1. momen%
della
storia
del
conce/o
di
luce
XIV
giornata
fermiana
padova
11
febbraio
2014
alessandro
pascolini
2. la
luce:
cos’è?
• qualcosa
che
rende
possibile
la
visione
• la
sensazione
generata
dalla
s%molazione
dei
rece/ori
visivi
Webster’s
• un
genere
di
radiazione
naturale
che
rende
possible
la
visione
Oxford
•
un
ente
fisico
al
quale
è
dovuta
l’eccitazione
nell’occhio
delle
sensazioni
visive,
ciò
che
perme/e
all’occhio
di
vedere
gli
oggeG
Enciclopedia
della
fisica
• quando
non
è
buio
Margherita
(2anni
e
mezzo)
3. la
luce
e
l’uomo
• dipende
dalla
fisiologia
dell’occhio
umano
• dipende
dai
processi
perceGvi
dell’uomo
• varia
da
persona
a
persona
• per
una
stessa
persona
varia
col
tempo
e
nel
tempo
• per
misurare
la
luce
introdo/o
in
fotometria
un
“occhio
fotometrico
normale
medio”
con
il
suo
fa/ore
di
visibilità
risposta
rela%va
alle
varie
lunghezze
d’onda
dello
spe/ro
visivo
comprese
fra
400
nm
e
700
nm
5. la
luce
e
Dio
secondo
la
bibbia,
Dio
crea
la
luce
il
primo
giorno,
a
prescindere
-‐
dalle
sorgen%
(sole,
luna,
stelle
create
il
quarto
giorno)
-‐
da
chi
osserva
(uomo
creato
il
sesto
giorno)
a/ribuisce
alla
luce
un’esistenza
in
sé
indipendentemente
da
chi
la
eme/e
fisicamente
e
da
chi
la
vede
6. dimensione
teologica
della
luce
• nella
do/rina
gnos%ca
diventa
un
a/ributo
personificato
di
Dio
~
vangelo
di
Giovanni
• nella
cabala
teosofica
coincide
con
la
sefirah
Tif’eret
(le
10
sefirot
sono
il
mezzo
con
cui
l’energia
divina
si
diffonde
nel
creato)
• aspe/o
influente
sul
pensiero
medievale
cris%ano
ed
ebraico
7. la
cultura
greca
e
la
luce
Nel
mondo
greco
lo
studio
dei
fenomeni
luminosi
si
duplica
in
due
campi
di
indagine
dis%n%
e
autoreferenziali.
• Le
ques%oni
rela%ve
alla
natura
della
luce
e
dei
colori
e
alla
fisiologia
della
vista
trovano
sviluppo
nella
filosofia,
nella
quale
vennero
messe
a
punto
le
teorie
fondamentali
che
esercitarono
grande
influenza
fino
alle
soglie
dell'età
moderna:
la
teoria
dei
raggi
visivi,
la
teoria
stoica
della
pressione,
la
teoria
epicurea
delle
immagini,
la
teoria
platonica
e
aristotelica
dei
colori.
• L'oGca
geometrica
si
sviluppa
come
disciplina
matema%ca
autonoma
assumendo
la
teoria
dei
raggi
visuali
come
en%tà
fisicamente
astra/e
e
dividendosi
in
qua/ro
branche:
oBca,
catoDrica,
prospeBva
e
dioDrica.
9. i
raggi
visivi
• Secondo
Pitagora,
dall'occhio
escono
in
linea
re/a
raggi
visivi
che,
toccando
i
corpi,
trasme/ono
al
vedente
una
sensazione
analoga
a
quella
del
ta/o;
ques%
raggi
divergono
tra
loro
e,
di
conseguenza,
i
piccoli
oggeG
a
grande
distanza
non
risultano
visibili.
• La
do/rina
stoica
sos%tuisce
ai
raggi
una
pressione,
prodo/a
dall'organo
centrale
dell'anima
sulla
pupilla:
uscendo
dall'anima,
la
pressione
si
allarga
a
forma
di
cono
fino
all'ogge/o.
Il
sole,
riscaldando
l'aria,
la
rende
rarefa/a
e
agevola
la
trasmissione
del
cono
di
pressione
uscito
dalla
pupilla;
di
no/e,
l'aria
più
densa
impedisce
che
il
cono
si
estenda
a
grande
distanza.
10. i
simulacri
Nella
teoria
epicurea
delle
immagini,
ispirata
a
Empedocle,
Leucippo
e
Democrito,
ripresa
e
trasmessa
da
Lucrezio,
i
corpi
eme/ono
con%nuamente
un
effluvio
di
«atomi»
che,
diffusi
nell'aria
in
ogni
direzione,
conservano
tu/avia
la
forma
dell'ogge/o
e
penetrano
nell'occhio.
Ques%
«simulacri»,
che
si
muovono
con
grande
velocità,
sono
la
causa
della
visione.
L'effe/o
di
profondità
è
prodo/o
dall'aria
interposta,
che
viene
sospinta
dai
simulacri
contro
gli
occhi
in
misura
tanto
maggiore
quanto
più
lontana
è
la
cosa.
12. Platone
• Le
do/rine
an%che
non
ponevano
una
relazione
esplicita
tra
la
visione
e
la
luce:
quest'ul%ma
aveva
sempre
una
funzione
indire/a
nei
fenomeni
oGci.
• Platone
accentua
per
primo
l'importanza
della
luce
solare
che
s'irradia
in
linea
re/a
dai
corpi
illumina%.
