1. 1
Corretto e ampliato il giorno 7 dicembre 2015:
versione aggiornata (non si tratta di un vero e
proprio work in progress)
CITAZIONI MOLTO UTILI
INTRODUZIONE
Questo documento raccoglie una lunga serie di
citazioni tratte da testi facilmente disponibili (in gran
parte classici della letteratura) disposte tematicamente e
nasce come un complemento alla pagina online
http://www.slideshare.com/leggere-per-vivere, di cui
dovrebbe chiarire alcuni riferimenti. Il documento
mira inoltre a far conoscere testi utili lì non elencati e
ad agevolare la riflessione su questioni fondamentali.
Le citazioni non introduttive sono divise in tre gruppi
(Giudicare; Intelligenza e Coraggio; Scrivere) e quasi
sempre ricondotte ai testi di provenienza. Possono
esserci errori poco significativi di trascrizione, mentre
l’ordine delle affermazioni all’interno di ogni singola
citazione e la punteggiatura spesso non rispettano
quelli dell’originale e ciò per rendere più chiaro
possibile il messaggio trasmesso a chi non conosce i
libri di riferimento: assicuro il rispetto del senso di
questi ultimi e consiglio a chi avesse dei dubbi in
proposito di confrontare ogni singola citazione con la
sua fonte (i testi si trovano tutti nelle biblioteche e
online). Raramente i giudizi dei brani riportati sono
ironici (credo che l’ironia in questi casi appaia
facilmente anche a chi non ne conosce il contesto), ma
in genere essi corrispondono al vero o almeno a ciò
che ho osservato per esperienza personale e a quanto
scrittori notevoli di ogni epoca hanno elaborato. Trovo
che sia senz’altro lecito e utile estendere questi giudizi
di valore e analisi ad attuali situazioni e categorie,
professionali e non, certamente molto affini ai soggetti
presi in esame.
CITAZIONI INTRODUTTIVE
Una dittatura è un regime in cui, invece di pensare, gli
uomini citano. Essi citano tutti lo stesso libro che fa
testo. A nostro vantaggio possiamo almeno dire di
citare autori diversi. (I. Silone)
Quanto è difficile per lo psicanalista trovare qualcosa
di nuovo che qualche artista non avesse già saputo
prima di lui. (S. Freud)
Le buone leggi, l’educazione e la cultura conservano
nella società giustizia e mansuetudine. Non invece le
immaginazioni minacciose, come suol far la
moltitudine e crudeltà dei supplizi, che accresce la viltà
e la ferocia. (G. Leopardi)
Noi, che cerchiamo i modi con i quali l’animo possa
procedere con equilibrio e essere in pace con se stesso
(…), decidiamo dove andare e come andarci con l’aiuto
di persona esperta che abbia già fatto il percorso sul
quale procediamo: qui sono proprio le strade più
battute e conosciute a trarci maggiormente in inganno.
(L. A: Seneca)
Cominciato a leggere, andai avanti dimenticando il
tempo e l’appetito. Ero turbato e commosso (…) Come
doveva essere stato buono e coraggioso lo scrittore che
aveva saputo ritrarre con tanta sincerità la sofferenza.
Quella triste lentezza del raccontare mi rivelava una
compassione superiore all’ordinaria pietà dell’uomo
che si commuove alle disgrazie del prossimo e ne
distoglie lo sguardo per non soffrire (…) Mi parve
incomprensibile, anzi assurdo, di essere arrivato a
conoscenza di una storia come quella soltanto per caso.
Perché non veniva letta e commentata nelle scuole? (I.
Silone)
Se non si vuole rinunciare a pensare, bisogna accettare
la solitudine. Per quanto mi riguarda, non ho altra
speranza che quella di incontrare qua e là, di tanto in
tanto un essere umano,solo come me, che per parte sua
si ostini a riflettere, al quale possa offrire e dal quale
possa ricevere un po’ di comprensione. Solitudine,
certo, i tempi la impongono, ma aperta al confronto e
alla condivisione del frutto della propria riflessione
(…) Il pensiero, per non risultare sterile, ha bisogno di
qualcuno che veda la realtà da un altro punto di vista,
(…) di essere messo alla prova dal confronto. (S.
Weill)
Vorrei, con questo mio scritto, non risparmiare ad altri
la fatica di pensare, ma stimolare qualcuno a pensare da
sé. (.L. Wittgenstein)
Se la sorte ti esclude dai ruoli di primo piano, resisti
con la tua parola e (…) anche con il tuo silenzio (…)
L’opera di un buon cittadino non è mai vana: lo si
vede, lo si ode; per fare del bene basta lo sguardo, il
gesto, la silenziosa tenacia, il fermo equilibrio (…) In
nessun caso ci parranno chiuse tutte le strade al punto
che non resti spazio per un’attività moralmente buona.
(L. A. Seneca)
Il libertario (…) da subito attinge (…) alla forza
naturale che è in lui, (…) continuando ad esistere e
operare in modo naturale e libero. Il libertario (…)
quando crea, vince; quando corregge i suoi pregiudizi e
le sue abitudini, vince; quando sa resistere e
sopportare, vince. Dico questo per esortare le persone
oneste a non scoraggiarsi quando sembra che il loro
lavoro sincero e onesto non abbia influenza. (P.
Goodman)
Ho cercato nell’immaginazione un mezzo per
raggiungere una conoscenza extraindividuale (…)
Siamo bombardati da tale quantità di immagini
prefabbricate da non saper più distinguere l’esperienza
diretta da ciò che abbiamo visto per pochi secondi alla
televisione. La memoria è come un deposito di
spazzatura (…) Stiamo correndo il pericolo di perdere
2. 2
una facoltà umana fondamentale (…) Il potere di
mettere a fuoco visioni a occhi chiusi (…) su una
pagina bianca. Penso a una possibile pedagogia
dell’immaginazione che abitui a controllare la propria
visione interiore senza soffocarla e senza d’altra parte
lasciarla cadere in un confuso, labile fantasticare (…)
Si tratta di una pedagogia che si può esercitare solo su
se stessi con metodi inventati volta per volta e risultati
imprevedibili. (I. Calvino)
L’obiezione di coscienza (…) è la capacità di dire di no
al potere, (…) ma anche la capacità di obiezione anti-
consumistica, di obiezione al conformismo televisivo,
(…) rifiutare di apportare il proprio contributo anche
coattivo, anche estorto con la legge e a volte con la
violenza un po’ oltre la legge, che ci farebbe essere dei
pezzetti di un ingranaggio. (A. Langer)
Gli spazi di confronto si sono ridotti, quasi del tutto
chiusi e ridotta enormemente è la stessa agibilità
politica delle istituzioni (…) Al manganello si è
sostituito lo spettacolo (…) che scoperta! Ma il
“politico” è sempre, per definizione, stare in
“pubblico”! (immanente a ogni momento della vita e
del quotidiano). La nuova persuasione concede spazio
a forme di dissenso: purché esse non parlino il
linguaggio dei valori e dell’alternativa. (…) Grave è il
rischio che di questo strumento della nonviolenza si
spunti l’incisività e la forza, nello scontro terribile con
la violenza contemporanea. (…) Diciamo allora subito
che quel che si contrappone alla violenza non è la
nonviolenza. (…) La forza che si oppone
all’istituzionalizzazione della violenza è altro: è il
diritto. (…) Allo stesso scopo non arriva neanche la
nonviolenza senza oggetto quale stile e pratica
autosufficiente (…) La nonviolenza al positivo è il
rigoroso richiamo al valore e alla prassi continua del
diritto e dell’etica (…) Circola un’insensibilità al
valore delle parole che è segno palese di una crisi
culturale e politica di proporzioni troppo vaste per
essere tollerate (…) I valori vengono intesi come degli
“assoluti” (…) non laici, fuori del tempo politico,
irrealizzabili per definizione, (…) mentre invece
discendono da una puntuale analisi del dramma storico
(…) nell’odierna lamentata incapacità dei partiti ad
esprimere valori (A. Bandinelli)
Mio fratello è figlio unico perché non ha mai criticato
un film senza prima vederlo e (…) .perchè è convinto
che nell’amaro benedettino non sta il segreto della
felicità, (…) che anche chi non legge Freud può vivere
cent’anni, (…) che esistono ancora sfruttati, malpagati
e frustrati (R. Gaetano)
Meditate che questo è stato: vi comando queste parole,
scolpi tele nel vostro cuore, stando in casa, andando per
via, coricandovi, alzandovi, ripetetele ai vostri figli. (P.
Levi)
Se non troviamo niente di piacevole, almeno troveremo
qualcosa di buono. (Voltaire)
Libertà vai sognando e servo a un tempo vuoi di nuovo
il pensiero (....) Nobile natura è quella che a sollevar
s’ardisce gli occhi mortali e che con franca lingua
confessa il mal che ci fu dato in sorte, (…) porgendo
valida e pronta (…) aita negli eterni perigli. (G.
Leopardi)
GIUDICARE
F. Nietzsche
Le convinzioni più delle bugie sono nemiche
pericolose della verità.
B. Russell
In ogni cosa è salutare di tanto in tanto mettere un
punto interrogativo a ciò che a lungo si ha dato per
scontato.
A. Einstein
È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio.
La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M.
Proust)
L’errore è più cocciuto della fede, e non sottopone mai
ad esame le proprie convinzioni (…)
Ogni nuovo dubbio (…) entra in concorrenza con tanti
desideri di credere, con tante ragioni d’obliare, (…) e
finiamo col non occuparcene più (…)
L’uomo non può vivere senza entusiasmo (…)
Sentimenti e pensieri acquistano durevolezza solo
vicendevolmente, nel loro complesso, devono in
qualche modo avere la stessa direzione e trascinarsi
l’un l’altro.
E con tutti i mezzi, droghe, suggestioni o fede,
comunemente e spesso anche con l’influsso
semplificante della stupidità, l’uomo si sforza di creare
uno stato simile a quello (…) Egli crede nelle idee, non
perché a volte sono vere, ma perché ha bisogno di
credere. Perché deve turare con un’illusione il buco sui
muri della sua vita, attraverso il quale i suoi sentimenti
si disperderebbero se no ai quattro venti (…) Giusto
sarebbe, invece di abbandonarsi ad apparenze, cercare
le premesse del vero entusiasmo (…) e con un
atteggiamento non rigido e tuttavia severo indagare la
possibilità di sentimento e di vita.
J. Morrison
La perenne tentazione della vita è quella di confondere
i sogni con la realtà
L. Bickel
L’intelligenza è la nostra facoltà di non spingere al
limite quanto pensiamo per poter credere ancora alla
realtà.
Le mie prigioni (S. Pellico)
Gli spiriti volgari sfuggono i ragionamenti seri: se una
nobile verità traluce loro, sono capaci di applaudirla un
istante, ma tosto dopo ritorcono da essa lo sguardo (…)
3. 3
Tutti gli increduli sono così! Sentendo la debolezza
delle loro opinioni, se qualcuno si accinge a confutarle,
non ascoltano, ridono, ostentano una superiorità
d’ingegno, la quale non ha più bisogno d’esaminare
nulla. Sciagurati! E quando non vi fu filosofia senza
esame e serietà?
La mia Africa (K. Blixen)
“Tutti i bambini hanno paura a volte sulla pianura”.
“Di cosa avevi paura?” *** rimase un po’ in silenzio,
lo sguardo concentrato e profondo come se scrutasse
dentro se stesso. Poi mi guardò con una piccola
smorfia: “Di Outis”, disse. “I bambini hanno paura di
Nessuno sulla pianura”.
L’incertezza in Genesi dell’Uomo senza qualità
nell’edizione Einaudi del 1965 del libro di Musil
Il fondo della vita umana gli sembrava essere una paura
immane di qualche cosa, forse appunto dell’indefinito
(…) fra le gelide profondità del cuore e del cielo(…)
Centinaia di ordini umani (…) ciascuno con un’oscura
fede di essere l’ultimo, quello in ascesa(…) assurde
montagne d’oro che uccidono lo spirito (…)ansiose
impazienti mode; (…)un arrampicarsi fuori dal nulla;
(…) la paura nervosa di essere nulla; (…) un chiasso
incoraggiante (…) come (…)il delitto o la guerra in cui
ci si scarica una profonda sfiducia nelle cose costituite
e create.
Lezioni americane (I. Calvino)
Bouvard e Pecuchet: traversata del sapere universale;
ogni libro apre un mondo, ma sono mondi che si
escludono a vicenda. Flaubert è per la scienza nella
precisa misura in cui essa è scettica, prudente, umana:
ha orrore dei dogmatici, dei metafisici, dei filosofi.
