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OPINIONI
I
l nostro sistema paese galleg-
gia in un palese stato di crisi
che non è solo quella dei titoli
e titoloni economici dell’ulti-
ma ora, ma un più diffuso disagio che,
se non intercettato e contingentato,
nelle sue innumerevoli componenti e
sfaccettature sociali e strutturali, può
condurre a un pericoloso, magari defi-
nitivo, declino sociale, politico, cultu-
rale poi difficilmente contrastabile e/o
recuperabile.
Nei suoi corsi e ricorsi la storia sta ulti-
mamente registrando un nuovo vigore
anche dell’antico conflitto tra i macro
poteri istituzionali e registra inoltre la
sempre più pervasiva presenza di un
“potere trasversale” quale quello eco-
nomico, al quale gli altri “poteri civili”
dovrebbero essere assolutamente im-
permeabili.
Uno dei cardini dello stato moderno,
introdotti da pensatori quali Monte-
squieu basandosi sull’analisi delle isti-
tuzioni inglesi e della loro evoluzione
nel corso del XVII e del XVIII secolo,
distingue “in modo marcato” il potere
legislativo da quello esecutivo e giudi-
ziario.
La dizione “potere” implica il pieno
esercizio di diritti conferiti ad un or-
gano dello Stato, senza alcuna interfe-
renza, ingerenza o condizionamento
da parte di altri organi dello Stato o di
terze parti.
La Costituzione Italiana, entrata in
di ANTONIO PANIGALLI POTERI E...
CONSEGUENZE
vigore il 1° gennaio 1948, ha stabili-
to i principi istituzionali cui i massimi
organi dello Stato devono attenersi e
che sono quelli classici delle demo-
crazie liberali, fondati cioé sulla netta
distinzione e indipendenza tra i poteri
istituzionali: il legislativo, l’esecutivo e
il giudiziario.
Il primo comma dell’art. 104 della Co-
stituzione dispone che “La magistra-
tura costituisce un ordine autonomo
e indipendente da ogni altro potere”,
ma, nel 1966, Aldo Moro modificò la
sezione disciplinare dei provvedimen-
ti a carico dei magistrati introducendo
nella sua composizione tre componenti
eletti dal parlamento.
L’articolo 68 della Costituzione pre-
vede che un parlamentare, nel periodo
in cui svolge le sue funzioni, sia circon-
dato da una garanzia di impunibilità,
valida fino al termine del proprio man-
dato, quando il deputato o il senatore
terminano il loro mandato perdono il
diritto all’immunità e tornano a esse-
re come tutti gli altri cittadini, quindi
perseguibili per i reati eventualmente
commessi, ma dal 1993 fu modificato
dopo le note vicende di Mani pulite.
Proprio per quanto riguarda l’interpre-
tazione dell’art. 68 si è potuto riscon-
trare infatti, come diverse sono state
nel tempo le posizioni della dottrina; si
sono avute posizioni che hanno ristret-
to al massimo l’ambito di applicazione
della norma costituzionale e interpre-
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tazioni che tendevano ad estenderla;
può sembrare banale ma è necessario
mettere subito in chiaro la ratio di que-
sto importante istituto, soprattutto agli
occhi di chi, non conoscendo la mate-
ria, tende immediatamente (come quasi
tutti noi) a porsi in contrasto anche con
la sola idea di immunità, concependo-
la come un inutile ed antidemocratico
privilegio che il Parlamento si è auto
concesso solo per soddisfare interessi
ed esigenze dei suoi componenti.
Praticamente in tutti i paesi civili e
democratici, a reale tutela della “gens
publica” e dello Stato è utilizzato uno
dei due seguenti sistemi. Il potere le-
gislativo ha una sorta di jus/veto sul
potere giuridico, che quindi “non” è
assolutamente indipendente e in que-
sto caso sono quasi totalmente annulla-
te le immunità di sorta sia per il potere
legislativo che per quello esecutivo.
In alternativa, il potere giuridico è as-
solutamente indipendente (come nel
belpaese) ed apolitico (come dovrebbe
essere nel belpaese) e in questo caso,
nella stragrande maggioranza dei pae-
si, è previsto l’istituto della immunità
parlamentare.
Non voglio pronunciarmi su quale delle
due soluzioni sia la migliore, ma riten-
go sia assolutamente necessaria una ri-
flessione sulla atipica attuale situazione
italiana, che limita specularmente sia
l’autonomia del Parlamento sia quella
della Magistratura.
12MESI
NOVEMBRE 2009