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28 | Eco di Biella | LUNEDÌ 19 AGOSTO 2019VIAGGIO NEGLI ECOMUSEI BIELLESI
MUSEO DEGLI ACQUASANTINI DI PETTINENGO/17
I benedetin e l’acqua sacra
Le mille forme della devozione
C
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fa nella Rete Mu-
seale Biellese, Pet-
tinengo ha recuperato in fret-
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già promette bene, e sta per
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Allestito nel 2017 nel sei-
centesco Oratorio di San
Rocco, nel centro storico di
Pettinengo, il museo ospita
una straordinaria - e pro-
babilmente unica nel suo ge-
nere - collezione di acqua-
santini, le acquasantiere ‘do-
mestiche’ che un tempo si
usava appendere accanto al
letto. Simbolo di devozione
popolare, i benedetin - come
erano anche chiamati - sono
stati diffusi per secoli nelle
case dell’Europa cattolica:
piccoli tabernacoli casalin-
ghi, con una cuvette per
contenere l’acqua benedetta,
sormontata da un’immagine
sacra, in genere raffigurante
crocifissi, madonne, santi
protettori, angeli custodi.
I 650 pezzi esposti sono i più
rappresentativi della collezio-
ne - ancora più ampia -
raccolta in quarant’anni di
ricerche da Sergio Trivero,
giornalista e bibliotecario vis-
suto a Pettinengo, che a lun-
go ha studiato la devozione
popolare nel Biellese insieme
al canonico Angelo Stefano
Bessone. L’origine della col-
lezione è raccontata dallo
stesso studioso nel ponderoso
volume ‘Cento Quaranta
Quattromila Segnati’, che
studia e cataloga minuzio-
samente i pezzi raccolti: “L’i-
dea di raccogliere acquasan-
tini è nata quarant’anni fa in
una casa biellese, staccando
dalla camera della nonna
quelli pendenti vicino al letto,
già in disuso, e aggiungen-
dovi il regalo della prima
comunione...”.
Ai primi pezzi se ne sono
aggiunti oltre 800 - spesso
donati da amici o acquistati
nel mercato antiquario - che
documentano la grande va-
rietà di forme in cui questo
oggetto devozionale è stato
interpretato attraverso i secoli
e i luoghi. Nel museo, i pezzi
sono suddivisi in base ai
materiali - argento, ceramica,
vetro, metallo, legno, pietra,
albastro, plastica e perfino
stoffa… - ma le varianti sono
infinite e talvolta sorpren-
denti: ci sono benedetin pre-
ziosi o umili, di fattura ar-
tigianale o fatti in serie, sobri
o elaborati fino al kitsch. E
non poteva mancare una se-
zione tematica dedicata alla
madonna di Oropa: dai pezzi
più antichi in ceramica con
l’effigie dipinta a mano, fino
a quelli venduti, dalla metà
dell’Ottocento, come souve-
nir nei negozi del santuario.
Ogni sezione riserva qualche
chicca. Ci sono acquasantini
in filigrana d’argento o in
vetro di Murano; quelli de-
licatissimi soffiati ad Altare
(presso Savona) nel ‘700 e
quelli eseguiti dal mastro ve-
traio Raffaele Bormioli a fine
anni Novanta; quelli in por-
cellana prodotti dalla Ri-
chard Ginori e le terrecotte
uscite dalle fornaci di Ca-
stellamonte; quelli in ala-
bastro o pietra nera fino a
quelli realizzati dalle donne
in casa, con lana o stoffa
ricamata.
La collezione, dopo la scom-
parsa del suo autore nel 2011,
viene ereditata da don Bes-
sone, che nel 2016 la dona al
DocBi Centro Studi Biellesi.
E l’associazione decide di
renderla pubblica, proprio
nel luogo dove è nata e
cresciuta: così, grazie alla
collaborazione con la Par-
rocchia e il Comune di Pet-
tinengo - che hanno rispet-
tivamente concesso in co-
modato e restaurato l’Ora-
torio - e con le associazioni
del territorio - Pacefuturo,
Piccola Fata, Pro loco - nasce
il Musa. Un progetto ancora
in divenire, che continua ad
accogliere donazioni e che -
come racconta il video che
accompagna la visita - col-
lega la collezione con il tema
dell’acqua, simbolo religioso
per eccellenza ma anche ele-
mento centrale e identitario
per il territorio biellese.
l Simona Perolo
IL MUSEO Il Museo degli acquasantini durante l’inaugu-
razione e, sopra, uno dei pezzi più pregiati della collezione
Non sono solo gli umani a migrare,
alla ricerca di condizioni di vita mi-
gliori: migrano gli animali, migrano le
idee, i simboli, le culture, e migrano
perfino le rocce, insieme ai popoli che
le utilizzano.
