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Programmazione e
progettazione
Università degli Studi di Macerata
Facoltà di Scienze della Formazione
Pier Giuseppe Rossi
Cenni storici sulla programmazione
• H. Parkhurst (piano Dalton Massachussets tra il
1905 e il 1922) iniziò a pensare alla necessità di
costruire una programmazione che consentisse a
tutti gli studenti di raggiungere risultati
adeguati. L’approccio fu quello di un contratto
formativo costituito da 20 unità che lo studente
poteva liberamente gestire in accordo con i
docenti. Una eccessiva personalizzazione era
ovviata da momenti di gruppo e comuni.
1949: Tyler e le domande guida.
• Il curricolo si presenta come la risposta ad alcune
domande nel modo più dettagliato e coerente:
▫ Quali sono le finalità educative che la scuola dovrebbe
cercare di raggiungere?
▫ Quali esperienze educative, verosimilmente adatte a
raggiungere queste finalità, sono disponibili?
▫ Come possono in concreto essere organizzate queste
esperienze?
▫ In quale modo è possibile verificare che queste finalità
siano state raggiunte?
Taba e il modello lineare 1
H. Taba (1962) individuò dei passaggi che
rimandano ad una linearità del processo:
• diagnosi dei bisogni, (i bisogni di chi e in
rapporto a quale traguardo?)
• formulazione degli obiettivi, (ottica di
compensazione rispetto ad un traguardo
definito?)
• selezione dei contenuti, (in rapporto agli
obiettivi e ai bisogni, quindi può prevalere
l’aspetto dei contenuti o del processo)
Taba e il modello lineare 2
• organizzazione dei contenuti, (lineare o
ricorsiva? In rapporto alla disciplina o con ottica
interdisciplinare?)
• selezione delle esperienze di
apprendimento, (analisi di fattibilità e dei criteri
con i quali si scelgono)
• organizzazione delle esperienze di
apprendimento (organizzazione di spazi e tempi,
scelta dei mediatori)
• determinazione di ciò che si deve valutare e di
come e con che strumenti è possibile farlo.
Il modello ricorsisvo.
1975: Nicholls (1975) ipotizzava un modello di
elaborazione di curricolo in 4 fasi:
• definizione degli obiettivi (rimanda ad una
definizione iniziale del profilo in uscita,
professionale, di competenze)
• elaborazione e sperimentazione di metodi
e materiali;
• accertamento del raggiungimento degli
obiettivi stessi;
• feed-back come riflessione sulle esperienze
compiute per partire verso una progettazione
futura.
1980: Pellerey e le Unità Didattiche
Per Unità Didattica intendiamo una ipotesi di
esperienza di apprendimento che può
considerarsi sufficientemente articolata e
completa nella sua strutturazione interna da
poter essere facilmente tradotta nell’azione
educativa scolastica. Ricordiamo che per
esperienza di apprendimento si intende non
tanto ciò che fa l’insegnante e ciò che è proposto
all’allievo, bensì l’interazione fra questi e le
condizioni esterne che dovrebbero
promuovere tale apprendimento (azione
dell’insegnante, materiali usati…)
Pellerey, 1983
Unità Didattiche
• “parte di programmazione a logica puramente
sequenziale. Consta di una serie di eventi
didattici (lezioni, esercitazioni, verifiche...) e la
sua articolazione è scandita in: prerequisiti,
analisi e stesura di obiettivi disciplinari, scelta e
organizzazione degli eventi didattici,
metodologia, strategie, strumenti,
tempificazione, verifica e valutazione.” (R.
Crosio)
Obiettivi
• Gli obiettivi didattici sono traguardi da
raggiungere nel contesto di specifiche discipline
o di precise aree disciplinari.
• Gli obiettivi educativi si riferiscono alla
crescita della persona umana considerata nella
sua totalità.
Fasi della programmazione
• Individuazione delle esigenze del contesto socio-
culturale e della situazione di partenza degli alunni
• Definizioni degli obiettivi finali, intermedi,
immediati che riguardano l’area cognitiva, non
cognitiva.
• Organizzazione delle attività e dei contenuti in
relazione agli obiettivi stabiliti.
• Individuazione dei metodi, materiali e sussidi
adeguati.
• Sistematica osservazione dei processi di
apprendimento. Continue verifiche del processo
didattico.
• Processo valutativo degli interventi educativi e i
risultati.
La metodologia
• La metodologia è una organizzazione di azioni
espresse nella loro modalità di attuazione che ha
l’obiettivo di integrare la struttura conoscitiva
dell’alunno e la struttura delle conoscenze da
acquisire in funzione della costruzione di
competenze (sia nell’allievo che nel docente).