Archetipi e inconscio collettivo (C.G. Jung)
Il significato delle terribili regressioni del nostro tempo
(…) Il ritmo di evoluzione della coscienza attraverso la
scienza e la tecnologia è stato troppo affrettato e ha
lasciato l’inconscio, ormai incapace di tenere il passo,
troppo indietro, costringendolo a una posizione
difensiva che si esprime in una volontà universale di
distruzione. Gli “ismi” politici e sociali del nostro
tempo predicano tutti gli ideali possibili ma sotto
queste maschere, il fine che si propongono è di
abbassare il livello di civiltà, limitando o inibendo le
possibilità di sviluppo individuale (…) L’intuito è la
parte dell’uomo più razionale. Bisogna combattere i
veri demoni, ovvero quelli del razionalismo (…) Il
razionalismo non è affatto garanzia di un’elevata
coscienza, ma solo di una coscienza unilaterale e
limitata.
http://www.slideshare.com/astrologia-per-autoanalisi
Energie sottili operano in modo sotterraneo per
trasformare profondamente la personalità e la vita. I
poteri della trasformazione sono guidati dalla forza
propulsiva e creatrice dell’immaginazione, che deve
affiancarsi alla razionalità per evitare di essere vittima
di un razionalismo povero, inefficace. Gli orizzonti
vanno immaginati e non analizzati. Le preoccupazioni
circa la casa, la salute e il lavoro possono poi
distogliere da ciò che conta ancora di più, cioè da
un’evoluzione senza la quale non si può sentirsi se
stessi e sentirsi liberi e soddisfatti. Leggere, meditare,
cogliere la bellezza e un edonismo controllato attivano
l’immaginazione, come l’esprimere ciò che si sente e
non solo quello che si pensa oppure il farlo senza
immaginare se verrà apprezzato. Una cooperazione
profonda tra concretezza e fantasia può mettere le ali al
pensiero, rendere lungimiranti le costruzioni, regalare
successo alle azioni e un’aura di genialità, non certo
solo quindi inquietudine e ansie verso non si sa bene
cosa.
La vita: istruzioni per l’uso (G. Perec)
Nell’arte del puzzle l’oggetto – sia esso un atto
percettivo, un apprendimento, un sistema fisiologico o
un pezzo di legno – non è una somma di elementi da
isolare e analizzare dapprima, ma una struttura dove
l’elemento non è più immediato né più antico, né
determina l’insieme, ma è l’insieme a determinare gli
elementi: la conoscenza del tutto e delle sue leggi, non
è deducibile dalla conoscenza delle singole parti che lo
compongono: si può guardare un pezzo tre giorni di
seguito credendo di saperne tutto senza aver fatto il
minimo passo avanti: conta solo la possibilità di
allegare quel pezzo ad altri pezzi. Il pezzo isolato è
domanda impossibile, sfida opaca. Se dopo molti errori
e tentativi o in un mezzo secondo prodigiosamente
ispirato appena riesci a connetterlo, ecco che l’estrema
difficoltà non solo non ha più motivo di esistere ma
sembra non averne mai avuto. I due pezzi
miracolosamente riuniti sono diventati ormai uno, a sua
volta fonte di errori, smarrimenti e attesa (…)
Un taglio di pezzi aleatorio produrrà una difficoltà
aleatoria oscillante tra una facilità estrema per i bordi, i
particolari (…) e una difficoltà fastidiosa per le zone
d’ombra, il cielo, ecc. e la soluzione consiste nel
tentare tutte le combinazioni possibili. Nei pezzi di
legni, dove i pezzi sono tagliati a mano, l’arte inizia
quando il fabbricante si pone i problemi che il
giocatore dovrà risolvere e sostituisce al caso l’astuzia,
la trappola, l’illusione e ogni gesto, ogni brancolare nel
buio, intuire e operare sono già stati calcolati dall’altro.
Non si tratta mai di un gioco solitario (…)
A volte risolveva d’istinto come quando attaccava dal
centro a volte per deduzione da puzzle precedenti ma
quasi sempre ci lavorava giorni con l’impressione
tenace del perfetto imbecille. Ritrovava in quel senso di
impasse, di vicolo cieco, l’essenza stessa della sua
passione: una specie di torpore, di rimuginio, di
abbrutimento smorto alla ricerca di qualcosa di informe
di cui solo biascicava i contorni (…) brontolii confusi,
rumori di fondo di una fantasticheria maniacale, sterile,
infelice. Talvolta al tendere di quelle ore di inerzia
malinconica, lo prendevano accessi improvvisi di
rabbia terribile. Più spesso al termine di quelle ore,
dopo aver attraversato tutti gli stadi dell’ansia e
dell’esasperazione controllate, raggiungeva una specie
di trance, un inebetimento tutto asiatico forse analogo a
4. 4
quello che cerca l’arciere: un oblio profondo del corpo
e del bersaglio, una mente vuota, aperta, disponibile,
un’attenzione intatta ma libera di librarsi al di sopra
delle vicissitudini dell’esistenza delle contingenze del
puzzle e dei tranelli dell’artigiano. In quei momenti
vedeva senza guardarli i sottili intagli del legno
incastrarsi e poteva, prendendo due pezzi cui non aveva
mai fatto caso o che forse aveva giurato per ore non
potessero mai riunirsi, comporli in un amen. Quella
sensazione di grazia durava a volte minuti e allora gli
pareva di essere un veggente: percepiva tutto, copriva
tutto, avrebbe potuto vedere crescere l’erba:
giustapponeva i pezzi a gran velocità senza sbagliarsi
mai, ritrovando i particolari che gli avrebbero in ogni
momento indicato la soluzione se solo avesse avuto
occhi per vedere: gli uccelli ridiventavano onde, i
tronchi rami.
La fiera delle vanità (W. M. Thackeray)
Chi può dire quanta vanità (…) e quanto egoismo ci
siano nel nostro amore? Il vecchio ** non stette molto
a meditare sulla natura dei suoi sentimenti (…) Egli
credeva fermamente che tutto quello che faceva era
giusto e che doveva in ogni cosa fare a modo suo (…) e
il suo odio si inalberava contro qualsiasi cosa paresse
opposizione. Egli era orgoglioso del suo odio come di
ogni altra sua cosa. Aver sempre ragione, camminare
sempre dritto, non avere mai dubbi, non sono queste le
grandi qualità con cui la stupidità tiene le redini del
mondo?
U. Ojetti
Dubitare di se stessi è il primo segno dell’intelligenza.
I. Kant
L’errore non è mai ritenuto più utile della verità, ma
spesso l’incertezza sì
J. Joubert
Quelli che non ritrattano mai, amano se stessi più della
verità.
1984 (G. Orwell)
Mutare pare costituisca una confessione di debolezza
(…) Se si vuol comandare e persistere nell’azione di
comando, bisogna manovrare e dirigere il senso della
realtà.
Sua Santità (G. Nuzzi)
L’impotenza è il sentimento più diffuso (…) Non
possiamo fare niente perché certe realtà fanno parte del
Vaticano e tutti temono forse che cambiare sarebbe
un’implicita ammissione di errore (…) Persiste una
volontà omissiva sui fatti.
Il castello (F. Kafka)
Errori non se ne commettono (…) e, anche se ciò per
eccezione accade, chi può dire alla fin fine che sia
davvero un errore? (…) Chi può dire se il secondo
ufficio giudicherà allo stesso modo, e anche il terzo, e i
successivi?
Il contesto (L. Sciascia)
L’errore giudiziario non esiste (…) Perseguire il
colpevole è impossibile tecnicamente (…) Centinaia di
milioni di uomini ormai si somigliano e non dico
fisicamente. Non ci sono più individui (…) Il disonore
e il delitto debbono essere restituiti ai corpi della
moltitudine, come nelle guerre militari (…) Puniti nel
numero. Giudicati dalla sorte (…) I gradi del giudizio,
la possibilità dei ricorsi, degli appelli (…) postulano
(…) non la possibilità dell’errore ma solo l’esistenza di
un’opinione diciamo laica sull’amministrazione della
giustizia. Ora quando una religione comincia a tener
conto dell’opinione laica è ben morta anche se non sa
di esserlo.
Operette morali (G. Leopardi)
Gli uomini credono generalmente per assuefazione,
non per certezza di prove concepite nell’animo (…) e
non mutano mai opinione in maniera che credono di
mutarla.
Vangelo (Giovanni IIII, 19)
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
La scomparsa dei fatti (M. Travaglio)
Il valore da salvare è l’imparzialità, che non è sinonimo
né di obiettività né di neutralità, (…) ma di salvare il
nucleo centrale dei fatti (…) L’obiettività è
impossibile: ciascuno di noi ha i suoi interessi e
passioni e valori. La sua visione del mondo condiziona
il suo modo di vedere e giudicare (…) Nessuno può
essere obiettivo e nemmeno neutrale (…) Non è
obiettivo nemmeno l’obiettivo delle macchina
fotografica o l’occhio della telecamera.
Psicopatologia della vita quotidiana (S. Freud)
Pare che soltanto alle menti più elette e più equilibrate
sia dato di preservare l’immagine della realtà esterna,
qual è percepita, dalle deformazioni cui solitamente va
soggetta nel passaggio attraverso l’individualità (…)
Critiche alla moglie, amicizie tramutatesi in inimicizie,
errori, ripulse da parte di concorrenti, furti di idee:
certo non è puro accidente la necessità di toccare
argomenti così penosi volendo risolvere un certo
numero di esempi di dimenticanze di nomi, propositi,
impressioni e fatti o sbadataggini, lapsus verbali, di
lettura e di scrittura ecc (…) Sembra sia del tutto
generale la tendenza a dimenticare quel che è
sgradevole (…)
Questa tendenza elementare di difesa è uno dei pilastri
del meccanismo dei sintomi isterici.
Fattori che mirano a mire opposte a volte riescono
perché il principio architettonico dell’apparato psichico
è la stratificazione, la struttura a istanze sovrapposte
(…)
Va inteso in modo analogo il tipico turbamento della
capacità di giudizio nei casi in cui si tratta dei parenti
più prossimi (…)
Le insulsaggini, le assurdità e gli errori del contenuto
onirico, a cagione dei quali il sogno difficilmente viene
5. 5
riconosciuto come prodotto di prestazione psichica,
nascono nella stessa maniera degli ordinari sbagli nella
nostra vita quotidiana (…) Sono effetto di una
perturbazione per via associativa (…)
Le formazioni dell’isteria e delle nevrosi ossessive
ripetono le caratteristiche essenziali di questo modo di
funzionare della mente (…) nei sogni e negli atti
mancati o azioni casuali (…) Il paranoico ha ragione in
un certo senso: nei paranoici affiorano alla coscienza le
verità, le necessità di interpretare le azioni casuali
come manifestazioni di intenzioni e messaggi. Egli
sbaglia nel proiettare all’esterno tale intuizione su di sé.
L’uomo senza qualità (R. Musil)
Se di dentro la stupidità non somigliasse
all’intelligenza, se di fuori non si potesse scambiare per
progresso, genio, speranza, perfezionamento, sarebbe
facile combatterla: l’affermazione che un’oleografia è
una produzione artistica più ingegnosa di un quadro
contiene una verità ed è più facile dimostrare tale verità
che non dimostrare la grandezza di Van Gogh (…) Non
esiste una sola idea importante di cui la stupidità non
abbia saputo servirsi, essa è versatile (…) La verità ha
una sola strada invece ed è perciò sempre in
svantaggio.
La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M.
Proust)
Del resto, si dimentica in fretta ciò che si è pensato
senza profondità, ciò che ci è stato dettato
dall’imitazione o da passioni circostanti. Queste
cambiano, e con esse si modifica il nostro ricordo. (…)
Gli uomini politici dimenticano il punto di vista che, in
un certo momento, hanno adottato. (…) Quanto alle
persone di mondo, è ben poco quello che ricordano
(…)
Si era creduta disprezzata (…) s’era inventata tutto un
romanzo di deposizioni che, nella fantasia, le sarebbero
state richieste e, a forza di ripetersene i particolari, non
sapeva forse più nemmeno lei se fossero veri o no (…)
La stessa testimonianza dei sensi è un’operazione
dell’intelletto, in cui la convinzione crea l’evidenza.
(…) Parecchie volte (…) il senso dell’udito portava a
** non la parola (…) pronunciata, ma quella che (…)
credeva giusta, il che era sufficiente perché non
sentisse l’implicita rettifica d’una pronuncia migliore
(…)
Poiché il mondo è il regno del nulla, fra i meriti (…)
non vi sono che sfumature insignificanti, follemente
ingigantite, a volte, solo dai rancori o
dall’immaginazione (…)
Era talmente stupido da trovare “piuttosto sciocca”
quella ragazza mille volte più intelligente di lui, e
questo, forse per la semplice ragione che lei lo amava.
Guerra e pace (L. Tolstoj)
Con la sua esperienza di sessant’anni egli sapeva quale
peso dovesse dare alle voci, conosceva le capacità degli
uomini, quando desiderano qualcosa, di raggruppare
tutte le notizie in modo che confermino quanto si
desidera e sapeva quanto in questi casi si tralasci
volentieri tutto quanto contraddice il nostro desiderio.
http://www.slideshare.com/leggere-per-vivere
Il problema è l‘indifferenza naturale per i più, e la
conseguente chiusura mentale (…)Uno dei temi più
sviluppati della letteratura: il cervello dei più si
autoregola per rappresentare le cose da un punto di
vista adatto alle capacità, all’umore e soprattutto
all’interesse e agli obiettivi.
