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ma anche un mercato che ha fatto re-
gistrare tassi di crescita nella domanda
interna particolarmente significativi.
Negli ultimi 8 anni la domanda inter-
na di prodotti biologici è aumentata a
un tasso annuo medio dell’8,2% quan-
do la domanda di prodotti alimentari è
cresciuta mediamente dell’1,4% annuo.
A questo proposito basti riflettere sul
fatto che nei primi 5 mesi del 2014 la
domanda interna è cresciuta del 17,3%
mentre la domanda in prodotti alimen-
tari è, purtroppo, diminuita dell’1,4%. Il
nostro Paese ha ancora un bacino im-
portante a livello produttivo non anco-
ra del tutto sfruttato in quanto il 47,7%
della superficie a biologico è costituita
di prati, prati-pascoli e foraggere a cui
non corrispondono un’analoga consi-
stenza zootecnica; si tratta spesso di
superfici estensive convertite a biolo-
gico con lo scopo di intercettare i con-
tributi pubblici che nell’ambito dei Pia-
ni di sviluppo rurale e nelle loro varie
misure sono destinati a coloro che in-
troducono e mantengono il metodo di
produzione biologica.
Settore zootecnico
Entrando un po’ più nel dettaglio dei
consumi biologici, se i consumi interni
nel 2013, rispetto al 2012 avevano un tas-
so negativo rispetto all’incremento com-
plessivo del paniere del 6,9%, nei primi
5 mesi di quest’anno il tasso per la ca-
tegoria delle carni fresche e trasforma-
te schizzava all’11,3% e quella dei pro-
dotti lattiero caseari si collocava al 3,2%
(tabella 1).
La differenza di tasso di crescita è
funzione anche del fatto che la catego-
ria dei lattiero caseari incideva nel 2012
e nel 2013 rispettivamente per il 15,5%
e 19% mentre quella delle carni rappre-
sentava l’1,2% e l’1,7%. Già da questi pri-
mi dati si può notare come l’aggrega-
to dei consumi in prodotti animali sia
piuttosto sostenuto per i lattiero-ca-
seari e molto meno per le carni riflet-
Standard e prospettive
per la zootecnia da latte bio
di Fabrizio Piva
L’agricoltura biologica fonda la
propria essenza, ben prima
dell’emanazione del primo
regolamento comunitario
(2092/91), sulla fertilità del suolo; non
a caso nei Paesi anglosassoni si chiama
«agricoltura organica». La fertilità del
suolo è il risultato di un corretto avvi-
cendamento colturale, di sistemazioni
e lavorazioni che ne rispettano struttu-
ra, tessitura, umidità e condizioni ot-
timali per la microflora e microfauna
dei terreni, ma soprattutto deriva dal-
la fertilizzazione che nel biologico pre-
vede l’utilizzo della sostanza organica.
L’Italia del bio
A livello mondiale il biologico, nel
2012, ha raggiunto 37,5 milioni di et-
tari e 1,9 milioni di produttori con un
fatturato di 64 milioni di dollari. Sul
piano della produzione, il nostro Paese
ha fatto registrare, anche nel corso del
2013, un buon andamento della produ-
zione toccando 1.317.177 ettari con un
incremento sul 2012 del 12,8%, mentre
il numero degli operatori coinvolti è sta-
to di 52.383 con un aumento del 5,4%, di
questi 46.229 sono produttori agricoli.
Numeri che fanno dell’Italia uno dei
primi Paesi a livello mondiale, non so-
lo come Paese tipicamente produttore
ma anche come fornitore di prodotti
agroalimentari di qualità, questo no-
nostante il ritmo di crescita degli ul-
timi 13 anni non sia in linea con il li-
vello di crescita a livello mondiale sia
in termini di produzione che di consu-
mo, infatti l’incidenza della superficie
biologica italiana su quella europea
è passata dal 2006 al 2013 rispetti-
vamente dal 17 all’11%. Questo testi-
monia come nei Paesi europei, ove il
consumo di prodotti biologici è più in-
tenso, la superficie dedicata al biologi-
co sia cresciuta a ritmi più sostenuti.