I
raggi
che
escono
dall'occhio,
prodoG
dal
fuoco
soGlissimo
contenuto
nel
corpo
umano,
se
incontrano
nell'aria
quelli
riflessi
dai
corpi
illumina%,
producono
la
visione.
Di
no/e,
questa
non
può
avvenire,
perche
la
luce
emanata
dall'occhio
non
trova
il
suo
equivalente
e
si
spegne.
13. la
teoria
dei
colori
• Fondamentale
la
spiegazione
platonica
dei
colori
(Timeo,
67,
68)
che,
modificata
nelle
premesse
teoriche,
viene
poi
ripresa
da
Aristotele,
perdurando
quasi
inalterata
fino
al
17°
secolo.
•
I
corpuscoli
irradia%
dai
corpi
estranei
sono
più
piccoli,
più
grandi
o
uguali
a
quelli
dell'organo
visivo.
Se
hanno
la
stessa
grandezza,
il
corpo
appare
diafano
o
trasparente;
se
più
piccoli,
essi
dissociano
quelli
dell'occhio,
originando
la
sensazione
del
bianco;
se
più
grandi,
si
concentrano,
e
ciò
produce
la
sensazione
del
nero.
Gli
altri
colori
provengono
dalla
mescolanza
di
ques%
estremi
(il
bianco
e
il
nero).
• Aristotele
(De
sensu
et
sensibilibus,
III)
ri%ene
il
diafano
il
mezzo
con
cui
l'ogge/o
agisce
sull'occhio,
ma
in
potenza.
In
a/o,
occorre
che
esista
un
corpo
ignito,
la
cui
presenza
è
luce
e
la
cui
assenza
è
tenebra.
Non
si
può,
dunque,
vedere
senza
luce.
Il
colore
sarà
il
limite
del
diafano
che
si
trova
in
tuG
i
corpi.
Ciò
che
non
ha
colore
non
può
essere
visto
(è
del
tu/o
trasparente).
14. l’oGca
geometrica
• Euclide
(~300
a.c.)
era
un
matema%co
e
segue
un
metodo
deduGvo
a
par%re
da
postula%
(14
ne
l'OBca
e
7
nel
la
CatoDrica).
I
primi
postula%
introducono
il
modello
del
raggio
di
luce
come
astrazione
matema%ca
necessaria
a
indagare
la
complessità
dei
fenomeni
oGci,
stabiliscono
che
i
raggi
visivi
si
propagano
indefinitamente
in
linea
re/a,
formando
un
cono
avente
come
ver%ce
l'occhio
e
come
base
l'ogge/o,
la
cui
grandezza
apparente
dipende
dall'angolo
di
visione.
Seguono
58
teoremi
che
tra/ano
le
ombre,
le
grandezze
degli
oggeG
in
rapporto
alla
loro
distanza
dall'occhio,
le
immagini
viste
a/raverso
piccole
aperture...
•
Claudio
Tolomeo
(~
90-‐168
d.c.)
tra/a,
oltre
della
visione,
la
riflessione
dagli
specchi
e
la
rifrazione
della
luce.
Egli
misura
sperimentalmente,
mediante
un
disco
circolare
diviso
in
360
par%
uguali,
gli
angoli
di
incidenza
e
di
rifrazione
della
luce
che
passa
da
un
mezzo
meno
denso
a
uno
più
denso
e
viceversa,
trovando
anche
l'angolo
limite.
Tolomeo,
pur
facendo
l'ipotesi
di
una
proporzionalità
tra
l'angolo
d'incidenza
e
quello
di
rifrazione,
non
ne
trova
la
legge,
ma
stabilisce
le
sue
tavole
empiricamente.
• Nella
cato/rica,
Erone
Alessandrino
(II
secolo
d.c.)
gius%fica
la
propagazione
reGlinea
della
luce
in
base
al
principio
del
cammino
più
corto
e
in
base
allo
stesso
principio
prova
che
la
riflessione
si
deve
compiere
ad
angoli
uguali.
15. OGca
pra%ca
e
len%
L’uso
di
len%
convergen%
per
accendere
il
fuoco
e
per
lavori
di
ar%gianato
di
precisione
sembra
certo
che
abbia
avuto
ampia
diffusione
nell’an%chità.
È
stata
trovata
a
Nimrud
una
lente
assira
(~750
-‐710
a.c.)
e
riferimen%
a
len%
in
geroglifici
egizi
(VIII
secolo
a.c.);
nel
le
Nuvole
di
Aristofane
compare
una
lente
ustoria.
Per
il
cara/ere
axiologico
della
cultura
greca,
non
si
dà
alcun
valore
alle
applicazioni
pra%che
(ogni
ασκολη
è
degradante)
e
lo
sviluppo
delle
len%
rimane
relegato
nelle
bo/eghe
degli
ar%giani,
impedendo
così
di
acquisire
le
conoscenze
che
le
loro
proprietà
possono
generare.
16. Aristofane,
le
Nuvole
(423
a.c.)
SOCRATE:
Bravo
davvero!
Ti
propongo
un
altro
elegante
quesito.
Se
t'intentano,
poni,
un
processo
di
cinque
talen%,
come
fares%
per
mandarlo
in
fumo?
STREPSIADE:
Come?...
Come?...
Non
so,
fammi
cercare!
SOCRATE:
Sempre
a
te
stre/a
non
tener
l'idea,
ma
lascia
il
tuo
pensier
che
in
aria
vagoli
come
uno
scarabeo
legato
a
un
piede!