Bisogna mettere le virgolette ai propri giudizi
spontanei e inevitabili, ribellandosi a una società basata
sulla fretta e sulle menzogne comode, ovvero sulla
violenza (…)La scelta da fare è semplice: o si fa tutto il
possibile per svegliarsi e tenersi svegli, oppure si
accetta e sostiene questa mentalità diffusa in ogni
settore della società, dall’ambito familiare a quello
politico, ben esemplificata dai dittatori comunisti,
quando dicevano che “falso è tutto ciò che nuoce”:
diventiamo sempre più abili nel “decidere di credere e
di pensare” “una volta per tutte”qualsiasi cosa ci porti a
dare la colpa agli altri, a ricavare da tutti un personale
tornaconto e a creare e mantenere sempre maggiori
distanze da chiunque non si adegui in qualche cosa e
per qualsiasi ragione alle nostre pretese o richieda da
noi qualche sforzo per ragioni di principio o
valutazioni generali.
Vari Salmi (Sacra Bibbia)
Interpretano male tutto quello che dico/faccio.
I Mandarini (S. De Beauvoir)
Non si ha proprio il diritto di imputare agli intellettuali
una sensibilità sofisticata; erano gente di mondo e
affini ad aggirarsi nell’esistenza con occhi accecati da
cattivi clichés e un cuore invaso da luoghi comuni (…)
Mai un istante di sincerità (…) Il loro destino era fatto
solo di ambizioni vuote, di gelosie brucianti, di vittorie
e sconfitte astratte. Quando ci sarebbero tante cose da
amare e da odiare solidamente (…) L’indifferenza non
esiste (…) Sì, era stato per stanchezza, per pigrizia, per
vergogna della mia ignoranza che avevo scioccamente
preteso il contrario.
Dieci anni dopo (D. Bonhoeffer) in Ribellarsi è giusto
a cura degli Asini
Non tenteremo mai più di persuadere con
argomentazioni lo stupido: è una cosa senza senso e
pericolosa (…) La stupidità (…) è un difetto che
interessa non l’intelletto ma l’umanità di una persona.
Ci sono uomini straordinariamente elastici dal punto di
vista intellettuale che sono stupidi e uomini molto goffi
intellettualmente che non lo sono. Ci accorgiamo con
stupore di questo in situazioni nelle quali su ha
l’impressione che la stupidità non sia un difetto
congenito, ma piuttosto che in determinate circostanze
gli uomini (…) si lascino rendere tali. Ci è dato
osservare, inoltre, che uomini indipendenti, che
conducono vita solitaria, denunciano questo difetto più
raramente di uomini o gruppi che inclinano o sono
costretti a vivere in compagnia. Perciò la stupidità
6. 6
sembra essere un problema sociologico piuttosto che
un problema psicologico (…) Osservando meglio si
nota che qualsiasi ostentazione esteriore di potenza,
politica o religiosa che sia, provoca l’istupidimento di
una gran parte degli uomini (…) La potenza dell’uno
richiede la stupidità degli altri. Il processo secondo cui
ciò avviene non è tanto quello dell’atrofia o perdita
improvvisa di determinate facoltà umane – ad esempio
quelle intellettuali – ma piuttosto quello per cui, sotto
la schiacciante impressione prodotta dall’ostentazione
di potenza, l’uomo viene derubato della sua
indipendenza interiore (…) Il fatto che lo stupido sia
spesso testardo non deve ingannare sulla sua mancanza
di indipendenza. Parlandogli, ci si accorge addirittura
che non si ha a che fare con lui direttamente,
personalmente, ma con slogan, motti ecc. (…) Lo
stupido sarà capace di qualsiasi malvagità, essendo
contemporaneamente incapace di riconoscerla come
tale. (…) Nella maggioranza dei casi un’autentica
liberazione interiore è possibile solo dopo essere stata
preceduta dalla liberazione esteriore (…) Inutilmente ci
sforziamo di capire che cosa effettivamente il popolo
pensa (…) Questo interrogativo risulta superfluo (…)
La liberazione interiore dell’uomo alla vita
responsabile davanti a Dio è l’unica reale vittoria sulla
stupidità (…) Per il bene la stupidità è un nemico più
pericoloso della malvagità (…) Contro la stupidità non
abbiamo difese: (…) le motivazioni non servono a
niente. Ai fatti che sono in contraddizione con i
pregiudizi personali semplicemente non si crede – in
questi casi lo stupido diventa addirittura scettico – e
quando sia impossibile sfuggire ad essi, possono essere
messi semplicemente da parte come casi irrilevanti. Nel
far questo lo stupido, a differenza del malvagio, si
sente completamente soddisfatto di sé; anzi, diventa
addirittura pericoloso, perché con facilità passa
rapidamente all’attacco.
La banalità del male (H. Arendt)
Eichmann era senza immaginazione e senza idee e tale
mancanza di idee ne faceva un individuo predisposto a
divenire uno dei più grandi criminali. Certe frasi
esaltanti gli facevano dimenticare la realtà. Era
incapace di pronunciare frasi che non fossero clichés,
per un difetto che doveva averlo tormentato a scuola e
che sfociava in afasia. Erano spesso frasi altisonanti
che gli servivano per autoesaltarsi in modo da superare
crisi momentanee e non per definire (pertanto poteva
contraddirsi spesso). Quando riusciva a costruire un
periodo, lo ripeteva fino a farlo diventare un cliché e
avviando discorsi che metteva in moto come un
meccanismo, anche quando inopportuno. All’origine
c’era un’incapacità di pensare da solo o dal punto di
vista di un gruppo diverso dal riferimento abituale. Era
questo che gli psichiatri trovavano tanto normale e
ideale? (…)
Quella lontananza della realtà e quella mancanza di
idee possono essere più pericolose degli istinti malvagi.
Signor Tentenna (C. Consoli)
Signor Tentenna non è facile assumersi il rischio di una
scelta e servirsi addirittura di parole proprie.
Mimetizzarsi e vivere di luce riflessa in fondo ad acque
torbide tra miseri inganni e menzogne, complessi di
inferiorità e ingombranti manie di grandezza (…) Non
è motivo di vergogna il non saper centrare alcun
bersaglio, l'aver mancato l'ennesimo colpo
irrimediabilmente. E ben poco importa se tua moglie
non fa altro che piangere, ossessionata dal sentore dei
tuoi numerosi tradimenti, ingurgita ignoti dolori ed
elevate dosi di calmanti e in fondo non ha tutti i torti e
non è affatto un caso se amanti, amici e sogni si
dileguano. Il cane sul balcone aspetta da mesi il
privilegio di una passeggiata eppure la sera fedelmente
esulta al tuo rientro. E' ormai consuetudine, Signor
Tentenna, perdersi d'animo, non essere all'altezza delle
proprie ambizioni e sgomitare per distinguersi dal
branco. L'ignoranza è un non trascurabile complesso,
una voragine: la si può occultare nel silenzio scansando
il pericolo di un mite confronto diretto.
Il Gattopardo (G. Tomasi di Lampedusa)
I “Siciliani” odieranno sempre chi li vorrà svegliare
(…) Non posso porgere un dito, me lo morderebbero
(…) Che cosa se ne farebbe, il Senato di un legislatore
inesperto cui manca la facoltà di ingannare se stesso,
questo requisito essenziale per chi voglia guidare gli
altri?(…) Non vorranno mai migliorare per la semplice
ragione che credono di essere perfetti; la loro vanità è
più forte della loro miseria. Ogni intromissione di
estranei sia per origine sia anche per indipendenza di
spirito, sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta
compiutezza (…) Quel senso di superiorità noi
chiamiamo fierezza ed è cecità.
La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M.
Proust)
Più di chiunque altro apprezziamo chi aggiunge a
grandi virtù quella di metterle senza risparmio a
disposizione dei nostri vizi (…)
Trovava più intelligente ** che non soltanto era gentile
con ***, ma andava a pescare nei (…) testi che
decoravano l’inclinazione del barone (…) Tra tutti
preferiva coloro che accoglievano il suo punto di vista
sulla vita.
Middlemarch (G. Eliot)
La fede di ** in lui completò tutto quello che le parole
di *** sembravano non dire: nessun credente sarà mai
turbato da un’omissione o da una frase infelice (…)
Vedeva in lui le qualità che sapeva di possedere lei
stessa, ma in proporzioni più grandi.
I fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
Tutti e due si mormoravano parole frenetiche, quasi
senza senso, anche non vere, ma in quel momento era
tutto vero e credevano ciecamente a quello che
dicevano.
Peanuts (C. Schulz)
7. 7
Come si può decidere cosa pensare? Non si deve prima
pensare e poi cercare di capire quel che si è pensato?
Mi stai guardando con occhi vuoti.
Guerra e pace (L. Tolstoj)
** veniva sgarbatamente sospinto e interrotto (…) Ciò
non era dovuto al senso delle sue parole (che si erano
addirittura scordate visto che molti discorsi erano
seguiti al suo), ma perché la folla per mantenere
l’agitazione ha bisogno di un oggetto tangibile d’amore
e di un oggetto tangibile di odio.
Arte del conversare (M. Montaigne)
Gli uomini non hanno il coraggio di sopportare di
essere corretti e parlano sempre dissimulando in
presenza gli uni degli altri (…) Ognuno contraddice e
viene contraddetto (…) Frutto della disputa è
distruggere la verità (…) Ci si attacca a una parola, a
una similitudine: chi non sente più ciò che gli si
obietta, tanto è impegnato nella sua corsa e si
preoccupa di seguire se stesso, non voi. Chi, sapendo di
avere le spalle deboli, teme tutto, rifiuta tutto, confonde
e imbroglia il discorso o si arrabbia al punto di zittirsi
del tutto, affettando orgoglioso disprezzo che nasconde
ignoranza. Un altro conta le parole, vi mette solo la
superiorità della propria voce. E questo, poi, che vi
assorda con preamboli e discussioni inutili. Quello si
arma di mere ingiurie e cerca una questione da niente
per sbarazzarsi di uno spirito che opprime il suo.
Quest’ultimo non capisce nulla della ragione ma vi
tiene assediato nella cerchia dialettica dei suoi periodi e
formule. E a quanti animi sciocchi un contegno freddo
e taciturno ha servito come titolo di saggezza e capacità
(…) Giudizi generali poi non dicono niente (…) È
proprio dei più incapaci tornare sempre dalla lotta con
allegria (…) Non è vero mercante colui che guadagna
sempre.
Vizi e virtù dell’animo umano edizione Pillole Bur di
L. A. Seneca
La peggior feccia non sopporta guida.
Una nuova coscienza (G. Gaber)
Sta diventando morale tutto ciò che conviene.
M. Proust
L’istinto detta il dovere e l’intelligenza detta i pretesti
per eluderlo.
Archetipo e inconscio collettivo (C.G. Jung)
L’importante è che la colpa sia degli altri.
Favola Il lupo e l’agnello (Fedro)
“Sei mesi fa” – disse il lupo – “parlasti male di me”.
Rispose l’agnello: “Ma se non ero ancora nato…”.
“Tuo padre, per Ercole, parlò male di me”. E così lo
ghermisce e lo dilania.
I promessi sposi (A. Manzoni)
** che strepitava di notte in casa altrui (…) ha tutta
l’apparenza di un oppressore; eppure, alla fin de fatti,
era l’oppresso. *** (…) parrebbe la vittima, eppure era
lui che faceva un sopruso. Così va spesso il mondo (…)
I provocatori, i soverchiatori , tutti coloro che fanno
torto altrui, sono rei, non solo del male che
commettono, ma del pervertimento ancora a cui
portano gli animi degli offesi
Operette morali (G. Leopardi), 154
Non c’è cosa che faccia vergogna agli uomini
sperimentati nel mondo, salvo che il vergognarsi (…)
Di infinite cose veramente ridicole è rarissimo che si
rida. Al contrario, di mille cose gravissime o
convenienti, tutto giorno si ride e con grande facilità se
ne muovono le risa degli altri (…) Anzi, le più delle
cose delle quali si ride ordinariamente sono tutt’altro
che ridicole e di moltissime si ride per questa cagione
stessa, che elle non sono degne di riso (…)
Meraviglioso potere quello della moda, che gli uomini
seguono eziandio contro ragione e a loro danno.
Amica (rivista)
** è cattiva (…) cioè è ammirevolmente determinata e
si muove dritta verso i suoi obiettivi, al di là di scrupoli
morali e altri orpelli…
La banalità del male (H. Arendt)
Nelle sue memorie Dostojevskij ricorda che, in Siberia,
tra tanti assassini, ladri e violenti non ne trovò mai uno
solo disposto ad ammettere di avere agito male. Un
criminale si protegge restando dentro gli stretti confini
della sua banda.
La società tedesca con gli stessi trucchi e menzogne
radicate nella mentalità di Eichmann si era protetta
dalla realtà. Ancora dopo la guerra ciò rimase perché
l’abitudine di ingannare se stessi era diventato comune
quasi fosse un presupposto normale per sopravvivere
(…)
Eichmann poteva pensare di non stare mentendo e di
non essere un criminale ricordando il passato in cui lui
e la società erano stati in armonia. Il viceministro degli
Esteri arabo disse addirittura che Hitler non aveva
colpa e anzi era una vittima innocente dei sionisti che
lo avevano spinto a commettere crimini che alla fine
avrebbero loro permesso di creare lo stato di Israele.
I Buddenbrook (T. Mann)
Ci si arrabbia di più quando si pensa in fondo di aver
torto.
La fiera della vanità (W. Thackeray)
Quando un uomo ha contratto grandi obblighi di
riconoscenza verso un altro con cui più tardi viene in
discussione, pare che legittima forma di dignità esiga
da lui che egli dia prova di un’ostilità molto maggiore
di quella che dimostrerebbe uno sconosciuto qualsiasi.
