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PIAZZA
ARMERINA
VILLA ROMANA
 DEL CASALE
    ENNA
 MORGANTINA




   edizioni   enjoy
E D I T O R I A L E


E      ntrare alla Villa Romana del Casale è come partecipare a uno
       dei più memorabili e straordinari appuntamenti con la storia della
       Sicilia. Storia che racconta l’epoca romana imperiale in tutti i
suoi aspetti: le tradizioni e le abitudini di vita, guerre, amori e piaceri
ma anche leggende, avvenimenti epici e mitologia. E’ come un cinema
all’aperto sparso su 3.500 mq dove i fotogrammi sono composti da
mosaici. È la Villa Romana del Casale insignita nel 1997 dall’Unesco del
titolo PATRIMONIO DELL’UMANITA’. Dalla “Glorificazione di Ercole” alla
“Grande Caccia”, dallo splendore delle Terme ad un magnifico verde
che circonda a 360° la stessa, qui è rappresentato il reale e magnifico
volto dell’antica Roma del IV secolo che custodiamo ormai da millenni
nella nostra amata Sicilia. Consapevole che non si può rendere solo con
le parole, l’editore con questo libro vuole tuttavia offrire al visitatore la
descrizione e una chiave di comprensione di questo tesoro della storia e
dell’arte insieme.

                                                                   L’editore.




            ENNA




            PIAZZA    AIDONE
          ARMERINA
Particolare della sala degli Eroti pescatori
I N D I C E

1. VILLA ROMANA DEL CASALE.................................................................                                    6
   1.1 INTRODUZIONE................................................................................................            8
   1.2 PRIMA SEZIONE...............................................................................................           16
   1.3 SECONDA SEZIONE........................................................................................                24
   1.4 TERZA SEZIONE................................................................................................          34



2. PIAZZA ARMERINA................................................................................                            46
   2.1 INTRODUZIONE................................................................................................           48
   2.2 ITINERARIO CITTADINO..................................................................................                 50
   2.3 IL MUSEO DELLE MERAVIGLIE........................................................................                      54
   2.4 FOLKLORE-IL PALIO DEI NORMANNI...........................................................                              56



3. ENNA......................................................................................................                 58
   3.1 INTRODUZIONE................................................................................................           60
   3.2 ITINERARIO CITTADINO..................................................................................                 62
   3.3 IL DUOMO.........................................................................................................      64
   3.4 IL CASTELLO LOMBARDIA...............................................................................                   68
   3.5 FOLKLORE-LA SETTIMANA SANTA...............................................................                             72
   3.6 IL LAGO DI PERGUSA.....................................................................................                76



4. MORGANTINA........................................................................................                         78
   4.1 INTRODUZIONE................................................................................................           80
   4.2 VISITA DELL’AREA ARCHEOLOGICA.............................................................                             82
   4.3 AIDONE..............................................................................................................   88
   4.4 I TESORI DI MORGANTINA............................................................................                     90
   4.5 FOLKLORE-LA SETTIMANA SANTA...............................................................                             92



RINGRAZIAMENTI......................................................................................                          95




                                        PIAZZA
                                       ARMERINA
                                    VILLA ROMANA
                                     DEL CASALE
                                        ENNA
                                     MORGANTINA
Particolare della Sala delle ragazze in bikini
1.   VILLA ROMANA
      DEL C ASALE
VILLA ROMANA DEL CASALE


                             IPOTESI SUL PROPRIETARIO



    L     a visita alla Villa Romana del Casale, uno dei monumenti del periodo
          romano più importanti del mondo e per questo dichiarato nel 1997
          “Patrimonio Unesco”, è una passeggiata nella storia, che da sola
    merita un viaggio a Piazza Armerina.
    Questa stupenda e grande villa di età imperiale, con i pavimenti a mosaico
    che coprono una superficie di circa 3.500 mq., costituisce la più importante
    testimonianza della civiltà romana in Sicilia e in Italia.
    La villa, costruita fra il III ed il IV secolo d.C. da qualche ricco latifondista
    del tempo o forse dallo stesso imperatore romano Maximianus Herculius,
    comprendeva numerosi ambienti, circa 60, con funzioni differenti e disposti
    su quattro livelli per adeguarsi alle pendenze del terreno.
    L’edificio iniziale, forse una villa, in origine molto più semplice, risalente al
    II secolo d. C., è stato ingrandito nei secoli successivi ed adibito a dimora
    di campagna di qualche illustre personaggio.
    La villa, come tante altre in Sicilia, faceva parte di uno dei molti latifondi.
    Qui grandi proprietari terrieri aristocratici romani, procuratores, godevano
    dei frutti, ricorrendo agli schiavi, degli svaghi e degli ozi offerti dalla
    fertile campagna siciliana. Questa villa sorgeva ai piedi del monte
    Mangone, nella valle del fiume Gela che, assieme ad altre sorgenti,




      Particolare del Corridoio della Grande caccia




8
1.1 INTRODUZIONE

alimentava d’acqua le terme, i
bisogni della villa e l’irrigazione dei
campi. Era inoltre situata presso la
Statio Philosophiana, una stazione di
sosta e cambio cavalli, posta lungo
l’Itineraria Antonini che collegava
  Itineraria
Catania ad Agrigento.
Alcuni storici hanno supposto che
i proprietari della villa siano stati
degli aristocratici vicini alla corte
imperiale, come Rufo Volusiano,
console, o Procuro Populonio,
prefetto, piuttosto che lo stesso
imperatore Massimiano. Costui, che
proveniva dalla Pannonia ed era
di umili origini, grazie alle sue doti         Mosaico con disegno geometrico
di generale aveva ottenuto il titolo
di coreggente dall’imperatore Diocleziano, che lo aveva posto sotto la
protezione di Ercole, da cui il nome Herculius. Grazie alle sue vittorie,
Massimiano fu proclamato imperatore il 1° Aprile del 286 d.C. e fu
Augusto fino al 306, anno in cui abdicò a Milano per ritirarsi a vita privata.
Sia lo stile che le figure rappresentate nei mosaici, sia l’acconciatura dei
capelli che i copricapi di alcuni personaggi, fanno datare la realizzazione
di questi tappeti musivi al III secolo d. C. Essi sono sicuramente opera di
maestranze africane, visto che i mosaici sono paragonabili a quelli tunisini
ed algerini e che i tasselli colorati provengono dal Nord Africa, dalla
zona di Cartagine, in quel periodo all’avanguardia culturale nell’Impero
Romano d’Occidente.
Cosa curiosa è che le maestranze africane usarono tessere piccole per
gli animali (opus verniculatum), tessere più grandi per i disegni geometrici
(opus tesselatum) ed infine pezzetti di marmo per la basilica (opus sectile).




                                                        Vestibolo delle terme
                                                                                9
1.1 INTRODUZIONE

               DA DIMORA SIGNORILE A MONUMENTO UNESCO



     L
            a storia di questa villa è molto affascinante. Dopo la caduta
            dell’Impero Romano d’Occidente, con l’arrivo dei Visigoti e dei
            Vandali, la villa fu sicuramente depredata; ma quando Belisario
     la riprese ai barbari, la dimora fu nuovamente abitata, come fanno
     pensare alcuni restauri di quel periodo. Residenza di proprietari bizantini
     per alcuni secoli, la villa fu occupata successivamente dai saraceni, i
     nuovi dominatori dell’isola. Fu da allora che essa per diverso tempo fu
     chiamata Casale dei Saraceni. I successivi signori, i Normanni, continuarono
     ad abitare la villa, fin quando uno smottamento del monte Mangone non
     la coprì con una colata di fango, proteggendola per diversi secoli, ma
     facendone pure perdere la memoria.
     Le prime notizie risalgono al 1640, quando in una “Storia di Piazza”
     si accenna appunto al Casale dei Saraceni. La villa fu oggetto di scavi
     clandestini per molti anni, finché nel 1881 l’archeologo Pappalardo,
     su incarico del comune, non diede inizio ad una regolare campagna di
     scavi che portò alla scoperta del pavimento del triclinium, dove sono
     rappresentate le fatiche di Ercole. I lavori furono ripresi con Paolo Orsi
     verso la fine degli anni Venti e solo a partire dagli anni Cinquanta la
     Sovrintendenza di Siracusa, con L. Bernabò Brea, iniziò un vero lavoro
     di scavo scientifico. Questa operazione, condotta dal prof. V. Gentile,
     assistito da esperti locali, ha permesso di riscoprire in circa dieci anni
     la parte nobile della villa con i preziosi mosaici. Molti ambienti restano
     ancora da scoprire e valorizzare.
     Nel 1970, su progetto dell’architetto Minissi, è stata realizzata una
     tettoia in plexiglas a protezione dei mosaici, resi visitabili solo dopo il
     recente restauro (2008).
     Essendo la villa costruita sul declivio del monte Mangone, presenta le
     caratteristiche delle costruzioni terrazzate. Per visitarla al meglio sono
     possibili tre itinerari.
     Col primo itinerario si visitano le terme[1/4], il cortile poligonale[7] con il
     portico[8] e poi l’edicola di Venere[6] e il vestibolo delle terme[7,7A],
     la latrina[5], la palestra[13], e l’ingresso della villa (“corridoio”).
     Col secondo si visitano il vestibolo della villa o aditus[8], il peristilio[10]
     con la grande fontana al centro e il larario[11] con il grande
     quadriportico, la piccola latrina[12], il vestibolo trapezoidale[14], le
     stanze degli ospiti[19/23], quelle della servitù[15/18,24,25,27,28]
     e la sala del forno arabo[15], la stanza di Orfeo[19], il corridoio di
     collegamento fra il triclinio col xystus (portico e corridoio) e la cucina del
     triclinio[31] (vicino al corridoio).
     Col terzo si visitano gli appartamenti dei padroni, il dominus e la domina:
     il corridoio della grande caccia[26], gli appartamenti della famiglia
     possidente[42/47, 49/51], la latrina privata[41], l’aula basilicale[48],
     il triclinio[39] con aula triloba e lo xystus[32,33/38].

10
Peristilio

             11
VISITA DELLA VILLA ROMANA




                 1                                                                            17
                                            3                                                 16
                                                                                                         20
                                  2
                                                 3A                                                    18 1
                                                                                        14 15
                                                               4
                                                                           13


                                                                6       6A
                                                                                  12
                                                                                            10

                                                               7                     9                   11



                                                                                                           3
                                                                                                          33
                                                               8                      31

                                                                                                          3


                                                                                                         36 3



     1 - Praefurnia              11 - Larario                       23 - Sala della piccola caccia
     2 - Calidarium              12 - Piccola latrina               24/25 - Sale servitù
       - Tepidarium              13 - Palestra                         - Sala dai disegni ottagonali
       - Frigidarium                                                   - Sala dai disegni quadrati
                                 14 - Vestibolo trapezoidale
     5 - Grande Latrina
                                    - Sala del forno arabo             - Ambulacro della grande caccia
     6 - Edicola di Venere
                                        - Sale servitù              27/28 - Sale servitù
     7 - Cortile Poligonale
       - Ingresso alla Villa            - Sale degli ospiti            - Sala dai disegni geometrici
       - Vestibolo delle Terme      - Sala degli eroti pescatori       - Sala delle ragazze in bikini
         - Peristilio               - Sala delle quattro stagioni      - Sala o Diaeta di Orfeo
12
PLANIMETRIA DELLA VILLA ROMANA




 21            24               51
        25
9 22 23                             49 50

                            26
                                                  48



                                         46 47
                                                                          41
                          27                      43   42

0         29               28
                                             44 45
34 35          33




2                     39                               40                   Parte pubblica


37 38
                                                                            Stanze degli ospiti

        30 - Corridoio di collegamento             43 - Atrio semicircolare
           - Cucina del triclinio                      - Vestibolo del piccolo circo
           - Xistus                                    - Cubicolo della figlia
               - Sale di pertinenza allo Xistus        - Vestibolo di Eros e Pan
           - Triclinio                                 - Cubicolo dei fanciulli cacciatori
           - Acquedotto                                - Basilica
           - Latrina privata                           - Vestibolo di Ulisse e Polifemo
               - Sale private                          - Cubicolo della frutta
           - Sala o Diaeta di Arione                   - Cubicolo con scena erotica
                                                                                                  13
VISITA DELLA VILLA ROMANA


