1. Sostanza e Soggetto
Il nuovo ambito tematico
della soggettività nella
filosofia Moderna
2. INTRODUZIONE
Ousia: essenza delle cose che non muta al mutare
degli accidenti.
In latino sostanza: ciò che sta sotto, ciò che
sorregge (hypokéimenon): dunque il soggetto, cioè
il quid ch resta immutato e immutabile al variare
delle sue determinazioni; tutto diviene e muta, in un
perenne movimento, ma il soggetto resta in sé fermo
e stabile. Soggetto in due sensi:
Sostrato di certe determinazioni, il ciò di cui si parla
(ruolo grammaticale).
Ciò che sorregge gli atti attraverso cui gli oggetti ci
sono dati: fondamento della costituzione dell’oggetto.
Il soggetto è riferimento per se stesso (modernità).
3. CARTESIO * 1596-1650
Cartesio vuole rifondare l’intero edificio del sapere
tradizionale ormai superato. La conoscenza per
essere valida non deve solamente “funzionare”
(metodo matematico), ma deve essere anche
giustificata: si deve trovare il suo fondamento, la
sua giustificazione ultima.
Dunque la domanda è: qual è il soggetto della
conoscenza?
Conosciamo il dubbio metodico: partendo
innanzitutto dai sensi considerati ingannevoli. Essi ci
danno le cose come reali, certe nella loro esistenza,
eppure così accade anche nei sogni in cui viviamo
tutto come se fosse reale.
4. Le conoscenze matematiche invece sono
indubitabili perché del tutto indipendenti dalla
sensibilità. Eppure un genio maligno potrebbe
ingannarci, illudendoci: è lo scetticismo che sembra
radicale del dubbio iperbolico. Tutto appare
naufragare nel dubbio.
Eppure in esso qualcosa rimane saldo: non posso
dubitare di dubitare! Dubito e dunque esisto, non
può essere altrimenti: questa à una verità certa,
indubitabile, intuitiva e immediata, di carattere
“soggettivo” nel senso di un’esperienza a tutti
accessibile poiché riguarda ogni soggetto che pensi:
è certa in maniera assolutamente e universalmente
immediata.
5. Ma cosa è ciò che esiste? Qui si definisce la nozione
di soggetto dell’intera modernità.
Il dubbio iperbolico ha spazzato via ogni certezza
riguardo la natura dell’uomo, il mio esistere come
pensiero è l’unica certezza: sono allora una cosa
che pensa, il pensiero è l’unico attributo che mi
appartiene in modo indubitabile: res cogitans.
L’uomo è pensiero, spirito, non corpo: una cosa
definita innanzitutto da funzioni puramente
intellettuali, da atti che sono diverse forme di
pensiero. La conoscenza è fondata nel soggetto, non
nell’oggetto: non sarebbe possibile senza l’esistenza
del soggetto.
(vedi testo di filosofia, storia, testo 5, pag. 101)
6. HOBBES * 1588-1679
Obietta a Cartesio che il “pensare” (atto) non può
trasformarsi in soggetto (io sono pensiero): questa è
sostanzializzazione di un atto, cioè l’identificazione
del soggetto con l’atto che compie.
Cartesio risponde che “pensiero” significa: la faoltà,
l’atto e il soggetto che pensa.
Per Cartesio la realtà spirituale precede ogni altre
realtà (esiste la sostanza spirituale, res cogitans),
per Hobbes tutto ciò che esiste è corpo: dunque
nega l’esistenza della sostanza spirituale.
7. LOCKE * 1632-1704
Nega che si possa conoscere cosa sia la sostanza.
Tutta la nostra conoscenza deriva dall’esperienza,
dai sensi, che forniscono idee semplici dati primitivi
sui corpi. (vedi testo di filosofia, storia, testo 4, pag. 198)
Successivamente il nostro intelletto, usando le idee
semplici, forgia le idee complesse aggregati di idee
semplici: la sostanza è un’idea complessa.