• Essa è influenzata/determinata dall’idea di
apprendimento:
▫ apprendimento meccanico (informazioni
isolate e ricevute, poi ripetute)
▫ apprendimento per ricezione (viene
fornita una modellizzazione nel modo di
apprendere da copiare, da riperpetuare)
▫ apprendimento per scoperta (la conquista
della conoscenza avviene in modo autonomo
da parte dell’allievo)
▫ apprendimento significativo (si costruisce
una rete di conoscenza fra il nuovo ed il
vecchio)
(da Pellerey 1983).
Gli assi di lettura sono
integrazione/disgregazione, soggetto
attivo/passivo
Definizione
Obiettivi
Individuazione
Prerequisiti
Articolazione
Attività
Organizzazione
Valutazione
Gagnè, Mager, Bloom
Definizione
Obiettivi
Analisi
Contesto
Articolazione
Attività
Organizzazione
Valutazione
Pellerey
Instructional design
• L’instructional Design è un metodo sistematico che
concerne] come pianificare, sviluppare, valutare e
gestire il processo istruttivo, così che possa garantire
l’acquisizione da parte degli studenti di una
performance adeguata (Kemp et a., 1998, p. 2).
• [L’Instructional Design è] la scienza e l’arte di creare
dettagliate specificazioni per lo sviluppo, la
valutazione e la messa a punto di situazioni, che
facilitino l’apprendimento di unità di contenuti sia
ampie, sia piccole (Seels e Glasgow, 1998, p. 7).
ADDIE -
• Analyze – il processo attraverso cui definire ciò
che va insegnato;
• Design – il processo attraverso cui definire come
avverrà il percorso;
• Develop – il processo attraverso cui creare e
produrre i materiali;
• Implement – il processo attraverso cui installare
i dispostivi formativi nel contesto reale;
• Evaluate – il processo attraverso cui determinare
l’impatto sulla istruzione (Seels e Glasgow,
1998).
Analisys Design Development Implementation Evaluation
Determinare i
bisogni che
richiedono il
processo
educativo.
Tradurre i goal del
corso in risultati e
obiettivi.
Decidere i tipi
delle attività e dei
materiali.
Produrre materiali
che saranno
utilizzati sia dagli
insegnanti, sia
dagli studenti.
Predisporre piani
per la valutazione
degli studenti.
Effettuare
un’analisi per
determinare il
target cognitivo,
affettivo e relativo
alla motricità.
Determinare gli
argomenti o le
unità che debbono
essere affrontate e
il tempo da
dedicare a
ciascuna.
Preparare le
bozze dei materiali
e delle attività.
Prevedere gli aiuti
e i supporti
necessari.
Predisporre i piani
per la valutazione
del sistema.
Determinare quali
abilità debbono
avere gli studenti
in entrata.
Mettere in
sequenza le unità
con attenzione agli
obiettivi del corso.
Sperimentare
attività e materiali
con un gruppo di
utenti.
Predisporre i piani
per la revisione
periodica del
corso.
Analizzare il
tempo e le risorse
disponibili.
Dettagliare le unità
identificando per
ciascuna gli
obiettivi principali.
Mettere a punto e
produrre i materiali
e le attività.
Definire le lezioni
e per ciascuna le
attività.
Produrre materiali
aggiuntivi per
formare gli
insegnanti.
Fornire indicazioni
per valutare gli
apprendimenti.
Problema?
• Che competenze sono richieste al docente?
Modello di Gerlach ed Ely
Modello di Dick e Carey
Modello di Morrison,
Ross e Kemp
Rapid prototyping
• Non tutti gli elementi sono presenti nella fase iniziale;
• I progettisti non sono infallibili.
Merrill e l’ID: i principi guida
L’ID “non riguarda in senso stretto le fasi
procedurali della progettazione educativa quanto
piuttosto il complesso di metodologie e
riferimenti teorici a cui bisogna richiamarsi per
definire la migliore tipologia di intervento
didattico.” L’ID ha natura prescrittiva, si
occupa del come favorire l’apprendimento.
I cinque principi di Merrill (2000)
1. Problem: gli studenti apprendono meglio per
problemi.
2. Attivation: l’apprendimento è facilitato
attraverso l’uso dell’attivazione di schemi
precedenti.
3. Demonstration: l’apprendimento è più facile
quando vi sono delel dimostrazioni o
esemplificazioni.
4. Attuation: si impara sperimentando e
riflettendo, serve uno scaffoldin o coaching.
5. Integration: l’apprendimento diviene stabile
attraverso la trasferibilità, la dimostrazione pubblica,
la discussione el’argomentazione.
Branch (1997): i modelli dell’ID soffocanti per i docenti
e rigidi.
Gordan e Zemke (2000). “Attacco all’ISD”
1. L’ ISD è troppo “goffo” e produce un approccio
burocratico, difficilmente gestibile e toglie tempo al
reale insegnamento.
2. L’ISD nasce con la pretesa di rappresentare una
“tecnologia” per la formazione, cioè di trasformare,
quella che è un’arte, in una “scienza esatta”. I risultati
predicibili e realizzabili.