                                 Ambiente di servizio, con
     Complesso Termale               annesse cucine


                         Peristilio




                           Ingresso
      Grande Latrina
                                       Vestibolo dell’Adventus


14
RICOSTRUZIONE TRIDIMENSIONALE

                                                         Acquedotto
                 Basilica

        Xistus                    Diaeta di Arione




                              Triclinium - cucina
Ambulacro o corridoio della
      grande caccia                                 Triclinium - sala da pranzo
                                                                             15
1.2 PRIMA SEZIONE



     E     ntrando per l’attuale ingresso, si incontra sulla sinistra l’acquedotto
           romano, che ci richiama alla mente quello più grande di Roma. Si arriva
           quindi al complesso delle terme formate da più parti con funzioni
     diverse: prefurnium, calidarium, tepidarium, sala delle unzioni, frigidarium e
     palestra.
     Il “praefurnium”[1] è un complesso formato da tre forni che riscaldavano
     l’acqua la quale, posta in una grande vasca, tramite dei tubi in terracotta,
     veniva portata nel calidarium.
     Il “calidarium”[2], stanza dei bagni caldi, era diviso in più ambienti che
     consentivano la separazione degli uomini dalle donne. La temperatura
     interna era regolata mediante finestre e valvole poste sui tetti. Inoltre, una
     fontana (labrum) assicurava un po’ di fresco in quell’ambiente surriscaldato.
     L’ambiente centrale, con il pavimento sospeso su mattoni in terracotta per la
     circolazione dell’aria calda, era adibito a sauna (laconicum); alle pareti si
     notano ancora i tubuli, che consentivano all’aria calda di circolare.
     La funzione di abbassare la temperatura corporea, dopo la sauna, era svolta
     dall’ambiente successivo: il “tepidarium”[3] a doppia abside, con pavimento
     rialzato per far circolare il vapore caldo. In questo ambiente i mosaici sono
     quasi scomparsi, ma si suppone che vi fosse rappresentata la corsa delle
     fiaccole (lampadedromia). La stanza successiva è quella dei massaggi, dove
     gli ospiti venivano massaggiati e unti con olio. Nel pavimento si notano due
     schiavi, uno con in mano un secchio e l’altro con una scopa, con ai fianchi
     una striscia che indica il loro nome: Cassio e Tito. Questo ambiente, che
     presenta restauri forse del periodo bizantino, immetteva nella sala attigua,
     quella del “frigidarium”[4], la stanza dei bagni freddi. Questa è una sala
     ottagonale con nicchie laterali, quattro delle quali fungevano da spogliatoi
     (apodyterium). Nella sala centrale è rappresentata una scena con Nereidi,
     delfini, amorini pescatori, tritoni e leoni marini. Nelle nicchie sono raffigurate
     due belle scene: la prima con una fanciulla nell’atto di svertirsi mentre due
     ancelle l’aiutano, e l’altra con un uomo seduto su uno sgabello su pelle di
     leopardo, aiutato da due servi che gli porgono degli indumenti.
     Finita la visita alle terme si possono andare a vedere la grande latrina, il
     cortile poligonale e l’edicola di Venere.




       Esterno delle terme

16
Frigidarium
              17
VILLA ROMANA DEL CASALE

     Frigidarium - Scene marine al centro e di
     bagno in alcune nicchie.




     Grande Palestra - I mosaici rappresen-
     tano corse di quadrighe nel Circo Massimo.
18
1.2 PRIMA SEZIONE


Tepidarium                 Calidarium




             Sala per le unzioni e il massaggio dopo il bagno
                                                                19
VILLA ROMANA DEL CASALE




       Gli amorini pescatori nel Frigidarium

     La grande latrina[5], posta presso le terme, aveva un piccolo ingresso
     ed era costituita da una parte semicircolare, dove erano posti i sedili
     con foro centrale, oggi mancanti. Chiudevano l’ambiente tende sorrette
     da colonne, delle quali si notano solo dei resti. Nel canale scorreva
     continuamente acqua che portava via le acque nere nel fiume Gela.
     Vicino si trova l’edicola di Venere[6], che ha preso il nome dai frammenti
     di una statua di Venere ivi rinvenuti. Si tratta di un ambiente piccolo che
     serviva come ingresso della servitù al complesso termale. Vi si trovano
     mosaici a disegni geometrici, tipici della servitù.
     Adiacente all’edicola di Venere si trova il vestibolo delle terme[9],
     costituito da una stanza quadrata con pareti affrescate e pavimento a
     mosaico con motivi geometrici molto elaborati e di buona fattura.
     Dall’edicola di Venere ci si immette nel cortile poligonale[7], un
     grande atrio con undici colonne con capitelli ionici, che rappresentava
     l’ingresso[8] della grande villa.




      Nereide nella sala del Frigidarium

20
1.2 PRIMA SEZIONE




                                                                      Prefurnium

Il portico conserva ancora resti di un mosaico geometrico a squame,
mentre nel centro del cortile si trovano i resti di una fontana quadrata,
la quale aveva la funzione di raccolta delle acque piovane (impluvium)
che venivano a loro volta convogliate nella vicina grande latrina.
L’ingresso era composto da tre archi maestosi, il più grande dei quali era
il centrale di 4,50 metri. Presso i piloni c’erano quattro nicchie che una
volta contenevano statue.
Vi si trovano pure quattro vasche che fungevano da ninfei, due
rettangolari e due a forma di conchiglia. Nella parte esterna dei piloni
restano tracce di affreschi, dove si nota ancora uno stemma militare
(signum) con le effigi dei quattro tetrarchi dentro medaglioni.
Questa scoperta farebbe propendere per assegnare la villa
all’imperatore Massimiano.




                                 Particolare dei tubi in terracotta del Prefurnium

                                                                                     21
22
Sala della Piccola Caccia
                            23
1.3 SECONDA SEZIONE



     D        al cortile d’ingresso alcuni gradini portavano al secondo livello
              della villa, che permetteva di avere sott’occhio gli alloggi riservati
              ai vari ospiti.
     L’ingresso alla villa era veramente imponente, un ingresso monumentale
     con tre fornici che ricordano gli archi di trionfo degli imperatori, dei
     quali restano le soglie di ingresso con i battenti e i fori per gli stipiti dei
     portoni.
     La visita ha inizio con l’ingresso[8] (aditus), il cui mosaico rappresenta
     degli inservienti che, con candelabri (cerularium) e foglie di alloro, danno
     il benvenuto al padrone o ad eventuali ospiti illustri.
     Questa stanza conduce al peristilio[10] rettangolare di mt. 38x18,
     circondato da 32 colonne greche con capitelli corinzi che sostengono
     leggere tettoie, spioventi verso il giardino. Queste colonne erano unite
     da muri rivestiti di marmo e sormontati da delfini in marmo. Il giardino,
     una volta ricco di piante ed animali, presenta una grande vasca con
     fontana e una piccola statua rappresentante un amorino.
     Il quadriportico dimostra una grandiosità che trova riscontro solo in edifici
     grandiosi come “la Casa del fauno” di Pompei, la “Domus Augustana
     del Palatino della Piazza d’Oro” e del “Cortile della Biblioteca di Villa
     Adriana” a Tivoli.
     Il peristilio assumeva una grande importanza per i romani, perché
     permetteva l’ingresso della luce negli appartamenti che erano posti
     attorno ad esso ma soprattutto perché offriva ai proprietari la possibilità
     di stare a contatto con la natura e allo stesso tempo meditare o riposare.
     I mosaici del pavimento del quadriportico rappresentano 162 teste di
     animali sia selvatici che domestici, inseriti in corone di alloro. Presso il
     peristilio si trova il larario[11], un piccolo sacello con cappella votiva
     nel quale era posta una statua per il culto dei Lari (anime divinizzate
     dei morti), che si credeva proteggessero la casa dal male. Il mosaico di
     questa piccola sala rappresenta una stella ad otto punte, che contiene
     all’interno una corona di alloro al centro della quale sta una foglia di
     edera, simbolo della famiglia di Massimiano.




       Ingresso (Aditus). Persone che con candelabri e foglie di alloro danno il benvenuto al
       padrone o ad ospiti illustri

24
Corsa delle bighe nella Palestra
                                   25
VILLA ROMANA DEL CASALE

                                  Il successivo ambiente è la piccola latrina[12],
                                        che era      destinata agli ospiti della villa.
                                                        Oggi sono stati ricostruiti alcuni
                                                         posti a sedere in cemento (gli
                                                         originali erano in marmo), con
                                                         un canale nel quale scorreva
                                                        continuamente        dell’acqua.
                                                       Alla destra dell’ingresso si
                                                    trovava una vaschetta che, più
                                                    che per le abluzioni, sembra
                                                    che servisse per alimentare il
                                                   canale dell’acqua per i seggi. I
                                                mosaici pavimentali rappresentano
                                            animali in corsa: un leopardo, una
           Testa di orso nel Peristilio       pernice, una lepre, un’ottarda e un
                                              onagro. Si notano ancora dei fori
     per gli stipiti di una eventuale porta che avrebbe garantito una certa
     intimità. Lungo il percorso si incontra la palestra[13] (gymnasium), un
     ambiente rettangolare con due absidi, dove ci si riscaldava i muscoli
     prima di entrare nelle terme. I mosaici della palestra raffigurano la gara
     delle quadrighe, che si svolgevano nel Circo Massimo in onore della
     dea Cerere, il cui culto era molto sentito in questa zona della Sicilia. Le
     quattro fazioni che si contendevano il premio si distinguevano per i vestiti
     di colore diverso degli aurighi: verde (prasina), bianca (albata), azzurra
     (veneta) e rossa (russata). L’arena era divisa in due parti da una spina
     centrale con agli estremi le mete, costituite da colonne bronzee. Da destra
     verso sinistra si notano una Nike alata sopra una colonna, un edificio
     (phala) da dove degli spettatori privilegiati potevano assistere alla gara,
     l’obelisco di Augusto (questo ha fatto discutere molto circa l’attribuzione
     della villa), la dea Cibele (Magna Mater) su leone, il segnagiri (ovaria).
     Una cosa curiosa che è anche indice della precisione con la quale è stato
     eseguito il lavoro, l’ovaria presenta quattro uova abbassate, indicando




       Piccola latrina

26
1.3 SECONDA SEZIONE




                   Scena della premiazione della quadriga vincitrice nella Palestra

che la gara era arrivata a metà, visto che dovevano compiersi in tutto
otto giri. Si notano pure la vestizione di un auriga e le dodici porte
(carceres) dalle quali uscivano le quadrighe. Nell’altro lato dell’arena
sono rappresentati: la scena della premiazione della quadriga vincitrice,
la fine della corsa annunziata dal tybicen, il giudice che suona una lunga
tuba, e lo scontro fra due bighe, una delle quali si sta capovolgendo.
Attraversando questo vestibolo trapezoidale[14] il padrone della villa
ed i suoi ospiti si recavano alle terme. Sembra che la panchina rivestita
di lastre di calcare presente nel vestibolo permetteva di sedersi a chi
attendeva di entrare nelle terme. Alle pareti si trovavano affreschi
colorati. Si pensa che i mosaici del pavimento rappresentassero Eutropia,
la moglie del dominus Massimiano, mentre accompagna i propri figli,
Massenzio e Fausta, alle terme con due ancelle che portano una gli abiti
da indossare dopo il bagno, l’altra una cassetta con gli oli. Una curiosità
è relativa all’utilizzo di due tessere diverse, una triangolare e l’altra
quadrata, per realizzare gli occhi affetti da strabismo di Massenzio,
figlio di Massimiliano. Il perfezionismo dei mosaicisti è inoltre evidenziato
dalle ombre delle figure, create con strisce nere ai piedi, dai capelli
della domina, acconciati secondo la moda del tempo, dalle ricche vesti,
dagli orecchini e dalla collana.
Da qui in poi seguono le stanze per la servitù e per gli ospiti, molto
semplici e con mosaici a disegni geometrici: la sala del forno[15/18]
dove, forse in periodo arabo, fu costruito un forno per cuocere del
vasellame; la sala intermedia[15/18], dedicata al personale di servizio,
nella quale si trovano mosaici con disegni geometrici, quali stelle,
quadrati ed esagoni. Seguono altre sale e una cucina, molto semplici
e con mosaici a tessere più grandi. La stanza successiva è la sala della
danza[21/23], un ambiente rettangolare adibito a camera da letto per
gli ospiti, con affreschi alle pareti e con mosaici nel pavimento. Questi
ultimi ritraggono una ragazza che, danzando, alza un velo rosso sopra
la testa e un giovane nell’atto di sollevare una fanciulla; secondo alcuni
questi mosaici rappresenterebbero il ratto delle Sabine.