Inaugurato nel 2017, il Museo delle
Migrazioni, Cammini e Storie di Po-
poli ha sede nella casa di una famiglia
biellese emigrata in Francia, donata
alla Regione Sardegna. Questa, a sua
volta, l’ha messa a disposizione del-
l’associazione Su Nuraghe, che vi ha
raccolto i segni della vivace presenza
sarda nel Biellese: documenti, testi-
monianze, oggetti. E anche arte, con
la statua “La madre dell’ucciso”, dello
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pera esposta alla Biennale di Venezia
del 1907 di cui erano note soltanto
copie in gesso e in bronzo, finché
proprio nel Biellese è stata rinvenuta
una versione in marmo, acquistata nel
1942 da Vittorio Buratti per arredare
Villa Malpenga e ora, dopo un re-
stauro, esposta nel piccolo museo.
Ma l’ambizione del progetto - cu-
rato da un comitato scientifico plu-
ridisciplinare - è quella di allargare lo
sguardo sul concetto stesso di mi-
grazione, sugli spostamenti che, in-
trecciandosi nello spazio e nel tempo,
danno luogo a una miriade di com-
binazioni e di richiami tra culture e
luoghi diversi. Ecco allora le storie
degli immigrati veneti, la comunità
più numerosa presente sul nostro ter-
ritorio, con un focus sulle tante donne
che arrivavano qui sole, per lavorare
nelle fabbriche o nei campi come
mondine. Poi gli impresari della Valle
Cervo, migrati in Sardegna per rea-
lizzare opere, di cui sono esposti foto e
strumenti topografici del primo ‘900.
E i migranti per eccellenza, i popoli
‘zingari’, giunti in Italia dall’India
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E poi ci sono anche ‘altri’ migranti:
una sezione dedicata agli uccelli mi-
gratori che passano sui nostri territori;
una dedicata ai simboli, che ‘viag-
giano’ tra popoli e culture con ina-
spettate analogie; e perfino i minerali,
con una collezione di 600 campioni di
rocce sarde. Anch’esse talvolta mi-
grano: come l’ossidiana - la nerissima
perda crobina usata per i manufatti
arrivati fin qui con le migrazioni del
Neolitico - o la lignite del Sulcis, che
racconta le migrazioni forzate verso
Carbonia degli anni ’30.
l S.P.
SCHEDA
ALBUM DALL’ECOMUSEO
Sono650i“pezzi”espostidiunacollezioneunica
Nelle foto, alcuni esempi della grande varietà di materiali, forme, stili degli
acquasantini della collezione: il pezzo più pregiato, in filigrana d’argento,
proveniente da Genova (XVIII secolo) in basso accanto al titolo; il pezzo
più semplice, ottenuto saldando due pezzi di pluviale in lamiera; l’ac-
quasantiera appartenuta al vescovo di Biella monsignor Carlo Rossi; uno
dei numerosi esemplari in ceramica della collezione. A sinistra Giada,
operatrice museale, nella salla della singolare collezione.