STREPSIADE:
L'ho,
per
mandarlo
in
fumo,
una
trovata!
È
fina
fina,
e
tu
l'amme/erai!
SOCRATE:
Sen%amo
un
po’!
STREPSIADE:
Dai
cerretani,
hai
visto
mai
quella
pietra
bella
e
trasparente
che
ci
si
accende
il
fuoco?
SOCRATE:
Vuoi
parlare
del
cristallo?
STREPSIADE:
Sicuro!
Se
lo
prendo,
e
da
lontano,
mentre
il
cancelliere
scrive
il
processo,
lo
mantengo
contro
il
sole,
faccio
liquefar
la
cera
sopra
le
tavole/e.
SOCRATE:
Per
le
Grazie,
ingegnosa
davvero!
17. Abu
Ysuf
Yaqub
ibn
Is-‐haq
–
Alkindi
(IX
secolo)!
Nel
medio
evo
fu
il
mondo
arabo
a
con%nuare
la
tradizione
scien%fica
greca,
accogliendo
anche
altre
tradizioni
oltre
a
quella
propriamente
filosofica,
in
par%colare
astrologia,
medicina
e
alchimia.
Nella
scuola
medica
di
Bagdad
si
studia
anche
anatomia
e
fisiologia
dell’occhio.
Al-‐Kindi
(IX
secolo
d.C.)
influenzato
dall'astrologia,
afferma
che,
a
somiglianza
delle
stelle,
anche
le
cose
di
questo
mondo,
siano
esse
sostanze
o
acciden%,
eme/ono
raggi.
Di
conseguenza,
nel
De
aspecIbus,
egli
rifiuta
la
teoria
dei
raggi
visuali,
sostenendo
che
i
raggi
escono
dai
corpi
luminosi
e
che
ques%
raggi
si
muovono
in
modo
reGlineo,
agiscono
sull’occhio
e
causano
la
visione.
18. Abu
Alì
Mohammed
ibn
al
Hasan
ibn
al
Haytam
–
Alhazen
(X-‐XI
secolo)!
Alhazen
riprende
la
tradizione
fisico-‐fisiologica
dell'oGca
specula%va,
e
la
rinnova
con
un
notevole
sviluppo
sperimentale.
Alhazen,
che
segue
Galeno,
dà
una
descrizione
accurata,
e
anatomicamente
esa/a,
dell'occhio.
La
visione
avviene
ancora
sul
cristallino
(per
l'imbarazzante
capovolgimento
dell'immagine
che
altrimen%
si
o/errebbe
se
i
raggi
proseguissero
oltre),
ed
è
prodo/a
da
raggi
luminosi
riflessi
dall'ogge/o
verso
l'occhio.
La
direzione
dei
raggi
nel
cono
di
visione
viene
dunque
rovesciata
rispe/o
alla
tradizione:
il
ver%ce
va
posto
nell'ogge/o
illuminato
e
la
base
(pun%forme)
nella
pupilla.
Di
conseguenza,
l'ogge/o
illuminato
viene
visto
punto
per
punto.
Alhazen
può
così
costruire
la
piramide
visiva
senza
preoccuparsi
dei
simulacri
e
della
loro
problema%ca
permanenza
ordinata
nell'aria;
dimostra
in
modo
sperimentale
che
le
luci
e
i
colori
emana%
dai
corpi
non
si
mescolano
con
l'aria
né
con
i
corpi
trasparen%.
Nello
studio
della
rifrazione
della
luce
Alhazen
ricorre
ad
analogie
tra/e
dall'esperienza,
come
i
proieG
meccanici,
avvalendosi,
per
spiegare
la
riflessione,
della
permanenza
della
forza
e
del
moto
primi%vo
nel
raggio
che
si
rifle/e.
La
sua
grande
opera
fu
edita
a
Basilea
nel
1572
da
F.
Risner
con
il
%tolo
OpIcae
thesaurus
libri
VII
(unica
opera
di
oGca
medievale
presente
nella
biblioteca
di
Galileo),
ma
i
suoi
manoscriG
circolavano
in
la%no
fin
dal
XII
secolo
e
furono
ripresi
da
Vitellione
(ca.
1290)
che
ne
diffuse
le
idee
negli
OpIcae
libri
X.
19. il
frontespizio
del
OpIcae
thesaurus
libri
VII,
con
il
testo
di
Alhazen
me/e
in
evidenza
la
varietà
di
problemi
affronta%
dallo
studioso
arabo
20. Lumen
e
Lux
Nel
XIII
secolo
nell’occidente
cris%ano
si
giunge
a
una
dis%nzione
fra
la
rappresentazione
psichica
delle
sensazioni
prodo/e
dall’occhio
(lux)
e
l’agente
esterno
capace
di
s%molare
il
sensorio
oculare
(lumen).
La
filosofia
dominante
(Roberto
Grossatesta,
Ruggero
Bacone,
Giovanni
Pekham,
Bonaventura,
Tommaso
d’Aquino)
rifacendosi
ai
neoplatonici,
Agos%no
e
Aristotele
a/raverso
Avicenna
(Abu
Ali
Hosayn
ibn
AddillaH
ibn
Sina)
si
concentra
sull’analisi
metafisica
e
gnoseologica
della
lux,
giungendo
in
alcuni
casi,
a
negare
ogni
ruolo
al
lumen.
L’indirizzo
teologico
passa
dall’iden%ficare
la
lux
prima
con
Dio
stesso,
poi
con
una
sua
emanazione,
quindi
con
una
en%tà
spirituale.