                                                                                      27
1.3 SECONDA SEZIONE




       Vestibolo trapezoidale
       Eutropia, moglie di Massimiano ed i figli che si recano al bagno
     La sala attigua, denominata delle quattro stagioni[22], aveva funzione
     di vestibolo forse per gli ospiti. I mosaici raffigurano, dentro altrettanti
     medaglioni, le quattro stagioni. Il mezzobusto di una ragazza con delle
     rose in testa personifica la primavera; quello di un giovane con spighe
     sul capo l’estate; quello di una giovane donna con dell’uva in testa
     rappresenta l’autunno e infine il mezzobusto di un ragazzo con il capo
     adorno di foglie ed un mantello incarna l’inverno. Accanto alle stagioni si
     trovano anche uccelli e pesci.
     L’ambiente successivo, la sala degli eroti pescatori[21] (amorini), si
     suppone sia stato il triclinium o sala da pranzo per gli ospiti. Il mosaico
     pavimentale        rappresenta                    degli amorini intenti a
     pescare, su quattro                                     barche, in un mare
     ricchissimo         di                                     pesci. Le diverse
     scene illustrano                                             inoltre     quattro
     diversi metodi di                                             pesca: rete, lenza,
     fiocina e nassa.                                                Nella parte alta
     della scena fa                                                 da sfondo una
     villa grande con                                               esedra e lungo
     colonnato.
     Nella parte nord                                            del peristilio si
     trova la sala della                                       piccola caccia[23],
                                                                          caccia[23]
     un           ambiente                                      rettangolare adibito
     forse a soggiorno           Sala delle Quattro Stagioni    per      gli    ospiti,
     dove alcune scene                                          rappresentano i vari
     momenti di caccia che si realizzavano nella campagna che circondava
     la villa. Dall’alto verso il basso la scena della caccia è divisa in cinque
     registri. Nel primo si notano due servitori che portano e poi liberano due
     cani (cirnechi) sul luogo dove si svolgerà la caccia. Nel secondo si vede
     il sacrificio propiziatorio a Diana, rappresentata su un’ara con arco e
     faretra. In questa scena gli studiosi vogliono vedere a sinistra Costanzo
     Cloro, il Cesare di Massimiano, dietro suo figlio Costantino, il futuro
     imperatore, e a destra il figlio Massimino.

28
Sala della danza
                   29
VILLA ROMANA DEL CASALE

     Nel terzo registro sono rappresentati, sulla sinistra, due cacciatori che
     cacciano col falcone mentre scrutano due tordi su un albero di alloro,
     al centro due cacciatori che banchettano sotto una tenda rossa sospesa
     e degli schiavi che li servono. Nel quarto registro, sulla sinistra, un cane
     azzanna una lepre, sulla destra un cacciatore ne ha colpito una nascosta in
     una macchia di alloro. Infine, in basso sulla sinistra, due cavalieri spingono
     dei cervi verso una rete e, sulla destra, un cinghiale ferito si lancia su un
     cacciatore a terra che viene soccorso dai compagni e dai cani.
     Infine, forse destinate alla servitù, troviamo la sala dei disegni
     quadrati[25] e quella a disegni geometrici[27].




       Spina centrale del mosaico della Palestra

30
1.3 SECONDA SEZIONE




           Sala degli eroti pescatori. Particolare




                             Sala Piccola Caccia

                                                     31
Scena erotica
Didascalia foto
1.4 TERZA SEZIONE



     L’       ambulacro della grande caccia[26], lungo circa 65 metri, aveva
              la funzione di disimpegnare le stanze del dominus, della domina
              e dei figli, oltre che la basilica e la sala del triclinio. È forse
     l’ambiente con i mosaici più belli, nei quali sono rappresentati momenti
     della caccia, con scene della cattura delle belve e paesaggi di grande
     effetto. L’ambulacro ha, ai suoi estremi, due esedre con magnifici mosaici
     di figure femminili che personificano le province più estreme dell’impero
     romano: la Mauritania e l’India. Nella parte centrale, si trova l’Italia verso
     la quale arrivano le prede che serviranno per le feste circensi. Nella parte
     sinistra sono rappresentate le scene della cattura delle belve esotiche:
     pantere, antilopi, cavalli selvatici, leoni e cinghiali. Le scene si svolgono in un
     paesaggio africano con palmizi, colline, alberi, case e palazzi con portici.
     Tutti gli animali catturati vengono trasportati su carri trainati da buoi e
     caricati su navi nel porto di Cartagine. Assiste alla cattura delle belve,
     affiancato da due soldati con scudi, un personaggio nobile che porta un
     copricapo cilindrico, che qualcuno identifica con Massimiano. Nella parte
     centrale del mosaico avviene lo sbarco delle belve ad Ostia, dove due
     funzionari, con i bastoni del comando in mano, assistono all’operazione.
     Nella parte terminale dell’ambulacro sono rappresentate diverse scene: la
     cattura delle tigri, un leone che uccide un asino e la cattura di un grifone
     alato. Nell’esedra che chiude l’ambulacro, infine, è raffigurata l’India,
     personificata da una figura femminile, con la pelle scura, che ha in mano
     una zanna di avorio. Sulla sinistra c’è un elefante e sulla destra una tigre.
     Sopra l’elefante si trova l’araba fenice, l’uccello che moriva bruciato e che
     dopo tre giorni rinasceva dalle sue ceneri.
     Sulla destra dell’ambulacro si trovano due ambienti, destinati forse alla
     servitù della domina. Il primo ha pavimenti in mosaico con disegni geometrici
     e resti di affreschi alle pareti, mentre il secondo è la famosa sala delle dieci
     ragazze in bikini[28]. Questo ambiente presenta un doppio pavimento,
     segno che ad un certo punto la sala cambiò destinazione, (diventando la
     palestra per le figlie del dominus). Le ragazze sono rappresentate con




       Scena della Grande Caccia

34
Corridoio della Grande Caccia
                                35
VILLA ROMANA DEL CASALE




       Sala delle ragazze in bikini

     subligar (mutandine) e stropkion e sono impegnate in varie discipline
     sportive, in onore della dea del mare Teti. La scena è divisa in due
     scomparti orizzontali: la parte superiore raffigura momenti del gioco con i
     pesi, del lancio del disco e della corsa; nella sezione inferiore, a cominciare
     da destra, sono rappresentati il gioco della palla a mano, la ragazza con
     la palma della vittoria che si pone sul capo la corona tortile ed infine la
     scena della premiazione eseguita da una fanciulla con manto aureo, che
     si appresta a porgere la corona e la palma ad una ragazza con in mano
     una ruota raggiata.
     Lungo il peristilio si trova l’ingresso per la sala di Orfeo[29], un ambiente
     rettangolare, con esedra sul fondo, nel quale si trova la statua di Apollo
     Liceo, una copia romana di un originale greco di Prassitele. Questa sala
     era destinata alle audizioni musicali e nel suo pavimento è rappresentato
     Orfeo che suona la cetra seduto su una pietra. Il mito ricorda che il poeta,
     con il dolce suono della sua cetra, riusciva ad ammaliare gli animali i quali,




       Sala di Orfeo

36
1.4 TERZA SEZIONE




                   I cavalieri Bistoni con Gerione il mostro con tre corpi nel Triclinio
catturati dalla sublime musica, correvano al suo cospetto come spettatori
incantati. Nel mosaico sono rappresentati vari tipi di animali, da quelli
più grandi, come elefanti, ippopotami, cammelli e rinoceronti, a
quelli più piccoli, come lucertole, topi, uccelli, ricci e lumache.
A questo punto si rientra nel grande ambulacro per uscire,
a destra, in un cortile ornato da colonne che collegava gli
appartamenti privati con il triclinio e lo xystus.
Il triclinio[39] (triclinium) era la grande sala da pranzo
                            )
dove il dominus ospitava i commensali di riguardo.
In questa grande stanza ci sono tre profonde
absidi dove erano disposti i triclini, lettini, spesso
in bronzo, privi di schienali ma con cuscini, sui quali
i commensali, adagiati su un fianco consumavano
i lauti pasti serviti dai domestici. Nel pavimento
di questa sala sono rappresentati i culti di Bacco
e di Ercole. Nella parte centrale vengono illustrate
le dodici fatiche di Ercole: dall’uccisione del Leone
                               :
di Nemea fino alla cattura delle Cavalle di
Diomede, re dei cavalieri Bistoni. In ogni angolo
sono rappresentati dei cavalieri Bistoni, uccisi dalle
frecce di Ercole.
Nelle absidi si trovano altri mosaici. Sulla sinistra, la
glorificazione di Ercole da parte di Giove: si vede
l’eroe nudo, con muscolatura possente e con sulle
spalle una pelle di leopardo annodata sul petto,
ricevere la corona di alloro sul capo.
Bellissimi sono anche i mosaici nei quali è
raffigurata la metamorfosi della ninfa Dafne in
pianta di alloro e quella di Ciparisso in cipresso.
Nella parte centrale dell’abside è rappresentata
la gigantomachia, la storia dei cinque giganti che
avevano sfidato Giove e che vengono colpiti dalle Statua di Apollo Liceo
                                                                                           37
1.4 TERZA SEZIONE




       Esione ed Endimione

     frecce di Ercole, avvelenate perché intinte nel sangue dell’Idra di Lerna,
     uccisa dall’eroe. I giganti, con serpenti al posto dei piedi, sono ripresi
     nell’attimo in cui si strappano le frecce con una smorfia di dolore.
     Al di sotto sono raffigurati Esione ed Endimione. Esione è rappresentata
     mentre indica il mostro marino al quale è stata sottratta, dopo essere stato
     colpito a morte da Endimione che, quasi incantato, indica la luna che cala.
     Infine, nell’abside di destra è rappresentata la metamorfosi di Ambrosia.
     L’episodio narra della vittoria delle potenze dionisiache contro Licurgo,
     re della Tracia. Nella scena si vede la baccante Ambrosia che inizia la
     metamorfosi, mentre il re Licurgo, nudo, cerca di ucciderla con un’ascia
     bipenne. Dei tralci di Ambrosia già si legano alle gambe di Licurgo, mentre
     il corteo dionisiaco cerca di difendere la baccante. Bella è la scena del
     satiro che lancia la pantera sacra contro Licurgo.
     Usciti dal triclinio si accede allo “xystus”[32], un grande atrio ellissoidale
     a cielo aperto, che serviva, forse, per la passeggiata con gli ospiti dopo




