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| 33LUNEDÌ 29 LUGLIO 2019 | Eco di Biella VIAGGIO NEGLI ECOMUSEI BIELLESI
CASA MUSEO DELL’ALTA VALLE DEL CERVO/10
Dalla stalla ai banchi di scuola,
l’anima della Bürsch in 15 stanze
C
’è la cucina ar-
redata di tutto
punto, con il ca-
mino, il potagé in ghisa,
gli armadi a muro per le
stoviglie, il taolët ribal-
tabile. A fianco, la piccola
stalla con la grëpia, dove
la mucca o le capre en-
travano passando per la
porta di ingresso della
casa, come animali do-
mestici. Sopra, la camera
da letto, con il lecc a
barca, il cassettone, la stu-
fa in ceramica detta fran-
clin, la mönia per scaldare
il letto, il comodino con il
topin da nòcc, il por -
tacatino e la brocca per
lavarsi. E su, nel sot-
totetto, la strèja per es-
siccare e conservare le
castagne o la carne appesa
alle travi.
Per immergersi in quella
che, per generazioni, è stata
la vita quotidiana dell’Alta
Valle del Cervo (in dialetto
la Bürsch, la tana, la casa),
basta varcare la soglia della
Casa Museo di Rosazza.
Un edificio settecentesco -
interamente ristrutturato
nel 1876 e giunto a noi
miracolosamente inalterato
– con quindici piccole stan-
ze, distribuite su quattro
piani e un sottotetto.
Qui sono stati accurata-
mente ricostruiti sia gli am-
bienti di una tipica abi-
tazione, sia le attività do-
mestiche e artigianali: la
lavorazione del latte, il bu-
cato, il cucito, gli abiti e i
corredi, i lavori degli uo-
mini, dal picapere al cia-
battino, la confezione degli
scapin. E poi la vita sociale,
con stanze dedicate alle
Società Operaie di Mutuo
Soccorso, alla emigrazione
degli uomini e alle opere
edili realizzate in tutto il
mondo, al ruolo importante
delle donne, alla architet-
tura rurale; ed è stata per-
fino ricostruita una classe
elementare di metà Otto-
cento, con i banchi a ri-
baltina, la lavagna, i pal-
lottolieri, i grembiulini e le
cartelle.
L’idea di raccontare la
storia e la cultura della
Bürsch visivamente e ‘fi-
sicamente’, attraverso gli
oggetti, viene da lontano e
precorre i tempi, antici-
pando il concetto di ‘eco-
museo’ che si diffonderà
dieci anni dopo. Nasce in-
fatti negli anni ’60, quando
un gruppo di appassionati,
raccolti attorno all’archi-
tetto Gianni Valtz Blin,
inizia a raccogliere testi-
monianze scritte e orali,
fotografie, materiali icono-
grafici e oggetti legati alla
vita quotidiana e al lavoro
dei valit e nel 1964 allestisce
una mostra al santuario di
San Giovanni Battista
d’Andorno, che ottiene un
successo inatteso.
Negli anni successivi se-
guono altre rassegne e l’i-
dea di raccoglierne il ma-
teriale in un luogo fisico
inizia a prendere forma;
finché nel 1985 la Co-
munità Montana acquista
l’edificio dove, nel 1987,
nasce la Casa Museo. Da
allora, la sua attività è stata
incessante: la collezione et-
nografica è andata via via
arricchendosi, anche grazie
a numerose donazioni di
privati e, dal 2013, aderisce
alla Rete Museale Biellese,
che ne ha potenziato la
visibilità e la capacità di
accogliere gli oltre 500 vi-
sitatori che ogni estate vi si
recano.
La lunga vita della Casa
Museo deve molto ai vo-
lontari locali, costituiti in
una associazione culturale
attorno alla figura di Gian-
ni Valtz Blin, infaticabile
presidente per più di ven-
t’anni e oggi presidente
onorario, e supportati dalle
‘Valëtte an ipoun’, un grup-
po di donne che mira a
valorizzare l’abito tradizio-
nale festivo dell’Alta Valle.
E proprio l’associazione ha
voluto dare alla Casa Mu-
seo una precisa identità:
non solo un luogo di con-
servazione ed esposizione
di oggetti ma uno spazio
aperto, capace di anima-
zione e proposta culturale,
in grado di coinvolgere pub-
blici diversi. In particolare,
si punta a promuovere la
cultura della Bürsch sia al
suo interno - coinvolgendo
le amministrazioni locali e
la popolazione - sia al-
l’esterno, partecipando a
eventi e manifestazioni, nel
Biellese e fuori, e instau-
rando legami con altre real-
tà montane. E soprattutto la
Casa Museo promuove au-
tonomamente una serie di
iniziative: eventi, mostre,
pubblicazioni, laboratori
sugli antichi mestieri svolti
da artigiani della valle, con
l’obiettivo di valorizzarne le
attività e di promuovere
l’economia locale.
l Simona Perolo
GLI AMBIENTI Nelle foto a lato e sopra, alcuni ambienti do-
mestici ricostruiti nella casa-museo di Rosazza. Qui, pro-
poniamo l’immagine dell’antica cucina e quella della cam-
era da letto. Ma nel sito ecomuseale si possono visitarne
tante altre, dall’angolo del cucito alla stalla
Affascinantemaduro,ilpaesaggiodel-
la Bürsch, dominato dal fragore del
torrente, il grigio della pietra, i boschi
fitti sui ripidi pendii. Un suolo avaro di
prodotti e di pascoli, ma con una ri-
sorsa: la sienite, pregiata roccia gra-
nitica, tra i migliori materiali da co-
struzione, estratta dapprima da affio-
ramenti superficiali e poi, dal 1830,
nelle cave.