La
visione
viene
considerata
come
collaborazione
fra
l’azione
esercitata
dalle
“specie”
sull’occhio
e
la
capacità
riceGva
della
psiche
dell’osservatore,
sempre
con
predominanza
di
quest’ul%ma.
Nel
XIV
secolo
Giovanni
Buridano,
Guglielmo
da
Occam
e
Nicola
Oresme
valorizzano
la
conoscenza
sensoriale
rispe/o
a
quella
intelleGva
e
riprendono
lo
studio
del
lumen,
dando
priorità
alla
geometrizzazione
dei
fenomeni
oGci.
21. Dall’oGca
pra%ca
all’oGca
moderna
Anche
nel
Medioevo,
come
nel
mondo
an%co,
deve
essere
esis%ta
un’oGca
praIca,
svincolata
dall'alta
cultura
e
diffusa
nelle
bo/eghe
degli
ar%giani,
in
par%colare
in
Italia.
Alla
fine
del
secolo
XIII
in
questo
ambiente
fu
scoperto
l'uso
delle
len%
convergen%
per
correggere
la
presbiopia
e
la
creazione
di
occhiali.
Uno
sviluppo
cri%co
si
ha
con
la
scoperta
che
“vetri
cavi”
possono
correggere
la
“vista
debole”
anche
dei
giovani.
Ques%
sviluppi
sono
completamente
ignora%
dall’alta
cultura
e
i
filosofi
condannano
le
len%
in
quanto
producono
immagini
non
confermate
dal
ta/o
e
quindi
fallaci
e
inducen%
a
errori.
Cardinale
Hugo
di
Provenza
allo
scri/oio,
affresco
di
Tommaso
da
Modena
nella
Basilica
di
San
Nicolò
a
Treviso,
1352
23. verso
l’oGca
moderna
L'ottica moderna ha avuto inizio in Italia con Francesco
Maurolico e Giovanni Battista Della Porta, due personalità del
tutto opposte.
Maurolico (1494-1575) rinnova l'ottica matematica degli
antichi con i Photismi de lumine et umbra, che lasciò inediti fino
alla morte. L’abate Maurolico era un matematico aristocratico e
il suo punto di partenza era l’assunto che “ogni punto di un
corpo luminoso irradia in ogni punto di un oggetto illuminato”.
Da queste basi fu il primo a dare una spiegazione razionale del
comportamento delle lenti. Dopo aver mostrato che le lenti
convesse sono convergenti e quelle concave divergenti,
Maurolico riconosce l'importanza del cristallino, che agisce
esattamente come qualsiasi altra lente artificiale proiettando
l'immagine all'interno dell'occhio. Affida il compito della visione
genericamente al nervo ottico. I colori dell'arcobaleno
vengono considerati come prodotti dalla rifrazione,
allo stesso modo di quelli che si osservano mediante un prisma.
24. Giovanni
BaGsta
Della
Porta
Della
Porta
(1535?-‐1615)
nel
tra/ato
Magiae
Naturalis
(scri/a
quando
era
giovanissimo)
si
riallaccia
alla
tradizione
della
storia
naturale
e
dei
libri
di
magia,
riportando
effeG
meravigliosi
prodoG
dalla
natura
e
gli
ar%fici
per
riprodurli.
Il
17°
libro
(1589),
dedicato
all'oGca,
con%ene
la
descrizione
della
«camera
oscura
»,
perfezionata
con
l'aggiunta
di
una
lente
biconvessa
all'apertura.
Della
Porta
ri%ene
che
il
meccanismo
riproduca
quel
che
avviene
nell'occhio
durante
la
visione,
e
l'apparato
ar%ficiale
rappresenta
il
modello
per
risolvere
le
annose
ques%oni
delle
scuole
filosofiche.
Della
Porta
si
occupa
molto
anche
delle
len%,
elencando
le
loro
possibili
combinazioni
per
o/enere
gli
effeG
più
curiosi.
Descrive
anche
la
rice/a
per
costruire
un
canocchiale
a
oculare
divergente.
Studia
il
fenomeno
della
riflessione
e
rifrazione.
I
suoi
libri
ebbero
una
vas%ssima
diffusione
e
influenza
sulla
cultura
europea.
25. il
telescopio
di
Galileo
L'invenzione
del
cannocchiale,
avvenuta
a
cavallo
del
1600
si
ebbe
in
Italia,
fuori
dall'ambiente
matema%co
e
filosofico
e
in
via
esclusivamente
empirica,
com'era
costume
tra
i
cultori
dei
segre%
della
natura.
Il
cannocchiale
deriva
dall'inserimento
di
una
lente
concava
e
di
una
convessa
nel
tubus
opIcus,
già
usato
nell'an%chità
per
delimitare
il
campo
visivo.
L'effe/o
d'ingrandimento
delle
due
len%
sovrapposte
doveva
già
essere
noto,
almena
come
curiosità,
ma
fu
Galileo
a
portare
quest'invenzione,
messa
in
commercio
in
Olanda
da
J.
Lipperseim
(1609),
alla
ribalta
della
ricerca
scien%fica.
Più
tardi
(1626)
lo
stesso
Galileo
si
dimostra
interessato
allo
specchio
che
per
riflessione
faceva
l'effe/o
del
telescopio.
Le
scoperte
astronomiche
di
Galilei
dal
Nuncius
Sidereus
(1610)
in
poi
aGrarono
l'a/enzione
della
comunità
scien%fica
europea
sul
nuovo
strumento,
dando
spazio
anche
a
nuove
contestazioni
e
rifiu%
da
parte
del
mondo
tradizionalista.
