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[page 152] [Italian Journal of Food Safety 2013; 2:e42]
Enforcement of the food
hygiene package: role
and requirements from
a recent European Union
Court’s judgement
Claudio Biglia,1
Daniele Pisanello2
1
Dipartimento di Sanità Pubblica,
Azienda Sanitaria Locale Torino 1, Torino;
2
Libero professionista, Avvocato con-
sulente in Diritto Alimentare, Lecce, Italy
Abstract
Detection of non compliance with hygienic
requirements is the major issue of a recent
judgement of the Court of Justice of the
European Union (CJEU). As long as the
hygiene package addresses some obligation
under condition as where necessary, if appro-
priate and similar, it is up to the official control
to identify whether a infraction is at stake. In
October 2011, the CJEU established the need
of a correlation between the requirements reg-
ulated in the Annex of Regulation (EC) No.
852/2004 and Article 4(2) of the same regula-
tion on one side, and the context of those pro-
visions, on the other. By this way, the Court
affirms that food business operators have to
put adopt, implement and maintain a perma-
nent procedure or procedures based on the
Hazard Analysis Critical Control Point
(HACCP) principles. Since hygienic require-
ments must be interpreted so as not to deprive
Article 5 of the Reg. (EC) No. 852/2004 of effec-
tiveness, it follows that when competent
Authorities seemingly do not reckon actual
contamination, one cannot conclude that a
breach to law occurred on the basis of the find-
ing that a potential purchaser could conceiv-
ably have touched foodstuff by hand or sneezed
on it only. In such a case, competent Authority
should take into consideration measures taken
by those operators under Article 5 of the regu-
lation in order to prevent, eliminate or reduce
to acceptable levels the hazard inherent to the
food process.
This statement is of crucial importance
since it requires a stronger effort by the offi-
cial control in detecting violations to food law
and gives room to a number of perspective
shortcomings between EU food hygiene law
and the Italian criminal food law.
Introduzione
L’entrata in vigore del cosiddetto (c.d.) pac-
chetto igiene ha comportato una rivoluzione
copernicana di vasto momento per le autorità
del controllo ufficiale degli alimenti e mangi-
mi. L’adeguamento delle strutture e delle pro-
cedure che, a livello locale, devono dare attua-
zione ed esecuzione ai principi e regole scolpi-
ti nei regolamenti sull’igiene è operazione
ancora in itinere, in Italia e, come denota il
caso giurisprudenziale qui commentato, anche
all’estero. Tra gli aspetti maggiormente contro-
versi vi è certamente il frequente ricorso del
dato normativo a requisiti elastici da parte
della disciplina igienico-sanitaria di fonte
comunitaria. Il frequente impiego, specie negli
allegati tecnici dei regolamenti sull’igiene, di
termini quali ove necessario, ove opportuno,
adeguato o sufficiente gioca un ruolo decisivo
nel marcare il limes tra conforme e non confor-
me e, di riflesso, nel bilanciamento dei diritti e
obblighi sia del controllo ufficiale che dell’ope-
ratore del settore alimentare (OSA).
In questa prospettiva la sentenza del 6 otto-
bre 2011, pronunciata dalla Corte di Giustizia
nella causa C-382/2010 (d’ora in avanti, per
brevità anche sentenza Albrecht) assume una
rilevanza ben più ampia della fattispecie con-
creta da cui ha tratto origine. Con essa la Corte
ha tracciato con chiarezza alcune modalità
operative alle quali il controllo ufficiale dovrà
attenersi nel valutare la sussistenza di una
violazione ai requisiti igienici di cui al pac-
chetto igiene.
Il pacchetto igiene e i requisiti
elastici: il dato normativo
Come noto, l’adozione del c.d. pacchetto igie-
ne, l’insieme dei regolamenti e direttive comu-
nitarie che hanno riscritto le regole armoniz-
zate sull’igiene dei prodotti alimentari e il rela-
tivo controllo ufficiale, è stata propiziata dal
Regolamento (CE) No 178/2002 (Parlamento
Europeo, 2002), l’atto istitutivo di un compiuto
sistema giuridico di legislazione alimentare
nei 27 paesi dell’Unione Europea (UE).
La nuova food policy europea, tesa a una
rimodulazione delle competenze, con una diar-
chia tra valutatori e gestori del rischio, e con-
centrazione a livello comunitario delle compe-
tenze decisorie, con contestuale sottrazione di
porzioni di sovranità agli stati membri, ha por-
tato nel settore della legislazione igienico-
sanitaria una ridefinizione delle norme gene-
rali in materia di igiene dei prodotti alimenta-
ri. L’adozione del c.d. pacchetto igiene, infatti,
non è stata una mera compilazione di norme
già predisposte da direttive risalenti agli anni
’80 e ’90, bensì ha rappresentato la maturazio-
ne di un processo di riformulazione della disci-
plina igienico-sanitaria sulla base di nuovi
principi ispiratori maturati a livello internazio-
nale (ad esempio la Commissione del Codex
Alimentarius). Una lettura coordinata del Reg.
(CE) No 178/2002 (Parlamento Europeo, 2002)
e del c.d. pacchetto igiene ha dimostrato
(Pisanello et al., 2010) che il rapporto tra
impresa alimentare e il sorvegliante pubblico
risulta imperniato su due elementi fondamen-
tali: i) la responsabilità piena dell’operatore
privato per la conformità alla legislazione ali-
mentare del prodotto e del processo produttivo,
da un lato, e ii) i poteri del controllo ufficiale a
fronte della flessibilità delle prescrizioni igie-
nico-sanitarie vigenti, dall’altro.
Più in generale la disciplina igienico-sanita-
ria è incardinata sui seguenti principi: i) la
responsabilità principale per la sicurezza degli
alimenti incombe all’operatore del settore ali-
mentare; ii) garanzia della sicurezza degli ali-
menti lungo tutta la catena alimentare, a
cominciare dalla produzione primaria; iii)
mantenimento della catena del freddo per gli
alimenti che non possono essere immagazzi-
nati a temperatura ambiente in condizioni di
sicurezza, in particolare per quelli congelati;
iv) l’applicazione generalizzata di procedure
basate sui principi del sistema Hazard Analysis
Critical Control Point (HACCP), unitamente
all’applicazione di una corretta prassi igienica,
dovrebbe accrescere la responsabilità degli
operatori del settore alimentare; v) i manuali
di corretta prassi costituiscono uno strumento
prezioso per aiutare gli operatori del settore
alimentare nell’osservanza delle norme d’igie-
ne a tutti i livelli della catena alimentare e nel-
l’applicazione dei principi del sistema HACCP;
vi) determinazione dei criteri microbiologici e
requisiti in materia di controllo delle tempera-
ture sulla base di una valutazione scientifica
dei rischi.
Il punto nodale di questa disciplina e, al con-
tempo, la sfida lanciata sia all’autorità pubbli-
ca sia all’operatore privato, riposa esattamente
Italian Journal of Food Safety 2013; volume 2:e42
Correspondence: Claudio Biglia, Dipartimento di
Sanità Pubblica, Azienda Sanitaria Locale – ASL
Torino 1, corso Vigevano 46, 10100 Torino, Italy.