3. La rigidità dell’ISD produce soluzioni non corrette o
viziate dal modello stesso e dalla sua ottica.
4. Nell’approccio dell’ISD è implicita l’assunzione che
gli studenti siano delle persone poco competenti
• la prima prevede la presenza di principi che
diventano regole da seguire e che il sistema, una
volta progettato, deve possedere (Merrill, 2000).
• la seconda vede la presenza di linee guida che
sono meno vincolanti e che permettono una
maggiore attenzione al contesto (modelli
costruttivisti).
Si stanno evidenziando due
direzioni:
Individualizzazione e
personalizzazione
• Individualizzazione: si riferisce alle strategie
didattiche che mirano ad assicurare a tutti gli
studenti il raggiungimento delle competenze
fondamentali del curricolo, attraverso una
diversificazione dei percorsi di insegnamento.
• Personalizzazione: indica le strategie
didattiche finalizzate a garantire ad ogni
studente una propria forma di eccellenza
cognitiva.
Per personalizzare.
• Predisporre il pluralismo dei percorsi formativi.
• Le attività, i compiti debbono consentire la
possibilità di scelta da parte dell’alunno.
• Permettere allo studente di maturare una
consapevolezza in relazione alle proprie abilità e
competenze.
• Predisporre un adeguato contesto didattico.
Le condizioni della personalizzazione
• Il principio delle opzioni che corrisponde alla
pluralità di percorsi (dei livelli di base e altri di
sviluppo personale).
• Il principio dell’autoorientamento
(sviluppare la capacità di scegliere, ovvero
lavorare sull’orientamento; progressiva
consapevolezza dei punti di forza e di debolezza,
consuetudine con la valutazione).
• Il principio della valutazione critica
(formulazione di articolati giudizi critici per
arrivare all’autovalutazione).
Ripensare al soggetto che apprende
• Centralità della sua motivazione e volizione.
• Attenzione ai processi cognitivi e metacognitivi.
• L’importanza della consapevolezza nel governare
il proprio processo (imparare ad imparare).
• Collegare l’apprendimento formale e informale
• Avviare un processo di apprendimento continuo
per una società che cambia.
• La conoscenza che si costruisce dal “basso”….
1990: il costruttivismo e la
progettazione degli ambienti (Jonassen)
• Il modello concepisce da un problema, una
domanda, un caso o un progetto come il
focus dell’ambiente con vari sistemi di supporto
intellettuali che lo circondano. L’apprendimento
basato su casi, progetti e problemi rappresenta
una modalità di approccio alla complessità; tutti
condividono lo stesso punto di partenza
sull’apprendimento attivo, costruttivo e autentico.
• Gli studenti apprendono i contenuti del dominio
in funzione della soluzione del problema più che
risolvere il problema come un’applicazione
dell’apprendimento.
I CLE Constructive Learning
Environment 1
• L’apprendimento basato su domande inizia
con una domanda con risposte incerte o
controverse.
• Nell’apprendimento basato su casi gli studenti
acquisiscono conoscenza e i requisiti per pensare
abilità attraverso lo studio dei casi (legali, medici,
lavoro sociale) e la preparazione di riassunti o
diagnosi di casi. L’apprendimento dei casi è
ancorato a contesti autentici; i learner dovrebbero
padroneggiare la complessità e pensare come
professionisti (Williams 1992).
I CLE Constructive Learning
Environment 2
• L’apprendimento basato su progetti si sviluppa
in un lungo termine, gli studenti si concentrano
su progetti complessi che consistono in casi
multipli. Essi dibattono le idee, pianificano e
conducono esperimenti e comunicano le loro
scoperte.
• L’apprendimento basato su problemi integra
corsi a livello di curricolo richiedendo che i
learners autodirigano il loro apprendimento
mentre risolvono numerosi casi intorno al
curricolo.
Wiggins e i compiti autentici
Le 10 caratteristiche delle attività autentiche
• A partire da questa rassegna delle teorie più
recenti sono state evidenziate delle
caratteristiche che contraddistinguono le attività
autentiche (cfr. Reeves, Herrington, & Oliver,
2002). Queste caratteristiche sono:
1. Le attività autentiche hanno rilevanza nel
mondo reale, e ripropongono, per quanto
possibile, i compiti che si possono ritrovare nel
mondo reale o professionale, non compiti scolastici e
decontestualizzati.
2. Le attività autentiche sono “mal definite”,
nel senso che devono richiedere agli studenti di
procedere ad una ridefinizione del compito e dei
sottocompiti necessari a completare l'attività; I
problemi inerenti alle attività sono mal definiti ed
aperti a multiple interpretazioni piuttosto che
risolvibili facilmente con l’applicazione delle
procedure già conosciute. Gli studenti devono
identificare le loro proprie strategie e i sotto-obiettivi
necessari per completare l’obiettivo principale.