26. Keplero
e
l’oGca
geometrica
moderna
Johannes
Kepler
(1571-‐1630)
negli
Ad
Vitellionem
Paralipomena
(1604)
riconosce
la
re%na
come
elemento
sensibile
e
individua
l'inversione
dell'immagine
che
su
essa
si
forma.
L'opera
riprende
molte
delle
idee
di
Maurolico,
ma
con%ene
solo
riconoscimen%
non
sempre
gius%fica%
a
Della
Porta.
Nella
terminologia
lascia
cadere
il
termine
lumen
a
favore
di
lux,
sopprimendo
di
fa/o
la
dis%nzione.
La
luce
ha
velocità
infinita
(a
differenza
di
Galileo)
e
si
muove
su
una
superficie,
a/enuandosi
dalla
sorgente,
mentre
il
raggio
di
luce
esprime
solo
il
moto
e
non
ha
consistenza
fisica.
La
Dioptrice
di
Keplero
(1611)
è
il
primo
grande
tra/ato
di
oGca
geometrica
moderna:
con%ene
la
teoria
delle
len%,
le
immagini
oGche
sia
per
riflessione
che
per
rifrazione,
e
il
perfezionamento
del
telescopio
galileiano
mediante
len%
biconvesse
(telescopio
«astronomico»
perché
il
rovesciamento
dell'immagine
che
esso
provocava
era
poco
rilevante
per
l'osservazione
degli
astri).
27. Cartesio
e
l’oGca
fisica
Con
René
Descartes
Du
Perron
(1596-‐1650),
l'oGca
raggiunge
la
dimensione
fisica:
il
problema
della
natura
del
lumen
diventa
lo
scopo
principale
della
ricerca,
mentre
perde
ogni
considerazione
la
lux.
La
sua
Dioptrique
va
inserita
nel
proge/o
di
riforma
della
conoscenza
abbozzato
nel
Discours
de
la
methode,
cioè
innestata
nella
«nuova
scienza»
meccanicis%ca.
La
nuova
concezione
delle
spazio,
le
leggi
naturali
e
l'analisi
quan%ta%va
portata
oltre
le
tre
dimensioni
della
geometria
tradizionale
consentono
a
Descartes
di
scoprire
la
legge
della
rifrazione
della
luce,
invano
cercata
fin
dai
tempi
di
Tolomeo.
Afferma
che
la
luce
è
movimento
che
procede
in
linea
re/a
e
velocità
infinita
in
un
universo
privo
di
vuoto,
ma
riempito
di
par%celle
materiali
e
“celes%”,
i
cui
vor%ci
generano
la
luce;
la
luce
del
sole
e
delle
stelle
non
è
emessa
dal
sole
e
le
stelle,
ma
la
luce
è
prodo/a
da
vor%ci
di
materia
celeste
a/orno
a
tali
corpi.
I
diversi
colori
dipendono
dalla
diversa
velocità
di
rotazione
delle
par%celle
celes%.
28. La
formulazione
della
legge
della
rifrazione
Descartes
sos%ene
che
la
luce
deve
obbedire
alle
stesse
leggi
che
regolano
il
movimento
di
tuG
gli
altri
corpi.
Costruisce,
quindi,
un
modello
astra/o
del
movimento
di
una
palla,
lo
scompone
in
due
componen%,
l'una
perpendicolare,
l'altra
parallela
al
suolo,
considera
quest'ul%ma
costante
per
la
legge
della
conservazione
del
moto.
Gius%ficata
in
questa
modo
la
legge
di
riflessione,
il
modello
viene
applicato
anche
alla
rifrazione,
supponendo
che,
per
a/rito,
il
mezzo
opponga
una
resistenza
minore
alla
luce
di
quanta
non
avvenga
per
la
palla.
Il
raggio
rifra/o
si
avvicina
alla
normale,
secondo
un
rapporto
costante
tra
le
ascisse
(le
«linee
dri/e»).
La
formulazione
matema%ca
della
legge
gli
permise
una
spiegazione
precisa
dell’arcobaleno,
dando
ragione
dell’arco
primario
e
secondario.
29. Francesco
Maria
Grimaldi
e
la
diffrazione
Nella
Physico-‐mathesis
de
Lumine
Coloribus
et
Iride
(1665)
il
bolognese
padre
Francesco
Maria
Grimaldi
vorrebbe
fare
una
sintesi
delle
varie
posizioni
e
idee,
ma,
pur
essendo
estremamente
acuto,
non
riesce
a
cogliere
le
novità
delle
stru/ura
teorica
e
filosofica
della
«nuova
scienza».
Un
suo
contributo
importante
per
gli
sviluppi
futuri
è
la
scoperta
di
un
nuovo
fenomeno
che
chiama
diffrazione
della
luce:
“Lumen
propagatur
seu
diffunditur
non
solum
Directe,
Refracte
ac
Reflexe,
sed
eIam
alio
quodam
Quarto
modo,
Diffracte”.
Descrive
l’osservazione
di
frange
che
appaiono
quando
la
luce,
passando
per
un
piccolo
foro
lambisce
degli
ostacoli,
perme/endo
all’ombra
di
penetrare
nella
zona
illuminata
e
viceversa.
31. Isaac Newton e la nuova filosofia
naturale!