Tel. +39.011.70958869 - Fax: +39.011.70958880.
E-mail: big_c@libero.it
Key words: official control, food contamination,
food business operator, hygiene, food law.
Conflict of interests: the authors declare no
potential conflict of interests.
Received for publication: 15 January 2013.
Revision received: 16 July 2013.
Accepted for publication: 16 July 2013.
This work is licensed under a Creative Commons
Attribution 3.0 License (by-nc 3.0).
©Copyright C. Biglia and D. Pisanello., 2013
Licensee PAGEPress, Italy
Italian Journal of Food Safety 2013; 2:e42
doi:10.4081/ijfs.2013.e42
[Italian Journal of Food Safety 2013; 2:e42] [page 153]
nel modo di attuazione di quelle clausole quali
ove opportuno, se necessario, qualora necessa-
rio, per quanto ragionevolmente possibile che
caratterizzano molte delle disposizioni dei
Regolamenti (CE) nn. 852/2004 (Parlamento
Europeo, 2004c) e 853/2004 (Parlamento
Europeo, 2004a). Lo stesso art. 4.3 del Reg.
(CE) No. 852/2004 è latore di tale flessibilità.
Sul punto, come noto, valgono le precisazioni
di cui alle Linee guida sull’applicazione di
alcune disposizioni del Regolamento (CE) No
852/2004 relativo all’igiene dei prodotti ali-
mentari (Commissione europea, 2009).
Una tecnica legislativa di tal genere segna il
cambiamento della politica alimentare comu-
nitaria: alla ferrea e spesso dettagliata discipli-
na, propria delle direttive previgenti, si è pre-
ferita una regolamentazione elastica che lasci
all’operatore privato il compito – e le connesse
responsabilità – di individuare ed applicare
soluzioni produttive e organizzative adatte alla
propria realtà aziendale, tali, in ogni caso, da
garantire il livello elevato di sicurezza alimen-
tare.
Applicandosi i regolamenti del c.d. pacchetto
igiene, e il connesso grado di flessibilità, il
limes tra il conforme e il non conforme è con-
dizionato da un numero di fattori tra i quali
speciale importanza hanno i seguenti: la real-
tà concreta relativa all’unità produttiva (grado
di rispetto dei requisiti igienici e delle presta-
zioni dei processi anche organizzativi), la per-
cezione dell’impresa (o di una porzione di
essa) da parte dell’autorità compente del Reg.
(CE) No. 882/2004 (Parlamento Europeo,
2004b).
Entrambi i fattori, prestazioni rese e perce-
zione da parte dell’autorità competente, sono
dei fattori condizionabili – con l’adeguato
know how legale e tecnico – da parte dell’im-
presa in vista di ispezione, controllo, verifica o
audit ai sensi del Reg. (CE) No 882/2004.
Case Report
La causa decisa con la sentenza del 6 ottobre
2011 della Corte dell’UE verte esattamente sui
criteri mediante i quali l’autorità competente
può, legittimamente, contestare una violazio-
ne ai requisiti igienici di cui al Reg. (CE) No
852/2004 (Parlamento Europeo, 2004c).
Una breve illustrazione del caso concreto
aiuterà la comprensione della sentenza. Alcuni
operatori commerciali della distribuzione ali-
mentare operanti in Austria, adivano il giudice
per reclamare contro alcune misure restrittive
e sanzionatorie che l’Autorità competente
aveva intrapreso nei confronti della vendita di
prodotti da forno mediante contenitori self ser-
vice.
A seguito di controlli ufficiali, condotti sotto
l’egida del Reg. (CE) No 882/2004 (Parlamento
Europeo, 2004b), l’autorità competente aveva
verificato che erano stati predisposti conteni-
tori destinati alla vendita in self service di pro-
dotti da forno i cui coperchi erano provvisti di
manici che consentivano di sollevarli con una
mano, mentre, con l’altra, potevano essere
presi i prodotti mediante una pinza messa a
disposizione del cliente. In seguito, quest’ulti-
mo doveva rimettere la pinza al suo posto e
richiudere il coperchio. Rispetto a tale eviden-
za, l’autorità competente austriaca aveva
imposto a tali operatori di allestire contenitori
destinati alla vendita di tali prodotti in self ser-
vice in modo tale che questi ultimi potessero
essere presi solo con l’ausilio di strumenti tec-
nici, come pinze o dispositivi di erogazione, e
che non fosse possibile la reintroduzione di
prodotti da forno già prelevati. Ad avviso del-
l’autorità di controllo, infatti, tali contenitori
per la vendita in self service presentavano l’in-
conveniente di consentire ai clienti di prende-
re e toccare le merci a mani nude, nonché di
tossire e starnutire su dette merci; inoltre, era
stigmatizzato il fatto che il dispositivo di chiu-
sura non impedisse al cliente di reintrodurre la
merce nel contenitore e l’assenza di protezio-
ne dei prodotti alimentari agli starnuti dei
clienti potesse provocare il deposito, su tali
prodotti, di germi e virus.
Su questi rilievi, l’autorità di controllo
accertava una violazione del punto 3 del capi-
tolo IX dell’allegato II del Reg. (CE) No
852/2004 (Parlamento Europeo, 2004c) in
forza del quale: In tutte le fasi di produzione,
trasformazione e distribuzione gli alimenti
devono essere protetti da qualsiasi forma di
contaminazione atta a renderli inadatti al con-
sumo umano, nocivi per la salute o contamina-
ti in modo tale da non poter essere ragionevol-
mente consumati in tali condizioni.
Il giudice, adito per appurare la legittimità
dei provvedimenti della pubblica autorità, con-
siderando che la soluzione delle controversie
sottopostegli richiedessero l’interpretazione
dell’allegato II, capitolo IX, punto 3, del Reg.
(CE) No 852/2004 (Parlamento Europeo,
2004c), sospendeva il procedimento e sottopo-
neva alla Corte le seguenti questioni pregiudi-
ziali: i) In base a quali criteri si deve accertare
se un prodotto alimentare sia inadatto al consu-
mo umano ai sensi dell’allegato II, capitolo IX,
punto 3, del [regolamento]. Se, a tal fine, sia
sufficiente che un potenziale acquirente possa
aver toccato un alimento in vendita o averci
starnutito sopra; ii) in base a quali criteri si
deve accertare se un prodotto sia nocivo per la
salute ai sensi dell’allegato II, capitolo IX,
punto 3, del [regolamento]. Se, a tal fine, sia
sufficiente che un potenziale acquirente possa
aver toccato un alimento in vendita o averci
starnutito sopra; iii) in base a quali criteri si
deve accertare se sussista una contaminazione
tale che non si possa più ragionevolmente con-
siderare che un alimento possa essere consuma-
to nelle condizioni in cui si trova ai sensi del-
l’allegato II, capitolo IX, punto 3, del [regola-
mento]. Se, a tal fine, sia sufficiente che un
potenziale acquirente possa aver toccato un ali-
mento in vendita o averci starnutito sopra.
