2. Cesare Beccaria
• Milanese di origini nobili, sollecitato dall’amico Pietro
Verri, pubblica il saggio Dei delitti e delle pene.
• È stato un giurista, filosofo, economista e letterato
italiano considerato tra i massimi esponenti
dell’Illuminismo.
• È stato una figura di spicco della scuola illuminista milanese.
• È considerato come uno dei padri fondatori della teoria classica del diritto penale e
della criminologia di scuola liberale.
• Beccaria viaggiò a Parigi e constatò la frattura tra la prospettiva di un moderato
riformismo e l’ottica più radicale degli illuministi francesi. Tornato a Milano,
sempre più influenzato da Rousseau, si isolò e ruppe l’amicizia con Pietro Verri,
che non condivideva il suo abbandono delle grandi ambizioni riformatrici.
3. «Se dimostrerò non essere la (pena di)
morte né utile né necessaria, avrò vinto
la causa dell’umanità.»
- Cesare Beccaria, Cap.28, Dei delitti e
delle pene
Dei delitti e
delle pene
4. Dei delitti e delle
pene
• Pubblicato anonimo nel 1764, il
saggio rappresenta l’opera
principale dell’illuminismo
lombardo, ottenendo
immediatamente approvazioni e
critiche.
• Il saggio è idealmente indirizzato
ai sovrani «illuminati», alcuni dei
quali ne accolgono il messaggio –
come, per esempio, il granduca di
Toscana Pietro Leopoldo, che
decide di abolire la pena di morte
-.
5. Costituzione della
Repubblica Italiana
È la legge fondamentale dello Stato italiano, e per questo
occupa il vertice della gerarchia delle fonti nell’ordinamento
giuridico della Repubblica: è formata da 139 articoli e 18
disposizioni transitorie e finali.
È stata approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre
1947 e promulgata dal capo provvisorio dello Stato Enrico De
Nicola il 27 dicembre seguente, pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale; è poi entrata in vigore il 1° gennaio 1948.
6. Art. 7
Dei delitti e delle pene e la
Costituzione Italiana a confronto
Art. 13
Art. 27
Art. 101
Art. 111
È evidente come alcune delle idee di Cesare Beccaria abbiano influenzato il testo della
Costituzione Italiana, come si evince in particolar modo dai seguenti articoli:
7. « Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine,
indipendenti e sovrani. »
Articolo 7, comma primo
Nel suo trattato, Beccaria separa nettamente la nozione di
peccato da quella di crimine, e attribuisce alla giustizia un
carattere laico.
Inoltre, aggiunge che la punizione per essere venuti meno alle
leggi non ha niente a che vedere con l’espiazione di un peccato nel
senso cristiano.
La pena assegnata dall’autorità giudiziaria è un mezzo per impedire
che avvengano o si ripetano determinate violazioni.
8. Articolo 13
«[…] È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone
comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione
preventiva. […]»
Riguardo alla tortura, Beccaria si esprime affermando che
«la tortura del reo mentre si forma il processo, o per costringerlo a
confessare un delitto, o per le contradizioni nelle quali incorre, [...]» è
una crudeltà consacrata dall’uso nella maggior parte delle nazioni.
«[…]Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o
perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà
personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli
casi e modi previsti dalla legge. […]»
In questo caso, invece, il letterato lombardo dichiara che un uomo non
può chiamarsi reo prima della sentenza del giudice, e che nemmeno la società può sottrargli la pubblica
protezione, se non quando si è deciso che l’individuo abbia violato i patti coi quali le fu accordata.
9. Articolo 27
«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso
di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte. 3»
Beccaria si batte con vigore contro la pena di morte, rifiutandola e
ripudiandola poiché sostiene che essa sia inefficace dal punto di vista pratico e
anche per quanto riguarda una concezione contrattualistica dello Stato;
propone, invece, un diverso sistema di punizioni, fondato sulla detenzione.