L’Italia, però, in questi ultimi 10 anni
non è più solamente un Paese produtto-
re ed esportatore di prodotti biologici,
● ALIMENTAZIONE, STABULAZIONE, COSTI DI PRODUZIONE
In Italia, nonostante oltre 1,3 milioni di ettari
dedicati al biologico, non vi è disponibilità di mais
e soia bio e questo per gli allevamenti implica
il ricorso a importazioni con costi tripli di acquisto.
È necessario investire nel settore delle materie
prime per l’alimentazione e favorirne la disponibilità
per le filiere zootecniche
28 4/2015supplemento a L’Informatore Agrario •
ZOOTECNIA BIOLOGICA
© 2015 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l.
tendo, almeno in parte, la crescita dei
consumi vegetariani e vegani che in
taluni casi viene abbinata, non sempre
correttamente, al biologico.
La scarsa consistenza della zootecnia
biologica è facilmente desumibile dai
dati Sinab che, solo a titolo di esempio,
danno al 31-12-2013 una consistenza in
bovini «biologici» pari a 231.641, con un
incremento rispetto al 2012 del 13,6%,
su una consistenza nazionale comples-
siva di 5,6 milioni di capi; analogamen-
te i suini biologici censiti ammontavano
a 43.318, con un incremento rispetto al
2012 dell’1%, su una consistenza nazio-
nale pari a 8,9 milioni di capi.
Quali sono le motivazioni e le pro-
spettive della zootecnia biologica in
un quadro di domanda di mercato
positiva? Buona parte delle risposte a
questa domanda risiedono nei vincoli
posti dalla legislazione abbinati a una
struttura produttiva che caratterizza il
nostro Paese.
Zootecnia biologica
da latte
Focalizzando la nostra analisi alla zoo-
tecnia da latte, il metodo biologico sta-
bilisce che gli animali devono essere
biologici fin dalla nascita a eccezione
degli animali inseriti in allevamento
come riproduttori in fase di prima co-
stituzione o mantenimento in assenza
di riproduttori biologici.
Le superfici coperte e scoperte devo-
no avere spazi minimi a seconda delle
specie così come riportato nell’allega-
to III dello stesso regolamento; per una
vacca da latte devono essere disponi-
bili almeno 6 m2
/capo come superficie
coperta e 4,5 m2
/capo come superficie
scoperta atta al movimento. Tutti gli
animali devono avere libero accesso a
spazi all’aperto, quando le condizioni
climatiche lo consentono, e i ruminanti
devono aver accesso al pascolo a ecce-
zione del periodo invernale pur potendo
accedervi quando consentito dal clima.
Un ulteriore vincolo che definisce il
metodo biologico e incide sul costo di
produzione è costituito dal fatto che
ogni Uba (Unità bovina adulta) deve
avere la disponibilità di almeno 2 etta-
ri di superficie biologica, da cui deriva
il concetto che nel biologico non è am-
messo l’allevamento senza terra. Que-
sta superficie può far parte della stessa
azienda dell’allevamento o in un com-
prensorio definito di più aziende biolo-
giche nell’ambito della stessa regione,
nonostante il concetto di regione non
sia stato definito in ambito comunitario.
Tale superficie serve a supportare le
necessità alimentari e lo spandimen-
to dei reflui zootecnici il cui azoto de-
rivante non può superare i 170 kg/ha
di azoto distribuito. In aggiunta, nella
stessa azienda non è possibile alleva-
re la stessa specie biologica e conven-
zionale, è possibile allevare specie di-
verse a condizione che ciò avvenga in
unità produttive ben distinte. Sul piano
dell’alimentazione gli erbivori devono
ricevere il 60% della sostanza secca
della razione dalla superficie del mede-
simo allevamento o dal comprensorio.
