Presentazione realizzata con Power Point dagli alunni delle classi quinte in occasione di un gemellaggio con una scolaresca di Negrar, provincia di Verona
Brochure realizzata dagli alunni dell' IC Anzio 3 – Scuola secondaria di 1° grado nell'ambito del modulo «Indiana Jones 3.0» - Progetto PON «Trapassato, presente, futuro…occhio al territorio»
Intellettuali Stranieri a Roma dal Grand Tour al XIX Secolo - 3a partePortante Andrea
Note e foto di accompagnamento per la passeggiata del Club del territorio di Roma (Touring Club), da Piazza del Popolo a Piazza Barberini. Focus su inglesi, tedeschi e russi. Non è, se non in minima parte, un lavoro "originale" ma una compilazione di testi, editati per convenienza, da diverse fonti web. Quindi un mero strumento di supporto ad una passeggiata e nulla di più.
2. E D I T O R I A L E
E ntrare alla Villa Romana del Casale è come partecipare a uno
dei più memorabili e straordinari appuntamenti con la storia della
Sicilia. Storia che racconta l’epoca romana imperiale in tutti i
suoi aspetti: le tradizioni e le abitudini di vita, guerre, amori e piaceri
ma anche leggende, avvenimenti epici e mitologia. E’ come un cinema
all’aperto sparso su 3.500 mq dove i fotogrammi sono composti da
mosaici. È la Villa Romana del Casale insignita nel 1997 dall’Unesco del
titolo PATRIMONIO DELL’UMANITA’. Dalla “Glorificazione di Ercole” alla
“Grande Caccia”, dallo splendore delle Terme ad un magnifico verde
che circonda a 360° la stessa, qui è rappresentato il reale e magnifico
volto dell’antica Roma del IV secolo che custodiamo ormai da millenni
nella nostra amata Sicilia. Consapevole che non si può rendere solo con
le parole, l’editore con questo libro vuole tuttavia offrire al visitatore la
descrizione e una chiave di comprensione di questo tesoro della storia e
dell’arte insieme.
L’editore.
ENNA
PIAZZA AIDONE
ARMERINA
4. I N D I C E
1. VILLA ROMANA DEL CASALE................................................................. 6
1.1 INTRODUZIONE................................................................................................ 8
1.2 PRIMA SEZIONE............................................................................................... 16
1.3 SECONDA SEZIONE........................................................................................ 24
1.4 TERZA SEZIONE................................................................................................ 34
2. PIAZZA ARMERINA................................................................................ 46
2.1 INTRODUZIONE................................................................................................ 48
2.2 ITINERARIO CITTADINO.................................................................................. 50
2.3 IL MUSEO DELLE MERAVIGLIE........................................................................ 54
2.4 FOLKLORE-IL PALIO DEI NORMANNI........................................................... 56
3. ENNA...................................................................................................... 58
3.1 INTRODUZIONE................................................................................................ 60
3.2 ITINERARIO CITTADINO.................................................................................. 62
3.3 IL DUOMO......................................................................................................... 64
3.4 IL CASTELLO LOMBARDIA............................................................................... 68
3.5 FOLKLORE-LA SETTIMANA SANTA............................................................... 72
3.6 IL LAGO DI PERGUSA..................................................................................... 76
4. MORGANTINA........................................................................................ 78
4.1 INTRODUZIONE................................................................................................ 80
4.2 VISITA DELL’AREA ARCHEOLOGICA............................................................. 82
4.3 AIDONE.............................................................................................................. 88
4.4 I TESORI DI MORGANTINA............................................................................ 90
4.5 FOLKLORE-LA SETTIMANA SANTA............................................................... 92
RINGRAZIAMENTI...................................................................................... 95
PIAZZA
ARMERINA
VILLA ROMANA
DEL CASALE
ENNA
MORGANTINA
8. VILLA ROMANA DEL CASALE
IPOTESI SUL PROPRIETARIO
L a visita alla Villa Romana del Casale, uno dei monumenti del periodo
romano più importanti del mondo e per questo dichiarato nel 1997
“Patrimonio Unesco”, è una passeggiata nella storia, che da sola
merita un viaggio a Piazza Armerina.
Questa stupenda e grande villa di età imperiale, con i pavimenti a mosaico
che coprono una superficie di circa 3.500 mq., costituisce la più importante
testimonianza della civiltà romana in Sicilia e in Italia.
La villa, costruita fra il III ed il IV secolo d.C. da qualche ricco latifondista
del tempo o forse dallo stesso imperatore romano Maximianus Herculius,
comprendeva numerosi ambienti, circa 60, con funzioni differenti e disposti
su quattro livelli per adeguarsi alle pendenze del terreno.
L’edificio iniziale, forse una villa, in origine molto più semplice, risalente al
II secolo d. C., è stato ingrandito nei secoli successivi ed adibito a dimora
di campagna di qualche illustre personaggio.
La villa, come tante altre in Sicilia, faceva parte di uno dei molti latifondi.
Qui grandi proprietari terrieri aristocratici romani, procuratores, godevano
dei frutti, ricorrendo agli schiavi, degli svaghi e degli ozi offerti dalla
fertile campagna siciliana. Questa villa sorgeva ai piedi del monte
Mangone, nella valle del fiume Gela che, assieme ad altre sorgenti,
Particolare del Corridoio della Grande caccia
8
9. 1.1 INTRODUZIONE
alimentava d’acqua le terme, i
bisogni della villa e l’irrigazione dei
campi. Era inoltre situata presso la
Statio Philosophiana, una stazione di
sosta e cambio cavalli, posta lungo
l’Itineraria Antonini che collegava
Itineraria
Catania ad Agrigento.
Alcuni storici hanno supposto che
i proprietari della villa siano stati
degli aristocratici vicini alla corte
imperiale, come Rufo Volusiano,
console, o Procuro Populonio,
prefetto, piuttosto che lo stesso
imperatore Massimiano. Costui, che
proveniva dalla Pannonia ed era
di umili origini, grazie alle sue doti Mosaico con disegno geometrico
di generale aveva ottenuto il titolo
di coreggente dall’imperatore Diocleziano, che lo aveva posto sotto la
protezione di Ercole, da cui il nome Herculius. Grazie alle sue vittorie,
Massimiano fu proclamato imperatore il 1° Aprile del 286 d.C. e fu
Augusto fino al 306, anno in cui abdicò a Milano per ritirarsi a vita privata.
Sia lo stile che le figure rappresentate nei mosaici, sia l’acconciatura dei
capelli che i copricapi di alcuni personaggi, fanno datare la realizzazione
di questi tappeti musivi al III secolo d. C. Essi sono sicuramente opera di
maestranze africane, visto che i mosaici sono paragonabili a quelli tunisini
ed algerini e che i tasselli colorati provengono dal Nord Africa, dalla
zona di Cartagine, in quel periodo all’avanguardia culturale nell’Impero
Romano d’Occidente.
Cosa curiosa è che le maestranze africane usarono tessere piccole per
gli animali (opus verniculatum), tessere più grandi per i disegni geometrici
(opus tesselatum) ed infine pezzetti di marmo per la basilica (opus sectile).
Vestibolo delle terme
9
10. 1.1 INTRODUZIONE
DA DIMORA SIGNORILE A MONUMENTO UNESCO
L
a storia di questa villa è molto affascinante. Dopo la caduta
dell’Impero Romano d’Occidente, con l’arrivo dei Visigoti e dei
Vandali, la villa fu sicuramente depredata; ma quando Belisario
la riprese ai barbari, la dimora fu nuovamente abitata, come fanno
pensare alcuni restauri di quel periodo. Residenza di proprietari bizantini
per alcuni secoli, la villa fu occupata successivamente dai saraceni, i
nuovi dominatori dell’isola. Fu da allora che essa per diverso tempo fu
chiamata Casale dei Saraceni. I successivi signori, i Normanni, continuarono
ad abitare la villa, fin quando uno smottamento del monte Mangone non
la coprì con una colata di fango, proteggendola per diversi secoli, ma
facendone pure perdere la memoria.
Le prime notizie risalgono al 1640, quando in una “Storia di Piazza”
si accenna appunto al Casale dei Saraceni. La villa fu oggetto di scavi
clandestini per molti anni, finché nel 1881 l’archeologo Pappalardo,
su incarico del comune, non diede inizio ad una regolare campagna di
scavi che portò alla scoperta del pavimento del triclinium, dove sono
rappresentate le fatiche di Ercole. I lavori furono ripresi con Paolo Orsi
verso la fine degli anni Venti e solo a partire dagli anni Cinquanta la
Sovrintendenza di Siracusa, con L. Bernabò Brea, iniziò un vero lavoro
di scavo scientifico. Questa operazione, condotta dal prof. V. Gentile,
assistito da esperti locali, ha permesso di riscoprire in circa dieci anni
la parte nobile della villa con i preziosi mosaici. Molti ambienti restano
ancora da scoprire e valorizzare.
Nel 1970, su progetto dell’architetto Minissi, è stata realizzata una
tettoia in plexiglas a protezione dei mosaici, resi visitabili solo dopo il
recente restauro (2008).
Essendo la villa costruita sul declivio del monte Mangone, presenta le
caratteristiche delle costruzioni terrazzate. Per visitarla al meglio sono
possibili tre itinerari.
Col primo itinerario si visitano le terme[1/4], il cortile poligonale[7] con il
portico[8] e poi l’edicola di Venere[6] e il vestibolo delle terme[7,7A],
la latrina[5], la palestra[13], e l’ingresso della villa (“corridoio”).
Col secondo si visitano il vestibolo della villa o aditus[8], il peristilio[10]
con la grande fontana al centro e il larario[11] con il grande
quadriportico, la piccola latrina[12], il vestibolo trapezoidale[14], le
stanze degli ospiti[19/23], quelle della servitù[15/18,24,25,27,28]
e la sala del forno arabo[15], la stanza di Orfeo[19], il corridoio di
collegamento fra il triclinio col xystus (portico e corridoio) e la cucina del
triclinio[31] (vicino al corridoio).
Col terzo si visitano gli appartamenti dei padroni, il dominus e la domina:
il corridoio della grande caccia[26], gli appartamenti della famiglia
possidente[42/47, 49/51], la latrina privata[41], l’aula basilicale[48],
il triclinio[39] con aula triloba e lo xystus[32,33/38].