Per spiegare la vostra durezza di cuore, la vostra
ingratitudine, siete costretti a sostenere che il vostro
avversario è un delinquente. Non è che voi siete
egoista, brutale, collerico davanti all’insuccesso di una
speculazione, no, no – ma è il vostro compagno che ha
8. 8
cercato di imbrogliarvi nel più vile dei modi e per i più
sinistri motivi. Semplicemente per un senso di
coerenza il persecutore è condotto a dimostrare che
l’uomo sfortunato è un farabutto altrimenti lo stesso
persecutore sarà considerato un malvagio. Come regola
generale, i creditori proclivi a essere implacabili,
mettono a posto la coscienza con questo assioma: che
nessun uomo sfortunato negli affari deve essere del
tutto onesto. Egli ha nascosto qualcosa, ha esagerato le
possibilità di successo, s’è valso di qualunque pretesto
per ritardare di qualche giorno l’inevitabile rovina:
“Basta con queste falsità”, dice il creditore trionfante.
S’indigna chi ha fortuna dinanzi al povero diavolo che
si dibatte nel gorgo della miseria. Chi non ha notato la
prontezza con cui gli amici più intimi e gli uomini più
onesti si sospettano e si accusano l’un l’altro di frode
quando questioni di denaro li dividono? Così fan tutti.
Tutti hanno ragione. Il mondo soltanto, credo, è
farabutto.
America (F. Kafka)
Egli aveva fatto il servizio meglio di molti altri ragazzi.
Ma nel momento decisivo a queste cose evidentemente
non si bada in nessun continente ma si decide secondo
la sentenza che esce di bocca nel primo momento di
rabbia (…)
Ogni parola che poteva pronunciare veniva interpretata
male se non dall’uno almeno dall’altro (…) Ogni cosa
che poteva dire poi sarebbe sembrata completamente
diversa da quello che lui aveva pensato e solo dalla
maniera di giudicare degli altri dipendeva di trovare
nelle sue parole il bene o il male.
Vizi e virtù dell’animo umano edizione Pillole Bur di
L. A. Seneca
L’aspetto peggiore di un animo reso arrogante dal
continuo favore della sorte è che arriva a odiare quelli
che ha offeso.
Gli uomini odiano soprattutto chi mostra in qualunque
modo loro i loro peggiori difetti.
O. Wilde
Nessuno di noi riesce a sopportare che gli altri abbiano
gli stessi nostri difetti
Jane Eyre (C. Brontë)
Se avrete paura di loro vi prenderanno in antipatia.
Il rancore e le nuvole (A. Tabucchi)
Aspettava con un’aria malinconica, aveva assunto il
registro stilistico dell’uomo tradito e lo accolse con
occhi umidi senza il coraggio di opporglisi virilmente.
In questo modo egli tentava di punirlo, con un vile
ricatto sentimentale ,(…) un modo raffinato e laido di
rinfacciare (…) E allora gli recitò il suo disprezzo (…)
Per questo le portava rancore, per come si era ridotta:
un volto triste e sciatto nel corpo di una donna stanca.
Che era una maniera inconsapevole ma a suo modo una
lamentela, una forma di rimprovero, una rimostranza
mediocre. In realtà era solo la facciata perversa della
sua frustrazione.
La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M.
Proust)
Quando lei pianse: (…) gli parve vile, un
comportamento indegno. Non sempre riusciamo a
sopportare le lacrime di cui siamo causa.
La fiera della vanità (W. Thackeray)
Il suo cuore infantile sanguinava. Dopo questo
incidente, l’antipatia di ** per il figlio rasentò l’odio: la
presenza del bambino in casa le diventò un rimprovero
(…) dal giorno degli schiaffi, madre e figlio erano
divisi (…) Pensieri soavi, gusti semplici, ** non li
tollerava. Erano tanto alieni dalla sua natura da non
poterli perdonare negli altri.
I demoni (F. Dostoevskij)
Alla madre non piacque che la figlia non l’avesse
rimproverata per essere stata picchiata senza ragione; le
aveva mostrato il pugno (…)
La donna si infuriò perché per la prima volta aveva
picchiato la bambina senza ragione; si precipitò verso
la scopa, ne strappò alcune verghe e frustò la bambina
fino a lasciarle i segni sotto i miei occhi (…) La
bambina singhiozzò poi per un’ora.
La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M.
Proust)
Quasi tutto ciò che gli riusciva gradevole o vantaggioso
suscitava in ** l’entusiasmo virtuoso (…) Non appena
la persona cessava di dargli piacere, o anche, per
esempio, se l’obbligo di adempiere le promesse fatte
cominciava a creargli qualche fastidio, ** concepiva
nei suoi confronti un’antipatia che trovava modo di
giustificare ai propri occhi e che gli consentiva di
provare a se stesso (…) d’essere svincolato da qualsiasi
obbligo. (…) Parlava molto male di *** e (…)
aggiunse che doveva reputarsi fortunato se lui non ce
l’aveva con loro.
Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Eravamo irritati con ** perché ci sentivamo colpevoli.
(…) Ricordo molto chiaramente che guardando la
faccia onesta e arrabbiata di ** dicevo a me stessa:
“Mio Dio com’è brutto! Com’è ridicolo! Non ricordo
d’averlo mai pensato prima”. E poi capivo perché lo
pensavo.
La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M.
Proust)
In materia di crimini, quando il colpevole corre dei
rischi le confessione sono dettate dall’interesse. Per le
colpe prive di sanzione, invece, dall’amore proprio (…)
Quando, nel 1898, il colonnello Henry confessò di aver
falsificato un documento che era stato usato per
condannare Dreyfus, e il giorno dopo si uccise, gli
antidreyfusisti considerarono il suo «falso» un nobile
sacrificio per la vittoria di una giusta causa.
A. Moravia
9. 9
Quando non si è sinceri a forza di fingere si finisce per
crederci: questo è il principio di ogni fede
Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Tutti intenti a mentire a se stessi e agli altri. (…) a una
caccia alle streghe di un tipo o dell’altro. Pochissimi si
preoccupano veramente della libertà e della verità.
Pochissimi hanno fegato, quel fegato sul quale si basa
la vera democrazia. (…) La società libera, muore, non
può nascere.
I sommersi e i salvati (P. Levi)
Non bisogna mai confondere vittime e carnefici (…)
Un ricordo troppo spesso evocato tende a fissarsi in
uno stereotipo che si installa al posto del ricordo e
cresce a sue spese. Il ricordo di un trauma è esso stesso
traumatico e disturba sia che si sia la vittima che il
carnefice, ma se i due sono nella stessa trappola, è
l’oppressore che l’ha approntata e se soffre è giusto.
L’offesa è insanabile. Non vogliamo confusioni,
freudismi spiccioli, indulgenze, perché l’oppressore
resta tale e così la vittima. Tutti coloro che compiono
delitti orrendi dicono che non potevano fare altro (…)
C’è chi mente consapevolmente, ma più numerosi sono
coloro che si allontanano dai ricordi scomodi e si
fabbricano una realtà di comodo. L’uomo finisce col
credere al racconto anche falso, che continua a fare,
ritoccandone qua e là, dettagli meno credibili. La
malafede è diventata buona fede. Nel caso limite
arrivano a dimenticare la colpa commessa (…) A forza
di negare la realtà si diventa pazzi.
Sua Santità (G. Nuzzi)
Monsignor Williamson, alla vigilia
dell’ufficializzazione della remissione della scomunica,
aveva rilasciato alla tv di stato svedese un’intervista in
cui ribadiva la sua posizione (…): “Io credo che le
prove storiche – aveva detto – siano fortemente in
contrasto con l’idea che sei milioni di ebrei siano stati
uccisi nelle camere a gas, a seguito di un’indicazione di
Adolf Hitler. Credo che le camere a gas non siano
esistite.”
1984 (G. Orwell)
E se tutti gli altri accettano quelle menzogne e i
documenti le ripetono, essa diventa verità (…)
Era come se si fosse costretti a lottare contro qualche
spossante sforzo fisico, contro qualcosa che si sentiva
di avere il diritto di rifiutare e che s’aveva,
ciononostante, un nervoso desiderio di esaurire (…) Il
peggior nemico era il proprio sistema nervoso (…) **
era malaticcio (…)
Non c’era nessuna idea cui aderire che (…) non avesse
già da lungo tempo conosciuta e respinta (…)
(L’unica cosa efficiente era la psicopolizia (…)
Noi non ci contentiamo di distruggere gli uomini, noi li
trasformiamo, (…) li convertiamo, (…) ci
impossessiamo dei loro pensieri, (…) gli diamo
un’altra forma (…) e poi distruggiamo le menti (…) La
verità era quanto loro affermavano (…) Il passato è
quello che (…) lì si decide che sia (…) Lo psichiatra è
l’inquisitore (…) Ogni forma di conoscenza e di
intuizione, così come ogni forma di benessere e di
virtù, si ritiene che provengano direttamente dalla sua
guida e dalla sua ispirazione (...)
Perfino i nomi mostrano una impudenza nel rovesciare
la verità dei fatti che presiedono (…) Il Ministero della
Verità si occupa della menzogna, il Ministero
dell’Amore della tortura (…) Poiché solo conciliando
tra loro le contraddizioni, il potere si può tenere in
pugno indefinitamente (…)
Controllo della realtà: (…) sa che sottopone la realtà a
un processo di aggiustamento, ma riesce a persuadersi
che la realtà non è violata.
Il procedimento ha da essere conscio, (…) ma anche
inconscio: (…) spacciare deliberatamente un dogma e
credervi, dimenticare ogni avvenimento che è diventato
sconveniente, e quindi, allorché diventa necessario,
trarlo dall’oblio per tutto quel tempo che abbisogna,
negare l’esistenza della realtà obiettiva e nello stesso
tempo trar vantaggio dalla realtà che viene negata (…)
Diritto di resistenza e nonviolenza (A. Bandinelli) in
Ribellarsi è giusto
Rischia di diventare grottesco anche il ricordo del
Tribunale di Norimberga, che condannò i responsabili
dei delitti nazisti (…) Non si è mai cittadini di un solo
Stato e rispetto a una sola legge.
La banalità del male (H. Arendt)
Gli “esperti della psiche” avevano definito Eichmann
non solo normale ma ideale (per l’atteggiamento verso
la famiglia) e dietro la loro commedia c’era che
Eichmann non era pazzo (…) Ogni burocrazia tende a
trasformare gli uomini in funzionari e in semplici
rotelle dell’apparato amministrativo e cioè tende a
disumanizzarli. (…) Dotti americani hanno affermato
con sconcertante ingenuità che tentazione e coercizione
sono in fondo la stessa cosa e che non si può pretendere
che uno resista alla tentazione (se uno ti ordina, pistola
alla testa, di uccidere il tuo migliore amico, devi farlo).
L’accusa di presunzione mossa a chi giudica è vecchia
quanto il mondo, ma non per questo è valida (…)
La psicologia ci ha abituati a vedere la responsabilità di
chi agisce alla luce di questo o quel determinismo, ma
non sempre ciò è corretto e nessuna procedura
giudiziaria si potrebbe basare su ciò. Hitler diceva che
un giorno la professione del giurista sarebbe stata
considerata “una disgrazia”. (…) La teoria dell’azione
di stato dice che uno stato non può essere giudicato da
un altro, per cui Hitler non poteva essere giudicato da
nessuno – il che violava il senso di giustizia più
elementare. Dietro il concetto dell’azione di Stato si
cela la teoria della ragione di Stato che si appella
all’idea di necessità di certi compiti di un governo per
conservarsi, intesi come misure di emergenza e cioè
eccezioni, mentre nel Terzo Reich è l’azione non
criminosa a essere l’eccezione, una concessione
imposta da una realtà inevitabile (es. la sconfitta). (…)
Qui sorge la questione: che sovranità ha uno stato di
questo genere? Possiamo rispettare un regime in cui il
crimine è legale ed è la regola? (…) Secondo i codici
10. 10
penali e militari di vari paesi civili, agli ordini
manifestamente criminali non si deve obbedire. (…)
Anche se gli ordini superiori possono turbare il
normale funzionamento della coscienza, si può
scegliere di ridurre o aumentare il condizionamento
assumendo o meno incarichi dal regime, e del resto
esistono culture, legalità precedente e una moralità
istintiva cui appellarsi, per quanto essa possa essere
debole nella maggioranza. Ed esiste la possibilità di
andare a vedere, quando gli slogan o il gergo hanno
l’aria di tutto ciò che è comodo perché non definisce.