(vedi testo di filosofia, storia, testo 5, pag. 199)
Siamo noi, e il nostro linguaggio, a credere che ci
debba essere un soggetto (sostanza in generale)
che sia il riferimento metafisico delle determinazioni:
da ciò derivano poi le idee di sostanze particolari
(oggetti esterni – idee di sensazione).
8. La stessa cosa accade anche nella nostra
dimensione interiore (idee di riflessione) in cui
emergono i nostri atti. Componendo queste idee
semplici formiamo l’idea di una sostanza spirituale
(l’io) loro soggetto.
(vedi testo di filosofia, storia, testo 6-7, pag. 200 e 201)
L’idea di sostanza ha una sua innegabile utilità
pratica, contesta invece che si trasformi questa
idea complessa in idea semplice come se avesse
una corrispondenza nell’esperienza. La sostanza
non può essere esperita, non viene dall’esperienza e
dunque non può essere conosciuta. Contesta la
sostanza corporea di Hobbes e la sostanza spirituale
di Cartesio.
9. HUME * 1711-1776
Secondo l’autore la costanza dell’esperienza è solo
frutto della nostra abitudine. Nella realtà non vi è
nulla di costante, nulla di necessariamente
connesso, che non dipenda dalla nostra percezione.
(vedi testo di filosofia, storia, testo 10, pag. 226)
L’idea di sostanza non ha alcun corrispondente nella
realtà dell’esperienza sensibile: non c’è alcuna
sensazione della sostanza spirituale, dell’io (identità
personale), ci sono solo sensazioni, variabili e
incostanti. L’anima, l’io spirituale è una finzione: noi
siamo solo un fascio di percezioni. Dunque viene
spazzata via la pretesa di fondazione soggettivistica
della conoscenza voluta da Cartesio.
10. Dal Trattato
Noi non siamo altro che fasci o collezioni di differenti percezioni
che si susseguono con una inconcepibile rapidità, in un perpetuo
flusso e movimento. I nostri occhi non possono girare nelle loro
orbite senza variare le nostre percezioni. Il nostro pensiero è
ancora più variabile della nostra vista, e tutti gli altri sensi e facoltà
contribuiscono a questo cambiamento; né esiste forse un solo
potere dell'anima che resti identico, senza alterazione, un
momento. La mente è una specie di teatro, dove le diverse
percezioni fanno la loro apparizione, passano e ripassano,
scivolano e si mescolano con un'infinita varietà di atteggiamenti e
di situazioni. Né c'è, propriamente, in essa nessuna semplicità in
un dato tempo, né identità in tempi differenti, qualunque sia
l'inclinazione naturale che abbiamo ad immaginare quella
semplicità e identità. E non si fraintenda il paragone del teatro: a
costituire la mente non c'è altro che le percezioni successive: noi
non abbiamo la più lontana nozione del posto dove queste scene
vengono rappresentate, o del materiale di cui è composta.
11. La pretesa di assolutezza e certezza dell’esistenza
dell’io (cogito ergo sum) si riduce a fasci di
impressioni.
Siamo in pieno antidogmatismo scettico: il dubbio
è l’unico esercizio ragionevole per il filosofo. Eppure
ancora una volta l’indagine filosofica non può non
partire dall’indagine sull’uomo (modernità).
Infatti egli voleva costruire una scienza della
natura umana su base sperimentale, voleva
essere il Newton della natura umana, offrendo
un’analisi sistematica delle dimensioni che
costituiscono l’uomo. I punti di partenza sono
empiristici e antimetafisici.
12. Le percezioni della mente sono di due tipologie:
Impressioni: percezioni immediate in tutta la loro
forza e vivacità originaria (sensazioni, passioni ed
emozioni nel momento in cui avvengono).
Idee: immagini e ricordi sbiaditi senza la forza delle
impressioni (nella memoria). Derivano
necessariamente dalle prime e non esisterebbero
senza queste.
L’uomo può comporre, anche in modi fantasiosi,
le idee, ma non conoscerà mai nulla in più di ciò
che gli deriva dalle impressioni.