L'oGca
di
Newton,
pur
implicando
una
revisione
del
metodo
cartesiano,
divenne
realmente
il
cuore
della
nuova
filosofia
naturale,
come
lo
stesso
Descartes
aveva
proge/ato.
Nella
OpIcks
del
1704
propone
una
nuova
definizione
di
raggio
di
luce
basata
su
una
teoria
corpuscolare:
“Per
raggi
di
luce
intendo
le
sue
par%
minime”.
La
parte
dell'OpIcks
che
ha
maggiormente
colpito
l'immaginazione
dei
contemporanei
per
la
naturalezza
e
la
semplicità
con
cui
gli
esperimen%
sembravano
suffragare
dire/amente
e
senza
sospe/o
di
dubbio
la
teoria,
fu
quella
dedicata
ai
colori.
32. la teoria dei colori di Newton !
Essa,
in
sintesi,
affermava
che:
(a) i
colori
sono
qualità
(o
proprietà)
innate
e
immutabili
dei
raggi
di
luce,
i
quali
ul%mi
sono
sostanze
e
non
qualità;
(b) non
esistono
raggi
di
luce
bianca
perché
il
bianco
non
è
un
colore
reale
(cioé
non
è
una
qualità
innata
e
immutabile
della
luce,
non
è
una
sostanza);
(c) la
luce
bianca
è
un
aggregato
eterogeneo
di
sostanze
dis%nte,
e
cioé
la
luce
è
sempre,
in
realtà,
luce
colorata.
Questa
do/rina,
aveva
il
grande
pregio
di
spiegare
il
mistero
dei
colori
in
modo
facilmente
accessibile
all'immaginazione.
Il
suo
grande
successo
mise
in
ombra
le
difficoltà
che
Newton
incontrò
nel
gius%ficare
altri
fenomeni.
33. Chris%an
Huygens
nei
suoi
Traite
de
la
lumiere
(1678)
e
Dioptrique
(1704)
rifle/e
a
lungo
sulla
propagazione
reGlinea
della
luce
e
si
convince
che
la
luce
non
poteva
essere
cos%tuita
di
corpuscoli
materiali,
in
quanto
ques%
si
sarebbero
scompagina%
intersecandosi
a
vicenda
o
a/raversando
la
materia
solida.
Paragonando
la
luce
al
suono,
Huygens
avanza
l'ipotesi
che
la
luce
consista
di
onde,
ossia
di
vibrazioni
rapidissime
prodo/e
dalle
par%celle
di
materia.
Poiché
queste
onde
si
propagano
anche
nel
vuoto,
deve
esistere
un
mezzo
estremamente
soGle
(luminiferous
aether)
che
ne
cos%tuisca
il
supporto.
Le
proprietà
di
questo
etere
sono
esclusivamente
meccaniche:
è
perfe/amente
duro
ed
elas%co
ma
anche
soGle
al
punto
da
penetrare
in
tuG
i
corpi;
esso
non
è
percepibile
mediante
i
nostri
sensi.
"
Chris%an
Huygens
e
la
luce
come
onda
34. La
ques%one
se
la
velocità
della
luce
fosse
finita
o
infinita
viene
risolta
nel
1656
dall’astronomo
Ole
Christensen
Rømer
con
una
misura
degli
occultamen%
dei
satelli%
di
Giove.
Giove
ha
4
satelli%
che
entrano
nella
sua
ombra
ogni
volta
che
fanno
un
giro.
L’intervallo
tra
due
successivi
occultamen%
in
cer%
periodi
dell’anno
è
inferiore
alla
media,
in
altri
è
superiore.
Rømer
lo
spiega
osservando
che
i
segnali
luminosi
associa%
all’occultamento
partono
a
tempi
regolari,
ma
devono
compiere
percorsi
differen%
al
variare
della
distanza
della
terra
da
Giove.
Con
i
da%
a
sua
disposizione
trova
una
velocità
di
220
000
km/s.
Misure
successive
ne
hanno
migliorato
la
conoscenza
fino
al
valore
a/uale
c
=
299792458
m/s
preso
come
valore
esa/o,
unità
di
misura"
misura
della
velocità
della
luce
35. l’eclisse dell’ottica!
Nel
Se/ecento,
l'oGca
newtoniana
si
diffuse
con
crescente
successo,
ma
rimase
come
imbalsamata:
essa
aveva
i
suoi
fondamen%
nella
filosofia
della
Natura
del
Seicento
e
aveva
ormai
perso
la
sua
originaria
fecondità.
Tra
i
pochi
newtoniani
che
ne
tentarono
un
perfezionamento
figura
Ruder
Boscovich
che,
con
I'ipotesi
a/raGvo-‐repulsiva
della
materia,
cerco
di
ovviare
alle
difficoltà
incontrate
da
Newton.
Il
dibaGto
sulla
“vis
viva”,
l'interesse
per
i
fenomeni
ele/rici
e
chimici
stava
togliendo
all'oGca
quel
privilegio
di
scienza
paradigma%ca
per
la
costruzione
della
“nuova
filosofia”
che
era
stato
il
vero
e
primario
obieGvo
sia
di
Descartes,
sia
di
Newton.
36. Basandosi
sulle
esperienze
di
foto-‐chimica,
Antoine-‐Laurent
de
Lavoisier
nel
1780
sviluppa
una
teoria
materiale
della
luce,
tra/ata
in
modo
analogo
al
calore
(Memoire
sur
La
Chaleur).
La
luce
viene
spiegata
come
un
fluido
elas%co
“soGle”
privo
di
massa
in
grado
di
penetrare
e
venir
assorbito
dai
corpi,
eventualmente
producendo
effeG
chimici.