(…) Che i reati furono commessi in massa e il grado in
cui ciascuno dei tanti criminali era vicino o lontano
dall’assassino materiale non significa nulla, per quanto
concerne la misura della responsabilità. Al contrario, in
generale il grado di responsabilità cresce quando più ci
si allontana dall’uomo che uccide con le sue mani (…)
Un altro modo di evadere dal campo dei fatti
accertabili e della responsabilità personale consiste nel
ricorrere a una delle teorie astratte e mai verificabili,
schemi che “spiegano” tutto senza spiegare nulla, come
l’idea di mentalità del ghetto, di colpa collettiva, di
innocenza collettiva (…), clichés per rendere superfluo
ogni giudizio e che possono essere adoperati senza
alcun rischio. Se potessero essere validi, nessuno
potrebbe mai essere innocente o colpevole. Con ciò
non si nega la responsabilità politica, ma questa è
indipendente, un tribunale penale si pronunzia sulla
colpevolezza o sull’innocenza di un individuo (…)
E quelli che oggi parlano di carità cristiana sembrano
avere idee confuse anche su questo. La chiesa
evangelica tedesca ha dichiarato che era stata
corresponsabile dei crimini del Reich di fronte al Dio
di misericordia. Un cristiano invece è colpevole di
fronte al Dio di misericordia se ripaga il male col male,
ma le Chiese furono corresponsabili di un crimine non
provocato, quindi sono colpevoli di fronte al “Dio di
giustizia”. La giustizia, non la misericordia, è una
questione di valutazione, ma l’opinione pubblica
approva che si giudichino solo entità generiche in
modo che non si facciano nomi e con aria di superiorità
far rilevare come segno di intelligenza ragionare in
termini di quadro generale dove tutti i gatti di notte
sono bigi e dove tutti siamo ugualmente colpevoli,
tirando in causa anche tutta la cristianità e a quel punto,
con un altro passo oltre, dire “certo, le colpe sono
gravi, ma l’imputato è l’umanità intera”.
Sommersi e salvati (P. Levi)
Muhsfeld non era un misericorde; la sua razione di
strage quotidiana era trapunta di episodi arbitrari e
capricciosi segnata da sue invenzioni di raffinata
cruedeltà, ma neppure lui era un monolito. Se fosse
vissuto in un ambiente ed in un epoca diversi è
probabile che si sarebbe comportato come qualsiasi
altro uomo comune. Fu impiccato e questo fu giusto.
L’odore dei soldi (E. Veltri – M.Travaglio)
Alla Camera chiunque parli di legalità è insultato, i
deputati inquisiti o condannati per qualsiasi reato
vengono dichiarati “insindacabili”; le richieste di
arresto vengono considerate persecutorie e rispedite al
mittente (…) Quando si attacca sistematicamente la
parte migliore della Magistratura e la più esposta sul
fronte della lotta antimafia (…) definendola “assassina”
(…) per salvare se stessi e i propri amici, quando la
Guardia di Finanza viene definita “un’associazione per
delinquere” (e da chi l’ha corrotta, per giunta), è
difficile che la criminalità non si rafforzi di pari passo
con il dilagare del senso di impunità. Il resto lo fanno
le leggi ipergarantiste approvate per favorire i colletti
bianchi inquisiti dentro e fuori il Parlamento che hanno
finito per favorire tutta la criminalità (…) leggi
“salvaladri” (…) la legge vale per tutti. Scassinatori,
scippatori, corrotti, falsificatori di bilanci, evasori
fiscali, pedofili.
Il contesto (L. Sciascia)
I colpevoli aspettavano a piede fermo (…) Gli
innocenti invece fuggivano. E a maggior ragione (…)
**, entrato innocente con labili prove nell’ingranaggio
poliziesco, senza nemmeno che la sentenza
riconoscesse l’insufficienza di prove.
La banalità del male (H. Arendt)
È nota la prassi comune nei regimi nazisti e simili di
proteggere e favorire, anche tra i prigionieri, i criminali
– i “cattivi” – e punire e far soffrire i buoni.
Donna moderna (rivista)
I detenuti (…) anche quelli colpevoli dei reati più gravi
(…) hanno diritto a risiedere in case famiglia (…) e a
disporre di spazi attrezzati per cavalli e con forniture di
gelato, dove accogliere i figli in visita.
La scomparsa dei fatti (M. Travaglio)
Da noi i fatti non contano. Mentre il giornalista li
indica, tutti gli guardano il dito e cominciano a
discutere se sia un dito di sinistra o di destra. Se quel
che indica può favorire questa o quella parte (…)
Notizie poche, confusione tanta (…) e i direttori stessi
dei TG Rai hanno nei partiti l’unico punto di
riferimento e il pubblico non sanno neppure cosa sia.
Il giornalista deve tacere particolari scomodi (per sé o
per altri) o (…) ribaltare i fondamentali della notizia
(…) In questo caso, la somma della sua cronica e di
quelle degli altri come lui non è pluralismo: è un
ammasso informe di bugie e mezze verità. E
sommando due mezze verità non si ottiene una verità
intera (…) Informare chi non sa nulla di un fatto è
molto più facile che informare chi già lo conosce
falsificato o manipolato. In questo secondo caso
bisogna prima convincerlo che è stato preso in giro
(circostanza che umanamente è difficilissima da
ammettere), scrostare dalla sua mente l’informazione
falsa e poi sostituirla con quella vera.
Dall’oggetto allo scandalo (…) verso falsi problemi e
aspetti collaterali che nulla avevano a che fare con il
nocciolo della questione (…) Il dibattito prosegue
giungendo a conclusioni che mai avrebbe sortito se i
fatti fossero rimasti al centro dell’attenzione.
11. 11
Sua Santità (G. Nuzzi)
Ci vorranno settimane perché si ristabilisca la verità
(…) Ecco coniate nuove allocuzioni come “metodo
Boffo” per far intendere che certa stampa di destra non
fa informazione, prende di mira qualcuno, lo distrugge
solo perché è in rotta di collisione con il proprio
politico di riferimento (…) Gli avversari vengono
colpiti pubblicando notizie già uscite, infarcite di balle
colossali, per annientare il nemico. Insomma, si
attribuisce una volontà intimidatoria a certi articoli: chi
osa criticare il grande capo viene diffamato come
Boffo. Che valga per tutti.
La forza delle cose (S. De Beauvoir)
Di me sono state create due immagini. Sono una pazza,
una mezza pazza, un’eccentrica (…) Ho abitudini
dissolute; una comunista raccontava, nel ’45, che a
Rouen da giovane mi aveva vista ballare nuda su delle
botti; ho praticato con assiduità tutti i vizi, la mia vita è
un continuo carnevale ecc… Somiglio a un
caposquadra dei boy-scout. Passo la mia esistenza tra i
libri o a tavolino, tutto cervello (…) L’essenziale è
presentarmi come un’anormale (…) Una vita (…) ha i
suoi motivi, il suo ordine, i suoi fini che si possono
giudicare stravaganti solo se di essa non si capisce
niente. Di solito il pubblico, se scopre che non siete
sovrumani, vi considera al di sotto della specie umana
(…) Tra il ’45 e il ’52 la nostra posizione si prestava
moltissimo alle distorsioni soprattutto perché non
eravamo classificabili (…) un’assenza di etichette che
sconcertava e irritava.
C’erano (…) sfide e malafede frutto della lotta dei
sessi, che è proprio il contrario dell’onestà intellettuale.
Diritto di resistenza e nonviolenza (A. Bandinelli) in
Ribellarsi è giusto
La rivendicazione del diritto all’identità esige la
rivendicazione del diritto all’informazione; io ho diritto
a che l’informazione su di me sia tale da restituire agli
altri la mia identità, così come gli altri hanno il diritto
di conoscermi.
La scomparsa dei fatti (M. Travaglio)
La britannica Bbc (…) accusa il governo Blair di aver
ritoccato il rapporto sulle presunte armi di sterminio di
Saddam (…) trasformando ipotesi in fatti accertati (…)
Nelle numerose ispezioni in Iraq, gli ispettori dell’Onu
non ne avevano trovato traccia. Inesistenti sul versante
iracheno, le armi proibite c’erano eccome negli arsenali
dei cosiddetti liberatori (…) Documentati i
bombardamenti al fosforo (…) Il Pentagono smentisce
(…) accusando la Rai di “propaganda antiamericana”
(…) Il presidente – fantoccio – iracheno definisce le
notizie “propaganda terroristica” (…) Le bugie che
compongono la grande menzogna della guerra
preventiva sono infinite (…)
In principio erano le armi di distruzione di massa. Per
prevenire il terribile attacco di Saddam al resto del
mondo, partì la guerra all’Iraq. Poi si scoprì che le armi
non c’erano (…) Allora si disse che bisognava colpire,
a Baghdad, il più temibile alleato alleato e foraggiatore
di Al Qaeda. Poi si disse che eravamo lì per liberare gli
iracheni da Saddam e dai suoi aguzzini della Guardia
Repubblicana. Poi si scoprì che molti dei suoi aguzzini
della Guardia Repubblicana, appena catturati, venivano
travestiti da ufficiali del governo provvisorio insediato
dagli angloamericani e rimessi in pista. Allora si disse
che bisognava restare perché gli iracheni lo volevano,
infatti ci accoglievano come liberatori. Poi si scoprì che
ci sparavano addosso. Allora si disse che eravamo lì
per esportare la democrazia. Poi si scoprì che, già che
c’eravamo, esportavamo anche la tortura (…) Allora si
disse che bisognava restare per riportare la pace in Iraq,
contro una guerra che avevamo scatenato noi. Poi si
scoprì che la pace faceva più morti che la guerra.
Allora si disse che bisognava restare per combattere il
terrorismo. Poi si scoprì che di terroristi, in Iraq non ce
n’erano prima dello sbarco delle truppe occidentali (…)
e che il terrorismo, da quando lo combattiamo,
aumenta. Allora si disse che bisognava restare perché
altrimenti sarebbe scoppiata la guerra civile tra sciiti e
sunniti. Poi (…) si scoprì che la storia irachena non
conosce guerre civili (…) Continui spostamenti del
dibattito sempre più lontano dai fatti. Dalle armi di
sterminio (…) alla difesa (…) addirittura della Chiesa
Cattolica, e via di questo passo, all’infinito.
Lo straniero misterioso (M. Twain)
Le monarchie, le aristocrazie, la religione sono tutte
basate sulla diffidenza di ogni individuo verso il
prossimo e sul desiderio di ognuno di mostrarsi, per
motivi di sicurezza e di comodità personale, sotto una
buona luce agli occhi del vicino (…) Voi sarete
sempre, e resterete, schiavi delle minoranze (…) che
fan baccano. Il pulpito, dapprima, si opporrà alla
guerra: cautamente, senza compromettersi troppo; poi i
pochi grideranno più forte. Un paio di uomini onesti,
dall’altra parte, discuteranno e ragioneranno contro la
guerra, con la parola o la penna; (…) gli altri
grideranno più forte di loro e ben presto il fronte dei
pacifisti si assottiglierà e diverrà impopolare; di lì a
poco assisterete a questo spettacolo curioso: oratori
presi a sassate sul podio, la libertà di parola soffocata
da orde di uomini furibondi che, nel loro intimo, sono
ancora dalla parte degli oratori contro cui hanno
scagliato pietre: solo non osano dirlo; (…) Quindi i
politicanti inventeranno meschine bugie, dando colpa
alla nazione attaccata, e ognuno sarà felice di quelle
falsità che placano ogni rimorso, (…) rifiutando di
prendere in esame ogni argomento atto a confutarle, e
così, a poco a poco, convincerà se stesso che la guerra
è giusta (…) in questo grottesco processo di
autoinganno.
La scomparsa dei fatti (M. Travaglio)
L’informazione (…) specializzata nella complicazione
delle cose semplici e nella confusione sulle cose chiare,
riesce a intorbidare le acque e le idee anche su uno
scandalo (…) evidente e devastante (…)
Svuotiamo o ribaltiamo il significato delle parole per
nascondere meglio i fatti o (...) per pigrizia, perché tutti
fan così e pare brutto disturbare i manovratori.
12. 12
I Promessi Sposi (A. Manzoni)
A voler impiparsi delle “Gride”, la prima cosa è di
parlarne con grande riguardo (…) Gli uomini
dell’esecuzione (delle Gride) erano generalmente dei
più abietti e ribaldi soggetti del loro tempo (…)
La collera aspira a punire (…) le piace più di attribuire
i mali a una perversità umana, contro cui possa fare le
sue vendette, che di riconoscerli da una causa con la
quale non ci sia altro da fare che rassegnarsi (…) Chi
avesse negata l’esistenza di una trama, passava per
cieco, ostinato (…) se pur non (…) complice (…) Oh
le forze mirabili e dolorose di un pregiudizio generale!
(...) Ed è difficile che tutti o moltissimi credano a lungo
che una cosa strana si faccia, senza che venga alcuno il
quale creda di farla (…) Gran parte hanno la
credibilità, l’ignoranza, la paura, il desiderio di scusarsi
d’aver così tardi riconosciuto il contagio e pensato a
mettervi riparo (…) In principio, dunque, non peste,
assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di
proferire il vocabolo. Poi, febbri pestilenziali: l’idea si
ammette per bieco in un aggettivo. Poi, non vera peste;
vale a dire peste sì, ma in un altro senso; non peste
proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un
altro nome. Finalmente, peste senza dubbio, e senza
contrasto: ma gia ci s’è attaccata un’altra idea, l’idea
del venefizio e del malefizio, la quale altera e confonde
l’idea espressa dalla parola che non si può più mandare
indietro. Non è, credo, necessario d’essere molto
versato nella storia dell’idee e delle parole, per vedere
che molte hanno fatto un simil corso (…) Chi forma la
massa (…) è un miscuglio (…) d’uomini (…) un po’
riscaldati, un po’ furbi, un po’ inclinati a una certa
giustizia, come l’intendono loro, un po’ vogliosi di
vederne qualcheduna grossa, pronti a (…) detestare e
ad adorare, secondo che si presenti l’occasione di
provare con pienezza l’uno o l’altro sentimento; avidi
ogni momento di sapere, di credere, qualche cosa
grossa, bisognosi di gridare, d’applaudire a
qualcheduno o d’urlargli dietro.