3. Le attività autentiche contengono compiti
complessi che debbono essere indagati dagli
allievi in un periodo di tempo considerevole. Le
attività sono completate in giorni, settimane e mesi
piuttosto che in pochi minuti o ore. Richiedono un
investimento significativo di tempo e di risorse
intellettuali.
4. Le attività autentiche forniscono l'occasione
di collaborare:
La collaborazione è integrata nella soluzione del
compito, sia all'interno del corso sia nell'ambiente
real-life, e non è di solito realizzabile da un unico
studente.
5. Le attività autentiche offrono l'occasione agli
allievi di esaminare il compito da differenti
prospettive, usando una varietà di risorse.
I compiti autentici offrono agli studenti l'occasione di
esaminare i problemi da diverse prospettive teoriche
e pratiche, piuttosto che permettere una singola
interpretazione o un unico percorso che gli studenti
devono imitare per riuscire a risolvere il problema.
L’uso di una varietà di risorse piuttosto che un
numero limitato di riferimenti preselezionati richiede
agli allievi la competenza di selezionare le
informazioni rilevanti e di distinguerle da quelle
irrilevanti.
6. Le attività autentiche forniscono l'occasione
di riflettere:
Le attività devono permettere ai principianti di fare le
scelte e riflettere sul loro apprendimento sia
individualmente che socialmente.
7. Le attività autentiche sono strettamente
integrate con la valutazione:
La valutazione delle attività è integrata con il compito
stesso in un modo che riflette la valutazione della vita
reale, a differenza della valutazione tradizionale che
separa artificialmente la valutazione dalla natura
dell'operazione.
8. Le attività autentiche possono essere
integrate ed applicate attraverso i settori
disciplinari differenti ed estendere i loro
risultati al di là di specifici domini: Le attività
autentiche incoraggiano prospettive interdisciplinari e
permettono agli allievi di assumere diversi ruoli e di
sviluppare esperienze in molti settori, piuttosto che
acquisire conoscenze limitate ad un singolo campo o
dominio ben definito.
9. Le attività autentiche generano artefatti finali
che sono importanti di per sé, non come
preparazione per il qualcos'altro:
Le attività culminano nella creazione di un prodotto
finale completo, piuttosto che in un'esercitazione o in
uno stadio intermedio di preparazione per
qualcos'altro.
10. Le attività autentiche permettono più
soluzioni alternative e la diversità dei risultati:
Le attività permettono una gamma variegata di
soluzioni possibili e questo apre a molte soluzioni di
natura originale, piuttosto che ad una singola risposta
corretta ottenuta dall'applicazione di regole e
Meirieu e le situazioni problema
• Una situazione-problema è organizzata attorno al
superamento di un ostacolo da parte della classe,
ostacolo precedentemente ben identificato.
• Lo studio si organizza attorno ad una situazione a
carattere concreto, che permetta effettivamente
all’alunno di formulare ipotesi e congetture. Non
si tratta dunque di uno studio già completato, né
di un esempio ad hoc a carattere illustrativo.
• Gli alunni percepiscono la situazione loro
proposta come un enigma da risolvere, in cui
sono in grado di cimentarsi. È la condizione
essenziale per far funzionare la devoluzione (la
presa in carico autonoma e motivata da parte
degli studenti): il problema, sebbene
inizialmente proposto dall’insegnante, diventa
un “loro” problema. La devoluzione è facilitata
già nella fase di progettazione della situazione-
problema qualora il problema nasca
direttamente dagli studenti.
• Gli alunni non dispongono, all’inizio, dei mezzi
per la risoluzione, proprio perché vi è un
ostacolo che debbono superare per arrivarci. È il
bisogno di risolvere che spinge l’alunno ad
elaborare o ad appropriarsi collettivamente degli
strumenti intellettivi che saranno necessari per
la costruzione della soluzione.
• La situazione deve offrire una sufficiente
resistenza che conduca l’alunno ad inverstirvi le
sue conoscenze precedenti disponibili come pure
le sue rappresentazioni, in modo che questa
porti alla loro rimessa in causa e all’elaborazione
di nuove idee.
• Pur tuttavia la soluzione non deve essere vista
dagli alunni come qualcosa che non sia alla loro
portata. L’attività deve espletarsi in una zona di
sviluppo prossimale, propizia alla sfida
intellettuale da rilevare e all’interiorizzazione
delle “regole del gioco”.
• L’anticipazione dei risultati e la sua espressione
collettiva precedono la ricerca effettiva della
soluzione, in modo che il “rischio” preso da
ciascuno faccia parte del gioco.
• Il lavoro della situazione problema funziona sul
modello del dibattito scientifico interno alla
classe, stimolando i potenziali conflitti socio-
cognitivi.
