessazione del rapporto
previdenziale e del connesso squilibrio contributivo. Infine, sostiene che alla richiamata sentenza della C.
3. Cost. 366/2006 non poteva non attribuirsi un significato decisivo ai fini dell'individuazione del momento al
quale fare riferimento per il calcolo dell'indennità di buonuscita.
Con il secondo motivo, lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 3 commi 1, 2 e 4 D. L, 28.3.1997 n.
79, convertito in L.140/97, per avere il giudice del gravame riconosciuto interessi legali e rivalutazione sulla
indennità di buonuscita liquidata dall'IPOST entro i termini di legge.
Rileva che è irrilevante che la norma sia precedente alla trasformazione dell'Ente, atteso che la stessa si
applica al trattamento dovuto per il periodo di servizio svolto dai postelegrafonici come impiegati pubblici e
che la trasformazione ha fatto cessare il rapporto previdenziale con l'IPOST, la cui gestione, limitatamente
alla buonuscita, riguarda solo il periodo precedente al 28.2.1998, e che il paventato contrasto con l'art. 3
Cost. non sussiste, atteso che il regime di cui all'art. 3 D. L. 79/97 si applica a tutti i dipendenti pubblici e che
esso Ipost non eroga il TFR, ma l'indennità di buonuscita.
Il primo motivo è fondato.
Con la L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 53, comma 6°, è stato previsto che"a decorrere dalla data di
trasformazione dell'Ente Poste Italiane in società per azioni... al personale dipendente della società
medesima spettano: a) il trattamento di fine rapporto di cui all'art. 2120 c.c., e, per il periodo lavorativo
antecedente, l'indennità di buonuscita maturata, secondo la normativa vigente prima della data di cui
all'alinea del presente comma" (ossia 28 febbraio 1998). La formulazione della norma non consente di
condividere la ricostruzione seguita nella sentenza impugnata. Richiamandosi le argomentazioni contenute
in pronunzia di questa Corte del 26.11.2008 n. 28281, va, invero, rilevato che l'aggettivo "maturato" da un
punto di vista lessicale sta ad indicare ciò che ha finito di crescere, che è giunto a perfezione e che l'aver
riferito alla buonuscita tale qualità non può che significare che la stessa è ben definita, non suscettibile di
ulteriore incremento nel suo ammontare, pur se esigibile al termine del rapporto. Del resto, se il legislatore
ha inteso distinguere tra il prima ed il dopo 28 febbraio 1998, disponendo che da tale data in poi va applicata
la disciplina di cui all'art. 2120 cc, non è logicamente ipotizzabile, nel complessivo sistema introdotto con la
L. 29 maggio 1982, n. 297, - che quella indennità possa subire incrementi per effetto della dinamica
salariale: con l'art. 5, di detta legge, infatti, è stato stabilito espressamente che l'indennità di anzianità
maturata al 30 maggio 1982 dovesse essere calcolata nel suo ammontare a tale data e, quindi, accantonata,
per essere poi concretamente corrisposta alla risoluzione del rapporto, insieme agli accantonamenti
contabilizzati, dopo quella data, anno per anno. In altri termini, se con la modifica apportata con tale legge si
è inteso cristallizzare l'ammontare del maturato al 30 maggio 1982, non si comprende perché con l'art. 53,
richiamato il legislatore dovrebbe aver seguito una logica diversa. Difformità di disciplina che, oltre tutto,
sarebbe apparsa incomprensibile se si considera la natura pubblica dell'ente prima della privatizzazione, che
imponeva una diversità di trattamento. Va dato atto, peraltro, che una particolarità si rinviene tra le due
normative, nel senso che non è previsto un meccanismo di rivalutazione periodica della buonuscita a
differenza di quanto è regolato dall'art. 2120 c.c.. Questo ha fatto sorgere un dubbio di legittimità, che però
Corte cost. 25 ottobre 2006 n. 366 ha dichiarato infondato.