10
12. VISITA DELLA VILLA ROMANA
1 17
3 16
20
2
3A 18 1
14 15
4
13
6 6A
12
10
7 9 11
3
33
8 31
3
36 3
1 - Praefurnia 11 - Larario 23 - Sala della piccola caccia
2 - Calidarium 12 - Piccola latrina 24/25 - Sale servitù
- Tepidarium 13 - Palestra - Sala dai disegni ottagonali
- Frigidarium - Sala dai disegni quadrati
14 - Vestibolo trapezoidale
5 - Grande Latrina
- Sala del forno arabo - Ambulacro della grande caccia
6 - Edicola di Venere
- Sale servitù 27/28 - Sale servitù
7 - Cortile Poligonale
- Ingresso alla Villa - Sale degli ospiti - Sala dai disegni geometrici
- Vestibolo delle Terme - Sala degli eroti pescatori - Sala delle ragazze in bikini
- Peristilio - Sala delle quattro stagioni - Sala o Diaeta di Orfeo
12
13. PLANIMETRIA DELLA VILLA ROMANA
21 24 51
25
9 22 23 49 50
26
48
46 47
41
27 43 42
0 29 28
44 45
34 35 33
2 39 40 Parte pubblica
37 38
Stanze degli ospiti
30 - Corridoio di collegamento 43 - Atrio semicircolare
- Cucina del triclinio - Vestibolo del piccolo circo
- Xistus - Cubicolo della figlia
- Sale di pertinenza allo Xistus - Vestibolo di Eros e Pan
- Triclinio - Cubicolo dei fanciulli cacciatori
- Acquedotto - Basilica
- Latrina privata - Vestibolo di Ulisse e Polifemo
- Sale private - Cubicolo della frutta
- Sala o Diaeta di Arione - Cubicolo con scena erotica
13
14. VISITA DELLA VILLA ROMANA
Ambiente di servizio, con
Complesso Termale annesse cucine
Peristilio
Ingresso
Grande Latrina
Vestibolo dell’Adventus
14
15. RICOSTRUZIONE TRIDIMENSIONALE
Acquedotto
Basilica
Xistus Diaeta di Arione
Triclinium - cucina
Ambulacro o corridoio della
grande caccia Triclinium - sala da pranzo
15
16. 1.2 PRIMA SEZIONE
E ntrando per l’attuale ingresso, si incontra sulla sinistra l’acquedotto
romano, che ci richiama alla mente quello più grande di Roma. Si arriva
quindi al complesso delle terme formate da più parti con funzioni
diverse: prefurnium, calidarium, tepidarium, sala delle unzioni, frigidarium e
palestra.
Il “praefurnium”[1] è un complesso formato da tre forni che riscaldavano
l’acqua la quale, posta in una grande vasca, tramite dei tubi in terracotta,
veniva portata nel calidarium.
Il “calidarium”[2], stanza dei bagni caldi, era diviso in più ambienti che
consentivano la separazione degli uomini dalle donne. La temperatura
interna era regolata mediante finestre e valvole poste sui tetti. Inoltre, una
fontana (labrum) assicurava un po’ di fresco in quell’ambiente surriscaldato.
L’ambiente centrale, con il pavimento sospeso su mattoni in terracotta per la
circolazione dell’aria calda, era adibito a sauna (laconicum); alle pareti si
notano ancora i tubuli, che consentivano all’aria calda di circolare.
La funzione di abbassare la temperatura corporea, dopo la sauna, era svolta
dall’ambiente successivo: il “tepidarium”[3] a doppia abside, con pavimento
rialzato per far circolare il vapore caldo. In questo ambiente i mosaici sono
quasi scomparsi, ma si suppone che vi fosse rappresentata la corsa delle
fiaccole (lampadedromia). La stanza successiva è quella dei massaggi, dove
gli ospiti venivano massaggiati e unti con olio. Nel pavimento si notano due
schiavi, uno con in mano un secchio e l’altro con una scopa, con ai fianchi
una striscia che indica il loro nome: Cassio e Tito. Questo ambiente, che
presenta restauri forse del periodo bizantino, immetteva nella sala attigua,
quella del “frigidarium”[4], la stanza dei bagni freddi. Questa è una sala
ottagonale con nicchie laterali, quattro delle quali fungevano da spogliatoi
(apodyterium). Nella sala centrale è rappresentata una scena con Nereidi,
delfini, amorini pescatori, tritoni e leoni marini. Nelle nicchie sono raffigurate
due belle scene: la prima con una fanciulla nell’atto di svertirsi mentre due
ancelle l’aiutano, e l’altra con un uomo seduto su uno sgabello su pelle di
leopardo, aiutato da due servi che gli porgono degli indumenti.
Finita la visita alle terme si possono andare a vedere la grande latrina, il
cortile poligonale e l’edicola di Venere.
Esterno delle terme
16
18. VILLA ROMANA DEL CASALE
Frigidarium - Scene marine al centro e di
bagno in alcune nicchie.
Grande Palestra - I mosaici rappresen-
tano corse di quadrighe nel Circo Massimo.
18
20. VILLA ROMANA DEL CASALE
Gli amorini pescatori nel Frigidarium
La grande latrina[5], posta presso le terme, aveva un piccolo ingresso
ed era costituita da una parte semicircolare, dove erano posti i sedili
con foro centrale, oggi mancanti. Chiudevano l’ambiente tende sorrette
da colonne, delle quali si notano solo dei resti. Nel canale scorreva
continuamente acqua che portava via le acque nere nel fiume Gela.
Vicino si trova l’edicola di Venere[6], che ha preso il nome dai frammenti
di una statua di Venere ivi rinvenuti. Si tratta di un ambiente piccolo che
serviva come ingresso della servitù al complesso termale. Vi si trovano
mosaici a disegni geometrici, tipici della servitù.
Adiacente all’edicola di Venere si trova il vestibolo delle terme[9],
costituito da una stanza quadrata con pareti affrescate e pavimento a
mosaico con motivi geometrici molto elaborati e di buona fattura.
Dall’edicola di Venere ci si immette nel cortile poligonale[7], un
grande atrio con undici colonne con capitelli ionici, che rappresentava
l’ingresso[8] della grande villa.
Nereide nella sala del Frigidarium
20
21. 1.2 PRIMA SEZIONE
Prefurnium
Il portico conserva ancora resti di un mosaico geometrico a squame,
mentre nel centro del cortile si trovano i resti di una fontana quadrata,
la quale aveva la funzione di raccolta delle acque piovane (impluvium)
che venivano a loro volta convogliate nella vicina grande latrina.
L’ingresso era composto da tre archi maestosi, il più grande dei quali era
il centrale di 4,50 metri. Presso i piloni c’erano quattro nicchie che una
volta contenevano statue.
Vi si trovano pure quattro vasche che fungevano da ninfei, due
rettangolari e due a forma di conchiglia. Nella parte esterna dei piloni
restano tracce di affreschi, dove si nota ancora uno stemma militare
(signum) con le effigi dei quattro tetrarchi dentro medaglioni.
Questa scoperta farebbe propendere per assegnare la villa
all’imperatore Massimiano.
Particolare dei tubi in terracotta del Prefurnium
21
24. 1.3 SECONDA SEZIONE
D al cortile d’ingresso alcuni gradini portavano al secondo livello
della villa, che permetteva di avere sott’occhio gli alloggi riservati
ai vari ospiti.
L’ingresso alla villa era veramente imponente, un ingresso monumentale
con tre fornici che ricordano gli archi di trionfo degli imperatori, dei
quali restano le soglie di ingresso con i battenti e i fori per gli stipiti dei
portoni.
La visita ha inizio con l’ingresso[8] (aditus), il cui mosaico rappresenta
degli inservienti che, con candelabri (cerularium) e foglie di alloro, danno
il benvenuto al padrone o ad eventuali ospiti illustri.
Questa stanza conduce al peristilio[10] rettangolare di mt. 38x18,
circondato da 32 colonne greche con capitelli corinzi che sostengono
leggere tettoie, spioventi verso il giardino. Queste colonne erano unite
da muri rivestiti di marmo e sormontati da delfini in marmo. Il giardino,
una volta ricco di piante ed animali, presenta una grande vasca con
fontana e una piccola statua rappresentante un amorino.
Il quadriportico dimostra una grandiosità che trova riscontro solo in edifici
grandiosi come “la Casa del fauno” di Pompei, la “Domus Augustana
del Palatino della Piazza d’Oro” e del “Cortile della Biblioteca di Villa
Adriana” a Tivoli.
Il peristilio assumeva una grande importanza per i romani, perché
permetteva l’ingresso della luce negli appartamenti che erano posti
attorno ad esso ma soprattutto perché offriva ai proprietari la possibilità
di stare a contatto con la natura e allo stesso tempo meditare o riposare.
I mosaici del pavimento del quadriportico rappresentano 162 teste di
animali sia selvatici che domestici, inseriti in corone di alloro. Presso il
peristilio si trova il larario[11], un piccolo sacello con cappella votiva
nel quale era posta una statua per il culto dei Lari (anime divinizzate
dei morti), che si credeva proteggessero la casa dal male. Il mosaico di
questa piccola sala rappresenta una stella ad otto punte, che contiene
all’interno una corona di alloro al centro della quale sta una foglia di
edera, simbolo della famiglia di Massimiano.
Ingresso (Aditus). Persone che con candelabri e foglie di alloro danno il benvenuto al
padrone o ad ospiti illustri
24
26. VILLA ROMANA DEL CASALE
Il successivo ambiente è la piccola latrina[12],
che era destinata agli ospiti della villa.
Oggi sono stati ricostruiti alcuni
posti a sedere in cemento (gli
originali erano in marmo), con
un canale nel quale scorreva
continuamente dell’acqua.
Alla destra dell’ingresso si
trovava una vaschetta che, più
che per le abluzioni, sembra
che servisse per alimentare il
canale dell’acqua per i seggi. I
mosaici pavimentali rappresentano
animali in corsa: un leopardo, una
Testa di orso nel Peristilio pernice, una lepre, un’ottarda e un
onagro. Si notano ancora dei fori
per gli stipiti di una eventuale porta che avrebbe garantito una certa
intimità. Lungo il percorso si incontra la palestra[13] (gymnasium), un
ambiente rettangolare con due absidi, dove ci si riscaldava i muscoli
prima di entrare nelle terme. I mosaici della palestra raffigurano la gara
delle quadrighe, che si svolgevano nel Circo Massimo in onore della
dea Cerere, il cui culto era molto sentito in questa zona della Sicilia. Le
quattro fazioni che si contendevano il premio si distinguevano per i vestiti
di colore diverso degli aurighi: verde (prasina), bianca (albata), azzurra
(veneta) e rossa (russata). L’arena era divisa in due parti da una spina
centrale con agli estremi le mete, costituite da colonne bronzee. Da destra
verso sinistra si notano una Nike alata sopra una colonna, un edificio
(phala) da dove degli spettatori privilegiati potevano assistere alla gara,
l’obelisco di Augusto (questo ha fatto discutere molto circa l’attribuzione
della villa), la dea Cibele (Magna Mater) su leone, il segnagiri (ovaria).