       Glorificazione di Ercole

38
Giganti uccisi da Ercole
                           39
VILLA ROMANA DEL CASALE




       Stanza di Arione

     i lauti pranzi. I mosaici del portico raffigurano busti di animali (tigri, leoni,
     cavalli, lupi, oche, anatre, ecc.) racchiusi da foglie d’acanto. Diverse erano
     anche le fontane a zampilli, che rallegravano gli ospiti. Attorno al cortile
     si trovano una serie di stanze dove i commensali si ritiravano, dopo i pasti,
     con le etere, deliziose fanciulle esperte nell’arte amatoria, oltre che nelle
     danze. I mosaici di questi ambienti rappresentano amorini che coltivano la
     vite, vendemmiano e pigiano uva, mentre, nella sala della vendemmia[7]
     è mosaicato il busto di Dioniso, con in capo una corona. Dall’altra parte,
     nelle salette, sono rappresentati amorini pescatori. Le altre sale contengono
     resti di mosaici indecifrabili.
     A lato dello xystus si trova un corridoio, i cui mosaici rappresentano animali
     e un vaso con foglie d’acanto, che fungeva da collegamento fra il peristilio,
     lo xystus e la cucina, dove si preparavano le vivande per i ricevimenti nel
     triclinio. Nella parte opposta del triclinio si trova l’acquedotto che forniva
     acqua alla grande vasca; da qui poi l’acqua affluiva ai vari servizi ed
                                alla fontana del peristilio. Poco più in alto si trova
                                        la latrina ottagonale, che serviva solo la
                                              famiglia del dominus. Il locale è in
                                                             dominus
                                                  buona condizione, con pareti
                                                    affrescate e con un mosaico
                                                    che rappresenta un vaso da cui
                                                    escono rami di edera. A destra
                                                   dell’ingresso si trova una vasca
                                                  che alimentava il canale della
                                                        cloaca.
                                                          Da qui la visita prosegue
                                                          per le stanze della
                                                            domina
                                                            domina. La prima sala è
                                                               la “diaeta” (stanza)
                                                                   “
                                Uno degli animali                di Arione[42], un
                            rappresentati nello Xistus            grande soggiorno,
                                                                  nel    quale      la
40
1.4 TERZA SEZIONE




Metamorfosi di Ambrosia: a sin. particolare del re Licurgo e a destra particolare
                       della metamorfosi di Ambrosia




                                                                    Sala di Arione

                                                                                     41
VILLA ROMANA DEL CASALE




       Sala del Piccolo Circo

     padrona di casa ascoltava musica o conversava con i familiari. Nella
     lunetta della sala è rappresentato il dio Oceano, con la lunga chioma
     ornata da due chele, la barba formata da piante marine e con la bocca
     dalla quale escono polipi, pesci, gamberi ed altre creature marine. Fra gli
     altri personaggi figura il poeta Arione che suona la cetra, tra le onde a
     cavallo di un delfino, mentre gli fanno corona mostri marini che escono dal
     mare in sembianze di grifoni, tigri, pantere, lupi, leoni e bovi cavalcati da
     graziosi amorini. Le Nereidi, ninfe delle acque dall’elegante femminilità,
     riempiono completamente la scena mitologica assieme a Tritone. Da questa
     sala si passa all’atrio semicircolare, un ambiente con colonne marmoree
     a capitelli ionici che, disposte ad emiciclo, reggevano il compluvium (tetto
     con pendenza verso l’interno) che raccoglieva l’acqua, per immetterla
     nell’impluvium (vasca). La funzione di questo ambiente era quella di
     disimpegnare le stanze dei figli del dominus da quella della dieta di
     Arione. I mosaici rappresentano amorini alati su barche mentre pescano
     con reti, nasse e fiocine in un mare ricchissimo di pesci.
     Seguono le quattro stanze dei figli. La prima è chiamata vestibolo del
     piccolo circo[44], in quanto nel pavimento i mosaici rappresentano una
     gara nel circo, dove si nota la spina centrale con le due mete, tra diverse
     bighe trainate da animali e guidate da fanciulli. Nella scena della
     consegna del premio al vincitore, ancora una volta i colori delle penne
     dei volatili richiamano quelli delle diverse fazioni che partecipavano alla
     competizione.
     La successiva sala è il cubicolo dei musici e degli attori[45] (la stanza
     della figlia), nella cui abside si intuisce la presenza di due colonne, oggi
     mancanti. Nel pavimento si vede una scena, due ragazze che intrecciano
     corone di rose, tipica della festa pagana della dea Flora (protettrice della
     fioritura e delle partorienti), che si svolgeva in primavera. Sopra l’albero si
     noti la foglia di edera, simbolo della famiglia di Massimiano.
     Nella restante parte della stanza ci sono altri mosaici disposti su tre
     ordini. Nella parte alta si notano quattro suonatori di vari strumenti ed un

42
1.4 TERZA SEZIONE




                                                        Vestibolo di Eros e Pan

personaggio con tunica bianca che tiene la palma da consegnare come
premio al vincitore, mentre con la mano alzata dà inizio alla competizione
musicale. Nella sezione centrale, tra due attori maschi e due femmine, si
trova un grande disco con dentro le note musicali. In basso, è raffigurato un
gruppo di persone con lunghe tuniche ed un altro disco con note.
Al di là dell’atrio ci sono altre due stanze, simmetriche rispetto a queste
due. Nella prima, il vestibolo di Eros e Pan[46], è rappresentato un
combattimento fra Pan, dio dei boschi, ed Eros, dio dell’amore. A sinistra di
Pan stanno un arbitro con manto rosso, un satiro e tre menadi. Dietro Eros
si trova un gruppo di spettatori, che qualcuno suppone sia la famiglia di
Massimiano.
Sopra i due contendenti si trova una trapeza (tavola sorretta da funi)
rettangolare, con quattro copricapi pannonici con rami di palma e, sotto,




                                                Cubicolo dei fanciulli cacciatori

                                                                                    43
VILLA ROMANA DEL CASALE




       Vestibolo di Ulisse e Polifemo

     due sacche contenenti dei valori di cui è indicata la somma. Alcuni studiosi
     ipotizzano, però, che le due sacche significhino equità fra i due dei.
     La seconda sala è il cubicolo dei fanciulli cacciatori[47], la stanza
     del figlio, nella quale la scena musiva rappresentata su tre registri è di
     genere floreale. Nel registro in alto sono rappresentate due ragazze
     che raccolgono rose dentro cesti. Nel secondo una giovane porta cesti
     ricolmi di rose; dalla parte opposta un’altra ragazza, seduta su un cesto,
     intreccia corone di rose. Nel registro in basso un ragazzo mediante una
     pertica, portata sulle spalle, trasporta agli estremi cesti pieni di rose. Nella
     parte restante del pavimento su tre registri sono rappresentati dei giovani
     impegnati in battute di caccia. Nel registro in alto e in quello in basso
     sono i ragazzi che cacciano gli animali, mentre in quello centrale sono gli
     animali che inseguono i ragazzi. Si nota un gallo che pizzica un giovane
     inginocchiato.
     Proseguendo lungo il percorso segnato, si arriva alla basilica[48],
     sicuramente l’ambiente più grande della villa, al quale si accedeva
     dall’ambulacro della grande caccia. Nella basilica l’imperatore
     amministrava la giustizia e avevano luogo i ricevimenti ufficiali. Alle sue
     pareti permangono resti di lastre di marmo, che una volta rivestivano
     tutto l’ambiente. Anche il pavimento era tutto in marmo: si notano resti
     di rotae di porfido rosso attorniate da marmi policromi, palmette e fiori.
     Nell’abside, rialzata rispetto al resto del pavimento, si trovava il trono
     dell’imperatore, del quale rimane solo lo stallo in muratura dove era posto.
     Al centro dell’abside si trovava una gigantesca statua di Ercole, della quale
     resta solo la testa, conservata al museo. Anche all’ingresso, posto presso
     l’ambulacro della grande caccia, c’erano due grandi colonne di granito
     rosso che sostenevano l’architrave.
     A questo punto si visitano le stanze del dominus, alle quali si accede
     mediante il vestibolo di Ulisse e Polifemo[49]. Il suo pavimento musivo è

44
1.4 TERZA SEZIONE

forse fra i più noti della villa, visto che rappresenta l’episodio del ciclope
Polifemo e di Ulisse. Polifemo è rappresentato con tre occhi, con barba
e capelli lunghi, mentre, seduto su un masso, tiene con la mano sinistra un
montone col ventre squarciato e con la destra prende il cratere col vino
che l’astuto Ulisse, con mantello rosso, gli porge con l’intento di ubriacarlo.
Da questo ambiente si passa al cubicolo della frutta[50], la camera da
letto della domina, con abside e pareti abbellite da affreschi, di cui resta
un solo frammento nel quale si intravede un amorino. Nell’alcova i mosaici
rappresentano lunette con fiori, mentre nella sala rettangolare disegni
geometrici a quadrati racchiudono nove corone di alloro con dentro vari
tipi di frutta: fichi, melograni, uva, pesche, pere.
L’ultima stanza è il cubicolo della scena erotica[51], la camera da letto
del dominus, composta da due ambienti contigui. Quello interno è un’alcova
rettangolare, alle cui pareti si trovano affreschi che rappresentano una
menade ed un satiro. Nel pavimento dell’alcova i mosaici descrivono cerchi
che, incrociandosi, formano fiori quadripetali.
Divide i due ambienti una striscia nella quale, da una parte, sono raffigurati
due giovani che giocano con delle palline dentro un cerchio e dall’altra
delle fanciulle che giocano con delle palline messe in fila.
Il resto della sala è decorato con disegni geometrici, maschere e busti
femminili. Al centro sta il famoso medaglione: un dodecagono con una
corona di alloro che contiene la scena erotica, nella quale un giovane
efebo coronato abbraccia una giovane, vista da dietro, mentre si denuda.
Ai lati del dodecagono si trovano quattro figure femminili, dentro esagoni,
che raffigurano le quattro stagioni e otto cerchi contenenti corone di alloro
che racchiudono maschere teatrali femminili.




                                                Particolare del ciclope Polifemo
                                                                                   45
2.   PIAZZA
ARMERINA
2 PIAZZA ARMERINA



     I   mportante e magnifica cittadina dell’ennese, situata in collina a circa
         700 metri di altezza, Piazza Armerina (l’aggettivo Armerina fu
         introdotto nel 1882) è posta ai margini occidentali dell’antico Val di
     Noto. Ricca di fascino non solo per la ormai famosa Villa Romana del
     Casale coi mosaici ma anche per i suoi monumenti, essa presenta una
     stupenda trama urbanistica a “lisca di pesce”, che si intuisce soprattutto
     nel quartiere Monte, risalente al periodo normanno.
     Oggi la cittadina conta circa 20.000 abitanti e un territorio di 303
     Kmq., ricco di boschi e di verde, dove è facile fare escursioni.
     Le sue origini molto antiche, risalenti all’VIII-VII sec. a. C., sono testimoniate
     dai reperti rinvenuti sul monte Rossomanno, su Monte Navone, sul monte
     Manganello e soprattutto sulla Montagna di Marzo, centri che subirono
     l’influsso della colonizzazione greca. Molto importante fu anche il
     periodo romano, testimoniato dalla presenza della meravigliosa Villa
     Romana del Casale, che ha ricevuto il riconoscimento di “Patrimonio
     Unesco”, in quanto “Patrimonio inalienabile dell’umanità”.
     La città ebbe il suo periodo di maggiore splendore sotto la dominazione
     normanna, durante la quale arrivarono a Piazza dei coloni lombardi.
     L’influenza di quest’ultimi fu rilevante tanto che ancora oggi nella
     parlata locale sono presenti tracce del dialetto gallo-italico. Piazza
     Armerina fu distrutta nel 1161 da Guglielmo I per avere ospitato
     elementi contrari al re normanno e fu poi ricostruita da Guglielmo II
     sul colle Mira (1163), l’attuale quartiere Monte. Da questo periodo
     iniziano i primi documenti storici. La città si espanse e diventò uno
     splendido centro, visto che nel 1296 vi fu convocato un Parlamento
     Siciliano, durante il quale fu eletto re di Sicilia Federico II d’Aragona
     che approvò le “consuetudini” della città, oggi conservate nel “Libro dei
     privilegi”, presso la Biblioteca Comunale.
     Al prestigio di Piazza contribuì anche l’arrivo di nuovi ordini religiosi e
     militari, come i Cavalieri del Santo Sepolcro, i Templari e gli Ospedalieri.
     Quando si insediarono in città anche gruppi provenienti dalla Penisola,
     fu ingrandita la cinta muraria, della quale si conservano alcuni resti
     nel quartiere Castellina. La peste del 1348 decimò la popolazione
     e sembra che in questa occasione sia stato trovato il vessillo della
     Madonna delle Vittorie, che divenne poi patrona della città.
     Nei secoli successivi si alternarono momenti di regressione e di
     espansione. I primi si verificarono quando alcuni feudatari ottennero
     di poter popolare alcuni casali vicini, come Valguarnera, San Michele
     di Ganzeria, Niscemi e San Cono. I secondi quando la città fu posta
     a capo di una “comarca”, che comprendeva sei feudi vicini. Furono
     costruiti magnifici palazzi, chiese, conventi ed un ospedale, così che
     Piazza ottenne l’appellativo di “città opulentissima” dall’imperatore
     Carlo V.
     Quando però diverse famiglie di dignitari si trasferirono a Palermo e a
     Napoli, sedi delle corti, iniziò per Piazza un lento declino.