Discussione
Come si vede, la disposizione tecnica conte-
stata e, conseguentemente, la formulazione
dei quesiti formulati alla Corte, vertono su tre
nozioni centrali per la legislazione alimentare:
alimento inadatto, alimento nocivo, alimento
contaminato.
Se si eccettua il caso dell’alimento contami-
nato, per il quale è dato individuare nel Reg.
(CE) No 852/2004 (Parlamento Europeo,
2004c) una definizione specifica [la «contami-
nazione» è infatti definita come la presenza o
l’introduzione di un pericolo dall’art. 2.1 (f)
Reg. (CE) No 852/2004], i concetti di alimento
nocivo e inadatto non sono normati dal regola-
mento sull’igiene; stante però il rinvio operato
da questo regolamento alle definizioni del Reg.
(CE) No 178/2002 (Parlamento Europeo, 2002)
e, più in generale, viste le interrelazioni tra i
due atti normativi, è a quest’ultimo che potreb-
be ricorrersi per dare contenuto definitorio
alle nozioni portate in causa. Nel Reg. (CE) No
178/2002, infatti, si trova una disposizione,
l’articolo 14, interamente dedicata agli alimen-
ti a rischio i quali, secondo il Reg. (CE) No
178/2002 danno luogo ai casi seguenti: i) ali-
menti dannosi per la salute, e ii) alimenti ina-
datti al consumo umano.
Il Reg. (CE) No 178/2002 (Parlamento
Europeo, 2002), all’art. 14.4 specifica la nozio-
ne di alimento dannoso e d’alimento inadatto.
Quanto al primo, in una prospettiva decisa-
mente ampia, il regolamento quadro stabilisce
che per determinare se un alimento sia danno-
so per la salute occorre prendere in considera-
zione quanto segue: i) i probabili effetti imme-
diati e/o breve termine, e/o lungo termine del-
l’alimento sulla salute di una persona che lo
consuma, ma anche su quella dei discendenti;
ii) i probabili effetti tossici cumulativi di un
alimento; iii) la particolare sensibilità, sotto il
profilo della salute di una specifica categoria di
consumatori nel caso in cui l’alimento sia
destinato ad essa. Quanto all’alimento inade-
guato all’uso umano, il Reg. (CE) No 178/2002
(Parlamento Europeo, 2002) riferisce tale caso
alla contaminazione dovuta a materiale estra-
neo o a altri motivi, o in seguito a putrefazione,
deterioramento o decomposizione [art. 14.5 del
Reg. (CE) No 178/2002].
Sarebbe stato oltremodo utile che la Corte di
Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si pro-
nunciasse sui criteri per determinare l’inac-
cettabilità del rischio alimentare. In realtà la
CGUE glissa completamente sui collegamenti
Applied Studies
[page 154] [Italian Journal of Food Safety 2013; 2:e42]
tra Reg. (CE) No 178/2002 e il regolamento sul-
l’igiene, preferendo riformulare i quesiti in
un’ottica leggermente diversa: il giudice del
rinvio chiede, sostanzialmente, se l’allegato II,
capitolo IX, punto 3, del regolamento debba
essere interpretato nel senso che, in circostanze
come quelle oggetto della causa principale, nel
caso di contenitori destinati alla vendita in self
service di prodotti da forno, il fatto che un
potenziale acquirente possa aver teoricamente
toccato a mani nude gli alimenti in vendita o
starnutito su questi ultimi consenta, di per sé,
di constatare che tali alimenti non sono stati
protetti da qualsiasi forma di contaminazione
atta a renderli inadatti al consumo umano,
nocivi per la salute o contaminati in modo tale
da non poter essere ragionevolmente consuma-
ti in tali condizioni (cfr. par. 15, sentenza
Albrecht).
L’accorpamento delle tre distinte questioni
risulta funzionale alla strategia decisoria della
Corte la quale, circoscrivendo il perimetro
della decisione interamente all’interno del
Reg. (CE) No 852/2004 (Parlamento Europeo,
2004c), apre la via ad una scelta tra una nozio-
ne astratta di contaminazione contrapposta a
una nozione concreta.
Il ragionamento sviluppato dalla CGUE parte
dal riconoscere che la disposizione impugnata
[il punto 3, capitolo IX, allegato II del Reg. (CE)
No 852/2004] è relativo all’obbligo di protezio-
ne dell’alimento da qualsiasi forma di contami-
nazione atta a renderli inadatti al consumo
umano, nocivi per la salute o contaminati in
modo tale da non poter essere ragionevolmente
consumati in tali condizioni. La CGUE ha buon
gioco nel sottolineare che questo è un requisi-
to che gli operatori del settore alimentare
devono rispettare in forza dell’art. 4, n. 2 dello
stesso regolamento ai sensi del quale Gli ope-
ratori del settore alimentare che eseguono qual-
sivoglia fase della produzione, della trasforma-
zione e della distribuzione di alimenti successi-
va a quelle di cui al paragrafo 1, rispettano i
requisiti generali in materia d’igiene di cui
all’allegato II e ogni requisito specifico previsto
dal regolamento (CE) n. 853/2004 (Parlamento
Europeo, 2004a).
Su questo dato normativo s’innesta l’ele-
mento fondamentale posto dalla sentenza
Albrecht: le norme ora citate devono essere
applicate e, se del caso, interpretate alla luce
del contesto in cui si collocano secondo la con-
solidata giurisprudenza della CGUE (così,
testualmente, par. 18 della sentenza Albrecht).
L’aver posto l’accento sull’imprescindibilità di
un’applicazione e interpretazione sistematica
dei requisiti igienici consente alla CGUE di
stabilire un collegamento giuridico stringente
coll’art. 5 del Reg. (CE) No 852/2004
(Parlamento Europeo, 2004c) che, come noto,
è relativo all’obbligo di autocontrollo igienico
dell’industria alimentare in base ai principi
dell’HACCP. Interessante osservare che questo
collegamento era stato caldeggiato nelle
memorie presentate dal governo ceco e da
quello dei Paesi Bassi, nonché dalla
Commissione europea (si veda par. 18, senten-
za Albrecht).
Ai sensi del citato art. 5 numero 1, gli opera-
tori del settore alimentare predispongono,
attuano e mantengono una o più procedure
permanenti basate sui principi del sistema
HACCP. La CGUE esplicita, tra tali principi,
quello contenuto nell’art. 5, n. 2, lett. a), del
regolamento, il quale impone di identificare
ogni pericolo che deve essere prevenuto, elimi-
nato o ridotto a livelli accettabili. La previsione
di un obbligo di predisposizione, attuazione e
aggiornamento di procedure d’autocontrollo
igienico è, nel ragionamento della CGUE,
espressione dello scopo perseguito dal legislato-
re dell’Unione di attribuire la responsabilità
principale in materia di sicurezza degli alimen-
ti agli operatori del settore alimentare (cfr. par.