Una cosa curiosa che è anche indice della precisione con la quale è stato
eseguito il lavoro, l’ovaria presenta quattro uova abbassate, indicando
Piccola latrina
26
27. 1.3 SECONDA SEZIONE
Scena della premiazione della quadriga vincitrice nella Palestra
che la gara era arrivata a metà, visto che dovevano compiersi in tutto
otto giri. Si notano pure la vestizione di un auriga e le dodici porte
(carceres) dalle quali uscivano le quadrighe. Nell’altro lato dell’arena
sono rappresentati: la scena della premiazione della quadriga vincitrice,
la fine della corsa annunziata dal tybicen, il giudice che suona una lunga
tuba, e lo scontro fra due bighe, una delle quali si sta capovolgendo.
Attraversando questo vestibolo trapezoidale[14] il padrone della villa
ed i suoi ospiti si recavano alle terme. Sembra che la panchina rivestita
di lastre di calcare presente nel vestibolo permetteva di sedersi a chi
attendeva di entrare nelle terme. Alle pareti si trovavano affreschi
colorati. Si pensa che i mosaici del pavimento rappresentassero Eutropia,
la moglie del dominus Massimiano, mentre accompagna i propri figli,
Massenzio e Fausta, alle terme con due ancelle che portano una gli abiti
da indossare dopo il bagno, l’altra una cassetta con gli oli. Una curiosità
è relativa all’utilizzo di due tessere diverse, una triangolare e l’altra
quadrata, per realizzare gli occhi affetti da strabismo di Massenzio,
figlio di Massimiliano. Il perfezionismo dei mosaicisti è inoltre evidenziato
dalle ombre delle figure, create con strisce nere ai piedi, dai capelli
della domina, acconciati secondo la moda del tempo, dalle ricche vesti,
dagli orecchini e dalla collana.
Da qui in poi seguono le stanze per la servitù e per gli ospiti, molto
semplici e con mosaici a disegni geometrici: la sala del forno[15/18]
dove, forse in periodo arabo, fu costruito un forno per cuocere del
vasellame; la sala intermedia[15/18], dedicata al personale di servizio,
nella quale si trovano mosaici con disegni geometrici, quali stelle,
quadrati ed esagoni. Seguono altre sale e una cucina, molto semplici
e con mosaici a tessere più grandi. La stanza successiva è la sala della
danza[21/23], un ambiente rettangolare adibito a camera da letto per
gli ospiti, con affreschi alle pareti e con mosaici nel pavimento. Questi
ultimi ritraggono una ragazza che, danzando, alza un velo rosso sopra
la testa e un giovane nell’atto di sollevare una fanciulla; secondo alcuni
questi mosaici rappresenterebbero il ratto delle Sabine.
27
28. 1.3 SECONDA SEZIONE
Vestibolo trapezoidale
Eutropia, moglie di Massimiano ed i figli che si recano al bagno
La sala attigua, denominata delle quattro stagioni[22], aveva funzione
di vestibolo forse per gli ospiti. I mosaici raffigurano, dentro altrettanti
medaglioni, le quattro stagioni. Il mezzobusto di una ragazza con delle
rose in testa personifica la primavera; quello di un giovane con spighe
sul capo l’estate; quello di una giovane donna con dell’uva in testa
rappresenta l’autunno e infine il mezzobusto di un ragazzo con il capo
adorno di foglie ed un mantello incarna l’inverno. Accanto alle stagioni si
trovano anche uccelli e pesci.
L’ambiente successivo, la sala degli eroti pescatori[21] (amorini), si
suppone sia stato il triclinium o sala da pranzo per gli ospiti. Il mosaico
pavimentale rappresenta degli amorini intenti a
pescare, su quattro barche, in un mare
ricchissimo di pesci. Le diverse
scene illustrano inoltre quattro
diversi metodi di pesca: rete, lenza,
fiocina e nassa. Nella parte alta
della scena fa da sfondo una
villa grande con esedra e lungo
colonnato.
Nella parte nord del peristilio si
trova la sala della piccola caccia[23],
caccia[23]
un ambiente rettangolare adibito
forse a soggiorno Sala delle Quattro Stagioni per gli ospiti,
dove alcune scene rappresentano i vari
momenti di caccia che si realizzavano nella campagna che circondava
la villa. Dall’alto verso il basso la scena della caccia è divisa in cinque
registri. Nel primo si notano due servitori che portano e poi liberano due
cani (cirnechi) sul luogo dove si svolgerà la caccia. Nel secondo si vede
il sacrificio propiziatorio a Diana, rappresentata su un’ara con arco e
faretra. In questa scena gli studiosi vogliono vedere a sinistra Costanzo
Cloro, il Cesare di Massimiano, dietro suo figlio Costantino, il futuro
imperatore, e a destra il figlio Massimino.
28
30. VILLA ROMANA DEL CASALE
Nel terzo registro sono rappresentati, sulla sinistra, due cacciatori che
cacciano col falcone mentre scrutano due tordi su un albero di alloro,
al centro due cacciatori che banchettano sotto una tenda rossa sospesa
e degli schiavi che li servono. Nel quarto registro, sulla sinistra, un cane
azzanna una lepre, sulla destra un cacciatore ne ha colpito una nascosta in
una macchia di alloro. Infine, in basso sulla sinistra, due cavalieri spingono
dei cervi verso una rete e, sulla destra, un cinghiale ferito si lancia su un
cacciatore a terra che viene soccorso dai compagni e dai cani.
Infine, forse destinate alla servitù, troviamo la sala dei disegni
quadrati[25] e quella a disegni geometrici[27].
Spina centrale del mosaico della Palestra
30
31. 1.3 SECONDA SEZIONE
Sala degli eroti pescatori. Particolare
Sala Piccola Caccia
31
34. 1.4 TERZA SEZIONE
L’ ambulacro della grande caccia[26], lungo circa 65 metri, aveva
la funzione di disimpegnare le stanze del dominus, della domina
e dei figli, oltre che la basilica e la sala del triclinio. È forse
l’ambiente con i mosaici più belli, nei quali sono rappresentati momenti
della caccia, con scene della cattura delle belve e paesaggi di grande
effetto. L’ambulacro ha, ai suoi estremi, due esedre con magnifici mosaici
di figure femminili che personificano le province più estreme dell’impero
romano: la Mauritania e l’India. Nella parte centrale, si trova l’Italia verso
la quale arrivano le prede che serviranno per le feste circensi. Nella parte
sinistra sono rappresentate le scene della cattura delle belve esotiche:
pantere, antilopi, cavalli selvatici, leoni e cinghiali. Le scene si svolgono in un
paesaggio africano con palmizi, colline, alberi, case e palazzi con portici.
Tutti gli animali catturati vengono trasportati su carri trainati da buoi e
caricati su navi nel porto di Cartagine. Assiste alla cattura delle belve,
affiancato da due soldati con scudi, un personaggio nobile che porta un
copricapo cilindrico, che qualcuno identifica con Massimiano. Nella parte
centrale del mosaico avviene lo sbarco delle belve ad Ostia, dove due
funzionari, con i bastoni del comando in mano, assistono all’operazione.
Nella parte terminale dell’ambulacro sono rappresentate diverse scene: la
cattura delle tigri, un leone che uccide un asino e la cattura di un grifone
alato. Nell’esedra che chiude l’ambulacro, infine, è raffigurata l’India,
personificata da una figura femminile, con la pelle scura, che ha in mano
una zanna di avorio. Sulla sinistra c’è un elefante e sulla destra una tigre.
Sopra l’elefante si trova l’araba fenice, l’uccello che moriva bruciato e che
dopo tre giorni rinasceva dalle sue ceneri.
Sulla destra dell’ambulacro si trovano due ambienti, destinati forse alla
servitù della domina. Il primo ha pavimenti in mosaico con disegni geometrici
e resti di affreschi alle pareti, mentre il secondo è la famosa sala delle dieci
ragazze in bikini[28]. Questo ambiente presenta un doppio pavimento,
segno che ad un certo punto la sala cambiò destinazione, (diventando la
palestra per le figlie del dominus). Le ragazze sono rappresentate con
Scena della Grande Caccia
34
36. VILLA ROMANA DEL CASALE
Sala delle ragazze in bikini
subligar (mutandine) e stropkion e sono impegnate in varie discipline
sportive, in onore della dea del mare Teti. La scena è divisa in due
scomparti orizzontali: la parte superiore raffigura momenti del gioco con i
pesi, del lancio del disco e della corsa; nella sezione inferiore, a cominciare
da destra, sono rappresentati il gioco della palla a mano, la ragazza con
la palma della vittoria che si pone sul capo la corona tortile ed infine la
scena della premiazione eseguita da una fanciulla con manto aureo, che
si appresta a porgere la corona e la palma ad una ragazza con in mano
una ruota raggiata.
Lungo il peristilio si trova l’ingresso per la sala di Orfeo[29], un ambiente
rettangolare, con esedra sul fondo, nel quale si trova la statua di Apollo
Liceo, una copia romana di un originale greco di Prassitele. Questa sala
era destinata alle audizioni musicali e nel suo pavimento è rappresentato
Orfeo che suona la cetra seduto su una pietra. Il mito ricorda che il poeta,
con il dolce suono della sua cetra, riusciva ad ammaliare gli animali i quali,
Sala di Orfeo
36
37. 1.4 TERZA SEZIONE
I cavalieri Bistoni con Gerione il mostro con tre corpi nel Triclinio
catturati dalla sublime musica, correvano al suo cospetto come spettatori
incantati. Nel mosaico sono rappresentati vari tipi di animali, da quelli
più grandi, come elefanti, ippopotami, cammelli e rinoceronti, a
quelli più piccoli, come lucertole, topi, uccelli, ricci e lumache.
A questo punto si rientra nel grande ambulacro per uscire,
a destra, in un cortile ornato da colonne che collegava gli
appartamenti privati con il triclinio e lo xystus.
Il triclinio[39] (triclinium) era la grande sala da pranzo
)
dove il dominus ospitava i commensali di riguardo.
In questa grande stanza ci sono tre profonde
absidi dove erano disposti i triclini, lettini, spesso
in bronzo, privi di schienali ma con cuscini, sui quali
i commensali, adagiati su un fianco consumavano
i lauti pasti serviti dai domestici. Nel pavimento
di questa sala sono rappresentati i culti di Bacco
e di Ercole. Nella parte centrale vengono illustrate
le dodici fatiche di Ercole: dall’uccisione del Leone
:
di Nemea fino alla cattura delle Cavalle di
Diomede, re dei cavalieri Bistoni. In ogni angolo
sono rappresentati dei cavalieri Bistoni, uccisi dalle
frecce di Ercole.