48
Statua del Trigona e palazzo omonimo
                                       49
PIAZZA ARMERINA




     P      er visitare la città, l’itinerario può iniziare da Piazza Cascino,
            dove è possibile posteggiare l’auto e dove si trova il grande
            monumento dedicato al generale.
     Proseguendo per Via Garibaldi si incontrano sulla destra il teatro e
     la Chiesa di San Giovanni Battista, oggi sconsacrata, fatta costruire
     dai cavalieri gerosolimitani in stile gotico. Splendidi sono il suo portale,
     le finestre e nell’interno gli affreschi del Borremans. Sulla sinistra si
     staglia, su un’ampia scalinata, la Chiesa di Santo Stefano, dall’alta
     facciata scandita da due lesene laterali, da un portaletto barocco ed
     in alto da tre fornici aperti per le campane. Si prosegue fra palazzi
     e varie chiese fino a Piazza Garibaldi, vero centro cittadino, dove si
     affacciano il Palazzo Comunale e la Chiesa di San Rocco (chiesa di
     Fundrò), con un bel portale lavorato, entrambe costruite nella calda
     pietra arenaria locale e nello stesso stile. Si sale quindi per Via Vittorio
     Emanuele, attraverso magnifici palazzi e chiese, fra le quali quella di
     Sant’Ignazio, caratterizzata da una bella scalinata e con l’annesso
     convento dei Gesuiti. Quasi di fronte sta la monumentale Chiesa di
     Sant’Anna dalla facciata convessa e con finestre centinate.
     Procedendo si arriva al quadrilatero Castello Aragonese, eretto




50
2.2 ITINERARIO CITTADINO

nel XV sec. e contraddistinto
da torri angolari e bastioni. La
via termina sulla spianata della
Piazza Duomo, nella quale, oltre
al maggiore tempio cittadino,
prospetta anche il meraviglioso
Palazzo Trigona, dalla facciata
barocca.
Il Duomo, con un’ imponente cupola
che domina tutto il paesaggio
urbano circostante, è stato costruito
su una chiesa precedente, della
quale si notano tracce originali nei
primi due ordini del campanile,
dalle magnifiche finestre in stile
gotico-catalano,          realizzate
con bianca pietra calcarea. La
costruzione, iniziata nel 1604, fu
terminata nel 1719 nel tipico stile     La chiesa di San Rocco o di Fundrò




                                                                             51
PIAZZA ARMERINA




     La Chiesa Madre e la cupola




     Interno della Chiesa Madre




     Il Priorato di Sant’Andrea

52
2.2 ITINERARIO CITTADINO

barocco. Il suo magnifico portale scolpito assume il colore dell’oro nelle
ore del tramonto. Nel maestoso interno ad una navata si conservano
opere di pregio, come il quadro con la Madonna bizantina collocato
nell’altare maggiore, a sua volta ricco di marmi policromi. Sembra che
questa Madonna sia stata regalata dal papa Nicolò II al re Ruggero,
in occasione della liberazione della Sicilia dagli Arabi. Nel tempio si
conservano inoltre: presso l’ingresso, la tomba di Laura de Asaro; nel
battistero, una bella arcata gaginiana; nella cappella a sinistra del
presbiterio, un magnifico crocifisso su tavola (1485) di uno sconosciuto
Maestro della Croce di Piazza Armerina; infine belle tele e un ricco
tesoro con arredi sacri e paramenti vari.
Tanti altri sono i monumenti, dai palazzi con i magnifici balconi
barocchi sostenuti dai tipici mensoloni alle chiese, molte
delle quali purtroppo in cattivo stato di conservazione.
Particolarmente suggestive sono le stradine e gli ambienti
ricchi di storia.
Presso Piazza Cascino merita una visita anche la Chiesa
di San Pietro, dall’aspetto austero e dal ricco interno,
                ,
importante specie per il soffitto a cassettoni e alcune
sculture della scuola dei Gagini. Attiguo alla
chiesa, si trova l’ingresso alla villa comunale,
dalle cui alture si possono godere ampie vedute
della città.
Fuori città comunque di elevato interesse sono altre
due chiese, sia per la loro storia che per le bellezze
artistiche. Nei pressi del colle Armerino dove sorgeva
l’antica città, si trova l’Eremo di Santa Maria della
                           Eremo
Platea e l’antico Priorato di Sant’Andrea, eretto nel
1096. Notevoli sono i suoi portali ogivali, sia nella
facciata che nei fianchi, e gli affreschi del XII e
XIII secolo, nelle pareti interne.




                                 Il monumento al Trigona ed il palazzo omonimo
                                                                                 53
2 . 3 I L M U S E O D E L L E M E R AV I G L I E


     A        circa 300 metri in linea d’aria dalla celebre Villa Romana del
              Casale, dove si possono ammirare i mosaici di epoca tardo
              imperiale fra i più belli del mondo, dichiarati dall’Unesco
     Patrimonio dell’Umanità, all’interno di una villa settecentesca si trova un
     prezioso museo, voluto da Enzo Cammarata ed inaugurato nell’ottobre
     del 2008.
     Fin dalla metà del Settecento, i membri della famiglia Cammarata,
     come si usava un tempo in tante altre famiglie, spinti dall’amore per
     il bello, dal senso di ospitalità verso i viaggiatori stranieri e mossi dai
     legami di amicizia e dalle fitte relazioni epistolari con studiosi europei
     e cultori di arte e scienze, raccolsero e collezionarono mobili ed oggetti
     d’epoca di grande valore e rarità. Fu l’antenato Domenico Cammarata,
     erudito piazzese della metà del XIX secolo, ad iniziare questa raccolta.
     Enzo, animato da una grande passione per la cultura del passato e
     coadiuvato dalla moglie Agata, l’ha incrementata, dando vita ad una
     collezione degna di apprezzamento per la pregevole rilevanza storico-
     artistica. Nel museo, oltre a mobili risalenti al periodo rinascimentale,
     al Settecento, al neoclassicismo e a tutto l’Ottocento, sono esposte
     ceramiche medievali e di varie epoche, resti di sculture di epoca
     romana e di periodi successivi, dipinti, stupendi micro-mosaici, collezioni
     di marmi e pietre dure, oggetti con intarsi in legno, splendide opere
     d’arte orientale e, ancora, collezioni di libri, stampe antiche, bronzi. Si
     tratta di elementi artistici riconducibili alle diverse culture che hanno
     avuto legami, in epoche varie, con la ricca terra di Sicilia. Fra i mobili di
     pregio, che suscitano l’attenzione dei visitatori,
     si trovano: un salotto in stile Luigi XV; due
     vetrine a semiluna Luigi XIV in legno
     laccato e dorato, di fabbrica romana;
     un leggio da coro del XVIII secolo; un
     monetiere, con applicazioni a sbalzo,
     in avorio. Fra le sculture di maggiore
     rilevanza artistica si segnalano
     una testa di fanciullo, attribuita a
     Francesco Laurana e un gruppo
     marmoreo che rappresenta Ercole
     bambino con l’oca, attribuibile
                            ,
     a Michelangelo. Di notevole
     interesse sono, inoltre, una
     maiolica dipinta che raffigura
     una Madonna con Bambino, di
     Luca della Robbia e un cratere
     a campana a figure rosse, con
     l’immagine di Ercole che uccide il
     centauro Nessos da una parte, e,
     dalla parte opposta, quella di un
     Satiro che insegue una menade.
     Le diverse stanze, del cosiddetto
     piano nobile, prendono il nome
     ognuna dai pezzi di particolare Testa di fanciullo attribuita al Laurana
54
importanza       in    esse
contenute. A questi locali,
collegate da una scala
in marmo, si aggiungono
le salette del piano
superiore,     impreziosite
da pezzi in maiolica. Una
splendida camera da letto
con mobili d’epoca chiude
la collezione. La struttura
è dotata anche di servizi
per l’accoglienza di                          Ercole bambino con oca
gruppi e di comitive, che
scelgono di trascorrere
una gradevole giornata
a Piazza Armerina in un
contesto paesaggistico ed
ambientale di eccezionale
qualità.

Enzo Cammarata

                                               Cratere a figure rosse

    La visita al museo è a pagamento e prevede i seguenti orari:
                  in estate dalle ore 9,00 alle 19,00
                 in inverno dalle ore 9,00 alle 17,00.
Info: Villa delle Meraviglie - C/da Casale - 94015 Piazza Armerina
      Tel/Fax +39 0935 689055 - www.villadellemeraviglie.it
                      info@villadellemeraviglie.it




                                                   Il piano superiore
                                                                        55
PIAZZA ARMERINA




     L’       avvenimento folkloristico
              di maggiore richiamo,
              fra le feste della città,
     è sicuramente il Palio dei
     Normanni. Istituito nel 1952, si
     svolge a Piazza Armerina fra il
     13 e il 14 agosto.
     La manifestazione rievoca
     un avvenimento che risale al
     lontanissimo 1091, quando il
     Gran Conte Ruggero regalò
     alla città di Piazza Armerina
     il labaro raffigurante Maria
     SS. Delle Vittorie, a sua volta
     ricevuto in dono come buon
     auspicio nella lotta contro i
     Saraceni che dominavano la
     Sicilia.
     Le celebrazioni cominciano Cortili e balconi fioriti
     il giorno 12 con la lettura
     del Pubblico Bando eseguita, per le vie della città di Plutia (Piazza
     Armerina), da un banditore. Il giorno 13 si rievoca l’ingresso in città del
     conte Ruggero al quale, accompagnato dalle sue truppe a cavallo e
     a piedi e dalla sua corte, nella centrale piazza del Duomo, vengono
     consegnate le chiavi della città. Successivamente il corteo storico, formato
     da circa 450 figuranti, si snoda per le medioevali vie della città.
     Il giorno seguente è dedicato allo svolgimento del Palio o Quintana,
     una gara fra i quattro quartieri in cui è divisa la città: Monte, Canale,
     Castellina e Casalotto. I cavalieri con mazza e lancia devono colpire
     un bersaglio: il Moro. Il quartiere che totalizza più punti riceve il Palio,




       Gara del Palio dei Normanni

56
2 . 4 F O L K L O R E - I L PA L I O D E I N O R M A N N I

cioè il vessillo nel quale è rappresentata la Madonna delle Vittorie, che
verrà conservato per tutto l’anno nella chiesa del quartiere.
Un’altra ricorrenza folkloristica, che generalmente si svolge nella
seconda metà del mese di maggio, è la manifestazione dei Cortili e
balconi fioriti, durante la quale i balconi, i cortili e le strade vengono
addobbati con fiori e piante. In Piazza Garibaldi una squadra di fioristi
prepara una serie di bozzetti fioriti che riproducono i monumenti locali.
Durante questi giorni si svolgono, inoltre, manifestazioni culturali, mostre
d’arte, esposizioni di prodotti di artigianato e sfilate di sbandieratori
e gruppi in costume.