20, sentenza Albrecht) ed è a tale principio che
l’allegato II, capitolo IX, punto 3, del regola-
mento deve accordarsi, pertanto, essere inter-
pretato in modo da non privare l’art. 5 di tale
regolamento del suo effetto utile (cfr. par. 21
sentenza Albrecht).
Nel caso di specie, la sola interpretazione
utile a salvaguardare l’attribuzione di respon-
sabilità all’OSA (e il senso dei costi connessi)
risiede in ciò che la violazione dell’obbligo di
protezione degli alimenti dal rischio di conta-
minazione deve essere investigata e valutata
in rispetto alle procedure di autocontrollo igie-
nico predisposte dall’operatore privato. La
valutazione del rispetto dei requisiti igienici
deve quindi essere svolta anche e, sembrereb-
be, soprattutto alla luce delle procedure di
autocontrollo (cfr. par. 22 sentenza Albrecht).
Tale valutazione deve essere condotta, affer-
ma la Corte, in termini scientifici, discutendo
con l’OSA: Ne consegue che, in una circostanza
come quella oggetto della causa principale,
dalla quale non emerge che un’effettiva conta-
minazione sia stata rilevata dalle autorità com-
petenti, non si può concludere che gli operatori
del settore alimentare interessati abbiano vio-
lato tale punto 3 sulla base della sola constata-
zione che un potenziale acquirente possa aver
teoricamente toccato a mani nude gli alimenti
in vendita o starnutito su questi ultimi, senza
prendere in considerazione le misure che tali
operatori hanno adottato conformemente
all’art. 5 del regolamento al fine di prevenire,
eliminare o ridurre ad un livello accettabile il
rischio che può presentare una contaminazione
ai sensi dell’allegato II, capitolo IX, punto 3, di
tale regolamento e senza contestare l’insuffi-
cienza delle misure adottate a tale proposito
sulla base di tutti i dati pertinenti disponibili
(cfr. par. 22, sentenza Albrecht). Nel caso di
specie, peraltro, tutti i pareri tecnici esclude-
vano la sussistenza di problemi igienici nel-
l’uso dei contenitori controversi.
Conclusioni
La sentenza Albrecht è tale da poter mettere
in moto un processo di revisione delle modali-
tà di esecuzione del controllo ufficiale che
siano maggiormente confacenti agli indirizzi
di food policy vigenti nel mercato unico euro-
peo. Certamente, d’ora in avanti, la mera rico-
gnizione di una mancata osservanza a uno dei
requisiti igienici non sarà sufficiente a inte-
grare una violazione giuridicamente rilevante:
la contrarietà alle norme comunitarie, sembra
potersi desumere dalla sentenza, abbisognerà
di un quid pluris e cioè di una valutazione,
basata sull’analisi del pericolo, nel contesto
delle procedure igieniche predisposte e attua-
te dall’OSA. Il che evidentemente chiama l’ope-
ratore del controllo ufficiale a un maggiore
sforzo di valutazione delle procedure e delle
realtà sottoposte a controllo, rifuggendo una
pratica investigativa meramente formale e
ottusamente limitata a requisiti considerati in
sé e per sé.
Una tale lettura che, come detto, sembra
essere il portato principale della sentenza
Albrecht, è dunque funzionale all’accrescimen-
to della sensibilità dell’OSA rispetto alle proce-
dure igieniche spesso avvertite come un mero
costo. A voler poi ragionare con i termini san-
zionatori del decreto legislativo n. 193/2007
(Repubblica Italiana, 2007) si potrebbe dire
che, in un caso come quello della causa princi-
pale, non sembrerebbe corretto procedere con
una contestazione ex articolo 6, comma 5, per
mancato rispetto dei requisiti igienici in quan-
to, in assenza di ulteriori evidenze, non vi
sarebbe violazione giuridicamente rilevante,
stando alla sentenza Albrecht. Semmai, sem-
brerebbe più congruo, eventualmente, proce-
dere alla contestazione dell’articolo 6, comma
7, che consente un periodo di adeguamento.
In ogni caso, sia che si proceda in termini
esclusivamente sanzionatori o anche prescrit-
tivi [come stabilito da art. 54 del Reg. (CE) No
852/2004 (Parlamento Europeo, 2004c)] il ful-
cro riposa sulla giustificazione scientifica:
l’inadeguatezza del prodotto, del processo,
della procedura dovrà essere sempre adeguata-
mente motivato dall’autorità di controllo.
Obbligo di motivazione peraltro già operativo
nel nostro sistema amministrativo, giusto l’ar-
ticolo 2 della legge No 241/1990 (Repubblica
Italiana, 1990). La sentenza Albrecht, se ade-
guatamente valorizzata e studiata, potrebbe
contribuire altresì ad aggiornare i rapporti tra
la disciplina igienica degli alimenti di matrice
comunitaria e la legge penale alimentare di
parte speciale, in particolare la contravvenzio-
ne del cattivo stato di conservazione.
Se, come e quando i richiami della CGUE
saranno recepiti dalla giurisprudenza italiana
in tema di articolo 5, lett. (b), Legge No
283/1962 (Repubblica Italiana, 1962), essi
Applied Studies
[Italian Journal of Food Safety 2013; 2:e42] [page 155]
sono i tre ambiti di riflessione sui quali occor-
rerebbe investire in modo interdisciplinare.
Bibliografia
Commissione europea, 2009. Linee guida sul-
l’applicazione di alcune disposizioni del
Regolamento (CE) No 852/2004 relativo
all’igiene dei prodotti alimentari, 16 feb-
braio 2009, SANCO/1731/2008 Rev. 6.
Commissione Europea ed., Bruxelles.
Disponibile al sito: http://bdr.rete.basilica-
ta.it/c/document_library/get_file?p_l_id=1
7192&folderId=15846&name=DLFE-
679.pdf
Parlamento Europeo, 2002. Regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 28
gennaio 2002, che stabilisce i principi e i
requisiti generali della legislazione ali-
mentare, istituisce l’Autorità europea per
la sicurezza alimentare e fissa procedure
nel campo della sicurezza alimentare,
178/2002/CE. In: Gazzetta Ufficiale, L 31/1,
01/02/2002.
Parlamento Europeo, 2004a. Regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 29
aprile 2004, che stabilisce norme specifi-
che in materia di igiene per gli alimenti di
origine animale, 853/2004/CE. In: Gazzetta
Ufficiale, L 139/55, 30/4/2004.
Parlamento Europeo, 2004b. Regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 29
aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali
intesi a verificare la conformità alla nor-
mativa in materia di mangimi e di alimen-
ti e alle norme sulla salute e sul benessere
degli animali, 882/2004/CE. In: Gazzetta
Ufficiale, L 191, 28/05/2004.
Parlamento Europeo, 2004c. Regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 29
aprile 2004, sull’igiene dei prodotti ali-
mentari, 852/2004/CE. In: Gazzetta
Ufficiale, L 139/1, 30/4/2004.