Così i valit, da secoli specializzati
nella lavorazione della pietra, scelsero
laviadell’emigrazionestagionale:era-
no lavoratori qualificati, picapere
(scalpellini) e muratori, che giravano il
mondo per costruire opere pubbliche:
dalle fortificazioni dei Savoia al Duo-
mo di Milano e poi, dalla metà del-
l’Ottocento, verso mete sempre più
lontane, dal Sud America alla Cina.
Rimaste sole a mandare avanti la fa-
miglia, le donne si occupavano, oltre
chedellacasa,dellepocheattivitàagri-
cole che il luogo permetteva. Molte
erano siunere, che trasportavano nella
scësta pesanti carichi di siun, falciato
sui pendii più scoscesi, oppure tra-
sportavano le pesanti lose per i tetti
delle baite, spietravano i prati, man-
tenevano le mulattiere, i sentieri e le
rogge, concimavano il pascolo per ar-
ricchirlo e avere fieni più rigogliosi
l’estate successiva. Nei rari giorni di
festa indossavano il ipoun, abito di
foggia sobria e austera (di norma nero)
ma ornato di dettagli preziosi e co-
lorati.
A consolidare la specializzazione
economicadellavallesorsero,nel1862
a Campiglia e nel 1869 a Rosazza, due
scuole professionali ad indirizzo edile,
che per oltre un secolo formarono tec-
nici apprezzati ovunque. Parallela-
mente sorsero le Società Operaie, che
sostenevano i lavoratori e le loro fa-
miglie con forme di mutuo soccorso e
con le cooperative di consumo.
Paradossalmente, furono proprio le
scuole professionali a favorire l’esodo
irreversibile della popolazione: la qua-
lificazione della manodopera portò in-
fatti un maggiore benessere, permet-
tendo ai lavoratori di portare con sé le
famiglie, e alle donne di lasciare il
lavoro rurale nella valle per seguire i
mariti.
La conseguenza fu lo spopolamento
dell’alta valle, che dai 6500 abitanti di
metà Ottocento iniziò a scendere, fino
a contare ai giorni nostri circa 770
residenti.
Oggi, a ripercorrere i luoghi più si-
gnificativi della Bürsch è il Percorso
Etnografico della Religiosità Popolare
che si snoda tra chiese, oratori, cap-
pelle votive e il Santuario di San Gio-
vannidiAndorno.Èunodeisuggestivi
itinerari tematici proposti dalla Casa
Museo di Rosazza che, attraverso pan-
nelli informativi posizionati lungo il
percorso, punta a fare dell’Alta Valle
del Cervo una sorta di ‘museo diffuso’
sul territorio.
l S.P.
SCHEDA
ALBUM DALL’ECOMUSEO
La parola a scapin e tinozze
Quali sono gli oggetti che raccontano, i par-
ticolari della Casa Museo? Una classe di
metà Ottocento, la tinozza utilizzata per fa-
re il bucato con la cenere e gli scapin, cal-
zature in panno trapuntate in canapa, fino a
un “antenato del girello” per i bambini.