Gestione degli alimenti
Per gli erbivori almeno il 60% della ra-
zione deve provenire da foraggi freschi,
grossolani, essiccati o insilati, almeno
per il 50% nel caso degli animali da latte
nei primi tre mesi dall’inizio della latta-
zione. Gli alimenti in conversione (primi
due anni dall’inizio dell’applicazione del
metodo biologico) possono essere utiliz-
zati fino a un massimo del 30% della s.s.
(sostanza secca) della razione su base
annua e per il 100% se provengono dal-
la medesima azienda, mentre la quota
di alimenti che non ha ancora superato
il primo anno di conversione possono
essere inclusi nella razione fino al 20%.
Se si dovessero mescolare prodotti «in
conversione» e non ancora convertiti, la
percentuale massima sulla razione an-
nua è del 30% in sostanza secca.
Nonostante oltre 1,3 milioni di ettari
dedicati al biologico non vi è disponi-
bilità di mais e soia biologici e questo
costringe al ricorso a importazioni con
costi delle materie prime tripli rispetto
agli analoghi convenzionali; si riesce a
garantire il 50-60% della sostanza secca
in materia di fibra e di parte dei carboi-
drati ma le fonti proteiche e il mais deve
essere acquistato all’esterno.
Purtroppo il prezzo del latte biologi-
co non riesce a coprire tale incremen-
to dei costi. Anche quando fossimo in
pianura e potessimo usare, per il latte
alimentare o per prodotti che prevedo-
no il ricorso a insilati, questi ultimi con
rese che si avvicinano al prodotto con-
venzionale, i prezzi del latte biologico
(che a settembre quotavano intorno ai
0,53 euro/L, con tendenza a fine anno ai
0,50 euro/L) riducono il margine econo-
mico vicino allo zero; di certo inferiore a
quello del latte convenzionale che, pur
quotando 0,40 euro/L, ha costi alimen-
tari e di produzione ben più contenuti.
Paradossalmente un mercato in cre-
scita, caratterizzato da un prezzo più
alto, non riesce a coprire costi di pro-
duzione troppo elevati e causati da una
filiera delle materie prime fortemente
deficitaria.
È necessario investire nel settore delle
materie prime per l’alimentazione onde
favorire la disponibilità delle stesse a un
prezzo ragionevole per le filiere zootec-
niche e, così, limitare il ricorso alle im-
portazioni caratterizzate da seri rischi
di non conformità o, peggio, di frode.
Fabrizio Piva
Ccpb srl
TABELLA 1 - Acquisti domestici di prodotti biologici confezionati
presso la gdo (per categoria)
Categoria
Var. (%)
2013-2012
Var. (%)
gen.-mag. 2013/
gen.-mag. 2014
Incidenza
2013 (%)
Incidenza
2012 (%)
Totale prodotti bio confezionati 6,9 17,4 100,00 100,00
Lattiero-caseari –0,9 3,2 19,0 15,5
Carni fresche e trasformate –1,5 11,3 1,7 1,2
Fonte: Nomisma - Ismea.
Nel 2013, rispetto al 2012, il tasso di crescita del latte e della carne bio è stato
negativo. Nei primi 5 mesi del 2014 il tasso delle carni fresche e trasformate
è schizzato all’11,3% e quella dei prodotti lattiero caseari al 3,2%.
Per commenti all’articolo, chiarimenti
o suggerimenti scrivi a:
redazione@informatoreagrario.it
I numeri del «bio»
in Italia
+12,8% aumento della produzione
italiana nel 2013 su 2012
+8,2% tasso di crescita annuo
degli ultimi 8 anni
di prodotti biologici
+13,6% di bovini biologici nel 2013
rispetto al 2012
+11,3% aumento del consumo
di carne fresca nei primi
5 mesi del 2014
29• supplemento a L’Informatore Agrario4/2015
© 2015 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l.