Nelle absidi si trovano altri mosaici. Sulla sinistra, la
glorificazione di Ercole da parte di Giove: si vede
l’eroe nudo, con muscolatura possente e con sulle
spalle una pelle di leopardo annodata sul petto,
ricevere la corona di alloro sul capo.
Bellissimi sono anche i mosaici nei quali è
raffigurata la metamorfosi della ninfa Dafne in
pianta di alloro e quella di Ciparisso in cipresso.
Nella parte centrale dell’abside è rappresentata
la gigantomachia, la storia dei cinque giganti che
avevano sfidato Giove e che vengono colpiti dalle Statua di Apollo Liceo
37
38. 1.4 TERZA SEZIONE
Esione ed Endimione
frecce di Ercole, avvelenate perché intinte nel sangue dell’Idra di Lerna,
uccisa dall’eroe. I giganti, con serpenti al posto dei piedi, sono ripresi
nell’attimo in cui si strappano le frecce con una smorfia di dolore.
Al di sotto sono raffigurati Esione ed Endimione. Esione è rappresentata
mentre indica il mostro marino al quale è stata sottratta, dopo essere stato
colpito a morte da Endimione che, quasi incantato, indica la luna che cala.
Infine, nell’abside di destra è rappresentata la metamorfosi di Ambrosia.
L’episodio narra della vittoria delle potenze dionisiache contro Licurgo,
re della Tracia. Nella scena si vede la baccante Ambrosia che inizia la
metamorfosi, mentre il re Licurgo, nudo, cerca di ucciderla con un’ascia
bipenne. Dei tralci di Ambrosia già si legano alle gambe di Licurgo, mentre
il corteo dionisiaco cerca di difendere la baccante. Bella è la scena del
satiro che lancia la pantera sacra contro Licurgo.
Usciti dal triclinio si accede allo “xystus”[32], un grande atrio ellissoidale
a cielo aperto, che serviva, forse, per la passeggiata con gli ospiti dopo
Glorificazione di Ercole
38
40. VILLA ROMANA DEL CASALE
Stanza di Arione
i lauti pranzi. I mosaici del portico raffigurano busti di animali (tigri, leoni,
cavalli, lupi, oche, anatre, ecc.) racchiusi da foglie d’acanto. Diverse erano
anche le fontane a zampilli, che rallegravano gli ospiti. Attorno al cortile
si trovano una serie di stanze dove i commensali si ritiravano, dopo i pasti,
con le etere, deliziose fanciulle esperte nell’arte amatoria, oltre che nelle
danze. I mosaici di questi ambienti rappresentano amorini che coltivano la
vite, vendemmiano e pigiano uva, mentre, nella sala della vendemmia[7]
è mosaicato il busto di Dioniso, con in capo una corona. Dall’altra parte,
nelle salette, sono rappresentati amorini pescatori. Le altre sale contengono
resti di mosaici indecifrabili.
A lato dello xystus si trova un corridoio, i cui mosaici rappresentano animali
e un vaso con foglie d’acanto, che fungeva da collegamento fra il peristilio,
lo xystus e la cucina, dove si preparavano le vivande per i ricevimenti nel
triclinio. Nella parte opposta del triclinio si trova l’acquedotto che forniva
acqua alla grande vasca; da qui poi l’acqua affluiva ai vari servizi ed
alla fontana del peristilio. Poco più in alto si trova
la latrina ottagonale, che serviva solo la
famiglia del dominus. Il locale è in
dominus
buona condizione, con pareti
affrescate e con un mosaico
che rappresenta un vaso da cui
escono rami di edera. A destra
dell’ingresso si trova una vasca
che alimentava il canale della
cloaca.
Da qui la visita prosegue
per le stanze della
domina
domina. La prima sala è
la “diaeta” (stanza)
“
Uno degli animali di Arione[42], un
rappresentati nello Xistus grande soggiorno,
nel quale la
40
41. 1.4 TERZA SEZIONE
Metamorfosi di Ambrosia: a sin. particolare del re Licurgo e a destra particolare
della metamorfosi di Ambrosia
Sala di Arione
41
42. VILLA ROMANA DEL CASALE
Sala del Piccolo Circo
padrona di casa ascoltava musica o conversava con i familiari. Nella
lunetta della sala è rappresentato il dio Oceano, con la lunga chioma
ornata da due chele, la barba formata da piante marine e con la bocca
dalla quale escono polipi, pesci, gamberi ed altre creature marine. Fra gli
altri personaggi figura il poeta Arione che suona la cetra, tra le onde a
cavallo di un delfino, mentre gli fanno corona mostri marini che escono dal
mare in sembianze di grifoni, tigri, pantere, lupi, leoni e bovi cavalcati da
graziosi amorini. Le Nereidi, ninfe delle acque dall’elegante femminilità,
riempiono completamente la scena mitologica assieme a Tritone. Da questa
sala si passa all’atrio semicircolare, un ambiente con colonne marmoree
a capitelli ionici che, disposte ad emiciclo, reggevano il compluvium (tetto
con pendenza verso l’interno) che raccoglieva l’acqua, per immetterla
nell’impluvium (vasca). La funzione di questo ambiente era quella di
disimpegnare le stanze dei figli del dominus da quella della dieta di
Arione. I mosaici rappresentano amorini alati su barche mentre pescano
con reti, nasse e fiocine in un mare ricchissimo di pesci.
Seguono le quattro stanze dei figli. La prima è chiamata vestibolo del
piccolo circo[44], in quanto nel pavimento i mosaici rappresentano una
gara nel circo, dove si nota la spina centrale con le due mete, tra diverse
bighe trainate da animali e guidate da fanciulli. Nella scena della
consegna del premio al vincitore, ancora una volta i colori delle penne
dei volatili richiamano quelli delle diverse fazioni che partecipavano alla
competizione.
La successiva sala è il cubicolo dei musici e degli attori[45] (la stanza
della figlia), nella cui abside si intuisce la presenza di due colonne, oggi
mancanti. Nel pavimento si vede una scena, due ragazze che intrecciano
corone di rose, tipica della festa pagana della dea Flora (protettrice della
fioritura e delle partorienti), che si svolgeva in primavera. Sopra l’albero si
noti la foglia di edera, simbolo della famiglia di Massimiano.
Nella restante parte della stanza ci sono altri mosaici disposti su tre
ordini. Nella parte alta si notano quattro suonatori di vari strumenti ed un
42
43. 1.4 TERZA SEZIONE
Vestibolo di Eros e Pan
personaggio con tunica bianca che tiene la palma da consegnare come
premio al vincitore, mentre con la mano alzata dà inizio alla competizione
musicale. Nella sezione centrale, tra due attori maschi e due femmine, si
trova un grande disco con dentro le note musicali. In basso, è raffigurato un
gruppo di persone con lunghe tuniche ed un altro disco con note.
Al di là dell’atrio ci sono altre due stanze, simmetriche rispetto a queste
due. Nella prima, il vestibolo di Eros e Pan[46], è rappresentato un
combattimento fra Pan, dio dei boschi, ed Eros, dio dell’amore. A sinistra di
Pan stanno un arbitro con manto rosso, un satiro e tre menadi. Dietro Eros
si trova un gruppo di spettatori, che qualcuno suppone sia la famiglia di
Massimiano.
Sopra i due contendenti si trova una trapeza (tavola sorretta da funi)
rettangolare, con quattro copricapi pannonici con rami di palma e, sotto,
Cubicolo dei fanciulli cacciatori
43
44. VILLA ROMANA DEL CASALE
Vestibolo di Ulisse e Polifemo
due sacche contenenti dei valori di cui è indicata la somma. Alcuni studiosi
ipotizzano, però, che le due sacche significhino equità fra i due dei.
La seconda sala è il cubicolo dei fanciulli cacciatori[47], la stanza
del figlio, nella quale la scena musiva rappresentata su tre registri è di
genere floreale. Nel registro in alto sono rappresentate due ragazze
che raccolgono rose dentro cesti. Nel secondo una giovane porta cesti
ricolmi di rose; dalla parte opposta un’altra ragazza, seduta su un cesto,
intreccia corone di rose. Nel registro in basso un ragazzo mediante una
pertica, portata sulle spalle, trasporta agli estremi cesti pieni di rose. Nella
parte restante del pavimento su tre registri sono rappresentati dei giovani
impegnati in battute di caccia. Nel registro in alto e in quello in basso
sono i ragazzi che cacciano gli animali, mentre in quello centrale sono gli
animali che inseguono i ragazzi. Si nota un gallo che pizzica un giovane
inginocchiato.
Proseguendo lungo il percorso segnato, si arriva alla basilica[48],
sicuramente l’ambiente più grande della villa, al quale si accedeva
dall’ambulacro della grande caccia. Nella basilica l’imperatore
amministrava la giustizia e avevano luogo i ricevimenti ufficiali. Alle sue
pareti permangono resti di lastre di marmo, che una volta rivestivano
tutto l’ambiente. Anche il pavimento era tutto in marmo: si notano resti
di rotae di porfido rosso attorniate da marmi policromi, palmette e fiori.
Nell’abside, rialzata rispetto al resto del pavimento, si trovava il trono
dell’imperatore, del quale rimane solo lo stallo in muratura dove era posto.
Al centro dell’abside si trovava una gigantesca statua di Ercole, della quale
resta solo la testa, conservata al museo. Anche all’ingresso, posto presso
l’ambulacro della grande caccia, c’erano due grandi colonne di granito
rosso che sostenevano l’architrave.
A questo punto si visitano le stanze del dominus, alle quali si accede
mediante il vestibolo di Ulisse e Polifemo[49]. Il suo pavimento musivo è
44
45. 1.4 TERZA SEZIONE
forse fra i più noti della villa, visto che rappresenta l’episodio del ciclope
Polifemo e di Ulisse. Polifemo è rappresentato con tre occhi, con barba
e capelli lunghi, mentre, seduto su un masso, tiene con la mano sinistra un
montone col ventre squarciato e con la destra prende il cratere col vino
che l’astuto Ulisse, con mantello rosso, gli porge con l’intento di ubriacarlo.
Da questo ambiente si passa al cubicolo della frutta[50], la camera da
letto della domina, con abside e pareti abbellite da affreschi, di cui resta
un solo frammento nel quale si intravede un amorino. Nell’alcova i mosaici
rappresentano lunette con fiori, mentre nella sala rettangolare disegni
geometrici a quadrati racchiudono nove corone di alloro con dentro vari
tipi di frutta: fichi, melograni, uva, pesche, pere.