Uscita di sicurezza (I. Silone)
La peggiore tirannia è quella delle parole (…) Si deve
apprendere di nuovo e serenamente a pensare nel
nostro linguaggio (…)
Sono i grandi semplificatori che portano alla dittatura
(…) cioè i grandi confusionari (…)
Non si può fare opera di verità senza la più franca
spregiudicatezza e irriverenza.
La scuola dei dittatori (I. Silone)
Se un partito si chiama radicale è senza dubbio
moderato; un gruppo scissionista si chiamerà partito
unitario; se un partito riceve sovvenzioni e direttive
dall’estero parlerà in ogni occasione d’indipendenza
nazionale (…) L’invio di truppe per alimentare la
guerra civile in un paese amico si chiama intervento.
L’arresto di avversari politici destinati ad assassinio si
chiama camera di sicurezza. I tribunali di partito
incaricati di terrorizzare l’opinione pubblica si
chiamano tribunali popolari. Gli armamenti si
giustificano dappertutto col pretesto della pace, la
mancanza di parole col pretesto di difendere il proprio
onore; l’Italia asservisce l’Abissinia per sopprimervi la
schiavitù; il Giappone invade la Cina per aiutare il
popolo cinese a liberarsi della dittatura. L’atto di
suggestionare gli altri è sovente accompagnato da
effetti di autosuggestione. Può accadere che ripetendo
spesso la medesima menzogna, l’oratore politico
finisca lui stesso per credervi (…)
Non c’è espediente più economico e più innocuo di
risolvere i problemi che alternare la loro
denominazione.
La banalità del male (H. Arendt)
Tutta la corrispondenza dei nazisti relativa allo
sterminio doveva rispettare un determinato gergo che
fu di enorme utilità per mantenere l’ordine e
l’equilibrio negli innumerevoli servizi la cui
collaborazione era essenziale. Gergo vale per
menzogna. Un effetto: i nazisti si rendevano ben conto
di quel che facevano, ma la loro attività ai loro occhi
non coincideva con l’idea tradizionale del delitto. Il
sistema era un usbergo contro la realtà ed Eichmann,
suggestionabile com’era dalle parole d’ordine e dalle
frasi fatti e insieme incapace di parlare il linguaggio
comune, era l’individuo adatto da questo punto di vista
(…)
Si parlava di battaglie per indicare le torture e la
soppressione di donne, bambini, vecchi e altri, ritenuti
“bocche inutili” (…)
Si parlò di lotta fatale per indicare la guerra dichiarata
senza motivo, per distogliere l’attenzione dal fatto che
era arbitraria e far sembrare che se non l’avessero fatta
loro, l’avrebbero fatta gli altri e che si trattava di difesa.
http://www.slideshare.com/leggere-per-vivere
Senza prendere sul serio la letteratura nella sua storia
non si può vivere consapevolmente e senza essere
complici del peggio in un mondo in cui politici dicono
pubblicamente “Hitler è la vittima innocente degli
ebrei”, avvocati definiscono le torture dei lager nazisti
“questioni mediche”, e psicologi, psichiatri e loro
collaboratori in ogni settore della società si lamentano
con gli amici della rottura di scatole che è a volte per
loro (poverini!) la violenza, che scelgono di infliggere,
e la vista delle sofferenze e delle idiosincrasie, che in
gran parte sono loro a creare, di quell’insieme cioè di
violenze fisiche e psicologiche e conseguenti
manifestazioni di dolore che credono di poter rendere
qualcosa di diverso da ciò che è, attraverso un
vocabolario assurdo e di casta (usando insomma i
metodi nazisti del gergo e dell’addormentare la
coscienza con il senso del grado nella gerarchia e delle
fatiche compiute per il Reich…)
Delitto e castigo (F. Dostoevskij)
Tornerà in sé, poi sua madre la butterà fuori di casa.
Dopo tre anni sarà un rudere e in tutto avrà avuto 18
anni da vivere. Non ne ho forse visto oltre? E come
avevano fatto a diventare così? (…) Così dev’essere,
dicono. Una certa percentuale, dicono, deve andarsene
13. 13
ogni anno (…) chissà dove, poi (…) al diavolo,
probabilmente, per dar sollievo a quelli che restano e
non esser loro d’impaccio. Una percentuale! Graziose,
davvero, queste loro parolette: così riposanti, così
scientifiche. Una percentuale, si è detto, dunque non è
il caso di preoccuparsi. Se fosse un’altra parola, bè,
allora (…) magari sarebbe più inquietante (…) E se
anche ** un giorno o l’altro finisse nella percentuale?
Resurrezione (L. Tolstoj)
Il presidente dichiarò chiusa l’inchiesta, senza
intervalli, ansioso di sbrigarsela. Il sostituto
procuratore, ottuso per natura, aveva la disgrazia di
essere stato premiato per la sua tesi all’università e di
aver successo con le donne. Era perciò stupido e
tronfio al massimo grado e, evitando di guardare gli
imputati, parlò a lungo, cercando di rendere la sua
requisitoria di portata sacrale come le arringhe celebri
(…) Nonostante la smania di sbrigarsi in fretta per
andare dalla sua amante che lo stava aspettando, poi, il
presidente aveva talmente fatto l’abitudine al suo
mestiere e tanto gli piaceva ascoltarsi che, una volta
cominciato, non gli riusciva di smettere (…) e
dimenticò così di dire l’essenziale (…): “Guardate che
controsenso nel verdetto. Lei è innocente”.
“Bisognerebbe annullare il verdetto. Che ve ne
sembra?” Si rivolse il presidente al giudice dall’aria
buona. Il giudice sommò le cifre del numero del foglio
che gli presentarono decidendo che se l’operazione
fosse stata divisibile per tre avrebbe accettato. L’altro
giudice rispose: “I giornali già dicono che i giudici
assolvono i delinquenti. Che direbbero se anche la
Corte lo facesse? Il presidente guardò l’orologio:
“Peccato, ma che farci?” e invalidò il foglio.
Lo straniero (A. Camus)
Si decideva la mia sorte senza chiedere il mio parere
(…) L’avvocato diceva io quando parlava di me.
Questo significava eliminarmi ancora un po’ dalla
cosa, ridurmi a zero (…) Ha invocato la legittima
difesa molto rapidamente e poi ha parlato della mia
anima (…) e il pubblico ministero diceva: “Lo accuso
di aver seppellito sua madre con un cuore criminale.
Fornirò le prove alla chiarezza accecante dei fatti e poi
nella luce tenebrosa, che mi fornirà la
psicologia…diceva che non vi aveva trovato nulla di
umano (…) Diceva che un uomo che uccideva
moralmente sua madre radiava se stesso dal consorzio
umano allo stesso modo di un parricida (l’assassinio di
un padre, il più abominevole dei misfatto (…)
l’immaginazione secondo lui indietreggiava di fronte a
un così atroce gesto (…) Ero colpevole anche del
parricidio da giudicare l’indomani (…) Pena capitale è
un triste dovere di fronte a un volto d’uomo dove nulla
non sia mostruoso.
The trial (Pink Floyd)
Buongiorno vostro onore il Verme, il procuratore della
Corona dimostrerà chiaramente che il prigioniero al
vostro cospetto è stato colto in flagrante a mostrare
sentimenti di natura quasi umana. Questo non è
ammissibile. Convocate l’insegnante! (…)
Sem’avessero lasciato fare a modo mio, avrei potuto
forzarlo in riga, ma avevo le mani legate. I cuori teneri
e gli artisti l’hanno lasciato continuare (…) Spero
buttino via la chiave della cella (…) Non ho mai visto
nessuno più meritevole della massima pena prevista. Il
modo in cui ha fatto soffrire la tua moglie squisita e tua
madre suscita in me il bisogno di defecare (…) Tu hai
rivelato la tua paura più profonda. Io sentenzio che tu
sia esposto davanti ai tuoi simili.
Guerra e pace (L. Tolstoj)
Simili domande che prescindono dalla sostanza del
fatto, come tutte le domande che si fanno nei processi,
avevano come unico scopo di tracciare quella sorta di
condotto lungo il quale i giudicanti volevano che
scorressero le risposte dell’imputato, spingendolo verso
la meta desiderata. L’unico scopo del gruppo era
accusarlo.
Il contesto (L. Sciascia)
L’avvento della massa ha portato l’esistenza a un totale
stato di guerra: milioni di uomini ormai si somigliano
(…) non esistono più individui, responsabilità
individuale (…) Disonore e delitto devono essere puniti
nel numero; giudicati dalla sorte.
L’uomo in rivolta (A. Camus)
Nodier doveva riassumere la posizione difesa da Sade:
“Uccidere nel parossismo della passione si può capire.
Fare uccidere nella quiete di una seria meditazione e
sotto pretesto di ministeri o azione onorevole, questo
non lo si capisce”. Sade, come si vede, era più morale
dei nostri contemporanei (…)
Il regolamento che precisa i rapporti tra la volontà di
potenza e l’uomo-oggetto sono lezioni che i teorici
della potenza ritroveranno quando dovranno
organizzare quest’epoca degli schiavi (…)
Per il Führer l’uomo è uno strumento o, se nemico, un
prodotto di consumo dell’apparato (…)
Il fascismo è disprezzo. Inversamente ogni forma di
disprezzo, ove intervenga nella politica, prepara o
instaura il fascismo (…)
Leitmotiv della difesa di Goering al processo di
Norimberga: “Il vincitore sarà sempre giudice e il vinto
accusato” (…)
Il terrore si propone la distruzione non solo della
persona, ma delle possibilità universali della persona,
la riflessione, la solidarietà (…) e deve avere la
colpevolezza della vittima, perciò solo le pietre sono
innocenti (…)
L’impero presuppone la negazione della natura umana
e l’affermazione dell’infinita plasticità dell’uomo. La
propaganda serve a misurare questa plasticità e tenta di
far coincidere riflessione e riflesso condizionato. Perciò
rifiuta il mondo dell’irrazionale di cui però si serve
(…)
L’intelligenza contemporanea, pretendendo
all’universale, accumula le mutilazioni dell’uomo (…)
14. 14
A forza di persecuzioni resta solo l’unico universo in
cui l’efficacia possa ergersi a giudice supremo:
l’universo del processo (…)
Le fonti di vita e di creazione sembrano inaridite (…)
La paura agghiaccia un’Europa popolata di fantasmi e
di macchine.
Il taccuino d’oro (D. Lessing)
L’ironica nostalgia, (…) era un aspetto della sfiducia e
della distruzione (…)
Un senso di nostalgia falso (…), di giungla,
d’abbandono. (…) La nostalgia (…) profonda. (…)
Non c’è niente più forte di questo nichilismo, di questa
rabbiosa smania di buttar tutto a mare (…). Questa
emozione è una delle ragioni più valide perché le
guerre continuino (…)
Il tono sbagliato in una volontà di castigarsi è una
mancanza di sensibilità o un rifiuto a comporre insieme
cose contrastanti per ricavarne qualcosa di unitario che,
per quanto terribile fosse, ci permettesse di viverci
dentro. Il rifiuto vuol dire che non si può né cambiare
né distruggersi; il rifiuto vuol dire in sostanza o la
morte o l’impoverimento dell’individuo (…)
I conflitti (…) invece di maturarlo, finirono col
distruggerlo in poco tempo. (…) Lavoravamo, (…) ma
al lavoro s’accompagnava un cinismo. (…) Ho
imparato a osservare come scherza la gente. Un tono
leggermente malizioso, una punta di cinismo nella voce
possono svilupparsi nel giro di dieci anni in un cancro
che ha distrutto tutta la personalità. L’ho notato spesso
e non solo nelle organizzazioni politiche (…)
Pieni di buonumore, sì, è questa la loro caratteristica: il
buonumore. E sotto c’è l’isterismo, la paura di essere
coinvolti. (…) Tutto predisposto (…), tanto sentimento
e basta. (…)
Freddezza, freddezza, freddezza, è questa la parola.
Questa è la bandiera (…)
L’uomo che veniva dal proletariato e che era un
medico (…) era stato sostenuto nella lotta da quella sua
ironia critica e amara, la stessa ironia contro cui aveva
lottato e che aveva finito lentamente col distruggere
l’idealismo che c’era in lui.
I demoni (F. Dostojevskij)
Consideravano la loro scellerataggine allegria e il
cinismo più banale intelligenza.
Fontamara (I. Silone)
La loro allegria faceva schifo.
L’uomo senza qualità (R. Musil)
Dicono tutti che questo spirito nuovo non deve
contenere molti pensieri (…) Mi sono chiesto se non è
semplicemente lo spirito militarista (…) se non si ha
niente da fare e non si sa dove sbattersi, si è pieni di
energia, si strepita e si tormentano gli uomini (…) Il
peso della vita (…) cade nei momenti in cui gli eventi
ci rapiscono, quelli senza senso (…) Qualche volta
desiderava essere travolto da avvenimenti assurdi e
delittuosi, purché validi e definitivi, senza la
permanente precarietà che hanno quando l’anima resta
superiore alle proprie vicende.
