Vito Pecoraro, l'erba del vicino non sempre è più verde. Riflessioni sul si...
Cancila, narrazioni taormina
1. “Impossibilissimo” per Alice trattenere le lacrime
Alice uscì da un boschetto e si ritrovò in un luogo molto suggestivo; che stupore quella rocca,
quel Duomo, quel porticciolo! Chissà dov’era finita!
Senza distogliere lo sguardo da quel meraviglioso paesaggio, si ritrovò catapultata, lei piccola
piccola, in mezzo a degli strani esseri che avevano l’aria proprio di una scolaresca. Si
intrufolò tra loro per curiosare un po’. Per poco non venne travolta dalla loro esuberante
carica. Entrò così in un’aula e, senza farsi scorgere, sedendo sul ripiano più basso della
cattedra, scrutò e ...studiò gli attori di quella performance.
Vide dei cuccioli giganti di golden travestiti da tigrotti. Tutti o quasi avevano un buon motivo
per graffiare e per mordere. Bella gatta da pelare per la prof ...ma lei non si perse d’animo.
Bisognava inventarsi qualcosa. Insieme ad una brava “strizzacervelli”, che non centrifugava
le povere testoline né troppo né troppo poco, organizzò dei laboratori per raggiungere un
benessere psico-fisico. Tutti distesi a terra su tappetini colorati, seguivano le indicazioni della
prof. e della strizza...
Alice vide in loro tanta rabbia, tanta solitudine, tanta voglia di comunicare il loro dolore, la
loro frustrazione.
Cosa fanno? Piangono? Guarda un po’, si abbracciano! Avevano trovato la chiave per aprire il
loro cuore ai loro compagni.
“Impossibilissimo” per Alice trattenere le lacrime.
Aveva capito, sebbene fosse piccola quanto una penna, che il loro desiderio di graffiare e di
mordere era solo un bisogno smisurato di sfogare emozioni forti, represse da chissà quanto
tempo, e di esprimerle a chi era pronto a raccoglierle.
Qualche collega della prof sorrideva sotto i baffi: macché benessere fisico e psicologico,
piuttosto lavoriamo seriamente, bisogna fare ben altro!
La prof sembrava non curarsi di tutto questo, sapeva infatti che anche i colleghi più restii a
queste attività in fondo le volevano bene e speravano in cuor loro che qualcosa di positivo
succedesse.
Alice continuò a seguire anche le altre lezioni, sempre più incuriosita.
Amava soprattutto seguire i dibattiti in classe su temi scottanti: omosessualità, coppie di fatto,
etica, morale, coerenza ma, stranezza delle stranezze, quei cuccioloni per metà golden e per
metà tigrotti facevano sorrisetti ironici, si imbarazzavano, sputavano sentenze, parlavano
proprio come tanti vecchi bisnonni.
La prof era “trasgressivissima” ai loro occhi e sorrideva, sapeva che avrebbe dovuto
pazientare un bel po’ per sgombrare quel cielo tanto annuvolato.
Alice si accorse di un’altra cosa ancora: la prof spesso ma con discrezione si avvicinava ai
suoi cuccioli che talvolta ringhiavano ma poi, quando soli pochi centimetri li separavano da
lei, si lasciavano carezzare e allora sopportavano meglio quelle lunghe, “lunghissimissime”
ore inchiodati sui banchi, quelle aule che imprigionavano tutta la loro energia vitale, tutta la
loro voglia di correre in libertà.
Alice sentì allora forte il desiderio di ingrandirsi non foss’altro che per ritornare alunna nella
sua scuola.
Maria Teresa Langona
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2. Ciak oggi si gira: “Io forse...ma firu”
“Questa di Marinella è la storia vera” echeggia ancora la canzone di Fabrizio De Andrè, nella
mia mente, mentre percorro in auto la splendente litoranea per raggiungere la scuola che mi
hanno da pochi mesi affidata; un incarico annuale, che mi strappa dal lavoro di vicaria nella
scuola sotto casa. “ Chi me lo ha fatto fare?” Era così tranquilla la mia vita... certo è bello
essere dirigente, decido in prima persona, ho libertà di applicare: come la si chiama? Vision?
Mission? sto studiando tanto, il concorso è nella fase conclusiva..... Certo a Settembre tutto
era semplice, rivedo le slide susseguirsi, proiettano frasi di Morin, di Rosseau, Lisbona 2000
con gli obiettivi da perseguire, soprattutto la dispersione, occorre abbassarne il tasso, ridurlo
almeno fino al 10%....Gli insegnanti ascoltano, apprezzano, condividono, sono disposti a
collaborare. Ripenso, rivedo, ecco Maria che quotidianamente adagia sulla grande scrivania
della presidenza, due libroni, occorre leggere, smistare, firmare carte, documenti, alcuni molto
importanti, non è complesso. Il personale amministrativo ed ausiliario, - rimugino - gente
positiva, ben disposta: il DSGA Giuseppe, poi, quanto è simpatico con i suoi occhialini da
Cavour
e le variopinte cravatte, è proprio impeccabile, che ottima persona che è...