• La convalida della soluzione o la sua non
accettazione non sono date dall’insegnante ma
sono il risultato del modo di strutturazione della
situazione stessa. Il riesame collettivo del
cammino percorso costituisce l’occasione per un
ritorno riflessivo, a carattere metacognitivo; ciò
aiuta gli alunni a prendere coscienza delle
strategie messe in campo in modo euristico e a
stabilizzarle in procedure disponibili per nuove
situazione-problema.

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Sob

  • 1. Programmazione e progettazione Università degli Studi di Macerata Facoltà di Scienze della Formazione Pier Giuseppe Rossi
  • 2. Cenni storici sulla programmazione • H. Parkhurst (piano Dalton Massachussets tra il 1905 e il 1922) iniziò a pensare alla necessità di costruire una programmazione che consentisse a tutti gli studenti di raggiungere risultati adeguati. L’approccio fu quello di un contratto formativo costituito da 20 unità che lo studente poteva liberamente gestire in accordo con i docenti. Una eccessiva personalizzazione era ovviata da momenti di gruppo e comuni.
  • 3. 1949: Tyler e le domande guida. • Il curricolo si presenta come la risposta ad alcune domande nel modo più dettagliato e coerente: ▫ Quali sono le finalità educative che la scuola dovrebbe cercare di raggiungere? ▫ Quali esperienze educative, verosimilmente adatte a raggiungere queste finalità, sono disponibili? ▫ Come possono in concreto essere organizzate queste esperienze? ▫ In quale modo è possibile verificare che queste finalità siano state raggiunte?
  • 4. Taba e il modello lineare 1 H. Taba (1962) individuò dei passaggi che rimandano ad una linearità del processo: • diagnosi dei bisogni, (i bisogni di chi e in rapporto a quale traguardo?) • formulazione degli obiettivi, (ottica di compensazione rispetto ad un traguardo definito?) • selezione dei contenuti, (in rapporto agli obiettivi e ai bisogni, quindi può prevalere l’aspetto dei contenuti o del processo)
  • 5. Taba e il modello lineare 2 • organizzazione dei contenuti, (lineare o ricorsiva? In rapporto alla disciplina o con ottica interdisciplinare?) • selezione delle esperienze di apprendimento, (analisi di fattibilità e dei criteri con i quali si scelgono) • organizzazione delle esperienze di apprendimento (organizzazione di spazi e tempi, scelta dei mediatori) • determinazione di ciò che si deve valutare e di come e con che strumenti è possibile farlo.
  • 6. Il modello ricorsisvo. 1975: Nicholls (1975) ipotizzava un modello di elaborazione di curricolo in 4 fasi: • definizione degli obiettivi (rimanda ad una definizione iniziale del profilo in uscita, professionale, di competenze) • elaborazione e sperimentazione di metodi e materiali; • accertamento del raggiungimento degli obiettivi stessi; • feed-back come riflessione sulle esperienze compiute per partire verso una progettazione futura.
  • 7. 1980: Pellerey e le Unità Didattiche Per Unità Didattica intendiamo una ipotesi di esperienza di apprendimento che può considerarsi sufficientemente articolata e completa nella sua strutturazione interna da poter essere facilmente tradotta nell’azione educativa scolastica. Ricordiamo che per esperienza di apprendimento si intende non tanto ciò che fa l’insegnante e ciò che è proposto all’allievo, bensì l’interazione fra questi e le condizioni esterne che dovrebbero promuovere tale apprendimento (azione dell’insegnante, materiali usati…) Pellerey, 1983
  • 8. Unità Didattiche • “parte di programmazione a logica puramente sequenziale. Consta di una serie di eventi didattici (lezioni, esercitazioni, verifiche...) e la sua articolazione è scandita in: prerequisiti, analisi e stesura di obiettivi disciplinari, scelta e organizzazione degli eventi didattici, metodologia, strategie, strumenti, tempificazione, verifica e valutazione.” (R. Crosio)
  • 9. Obiettivi • Gli obiettivi didattici sono traguardi da raggiungere nel contesto di specifiche discipline o di precise aree disciplinari. • Gli obiettivi educativi si riferiscono alla crescita della persona umana considerata nella sua totalità.
  • 10. Fasi della programmazione • Individuazione delle esigenze del contesto socio- culturale e della situazione di partenza degli alunni • Definizioni degli obiettivi finali, intermedi, immediati che riguardano l’area cognitiva, non cognitiva. • Organizzazione delle attività e dei contenuti in relazione agli obiettivi stabiliti. • Individuazione dei metodi, materiali e sussidi adeguati. • Sistematica osservazione dei processi di apprendimento. Continue verifiche del processo didattico. • Processo valutativo degli interventi educativi e i risultati.