Con tale decisione (il cui contenuto è stato confermato dalla successiva ordinanza 27 dicembre 2007 n. 444)
il giudice delle leggi, dando atto del fatto che la L. n. 447 del 1997, art. 53, comma 6, lett. a), fissa
l'ammontare della indennità di buonuscita nella misura calcolata in base alla precedente normativa del
pubblico impiego alla data del 28 febbraio 1998, senza però prevedere anche un meccanismo di
rivalutazione periodica (come appunto nel rapporto di lavoro privato), ha escluso in primo luogo che vi fosse
un contrasto con l'art. 3 Cost., - denunciato con riguardo a disparità di trattamento in relazione ai diversi
4. tempi di cessazione dei rapporti di lavoro e quindi di percezione dell'emolumento in oggetto - in quanto il
decorso del tempo e le differenze di momenti in cui accadono i fatti giuridici possono giustificare diversità di
disciplina, con l'ulteriore considerazione che il periodo intercorrente tra la determinazione della buonuscita e
il pagamento del t.f.r. quanto più sarà lungo tanto più sarà minore l'incidenza della prima sull'entità globale
del trattamento erogato alla cessazione del rapporto di lavoro. Ha, poi, negato una violazione dell'art. 36
Cost., perché, pur riconoscendo la natura di retribuzione differita di tutti i trattamenti di fine rapporto quale
che sia l'ente erogatore e la denominazione di ciascuno dì essi e che pure a tali crediti si estende la
particolare tutela di cui all'art. 36 Cost., con la salvaguardia del potere di acquisto secondo idonee - anche se
non identiche - discipline, non per questo poteva essere affermata l'illegittimità della disposizione censurata.
La Corte ha, infatti, ritenuto che il rispetto dell'art. 36 Cost., - in ipotesi di un trattamento globale costituito da
più componenti (indennità di buonuscita determinata secondo la disposizione censurata e trattamento di fine
rapporto disciplinato dall'art. 2120 c.c..) - deve essere valutato non con riguardo a ciascuna di queste, bensì
alla totalità dell'emolumento ed, alla stregua di tale principio, ha ribadito che la buonuscita è uno degli
elementi del trattamento globale spettante ai lavoratori postali con pregresso periodo di svolgimento del
rapporto in regime di pubblico impiego e che l'entità della sua svalutazione - in misura, come si è detto,
verosimilmente parametrata alla durata del periodo intercorrente tra la data della sua determinazione (28
febbraio 1998) e quella di cessazione del rapporto per ciascun lavoratore - è inversamente proporzionale
alla misura dell'incidenza sul trattamento globale della quota di buonuscita rispetto a quella che si matura in
regime di rapporto privato. Per la Corte, poi, "ciò che più conta è che la disposizione censurata deve essere
valutata nell'ambito di tutta la normativa che ha regolato la trasformazione dell'azienda postale, dapprima
nell'Ente Poste e poi in società per azioni, e di quella correlativa del rapporto di lavoro del personale" e che
sotto tale profilo - e con specifico riguardo all'oggetto della questione - si deve osservare che il danno per i
lavoratori, derivante dal differimento dell'erogazione dell'indennità di buonuscita rispetto al momento della
sua determinazione, trova compensazione nella previsione dell'unicità del rapporto e nel rispetto delle
anzianità maturate, con i conseguenti riflessi sui livelli delle retribuzioni e, quindi, sulla base di calcolo della
quota del trattamento da determinare ai sensi dell'art. 2120 c.c." (cfr. in tali termini Cass. 28281/2008 cit).
In conclusione, in difformità rispetto a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, deve ribadirsi che la
componente del complessivo trattamento di fine rapporto dovuto ai dipendenti delle Poste Italiane s.p.a. per
il servizio prestato a tutto il 28 febbraio 1998 è costituito dall'ammontare dell'indennità di buonuscita,
calcolata nel suo ammontare sulla retribuzione corrisposta a tale data e secondo i criteri fissati dal DPR. 29
dicembre 1973, n. 1032.
Anche il secondo motivo, con il quale l'IPOST lamenta la condanna al pagamento di rivalutazione monetaria
ed interessi, che assume pronunziata in violazione del termine dilatorio di cui all'art. 3 del d.l. 28.3.97 n. 79,
conv. dalla I. 28.5.97 n. 140, è fondato.
L'art. 3 del d.l. 28-3-97 n. 79, convertito nella legge n. 140/97, fra l'altro, ha disposto. "Alla liquidazione dei
trattamenti di fine servizio, comunque denominati, per i dipendenti di cui al comma 1, loro superstiti o aventi
causa, che ne hanno titolo, l'ente erogatore provvede decorsi sei mesi dalla cessazione del rapporto di
lavoro. Alla corresponsione agli aventi diritto l'ente provvede entro i successivi tre mesi, decorsi i quali sono
dovuti gli interessi (comma 2°).