Pisanello D, Biglia C, Pellicano CM, 2010.
Guida alla legislazione alimentare.
L’applicazione pratica, il controllo ufficia-
le, l’audit, le responsabilità, le sanzioni,
l’etichettatura, la pubblicità. EPC Libri,
Roma.
Repubblica Italiana, 1962. Decreto legislativo
del 30 aprile 1962, n. 283. Modifica degli
artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del t.u. delle
leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio
1934, n. 1265. Disciplina igienica della
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alimentari e delle bevande. In: Gazzetta
Ufficiale n. 139, 04/06/1962.
Repubblica Italiana, 1990. Decreto legislativo
del 7 agosto 1990, n. 241. Nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e
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strativi. In: Gazzetta Ufficiale n. 192, 18/08/
1990.
Repubblica Italiana, 2007. Decreto legislativo
del 6 novembre 2007, n. 193. Attuazione
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  • 1. [page 152] [Italian Journal of Food Safety 2013; 2:e42] Enforcement of the food hygiene package: role and requirements from a recent European Union Court’s judgement Claudio Biglia,1 Daniele Pisanello2 1 Dipartimento di Sanità Pubblica, Azienda Sanitaria Locale Torino 1, Torino; 2 Libero professionista, Avvocato con- sulente in Diritto Alimentare, Lecce, Italy Abstract Detection of non compliance with hygienic requirements is the major issue of a recent judgement of the Court of Justice of the European Union (CJEU). As long as the hygiene package addresses some obligation under condition as where necessary, if appro- priate and similar, it is up to the official control to identify whether a infraction is at stake. In October 2011, the CJEU established the need of a correlation between the requirements reg- ulated in the Annex of Regulation (EC) No. 852/2004 and Article 4(2) of the same regula- tion on one side, and the context of those pro- visions, on the other. By this way, the Court affirms that food business operators have to put adopt, implement and maintain a perma- nent procedure or procedures based on the Hazard Analysis Critical Control Point (HACCP) principles. Since hygienic require- ments must be interpreted so as not to deprive Article 5 of the Reg. (EC) No. 852/2004 of effec- tiveness, it follows that when competent Authorities seemingly do not reckon actual contamination, one cannot conclude that a breach to law occurred on the basis of the find- ing that a potential purchaser could conceiv- ably have touched foodstuff by hand or sneezed on it only. In such a case, competent Authority should take into consideration measures taken by those operators under Article 5 of the regu- lation in order to prevent, eliminate or reduce to acceptable levels the hazard inherent to the food process. This statement is of crucial importance since it requires a stronger effort by the offi- cial control in detecting violations to food law and gives room to a number of perspective shortcomings between EU food hygiene law and the Italian criminal food law. Introduzione L’entrata in vigore del cosiddetto (c.d.) pac- chetto igiene ha comportato una rivoluzione copernicana di vasto momento per le autorità del controllo ufficiale degli alimenti e mangi- mi. L’adeguamento delle strutture e delle pro- cedure che, a livello locale, devono dare attua- zione ed esecuzione ai principi e regole scolpi- ti nei regolamenti sull’igiene è operazione ancora in itinere, in Italia e, come denota il caso giurisprudenziale qui commentato, anche all’estero. Tra gli aspetti maggiormente contro- versi vi è certamente il frequente ricorso del dato normativo a requisiti elastici da parte della disciplina igienico-sanitaria di fonte comunitaria. Il frequente impiego, specie negli allegati tecnici dei regolamenti sull’igiene, di termini quali ove necessario, ove opportuno, adeguato o sufficiente gioca un ruolo decisivo nel marcare il limes tra conforme e non confor- me e, di riflesso, nel bilanciamento dei diritti e obblighi sia del controllo ufficiale che dell’ope- ratore del settore alimentare (OSA). In questa prospettiva la sentenza del 6 otto- bre 2011, pronunciata dalla Corte di Giustizia nella causa C-382/2010 (d’ora in avanti, per brevità anche sentenza Albrecht) assume una rilevanza ben più ampia della fattispecie con- creta da cui ha tratto origine. Con essa la Corte ha tracciato con chiarezza alcune modalità operative alle quali il controllo ufficiale dovrà attenersi nel valutare la sussistenza di una violazione ai requisiti igienici di cui al pac- chetto igiene. Il pacchetto igiene e i requisiti elastici: il dato normativo Come noto, l’adozione del c.d. pacchetto igie- ne, l’insieme dei regolamenti e direttive comu- nitarie che hanno riscritto le regole armoniz- zate sull’igiene dei prodotti alimentari e il rela- tivo controllo ufficiale, è stata propiziata dal Regolamento (CE) No 178/2002 (Parlamento Europeo, 2002), l’atto istitutivo di un compiuto sistema giuridico di legislazione alimentare nei 27 paesi dell’Unione Europea (UE). La nuova food policy europea, tesa a una rimodulazione delle competenze, con una diar- chia tra valutatori e gestori del rischio, e con- centrazione a livello comunitario delle compe- tenze decisorie, con contestuale sottrazione di porzioni di sovranità agli stati membri, ha por- tato nel settore della legislazione igienico- sanitaria una ridefinizione delle norme gene- rali in materia di igiene dei prodotti alimenta- ri. L’adozione del c.d. pacchetto igiene, infatti, non è stata una mera compilazione di norme già predisposte da direttive risalenti agli anni ’80 e ’90, bensì ha rappresentato la maturazio- ne di un processo di riformulazione della disci- plina igienico-sanitaria sulla base di nuovi principi ispiratori maturati a livello internazio- nale (ad esempio la Commissione del Codex Alimentarius). Una lettura coordinata del Reg. (CE) No 178/2002 (Parlamento Europeo, 2002) e del c.d. pacchetto igiene ha dimostrato (Pisanello et al., 2010) che il rapporto tra impresa alimentare e il sorvegliante pubblico risulta imperniato su due elementi fondamen- tali: i) la responsabilità piena dell’operatore privato per la conformità alla legislazione ali- mentare del prodotto e del processo produttivo, da un lato, e ii) i poteri del controllo ufficiale a fronte della flessibilità delle prescrizioni igie- nico-sanitarie vigenti, dall’altro. Più in generale la disciplina igienico-sanita- ria è incardinata sui seguenti principi: i) la responsabilità principale per la sicurezza degli alimenti incombe all’operatore del settore ali- mentare; ii) garanzia della sicurezza degli ali- menti lungo tutta la catena alimentare, a cominciare dalla produzione primaria; iii) mantenimento della catena del freddo per gli alimenti che non possono essere immagazzi- nati a temperatura ambiente in condizioni di sicurezza, in particolare per quelli congelati; iv) l’applicazione generalizzata di procedure basate