  • 11. La metodologia • La metodologia è una organizzazione di azioni espresse nella loro modalità di attuazione che ha l’obiettivo di integrare la struttura conoscitiva dell’alunno e la struttura delle conoscenze da acquisire in funzione della costruzione di competenze (sia nell’allievo che nel docente). • Essa è influenzata/determinata dall’idea di apprendimento:
  • 12. ▫ apprendimento meccanico (informazioni isolate e ricevute, poi ripetute) ▫ apprendimento per ricezione (viene fornita una modellizzazione nel modo di apprendere da copiare, da riperpetuare) ▫ apprendimento per scoperta (la conquista della conoscenza avviene in modo autonomo da parte dell’allievo) ▫ apprendimento significativo (si costruisce una rete di conoscenza fra il nuovo ed il vecchio) (da Pellerey 1983). Gli assi di lettura sono integrazione/disgregazione, soggetto attivo/passivo
  • 14. Instructional design • L’instructional Design è un metodo sistematico che concerne] come pianificare, sviluppare, valutare e gestire il processo istruttivo, così che possa garantire l’acquisizione da parte degli studenti di una performance adeguata (Kemp et a., 1998, p. 2). • [L’Instructional Design è] la scienza e l’arte di creare dettagliate specificazioni per lo sviluppo, la valutazione e la messa a punto di situazioni, che facilitino l’apprendimento di unità di contenuti sia ampie, sia piccole (Seels e Glasgow, 1998, p. 7).
  • 16. • Analyze – il processo attraverso cui definire ciò che va insegnato; • Design – il processo attraverso cui definire come avverrà il percorso; • Develop – il processo attraverso cui creare e produrre i materiali; • Implement – il processo attraverso cui installare i dispostivi formativi nel contesto reale; • Evaluate – il processo attraverso cui determinare l’impatto sulla istruzione (Seels e Glasgow, 1998).
  • 17. Analisys Design Development Implementation Evaluation Determinare i bisogni che richiedono il processo educativo. Tradurre i goal del corso in risultati e obiettivi. Decidere i tipi delle attività e dei materiali. Produrre materiali che saranno utilizzati sia dagli insegnanti, sia dagli studenti. Predisporre piani per la valutazione degli studenti. Effettuare un’analisi per determinare il target cognitivo, affettivo e relativo alla motricità. Determinare gli argomenti o le unità che debbono essere affrontate e il tempo da dedicare a ciascuna. Preparare le bozze dei materiali e delle attività. Prevedere gli aiuti e i supporti necessari. Predisporre i piani per la valutazione del sistema. Determinare quali abilità debbono avere gli studenti in entrata. Mettere in sequenza le unità con attenzione agli obiettivi del corso. Sperimentare attività e materiali con un gruppo di utenti. Predisporre i piani per la revisione periodica del corso. Analizzare il tempo e le risorse disponibili. Dettagliare le unità identificando per ciascuna gli obiettivi principali. Mettere a punto e produrre i materiali e le attività. Definire le lezioni e per ciascuna le attività. Produrre materiali aggiuntivi per formare gli insegnanti. Fornire indicazioni per valutare gli apprendimenti.
  • 18. Problema? • Che competenze sono richieste al docente?
  • 19.
  • 21. Modello di Dick e Carey
  • 23. Rapid prototyping • Non tutti gli elementi sono presenti nella fase iniziale; • I progettisti non sono infallibili.
  • 24.
  • 25. Merrill e l’ID: i principi guida L’ID “non riguarda in senso stretto le fasi procedurali della progettazione educativa quanto piuttosto il complesso di metodologie e riferimenti teorici a cui bisogna richiamarsi per definire la migliore tipologia di intervento didattico.” L’ID ha natura prescrittiva, si occupa del come favorire l’apprendimento.
  • 26. I cinque principi di Merrill (2000) 1. Problem: gli studenti apprendono meglio per problemi. 2. Attivation: l’apprendimento è facilitato attraverso l’uso dell’attivazione di schemi precedenti. 3. Demonstration: l’apprendimento è più facile quando vi sono delel dimostrazioni o esemplificazioni. 4. Attuation: si impara sperimentando e riflettendo, serve uno scaffoldin o coaching. 5. Integration: l’apprendimento diviene stabile attraverso la trasferibilità, la dimostrazione pubblica, la discussione el’argomentazione.