Tempi difficili (C. Dickens)
Il risultato di tutte le svariatissime noie che ho
conosciuto è la convinzione (a meno che la parola non
sia troppo impegnativa) che ogni gruppo di idee finirà
per fare la stessa quantità di bene e la stessa quantità di
male di un altro gruppo di idee. C’è una famiglia
inglese che ha uno “splendido” motto italiano: “Sarà
quel che sarà. Questa è la sola verità corrente” (…)
Questa erronea presunzione di onestà e di disonestà è
un vizio così pericoloso, così fatale eppure così
comune.
I. Silone
Non sono i critici che mancano in Italia, ma la fede
(…) Gli italiani sono un popolo di scettici
La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M.
Proust)
L’irresponsabilità aggrava le colpe e persino i crimini
(…) e ciò anche quando a una tendenza che sopravvive
a dispetto degli ostacoli (…) corrisponde (…) un
affinamento delle qualità morali.
Delitto e castigo (F. Dostoevskij)
Allorché le autorità hanno collocato una categoria di
esseri umani al di fuori della cerchia di coloro per i
quali la vita ha un prezzo (…) e si sa che si può
uccidere senza incorrere in alcun castigo, allora si
uccide, o quanto meno si circonda di sorrisi di
consenso coloro che uccidono (…) La subordinazione
della società all’individuo costituisce la definizione
stessa della democrazia.
Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Il crimine, Simone Weil lo scorge in una sorta di
semplificazione, di appiattimento della realtà, al pari di
ciò che avviene nel sogno di cui cadono preda coloro
che si identificano (…) in una guida (…)
Scrive: “l’idea che nega la guerra è l’idea che
l’individuo rappresenta il valore più alto che esista
(…). Ogni uomo può diventare un barbaro se si trova
inserito in un gruppo che si autoproclama la ragione del
bene, se si obbedisce a delle autorità, spirituali o meno,
se si sente esonerato dalla responsabilità di dover
scegliere, indotto a identificare il male nella parte
avversa (…) Nel male come nel sogno non vi sono
letture multiple (…) Cosa c’è di più orribile che morire
in un incubo? (…) Si crede alle notizie più
inverosimili, si cambia rapidi opinione, ci si lascia
guidare da parole d’ordine invece di aderire a
spiegazioni logiche e argomentate”.
La regina dei castelli di carta (S. Larsson)
Gli psicologi non ascoltano mai.
Guerra e pace (L. Tolstoj)
Il tedesco è sicuro di sé nel modo più disgustoso e
inesorabile, perché è ciecamente convinto di sapere la
15. 15
verità: una scienza, cioè, da lui stesso elaborata, ma che
per lui è il vero assoluto.
Uscita di sicurezza ( I. Silone)
Anche la rivolta per impulso di libertà può essere una
trappola, mai peggiore però della rassegnazione (…) Le
teorie sono transitorie, ma i valori sono permanenti.
(…) Vi sono certezze irriducibili. La distinzione tra
teorie e valori non è ancora abbastanza chiara nelle
menti di coloro che riflettono a questi problemi, eppure
mi sembra fondamentale. Sopra un’insieme di teorie si
può costruire una scuola e una propaganda, ma sopra
un insieme di valori si può fondare una cultura, una
civiltà. Non concepisco più teorie, ma una fede
sì…Forse le mie certezze sono troppo poco per una
professione di fede, ma abbastanza per una
dichiarazione di fiducia. Mi è rimasto un bisogno di
effettiva fraternità, un’affermazione della superiorità
della persona su tutti i meccanismi economici e sociali
che la opprimono, la certezza che siamo esseri liberi e
responsabili e che l’uomo ha assoluto bisogno di
apertura alla realtà degli altri. (…) e un reverente
sentimento verso ciò che nell’uomo tende
incessantemente a sorpassarsi. (…)
Nichilista è la convinzione che dietro tutte le fedi e
teorie non ci sia nulla in fondo e che quindi conti solo
il successo, il coraggio, ecc. indipendentemente dalla
causa. (…) Nichilista è la generale tendenza a
identificare la storia con i vittoriosi (…) Bisogna essere
sempre pronti a mutare di parte come la giustizia,
questa fuggiasca dal campo dei vincitori. .
La lettera scarlatta (N. Hawthorne)
Qui religione e legge si identificano al punto che tanto
il più mite quanto il più crudele atto della vita pubblica
assumono lo stesso aspetto venerabile e tremendo (…)
La più brutta e quindi la più severa tra quei giudici
improvvisati gridò: “** ha gettato la vergogna su tutte
noi e quindi deve morire” (…) “Sarebbe il caso di
strapparle via quel vestito” (…) Il vestito esprimeva,
con il suo aspetto pittoresco e fantastico, il disperato
abbandono dell’anima di ** (…)
**, perdendo la sua personalità, sarebbe diventata per
loro un simbolo.
Il bambino dal cuore gentile (N. Hawthorne)
Un lungo interrotto gemito espresse l’angoscia del suo
cuore e non mancò di suscitare commossa
partecipazione in molti, che però male interpretarono
questa involontaria virtù come un peccato.
Guerra e pace (L. Tolstoj)
Quando è impossibile tendere oltre le già tanto
elastiche fila delle considerazioni storiche, quando
l’azione è ormai troppo contraria a quello che tutta
l’umanità chiama giustizia, gli storici si rifugiano nel
concettosi grandezza. Per il grande non esiste il male
Resurrezione (L. Tolstoj)
Deformare il concetto della vita e della morale per
giustificare se stessi (…)
L’unico motivo per cui quest’organizzazione statale
inutile e dannosa basata sulla violenza si protrae è che
un certo ceto, casta, gruppo intende mantenere così i
suoi privilegi. (…)
Come i militari queste altre funzioni statali vivono
nell’atmosfera dell’opinione pubblica, che non solo
nasconde loro la criminalità degli atti che compiono,
ma glieli fa apparire eroici (…)
Il direttore ha soltanto eseguito l’ordine (…) l’ufficiale
aveva il compito (…) “Nessuno” è colpevole. Ma
quegli uomini sono stati uccisi (…) Se non fossero stati
direttori, ufficiali, ecc. alcuni avrebbero dimostrato un
po’ di compassione. Invece non lo fanno perché non
vedono dinanzi a sé uomini, ma il servizio (…) Se
ammettiamo, sia pure per un’ora e in un caso, che
esiste qualcosa di più importante del sentimento di
umanità, possiamo impunemente commettere qualsiasi
delitto. Sono tutti refrattari al più elementare
sentimento di pietà (…) perché considerano legge ciò
che non lo è (…) Sono peggiori dei criminali. Il
criminale può provare compassione, costoro no (…)
Affinché uomini possano commettere le più grandi
malvagità basta farne direttori, ufficiali, ecc.
convincerli che esiste un servizio governativo in cui è
lecito trattare gli uomini come cose e poi creare tra loro
un legame di omertà tale che nessuno possa sentirsi
responsabile separatamente dagli altri nei suoi atti.
Verso le cose si può agire senza amore, ma tra uomo e
uomo l’amore è indispensabile come è indispensabile
la prudenza nel trattare le api per le caratteristiche delle
api (…) È vero che l’uomo non può costringere se
stesso ad amare il prossimo, come invece può
costringersi a lavorare. Ma non ne consegue che sia
lecito trattare gli uomini senza amore, soprattutto se si
esige da loro qualcosa. Se non ami il tuo prossimo,
òccupati delle cose che ti piacciono, non dei tuoi simili
(…) Giudici e funzionari percepivano lauti stipendi,
succhiati al popolo per leggere in certi libri scritti coi
medesimi fini da altri uguali a loro, quali
provvedimenti usare e mandavano delle persone in
luoghi dove, in assoluta balìa di carcerieri e direttori
crudeli e abbrutiti, morivano spiritualmente e
materialmente (…) I vizi diffusi in tali prigioni non
sono le manifestazioni anormali di un preteso tipo,
come blaterano ottusi “scienziati”, ma le conseguenze
di tale aberrazione mostruosa nata dal presupposto che
alcuni hanno il diritto di giudicare e trattare così altri
(…) I vari giudici e funzionari se ne lavavano le mani
della giustizia e del bene della comunità di cui tanto
parlavano, e miravano ad intascare gli stipendi: ciò era
evidentissimo (…)
Procedevano come nella pesca con le reti, in cui si tira
a riva tutto ciò che càpita (…) imprigionando centinaia
di innocenti, evidentemente incapaci di nuocere, e li
tenevano talvolta per anni in stabilimenti dove si
ammalavano, impazzivano o si suicidavano. Li
trattenevano a volte solo perché non c’era ragione di
rilasciarli. La sorte di questi individui, spesso innocenti
persino dal punto di vista del governo, dipendeva
dall’arbitrio, dal buon tempo, dall’umore del
funzionario, della spia ecc. Se il tale impiegato si
16. 16
annoia o vuole mettersi in mostra, fa la retata, e a
seconda dell’umore suo o dei suoi superiori, trattiene la
gente o no. Il funzionario capo poi, anch’egli conforme
al suo bisogno di prestigio o potere, chiude in
segregazione cellulare o condanna a lavori governativi.
L’uomo senza qualità (R. Musil)
Tutte le ideologie professionali sono nobilissime e i
cacciatori non si sognano certo di definirsi i macellai
del bosco, così come i commercianti che hanno lo
stesso dio dei ladri. Al quadro di un’attività nella
coscienza di coloro che la esercitano non bisogna
prestar fede (…)
S’è cominciato nel XVI secolo a non sforzarsi più di
penetrare i segreti della natura, bensì ad accontentarsi
di esplorarne la superficie (…) con Galileo, il cui modo
di considerare le cose ha dato poi origine in brevissimo
tempo, come alle macchine utensili, alla psicologia
fisiologica ecc. (…)
Prima che il mondo intellettuale scoprisse la sua
passione per i fatti materiali, questa passione era
propria soltanto dei guerrieri, dei cacciatori e dei
mercanti, cioè da temperamenti astuti e violenti (…) Le
qualità che conducono a invenzioni e scoperte sono
spirito d’iniziativa e di distruzione in egual misura,
esclusione di considerazioni morali, paziente
mercanteggiamento del minimo vantaggio, diffidenza
di fronte a ogni cosa incerta, ovvero gli antichi vizi dei
cacciatori, dei soldati e dei mercanti poiché (…)
L’elemento del male originale non scompare anche
quando il vantaggio da conseguire non è più solo
personale (…) è il piacere di dar lo sgambetto alle
grandezze e vederle a terra (…) C’è nella scienza tutta
una preferenza diabolica per la delusione, la
coercizione, l’inesorabilità o l’asciutta censura (…)
Trovano un preconcetto favorevole per acquistare
validità scientifica speciale sempre concetti come
l’attribuire i moti dell’animo a secrezioni interne,
rilevare affinità tra l’ebbrezza e l’alienazione mentale,
considerare la bontà solo una forma di egoismo
particolare, equiparare l’ano e la bocca come
l’estremità della stessa cosa ecc. Questa mania di
rimpicciolire tutto è come il piacere di vedere il bene
abbassarsi e lasciarsi distruggere con facilità (…)
Parole come costringere, maniera forte hanno un suono
gradevole e convincente (…) In non pochi uomini c’è
una disposizione al tumulto e una diffidenza verso tutto
ciò che si venera, che hanno trovato espressione poi
nella scoperta che con qualche cucchiaio di olio di
ricino fatto sorbire a un idealista si possono rendere
ridicole le più incrollabili convinzioni.
Per la critica del lavoro (G. Anders) in Ribellarsi è
giusto
Il lavoro è considerato come cosa che non olet (…) C’è
un motto foggiato in origine contro la nobiltà: “il
lavoro non disonora”. Il significato di questo motto è
stato pervertito nel modo più pauroso. Poiché oggi
serve giustificare il lavoro in ciò che ha di più infame.
E questo lavoro disonora di certo. (…) Anche la
liquidazione di bambini ci può essere imposta come
lavoro (…) Essere degli Eichmann (…) lo esige la
morale attuale, che pretende da noi che riconosciamo il
lavoro come qualcosa di “moralmente neutro”
Il buio a mezzogiorno (A. Koestler)
La linea è stata determinata dal principio “Il fine
giustifica tutti i mezzi” (…) Per il Partito l’Io era
sospetto (…) e non si poteva guarire un malato con pie
esortazioni (…) ma solo con la lama del chirurgo e i
suoi freddi calcoli: ma ovunque il bisturi era stato
applicato, una nuova malattia aveva preso il posto della
vecchia. E ancora l’equazione non reggeva (…) C’era
un errore nell’equazione? No, l’errore era nell’intero
pensiero matematico (…) Forse non si addiceva a un
uomo liberarsi completamente dei vecchi ceppi, (…)
dal “tu non devi”(…) Non era giusto pensare ogni
pensiero fino alla sua logica conclusione.