sui principi del sistema Hazard Analysis Critical Control Point (HACCP), unitamente all’applicazione di una corretta prassi igienica, dovrebbe accrescere la responsabilità degli operatori del settore alimentare; v) i manuali di corretta prassi costituiscono uno strumento prezioso per aiutare gli operatori del settore alimentare nell’osservanza delle norme d’igie- ne a tutti i livelli della catena alimentare e nel- l’applicazione dei principi del sistema HACCP; vi) determinazione dei criteri microbiologici e requisiti in materia di controllo delle tempera- ture sulla base di una valutazione scientifica dei rischi. Il punto nodale di questa disciplina e, al con- tempo, la sfida lanciata sia all’autorità pubbli- ca sia all’operatore privato, riposa esattamente Italian Journal of Food Safety 2013; volume 2:e42 Correspondence: Claudio Biglia, Dipartimento di Sanità Pubblica, Azienda Sanitaria Locale – ASL Torino 1, corso Vigevano 46, 10100 Torino, Italy. Tel. +39.011.70958869 - Fax: +39.011.70958880. E-mail: big_c@libero.it Key words: official control, food contamination, food business operator, hygiene, food law. Conflict of interests: the authors declare no potential conflict of interests. Received for publication: 15 January 2013. Revision received: 16 July 2013. Accepted for publication: 16 July 2013. This work is licensed under a Creative Commons Attribution 3.0 License (by-nc 3.0). ©Copyright C. Biglia and D. Pisanello., 2013 Licensee PAGEPress, Italy Italian Journal of Food Safety 2013; 2:e42 doi:10.4081/ijfs.2013.e42
  • 2. [Italian Journal of Food Safety 2013; 2:e42] [page 153] nel modo di attuazione di quelle clausole quali ove opportuno, se necessario, qualora necessa- rio, per quanto ragionevolmente possibile che caratterizzano molte delle disposizioni dei Regolamenti (CE) nn. 852/2004 (Parlamento Europeo, 2004c) e 853/2004 (Parlamento Europeo, 2004a). Lo stesso art. 4.3 del Reg. (CE) No. 852/2004 è latore di tale flessibilità. Sul punto, come noto, valgono le precisazioni di cui alle Linee guida sull’applicazione di alcune disposizioni del Regolamento (CE) No 852/2004 relativo all’igiene dei prodotti ali- mentari (Commissione europea, 2009). Una tecnica legislativa di tal genere segna il cambiamento della politica alimentare comu- nitaria: alla ferrea e spesso dettagliata discipli- na, propria delle direttive previgenti, si è pre- ferita una regolamentazione elastica che lasci all’operatore privato il compito – e le connesse responsabilità – di individuare ed applicare soluzioni produttive e organizzative adatte alla propria realtà aziendale, tali, in ogni caso, da garantire il livello elevato di sicurezza alimen- tare. Applicandosi i regolamenti del c.d. pacchetto igiene, e il connesso grado di flessibilità, il limes tra il conforme e il non conforme è con- dizionato da un numero di fattori tra i quali speciale importanza hanno i seguenti: la real- tà concreta relativa all’unità produttiva (grado di rispetto dei requisiti igienici e delle presta- zioni dei processi anche organizzativi), la per- cezione dell’impresa (o di una porzione di essa) da parte dell’autorità compente del Reg. (CE) No. 882/2004 (Parlamento Europeo, 2004b). Entrambi i fattori, prestazioni rese e perce- zione da parte dell’autorità competente, sono dei fattori condizionabili – con l’adeguato know how legale e tecnico – da parte dell’im- presa in vista di ispezione, controllo, verifica o audit ai sensi del Reg. (CE) No 882/2004. Case Report La causa decisa con la sentenza del 6 ottobre 2011 della Corte dell’UE verte esattamente sui criteri mediante i quali l’autorità competente può, legittimamente, contestare una violazio- ne ai requisiti igienici di cui al Reg. (CE) No 852/2004 (Parlamento Europeo, 2004c). Una breve illustrazione del caso concreto aiuterà la comprensione della sentenza. Alcuni operatori commerciali della distribuzione ali- mentare operanti in Austria, adivano il giudice per reclamare contro alcune misure restrittive e sanzionatorie che l’Autorità competente aveva intrapreso nei confronti della vendita di prodotti da forno mediante contenitori self ser- vice. A seguito di controlli ufficiali, condotti sotto l’egida del Reg. (CE) No 882/2004 (Parlamento Europeo, 2004b), l’autorità competente aveva verificato che erano stati predisposti conteni- tori destinati alla vendita in self service di pro- dotti da forno i cui coperchi erano provvisti di manici che consentivano di sollevarli con una mano, mentre, con l’altra, potevano essere presi i prodotti mediante una pinza messa a disposizione del cliente. In seguito, quest’ulti- mo doveva rimettere la pinza al suo posto e richiudere il coperchio. Rispetto a tale eviden- za, l’autorità competente austriaca aveva imposto a tali operatori di allestire contenitori destinati alla vendita di tali prodotti in self ser- vice in modo tale che questi ultimi potessero essere presi solo con l’ausilio di strumenti tec- nici, come pinze o dispositivi di erogazione, e che non fosse possibile la reintroduzione di prodotti da forno già prelevati. Ad avviso del- l’autorità di controllo, infatti, tali contenitori per la vendita in self service presentavano l’in- conveniente di consentire ai clienti di prende- re e toccare le merci a mani nude, nonché di tossire e starnutire su dette merci; inoltre, era stigmatizzato il fatto che il dispositivo di chiu- sura non impedisse al cliente di reintrodurre la merce nel contenitore e l’assenza di protezio- ne dei prodotti alimentari agli starnuti dei clienti potesse provocare il deposito, su tali prodotti, di germi e virus. Su questi rilievi, l’autorità di controllo accertava una violazione del punto 3 del capi- tolo IX dell’allegato II del Reg. (CE) No 852/2004 (Parlamento Europeo, 2004c) in forza del quale: In tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione gli alimenti devono essere protetti da qualsiasi forma di contaminazione atta a renderli inadatti al con- sumo umano, nocivi per la salute o contamina- ti in modo tale da non poter essere ragionevol- mente consumati in tali condizioni. Il giudice, adito per appurare la legittimità dei provvedimenti della pubblica autorità, con- siderando che la soluzione delle controversie sottopostegli richiedessero l’interpretazione dell’allegato II, capitolo IX, punto 3, del Reg. (CE) No 852/2004 (Parlamento Europeo, 2004c), sospendeva il procedimento e sottopo- neva alla Corte le seguenti questioni pregiudi- ziali: i) In base a quali criteri si deve accertare se un prodotto alimentare sia inadatto al consu- mo umano ai sensi dell’allegato II, capitolo IX, punto 3, del [regolamento]. Se, a tal fine, sia sufficiente che un potenziale acquirente possa aver toccato un alimento in vendita o averci starnutito sopra; ii) in base a quali criteri si deve accertare se un prodotto sia nocivo per la salute ai sensi dell’allegato II, capitolo IX, punto 3, del [regolamento]. Se, a tal fine, sia sufficiente che un potenziale acquirente possa aver toccato