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12MESI
GIUGNO 2011
di ANTONIO PANIGALLI “TAO”
DELLA DECRESCITA DEL PIL
O
spite a Bologna della fa-
coltà di Agraria, Serge
Latouche ha tenuto una
conferenza sul tema “Il
tao della decrescita”; lo scorso febbraio
è uscito in Italia anche il suo ultimo li-
bro dal titolo Come si esce dalla società
dei consumi (Bollati Boringhieri, Torino
2011, p. 203, 16 ¤), le cui conclusioni
si intitolano, appunto, il tao (sentiero)
della decrescita.
Considerato il “guru” della teoria della
decrescita, economista antropologi-
co, professore emerito dell’Universi-
tà di Parigi, esponente di spicco del
Movimento Anti-Utilitarista (Mauss,
www.revuedumauss.com), Latouche
è sostenitore dell’idea di “de-crescita
pianificata”, ovvero dell’importanza di
abbandonare la “fede cieca” nella infi-
nita crescita economica, intesa sempli-
cemente come aumento indiscriminato
dei consumi e del Pil procapite (non
equamente ripartibile).
Uno dei capitoli del libro (p.165) inizia
con l’affermazione azzardata: “La crisi
finalmente è arrivata!”. Il fatto è che La-
touche sostiene che la crisi, dopo quella
petrolifera, non è mai finita né mai più
finirà; egli appartiene a quella cerchia di
intellettuali che è convinta che la società
occidentale stia marciando “felicemente”
verso il disastro eco-sostenibile in quanto
il modello di vita occidentale, iperconsu-
mista, siccome il pianeta è come un siste-
ma a vasi comunicanti, non può essere ge-
neralizzato ai quasi 7 miliardi di persone
chelopopolano.Occorredunque,penala
catastrofe,un’inversionedirotta!?
Secondo Latouche e gli altri intellettuali
del Mauss (con buona probabilità filo
socialisti, ma sicuramente anti marxisti)
bisogna avere il coraggio di pianificare
l’abbandono di una società dei consumi
retta su tre contradditori pilastri:
1) il marketing e la pubblicità come di-
spositividiproduzionediunacontinua
insoddisfazioneversociòchesiha;
2) ilsistemadelcreditoaiconsumiperil
mero fine dell’espansione dei consu-
mi (anzi Latuoche teorizza l’introdu-
zione delle monete complementari e
il ritorno al baratto);
3) un sistema di produzione iper-consu-
mistico che programma l’obsolescenza
di beni, ovvero che stabilisce in antici-
po il ciclo di vita dei prodotti, così da
pianificarnelacontinuasostituzione.
L’attuale modello di crescita “è uscito
dai pozzi di petrolio e, con i pozzi di pe-
trolio, si fermerà”.
Checos’èdunquela“decrescita”?Secon-
do Latouche “la decrescita è semplice-
mente un trend dietro il quale si raggrup-
pano quelli che hanno il coraggio di una
critica radicale dello sviluppo allo status-
quo e vogliono contribuire nel delineare i
contornidiunprogettoalternativo”.
Dopo le crisi degli anni ’70 (petrolio)
e le recenti ripetute crisi finanziarie, si
tratta di iniziare a considerare le ester-
nalizzazioni negative dell’attuale siste-
ma economico e di costruire progressi-
vamente delle alternative.
Per dare concretezza a questo program-
ma Latouche propone la teoria delle R:
1) Ritrovare una “impronta ecologica”
sostenibile;
2) Ridurre i trasporti (privati);
3) Rilocalizzare le attività (nel senso di
progettare filiere corte);
4) Restaurare l’agricoltura contadina;
5) Ridurre i tempi di lavoro, trasformare
gliincrementidiefficienzaproduttiva;
6) Rilanciare la produzione di “beni re-
lazionali”;
7) Ridurre lo spreco di energia (fino ad
un quarto dei consumi attuali quasi
esclusivamente con risparmio ed ef-
ficientazione);
8) Restringere fortemente lo “spazio”
della pubblicità;
9) Riorientarelaricercatecnoscientifica;
10) Riappropriarsi del denaro (tramite
“monete locali” e “monete comple-
mentari”).