INFO PRATICHE
DOVE: via Pietro Micca 25,
Rosazza
QUANDO: fino al 13 otto-
bre, tutte le domeniche e a
Ferragosto 14.30-18.30 o su
appuntamento
CONTATTO: 338-3876595 o
info@casamuseo-altavalledelcervo.it
UN PAESAGGIO DI STORIE UMANE
Picapereesiunere,laduravitadeivalit
STRUMENTI E VOLTI A sinistra, la
stanza dedicata al lavoro dei “pica-
pere”; sopra, una bella “siunera”
ircVCWsqHD8eoaeQxd0brsKJBVnn7hxM2FM/eCeCbMA=

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La casa-museo dell'Alta Valle Cervo

  • 1. | 33LUNEDÌ 29 LUGLIO 2019 | Eco di Biella VIAGGIO NEGLI ECOMUSEI BIELLESI CASA MUSEO DELL’ALTA VALLE DEL CERVO/10 Dalla stalla ai banchi di scuola, l’anima della Bürsch in 15 stanze C ’è la cucina ar- redata di tutto punto, con il ca- mino, il potagé in ghisa, gli armadi a muro per le stoviglie, il taolët ribal- tabile. A fianco, la piccola stalla con la grëpia, dove la mucca o le capre en- travano passando per la porta di ingresso della casa, come animali do- mestici. Sopra, la camera da letto, con il lecc a barca, il cassettone, la stu- fa in ceramica detta fran- clin, la mönia per scaldare il letto, il comodino con il topin da nòcc, il por - tacatino e la brocca per lavarsi. E su, nel sot- totetto, la strèja per es- siccare e conservare le castagne o la carne appesa alle travi. Per immergersi in quella che, per generazioni, è stata la vita quotidiana dell’Alta Valle del Cervo (in dialetto la Bürsch, la tana, la casa), basta varcare la soglia della Casa Museo di Rosazza. Un edificio settecentesco - interamente ristrutturato nel 1876 e giunto a noi miracolosamente inalterato – con quindici piccole stan- ze, distribuite su quattro piani e un sottotetto. Qui sono stati accurata- mente ricostruiti sia gli am- bienti di una tipica abi- tazione, sia le attività do- mestiche e artigianali: la lavorazione del latte, il bu- cato, il cucito, gli abiti e i corredi, i lavori degli uo- mini, dal picapere al cia- battino, la confezione degli scapin. E poi la vita sociale, con stanze dedicate alle Società Operaie di Mutuo Soccorso, alla emigrazione degli uomini e alle opere edili realizzate in tutto il mondo, al ruolo importante delle donne, alla architet- tura rurale; ed è stata per- fino ricostruita una classe elementare di metà Otto- cento, con i banchi a ri- baltina, la lavagna, i pal- lottolieri, i grembiulini e le cartelle. L’idea di raccontare la storia e la cultura della Bürsch visivamente e ‘fi- sicamente’, attraverso gli oggetti, viene da lontano e precorre i tempi, antici- pando il concetto di ‘eco- museo’ che si diffonderà dieci anni dopo. Nasce in- fatti negli anni ’60, quando un gruppo di appassionati, raccolti attorno all’archi- tetto Gianni Valtz Blin, inizia a raccogliere testi- monianze scritte e orali, fotografie, materiali icono- grafici e oggetti legati alla vita quotidiana e al lavoro dei valit e nel 1964 allestisce una mostra al santuario di San Giovanni Battista d’Andorno, che ottiene un successo inatteso. Negli anni successivi se- guono altre rassegne e l’i- dea di raccoglierne il ma- teriale in un luogo fisico inizia a prendere forma; finché nel 1985 la Co- munità Montana acquista l’edificio dove, nel 1987, nasce la Casa Museo. Da allora, la sua attività è stata incessante: la collezione et- nografica è andata via via arricchendosi, anche grazie a numerose donazioni di privati e, dal 2013, aderisce alla Rete Museale Biellese, che ne ha potenziato la visibilità e la capacità di accogliere gli oltre 500 vi- sitatori che ogni estate vi si recano. La lunga vita della Casa Museo deve molto ai vo- lontari locali, costituiti in una associazione culturale attorno alla figura di Gian- ni Valtz Blin, infaticabile presidente per più di ven- t’anni e oggi presidente onorario, e supportati dalle ‘Valëtte an ipoun’, un grup- po di donne che mira a valorizzare l’abito tradizio- nale festivo dell’Alta Valle. E proprio l’associazione ha voluto dare alla Casa Mu- seo una precisa identità: non solo un luogo di con- servazione ed esposizione di oggetti ma uno spazio aperto, capace di anima- zione e proposta culturale, in grado di coinvolgere pub- blici diversi. 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Molte erano siunere, che trasportavano nella scësta pesanti carichi di siun, falciato sui pendii più scoscesi, oppure tra- sportavano le pesanti lose per i tetti delle baite, spietravano i prati, man- tenevano le mulattiere, i sentieri e le rogge, concimavano il pascolo per ar- ricchirlo e avere fieni più rigogliosi l’estate successiva. Nei rari giorni di festa indossavano il ipoun, abito di foggia sobria e austera (di norma nero) ma ornato di dettagli preziosi e co- lorati. A consolidare la specializzazione economicadellavallesorsero,nel1862 a Campiglia e nel 1869 a Rosazza, due scuole professionali ad indirizzo edile, che per oltre un secolo formarono tec- nici apprezzati ovunque. Parallela- mente sorsero le Società Operaie, che sostenevano i lavoratori e le loro fa- miglie con forme di mutuo soccorso e con le cooperative di consumo. Paradossalmente, furono proprio le scuole professionali a favorire l’esodo irreversibile della popolazione: la qua- lificazione della manodopera portò in- fatti un maggiore benessere, permet- tendo ai lavoratori di portare con sé le famiglie, e alle donne di lasciare il lavoro rurale nella valle per seguire i mariti. La conseguenza fu lo spopolamento dell’alta valle, che dai 6500 abitanti di metà Ottocento iniziò a scendere, fino a contare ai giorni nostri circa 770 residenti. Oggi, a ripercorrere i luoghi più si- gnificativi della Bürsch è il Percorso Etnografico della Religiosità Popolare che si snoda tra chiese, oratori, cap- pelle votive e il Santuario di San Gio- vannidiAndorno.Èunodeisuggestivi itinerari tematici proposti dalla Casa Museo di Rosazza che, attraverso pan- nelli informativi posizionati lungo il percorso, punta a fare dell’Alta Valle del Cervo una sorta di ‘museo diffuso’ sul territorio. l S.P. 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