un alimento in vendita o averci starnutito sopra; iii) in base a quali criteri si deve accertare se sussista una contaminazione tale che non si possa più ragionevolmente con- siderare che un alimento possa essere consuma- to nelle condizioni in cui si trova ai sensi del- l’allegato II, capitolo IX, punto 3, del [regola- mento]. Se, a tal fine, sia sufficiente che un potenziale acquirente possa aver toccato un ali- mento in vendita o averci starnutito sopra. Discussione Come si vede, la disposizione tecnica conte- stata e, conseguentemente, la formulazione dei quesiti formulati alla Corte, vertono su tre nozioni centrali per la legislazione alimentare: alimento inadatto, alimento nocivo, alimento contaminato. Se si eccettua il caso dell’alimento contami- nato, per il quale è dato individuare nel Reg. (CE) No 852/2004 (Parlamento Europeo, 2004c) una definizione specifica [la «contami- nazione» è infatti definita come la presenza o l’introduzione di un pericolo dall’art. 2.1 (f) Reg. (CE) No 852/2004], i concetti di alimento nocivo e inadatto non sono normati dal regola- mento sull’igiene; stante però il rinvio operato da questo regolamento alle definizioni del Reg. (CE) No 178/2002 (Parlamento Europeo, 2002) e, più in generale, viste le interrelazioni tra i due atti normativi, è a quest’ultimo che potreb- be ricorrersi per dare contenuto definitorio alle nozioni portate in causa. Nel Reg. (CE) No 178/2002, infatti, si trova una disposizione, l’articolo 14, interamente dedicata agli alimen- ti a rischio i quali, secondo il Reg. (CE) No 178/2002 danno luogo ai casi seguenti: i) ali- menti dannosi per la salute, e ii) alimenti ina- datti al consumo umano. Il Reg. (CE) No 178/2002 (Parlamento Europeo, 2002), all’art. 14.4 specifica la nozio- ne di alimento dannoso e d’alimento inadatto. Quanto al primo, in una prospettiva decisa- mente ampia, il regolamento quadro stabilisce che per determinare se un alimento sia danno- so per la salute occorre prendere in considera- zione quanto segue: i) i probabili effetti imme- diati e/o breve termine, e/o lungo termine del- l’alimento sulla salute di una persona che lo consuma, ma anche su quella dei discendenti; ii) i probabili effetti tossici cumulativi di un alimento; iii) la particolare sensibilità, sotto il profilo della salute di una specifica categoria di consumatori nel caso in cui l’alimento sia destinato ad essa. Quanto all’alimento inade- guato all’uso umano, il Reg. (CE) No 178/2002 (Parlamento Europeo, 2002) riferisce tale caso alla contaminazione dovuta a materiale estra- neo o a altri motivi, o in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione [art. 14.5 del Reg. (CE) No 178/2002]. Sarebbe stato oltremodo utile che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si pro- nunciasse sui criteri per determinare l’inac- cettabilità del rischio alimentare. In realtà la CGUE glissa completamente sui collegamenti Applied Studies
  • 3. [page 154] [Italian Journal of Food Safety 2013; 2:e42] tra Reg. (CE) No 178/2002 e il regolamento sul- l’igiene, preferendo riformulare i quesiti in un’ottica leggermente diversa: il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’allegato II, capitolo IX, punto 3, del regolamento debba essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle oggetto della causa principale, nel caso di contenitori destinati alla vendita in self service di prodotti da forno, il fatto che un potenziale acquirente possa aver teoricamente toccato a mani nude gli alimenti in vendita o starnutito su questi ultimi consenta, di per sé, di constatare che tali alimenti non sono stati protetti da qualsiasi forma di contaminazione atta a renderli inadatti al consumo umano, nocivi per la salute o contaminati in modo tale da non poter essere ragionevolmente consuma- ti in tali condizioni (cfr. par. 15, sentenza Albrecht). L’accorpamento delle tre distinte questioni risulta funzionale alla strategia decisoria della Corte la quale, circoscrivendo il perimetro della decisione interamente all’interno del Reg. (CE) No 852/2004 (Parlamento Europeo, 2004c), apre la via ad una scelta tra una nozio- ne astratta di contaminazione contrapposta a una nozione concreta. Il ragionamento sviluppato dalla CGUE parte dal riconoscere che la disposizione impugnata [il punto 3, capitolo IX, allegato II del Reg. (CE) No 852/2004] è relativo all’obbligo di protezio- ne dell’alimento da qualsiasi forma di contami- nazione atta a renderli inadatti al consumo umano, nocivi per la salute o contaminati in modo tale da non poter essere ragionevolmente consumati in tali condizioni. La CGUE ha buon gioco nel sottolineare che questo è un requisi- to che gli operatori del settore alimentare devono rispettare in forza dell’art. 4, n. 2 dello stesso regolamento ai sensi del quale Gli ope- ratori del settore alimentare che eseguono qual- sivoglia fase della produzione, della trasforma- zione e della distribuzione di alimenti successi- va a quelle di cui al paragrafo 1, rispettano i requisiti generali in materia d’igiene di cui all’allegato II e ogni requisito specifico previsto dal regolamento (CE) n. 853/2004 (Parlamento Europeo, 2004a). Su questo dato normativo s’innesta l’ele- mento fondamentale posto dalla sentenza Albrecht: le norme ora citate devono essere applicate e, se del caso, interpretate alla luce del contesto in cui si collocano secondo la con- solidata giurisprudenza della CGUE (così, testualmente, par. 18 della sentenza Albrecht). L’aver posto l’accento sull’imprescindibilità di un’applicazione e interpretazione sistematica dei requisiti igienici consente alla CGUE di stabilire un collegamento giuridico stringente coll’art. 5 del Reg. (CE) No 852/2004 (Parlamento Europeo, 2004c) che, come noto, è relativo all’obbligo di autocontrollo igienico dell’industria alimentare in base ai principi dell’HACCP. Interessante osservare che questo collegamento era stato caldeggiato nelle memorie presentate dal governo ceco e da quello dei Paesi Bassi, nonché dalla Commissione europea (si veda par. 18, senten- za Albrecht). Ai sensi del citato art. 5 numero 1, gli opera- tori del settore alimentare predispongono, attuano e mantengono una o più procedure permanenti basate sui principi del sistema HACCP. La CGUE esplicita, tra tali principi, quello contenuto nell’art. 5, n. 2, lett. a), del regolamento, il quale impone di identificare ogni pericolo che deve essere prevenuto, elimi- nato o ridotto a livelli accettabili. La previsione di un obbligo di predisposizione, attuazione e aggiornamento di procedure d’autocontrollo igienico è, nel ragionamento della CGUE, espressione dello scopo perseguito dal legislato- re dell’Unione di attribuire la responsabilità principale in materia di sicurezza degli alimen- ti agli operatori del settore alimentare (cfr. par. 20, sentenza Albrecht) ed è a tale principio che l’allegato II, capitolo IX, punto 3, del regola- mento deve accordarsi, pertanto, essere inter- pretato in modo da non privare