Non esistono idee astratte (universali), ma solo idee
semplici (individuali) anche se usate come segni per
indicare tutte le simili grazie all’abitudine.
13. La facoltà di stabilire relazioni tra le idee è
l’immaginazione che non opera liberamente ma
attraverso una dolce forza (vedi forza di gravità) che
è il principio di associazione (attrazione) secondo
tre criteri:
Somiglianza
Contiguità spazio temporale
Causalità
Tale associazione spiega l’esistenza delle idee di
spazio, tempo, causa, effetto, sostanza, che sono
ritenute oggettive e consistenti. In realtà non hanno
impressioni corrispondenti, ma sono frutto della
nostra abitudine.
14. Spazio e tempo sono nostri modi di sentire le
impressioni. Di come esse si dispongono dinnanzi
allo spirito, ma non sono impressioni essi stessi.
Ci sono proposizioni che concernono:
Relazioni tra idee (matematica), basate sul principio
di non contraddizione, indipendenti dall’esperienza,
che hanno in se stesse la propria validità.
Dati di fatto, fondate sull’esperienza, in cui contrario
è sempre possibile, fondate sulla relazione causa-
effetto che può essere conosciuta solo con
l’esperienza (induzione), mai a priori (con il solo
ragionamento). Ma causa ed effetto sono due
concetti diversi, nessuno dei due richiama in sé
l’altro: la loro connessione è arbitraria.
15. La connessione tra la causa e l’effetto avviene
nell’esperienza, grazie ad essa; che però non
garantisce che ciò avverrà sempre e comunque nel
futuro: nessuna connessione garantisce alcuna
previsione, in nessun ragionamento.
L’unica cosa certa è che da cause che ci
appaiono simili ci aspettiamo effetti simili.
Questa è un’attesa non giustificata dall’esperienza
o nell’esperienza: il legame causa-effetto non è
oggettivamente valido anche se l’uomo lo crede e vi
fonda la sua vita. La necessità del legame non è
nella realtà, ma nella natura umana soggettiva: esso
è frutto dell’abitudine come disposizione dell’animo e
spiega la congiunzione dei fatti, non necessaria.
16. (vedi testo di filosofia, storia, testo 10, pag. 226)
L’abitudine, come l’istinto, è guida infallibile nella
vita pratica, ma non è un principio di giustificazione
razionale e filosofico.
Essa ci permette la vita quotidiana, ci assicura
soggettivamente circa la necessità degli eventi
dell’esperienza, ma non garantisce ne può farlo la
connessione necessaria e oggettiva tra i fatti.
Il rapporto causale allora non è giustificabile a
priori (legane tra concetti) e a posteriori
(l’esperienza è retta dall’abitudine): è una
necessità soggettiva data dalla abitudine.
17. Il mondo esterno
Dunque ogni credenza (sentimento) in realtà o fatti
è frutto dell’abitudine e non della ragione: manca la
necessità razionale della conoscenza scientifica e
resta solo la probabilità.
Gli uomini credono abitualmente nell’esistenza di un
mondo esterno intesa come credenza nella
persistenza continua delle cose e nell’esistenza
esterna delle cose stesse poiché le impressioni si
presentano spesso unite in modo costante e
coerente: essi credono in una sostanza esterna. Ma
la riflessione filosofica ci insegna che noi abbiamo
solo percezioni interrotte e discontinue: sono
immagini della nostra mente che noi conosciamo
18. attraverso i sensi, nostre modificazioni.
Noi conosciamo le nostre percezioni, una realtà
esterna non è raggiungibile né attraverso le nostre
impressioni né attraverso la causalità: dunque è
ingiustificabile, anche se l’abitudine (istinto) a
credere nella sua esistenza è ineliminabile. Il
dubbio filosofico non può impedire alla vita
quotidiana un tale atteggiamento.
Il nostro “io”
Anche la sua presunta unità e identità si risolve in un
fascio di impressioni dominate dalla credenza e
dall’abitudine. Il sentimento comincia a far capolino
nella filosofia occidentale.