''Per i dipendenti di cui al comma 1 cessati dal servizio dal 29 marzo al 30 giugno 1997 e loro superstiti o
aventi causa, il trattamento di fine servizio è corrisposto a decorrere dal 1° gennaio 1998 e comunque non
oltre tre mesi da tale data, decorsi i quali sono dovuti gli interessi (comma 3°).
5. Il personale di cui al comma 1 è costituito dai "dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, compresi quelli di cui ai
commi 4 e 5 dell'articolo 2 dello stesso decreto legislativo", fra i quali è pacifico che non rientri il personale
dell'E.P.L Sulla base di quest'ultimo rilievo è stato escluso che i nuovi e più ampi termini concessi al datore
di lavoro per la liquidazione e l'erogazione della buonuscita (sei mesi + tre mesi) possano riguardare anche i
dipendenti dell'E.P.I., cui è stato ritenuto che continui a trovare applicazione la precedente disciplina (termine
di 90 giorni).
Alla soluzione contraria deve, invece, pervenirsi alla luce del successivo 4° comma dello stesso art. 3, che
esplicitamente stabilisce: "Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle analoghe
prestazioni erogate dall'Istituto postelegrafonici, nonché a quelle relative al personale comunque iscritto alle
gestioni dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica".
Il testo della norma è talmente chiaro ed ampio da non consentire alcun dubbio sul fatto che tutte le
disposizioni dell'art. 3 - ivi compresa la nuova disciplina dei termini contenuta nel 2° comma - debbano
applicarsi alla erogazione della buonuscita da parte dell'IPOST ovvero, dal 1.1.2000, dalla gestione
commissariale del Fondo Buonuscita dei lavoratori postali
Successivamente è intervenuto l'art. 53, 6° comma, della legge 27-12-97 n. 449, in virtù del quale a
decorrere dalla data di trasformazione dell'Ente Poste Italiane in società per azioni (ovverossia dall'1-1-98
termine poi prorogato al 28 febbraio 1998 a seguito della Delibera CIPE del 18.12.1997) spetta al personale
dipendente "il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile", mentre per il precedente
periodo lavorativo compete "l'indennità di buonuscita maturata, calcolata secondo la normativa vigente"
prima della data suddetta. Il successivo comma 12, infine, ribadisce che l'Istituto Postelegrafonici provvede,
"per quanto di competenza e secondo la normativa vigente", alla liquidazione ed a! pagamento delle
pensioni e dell'indennità di buonuscita maturata fino al 31 dicembre 1997.
Attraverso il coordinamento delle disposizioni richiamate è possibile individuare, a seguito della cd.
privatizzazione del rapporto di lavoro, successive discipline dei termini di erogazione della buonuscita in
favore del personale delle Poste, applicabili ratione temporis con riferimento alla data di cessazione del
rapporto di lavoro:
a) durante il periodo compreso fra la trasformazione dell'Amministrazione delle P.T. in E.P.I. e l'entrata in
vigore del d.l. n. 79/97 (ovverossia dall'1-1-94 al 28-3-97) si applica il termine di 90 giorni previsto dall'art. 7
della legge n. 75/1980;
b) per il periodo successivo dell'anno 1997 e cioè dal 29 marzo fino al 30 giugno 1997, per i dipendenti
cessati entro tale termine, si applica, ma solo dal 1.1.1998, il termine di tre mesi, decorso il quale sono
dovuti gli interessi ( vedi terzo comma art 3 cit)
c) in generale, al di fuori dei casi prima contemplati, si applica il termine previsto dal secondo comma dell'art.