  • 27. Branch (1997): i modelli dell’ID soffocanti per i docenti e rigidi. Gordan e Zemke (2000). “Attacco all’ISD” 1. L’ ISD è troppo “goffo” e produce un approccio burocratico, difficilmente gestibile e toglie tempo al reale insegnamento. 2. L’ISD nasce con la pretesa di rappresentare una “tecnologia” per la formazione, cioè di trasformare, quella che è un’arte, in una “scienza esatta”. I risultati predicibili e realizzabili. 3. La rigidità dell’ISD produce soluzioni non corrette o viziate dal modello stesso e dalla sua ottica. 4. Nell’approccio dell’ISD è implicita l’assunzione che gli studenti siano delle persone poco competenti
  • 28. • la prima prevede la presenza di principi che diventano regole da seguire e che il sistema, una volta progettato, deve possedere (Merrill, 2000). • la seconda vede la presenza di linee guida che sono meno vincolanti e che permettono una maggiore attenzione al contesto (modelli costruttivisti). Si stanno evidenziando due direzioni:
  • 29. Individualizzazione e personalizzazione • Individualizzazione: si riferisce alle strategie didattiche che mirano ad assicurare a tutti gli studenti il raggiungimento delle competenze fondamentali del curricolo, attraverso una diversificazione dei percorsi di insegnamento. • Personalizzazione: indica le strategie didattiche finalizzate a garantire ad ogni studente una propria forma di eccellenza cognitiva.
  • 30. Per personalizzare. • Predisporre il pluralismo dei percorsi formativi. • Le attività, i compiti debbono consentire la possibilità di scelta da parte dell’alunno. • Permettere allo studente di maturare una consapevolezza in relazione alle proprie abilità e competenze. • Predisporre un adeguato contesto didattico.
  • 31. Le condizioni della personalizzazione • Il principio delle opzioni che corrisponde alla pluralità di percorsi (dei livelli di base e altri di sviluppo personale). • Il principio dell’autoorientamento (sviluppare la capacità di scegliere, ovvero lavorare sull’orientamento; progressiva consapevolezza dei punti di forza e di debolezza, consuetudine con la valutazione). • Il principio della valutazione critica (formulazione di articolati giudizi critici per arrivare all’autovalutazione).
  • 32. Ripensare al soggetto che apprende • Centralità della sua motivazione e volizione. • Attenzione ai processi cognitivi e metacognitivi. • L’importanza della consapevolezza nel governare il proprio processo (imparare ad imparare). • Collegare l’apprendimento formale e informale • Avviare un processo di apprendimento continuo per una società che cambia. • La conoscenza che si costruisce dal “basso”….
  • 33. 1990: il costruttivismo e la progettazione degli ambienti (Jonassen) • Il modello concepisce da un problema, una domanda, un caso o un progetto come il focus dell’ambiente con vari sistemi di supporto intellettuali che lo circondano. L’apprendimento basato su casi, progetti e problemi rappresenta una modalità di approccio alla complessità; tutti condividono lo stesso punto di partenza sull’apprendimento attivo, costruttivo e autentico. • Gli studenti apprendono i contenuti del dominio in funzione della soluzione del problema più che risolvere il problema come un’applicazione dell’apprendimento.
  • 34. I CLE Constructive Learning Environment 1 • L’apprendimento basato su domande inizia con una domanda con risposte incerte o controverse. • Nell’apprendimento basato su casi gli studenti acquisiscono conoscenza e i requisiti per pensare abilità attraverso lo studio dei casi (legali, medici, lavoro sociale) e la preparazione di riassunti o diagnosi di casi. L’apprendimento dei casi è ancorato a contesti autentici; i learner dovrebbero padroneggiare la complessità e pensare come professionisti (Williams 1992).
  • 35. I CLE Constructive Learning Environment 2 • L’apprendimento basato su progetti si sviluppa in un lungo termine, gli studenti si concentrano su progetti complessi che consistono in casi multipli. Essi dibattono le idee, pianificano e conducono esperimenti e comunicano le loro scoperte. • L’apprendimento basato su problemi integra corsi a livello di curricolo richiedendo che i learners autodirigano il loro apprendimento mentre risolvono numerosi casi intorno al curricolo.
  • 36. Wiggins e i compiti autentici Le 10 caratteristiche delle attività autentiche • A partire da questa rassegna delle teorie più recenti sono state evidenziate delle caratteristiche che contraddistinguono le attività autentiche (cfr. Reeves, Herrington, & Oliver, 2002). Queste caratteristiche sono:
  • 37. 1. Le attività autentiche hanno rilevanza nel mondo reale, e ripropongono, per quanto possibile, i compiti che si possono ritrovare nel mondo reale o professionale, non compiti scolastici e decontestualizzati. 2. Le attività autentiche sono “mal definite”, nel senso che devono richiedere agli studenti di procedere ad una ridefinizione del compito e dei sottocompiti necessari a completare l'attività; I problemi inerenti alle attività sono mal definiti ed aperti a multiple interpretazioni piuttosto che risolvibili facilmente con l’applicazione delle procedure già conosciute. Gli studenti devono identificare le loro proprie strategie e i sotto-obiettivi necessari per completare l’obiettivo principale.