37.
38. Thomas Young nel 1803 presentò alla Royal
Society
di
Londra
esperimen%
di
diffrazione
di
luce
in
varie
condizioni,
in
par%colare
a/raverso
una
doppia
fenditura,
che
amme/evano
una
descrizione
razionale
solo
in
termini
di
una
propagazione
ondulatoria
della
luce.
A
lui
è
dovuta
anche
l’associazione
del
colore
a
diverse
frequenze
delle
onde!
rinasce
la
teoria
ondulatoria
della
luce
39. il
dominio
della
teoria
ondulatoria
Nel
corso
dell’800
la
teoria
ondulatoria
della
luce
divenne
il
paradigma
della
descrizione
dei
fenomeni
oGci,
consolidandosi
grazie
al
contributo
di
mol%
fisici,
che
riuscirono
a
tra/are
i
vari
fenomeni
associa%
alla
propagazione
luminosa
nei
vari
mezzi
materiali.
Un
contributo
fondamentale
venne
dai
lavori
di
Augus%n-‐Jean
Fresnel,
che
riprese
i
lavori
di
Grimaldi
sulla
diffrazione
e
con
una
serie
di
esperimen%
ed
elaborazioni
matema%che
mise
in
evidenza
le
proprietà
della
polarizzazione
della
luce
(introdo/a
da
É%enne-‐Louis
Malus
nel
1810),
individuò
le
leggi
dell’interferenza
fra
differen%
sta%
di
polarizzazione,
e
trovò
convincen%
evidenze
a
sostegno
della
natura
unicamente
traversale
delle
onde
luminose.
Le
sue
ricerche
fra
il
1815
e
il
1824
portarono
alla
maturità
della
teoria
ondulatoria
della
luce.
Formulazioni
matema%che
più
avanzate
vennero
da
parte
di
Augus%n-‐Louis
Cauchy,
Gustav
Robert
Georg
Kirchhoff
e
Hermann
Ludwig
Ferdinand
von
Helmholtz.
40. la
ques%one
dell’etere
Young
riprendendo
la
descrizione
ondulatoria
si
trovò
forzato
ad
accogliere
anche
il
luminiferous
aether
di
Huygens
come
supporto
fisico
dei
fenomeni
oGci.
So/oposto
alle
misure
sempre
più
precise
delle
proprietà
della
radiazione
luminosa,
l’etere,
in
quanto
stru/ura
meccanica
che
riempie
tu/o
lo
spazio
si
rivelò
un
conce/o
complesso
dotato
di
proprietà
contradditorie.
La
sua
analisi
ha
svolto
un
ruolo
determinante
nella
fisica
durante
tu/o
l’800,
dando
origine
a
profondi
contras%
fra
i
fisici.
In
realtà
è
difficile
definire
un'immagine
di
etere
che
fosse
acce/ata
da
una
parte
rilevante
della
comunita
scien%fica
e
che,
allo
stesso
tempo,
riuscisse
a
resistere
per
un
lungo
periodo.
Anche
il
genere
di
ques%oni
che
i
fisici
consideravano
prioritarie,
allo
scopo
di
approfondire
la
natura
dell'etere,
mutò
radicalmente
di
decennio
in
decennio.
41. Il
campo
ele/romagne%co
e
la
natura
fisica
della
luce
Le
equazioni
formulate
da
James
Clerk
Maxwell
nel
1861
per
descrivere
il
campo
ele/romagne%co
prevedono
che
una
carica
ele/rica
in
movimento
produca
una
perturbazione
che
si
propaga
nello
spazio
circostante
come
un’onda
tridimensionale
catra/erizzata
da
una
velocità
costante,
esa/amente
la
velocità
della
luce.
"We
can
scarcely
avoid
the
conclusion
that
light
consists
in
the
transverse
undula%ons
of
the
same
medium
which
is
the
cause
of
electric
and
magne%c
phenomena."
42. osservazione
di
onde
ele/romagne%che
La
conferma
sperimentale
delle
onde
ele/romagne%che
si
rivelò
molto
delicata
e
risolto,
dopo
mol%
tenta%vi
di
mol%
ricercatori,
da
Heinich
Hertz
nel
1987,
più
di
20
anni
dopo
la
pubblicazione
della
teoria.
Il
problema
fondamentale
è
dato
dall’enorme
velocità
della
luce,
per
cui
occorre
un
generatore
d’impulsi
etremamente
rapido,
di
solo
qualche
ns.
Hertz
u%lizzo
un
rocche/o
d’induzione
di
Ruhmkoff
opportunamente
modificato
e
riuscì
a
o/enere
sequenze
di
oscillazione
con
periodo
di
12
ns;
come
rivelatore
usò
un
filo
metallico
interro/o
collegato
a
uno
spinterogeno
e
fra
le
due
punte
l’onda
produce
scin%lle,
microscopiche
e
rapidissime,
ma
osservabili.
43. luce
e
onde
ele/romagne%che
La
“luce”,
l’ente
che
ci
fa
vedere,
è
solo
un
caso
par%colare
delle
onde
ele/romagne%che,
cara/erizzata
da
una
gamma
limitata
di
frequenze,
mentre
non
vi
sono
limitazioni
ai
valori
di
frequenza
per
le
onde
ele/romagne%che
generali,
né
ha
la
“luce”
cara/eris%che
speciali
che
la
rendano
ontologicamente
diversa
dalle
altre
radiazioni
ele/romagne%che
44. la
luce
possiede
una
quan%tà
di
moto!