INFO PRATICHE
DOVE: Oratorio San Roc-
co, via G.B. Maggia 6,
Pettinengo, Frazione Li-
vera
QUANDO: fino al 13 otto-
bre, 14.30-18.30 oppure su
appuntamento
INGRESSO: offerta libera
CONTATTI: Comune di
Pettinengo 015 8445035,
DocBi 015 31463, Pieran-
gelo Costa 347 6825122
WEB: www.docbi.it
FACEBOOK: @Musamuse-
oacquasantini
MUSEO DELLE MIGRAZIONI DI PETTINENGO/ 18
Un po’ di Sardegna ai piedi delle Alpi
MEMORIA MIGRANTE La valigia
dell’emigrante e, sopra, Silvia, oper-
atrice museale, che mostra alcuni
oggetti tipici di artigianato sardo
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INFO PRATICHE
DOVE: Via Fiume 12, Frazione Gurgo,
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QUANDO: fino al 13 ottobre, tutte le
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INGRESSO: libero
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Museo degli acquasantini e Museo delle migrazioni di Pettinengo

  • 1. 28 | Eco di Biella | LUNEDÌ 19 AGOSTO 2019VIAGGIO NEGLI ECOMUSEI BIELLESI MUSEO DEGLI ACQUASANTINI DI PETTINENGO/17 I benedetin e l’acqua sacra Le mille forme della devozione C Entrato solo tre anni fa nella Rete Mu- seale Biellese, Pet- tinengo ha recuperato in fret- ta: vanta infatti tre cellule ecomuseali, diversissime tra di loro, ciascuna con una storia di tutto rispetto alle spalle, legata a realtà as- sociative attive e radicate sul territorio: il Musa, realizzato dal DocBi; il Museo del- l’Infanzia, promosso dall’as- sociazione Piccola Fata; e il Museo delle Migrazioni, al- lestito dal circolo culturale Su Nuraghe. Partiamo dal Musa: il nome già promette bene, e sta per ‘Museo della Sacralità del- l’acqua e degli acquasantini’. Allestito nel 2017 nel sei- centesco Oratorio di San Rocco, nel centro storico di Pettinengo, il museo ospita una straordinaria - e pro- babilmente unica nel suo ge- nere - collezione di acqua- santini, le acquasantiere ‘do- mestiche’ che un tempo si usava appendere accanto al letto. Simbolo di devozione popolare, i benedetin - come erano anche chiamati - sono stati diffusi per secoli nelle case dell’Europa cattolica: piccoli tabernacoli casalin- ghi, con una cuvette per contenere l’acqua benedetta, sormontata da un’immagine sacra, in genere raffigurante crocifissi, madonne, santi protettori, angeli custodi. I 650 pezzi esposti sono i più rappresentativi della collezio- ne - ancora più ampia - raccolta in quarant’anni di ricerche da Sergio Trivero, giornalista e bibliotecario vis- suto a Pettinengo, che a lun- go ha studiato la devozione popolare nel Biellese insieme al canonico Angelo Stefano Bessone. L’origine della col- lezione è raccontata dallo stesso studioso nel ponderoso volume ‘Cento Quaranta Quattromila Segnati’, che studia e cataloga minuzio- samente i pezzi raccolti: “L’i- dea di raccogliere acquasan- tini è nata quarant’anni fa in una casa biellese, staccando dalla camera della nonna quelli pendenti vicino al letto, già in disuso, e aggiungen- dovi il regalo della prima comunione...”. Ai primi pezzi se ne sono aggiunti oltre 800 - spesso donati da amici o acquistati nel mercato antiquario - che documentano la grande va- rietà di forme in cui questo oggetto devozionale è stato interpretato attraverso i secoli e i luoghi. Nel museo, i pezzi sono suddivisi in base ai materiali - argento, ceramica, vetro, metallo, legno, pietra, albastro, plastica e perfino stoffa… - ma le varianti sono infinite e talvolta sorpren- denti: ci sono benedetin pre- ziosi o umili, di fattura ar- tigianale o fatti in serie, sobri o elaborati fino al kitsch. E non poteva mancare una se- zione tematica dedicata alla madonna di Oropa: dai pezzi più antichi in ceramica con l’effigie dipinta a mano, fino a quelli venduti, dalla metà dell’Ottocento, come souve- nir nei negozi del santuario. Ogni sezione riserva qualche chicca. Ci sono acquasantini in filigrana d’argento o in vetro di Murano; quelli de- licatissimi soffiati ad Altare (presso Savona) nel ‘700 e quelli eseguiti dal mastro ve- traio Raffaele Bormioli a fine anni Novanta; quelli in por- cellana prodotti dalla Ri- chard Ginori e le terrecotte uscite dalle fornaci di Ca- stellamonte; quelli in ala- bastro o pietra nera fino a quelli realizzati dalle donne in casa, con lana o stoffa ricamata. La collezione, dopo la scom- parsa del suo autore nel 2011, viene ereditata da don Bes- sone, che nel 2016 la dona al DocBi Centro Studi Biellesi. E l’associazione decide di renderla