                                                            Il corteo storico

                                                                                57
3.   ENNA
3    E N N A



     E     nna è una bella città dalle origini antichissime. Capoluogo
           di provincia più alto d’Italia, è definita anche “Belvedere di
           Sicilia” poiché arroccata su un alto sperone roccioso (948 m.)
     da cui si gode un panorama vastissimo.
     Per la sua posizione nel centro dell’isola fu nominata da Callimaco
     Umbilicus Siciliae (“Ombelico della Sicilia”) e da Tito Livio Urbs
     inexpugnabilis (“Città inespugnabile”) come a voler mettere in
     risalto la funzione strategica del luogo, sempre più protetto per
     farne una roccaforte.
     La nebbia cinge di frequente Enna, proprio per la sua altezza,
     tanto che essa viene chiamata familiarmente “la paesana”, ma
     nelle limpide giornate lo sguardo può cogliere il panorama
     di un’immensa porzione della Sicilia fino al lontanissimo mare.
     Suggestivi appaiono i profili di tanti centri urbani che dall’altura
     si scorgono (Calascibetta, Leonforte, Àssoro). I primi abitanti della
     città furono i Sicani i quali, spinti dai Siculi, si rifugiarono sul
     monte Henna. Passò quindi sotto l’influenza greca, specie quella
     proveniente da Gela; si alleò successivamente con Siracusa contro
     Cartagine, anche se conservò sempre una certa autonomia. I nuovi
     padroni furono i Romani che la chiamarono “Castrum Hennae”
     (“Campo fortificato di Enna”), mentre per gli Arabi fu “Qasr
     Yannah”, dopo la conquista cristiana tradotto in Castrogiovanni,
     nome che tenne fino al 1927 quando, dichiarata Capoluogo di
     Provincia, prese il nome attuale di Enna. Sotto i Bizantini divenne
     un’importante fortezza che dominava un esteso territorio che
     fungeva da granaio dell’isola.
     Nell’859, dopo un lungo assedio, il maniero fu espugnato dagli
     Arabi che lo elessero come sede di un emirato, dando il via ad
     un periodo di prosperità. Quando i Normanni, capeggiati dal
     Conte Ruggero, cominciarono la conquista della Sicilia, anche Enna
     fu cinta d’assedio e nel 1088, dopo parecchi anni di resistenza,
     grazie ad un tradimento, cadde in mano normanna.
     Sotto i Normanni, con il gran Conte Ruggero, fu ripristinata la
     fortezza e tutto il suo sistema difensivo. Vi fu inoltre insediata una
     guarnigione di soldati Lombardi dal quale deriva la denominazione
     di “Castello di Lombardia”. La città divenne importante sotto il
     regno di Federico II d’Aragona tanto che, nel 1324, fu scelta per
     riunirvi il Real Parlamento Siciliano.




60
Il castello di Lombardia
                           61
3 . 2      I T I N E R A R I O       C I T T A D I N O




     L     ’itinerario può iniziare dalla Piazza Vittorio Emanuele che
           rappresenta il centro cittadino. Qui prospetta un fianco dell’antica
           Chiesa di San Francesco d’Assisi accompagnata da una severa
     torre quadrata aperta in basso da poderosi archi a tutto sesto, che
     si ergono su un possente strato roccioso ancora visibile alla base. Nel
     tempio ad una navata si trovano notevoli opere d’arte tra cui una croce
     lignea attribuita a Pietro Ruzzolone e una “Epifania”, tavola dipinta del
     fiammingo Simone De Wobrek.
     Affacciati dall’attigua Piazza Crispi si ammira un esteso panorama
     sulla vicina Calascibetta, sull’Etna, le Madonie e buona parte della
     Sicilia centrale.
     Si imbocca Via Roma, principale arteria cittadina, dove oltre a diversi
     palazzi prospettano la neoclassica facciata del Palazzo Municipale, la
     barocca Chiesa di San Giuseppe, dalla severa facciata con un portale
     arricchito da due coppie di colonne che reggono un architrave scolpito
     ed, in alto, una torre campanile a tre fornici.
     Quasi attaccato, si trova il magnifico campanile dell’ex Chiesa di San
     Giovanni Battista che, a pianta quadrata, si eleva massiccio ma allo
     stesso tempo alleggerito in alto da una stupenda trifora gotica.
     Poco più avanti si arriva a Piazza Colajanni, dove si affaccia la Chiesa
     di Santa Chiara, rimaneggiata nel ‘700. Oggi Sacrario dei Caduti
     nelle guerre, si presenta con un’alta facciata divisa in due ordini da una
     fascia marcapiano e ai lati da due coppie di lesene
     Di fronte, in un cortile, si trova il magnifico Palazzo Pollicarini, dove si
     ammirano ancora elementi architettonici del periodo gotico-catalano.




       Chiesa di Santa Chiara

62
1.1 VILLA ROMANA - LA SCOPERTA




                Castello di Lombardia e statua di Euno
                                                         63
3 . 3       I L     D U O M O


     P      roseguendo si arriva presso il Duomo, il maggiore monumento
            religioso della città. Voluto da Eleonora d’Aragona, moglie di
            Federico II, fu eretto in forme gotiche delle quali restano le
     possenti absidi poligonali, abbellite da monofore dalle lavorate cornici
     e da splendide colonnine nelle strombature.
     Nella sezione laterale, che s’affaccia su Piazza Mazzini, si apre il bel
     Portale di Porta Sottana dove, su due coppie di colonne scanalate con
     capitelli compositi, l’architrave reca una bella scultura marmorea: il
     bassorilievo con San Martino che dona il mantello al povero (opera
     dello scultore-architetto Iacopino Salemi). Interessante è anche il portale
     “porta santa”, oggi murato, dove oltre all’arco gotico-chiaramontano
     a denti di sega, nella parte alta si nota entro una nicchia una Madonna
     con Bambino del XV sec..
     Nell’interno a tre navate, divise da due serie di colonne che sostengono
     archi gotici, si trova un’ incredibile sequenza di capolavori. Interessante
     è il tetto ligneo, costituito da cassettoni intercalati a rosoni, a travi
     istoriate e fregi, stupenda opera attribuita a Scipione di Guido. Molto
     belle, nella navata centrale, sono le cantorie lignee con statue degli
     apostoli, il pulpito marmoreo, il coro ed il lavoratissimo fercolo, sul quale
     è portata in processione la statua della Madonna della Visitazione,
     patrona della città.
     Fra i lavori di marmo
     si     ricordano      le     statue
     dell’Annunciazione, poste ai
     lati della porta mediana, le
     acquasantiere, le colonne ed i
     capitelli, specie la colonna del
     Gagini, dove sono scolpiti putti,
     grifi, foglie d’acanto e animali
     fantastici. Nella cappella
     della Visitazione magnifico è il
     rivestimento in marmi policromi.
     Notevoli sono anche i dipinti fra
     i quali si ricordano alcune tele
     del Paladino e del Borremans,
     un Crocefisso su tavola e un
     affresco, la “Madonna del
     Melograno” del XV secolo.
     Nella sagrestia è possibile
     ammirare un magnifico armadio
     (“casciarizzo”, in dialetto), in
     noce intagliato, le cui stupende
     sculture raffigurano scene della
     vita di Cristo.
                                          Il Duomo
64
Navata centrale   Il tetto a cassettoni




                     Particolare della cupola




                     Portale di Porta Sottana
                                                65
3 . 2      I T I N E R A R I O        C I T T A D I N O

     Dietro il Duomo, ospitato nel palazzo della Canonica, oltre una
     magnifica inferriata finemente lavorata, si trova il Museo Alessi, dal
     nome del canonico Giuseppe Alessi che nell’800 iniziò la collezione.
     Nella pinacoteca si trovano icone bizantine, tavole dipinte ed altre
     opere di diversa provenienza, mentre nel corridoio sono esposte
     stampe a rame.
     Nel piano interrato si trova il tesoro del Duomo costituito da arredi
     sacri, paramenti e oggetti in oro tra i quali una corona della Madonna
     ed il Pellicano. La prima è in oro traforata con smalti policromi,
     diamanti, rubini e smeraldi; il secondo è forse il gioiello più interessante
     del museo, con una meravigliosa acquamarina al suo interno che
     rappresenta Cristo, donato dalla famiglia Grimaldi alla Madonna. Il
     pellicano è un animale che, per il suo sacrificio, simboleggia quello
     unico di Gesù. Di rilevante interesse è anche l’ostensorio di Paolo Gili.
     Nel Museo si trova inoltre una raccolta numismatica con belle monete
     greche, romane e bizantine e la raccolta archeologica costituita da
     reperti di varie epoche, tra le quali statue fittili, ceramiche e lucerne.
     Per chi volesse avere una visione più completa della storia di Enna, vale
     la pena visitare il Museo Archeologico Regionale, allestito nelle belle
     sale del Palazzo Varisano, dove sono raccolti reperti archeologici di
     Enna e della provincia, particolarmente corredi funerari di necropoli.
     Il materiale più importante proviene dalla zona attorno al lago di
     Pergusa, dove si sono trovati reperti che risalgono addirittura all’età
     del Rame. Attualmente i due musei sono momentaneamente chiusi al
     pubblico.




       Le absidi del Duomo

66
Chiesa di San Francesco

                          67
3.4         IL      CAS T E L LO          LO M BA R D I A


     S      i prosegue quindi per Via Roma fino ad arrivare al Castello di
            Lombardia, una delle più interessanti fortificazioni dell’isola.
            É protetto da una scoscesa scarpata su più lati nonché da un’ampia
     cinta di poderose mura, tali da racchiudere una vasta superficie di 27
     kmq. Dal lato meno ripido la fortificazione aveva un ponte levatoio con
     fossato, oggi inesistente. La sua pianta irregolare conserva sulle cortine
     solo sei delle circa venti torri originarie. Tre gli ampi cortili contigui
     del complesso, muniti di mura. Nel primo, denominato “piazza degli
     armati” (o “di San Nicola”), è stato allestito un teatro all’aperto per
     manifestazioni che generalmente si tengono nel mese d’agosto. Il
     secondo, detto delle “vettovaglie”
     (o “della Maddalena”) era
     utilizzato per l’ingresso
     di abbondanti viveri,
     necessari      anche     a
     sostenere l’isolamento
     causato dai frequenti
     assedi. Il cortile più
     fortificato è il terzo
     chiamato “piazzale di
     San Martino” (o “dei
     Condottieri”);        cuore
     della fortezza è
     oggi quello meglio




     La torre del Castello
68
conservato. Da qui si accede al mastio: la Torre Pisana, così chiamata
perché i pisani, che facevano parte dell’esercito dei Normanni, avevano
il compito di difenderla. Dalla sua postazione è godibile uno dei più
vasti panorami della Sicilia centrale: le Madonie e i colli Erei, la valle del
Dittaino e l’Etna. Al centro della corte rimangono le fondamenta di una
chiesa ed di un pozzo d’acqua. Delle cinque torri che la difendevano,
oltre alla Torre della Zecca (o “del Tesoro”), ricordiamo “Torre delle
Aquile”: le avevano attribuito questo nome perché dai suoi merli gli
avvoltoi avvistavano le prede. Nei pressi del castello, su uno sperone
roccioso, si notano i resti del Tempio di Cerere, la dea delle messi
venerata in età romana e luogo di misteri legati ai riti eleusini.




                                                      Interno di uno dei cortili




                                                           La rocca di Cerere

                                                                                   69
3 . 2     I T I N E R A R I O          C I T T A D I N O

     Ci sono altri monumenti da vedere ad Enna e fra questi la Chiesa
     di san Cataldo, che si erge in Piazza Matteotti. Il tempio è stato
     restaurato nel XVII secolo. Nel suo interno ad una navata si trovano
     numerose opere artistiche, fra le quali un’ancona marmorea attribuita
     a Giandomenico Gagini, una croce lignea dipinta del ‘500 e varie tele.
     Altre chiese interessanti sono quella delle Anime Sante, dalla facciata
     in stile barocco e il soffitto affrescato dal Borremans, e quella di san
     Tommaso, con elementi gotico-catalani nel campanile e all’interno un’
     ancona marmorea del Mancino.
     Proseguendo per Via Roma e poi per Via IV Novembre, si arriva
     alla Torre di Federico II. Situata in un magnifico giardino, su un dosso
     roccioso, fu costruita su elementi precedenti e restaurata da Federico
     d’Aragona. Secondo qualche studioso locale, la torre a pianta
     ottagonale sarebbe un osservatorio geodetico. É certo comunque che,
     oltre a garantire adeguate difese, fu una delle residenze venatorie
     preferite dall’imperatore.
     Interessante può essere una passeggiata nel quartiere di Fundrisi, antico
     borgo una volta popolato dagli abitanti del Borgo Fundrò, distrutto nel
     1396 dal re Martino d’Aragona, il quale deportò gli abitanti rivoltosi
     nell’antica Castrogiovanni. Il borgo Fundrisi ha conservato nel tempo sia
     il suo particolare dialetto, sia la struttura medievale. E’ qui che si trova
     anche la porta di Ianniscuro, l’unica rimasta delle cinque che si aprivano
     nella cerchia urbana della città. Nei dintorni è ubicata anche la grotta
     della Spezieria, dove si trovano ancora le cellette in cui venivano poste
                                 statuette votive. Nella parte alta si trovano
                                     i resti della Chiesa dello Spirito Santo,
                                         dove si conservano affreschi di epoca
                                            incerta e nei pressi resti di mura
                                               della fortificazione greca. Da qui
                                                si gode un immenso panorama di
                                               Enna che nelle chiare giornate
                                               abbraccia anche l’Etna.
                                               Sempre nella zona di Enna Monte
                                                si trova l’ampio spiazzale con la
                                                Chiesa di Monte Salvo e, lungo
                                                il costone del colle, il Santuario
                                                 di Papardura, ricco di stucchi
                                                     Papardura
                                                 serpottiani e di un soffitto
                                                 ligneo a cassettoni, scolpito ed
                                                 istoriato, molto ben conservato.
                                                  Notevoli sono anche le pale
                                                  d’altare, il paliotto dell’altare
                                                  e gli ex voto. Immenso il
                                                  panorama che si apre dalla
                                                   facciata. Da qui inizia la
                                                   processione che si tiene la
                                                   domenica delle palme.