L’ultima stanza è il cubicolo della scena erotica[51], la camera da letto
del dominus, composta da due ambienti contigui. Quello interno è un’alcova
rettangolare, alle cui pareti si trovano affreschi che rappresentano una
menade ed un satiro. Nel pavimento dell’alcova i mosaici descrivono cerchi
che, incrociandosi, formano fiori quadripetali.
Divide i due ambienti una striscia nella quale, da una parte, sono raffigurati
due giovani che giocano con delle palline dentro un cerchio e dall’altra
delle fanciulle che giocano con delle palline messe in fila.
Il resto della sala è decorato con disegni geometrici, maschere e busti
femminili. Al centro sta il famoso medaglione: un dodecagono con una
corona di alloro che contiene la scena erotica, nella quale un giovane
efebo coronato abbraccia una giovane, vista da dietro, mentre si denuda.
Ai lati del dodecagono si trovano quattro figure femminili, dentro esagoni,
che raffigurano le quattro stagioni e otto cerchi contenenti corone di alloro
che racchiudono maschere teatrali femminili.
Particolare del ciclope Polifemo
45
48. 2 PIAZZA ARMERINA
I mportante e magnifica cittadina dell’ennese, situata in collina a circa
700 metri di altezza, Piazza Armerina (l’aggettivo Armerina fu
introdotto nel 1882) è posta ai margini occidentali dell’antico Val di
Noto. Ricca di fascino non solo per la ormai famosa Villa Romana del
Casale coi mosaici ma anche per i suoi monumenti, essa presenta una
stupenda trama urbanistica a “lisca di pesce”, che si intuisce soprattutto
nel quartiere Monte, risalente al periodo normanno.
Oggi la cittadina conta circa 20.000 abitanti e un territorio di 303
Kmq., ricco di boschi e di verde, dove è facile fare escursioni.
Le sue origini molto antiche, risalenti all’VIII-VII sec. a. C., sono testimoniate
dai reperti rinvenuti sul monte Rossomanno, su Monte Navone, sul monte
Manganello e soprattutto sulla Montagna di Marzo, centri che subirono
l’influsso della colonizzazione greca. Molto importante fu anche il
periodo romano, testimoniato dalla presenza della meravigliosa Villa
Romana del Casale, che ha ricevuto il riconoscimento di “Patrimonio
Unesco”, in quanto “Patrimonio inalienabile dell’umanità”.
La città ebbe il suo periodo di maggiore splendore sotto la dominazione
normanna, durante la quale arrivarono a Piazza dei coloni lombardi.
L’influenza di quest’ultimi fu rilevante tanto che ancora oggi nella
parlata locale sono presenti tracce del dialetto gallo-italico. Piazza
Armerina fu distrutta nel 1161 da Guglielmo I per avere ospitato
elementi contrari al re normanno e fu poi ricostruita da Guglielmo II
sul colle Mira (1163), l’attuale quartiere Monte. Da questo periodo
iniziano i primi documenti storici. La città si espanse e diventò uno
splendido centro, visto che nel 1296 vi fu convocato un Parlamento
Siciliano, durante il quale fu eletto re di Sicilia Federico II d’Aragona
che approvò le “consuetudini” della città, oggi conservate nel “Libro dei
privilegi”, presso la Biblioteca Comunale.
Al prestigio di Piazza contribuì anche l’arrivo di nuovi ordini religiosi e
militari, come i Cavalieri del Santo Sepolcro, i Templari e gli Ospedalieri.
Quando si insediarono in città anche gruppi provenienti dalla Penisola,
fu ingrandita la cinta muraria, della quale si conservano alcuni resti
nel quartiere Castellina. La peste del 1348 decimò la popolazione
e sembra che in questa occasione sia stato trovato il vessillo della
Madonna delle Vittorie, che divenne poi patrona della città.
Nei secoli successivi si alternarono momenti di regressione e di
espansione. I primi si verificarono quando alcuni feudatari ottennero
di poter popolare alcuni casali vicini, come Valguarnera, San Michele
di Ganzeria, Niscemi e San Cono. I secondi quando la città fu posta
a capo di una “comarca”, che comprendeva sei feudi vicini. Furono
costruiti magnifici palazzi, chiese, conventi ed un ospedale, così che
Piazza ottenne l’appellativo di “città opulentissima” dall’imperatore
Carlo V.
Quando però diverse famiglie di dignitari si trasferirono a Palermo e a
Napoli, sedi delle corti, iniziò per Piazza un lento declino.
48
50. PIAZZA ARMERINA
P er visitare la città, l’itinerario può iniziare da Piazza Cascino,
dove è possibile posteggiare l’auto e dove si trova il grande
monumento dedicato al generale.
Proseguendo per Via Garibaldi si incontrano sulla destra il teatro e
la Chiesa di San Giovanni Battista, oggi sconsacrata, fatta costruire
dai cavalieri gerosolimitani in stile gotico. Splendidi sono il suo portale,
le finestre e nell’interno gli affreschi del Borremans. Sulla sinistra si
staglia, su un’ampia scalinata, la Chiesa di Santo Stefano, dall’alta
facciata scandita da due lesene laterali, da un portaletto barocco ed
in alto da tre fornici aperti per le campane. Si prosegue fra palazzi
e varie chiese fino a Piazza Garibaldi, vero centro cittadino, dove si
affacciano il Palazzo Comunale e la Chiesa di San Rocco (chiesa di
Fundrò), con un bel portale lavorato, entrambe costruite nella calda
pietra arenaria locale e nello stesso stile. Si sale quindi per Via Vittorio
Emanuele, attraverso magnifici palazzi e chiese, fra le quali quella di
Sant’Ignazio, caratterizzata da una bella scalinata e con l’annesso
convento dei Gesuiti. Quasi di fronte sta la monumentale Chiesa di
Sant’Anna dalla facciata convessa e con finestre centinate.
Procedendo si arriva al quadrilatero Castello Aragonese, eretto
50
51. 2.2 ITINERARIO CITTADINO
nel XV sec. e contraddistinto
da torri angolari e bastioni. La
via termina sulla spianata della
Piazza Duomo, nella quale, oltre
al maggiore tempio cittadino,
prospetta anche il meraviglioso
Palazzo Trigona, dalla facciata
barocca.
Il Duomo, con un’ imponente cupola
che domina tutto il paesaggio
urbano circostante, è stato costruito
su una chiesa precedente, della
quale si notano tracce originali nei
primi due ordini del campanile,
dalle magnifiche finestre in stile
gotico-catalano, realizzate
con bianca pietra calcarea. La
costruzione, iniziata nel 1604, fu
terminata nel 1719 nel tipico stile La chiesa di San Rocco o di Fundrò
51
52. PIAZZA ARMERINA
La Chiesa Madre e la cupola
Interno della Chiesa Madre
Il Priorato di Sant’Andrea
52
53. 2.2 ITINERARIO CITTADINO
barocco. Il suo magnifico portale scolpito assume il colore dell’oro nelle
ore del tramonto. Nel maestoso interno ad una navata si conservano
opere di pregio, come il quadro con la Madonna bizantina collocato
nell’altare maggiore, a sua volta ricco di marmi policromi. Sembra che
questa Madonna sia stata regalata dal papa Nicolò II al re Ruggero,
in occasione della liberazione della Sicilia dagli Arabi. Nel tempio si
conservano inoltre: presso l’ingresso, la tomba di Laura de Asaro; nel
battistero, una bella arcata gaginiana; nella cappella a sinistra del
presbiterio, un magnifico crocifisso su tavola (1485) di uno sconosciuto
Maestro della Croce di Piazza Armerina; infine belle tele e un ricco
tesoro con arredi sacri e paramenti vari.
Tanti altri sono i monumenti, dai palazzi con i magnifici balconi
barocchi sostenuti dai tipici mensoloni alle chiese, molte
delle quali purtroppo in cattivo stato di conservazione.
Particolarmente suggestive sono le stradine e gli ambienti
ricchi di storia.
Presso Piazza Cascino merita una visita anche la Chiesa
di San Pietro, dall’aspetto austero e dal ricco interno,
,
importante specie per il soffitto a cassettoni e alcune
sculture della scuola dei Gagini. Attiguo alla
chiesa, si trova l’ingresso alla villa comunale,
dalle cui alture si possono godere ampie vedute
della città.
Fuori città comunque di elevato interesse sono altre
due chiese, sia per la loro storia che per le bellezze
artistiche. Nei pressi del colle Armerino dove sorgeva
l’antica città, si trova l’Eremo di Santa Maria della
Eremo
Platea e l’antico Priorato di Sant’Andrea, eretto nel
1096. Notevoli sono i suoi portali ogivali, sia nella
facciata che nei fianchi, e gli affreschi del XII e
XIII secolo, nelle pareti interne.
Il monumento al Trigona ed il palazzo omonimo
53
54. 2 . 3 I L M U S E O D E L L E M E R AV I G L I E
A circa 300 metri in linea d’aria dalla celebre Villa Romana del
Casale, dove si possono ammirare i mosaici di epoca tardo
imperiale fra i più belli del mondo, dichiarati dall’Unesco
Patrimonio dell’Umanità, all’interno di una villa settecentesca si trova un
prezioso museo, voluto da Enzo Cammarata ed inaugurato nell’ottobre
del 2008.
Fin dalla metà del Settecento, i membri della famiglia Cammarata,
come si usava un tempo in tante altre famiglie, spinti dall’amore per
il bello, dal senso di ospitalità verso i viaggiatori stranieri e mossi dai
legami di amicizia e dalle fitte relazioni epistolari con studiosi europei
e cultori di arte e scienze, raccolsero e collezionarono mobili ed oggetti
d’epoca di grande valore e rarità. Fu l’antenato Domenico Cammarata,
erudito piazzese della metà del XIX secolo, ad iniziare questa raccolta.
Enzo, animato da una grande passione per la cultura del passato e
coadiuvato dalla moglie Agata, l’ha incrementata, dando vita ad una
collezione degna di apprezzamento per la pregevole rilevanza storico-
artistica. Nel museo, oltre a mobili risalenti al periodo rinascimentale,
al Settecento, al neoclassicismo e a tutto l’Ottocento, sono esposte
ceramiche medievali e di varie epoche, resti di sculture di epoca
romana e di periodi successivi, dipinti, stupendi micro-mosaici, collezioni
di marmi e pietre dure, oggetti con intarsi in legno, splendide opere
d’arte orientale e, ancora, collezioni di libri, stampe antiche, bronzi. Si
tratta di elementi artistici riconducibili alle diverse culture che hanno
avuto legami, in epoche varie, con la ricca terra di Sicilia. Fra i mobili di
pregio, che suscitano l’attenzione dei visitatori,
si trovano: un salotto in stile Luigi XV; due
vetrine a semiluna Luigi XIV in legno
laccato e dorato, di fabbrica romana;
un leggio da coro del XVIII secolo; un
monetiere, con applicazioni a sbalzo,
in avorio. Fra le sculture di maggiore
rilevanza artistica si segnalano
una testa di fanciullo, attribuita a
Francesco Laurana e un gruppo
marmoreo che rappresenta Ercole
bambino con l’oca, attribuibile
,
a Michelangelo. Di notevole
interesse sono, inoltre, una
maiolica dipinta che raffigura
una Madonna con Bambino, di
Luca della Robbia e un cratere
a campana a figure rosse, con
l’immagine di Ercole che uccide il
centauro Nessos da una parte, e,
dalla parte opposta, quella di un
Satiro che insegue una menade.