  • 38. 3. Le attività autentiche contengono compiti complessi che debbono essere indagati dagli allievi in un periodo di tempo considerevole. Le attività sono completate in giorni, settimane e mesi piuttosto che in pochi minuti o ore. Richiedono un investimento significativo di tempo e di risorse intellettuali. 4. Le attività autentiche forniscono l'occasione di collaborare: La collaborazione è integrata nella soluzione del compito, sia all'interno del corso sia nell'ambiente real-life, e non è di solito realizzabile da un unico studente.
  • 39. 5. Le attività autentiche offrono l'occasione agli allievi di esaminare il compito da differenti prospettive, usando una varietà di risorse. I compiti autentici offrono agli studenti l'occasione di esaminare i problemi da diverse prospettive teoriche e pratiche, piuttosto che permettere una singola interpretazione o un unico percorso che gli studenti devono imitare per riuscire a risolvere il problema. L’uso di una varietà di risorse piuttosto che un numero limitato di riferimenti preselezionati richiede agli allievi la competenza di selezionare le informazioni rilevanti e di distinguerle da quelle irrilevanti.
  • 40. 6. Le attività autentiche forniscono l'occasione di riflettere: Le attività devono permettere ai principianti di fare le scelte e riflettere sul loro apprendimento sia individualmente che socialmente. 7. Le attività autentiche sono strettamente integrate con la valutazione: La valutazione delle attività è integrata con il compito stesso in un modo che riflette la valutazione della vita reale, a differenza della valutazione tradizionale che separa artificialmente la valutazione dalla natura dell'operazione.
  • 41. 8. Le attività autentiche possono essere integrate ed applicate attraverso i settori disciplinari differenti ed estendere i loro risultati al di là di specifici domini: Le attività autentiche incoraggiano prospettive interdisciplinari e permettono agli allievi di assumere diversi ruoli e di sviluppare esperienze in molti settori, piuttosto che acquisire conoscenze limitate ad un singolo campo o dominio ben definito.
  • 42. 9. Le attività autentiche generano artefatti finali che sono importanti di per sé, non come preparazione per il qualcos'altro: Le attività culminano nella creazione di un prodotto finale completo, piuttosto che in un'esercitazione o in uno stadio intermedio di preparazione per qualcos'altro. 10. Le attività autentiche permettono più soluzioni alternative e la diversità dei risultati: Le attività permettono una gamma variegata di soluzioni possibili e questo apre a molte soluzioni di natura originale, piuttosto che ad una singola risposta corretta ottenuta dall'applicazione di regole e
  • 43. Meirieu e le situazioni problema • Una situazione-problema è organizzata attorno al superamento di un ostacolo da parte della classe, ostacolo precedentemente ben identificato. • Lo studio si organizza attorno ad una situazione a carattere concreto, che permetta effettivamente all’alunno di formulare ipotesi e congetture. Non si tratta dunque di uno studio già completato, né di un esempio ad hoc a carattere illustrativo.
  • 44. • Gli alunni percepiscono la situazione loro proposta come un enigma da risolvere, in cui sono in grado di cimentarsi. È la condizione essenziale per far funzionare la devoluzione (la presa in carico autonoma e motivata da parte degli studenti): il problema, sebbene inizialmente proposto dall’insegnante, diventa un “loro” problema. La devoluzione è facilitata già nella fase di progettazione della situazione- problema qualora il problema nasca direttamente dagli studenti.
  • 45. • Gli alunni non dispongono, all’inizio, dei mezzi per la risoluzione, proprio perché vi è un ostacolo che debbono superare per arrivarci. È il bisogno di risolvere che spinge l’alunno ad elaborare o ad appropriarsi collettivamente degli strumenti intellettivi che saranno necessari per la costruzione della soluzione. • La situazione deve offrire una sufficiente resistenza che conduca l’alunno ad inverstirvi le sue conoscenze precedenti disponibili come pure le sue rappresentazioni, in modo che questa porti alla loro rimessa in causa e all’elaborazione di nuove idee.
  • 46. • Pur tuttavia la soluzione non deve essere vista dagli alunni come qualcosa che non sia alla loro portata. L’attività deve espletarsi in una zona di sviluppo prossimale, propizia alla sfida intellettuale da rilevare e all’interiorizzazione delle “regole del gioco”. • L’anticipazione dei risultati e la sua espressione collettiva precedono la ricerca effettiva della soluzione, in modo che il “rischio” preso da ciascuno faccia parte del gioco.
  • 47. • Il lavoro della situazione problema funziona sul modello del dibattito scientifico interno alla classe, stimolando i potenziali conflitti socio- cognitivi. • La convalida della soluzione o la sua non accettazione non sono date dall’insegnante ma sono il risultato del modo di strutturazione della situazione stessa. Il riesame collettivo del cammino percorso costituisce l’occasione per un ritorno riflessivo, a carattere metacognitivo; ciò aiuta gli alunni a prendere coscienza delle strategie messe in campo in modo euristico e a stabilizzarle in procedure disponibili per nuove situazione-problema.