70                                                 La torre di Federico
La Chiesa dello Spirito Santo
                                71
3.5 FOLKLORE - SETTIMANA SANTA


     S     icuramente la festa più sentita e seguita ad Enna è quella della
           settimana santa la quale comincia la Domenica delle Palme
           con la sfilata delle confraternite che si recano al Duomo e con
     la distribuzione di rametti di ulivo e di palme. La festa raggiunge il
     culmine il venerdì santo con la solenne processione fra le stupende vie
     medioevali di Enna.
     Il venerdì santo nel primo pomeriggio, nella Chiesa del SS Salvatore,
     la confraternita del Crocifisso provvede a prendere il corpo del Cristo
     da un’urna di cristallo e a portarlo nel Duomo. Centinaia sono i confrati
     che si preparano a questo specifico compito, tramandando questo ruolo
     da padre in figlio.
     Alle ore 17, le diverse confraternite partono ciascuna dalla propria
     chiesa per recarsi prima nella chiesetta dell’Addolorata, per rendere
     omaggio alla Vergine che già è stata sistemata sulla “vara” (così viene
     chiamato in dialetto il fercolo sul quale è posta la statua) e poi al
     Duomo, il luogo dell’assembramento. Qui arriva quindi la vara della
     Madonna, seguita da una banda che intona musiche intrise di mestizia
     e di dolore, come impone questo momento. Da qui alcune migliaia di
     confrati, come guidati da una grande regia, iniziano a disporsi per
     la lunga e solenne processione, portando a spalla le due vare con i
     simulacri del Cristo morto e della Madonna dei sette dolori. I confrati,
     incappucciati, portano ceri accesi ed indossano la mantella con i
     colori della confraternita di appartenenza. Ognuna porta il proprio
     stendardo e su un vassoio i simboli della passione del Cristo.
     Alla processione partecipa anche il coro dei ‘mbriachi, i quali cantano i
     lamintanzi che rievocano la passione di Gesù.
     Così i due simulacri, avvolti dalle tenebre della notte, sono fatti
     marciare per le vie della città a passo cadenzato, con una caratteristica
     “annacata”, fra due immense ali di folla, di devoti e di turisti, fino alle
     prime luci dell’alba.

     FESTA DI MARIA S.S. DELLA VISITAZIONE
     La festa di Maria S.S. della Visitazione, patrona della città, si svolge
     il 2 luglio. La statua, che raffigura la Madonna con un bambino tra le
     braccia, è racchiusa nella nicchia della cappella absidale destra del
     Duomo. Acquistata nel 1412 a Venezia, dal 29 giugno di ogni anno
     viene portata sull’altare maggiore dove rimane fino al giorno del suo
     festeggiamento. Il simulacro, posto sulla “nave d’oro” (così è chiamato
     il fercolo), è portato a spalla da 124 confrati che camminano scalzi.
     Suggestivo il momento in cui le due statue di Santa Elisabetta e di San
     Zaccaria vanno incontro alla Madonna. Nella chiesa di Montesalvo la
     Vergine rimane 15 giorni. Sarà poi riportata nel Duomo. La nicchia verrà
     aperta al culto l’11 gennaio di ogni anno in segno di ringraziamento:
     il terribile terremoto dell’11 gennaio del 1693, che prevalentemente
     distrusse i paesi della Sicilia orientale, non toccò minimamente la città
     di Enna.
72
Le confraternite del Venerdi Santo




Qui e nella pag. seguente: la statua della Madonna dei sette dolori
                                                                             73
3    E N N A



     F     amoso lago della Sicilia centrale, nella mitologia fu teatro del
           rapimento di Proserpina da parte di Plutone.
           Della sua bellezza originale rimane ben poco poiché per molti
     secoli, purtroppo, ha subito le offese dell’uomo, tanto che lungo il suo
     anello vi è stato addirittura costruito un autodromo attrezzato di tutto.
     Le sue acque sono leggermente salmastre e la sua profondità è di circa
     4-5 metri. Non ha immissari né emissari, quindi le sue acque sono dovute
     a risorgive.




76
3 . 6    I L   L A G O      D I   P E R G U S A

Nonostante il continuo inquinamento, vi si trovano fra le canne
anatre e folaghe.
Periodicamente le sue acque si colorano di rosso (ogni 10 anni
circa) per la presenza di batteri solforati che producono, durante
il loro processo digestivo, idrogeno solforato. Quando verso la fine
del periodo estivo la concentrazione di questi batteri raggiunge il
massimo della concentrazione, si manifesta il tipico arrossamento
delle acque.




                                                     Il lago di Pergusa
                                                                          77
4.   MORGANTINA
4     M O R G A N T I N A



     A       quattro chilometri da Aidone, in località Serra Orlando, un
             pianoro dei monti Erei, in un luogo ameno e panoramico sorge
             l’antica città di Morgantina. Gli scavi di Morgantina hanno
     messo in luce un villaggio di origine antichissima, i cui abitanti originari
     si suppone siano stati i Morgeti, un popolo italico che, assieme ai
     Siculi e in periodi differenti, sono scesi nell’Italia meridionale in tempi
     protostorici, costringendo i Sicani, che abitavano questi territori, a
     spostarsi verso la costa occidentale della Sicilia. Di questo periodo
     restano tracce nella zona di san Francesco e di Cittadella; si tratta
     per lo più di resti di capanne a base circolare o rettangolare. Nel
     VII secolo a.C. entrano in scena i Greci che, dopo la fondazione
     di diverse città costiere, iniziano una espansione verso l’interno
     ed arrivano fino a Morgantina, dove si mescolano agli indigeni e
     cominciano ad organizzare una vera città con le caratteristiche
     delle polis greche. Questa prima città, uno degli esempi migliori di
     centri ellenizzati della Sicilia interna, fu distrutta più volte e sempre
     ricostruita. Una prima volta fu distrutta da Ippocrate di Gela (500
     a.C.), che voleva assoggettare tutte le colonie greche calcidesi, come
     Morgantina, e successivamente dalle comunità sicule (Siculi, Morgeti,
     Sicani) che si erano coalizzati, sotto la guida di Ducezio, contro la
     politica espansionistica greca. Con la sconfitta di Ducezio a Nome
     nel 450 a.C., il sogno di autonomia dei Siculi non si realizzò mai
     più.Quando, dopo le lotte fra Siracusani ed Ateniesi nel 427 a.C.,
     fu proclamata l’autonomia delle città di Sicilia dalla madrepatria
     Grecia, Morgantina fu assegnata a Camarina, dietro pagamento di
     una certa somma di dracme. In questo periodo (IV sec a.C.) la città
     si arricchisce di vari monumenti, civili, politici e religiosi e di mura
     difensive. Successivamente con Agatocle, tiranno di Siracusa, furono
     sistemati l’agorà e i santuari delle divinità ctonie (Demetra e Kore) e
     fu edificato il nuovo quartiere ellenistico-romano. In questo periodo di
     splendore fu l’unica città dell’entroterra siciliano ad emettere moneta.
     Ma quando la città si ribellò a Roma, durante le guerre puniche, il
     console Claudio Marcello la distrusse e assegnò Morgantina a degli
     ausiliari spagnoli, che erano passati con i Romani. Fu in questo periodo
     che furono coniate delle monete dagli Hispani, che hanno permesso
     agli archeologi di Princeton di identificare il sito di Serra Orlando con
     la città di Morgantina. Quando la Sicilia divenne provincia romana,
     la città fu classificata decumana, costretta a pagare a Roma il 20%
     del raccolto, cioè una doppia decima. Infine quando, durante le
     guerre civili, Morgantina si schierò contro Ottaviano, subì da questi
     la definitiva distruzione e quindi l’abbandono del sito.
     Strabone all’inizio dell’età imperiale parla di Morgantina come di
     una città che “una volta esisteva, ma che ora non esiste”.




80
4 . 1   I N T R O D U Z I O N E




                         La fontana monumentale




                              Il santuario Ctonio




                           Il Macellum o mercato

                                                    81
M O R G A N T I N A


     E      ntrando nell’area archeologica si visita subito l’”Agorà”, un ampio
            spazio aperto, circondato da tre lati da portici lunghi 100 metri,
            una volta centro vitale della vita sociale.
     Questi portici (stoai), che avevano dei colonnati ai lati esterni e
     all’interno dei pilastri, dei quali si notano i resti e che sorreggevano
     tetti a doppio spiovente, avevano funzioni diverse: quelli ad est erano
     destinati ad attività politiche, quelli del lato ovest erano destinati ai
     commerci, con delle botteghe ai lati che si aprivano sull’agorà. Quelli
     del lato nord servivano certamente come “gymasion”, luogo adibito
     alle attività sportive. In questi ultimi portici nel periodo romano furono
     ricavati alcuni vani per botteghe. Presso l’ingresso si nota una grande
     fontana con doppia vasca. Questa fontana, alimentata da una sorgente,
     era sicuramente un importante luogo di incontro, in quanto consentiva
     a chiunque di dissetarsi e di fornirsi di acqua per i bisogni domestici.
     La piazza, essendo il suo piano in leggera pendenza, fu divisa in due
     da una scala trapezoidale di quindici gradini, che ha dato luogo a due




82
4. 2   VI S I TA   DE L L’ A R E A   AR C H E O LO G I C A




                                                 Il Bouleuterion




                                           La scala trapezoidale
                                                                   83
4 .2     VI S I TA        DE L L’ A R E A    AR C H E O LO G I C A




       Casa del capitello dorico




       “Eyexe” Il benvenuto

     zone differenti aventi funzioni diverse: una quelle politico-commerciali
     e l’altra quelle religiose. La stessa scala, che costituisce una stupenda
     quinta architettonica, fungeva da “ekklesiasterion”, (il luogo delle
     assemblee cittadine), con annesso un “bema”, il piedistallo di pietra
     da cui parlavano gli oratori.
     Accanto al Ginnasio si trova un ambiente a pianta quadrangolare che
     si pensa sia il “bouleterion”, luogo di riunione del senato della città.
     Questo era l’organo più importante della comunità ed aveva funzione
     legislativa, esecutiva e giudiziaria. Accanto si nota una “taberna”, una
     sorta di bar moderno, adibita alla vendita del vino. Si notano ancora
     i sedili in pietra e i sostegni per la tavola. Proseguendo verso nord si
     trova il “macellum”, ampio spazio destinato alla vendita di generi
     alimentari. Si notano ancora le botteghe che circondano un cortile
     porticato con al centro una struttura a tolos di uso finora ignoto. Si nota

