1. L
e due crisi economiche più
pervasive nell’epoca dell’eco-
nomia moderna, quella del
’29 e quella di oggi, rappre-
sentano comunque anche molti aspetti
disomogenei: nel ‘29 l’indebitamento
dello Stato e delle famiglie americane
“non” era mastodontico, i titoli atipici
e l’economia di carta straccia non era-
no ancora stati inventati e “non” vi fu
un pronto intervento statalista in favo-
re dell’economia finanziaria. Ma, nel
’29, quando la globalizzazione ancora
“non” esisteva e neppure esistevano le
attuali tecnologie ICT che annullano le
distanze ed i fusi orari, una crisi partita
dall’America in pochi anni investì con
atipica similitudine tutto il mondo ca-
pitalista di allora, dalla Gran Bretagna
alla Francia, dalla Germania all’Italia,
così come sta accadendo oggi anche in
Italia, come in America e nel resto dei
paesi occidentali, il Pil nazionale crollò
di molti punti ed impiegò almeno una
decina di anni per tornare ai valori reali
ante-crisi del 1930.
Oggi, oltre agli “illustri” fallimenti
d’oltreoceano già conclamati ed ai diffu-
si malesseri sull’economia reale, alcuni
nefasti risultati già si misurano sugli
indici delle borse mondiali che hanno
mediamente staccato un segno negativo
di fine d’anno intorno al 50% . I fattori
scatenanti sono probabilmente diversi,
ma, la causa strutturale che, allora come
oggi, trasforma un normale periodo di
recessione in una crisi, è, a detta della
maggioranza degli economisti, la stessa
e cioè la sperequativa distribuzione del-
la ricchezza.
Un fenomeno simile si è verificato a par-
tire dai rampanti anni Ottanta: la disu-
guaglianza è cresciuta di quasi sei punti
in venti anni, tra gli Ottanta e il 2000,
proprio come negli anni del Big Crash.
Il prof. Ravi Batra e il Nobel Lester
Thurow così descrivono le macro-cause
strutturali del Big Crash: « Primo, quan-
do il numero di persone con scarso red-
dito cresce, aumenta anche il numero di
Bad Credits concessi dalle banche ed il
conseguente rischio di fallimento delle
stesse; secondo effetto della concen-
trazione di ricchezza è l’aumento degli
investimenti speculativi. Quando una
persona si arricchisce, diminuisce la sua
avversione al rischio e cresce la propen-
sione a profitti più veloci. Ciò implica
l’acquisto di asset e beni per rivenderli a
di ANTONIO PANIGALLI
UNA CRISI, TANTIVOLTI
“Una crisi partita
dall’America
in pochi anni
investì, con atipica
similitudine, tutto il
mondo capitalista di
allora”.
fini speculativi e non più a fini produtti-
vi. Si aggiunga che la febbre speculativa
colpisce anche investitori “non ricchi” e
il risultato sono le “bolle” immobiliari e
finanziarie che poi esplodono; un terzo
effetto della concentrazione di ricchez-
za è il calo della domanda da parte delle
masse».
Hanno qualcosa in comune la Grande Crisi del ’29
e il terremoto economico-finanziario che stiamo attraversando?
Su scala mondiale, probabilmente buona parte del problema
è attribuibile a una elevata scompensazione nella distribuzione
della ricchezza.
Quota di ricchezza nazionale
USA detenuta dall’1%
delle famiglie (%)
LE CIFRE
ANNO %
31,6
36,3
20,8
31,6
34,3
37,0
40,0
1922
1929
1949
1963
1983
1990
2000
9
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12MESI
MAGGIO 2009