Tutti i diritti riservati, a norma della Legge sul Diritto d’Autore e le sue
successive modificazioni. Ogni utilizzo di quest’opera per usi diversi da
quello personale e privato è tassativamente vietato. Edizioni L’Informatore
Agrario S.r.l. non potrà comunque essere ritenuta responsabile per eventuali
malfunzionamenti e/o danni di qualsiasi natura connessi all’uso dell’opera.
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Latte biologico: CCPB su Informatore Agrario

  • 1. ma anche un mercato che ha fatto re- gistrare tassi di crescita nella domanda interna particolarmente significativi. Negli ultimi 8 anni la domanda inter- na di prodotti biologici è aumentata a un tasso annuo medio dell’8,2% quan- do la domanda di prodotti alimentari è cresciuta mediamente dell’1,4% annuo. A questo proposito basti riflettere sul fatto che nei primi 5 mesi del 2014 la domanda interna è cresciuta del 17,3% mentre la domanda in prodotti alimen- tari è, purtroppo, diminuita dell’1,4%. Il nostro Paese ha ancora un bacino im- portante a livello produttivo non anco- ra del tutto sfruttato in quanto il 47,7% della superficie a biologico è costituita di prati, prati-pascoli e foraggere a cui non corrispondono un’analoga consi- stenza zootecnica; si tratta spesso di superfici estensive convertite a biolo- gico con lo scopo di intercettare i con- tributi pubblici che nell’ambito dei Pia- ni di sviluppo rurale e nelle loro varie misure sono destinati a coloro che in- troducono e mantengono il metodo di produzione biologica. Settore zootecnico Entrando un po’ più nel dettaglio dei consumi biologici, se i consumi interni nel 2013, rispetto al 2012 avevano un tas- so negativo rispetto all’incremento com- plessivo del paniere del 6,9%, nei primi 5 mesi di quest’anno il tasso per la ca- tegoria delle carni fresche e trasforma- te schizzava all’11,3% e quella dei pro- dotti lattiero caseari si collocava al 3,2% (tabella 1). La differenza di tasso di crescita è funzione anche del fatto che la catego- ria dei lattiero caseari incideva nel 2012 e nel 2013 rispettivamente per il 15,5% e 19% mentre quella delle carni rappre- sentava l’1,2% e l’1,7%. Già da questi pri- mi dati si può notare come l’aggrega- to dei consumi in prodotti animali sia piuttosto sostenuto per i lattiero-ca- seari e molto meno per le carni riflet- Standard e prospettive per la zootecnia da latte bio di Fabrizio Piva L’agricoltura biologica fonda la propria essenza, ben prima dell’emanazione del primo regolamento comunitario (2092/91), sulla fertilità del suolo; non a caso nei Paesi anglosassoni si chiama «agricoltura organica». La fertilità del suolo è il risultato di un corretto avvi- cendamento colturale, di sistemazioni e lavorazioni che ne rispettano struttu- ra, tessitura, umidità e condizioni ot- timali per la microflora e microfauna dei terreni, ma soprattutto deriva dal- la fertilizzazione che nel biologico pre- vede l’utilizzo della sostanza organica. L’Italia del bio A livello mondiale il biologico, nel 2012, ha raggiunto 37,5 milioni di et- tari e 1,9 milioni di produttori con un fatturato di 64 milioni di dollari. Sul piano della produzione, il nostro Paese ha fatto registrare, anche nel corso del 2013, un buon andamento della produ- zione toccando 1.317.177 ettari con un incremento sul 2012 del 12,8%, mentre il numero degli operatori coinvolti è sta- to di 52.383 con un aumento del 5,4%, di questi 46.229 sono produttori agricoli. Numeri che fanno dell’Italia uno dei primi Paesi a livello mondiale, non so- lo come Paese tipicamente produttore ma anche come fornitore di prodotti agroalimentari di qualità, questo no- nostante il ritmo di crescita degli ul- timi 13 anni non sia in linea con il li- vello di crescita a livello mondiale sia in termini di produzione che di consu- mo, infatti l’incidenza della superficie biologica italiana su quella europea è passata dal 2006 al 2013 rispetti- vamente dal 17 all’11%. Questo testi- monia come nei Paesi europei, ove il consumo di prodotti biologici è più in- tenso, la superficie dedicata al biologi- co sia cresciuta a ritmi più sostenuti. L’Italia, però, in questi ultimi 10 anni non è più solamente un Paese produtto- re ed esportatore di prodotti biologici, ● ALIMENTAZIONE, STABULAZIONE, COSTI DI PRODUZIONE In Italia, nonostante oltre 1,3 milioni di ettari dedicati al biologico, non vi è disponibilità di mais e soia bio e questo per gli allevamenti implica il ricorso a importazioni con costi tripli di acquisto. È necessario investire nel settore delle materie prime per l’alimentazione e favorirne la disponibilità per le filiere zootecniche 28 4/2015supplemento a L’Informatore Agrario • ZOOTECNIA BIOLOGICA © 2015 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l.