l’art. 5 di tale regolamento del suo effetto utile (cfr. par. 21 sentenza Albrecht). Nel caso di specie, la sola interpretazione utile a salvaguardare l’attribuzione di respon- sabilità all’OSA (e il senso dei costi connessi) risiede in ciò che la violazione dell’obbligo di protezione degli alimenti dal rischio di conta- minazione deve essere investigata e valutata in rispetto alle procedure di autocontrollo igie- nico predisposte dall’operatore privato. La valutazione del rispetto dei requisiti igienici deve quindi essere svolta anche e, sembrereb- be, soprattutto alla luce delle procedure di autocontrollo (cfr. par. 22 sentenza Albrecht). Tale valutazione deve essere condotta, affer- ma la Corte, in termini scientifici, discutendo con l’OSA: Ne consegue che, in una circostanza come quella oggetto della causa principale, dalla quale non emerge che un’effettiva conta- minazione sia stata rilevata dalle autorità com- petenti, non si può concludere che gli operatori del settore alimentare interessati abbiano vio- lato tale punto 3 sulla base della sola constata- zione che un potenziale acquirente possa aver teoricamente toccato a mani nude gli alimenti in vendita o starnutito su questi ultimi, senza prendere in considerazione le misure che tali operatori hanno adottato conformemente all’art. 5 del regolamento al fine di prevenire, eliminare o ridurre ad un livello accettabile il rischio che può presentare una contaminazione ai sensi dell’allegato II, capitolo IX, punto 3, di tale regolamento e senza contestare l’insuffi- cienza delle misure adottate a tale proposito sulla base di tutti i dati pertinenti disponibili (cfr. par. 22, sentenza Albrecht). Nel caso di specie, peraltro, tutti i pareri tecnici esclude- vano la sussistenza di problemi igienici nel- l’uso dei contenitori controversi. Conclusioni La sentenza Albrecht è tale da poter mettere in moto un processo di revisione delle modali- tà di esecuzione del controllo ufficiale che siano maggiormente confacenti agli indirizzi di food policy vigenti nel mercato unico euro- peo. Certamente, d’ora in avanti, la mera rico- gnizione di una mancata osservanza a uno dei requisiti igienici non sarà sufficiente a inte- grare una violazione giuridicamente rilevante: la contrarietà alle norme comunitarie, sembra potersi desumere dalla sentenza, abbisognerà di un quid pluris e cioè di una valutazione, basata sull’analisi del pericolo, nel contesto delle procedure igieniche predisposte e attua- te dall’OSA. Il che evidentemente chiama l’ope- ratore del controllo ufficiale a un maggiore sforzo di valutazione delle procedure e delle realtà sottoposte a controllo, rifuggendo una pratica investigativa meramente formale e ottusamente limitata a requisiti considerati in sé e per sé. Una tale lettura che, come detto, sembra essere il portato principale della sentenza Albrecht, è dunque funzionale all’accrescimen- to della sensibilità dell’OSA rispetto alle proce- dure igieniche spesso avvertite come un mero costo. A voler poi ragionare con i termini san- zionatori del decreto legislativo n. 193/2007 (Repubblica Italiana, 2007) si potrebbe dire che, in un caso come quello della causa princi- pale, non sembrerebbe corretto procedere con una contestazione ex articolo 6, comma 5, per mancato rispetto dei requisiti igienici in quan- to, in assenza di ulteriori evidenze, non vi sarebbe violazione giuridicamente rilevante, stando alla sentenza Albrecht. Semmai, sem- brerebbe più congruo, eventualmente, proce- dere alla contestazione dell’articolo 6, comma 7, che consente un periodo di adeguamento. In ogni caso, sia che si proceda in termini esclusivamente sanzionatori o anche prescrit- tivi [come stabilito da art. 54 del Reg. (CE) No 852/2004 (Parlamento Europeo, 2004c)] il ful- cro riposa sulla giustificazione scientifica: l’inadeguatezza del prodotto, del processo, della procedura dovrà essere sempre adeguata- mente motivato dall’autorità di controllo. Obbligo di motivazione peraltro già operativo nel nostro sistema amministrativo, giusto l’ar- ticolo 2 della legge No 241/1990 (Repubblica Italiana, 1990). La sentenza Albrecht, se ade- guatamente valorizzata e studiata, potrebbe contribuire altresì ad aggiornare i rapporti tra la disciplina igienica degli alimenti di matrice comunitaria e la legge penale alimentare di parte speciale, in particolare la contravvenzio- ne del cattivo stato di conservazione. Se, come e quando i richiami della CGUE saranno recepiti dalla giurisprudenza italiana in tema di articolo 5, lett. (b), Legge No 283/1962 (Repubblica Italiana, 1962), essi Applied Studies
  • 4. [Italian Journal of Food Safety 2013; 2:e42] [page 155] sono i tre ambiti di riflessione sui quali occor- rerebbe investire in modo interdisciplinare. Bibliografia Commissione europea, 2009. Linee guida sul- l’applicazione di alcune disposizioni del Regolamento (CE) No 852/2004 relativo all’igiene dei prodotti alimentari, 16 feb- braio 2009, SANCO/1731/2008 Rev. 6. Commissione Europea ed., Bruxelles. Disponibile al sito: http://bdr.rete.basilica- ta.it/c/document_library/get_file?p_l_id=1 7192&folderId=15846&name=DLFE- 679.pdf Parlamento Europeo, 2002. Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione ali- mentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, 178/2002/CE. In: Gazzetta Ufficiale, L 31/1, 01/02/2002. Parlamento Europeo, 2004a. Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifi- che in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, 853/2004/CE. In: Gazzetta Ufficiale, L 139/55, 30/4/2004. Parlamento Europeo, 2004b. Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla nor- mativa in materia di mangimi e di alimen- ti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali, 882/2004/CE. In: Gazzetta Ufficiale, L 191, 28/05/2004. Parlamento Europeo, 2004c. Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti ali- mentari, 852/2004/CE. In: Gazzetta Ufficiale, L 139/1, 30/4/2004. Pisanello D, Biglia C, Pellicano CM, 2010. Guida alla legislazione alimentare. L’applicazione pratica, il controllo ufficia- le, l’audit, le responsabilità, le sanzioni, l’etichettatura, la pubblicità. EPC Libri, Roma. Repubblica Italiana, 1962. Decreto legislativo del 30 aprile 1962, n. 283. Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del t.u. delle leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265. Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande. In: Gazzetta Ufficiale n. 139, 04/06/1962. Repubblica Italiana, 1990. Decreto legislativo del 7 agosto 1990, n. 241. Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti ammini- strativi. In: Gazzetta Ufficiale n. 192, 18/08/ 1990. Repubblica Italiana, 2007. Decreto legislativo del 6 novembre 2007, n. 193. Attuazione della direttiva 2004/41/CE relativa ai con- trolli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei regolamenti comunitari nel medesimo settore. In: Gazzetta Ufficiale n. 261 - Suppl. Ordinario n. 228, 09/11/2007. Applied Studies