«Non è l’intensione della pena che fa il maggior
effetto sull’animo umano, ma l’estensione di
essa; perché la nostra sensibilità è più
facilmente e stabilmente mossa da minime ma
replicate impressioni che da un forte ma
passeggiero movimento.»
- Dei delitti e delle pene, Capitolo XXVIII
Secondo l’autore, infatti, è molto più spossante una
sofferenza minore dal punto di vista della pena –
appunto, la morte – ma maggiore dal punto di
vista psicologico – la detenzione -, poiché essa è
prolungata per un periodo di tempo più lungo.
10. Articolo 101
«La giustizia è amministrata in nome del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge.»
In Dei delitti e delle pene, Beccaria passa in rassegna il sistema penale
per favorirne una riforma radicale, così da sottrarre ai giudici la possibilità
di una libera interpretazione delle leggi, assicurando l’imparzialità del giudice
penale attraverso la chiarezza dei codici e offrendo garanzie processuali all’accusato.
Afferma che il magistrato non può accrescere la pena stabilita ad un delinquente cittadino,
e nell’art.101 della Costituzione viene espresso lo stesso pensiero: i giudici sono soggetti
soltanto alla legge, per cui devono attenersi ad essa per assegnare una pena ai rei.
«Le sole leggi possono decretar le pene sui delitti, e quest'autorità non può risedere che
presso il legislatore, che rappresenta tutta la società unita per un contratto sociale; nessun
magistrato (che è parte di società) può con giustizia infligger pene contro ad un altro
membro della società medesima. Ma una pena accresciuta al di là dal limite fissato dalle
leggi è la pena giusta più un'altra pena; dunque non può un magistrato, sotto qualunque
pretesto di zelo o di ben pubblico, accrescere la pena stabilita ad un delinquente
cittadino.»
- Dei delitti e pene, Cap. III
11. Articolo 111
Il secondo comma dell’art. 111 recita:
«Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un
reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della
natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del
tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa [...].»
Cesare Beccaria, nel capitolo XXX del suo saggio, si esprime allo
stesso modo: egli sostiene che, dopo aver conosciuto le prove e aver
calcolato la certezza del delitto, è necessario concedere al colpevole
il tempo e i mezzi opportuni per giustificarsi e difendersi; tuttavia, il
tempo che gli viene concesso non deve compromettere la prontezza
della pena.
12. Commento
Crediamo che l’opera di Beccaria sia stata rivoluzionaria e che abbia influenzato in modo
rilevante sia i «monarchi illuminati» del tempo – a cui era idealmente indirizzata –, sia i testi
che sono stati scritti successivamente, proprio come la Costituzione Italiana. Un’influenza
importante che l’opera ha avuto nei confronti dei «sovrani illuminati» la si può riscontrare
focalizzando l’attenzione sul granduca di Toscana Pietro Leopoldo, che fu il primo ad
abolire la pena di morte, avendo accolto il messaggio espresso dal lombardo nella sua opera.
Riteniamo che la bravura di Beccaria sia da ricercare nel modo in cui egli ha esposto gli
argomenti trattati: attraverso ragionamenti logici ed esempi concreti, ha presentato il suo
punto di vista in modo chiaro e comprensibile, facendoci appassionare al saggio, nonostante
sia stato scritto più di trecento anni fa.
In particolare, leggere la battaglia affrontata da parte dell’autore contro la pena di morte si è
rivelato, per entrambe, davvero interessante; grazie al suo modo di esporre le proprie idee,
siamo riuscite a sviluppare un’opinione critica riguardo alla tematica.
Infine, ritrovare molto di quanto enunciato da Beccaria nella Costituzione Italiana è,
sicuramente, soltanto un’ulteriore dimostrazione di quanto la sua opera sia stata importante.
13. PowerPoint realizzato da:
Caterina Putaturo (slide: 1, 2, 5, 6, 7,
10, 12)
Maria Grazia Tini (slide: 1, 3, 4, 8, 9,
11, 12)
Classe 4° C, AS 2020/2021