  • 2. tendo, almeno in parte, la crescita dei consumi vegetariani e vegani che in taluni casi viene abbinata, non sempre correttamente, al biologico. La scarsa consistenza della zootecnia biologica è facilmente desumibile dai dati Sinab che, solo a titolo di esempio, danno al 31-12-2013 una consistenza in bovini «biologici» pari a 231.641, con un incremento rispetto al 2012 del 13,6%, su una consistenza nazionale comples- siva di 5,6 milioni di capi; analogamen- te i suini biologici censiti ammontavano a 43.318, con un incremento rispetto al 2012 dell’1%, su una consistenza nazio- nale pari a 8,9 milioni di capi. Quali sono le motivazioni e le pro- spettive della zootecnia biologica in un quadro di domanda di mercato positiva? Buona parte delle risposte a questa domanda risiedono nei vincoli posti dalla legislazione abbinati a una struttura produttiva che caratterizza il nostro Paese. Zootecnia biologica da latte Focalizzando la nostra analisi alla zoo- tecnia da latte, il metodo biologico sta- bilisce che gli animali devono essere biologici fin dalla nascita a eccezione degli animali inseriti in allevamento come riproduttori in fase di prima co- stituzione o mantenimento in assenza di riproduttori biologici. Le superfici coperte e scoperte devo- no avere spazi minimi a seconda delle specie così come riportato nell’allega- to III dello stesso regolamento; per una vacca da latte devono essere disponi- bili almeno 6 m2 /capo come superficie coperta e 4,5 m2 /capo come superficie scoperta atta al movimento. Tutti gli animali devono avere libero accesso a spazi all’aperto, quando le condizioni climatiche lo consentono, e i ruminanti devono aver accesso al pascolo a ecce- zione del periodo invernale pur potendo accedervi quando consentito dal clima. Un ulteriore vincolo che definisce il metodo biologico e incide sul costo di produzione è costituito dal fatto che ogni Uba (Unità bovina adulta) deve avere la disponibilità di almeno 2 etta- ri di superficie biologica, da cui deriva il concetto che nel biologico non è am- messo l’allevamento senza terra. Que- sta superficie può far parte della stessa azienda dell’allevamento o in un com- prensorio definito di più aziende biolo- giche nell’ambito della stessa regione, nonostante il concetto di regione non sia stato definito in ambito comunitario. Tale superficie serve a supportare le necessità alimentari e lo spandimen- to dei reflui zootecnici il cui azoto de- rivante non può superare i 170 kg/ha di azoto distribuito. In aggiunta, nella stessa azienda non è possibile alleva- re la stessa specie biologica e conven- zionale, è possibile allevare specie di- verse a condizione che ciò avvenga in unità produttive ben distinte. Sul piano dell’alimentazione gli erbivori devono ricevere il 60% della sostanza secca della razione dalla superficie del mede- simo allevamento o dal comprensorio. Gestione degli alimenti Per gli erbivori almeno il 60% della ra- zione deve provenire da foraggi freschi, grossolani, essiccati o insilati, almeno per il 50% nel caso degli animali da latte nei primi tre mesi dall’inizio della latta- zione. Gli alimenti in conversione (primi due anni dall’inizio dell’applicazione del metodo biologico) possono essere utiliz- zati fino a un massimo del 30% della s.s. (sostanza secca) della razione su base annua e per il 100% se provengono