Le diverse stanze, del cosiddetto
piano nobile, prendono il nome
ognuna dai pezzi di particolare Testa di fanciullo attribuita al Laurana
54
55. importanza in esse
contenute. A questi locali,
collegate da una scala
in marmo, si aggiungono
le salette del piano
superiore, impreziosite
da pezzi in maiolica. Una
splendida camera da letto
con mobili d’epoca chiude
la collezione. La struttura
è dotata anche di servizi
per l’accoglienza di Ercole bambino con oca
gruppi e di comitive, che
scelgono di trascorrere
una gradevole giornata
a Piazza Armerina in un
contesto paesaggistico ed
ambientale di eccezionale
qualità.
Enzo Cammarata
Cratere a figure rosse
La visita al museo è a pagamento e prevede i seguenti orari:
in estate dalle ore 9,00 alle 19,00
in inverno dalle ore 9,00 alle 17,00.
Info: Villa delle Meraviglie - C/da Casale - 94015 Piazza Armerina
Tel/Fax +39 0935 689055 - www.villadellemeraviglie.it
info@villadellemeraviglie.it
Il piano superiore
55
56. PIAZZA ARMERINA
L’ avvenimento folkloristico
di maggiore richiamo,
fra le feste della città,
è sicuramente il Palio dei
Normanni. Istituito nel 1952, si
svolge a Piazza Armerina fra il
13 e il 14 agosto.
La manifestazione rievoca
un avvenimento che risale al
lontanissimo 1091, quando il
Gran Conte Ruggero regalò
alla città di Piazza Armerina
il labaro raffigurante Maria
SS. Delle Vittorie, a sua volta
ricevuto in dono come buon
auspicio nella lotta contro i
Saraceni che dominavano la
Sicilia.
Le celebrazioni cominciano Cortili e balconi fioriti
il giorno 12 con la lettura
del Pubblico Bando eseguita, per le vie della città di Plutia (Piazza
Armerina), da un banditore. Il giorno 13 si rievoca l’ingresso in città del
conte Ruggero al quale, accompagnato dalle sue truppe a cavallo e
a piedi e dalla sua corte, nella centrale piazza del Duomo, vengono
consegnate le chiavi della città. Successivamente il corteo storico, formato
da circa 450 figuranti, si snoda per le medioevali vie della città.
Il giorno seguente è dedicato allo svolgimento del Palio o Quintana,
una gara fra i quattro quartieri in cui è divisa la città: Monte, Canale,
Castellina e Casalotto. I cavalieri con mazza e lancia devono colpire
un bersaglio: il Moro. Il quartiere che totalizza più punti riceve il Palio,
Gara del Palio dei Normanni
56
57. 2 . 4 F O L K L O R E - I L PA L I O D E I N O R M A N N I
cioè il vessillo nel quale è rappresentata la Madonna delle Vittorie, che
verrà conservato per tutto l’anno nella chiesa del quartiere.
Un’altra ricorrenza folkloristica, che generalmente si svolge nella
seconda metà del mese di maggio, è la manifestazione dei Cortili e
balconi fioriti, durante la quale i balconi, i cortili e le strade vengono
addobbati con fiori e piante. In Piazza Garibaldi una squadra di fioristi
prepara una serie di bozzetti fioriti che riproducono i monumenti locali.
Durante questi giorni si svolgono, inoltre, manifestazioni culturali, mostre
d’arte, esposizioni di prodotti di artigianato e sfilate di sbandieratori
e gruppi in costume.
Il corteo storico
57
60. 3 E N N A
E nna è una bella città dalle origini antichissime. Capoluogo
di provincia più alto d’Italia, è definita anche “Belvedere di
Sicilia” poiché arroccata su un alto sperone roccioso (948 m.)
da cui si gode un panorama vastissimo.
Per la sua posizione nel centro dell’isola fu nominata da Callimaco
Umbilicus Siciliae (“Ombelico della Sicilia”) e da Tito Livio Urbs
inexpugnabilis (“Città inespugnabile”) come a voler mettere in
risalto la funzione strategica del luogo, sempre più protetto per
farne una roccaforte.
La nebbia cinge di frequente Enna, proprio per la sua altezza,
tanto che essa viene chiamata familiarmente “la paesana”, ma
nelle limpide giornate lo sguardo può cogliere il panorama
di un’immensa porzione della Sicilia fino al lontanissimo mare.
Suggestivi appaiono i profili di tanti centri urbani che dall’altura
si scorgono (Calascibetta, Leonforte, Àssoro). I primi abitanti della
città furono i Sicani i quali, spinti dai Siculi, si rifugiarono sul
monte Henna. Passò quindi sotto l’influenza greca, specie quella
proveniente da Gela; si alleò successivamente con Siracusa contro
Cartagine, anche se conservò sempre una certa autonomia. I nuovi
padroni furono i Romani che la chiamarono “Castrum Hennae”
(“Campo fortificato di Enna”), mentre per gli Arabi fu “Qasr
Yannah”, dopo la conquista cristiana tradotto in Castrogiovanni,
nome che tenne fino al 1927 quando, dichiarata Capoluogo di
Provincia, prese il nome attuale di Enna. Sotto i Bizantini divenne
un’importante fortezza che dominava un esteso territorio che
fungeva da granaio dell’isola.
Nell’859, dopo un lungo assedio, il maniero fu espugnato dagli
Arabi che lo elessero come sede di un emirato, dando il via ad
un periodo di prosperità. Quando i Normanni, capeggiati dal
Conte Ruggero, cominciarono la conquista della Sicilia, anche Enna
fu cinta d’assedio e nel 1088, dopo parecchi anni di resistenza,
grazie ad un tradimento, cadde in mano normanna.
Sotto i Normanni, con il gran Conte Ruggero, fu ripristinata la
fortezza e tutto il suo sistema difensivo. Vi fu inoltre insediata una
guarnigione di soldati Lombardi dal quale deriva la denominazione
di “Castello di Lombardia”. La città divenne importante sotto il
regno di Federico II d’Aragona tanto che, nel 1324, fu scelta per
riunirvi il Real Parlamento Siciliano.
60
62. 3 . 2 I T I N E R A R I O C I T T A D I N O
L ’itinerario può iniziare dalla Piazza Vittorio Emanuele che
rappresenta il centro cittadino. Qui prospetta un fianco dell’antica
Chiesa di San Francesco d’Assisi accompagnata da una severa
torre quadrata aperta in basso da poderosi archi a tutto sesto, che
si ergono su un possente strato roccioso ancora visibile alla base. Nel
tempio ad una navata si trovano notevoli opere d’arte tra cui una croce
lignea attribuita a Pietro Ruzzolone e una “Epifania”, tavola dipinta del
fiammingo Simone De Wobrek.
Affacciati dall’attigua Piazza Crispi si ammira un esteso panorama
sulla vicina Calascibetta, sull’Etna, le Madonie e buona parte della
Sicilia centrale.
Si imbocca Via Roma, principale arteria cittadina, dove oltre a diversi
palazzi prospettano la neoclassica facciata del Palazzo Municipale, la
barocca Chiesa di San Giuseppe, dalla severa facciata con un portale
arricchito da due coppie di colonne che reggono un architrave scolpito
ed, in alto, una torre campanile a tre fornici.
Quasi attaccato, si trova il magnifico campanile dell’ex Chiesa di San
Giovanni Battista che, a pianta quadrata, si eleva massiccio ma allo
stesso tempo alleggerito in alto da una stupenda trifora gotica.
Poco più avanti si arriva a Piazza Colajanni, dove si affaccia la Chiesa
di Santa Chiara, rimaneggiata nel ‘700. Oggi Sacrario dei Caduti
nelle guerre, si presenta con un’alta facciata divisa in due ordini da una
fascia marcapiano e ai lati da due coppie di lesene
Di fronte, in un cortile, si trova il magnifico Palazzo Pollicarini, dove si
ammirano ancora elementi architettonici del periodo gotico-catalano.
Chiesa di Santa Chiara
62
63. 1.1 VILLA ROMANA - LA SCOPERTA
Castello di Lombardia e statua di Euno
63
64. 3 . 3 I L D U O M O
P roseguendo si arriva presso il Duomo, il maggiore monumento
religioso della città. Voluto da Eleonora d’Aragona, moglie di
Federico II, fu eretto in forme gotiche delle quali restano le
possenti absidi poligonali, abbellite da monofore dalle lavorate cornici
e da splendide colonnine nelle strombature.
Nella sezione laterale, che s’affaccia su Piazza Mazzini, si apre il bel
Portale di Porta Sottana dove, su due coppie di colonne scanalate con
capitelli compositi, l’architrave reca una bella scultura marmorea: il
bassorilievo con San Martino che dona il mantello al povero (opera
dello scultore-architetto Iacopino Salemi). Interessante è anche il portale
“porta santa”, oggi murato, dove oltre all’arco gotico-chiaramontano
a denti di sega, nella parte alta si nota entro una nicchia una Madonna
con Bambino del XV sec..
Nell’interno a tre navate, divise da due serie di colonne che sostengono
archi gotici, si trova un’ incredibile sequenza di capolavori. Interessante
è il tetto ligneo, costituito da cassettoni intercalati a rosoni, a travi
istoriate e fregi, stupenda opera attribuita a Scipione di Guido. Molto
belle, nella navata centrale, sono le cantorie lignee con statue degli
apostoli, il pulpito marmoreo, il coro ed il lavoratissimo fercolo, sul quale
è portata in processione la statua della Madonna della Visitazione,
patrona della città.
Fra i lavori di marmo
si ricordano le statue
dell’Annunciazione, poste ai
lati della porta mediana, le
acquasantiere, le colonne ed i
capitelli, specie la colonna del
Gagini, dove sono scolpiti putti,
grifi, foglie d’acanto e animali
fantastici. Nella cappella
della Visitazione magnifico è il
rivestimento in marmi policromi.