Nei primi di Ottobre, ahimè, povera Lucia, incominciano i tuoi problemi.... Quattro terribili
ragazzi, si aggirano nelle classi, sfidano i professori manifestamente impotenti, i “terribili
quattro della II A”, quelli considerati “i peggiori, gli ingestibili”. Ecco materializzarsi Tonino
con il suo disarmante sorriso, Salvo dallo sguardo espressivo, Lorenzo, l’apprendista barbiere,
che sfoggia una capigliatura a dir poco originale, Vincenzo dagli imperscrutabili occhi azzurri
...Sono così spavaldi, sprezzanti e sfrontati insieme, ma appena sono in presidenza,
dimostrano le fragilità, la poca consapevolezza di se stessi, l’incapacità di sentirsi, di
comprendere l’impatto del proprio sé sul mondo... Che fare? C’è proprio urgenza di porre
rimedio a questa difficile situazione creatasi in seno alla Scuola Media, occorre intraprendere
nuove strade per rendere produttiva ed efficace la gestione di questi alunni “difficili e a
rischio”; occorre concretizzare una proposta didattica volta all’apprendimento
significativo, che sappia “contenerli”. Eccoci riuniti, quindi, noi dello Staff, per pensare a
qualcosa di nuovo, di coinvolgente. Maria Grazia, un’insegnante della scuola primaria con
competenze multimediali propone la realizzazione di un cortometraggio. “Io forse...ma firu”,”
il titolo per la performance dei nostri attori protagonisti, diventa la metafora del nostro
laboratorio per l’Emergenza Educativa. Anche i docenti sono attori, disposti a prendersi le
proprie responsabilità, a fare prima di tutto un lavoro sul proprio sé, a mettersi radicalmente in
discussione. Nella relazione con i ragazzi a rischio non puoi esimerti dall’esserci
completamente. Rivedo l’ultima scena del cortometraggio “Io forse...ma firu”, quando la
professoressa di matematica coinvolta insieme ad alcuni suoi alunni della II A, a
Vincenzo/Franco, il protagonista, che gli chiede : “Professoré, qual è il suo Progetto di vita ?”
Non risponde, ma abbraccia i suoi alunni. ! “Il mio Progetto di vita è proprio quello di
insegnare ai ragazzi i veri valori sociali e culturali, di prendermi cura di loro, facendoli sentire
esseri umani importanti e speciali.
Chissà, “Forse ma firu?” Ed io ?
Lucia Lo Cicero
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3. Una lezione di vita
Dopo tanti anni mi sono ritrovata nella scuola che ho frequentato da piccola, non dovevo più
imparare con gli occhi curiosi di una bambina di sei anni che vuole scoprire cose nuove e
meravigliose, ma i ruoli si erano invertiti. Ero io ,diventata adulta ,che dovevo insegnare ai
miei alunni.
Così tra i bambini che mi erano stati affidati c’era Simone, un bambino di quinta elementare,
che viveva in un contesto familiare difficile, era abbandonato a se stesso. E’ stato lui che mi
ha fatto riflettere quanto inadeguata e inesperta fossi io a gestire quella situazione e non ho
trovato altro approccio possibile se non impormi facendo sì che egli rispettasse delle regole
per farlo stare in classe. Mi sono resa conto del mio fallimento come insegnante ed ho cercato
di imparare qualcosa da questa esperienza di riflettere, di capire, di vedere oltre...
Due anni fa , ho incontrato Brandon, anche lui una piccola vittima di errori commessi da noi
adulti, lui si è trovato ad essere privato dal destino della figura del padre, nella fase più
importante della sua crescita, per delle scelte sbagliate: una relazione avuta con la cognata si
era conclusa tragicamente col suicidio del fratello della mamma di Brandon.
Da allora la madre era caduta nel baratro della depressione, rifugiandosi nel mondo della
droga e dell’alcool.
Il bambino era stato sballottato continuamente tra due paesi il Belgio, dove percepivano dei
sussidi economici che consentivano loro di andare avanti, e l’Italia, l’unica sua salvezza erano
i nonni.
Mi trovavo di fronte una nuova sfida e questa volta l’avrei affrontata a modo mio!
Cosa potevo fare io e la Scuola per lui?!
Di certo non imporgli delle regole e costringerlo a studiare, allora ho pensato di metterle da
parte, di stravolgere i ruoli.
Una mattina entrai in classe, chiamai Brandon e di fronte a tutti i bambini gli dissi che io e i
suoi compagni avevamo bisogno di lui per imparare il francese che lui sapeva parlare
benissimo. Gli chiesi se era disposto a farlo nelle ore d’inglese, considerato che i suoi
compagni di quinta elementare l’anno successivo dovevano imparare la nuova lingua alla
scuola media.
C’è stato in lui un cambiamento, si è sentito valorizzato e apprezzato per quello che era da noi
tutti. Da allora è nato tra noi un rapporto di fiducia e di stima reciproca e lui rimarrà uno degli
alunni che porterò nel mio cuore perché mi ha aiutato a crescere professionalmente e
umanamente... Grazie Brandon
Nunzia Zizzo