L’avventura di un povero cristiano (I. Silone)
L’aspirazione a comandare, l’ossessione del potere è, a
tutti i livelli, una forma di pazzia. Mangia l’anima, la
stravolge, la rende falsa, (…) soprattutto se si aspira al
potere a fin di bene (…) C’è solo il bene; non c’è a fin
di bene (…) Non si può ammazzare a fin di bene. Ogni
comunità genera aspirazioni di potenza (…) Allo scopo
di servire l’incremento della comunità, vengono
accettati continui compromessi per ambizioni dei capi
ed esigenze del gruppo. Gli egoismi si sommano. Un
ricco donatore criminale diventa impossibile
condannarlo (…)Ogni grande amministrazione ha
bisogno di finzioni..
Da Wikipedia
Nel 1977 una commissione fu incaricata di fare dei
controlli sui casi di lobotomia (…) sulle relazioni tra
questa pratica e la discriminazione di minoranze
etniche, religiose, politiche ecc. (…) La lobotomia si è
praticata correntemente in alcuni Paesi d’Europa
ancora negli anni ’80 (…) Essa veniva effettuata anche
su bambini (…) e anche nel caso che il “disturbo” fosse
ansia…
Pagina online su Improvvisamente, l’estate scorsa (T.
Williams)
Promise al direttore dell’ospedale psichiatrico un
grande finanziamento, purché egli praticasse la
lobotomia sulla nipote che la infastidiva col suo
silenzio e dolore dopo quel trauma (…) Lo psichiatra
accettò, pensando di ampliare lo stabile grazie a quel
denaro.
Trama da Wikipedia del film Changeling, basato su
fatti realmente accaduti
La polizia locale aveva un modo semplice di reagire di
fronte alle storie scomode: la donna fu rinchiusa in
manicomio…
Pagina online
Mussolini riteneva per sé necessaria quella decisione
(…) e la moglie venne internata.
17. 17
L’uomo in rivolta ( Camus)
Nečaev decide che si possono ricattare o terrorizzare
gli abitanti e ingannare i fiduciosi (…) Quanto agli
oppressi, poiché si tratta di salvarli una volta per tutte,
si possono opprimere maggiormente(…) Se pèrdono,
guadagneranno altri oppressi. Nečaev esige a principio
che si debbano spingere i governi a misure
oppressive(…) volte ad accrescere sofferenza e
miseria (…) “Che diritto abbiamo di togliere la vita”
gli si chiese, e Nečaev rispose: “Si tratta del nostro
dovere (…) Non ci sono piů diritti” (…)
L’accelerazione propria del nostro tempo investe anche
la fabbricazione della veritŕ, che diventa un puro
fantasma. Come nella favola popolare in cui gli
artigiani di una cittŕ intera tessevano il vuoto per
vestire il re.
La scuola dei dittatori (I. Silone)
Buona intenzione (…) serve a tutto giustificare. Con gli
occhiali di Stato si entra in pieno illusionismo: essi
permettono di vedere ciò che non esiste, e di non
vedere ciò che esiste, ingrandiscono i fatti senza
importanza e impiccioliscono gli avvenimenti gravi.
Gli stessi risultati di un tempo si ottengono ora con le
scenografie più semplici. Il mito della sovranità
popolare le ha spogliate.
D. Diderot
Non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene.
Teoria e pratica della nonviolenza (M. K. Gandhi)
Un cittadino che scende a patti con uno stato dispotico
o, il che è la stessa cosa, corrotto, è partecipe della sua
corruzione e del suo dispotismo
La scuola dei dittatori (I. Silone)
Quanti oltraggi alla libertà dei cittadini sono stati
sanzionati dal suffragio universale (…)
Il numero, senza la coscienza, è zavorra servibile a tutti
gli usi. La democrazia, oggi dittatura della
maggioranza, fino al 1848 indicava un potere
appoggiato dalla parte povera della nazione (…)
Le riforme democratiche del re Umberto rispondevano
a intenti reazionari. Il re pensò che un elettorato di 2
milioni di individui, in gran parte poveri e ignoranti,
poteva essere manovrato dal governo meglio di un
elettorato di 150 mila persone.
Introduzione di G. Fofi a La disobbedienza civile di
H. Thoreau
Il grande nodo di civiltà che il Novecento ha voluto
disattendere nella duplice convinzione dell’assoluto
dello Stato e dell’assoluto del benessere. È il nodo del
rapporto dell’individuo con lo Stato, che oltre alla
presenza di stati particolarmente oppressivi, contempla
la contemporanea impotenza delle ragioni di Antigone
e di quelle di Creonte (…) Il dovere di insorgere e
quello di obbedire (…) Lo Stato è stato capace di una
castrazione collettiva, assistito dai suoi media e dalle
attrattive del consumo.
L’uomo senza qualità (R. Musil)
Il vivere in uno stato ben ordinato ha qualcosa di
assolutamente lugubre (…) Non si può uscire in strada
senza mettere in moto un gigantesco apparato di leggi e
rapporti (…) L’uomo è travolto nell’incomprensibile
meccanismo di una rete (…)
** udì implorare (…) Era stranamente inopportuno,
quasi ridicolo quell’invocare da un funzionario un
sentimento umano, dal momento che le funzioni sono
puramente oggettive.
Inizio di una ricerca (I. Silone)
“Da tempo si aspettava il tuo internamento”. “Mi
ritiene pazzo?” “Mi ha detto con sicurezza: Chi allora?
È sempre stato contro il governo”.
La disobbedienza civile (H. Thoreau)
Ho detto all’esattore che non gli restava che dare le
dimissioni, che era suo dovere (…) Forse è impossibile
che un individuo abbia ragione e un governo abbia
torto? Forse che le leggi devono essere imposte solo
perché furono fatte? O devono essere dichiarate giuste
da un qualsiasi numero di uomini quando essi sanno
che sono ingiuste? E molti ben disposti ma pigri non
possono pensare che un uomo possa avere motivi più
alti dei loro; e così decidono che quest’uomo è pazzo
(…) Politicanti asseriscono che la sola maniera per
liberarli (gli schiavi) è diffondere quietamente
sentimenti d’umanità, quasi che tali sentimenti
esistessero, avulsi dai fatti.
Appendice a Se questo è un uomo (P. Levi)
Alcuni intellettuali dissenzienti vengono
sbrigativamente dichiarati pazzi, rinchiusi in istituti
psichiatrici, e sottoposti a “cure” che non solo
producono crudeli sofferenze, ma distorcono ed
indeboliscono le funzioni mentali. Il dissenso (…) si
cerca di demolirlo con i farmaci (o con la paura dei
farmaci) (…) Si tratta di una prostituzione
imperdonabile da parte dei medici.
La violenza, la crociata, il lutto (S. Audouin Rouzeau
– A. Becker)
Durante la prima guerra mondiale (…)
nell’impossibilità di fuga (…) I medici erano i nemici
peggiori (…), temuti, (…) odiati.
Piccola storia naturale: i morti (E. Hemingway)
- Non mi piace sentirlo là dentro insieme ai
morti.
- Non ascoltatelo (…) Credete che non mi serva
ad altro la morfina? (…) Andate a sparargli.
Prendetevi la responsabilità. Io farò rapporto.
Se prendessero anche qualcuno di voi medici sareste
diversi.
La banalità del male (H. Arendt)
Questa è l’idea della natura della scienza medica e dei
compiti del medico. Al cosiddetto processo dei medici
di Norimberga, emerse che i medici non si
18. 18
preoccupavano di conoscere del resto l’opinione
comune, ritenendo che il loro atteggiamento oggettivo
e scientifico fosse molto superiore a ogni idea della
gente (…)
Poiché il crimine era legge, l’unico modo per limitare il
proprio coinvolgimento nel crimine e le proprie
responsabilità era astenersi da ogni incarico pubblico.
Tecniche della nonviolenza (A. Capitini) in
Ribellarsi è giusto
La non collaborazione non esce dall’ambito della
legalità (…) I pubblici dipendenti danno le dimissioni;
(…) boicottaggio di pubbliche istituzioni; (…)
ostracismo, cioè esclusione di persone; (…) sviluppo di
parallele funzioni, (…) cercando di renderle così solide
da ottenere la maggior cooperazione possibile dal
pubblico. (…) Una lotta nonviolenta poggia
principalmente non sulla quantità, ma sulla qualità,
(…) sulla padronanza di sé, sullo spirito di sacrificio,
insomma sul valore morale di ciascuno.(…) che può
essere anche in donne e ragazzi (…) Non ci sono né
capi né seguaci (…) Deve essere fatto il tentativo di
offrire una via d’uscita dignitosa all’avversario e di
presentare una soluzione costruttiva del problema (…)
È necessaria la pubblicità delle iniziative. Il principio
risale al dovere che ognuno ha di collaborare alla
formazione dell’opinione pubblica. Kant affermò nel
‘700, in un famoso saggio sull’Illuminismo, il dovere e
il diritto di ogni cittadino di contribuire, con
l’espressione dei propri pareri al miglioramento delle
strutture, delle leggi, dei princìpi in qualsiasi campo
(…) Può anche darsi allora che il risultato più
importante della campagna sia non tanto il fine
raggiunto quanto un progresso di vita nonviolenta nella
società circostante.
Il dottor Zivago (B. Pasternak)
Il male peggiore fu la perdita della fiducia nel valore
della propria opinione. Si credette che il tempo in cui si
seguivano le suggestioni del senso morale fosse
passato, che bisognasse cantare in coro e vivere di
concetti altrui imposti a tutti.
Il seme sotto la neve (I. Silone)
“Se un malato può fare a meno dell’impiastro perché
volerlo costringere?” “Ma non dovrebbe essere
permesso chiedersi se si possa fare a meno delle
persone. Se l’eloquenza è obbligatoria, perché non la
farmacia? Un tuo parente ha perso l’impiego per aver
rifiutato di assistere a una conferenza (…) L’errore, il
più pernicioso che si possa immaginare, è di partire
dall’individuo”.
La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M.
Proust)
A un uomo abituato a dormire soltanto con qualche
droga, un’ora di sonno naturale (…) svelerà
l’immensità mattutina di un paesaggio altrettanto
misterioso e più fresco. Variando l’ora, il luogo in cui
ci si addormenta, provocando il sonno in modo
artificiale, (…) variando le condizioni nelle quali si
prende sonno, (…) la facoltà stessa di sognare e
persino di addormentarsi può esser persa (…)
I farmaci (…) compongono un simulacro di malattia
che l’abitudine del paziente finisce per stabilizzare
(…). Poi i farmaci perdono efficacia, se ne aumentano
le dosi, non fanno più per niente bene, ma (…) hanno
cominciato a far male (…)
Dalle malattie naturali si guarisce, ma da quelle create
dalla medicina mai (…)
Nei mesi che precedettero la sua morte, ** soffriva di
insonnie e consultò i medici i quali (…) videro nelle
sue doti di gran lavoratore (erano vent’anni che non
facevano più niente), nell’eccesso d’impegno, la causa
dei suoi malesseri. Gli consigliarono di non leggere
racconti terrificanti (non leggeva niente), di giovarsi
maggiormente del sole, “indispensabile alla vita” (s’era
guadagnato qualche anno di relativo miglioramento
soltanto confinandosi in casa), di nutrirsi di più (cosa
che lo fece dimagrire, e nutrì soprattutto i suoi incubi).
Uno di questi medici aveva un forte spirito di
contraddizione ed era particolarmente dispettoso;
quando ** lo vedeva in assenza degli altri e gli
sottoponeva come idee proprie ciò che gli altri gli
avevano consigliato, il medico dispettoso, convinto che
lo scrittore cercasse di farsi prescrivere qualcosa che gli
piaceva, si affrettava a proibirglielo, e spesso con
motivazioni fabbricate così in fretta per le necessità
dell’argomentazione che, di fronte all’evidenza delle
obiezioni materiali mossegli da **, era costretto, nel
giro della stessa frase, a contraddire anche se stesso,
riuscendo tuttavia, ma per ragioni opposte, a ribadire il
divieto (…)
C’è nel nostro corpo un certo istinto di ciò che è
salutare, così come, nel cuore, di ciò che è il dovere
morale (…)
Sappiamo che i bagni freddi ci fanno male, ma li
amiamo: troveremo sempre un medico per
consigliarceli, non per impedire che ci facciano male.
Da ciascuno dei suoi medici ** prese qualcosa di ciò
che, per saggezza, s’era vietato da anni. In capo a
qualche settimana, i guai d’un tempo erano ricomparsi,
i recenti s’erano aggravati. Sconvolto da una sofferenza
d’ogni istante, cui s’aggiungeva l’insonnia interrotta da
brevi incubi, ** non chiamò più nessun medico e
ricorse con successo, ma con eccesso, a vari narcotici,
di ciascuno leggendo fiduciosamente l’accluso
prospetto che proclamava la necessità del sonno ma
insinuava che tutti i prodotti in grado di procurarlo
(salvo quello ch’era contenuto nel flacone avviluppato
dal prospetto, e che non causava mai intossicazioni)
erano tossici, il che rendeva il rimedio peggiore del
male. ** li provò tutti (…). Dopo che s’era in tal modo
affidato a uno di questi amici, un amico (o nemico?)
troppo potente, morì.
http://www.slideshare.com/organizzarsi-in-casa
In generale un consiglio sempre molto valido è di
considerare l’effetto personale, il proprio feedback, nel
provare un farmaco (e nell’utilizzarlo anche poi) più
che affidarsi ciecamente alla prescrizione o di cercare
disperatamente e assurdamente una guida esterna.