In sintesi, maggiore attenzione all’am-
biente e alla socialità, minore autonomia
dell’economia sulla società.
Siccome alcuni esempi di autonomia
energetico/alimentare sono di fatto in
atto, sarebbe opportuno interrogarsi
sulla realizzabilità su scala dimensionale
più allargata delle idee di Latouche, che
lui stesso definisce di utopismo-concre-
tizzabile e che tendono al ricondurre la
scienza economica al ruolo subordinato
alla sfera socio/politica e non al fine uti-
litaristico del sistema finanziario. Molti
lo giudicano un pazzo, soprattutto a
sinistra; altri, sempre a sinistra “e non
solo”, lo considerano un profeta.
In sintesi, né rilancio dei consumi né au-
steritàimposta,perattuareilcambiamen-
to ci vuole una rivoluzione culturale che
inneschi inevitabilmente una rivoluzione
reale, perché è inutile cambiare il softwa-
re se non si cambia anche l’hardware.
La strada della decrescita ha molto in
comune con la filosofia zen, da qui l’idea
di usare lo slogan Il tao della decrescita
come sottotitolo per l’incontro: si può
arrivare alla felicità solo se si sa limitare
i propri bisogni e i propri desideri (una
condivisa austerità frugale di felice be-
nessere comune), perché la libertà del
singolo finisce dove inizia quella altrui.
Oltre a quella zen sono molte le filoso-
fie, le culture e le correnti di pensiero
che la pensano in questo modo; così la
decrescita può essere interpretata non
come la sola alternativa, quanto piut-
tosto come una matrice di alternative,
differenti nei modi ma uguali nell’o-
biettivo.
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  • 1. 12MESI GIUGNO 2011 di ANTONIO PANIGALLI “TAO” DELLA DECRESCITA DEL PIL O spite a Bologna della fa- coltà di Agraria, Serge Latouche ha tenuto una conferenza sul tema “Il tao della decrescita”; lo scorso febbraio è uscito in Italia anche il suo ultimo li- bro dal titolo Come si esce dalla società dei consumi (Bollati Boringhieri, Torino 2011, p. 203, 16 ¤), le cui conclusioni si intitolano, appunto, il tao (sentiero) della decrescita. Considerato il “guru” della teoria della decrescita, economista antropologi- co, professore emerito dell’Universi- tà di Parigi, esponente di spicco del Movimento Anti-Utilitarista (Mauss, www.revuedumauss.com), Latouche è sostenitore dell’idea di “de-crescita pianificata”, ovvero dell’importanza di abbandonare la “fede cieca” nella infi- nita crescita economica, intesa sempli- cemente come aumento indiscriminato dei consumi e del Pil procapite (non equamente ripartibile). 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Per dare concretezza a questo program- ma Latouche propone la teoria delle R: 1) Ritrovare una “impronta ecologica” sostenibile; 2) Ridurre i trasporti (privati); 3) Rilocalizzare le attività (nel senso di progettare filiere corte); 4) Restaurare l’agricoltura contadina; 5) Ridurre i tempi di lavoro, trasformare gliincrementidiefficienzaproduttiva; 6) Rilanciare la produzione di “beni re- lazionali”; 7) Ridurre lo spreco di energia (fino ad un quarto dei consumi attuali quasi esclusivamente con risparmio ed ef- ficientazione); 8) Restringere fortemente lo “spazio” della pubblicità; 9) Riorientarelaricercatecnoscientifica; 10) Riappropriarsi del denaro (tramite “monete locali” e “monete comple- mentari”). In sintesi, maggiore attenzione all’am- biente e alla socialità, minore autonomia dell’economia sulla società. 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