3 del d.l. 79/97 (sei mesi per la liquidazione e tre mesi per l'erogazione);
d) dal 28.2.1998 essendosi la buonuscita trasformata in trattamento di fine rapporto a norma dell'art. 53,
comma 6°, della legge 27-12-97 n. 449, trova applicazione l'art. 2120 c.c. mentre per il periodo precedente
compete la indennità di buonuscita maturata ratione temporis, calcolata secondo la normativa vigente prima
della data predetta. Nella fattispecie in esame si tratta di un rapporto di lavoro risolto in data 31.7.2002,
rientrante nella terza delle ipotesi formulate, per cui il diritto agli interessi sarebbe sorto solo dopo il vano
decorso del termine complessivo di nove mesi dalla cessazione. Deve brevemente aggiungersi che non
6. rileva, ai fini in esame, che dal 1.3.1998 trovi applicazione l'articolo 2120 c.c., ovvero che dal 1.1.2000 (
secondo anno dalla trasformazione in società per azioni dell'Ente Poste) sia stata soppressa la gestione
separata istituita in seno all'IPOST per l'erogazione della indennità di buonuscita spettante dal 1.8.1994 al
personale dell'ente.
Trattasi, invero, di vicende che certamente incidono sulle modalità di computo del trattamento da erogare
ovvero attengono al subentro della Gestione Commissariale, ma non concernono il termine in questione, del
quale deve ritenersi la persistente vigenza, tenuto conto della peculiare vicenda di trasformazione che
consente una disciplina differenziata, rispetto al rapporto di lavoro privato, senza che possano ravvisarsi, in
proposito, profili di incostituzionalità. E' bene, infatti, a questo punto ricordare che il secondo comma
dell'art.3 del di 79/97 convertito in legge 140/97 dispone che il termine di sei mesi per la liquidazione e quello
di tre mesi per la erogazione si applicano in caso di liquidazione dei trattamenti di fine servizio "
COMUNQUE DENOMINATI " per il solo fatto che si tratti di "analoghe prestazioni" erogate dall'Istituto
Postelegrafonici. In breve, il termine non è legato alla natura od alla denominazione del trattamento di fine
rapporto o di fine servizio bensì alla natura del soggetto che lo eroga da identificarsi, per quel che concerne i
dipendenti postali, nell'Istituto Postelegrafonici ovvero, per il periodo successivo alla soppressione della
gestione separata, istituita in seno all'Istituto, nella Gestione Commissariale, che, dal 1.1.2000, cura il
trasferimento alla società "Poste Italiane" del patrimonio della gestione e di tutti i rapporti attivi e passivi ad
essa facenti capo ( art. 3 comma 6 legge 449/97)
A conforto di quanto detto vale richiamare giurisprudenza di questa Corte, che ha sancito che per i
dipendenti postali cessati dal servizio dopo il 28 febbraio 1998, il pagamento dell'indennità di buonuscita è
soggetto al termine dilatorio di mesi tre e quindici giorni previsto dall'art. 3 del d.l. n. 79 del 1997, convertito
con modificazioni, nella legge n. 140 del 1998, dovendosi ritenere - in relazione alla natura pubblica
dell'IPOST, preposto per legge al pagamento della quota di trattamento di fine rapporto, costituita
dall'indennità di buonuscita maturata alla data del 28 febbraio 1998, in esito ad un formale procedimento di
liquidazione (nella specie, trasmissione della documentazione da parte del datore di lavoro e verifica dei
legittimati a ricevere il pagamento) - sussistenti i presupposti previsti dalla normativa per la sua applicazione,
senza che siano fondati i dubbi di legittimità rispetto all'art. 3 Cost., tenuto conto della peculiarità della
vicenda del rapporto di lavoro dei dipendenti postali, il cui datore di lavoro si è trasformato da
amministrazione statale ad ente pubblico autonomo fino ad assumere la forma di società per azioni, e della
persistenza, sia pure pro-quota, del precedente sistema della buonuscita in ragione della pregressa natura
pubblica del datore (Cass. 6.8.09 n. 17987).
In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto
della domanda di ricalcolo dell'indennità di buonuscita.
Le spese dei giudizi di merito, attesa la natura della questione e la sua complessità e tenuto conto del
consolidarsi della giurisprudenza di legittimità richiamata dopo la sentenza d'appello, possono essere
compensate tra le parti, laddove quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e sono liquidate
in dispositivo.
P.Q.M.
7. Così provvede:
- accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al
ricorso introduttivo; compensa tra le parti te spese di lite dei gradi di merito e condanna Z.S.P. al pagamento
delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in euro 1500,00 per compensi professionali, oltre accessori
di legge, nonché in euro 50,00 per esborsi.