19. SPINOZA * 1632-1677
La sua opera filosofica più importante è Ethica
ordine geometrico demonstrata, una sorta di
enciclopedia delle scienza filosofiche, svolta con un
metodo di ragionamento e di esposizione
rigorosamente geometrico.
Secondo gli studiosi l’autore adottò tale metodo
perché influenzato dalla moda matematizzante
dell’epoca (sapere rigoroso), per ammirazione verso
la matematica (precisione e sinteticità espositiva),
per imitare la struttura necessaria del reale (tutto è
legato e deducibile).
Centrale nella sua riflessione è il concetto di
sostanza.
20. Antichità e medioevo: la sostanza è quid, forma,
essenza necessaria, sinolo (individuo).
Cartesio: essa è Dio, causa sui, ma anche res
cogitans (il pensiero) e res extensa (l’estensione).
Spinoza la definisce invece come ciò che è in sé e
per sé si concepisce, cioè è autosufficiente e
autosussistente nell’essere (causa sui) e non
abbisogna di nessun altro concetto per essere
pensata.
21. Dunque è antonoma ontologicamente e
gnoseologicamente.
È increata, eterna, infinita, unica, indivisibile: è
Dio o l’Assoluto. Se essa è unica allora non è fuori
dal mondo, ma nel mondo, anzi costituisce con esso
un’unica realtà globale che è la Natura (Deus sive
Natura).
La sostanza ha poi delle qualità essenziali che
sono i suoi attributi infiniti (noi conosciamo solo
pensiero ed estensione !?), e delle affezioni-
!?
specificazioni che sono i suoi modi (infiniti –
proprietà strutturali degli attributi come
movimento,quiete, intelletto e volontà, il mondo
come totalità – e finiti – singoli corpi o menti !?).
22. La Natura è una realtà infinita ed eterna, che si
manifesta in un’infinità di dimensioni (attributi) e che
si concretizza in un’infinità di maniere d’essere
(modi). La Natura naturante (causa) e la Natura
naturata (effetti) sono sempre e panteisticamente
l’unica Natura madre e figlia, attività produttrice e
immanente. (vedi testo di filosofia, storia, pagg. 128-129)
Ogni cosa è in Dio e non è che Dio.
A differenza di Hume che riteneva la sostanza una
pura finzione e che sviluppava un atteggiamento
scettico, Spinoza ritiene la conoscenza razionale
l’unico modello di ogni conoscenza e il soggetto è
riassorbito nell’unica sostanza.
(vedi testo di filosofia, storia, testo 9, pag. 144)
23. LEIBNIZ * 1646-1716
Rendere ragion del movimento senza rinunciare al
concetto di sostanza come sostrato immutabile.
Il movimento si spiega con una pluralità di sostanza
che sono forza, non mera estensione: esse sono
attive, dinamiche. Sono le monadi, sostanze
semplici, punti dotati di energia. I corpi sono
composti di tali sostanze semplici. Sono “atomi
spirituali”, indistruttibili, create da Dio. I corpi invece
si originano o periscono per composizione e
decomposizione. La monade è principio del proprio
movimento, dunque nessuna trasformazione le può
sopravvenire dall’esterno.
(vedi testo di filosofia, storia, testo 13 e 14, pag. 164-166)
24. È una visione fortemente dinamica dell’universo.
Le monadi sono infinitesimi l’uno diverso dall’altro
e la loro diversità è qualitativa: principio di identità
degli indiscernibili. Esse sono qualitativamente
diverse, quantitativamente omogenee, cioè sostanze
individuali.
Di esse si può avere una nozione completa solo se
se ne conoscono tute le determinazioni essenziali
ma anche accidentali. Ogni monade è collegata con
l’intero universo, anzi è uno specchio vivente
perpetuo dell’universo, piccoli mondi contratti in un
punto o diversi punti di vista sull’intero universo.
(vedi testo di filosofia, storia, pagg. 152-156)