Secondo Kabat-Zinn (1999), la Mindfulness non può avere altro significato se non quello di porre attenzione al momento presente in modo consapevole e non giudicante. La consapevolezza emerge dall’essere desti e vigili, nella comprensione del proprio comportamento qui ed ora. La tendenza dell’essere umano è quella di creare delle profezie o fantasie su un momento futuro ed eventuale, tuttavia non rientra nelle capacità umane il poter predire l’andamento reale delle cose. In questa azione di previsione del futuro, ciò che è presente diventa passato e di conseguenza non viene vissuto. Le persone possono arrivare a farsi scorrere la vita davanti, cullandosi e costringendosi nel passato o sperando che giungano determinate variabili a cambiargli il destino fantasticato. Il momento è difficile da cogliere, ma è indispensabile all’individuo affinché comprenda di essere immerso in un continuo cambiamento, in balia di cause e condizioni, e che il vivere è legato all’attimo (Kabat-Zinn, 2005). Secondo Kabat-Zinn (2005) questa consapevolezza, non è altro che attenzione intenzionale, rivolta ad oggetti che diversamente nemmeno noteremmo. La mindfulness, sostanzialmente, è l’insegnamento all’essere vigili, che si può acquisire grazie alla pratica della stessa. Tale tecnica attraverso un meccanismo sistematico, ha la capacità di poter far affiorare nel praticante, uno stato di chiara consapevolezza. Ciò può avvenire sia grazie a pratiche formali di mindfulness come: il body scan, la meditazione seduta, la meditazione mindful; che informali, nell’attenzione quotidiana al presente (Crane, 2012). La consapevolezza è il prodotto di quello che è concentrazione ed attitudine; ovvero l’esercizio alla presenza. La pratica meditativa mindful concerne quella dinamicità grazie alla quale il risultato nell’operante sia una quieta attenzione discernente e non reattiva, centrata sull’assenza di giudizio e nell’osservazione di ciò che si presenta momento per momento. La profondità dell’attenzione è nella sua durevolezza, differentemente dall’attenzione abituale che viene continuamente spostata da stimolo a stimolo (Shapiro, Carlson, 2013). Tuttavia nella pratica della mindfulness non basta essere capaci di porre attenzione, ma è essenziale la qualità della concentrazione che viene prestata. Di fronte ad un evento, anche portatore di dolore, il soggetto deve essere chiamato a viverlo con curiosità, nell’ascolto di ciò che in lui provoca; sia da un punto di vista psichico che fisico. L’apertura è determinata come quella capacità di comprendere i propri movimenti interni e per questo accettarli. Infine, l’ultima capacità richiesta è quella dell’amore nei propri riguardi. La gentilezza nei propri confronti è il passo che dà l’energia necessaria a superare quei pattern lesivi che si innescano nelle condizioni di difficoltà, (Siegel, 2009).