Notevoli sono anche i dipinti fra
i quali si ricordano alcune tele
del Paladino e del Borremans,
un Crocefisso su tavola e un
affresco, la “Madonna del
Melograno” del XV secolo.
Nella sagrestia è possibile
ammirare un magnifico armadio
(“casciarizzo”, in dialetto), in
noce intagliato, le cui stupende
sculture raffigurano scene della
vita di Cristo.
Il Duomo
64
65. Navata centrale Il tetto a cassettoni
Particolare della cupola
Portale di Porta Sottana
65
66. 3 . 2 I T I N E R A R I O C I T T A D I N O
Dietro il Duomo, ospitato nel palazzo della Canonica, oltre una
magnifica inferriata finemente lavorata, si trova il Museo Alessi, dal
nome del canonico Giuseppe Alessi che nell’800 iniziò la collezione.
Nella pinacoteca si trovano icone bizantine, tavole dipinte ed altre
opere di diversa provenienza, mentre nel corridoio sono esposte
stampe a rame.
Nel piano interrato si trova il tesoro del Duomo costituito da arredi
sacri, paramenti e oggetti in oro tra i quali una corona della Madonna
ed il Pellicano. La prima è in oro traforata con smalti policromi,
diamanti, rubini e smeraldi; il secondo è forse il gioiello più interessante
del museo, con una meravigliosa acquamarina al suo interno che
rappresenta Cristo, donato dalla famiglia Grimaldi alla Madonna. Il
pellicano è un animale che, per il suo sacrificio, simboleggia quello
unico di Gesù. Di rilevante interesse è anche l’ostensorio di Paolo Gili.
Nel Museo si trova inoltre una raccolta numismatica con belle monete
greche, romane e bizantine e la raccolta archeologica costituita da
reperti di varie epoche, tra le quali statue fittili, ceramiche e lucerne.
Per chi volesse avere una visione più completa della storia di Enna, vale
la pena visitare il Museo Archeologico Regionale, allestito nelle belle
sale del Palazzo Varisano, dove sono raccolti reperti archeologici di
Enna e della provincia, particolarmente corredi funerari di necropoli.
Il materiale più importante proviene dalla zona attorno al lago di
Pergusa, dove si sono trovati reperti che risalgono addirittura all’età
del Rame. Attualmente i due musei sono momentaneamente chiusi al
pubblico.
Le absidi del Duomo
66
68. 3.4 IL CAS T E L LO LO M BA R D I A
S i prosegue quindi per Via Roma fino ad arrivare al Castello di
Lombardia, una delle più interessanti fortificazioni dell’isola.
É protetto da una scoscesa scarpata su più lati nonché da un’ampia
cinta di poderose mura, tali da racchiudere una vasta superficie di 27
kmq. Dal lato meno ripido la fortificazione aveva un ponte levatoio con
fossato, oggi inesistente. La sua pianta irregolare conserva sulle cortine
solo sei delle circa venti torri originarie. Tre gli ampi cortili contigui
del complesso, muniti di mura. Nel primo, denominato “piazza degli
armati” (o “di San Nicola”), è stato allestito un teatro all’aperto per
manifestazioni che generalmente si tengono nel mese d’agosto. Il
secondo, detto delle “vettovaglie”
(o “della Maddalena”) era
utilizzato per l’ingresso
di abbondanti viveri,
necessari anche a
sostenere l’isolamento
causato dai frequenti
assedi. Il cortile più
fortificato è il terzo
chiamato “piazzale di
San Martino” (o “dei
Condottieri”); cuore
della fortezza è
oggi quello meglio
La torre del Castello
68
69. conservato. Da qui si accede al mastio: la Torre Pisana, così chiamata
perché i pisani, che facevano parte dell’esercito dei Normanni, avevano
il compito di difenderla. Dalla sua postazione è godibile uno dei più
vasti panorami della Sicilia centrale: le Madonie e i colli Erei, la valle del
Dittaino e l’Etna. Al centro della corte rimangono le fondamenta di una
chiesa ed di un pozzo d’acqua. Delle cinque torri che la difendevano,
oltre alla Torre della Zecca (o “del Tesoro”), ricordiamo “Torre delle
Aquile”: le avevano attribuito questo nome perché dai suoi merli gli
avvoltoi avvistavano le prede. Nei pressi del castello, su uno sperone
roccioso, si notano i resti del Tempio di Cerere, la dea delle messi
venerata in età romana e luogo di misteri legati ai riti eleusini.
Interno di uno dei cortili
La rocca di Cerere
69
70. 3 . 2 I T I N E R A R I O C I T T A D I N O
Ci sono altri monumenti da vedere ad Enna e fra questi la Chiesa
di san Cataldo, che si erge in Piazza Matteotti. Il tempio è stato
restaurato nel XVII secolo. Nel suo interno ad una navata si trovano
numerose opere artistiche, fra le quali un’ancona marmorea attribuita
a Giandomenico Gagini, una croce lignea dipinta del ‘500 e varie tele.
Altre chiese interessanti sono quella delle Anime Sante, dalla facciata
in stile barocco e il soffitto affrescato dal Borremans, e quella di san
Tommaso, con elementi gotico-catalani nel campanile e all’interno un’
ancona marmorea del Mancino.
Proseguendo per Via Roma e poi per Via IV Novembre, si arriva
alla Torre di Federico II. Situata in un magnifico giardino, su un dosso
roccioso, fu costruita su elementi precedenti e restaurata da Federico
d’Aragona. Secondo qualche studioso locale, la torre a pianta
ottagonale sarebbe un osservatorio geodetico. É certo comunque che,
oltre a garantire adeguate difese, fu una delle residenze venatorie
preferite dall’imperatore.
Interessante può essere una passeggiata nel quartiere di Fundrisi, antico
borgo una volta popolato dagli abitanti del Borgo Fundrò, distrutto nel
1396 dal re Martino d’Aragona, il quale deportò gli abitanti rivoltosi
nell’antica Castrogiovanni. Il borgo Fundrisi ha conservato nel tempo sia
il suo particolare dialetto, sia la struttura medievale. E’ qui che si trova
anche la porta di Ianniscuro, l’unica rimasta delle cinque che si aprivano
nella cerchia urbana della città. Nei dintorni è ubicata anche la grotta
della Spezieria, dove si trovano ancora le cellette in cui venivano poste
statuette votive. Nella parte alta si trovano
i resti della Chiesa dello Spirito Santo,
dove si conservano affreschi di epoca
incerta e nei pressi resti di mura
della fortificazione greca. Da qui
si gode un immenso panorama di
Enna che nelle chiare giornate
abbraccia anche l’Etna.
Sempre nella zona di Enna Monte
si trova l’ampio spiazzale con la
Chiesa di Monte Salvo e, lungo
il costone del colle, il Santuario
di Papardura, ricco di stucchi
Papardura
serpottiani e di un soffitto
ligneo a cassettoni, scolpito ed
istoriato, molto ben conservato.
Notevoli sono anche le pale
d’altare, il paliotto dell’altare
e gli ex voto. Immenso il
panorama che si apre dalla
facciata. Da qui inizia la
processione che si tiene la
domenica delle palme.
70 La torre di Federico
72. 3.5 FOLKLORE - SETTIMANA SANTA
S icuramente la festa più sentita e seguita ad Enna è quella della
settimana santa la quale comincia la Domenica delle Palme
con la sfilata delle confraternite che si recano al Duomo e con
la distribuzione di rametti di ulivo e di palme. La festa raggiunge il
culmine il venerdì santo con la solenne processione fra le stupende vie
medioevali di Enna.
Il venerdì santo nel primo pomeriggio, nella Chiesa del SS Salvatore,
la confraternita del Crocifisso provvede a prendere il corpo del Cristo
da un’urna di cristallo e a portarlo nel Duomo. Centinaia sono i confrati
che si preparano a questo specifico compito, tramandando questo ruolo
da padre in figlio.
Alle ore 17, le diverse confraternite partono ciascuna dalla propria
chiesa per recarsi prima nella chiesetta dell’Addolorata, per rendere
omaggio alla Vergine che già è stata sistemata sulla “vara” (così viene
chiamato in dialetto il fercolo sul quale è posta la statua) e poi al
Duomo, il luogo dell’assembramento. Qui arriva quindi la vara della
Madonna, seguita da una banda che intona musiche intrise di mestizia
e di dolore, come impone questo momento. Da qui alcune migliaia di
confrati, come guidati da una grande regia, iniziano a disporsi per
la lunga e solenne processione, portando a spalla le due vare con i
simulacri del Cristo morto e della Madonna dei sette dolori. I confrati,
incappucciati, portano ceri accesi ed indossano la mantella con i
colori della confraternita di appartenenza. Ognuna porta il proprio
stendardo e su un vassoio i simboli della passione del Cristo.
Alla processione partecipa anche il coro dei ‘mbriachi, i quali cantano i
lamintanzi che rievocano la passione di Gesù.
Così i due simulacri, avvolti dalle tenebre della notte, sono fatti
marciare per le vie della città a passo cadenzato, con una caratteristica
“annacata”, fra due immense ali di folla, di devoti e di turisti, fino alle
prime luci dell’alba.
FESTA DI MARIA S.S. DELLA VISITAZIONE
La festa di Maria S.S. della Visitazione, patrona della città, si svolge
il 2 luglio. La statua, che raffigura la Madonna con un bambino tra le
braccia, è racchiusa nella nicchia della cappella absidale destra del
Duomo. Acquistata nel 1412 a Venezia, dal 29 giugno di ogni anno
viene portata sull’altare maggiore dove rimane fino al giorno del suo
festeggiamento. Il simulacro, posto sulla “nave d’oro” (così è chiamato
il fercolo), è portato a spalla da 124 confrati che camminano scalzi.
Suggestivo il momento in cui le due statue di Santa Elisabetta e di San
Zaccaria vanno incontro alla Madonna. Nella chiesa di Montesalvo la
Vergine rimane 15 giorni. Sarà poi riportata nel Duomo. La nicchia verrà
aperta al culto l’11 gennaio di ogni anno in segno di ringraziamento:
il terribile terremoto dell’11 gennaio del 1693, che prevalentemente
distrusse i paesi della Sicilia orientale, non toccò minimamente la città
di Enna.
72
73. Le confraternite del Venerdi Santo
Qui e nella pag. seguente: la statua della Madonna dei sette dolori
73
74.
75.
76. 3 E N N A
F amoso lago della Sicilia centrale, nella mitologia fu teatro del
rapimento di Proserpina da parte di Plutone.
Della sua bellezza originale rimane ben poco poiché per molti
secoli, purtroppo, ha subito le offese dell’uomo, tanto che lungo il suo
anello vi è stato addirittura costruito un autodromo attrezzato di tutto.
