2. La prima voce femminile
del mondo greco
Saffo è la prima voce femminile del mondo greco, dal
quale solitamente le donne erano escluse.
3. La vita
Saffo, vissuta tra il VII e il VI secolo a.C. di famiglia aristocratica, nacque a
Ereso, nell'isola di Lesbo, dove trascorse la maggior parte della propria vita,
attorno al 630 a.C. o al 626-623 a.C. Non si conoscono né la data della sua
morte né le circostanze in cui avvenne. Dato leggendario, ripreso dagli antichi
commediografi, è che si sia gettata da una rupe sull'isola di Lefkada, vicino alla
spiaggia di Porto Katsiki, per l'amore non corrisposto verso il giovane
battelliere Faone, che in realtà è un personaggio mitologico. Tale versione è
ripresa anche da Ovidio, nelle Eroidi, e da Giacomo Leopardi (Ultimo canto di
Saffo).
4. Il tìaso
Saffo era la direttrice e insegnante di un tiaso, sorta di
collegio in cui fanciulle di famiglia nobile venivano educate.
Secondo la tradizione, fra l'insegnante e le fanciulle
nascevano rapporti di grande familiarità, anche sessuale.
Probabilmente il fatto va inquadrato secondo il costume
dell'epoca, come forma prodromica di un amore
eterosessuale, cioè una fase di iniziazione per la futura vita
matrimoniale.
5. Poesie d’amore del tìaso
Nell'inno ad Afrodite,
forse una delle più
belle e delicate liriche
pervenuteci, Saffo
esprime la pena e
l'ansia per l'amore
non sempre
corrisposto e il
penoso tormento che
questo le dà.
6. L’eros saffico
Anche se l’amore è ritualizzato e consacrato dal tiaso, il
sentimento cantato da Saffo è estremamente
suggestivo ed intimo.
7. Gli epitalami
Gli epitalami erano anti
corali eseguiti in pubblico
durante le nozze ed erano
destinati ad un uditorio più
ampio di quello del tìaso. I
componimenti potevano
essere divisi per ambiti
sociali e gusti diversi. Saffo
sapeva comporre anche
epitalami di stile alto, come
il frammento 27 e 30 e 44 in
strofa saffica.
8. Lingua, stile e metrica
La lirica di Saffo, assieme a quella di
Alceo e di Anacreonte, rientra nella
melica monodica. Saffo offre
un'immagine semplice ma appassionata
dei sentimenti dell'io lirico, equilibrata ma
coinvolgente, dove l'amore ha un ruolo
da protagonista con tutta una serie di
riflessioni psicologiche e in cui il ricordo e
l'analisi delle emozioni passate ne suscita
nuove altrettanto forti. Più di ogni altro
poeta prima di lei, Saffo indaga sulle
emozioni provate da una persona
innamorata, in particolare nella
focalizzazione femminile. Saffo scrisse in
dialetto eolico di Lesbo, caratterizzato
dalla psilosi e dalla baritonesi: la psilosi
consiste nell'assenza dell'aspirazione
iniziale di parola; la baritonesi evitava che
ogni parola del dialetto avesse l'accento
sull'ultima sillaba. La sua poesia, nitida
ed elegante, si espresse in diverse forme
metriche tutte tipiche della lirica
monodica, fra cui un nuovo modello di
strofe, dette "saffiche", composte di
quattro versi ciascuna (tre endecasillabi
saffici e un adonio finale). Caratteristica
di Saffo è anche il frequente e non meno
importante uso dei distici elegiaci, un tipo
di versi molto comune allora, formati da
un esametro ed un pentametro. I distici
elegiaci erano frequenti nella lirica non
solo amorosa, brevi ma allo stesso tempo
essenziali e forti; ne abbiamo alcuni
esempi palesi non solo nella poetessa
greca, ma anche nel suo successore
latino Catullo.
9. La fortuna di Saffo
Saffo fu soprannominata “la decima musa” dagli antichi;
Dall’età ellenistica agli antichi: l’influenza di Catullo;
12. Catullo
Ille mi par esse deo videtur,
ille, si fas est, superare divos,
qui sedens adversus identidem
te
spectat et audit
dulce ridentem, misero quod
omnis
eripit sensus mihi: nam simul te,
Lesbia, aspexi, nihil est super mi
vocis in ore,
lingua sed torpet, tenuis sub
artus
flamma demanat, sonitu suopte
tintinant aures, gemina teguntur
lumina nocte.
Otium, Catulle, tibi molestum
est:
otio exsultas nimiumque gestis:
otium et reges prius et beatas
perdidit urbes.
13. Leopardi
«...Morremo. Il velo indegno a terra
sparto,
Rifuggirà l'ignudo animo a Dite,
E il crudo fallo emenderà del cieco
Dispensator de' casi. E tu cui lungo
Amore indarno, e lunga fede, e vano
D'implacato desio furor mi strinse,
Vivi felice, se felice in terra
Visse nato mortal. Me non asperse
Del soave licor del doglio avaro
Giove, poi che perìr gl'inganni e il
sogno
Della mia fanciullezza. Ogni più lieto
Giorno di nostra età primo s'invola.
Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e
l'ombra
Della gelida morte. Ecco di tante
Sperate palme e dilettosi errori,
Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno
Han la tenaria Diva,
E l'atra notte, e la silente riva. »
(ultimo canto di Saffo,
Leopardi)