dal- la medesima azienda, mentre la quota di alimenti che non ha ancora superato il primo anno di conversione possono essere inclusi nella razione fino al 20%. Se si dovessero mescolare prodotti «in conversione» e non ancora convertiti, la percentuale massima sulla razione an- nua è del 30% in sostanza secca. Nonostante oltre 1,3 milioni di ettari dedicati al biologico non vi è disponi- bilità di mais e soia biologici e questo costringe al ricorso a importazioni con costi delle materie prime tripli rispetto agli analoghi convenzionali; si riesce a garantire il 50-60% della sostanza secca in materia di fibra e di parte dei carboi- drati ma le fonti proteiche e il mais deve essere acquistato all’esterno. Purtroppo il prezzo del latte biologi- co non riesce a coprire tale incremen- to dei costi. Anche quando fossimo in pianura e potessimo usare, per il latte alimentare o per prodotti che prevedo- no il ricorso a insilati, questi ultimi con rese che si avvicinano al prodotto con- venzionale, i prezzi del latte biologico (che a settembre quotavano intorno ai 0,53 euro/L, con tendenza a fine anno ai 0,50 euro/L) riducono il margine econo- mico vicino allo zero; di certo inferiore a quello del latte convenzionale che, pur quotando 0,40 euro/L, ha costi alimen- tari e di produzione ben più contenuti. Paradossalmente un mercato in cre- scita, caratterizzato da un prezzo più alto, non riesce a coprire costi di pro- duzione troppo elevati e causati da una filiera delle materie prime fortemente deficitaria. È necessario investire nel settore delle materie prime per l’alimentazione onde favorire la disponibilità delle stesse a un prezzo ragionevole per le filiere zootec- niche e, così, limitare il ricorso alle im- portazioni caratterizzate da seri rischi di non conformità o, peggio, di frode. Fabrizio Piva Ccpb srl TABELLA 1 - Acquisti domestici di prodotti biologici confezionati presso la gdo (per categoria) Categoria Var. (%) 2013-2012 Var. (%) gen.-mag. 2013/ gen.-mag. 2014 Incidenza 2013 (%) Incidenza 2012 (%) Totale prodotti bio confezionati 6,9 17,4 100,00 100,00 Lattiero-caseari –0,9 3,2 19,0 15,5 Carni fresche e trasformate –1,5 11,3 1,7 1,2 Fonte: Nomisma - Ismea. Nel 2013, rispetto al 2012, il tasso di crescita del latte e della carne bio è stato negativo. Nei primi 5 mesi del 2014 il tasso delle carni fresche e trasformate è schizzato all’11,3% e quella dei prodotti lattiero caseari al 3,2%. Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a: redazione@informatoreagrario.it I numeri del «bio» in Italia +12,8% aumento della produzione italiana nel 2013 su 2012 +8,2% tasso di crescita annuo degli ultimi 8 anni di prodotti biologici +13,6% di bovini biologici nel 2013 rispetto al 2012 +11,3% aumento del consumo di carne fresca nei primi 5 mesi del 2014 29• supplemento a L’Informatore Agrario4/2015 © 2015 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l.
  • 3. Tutti i diritti riservati, a norma della Legge sul Diritto d’Autore e le sue successive modificazioni. Ogni utilizzo di quest’opera per usi diversi da quello personale e privato è tassativamente vietato. Edizioni L’Informatore Agrario S.r.l. non potrà comunque essere ritenuta responsabile per eventuali malfunzionamenti e/o danni di qualsiasi natura connessi all’uso dell’opera. Edizioni L’Informatore Agrario www.informatoreagrario.it