Le sue acque sono leggermente salmastre e la sua profondità è di circa
4-5 metri. Non ha immissari né emissari, quindi le sue acque sono dovute
a risorgive.
76
77. 3 . 6 I L L A G O D I P E R G U S A
Nonostante il continuo inquinamento, vi si trovano fra le canne
anatre e folaghe.
Periodicamente le sue acque si colorano di rosso (ogni 10 anni
circa) per la presenza di batteri solforati che producono, durante
il loro processo digestivo, idrogeno solforato. Quando verso la fine
del periodo estivo la concentrazione di questi batteri raggiunge il
massimo della concentrazione, si manifesta il tipico arrossamento
delle acque.
Il lago di Pergusa
77
80. 4 M O R G A N T I N A
A quattro chilometri da Aidone, in località Serra Orlando, un
pianoro dei monti Erei, in un luogo ameno e panoramico sorge
l’antica città di Morgantina. Gli scavi di Morgantina hanno
messo in luce un villaggio di origine antichissima, i cui abitanti originari
si suppone siano stati i Morgeti, un popolo italico che, assieme ai
Siculi e in periodi differenti, sono scesi nell’Italia meridionale in tempi
protostorici, costringendo i Sicani, che abitavano questi territori, a
spostarsi verso la costa occidentale della Sicilia. Di questo periodo
restano tracce nella zona di san Francesco e di Cittadella; si tratta
per lo più di resti di capanne a base circolare o rettangolare. Nel
VII secolo a.C. entrano in scena i Greci che, dopo la fondazione
di diverse città costiere, iniziano una espansione verso l’interno
ed arrivano fino a Morgantina, dove si mescolano agli indigeni e
cominciano ad organizzare una vera città con le caratteristiche
delle polis greche. Questa prima città, uno degli esempi migliori di
centri ellenizzati della Sicilia interna, fu distrutta più volte e sempre
ricostruita. Una prima volta fu distrutta da Ippocrate di Gela (500
a.C.), che voleva assoggettare tutte le colonie greche calcidesi, come
Morgantina, e successivamente dalle comunità sicule (Siculi, Morgeti,
Sicani) che si erano coalizzati, sotto la guida di Ducezio, contro la
politica espansionistica greca. Con la sconfitta di Ducezio a Nome
nel 450 a.C., il sogno di autonomia dei Siculi non si realizzò mai
più.Quando, dopo le lotte fra Siracusani ed Ateniesi nel 427 a.C.,
fu proclamata l’autonomia delle città di Sicilia dalla madrepatria
Grecia, Morgantina fu assegnata a Camarina, dietro pagamento di
una certa somma di dracme. In questo periodo (IV sec a.C.) la città
si arricchisce di vari monumenti, civili, politici e religiosi e di mura
difensive. Successivamente con Agatocle, tiranno di Siracusa, furono
sistemati l’agorà e i santuari delle divinità ctonie (Demetra e Kore) e
fu edificato il nuovo quartiere ellenistico-romano. In questo periodo di
splendore fu l’unica città dell’entroterra siciliano ad emettere moneta.
Ma quando la città si ribellò a Roma, durante le guerre puniche, il
console Claudio Marcello la distrusse e assegnò Morgantina a degli
ausiliari spagnoli, che erano passati con i Romani. Fu in questo periodo
che furono coniate delle monete dagli Hispani, che hanno permesso
agli archeologi di Princeton di identificare il sito di Serra Orlando con
la città di Morgantina. Quando la Sicilia divenne provincia romana,
la città fu classificata decumana, costretta a pagare a Roma il 20%
del raccolto, cioè una doppia decima. Infine quando, durante le
guerre civili, Morgantina si schierò contro Ottaviano, subì da questi
la definitiva distruzione e quindi l’abbandono del sito.
Strabone all’inizio dell’età imperiale parla di Morgantina come di
una città che “una volta esisteva, ma che ora non esiste”.
80
81. 4 . 1 I N T R O D U Z I O N E
La fontana monumentale
Il santuario Ctonio
Il Macellum o mercato
81
82. M O R G A N T I N A
E ntrando nell’area archeologica si visita subito l’”Agorà”, un ampio
spazio aperto, circondato da tre lati da portici lunghi 100 metri,
una volta centro vitale della vita sociale.
Questi portici (stoai), che avevano dei colonnati ai lati esterni e
all’interno dei pilastri, dei quali si notano i resti e che sorreggevano
tetti a doppio spiovente, avevano funzioni diverse: quelli ad est erano
destinati ad attività politiche, quelli del lato ovest erano destinati ai
commerci, con delle botteghe ai lati che si aprivano sull’agorà. Quelli
del lato nord servivano certamente come “gymasion”, luogo adibito
alle attività sportive. In questi ultimi portici nel periodo romano furono
ricavati alcuni vani per botteghe. Presso l’ingresso si nota una grande
fontana con doppia vasca. Questa fontana, alimentata da una sorgente,
era sicuramente un importante luogo di incontro, in quanto consentiva
a chiunque di dissetarsi e di fornirsi di acqua per i bisogni domestici.
La piazza, essendo il suo piano in leggera pendenza, fu divisa in due
da una scala trapezoidale di quindici gradini, che ha dato luogo a due
82
83. 4. 2 VI S I TA DE L L’ A R E A AR C H E O LO G I C A
Il Bouleuterion
La scala trapezoidale
83
84. 4 .2 VI S I TA DE L L’ A R E A AR C H E O LO G I C A
Casa del capitello dorico
“Eyexe” Il benvenuto
zone differenti aventi funzioni diverse: una quelle politico-commerciali
e l’altra quelle religiose. La stessa scala, che costituisce una stupenda
quinta architettonica, fungeva da “ekklesiasterion”, (il luogo delle
assemblee cittadine), con annesso un “bema”, il piedistallo di pietra
da cui parlavano gli oratori.
Accanto al Ginnasio si trova un ambiente a pianta quadrangolare che
si pensa sia il “bouleterion”, luogo di riunione del senato della città.
Questo era l’organo più importante della comunità ed aveva funzione
legislativa, esecutiva e giudiziaria. Accanto si nota una “taberna”, una
sorta di bar moderno, adibita alla vendita del vino. Si notano ancora
i sedili in pietra e i sostegni per la tavola. Proseguendo verso nord si
trova il “macellum”, ampio spazio destinato alla vendita di generi
alimentari. Si notano ancora le botteghe che circondano un cortile
porticato con al centro una struttura a tolos di uso finora ignoto. Si nota
84
86. M O R G A N T I N A
pure l’ingresso del mercato
con due locali che
contenevano le statue delle
divinità che proteggevano
il mercato.
Poco più avanti si trova
un ambiente composto
da due settori a pianta
rettangolare: si tratta del
Santuario Ctonio, dedicato
alle divinità legate alla
terra (Demetra, Proserpina
e Kore o Cerere). Esso era
delimitato da un muro di
temenos e comprendeva
alcuni altari ed anche una
fornace per la produzione
di statuette votive in
terracotta. Si nota ancora
un recinto circolare con
dentro un altare cilindrico,
sul quale poggiava la
statua della dea.
La fornace È da questa area sacra che
proviene la maggior parte
dei busti fittili di divinità e di ex voto rinvenuti a Morgantina.
Anche il vicino teatro risale all’incirca al IV secolo a.C. e poteva
contenere fino a 5000 spettatori. Posto sul fianco della collina, era
costruito e non scavato nella roccia, come tanti altri teatri siciliani. Si
ha quindi una cavea adagiata sul terrapieno artificiale, trattenuto
da grosse mura e da contrafforti interni. La cavea è divisa da cinque
scale verticali ed in sei settori radiali. Ogni settore era dedicato ad
una divinità, infatti sul terzo gradino dall’alto è possibile leggere una
dedica da parte di Archelao, figlio di Eukleide al dio Dioniso.
Grazie alla particolare acustica e all’impegno della Provincia Regionale
di Enna e di Capua Antica Festival, ogni anno nel periodo estivo questo
superbo teatro torna a rivivere, ospitando le rappresentazioni classiche
del circuito nazionale “Teatri di Pietra”.
Nella parte opposta all’agorà si trova un lungo edificio con grandi
ambienti di diverse dimensioni. Si è supposto che siano i magazzini per
la conservazione del grano e dei cereali, forse il pubblico granaio
per l’ammasso del grano riservato alle tasse a Siracusa prima e poi a
Roma. Nella parte più bassa si trovano due fornaci, di una delle quali
si nota ancora il cunicolo dove ardeva la legna ed il piano di cottura
dei mattoni destinati all’edilizia.
Nella parte orientale dell’agorà, prima dei quartieri residenziali, si
trova un ambiente rettangolare, un edificio pubblico che si suppone
sia il “pritaneo” (prytaneion), luogo di riunione dei magistrati e di
86
87. 4.2 VISITA DELL’AREA ARCHEOLOGICA
accoglienza dei personaggi illustri.
Nei pendii ad est e ad ovest si trovano i quartieri residenziali, e proprio
vicino al pritaneo, si trova la casa del saluto, conosciuta anche come
casa del capitello dorico, per l’iscrizione a mosaico “EYEXE” (stai
bene). In essa, oltre ad un quadriportico colonnato, sono stati rinvenuti
pavimenti in cocciopesto con mosaici.
Poco oltre si trova la casa di Ganimede, una delle più eleganti dimore
di Morgantina. L’abitazione presenta un peristilio rettangolare, che,
con le sette colonne sui lati lunghi e tre sui lati corti, circonda un cortile
per la raccolta delle acque piovane. Nell’ambiente che dà il nome alla
casa si nota un mosaico raffigurante il ratto di Ganimede, mentre le
pareti conservano tracce di intonaco dipinto in rosso.
Le numerose abitazioni che si possono visitare denotano tutte lo stato
sociale raggiunto dal proprietario, fra esse si ricordano la casa della
cisterna ad arco, una delle più grandi e lussuose case di Morgantina
dove si notano ancora alcune camere con mosaici splendidi, la casa
delle monete d’oro, la casa delle antefisse, la casa dei capitelli
tuscanici, la casa del magistrato.
Alcune dimore, appartenenti sicuramente a proprietari benestanti
hanno ambienti con pavimenti a mosaico o in cocciopesto, nei quali i più
svariati disegni, ispirati a motivi geometrici o naturalistici, sono la prova
della maestria degli artigiani del tempo.
Nella parte più esterna si vedono gli scavi della Casa di Eupolemo,
dove sono stati saccheggiati una ricca ed originale collezione di
argenti. Argenti che dopo molti anni trascorsi nei musei americani,
sono finalmente rientrati a Aidone, per poterli ammirare in tutto il loro
splendore.
Iscrizione di un gradino del teatro greco
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