XIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia Romana
Cicerone la prima catilinaria
1. La prima Catilinaria
Cicerone fu un grande oratore grazie soprattutto alla sua competenza
retorica. “L’oratore perfetto è colui che, qualunque sia l’argomento che
dovrà essere illustrato con la parola saprà parlare con cognizione di causa
(inventio), con ordine (dispositio), con eleganza (elocutio), con buona
memoria (memoria) e con una certa dignità di gesti (actio)” .
La retorica è la teoria dell’eloquenza che un oratore deve saper applicare
nelle sue orazioni per essere perfetto.
Caratteristico fu lo stile di Cicerone, che era solito utilizzare il parallelismo
(concinnitas), ovvero coordinazione spesso per asindeto, lessico vario e
alternanza di stili: atticismo (senza artifici retorici), rodiese (moderato) e
asianesimo (magniloquente e barocco).
Esistono diverse classificazioni dell’oratoria: tipo giudiziario (accusa e difesa
nei processi), politico (come comportarsi nelle assemblee) e dimostrativo
(discorsi di lode e biasimo).
Introduzione alla retorica e all’oratoria
2. Le Catilinarie sono quattro orazioni politiche scritte nel 60 a.C. che
scrisse Cicerone per condannare Catilina e i suoi seguaci.
Catilina cercò più e più volte di diventare console, ma dopo le numerose
sconfitte abbracciò la causa della rivoluzione armata, Cicerone dopo
averlo scoperto dichiarò “stato di emergenza” e smascherò Catilina
davanti ai senatori.
Cicerone pronunciò la prima e la quarta orazione davanti al senato, e la
seconda e la terza davanti al popolo.
Vi riportiamo la prima Catilinaria, nella quale Cicerone si scaglia con
veemenza contro Catilina, denunciandone l’aggressività e la prepotenza.
La particolarità di questa orazione risiede nell’exordium ex abrupto, che
consiste nell’eliminazione della parte introduttiva della causa, per
giungere direttamente all’accusa. Inoltre Cicerone utilizza una serie di
interrogative dirette coordinate per asindeto, che creano un ritmo
incalzante per tutta la durata dell’orazione. In più Cicerone accentua
particolarmente la funzione conativa (o persuasiva) con un largo uso
della seconda persona singolare di domande retoriche e di imperativi.
3. “Quo usque tandem”
Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? quamdiu etiam furor iste tuus nos
eludet? quem ad finem sese effrenata iactabit audacia? Nihilne te nocturnum praesidium
Palati, nihil urbis vigiliae, nihil timor populi, nihil concursus bonorum omnium, nihil
hic munitissimus habendi senatus locus, nihil horum ora voltusque moverunt? Patere
tua consilia non sentis, constrictam iam horum omnium scientia teneri coniurationem
tuam non vides? Quid proxima, quid superiore nocte egeris, ubi fueris, quos
convocaveris, quid consilii ceperis, quem nostrum ignorare arbitraris? O tempora, o
mores! Senatus haec intellegit. Consul videt; hic tamen vivit. Vivit? immo vero etiam in
senatum venit, fit publici consilii particeps, notat et designat oculis ad caedem
unumquemque nostrum. Nos autem, fortes viri, satis facere rei publicae videmur, si istius
furorem ac tela vitemus. Ad mortem te, Catilina, duci iussu consulis iam pridem
oportebat, in te conferri pestem, quam tu in nos omnes iam diu machinaris.
Legenda:
• Quo.. quam.. quem = Poliptoto
• Nihil, nihil, nihil… = anafora
• Habendi = Gerundivo con valore finale
• Ora voltusque = endiade
• Tua consilia.. Coniurationem tuam = chiasmo
• Quid.. quid.. quos.. quid.. quem = poliptoto
• O tempora, o mores = accusativi escamativi
• Intellegit.. videt.. vivit = trikolon
• Venit.. Fit.. Notat.. Designat = tetrakolon
• Fortes viri = Ironico riferimento all’inerzia dei senatori
• Furorem ac tela = endiade
4. “Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia
nostra?”
“Fino a che punto, dunque Catilina abuserai della nostra
accondiscendenza?”
Attraverso questa e le succesive domande Cicerone intende
sostenere che la presenza di Catilina in senato, nonostante le sue
trame eversive siano ormai note a tutti, costituisce un
intollerabile affronto.
Abutere = principale (abuteris), interrogativa diretta di tipo
retorico
Patientia nostra = ablativo strumentale retto da abutere.
Essendo plurale si riferisce ai senatori che permettono questo
scempio, e ai cittadini che sono rappresentati dai patres
conscripti.
5. “Quamdiu etiam furor iste tuus nos eludet?”
“Per quanto a lungo codesta tua follia si prenderà gioco di noi?”
Eludet = principale, interrogativa diretta di tipo retorico,
coordinata per asindeto ad “abutere” del periodo precedente
Tuus nos = accostamento antitetico
Furor = accezione negativa sottolineata dallo sprezzante “iste” .
Furor deriva da “furo, is, furere” che significa “essere fuori di se” e
designa uno stato di alienazione mentale.
6. “Quem ad finem sese effrenata iactabit
audacia?”
“Fino a quanto la tua insolenza spadroneggerà senza freno?”
Iactabit = Interrogativa diretta di tipo retorico, coordinata per
asindeto a “abutere” e a “eludet” dei periodi precedenti
Nonostante il possessivo “tua” non è presente, è riconducibile al
“tuus” della frase precendente.
Effrenata = deriva da e/ex + frenum (privo di freni), accresce la
valenza negativa di audacia
Audacia = deriva da “audeo” (oso) ed ha un’accezione negativa di
temerarietà, arroganza e insolenza. Cicerone lo utilizza con chi
cerca di modificare con iniziative radicali l’ordine costituito.
7. “Quem ad finem sese effrenata iactabit
audacia?”
“Fino a quanto la tua insolenza spadroneggerà senza freno?”
Iactabit = Interrogativa diretta di tipo retorico, coordinata per
asindeto a “abutere” e a “eludet” dei periodi precedenti
Nonostante il possessivo “tua” non è presente, è riconducibile al
“tuus” della frase precendente.
Effrenata = deriva da e/ex + frenum (privo di freni), accresce la
valenza negativa di audacia
Audacia = deriva da “audeo” (oso) ed ha un’accezione negativa di
temerarietà, arroganza e insolenza. Cicerone lo utilizza con chi
cerca di modificare con iniziative radicali l’ordine costituito.