La
luce,
oltre
a
trasportare
energia,
possiede
anche
una
quan%tà
di
moto,
in
base
alla
rela%vità
par%colare,
data
da
E/c,
in
generale
quindi
imperceGbile.
Vi
è
un
fenomeno
impressionante
dovuto
al
trasferimento
di
quan%tà
di
moto
della
radiazione
solare:
la
creazione
della
coda
delle
comete,
che
viene
formata
all’avvicinarsi
dell’astro
al
sole
ed
è
sempre
dire/a
opposta
al
sole
45. Albert
Einstein
e
la
luce
1
*
la
velocità
della
luce
c
nel
vuoto
è
la
stessa
in
ogni
sistema
di
riferimento
inerziale
>
rela%vità
par%colare
>>
c
diventa
un
parametro
della
stru/ura
spazio-‐
temporale,
che
coincide
con
la
velocità
della
luce
>>>
non
serve
più
un
etere
46. Albert
Einstein
e
la
luce
2
*
la
radiazione
ele/romagne%ca
nella
sua
interazione
con
la
materia
scambia
energia
per
mul%pli
di
quan%
elementari
>>
teoria
del
corpo
nero
>>
ipotesi
dei
quan%
di
luce
–
fotoni
“La luce in questi processi si
comporta non come un’onda ma
come un gas di corpuscoli, i quanti
di luce”
>>> effetto fotoelettrico
47. effe/o
fotoele/rico!
nei
suoi
esperimen%
Hertz
osserva
che
la
radiazione
ele/romagne%ca
espelle
ele/roni
dai
materiali
che
la
assorbe.
Il
processo
presenta
le
proprietà:
-‐
l’intensità
della
radiazione
incidente
determina
il
numero
di
fotoele/roni
emessi,
ma
non
la
loro
energia
-‐
l’energia
massima
dei
fotoele/roni
dipende
solo
dalla
frequenza
della
radiazione
-‐
per
ogni
materiale
esiste
una
frequenza
di
soglia,
so/o
la
quale
la
radiazione
non
libera
ele/roni,
qualunque
sia
la
sua
intensità;
se
la
frequenza
supera
la
soglia
si
ha
emissione
istantanea
di
ele/roni
anche
se
l’intensità
è
debolissima
La
teoria
ondulatoria
riesce
a
spiegare
solo
la
prima
delle
proprietà,
ma
non
possiede
meccanismi
per
le
altre
48.
49. la
spiegazione
di
Einstein!
La
radiazione
non
solo
possiede
un’energia
quan%zzata
data
dalla
relazione
E
=
hν,
ma
interagisce
con
la
materia
come
una
par%cella
con
una
precisa
localizzazione
spaziale,
per
cui
interagisce
con
un
singolo
ele/rone,
anzichè
diffondersi
su
tu/a
la
superficie
del
materiale.
La
soglia
è
dovuta
all’energia
necessaria
per
liberare
l’ele/rone
e
dipende
dalle
proprietà
del
materiale.
L’energia
dell’ele/rone
emesso
risulta
quindi
dalla
differenza
fra
l’energia
del
fotone
e
il
lavoro
di
estrazione
W
Ecin=
hν
–
W
l’energia
massima
dipende
quindi
dalla
sola
frequenza
50. la
diffusione
Compton!
nell’ipotesi
di
Einstein
che
nel
processo
fotoele/rico
un
fotone
agisce
dire/amente
con
un
singolo
le/rone,
si
dovrebbe
osservare
anche
un
processo
di
diffusione
in
cui
un
fotone
e
un
ele/rone
interagiscono
come
in
un
urto
fra
par%celle.
L’esperimento
è
stato
studiato
da
Arthur
Holly
Compton
nel
1924,
nel
corso
dei
suoi
studi
sulle
proprietà
dei
raggi
X.
Usando
raggi
X
(fotoni)
dell’energia
di
17,5
keV,
molto
superiore
all’energia
di
legame
degli
ele/roni
nella
materia
(qualche
eV)
si
può
considerare
l’ele/rone
come
libero
e
in
quiete.
La
tra/azione
classica
dell’urto
di
par%celle
prevede
-‐
la
conservazione
dell’energia
-‐
la
conservazione
della
quan%tà
di
moto
in
forma
ve/oriale
si
trova
così
un
valore
per
la
lunghezza
d’onda
del
fotone
diffuso,
verificato
con
alta
accuratezza
dai
da%
sperimentali
53. aspetto inquietante
status ontologico della radiazione:
doppia natura contradditoria
- onde elettromagnetiche
- quanti di luce come particelle
compare il dualismo onda-particella
55. coraggio!
“In
the
world
of
human
thought
generally,
and
in
physical
science
par%cularly,
the
most
important
and
frui•ul
concepts
are
those
to
which
it
is
impossible
to
a/ach
a
well-‐defined
meaning”
H.A.
Kramers
56. qualche
le/ura
• A.C.
Crombie,
Da
S.Agos%no
a
Galileo,
Feltrinelli,
1970
• E.J.
Dijksterhuis,
Il
meccanicismo
e
l’immagine
del
mondo,
Feltrinelli,
1971
• V.
Ronchi,
Soria
della
luce,
Laterza,
1983
• A.I.
Sabra,
Theories
of
Light,
Cambridge
University
Press,
1981
• A.
BeGni,
Le
onde
e
la
luce,
Zanichelli,
1993