pubblica, proprio nel luogo dove è nata e cresciuta: così, grazie alla collaborazione con la Par- rocchia e il Comune di Pet- tinengo - che hanno rispet- tivamente concesso in co- modato e restaurato l’Ora- torio - e con le associazioni del territorio - Pacefuturo, Piccola Fata, Pro loco - nasce il Musa. Un progetto ancora in divenire, che continua ad accogliere donazioni e che - come racconta il video che accompagna la visita - col- lega la collezione con il tema dell’acqua, simbolo religioso per eccellenza ma anche ele- mento centrale e identitario per il territorio biellese. l Simona Perolo IL MUSEO Il Museo degli acquasantini durante l’inaugu- razione e, sopra, uno dei pezzi più pregiati della collezione Non sono solo gli umani a migrare, alla ricerca di condizioni di vita mi- gliori: migrano gli animali, migrano le idee, i simboli, le culture, e migrano perfino le rocce, insieme ai popoli che le utilizzano. Inaugurato nel 2017, il Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Po- poli ha sede nella casa di una famiglia biellese emigrata in Francia, donata alla Regione Sardegna. Questa, a sua volta, l’ha messa a disposizione del- l’associazione Su Nuraghe, che vi ha raccolto i segni della vivace presenza sarda nel Biellese: documenti, testi- monianze, oggetti. E anche arte, con la statua “La madre dell’ucciso”, dello scultore sardo Francesco Ciusa: un’o- pera esposta alla Biennale di Venezia del 1907 di cui erano note soltanto copie in gesso e in bronzo, finché proprio nel Biellese è stata rinvenuta una versione in marmo, acquistata nel 1942 da Vittorio Buratti per arredare Villa Malpenga e ora, dopo un re- stauro, esposta nel piccolo museo. Ma l’ambizione del progetto - cu- rato da un comitato scientifico plu- ridisciplinare - è quella di allargare lo sguardo sul concetto stesso di mi- grazione, sugli spostamenti che, in- trecciandosi nello spazio e nel tempo, danno luogo a una miriade di com- binazioni e di richiami tra culture e luoghi diversi. Ecco allora le storie degli immigrati veneti, la comunità più numerosa presente sul nostro ter- ritorio, con un focus sulle tante donne che arrivavano qui sole, per lavorare nelle fabbriche o nei campi come mondine. Poi gli impresari della Valle Cervo, migrati in Sardegna per rea- lizzare opere, di cui sono esposti foto e strumenti topografici del primo ‘900. E i migranti per eccellenza, i popoli ‘zingari’, giunti in Italia dall’India intorno all’anno Mille. E poi ci sono anche ‘altri’ migranti: una sezione dedicata agli uccelli mi- gratori che passano sui nostri territori; una dedicata ai simboli, che ‘viag- giano’ tra popoli e culture con ina- spettate analogie; e perfino i minerali, con una collezione di 600 campioni di rocce sarde. Anch’esse talvolta mi- grano: come l’ossidiana - la nerissima perda crobina usata per i manufatti arrivati fin qui con le migrazioni del Neolitico - o la lignite del Sulcis, che racconta le migrazioni forzate verso Carbonia degli anni ’30. l S.P. SCHEDA ALBUM DALL’ECOMUSEO Sono650i“pezzi”espostidiunacollezioneunica Nelle foto, alcuni esempi della grande varietà di materiali, forme, stili degli acquasantini della collezione: il pezzo più pregiato, in filigrana d’argento, proveniente da Genova (XVIII secolo) in basso accanto al titolo; il pezzo più semplice, ottenuto saldando due pezzi di pluviale in lamiera; l’ac- quasantiera appartenuta al vescovo di Biella monsignor Carlo Rossi; uno dei numerosi esemplari in ceramica della collezione. A sinistra Giada, operatrice museale, nella salla della singolare collezione. INFO PRATICHE DOVE: Oratorio San Roc- co, via G.B. Maggia 6, Pettinengo, Frazione Li- vera QUANDO: fino al 13 otto- bre, 14.30-18.30 oppure su appuntamento INGRESSO: offerta libera CONTATTI: Comune di Pettinengo 015 8445035, DocBi 015 31463, Pieran- gelo Costa 347 6825122 WEB: www.docbi.it FACEBOOK: @Musamuse- oacquasantini MUSEO DELLE MIGRAZIONI DI PETTINENGO/ 18 Un po’ di Sardegna ai piedi delle Alpi MEMORIA MIGRANTE La valigia dell’emigrante e, sopra, Silvia, oper- atrice museale, che mostra alcuni oggetti tipici di artigianato sardo SCHEDA INFO PRATICHE DOVE: Via Fiume 12, Frazione Gurgo, Pettinengo QUANDO: fino al 13 ottobre, tutte le domeniche dalle 15.00 alle 19.00 op- pure su appuntamento INGRESSO: libero CONTATTI: Su Nuraghe: 015-34638 - 334-3452685 - info@sunuraghe.it WEB: www.sunuraghe.it FACEBOOK: @sunuraghebiella ircVCWsqHD8nqAdAbHhX+MucqBmXbR+rGDY3PLGPXlk=