84
Casa di Ganimede
M O R G A N T I N A

                                                     pure l’ingresso del mercato
                                                     con due locali che
                                                     contenevano le statue delle
                                                     divinità che proteggevano
                                                     il mercato.
                                                     Poco più avanti si trova
                                                     un ambiente composto
                                                     da due settori a pianta
                                                     rettangolare: si tratta del
                                                     Santuario Ctonio, dedicato
                                                     alle divinità legate alla
                                                     terra (Demetra, Proserpina
                                                     e Kore o Cerere). Esso era
                                                     delimitato da un muro di
                                                     temenos e comprendeva
                                                     alcuni altari ed anche una
                                                     fornace per la produzione
                                                     di statuette votive in
                                                     terracotta. Si nota ancora
                                                     un recinto circolare con
                                                     dentro un altare cilindrico,
                                                     sul quale poggiava la
                                                     statua della dea.
        La fornace                                   È da questa area sacra che
                                                     proviene la maggior parte
     dei busti fittili di divinità e di ex voto rinvenuti a Morgantina.
     Anche il vicino teatro risale all’incirca al IV secolo a.C. e poteva
     contenere fino a 5000 spettatori. Posto sul fianco della collina, era
     costruito e non scavato nella roccia, come tanti altri teatri siciliani. Si
     ha quindi una cavea adagiata sul terrapieno artificiale, trattenuto
     da grosse mura e da contrafforti interni. La cavea è divisa da cinque
     scale verticali ed in sei settori radiali. Ogni settore era dedicato ad
     una divinità, infatti sul terzo gradino dall’alto è possibile leggere una
     dedica da parte di Archelao, figlio di Eukleide al dio Dioniso.
     Grazie alla particolare acustica e all’impegno della Provincia Regionale
     di Enna e di Capua Antica Festival, ogni anno nel periodo estivo questo
     superbo teatro torna a rivivere, ospitando le rappresentazioni classiche
     del circuito nazionale “Teatri di Pietra”.
     Nella parte opposta all’agorà si trova un lungo edificio con grandi
     ambienti di diverse dimensioni. Si è supposto che siano i magazzini per
     la conservazione del grano e dei cereali, forse il pubblico granaio
     per l’ammasso del grano riservato alle tasse a Siracusa prima e poi a
     Roma. Nella parte più bassa si trovano due fornaci, di una delle quali
     si nota ancora il cunicolo dove ardeva la legna ed il piano di cottura
     dei mattoni destinati all’edilizia.
     Nella parte orientale dell’agorà, prima dei quartieri residenziali, si
     trova un ambiente rettangolare, un edificio pubblico che si suppone
     sia il “pritaneo” (prytaneion), luogo di riunione dei magistrati e di
86
4.2 VISITA DELL’AREA ARCHEOLOGICA

accoglienza dei personaggi illustri.
Nei pendii ad est e ad ovest si trovano i quartieri residenziali, e proprio
vicino al pritaneo, si trova la casa del saluto, conosciuta anche come
casa del capitello dorico, per l’iscrizione a mosaico “EYEXE” (stai
bene). In essa, oltre ad un quadriportico colonnato, sono stati rinvenuti
pavimenti in cocciopesto con mosaici.
Poco oltre si trova la casa di Ganimede, una delle più eleganti dimore
di Morgantina. L’abitazione presenta un peristilio rettangolare, che,
con le sette colonne sui lati lunghi e tre sui lati corti, circonda un cortile
per la raccolta delle acque piovane. Nell’ambiente che dà il nome alla
casa si nota un mosaico raffigurante il ratto di Ganimede, mentre le
pareti conservano tracce di intonaco dipinto in rosso.
Le numerose abitazioni che si possono visitare denotano tutte lo stato
sociale raggiunto dal proprietario, fra esse si ricordano la casa della
cisterna ad arco, una delle più grandi e lussuose case di Morgantina
dove si notano ancora alcune camere con mosaici splendidi, la casa
delle monete d’oro, la casa delle antefisse, la casa dei capitelli
tuscanici, la casa del magistrato.
Alcune dimore, appartenenti sicuramente a proprietari benestanti
hanno ambienti con pavimenti a mosaico o in cocciopesto, nei quali i più
svariati disegni, ispirati a motivi geometrici o naturalistici, sono la prova
della maestria degli artigiani del tempo.
Nella parte più esterna si vedono gli scavi della Casa di Eupolemo,
dove sono stati saccheggiati una ricca ed originale collezione di
argenti. Argenti che dopo molti anni trascorsi nei musei americani,
sono finalmente rientrati a Aidone, per poterli ammirare in tutto il loro
splendore.




                                        Iscrizione di un gradino del teatro greco

                                                                                    87
Piazza Armerina e Villa Romana del casale
Piazza Armerina e Villa Romana del casale
Piazza Armerina e Villa Romana del casale
Piazza Armerina e Villa Romana del casale
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Piazza Armerina e Villa Romana del casale

  • 1. PIAZZA ARMERINA VILLA ROMANA DEL CASALE ENNA MORGANTINA edizioni enjoy
  • 2. E D I T O R I A L E E ntrare alla Villa Romana del Casale è come partecipare a uno dei più memorabili e straordinari appuntamenti con la storia della Sicilia. Storia che racconta l’epoca romana imperiale in tutti i suoi aspetti: le tradizioni e le abitudini di vita, guerre, amori e piaceri ma anche leggende, avvenimenti epici e mitologia. E’ come un cinema all’aperto sparso su 3.500 mq dove i fotogrammi sono composti da mosaici. È la Villa Romana del Casale insignita nel 1997 dall’Unesco del titolo PATRIMONIO DELL’UMANITA’. Dalla “Glorificazione di Ercole” alla “Grande Caccia”, dallo splendore delle Terme ad un magnifico verde che circonda a 360° la stessa, qui è rappresentato il reale e magnifico volto dell’antica Roma del IV secolo che custodiamo ormai da millenni nella nostra amata Sicilia. Consapevole che non si può rendere solo con le parole, l’editore con questo libro vuole tuttavia offrire al visitatore la descrizione e una chiave di comprensione di questo tesoro della storia e dell’arte insieme. L’editore. ENNA PIAZZA AIDONE ARMERINA
  • 3. Particolare della sala degli Eroti pescatori
  • 4. I N D I C E 1. VILLA ROMANA DEL CASALE................................................................. 6 1.1 INTRODUZIONE................................................................................................ 8 1.2 PRIMA SEZIONE............................................................................................... 16 1.3 SECONDA SEZIONE........................................................................................ 24 1.4 TERZA SEZIONE................................................................................................ 34 2. PIAZZA ARMERINA................................................................................ 46 2.1 INTRODUZIONE................................................................................................ 48 2.2 ITINERARIO CITTADINO.................................................................................. 50 2.3 IL MUSEO DELLE MERAVIGLIE........................................................................ 54 2.4 FOLKLORE-IL PALIO DEI NORMANNI........................................................... 56 3. ENNA...................................................................................................... 58 3.1 INTRODUZIONE................................................................................................ 60 3.2 ITINERARIO CITTADINO.................................................................................. 62 3.3 IL DUOMO......................................................................................................... 64 3.4 IL CASTELLO LOMBARDIA............................................................................... 68 3.5 FOLKLORE-LA SETTIMANA SANTA............................................................... 72 3.6 IL LAGO DI PERGUSA..................................................................................... 76 4. MORGANTINA........................................................................................ 78 4.1 INTRODUZIONE................................................................................................ 80 4.2 VISITA DELL’AREA ARCHEOLOGICA............................................................. 82 4.3 AIDONE.............................................................................................................. 88 4.4 I TESORI DI MORGANTINA............................................................................ 90 4.5 FOLKLORE-LA SETTIMANA SANTA............................................................... 92 RINGRAZIAMENTI...................................................................................... 95 PIAZZA ARMERINA VILLA ROMANA DEL CASALE ENNA MORGANTINA
  • 5. Particolare della Sala delle ragazze in bikini
  • 6.
  • 7. 1. VILLA ROMANA DEL C ASALE
  • 8. VILLA ROMANA DEL CASALE IPOTESI SUL PROPRIETARIO L a visita alla Villa Romana del Casale, uno dei monumenti del periodo romano più importanti del mondo e per questo dichiarato nel 1997 “Patrimonio Unesco”, è una passeggiata nella storia, che da sola merita un viaggio a Piazza Armerina. Questa stupenda e grande villa di età imperiale, con i pavimenti a mosaico che coprono una superficie di circa 3.500 mq., costituisce la più importante testimonianza della civiltà romana in Sicilia e in Italia. La villa, costruita fra il III ed il IV secolo d.C. da qualche ricco latifondista del tempo o forse dallo stesso imperatore romano Maximianus Herculius, comprendeva numerosi ambienti, circa 60, con funzioni differenti e disposti su quattro livelli per adeguarsi alle pendenze del terreno. L’edificio iniziale, forse una villa, in origine molto più semplice, risalente al II secolo d. C., è stato ingrandito nei secoli successivi ed adibito a dimora di campagna di qualche illustre personaggio. La villa, come tante altre in Sicilia, faceva parte di uno dei molti latifondi. Qui grandi proprietari terrieri aristocratici romani, procuratores, godevano dei frutti, ricorrendo agli schiavi, degli svaghi e degli ozi offerti dalla fertile campagna siciliana. Questa villa sorgeva ai piedi del monte Mangone, nella valle del fiume Gela che, assieme ad altre sorgenti, Particolare del Corridoio della Grande caccia 8
  • 9. 1.1 INTRODUZIONE alimentava d’acqua le terme, i bisogni della villa e l’irrigazione dei campi. Era inoltre situata presso la Statio Philosophiana, una stazione di sosta e cambio cavalli, posta lungo l’Itineraria Antonini che collegava Itineraria Catania ad Agrigento. Alcuni storici hanno supposto che i proprietari della villa siano stati degli aristocratici vicini alla corte imperiale, come Rufo Volusiano, console, o Procuro Populonio, prefetto, piuttosto che lo stesso imperatore Massimiano. Costui, che proveniva dalla Pannonia ed era di umili origini, grazie alle sue doti Mosaico con disegno geometrico di generale aveva ottenuto il titolo di coreggente dall’imperatore Diocleziano, che lo aveva posto sotto la protezione di Ercole, da cui il nome Herculius. Grazie alle sue vittorie, Massimiano fu proclamato imperatore il 1° Aprile del 286 d.C. e fu Augusto fino al 306, anno in cui abdicò a Milano per ritirarsi a vita privata. Sia lo stile che le figure rappresentate nei mosaici, sia l’acconciatura dei capelli che i copricapi di alcuni personaggi, fanno datare la realizzazione di questi tappeti musivi al III secolo d. C. Essi sono sicuramente opera di maestranze africane, visto che i mosaici sono paragonabili a quelli tunisini ed algerini e che i tasselli colorati provengono dal Nord Africa, dalla zona di Cartagine, in quel periodo all’avanguardia culturale nell’Impero Romano d’Occidente. Cosa curiosa è che le maestranze africane usarono tessere piccole per gli animali (opus verniculatum), tessere più grandi per i disegni geometrici (opus tesselatum) ed infine pezzetti di marmo per la basilica (opus sectile). Vestibolo delle terme 9
  • 10. 1.1 INTRODUZIONE DA DIMORA SIGNORILE A MONUMENTO UNESCO L a storia di questa villa è molto affascinante. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, con l’arrivo dei Visigoti e dei Vandali, la villa fu sicuramente depredata; ma quando Belisario la riprese ai barbari, la dimora fu nuovamente abitata, come fanno pensare alcuni restauri di quel periodo. Residenza di proprietari bizantini per alcuni secoli, la villa fu occupata successivamente dai saraceni, i nuovi dominatori dell’isola. Fu da allora che essa per diverso tempo fu chiamata Casale dei Saraceni. I successivi signori, i Normanni, continuarono ad abitare la villa, fin quando uno smottamento del monte Mangone non la coprì con una colata di fango, proteggendola per diversi secoli, ma facendone pure perdere la memoria. Le prime notizie risalgono al 1640, quando in una “Storia di Piazza” si accenna appunto al Casale dei Saraceni. La villa fu oggetto di scavi clandestini per molti anni, finché nel 1881 l’archeologo Pappalardo, su incarico del comune, non diede inizio ad una regolare campagna di scavi che portò alla scoperta del pavimento del triclinium, dove sono rappresentate le fatiche di Ercole. I lavori furono ripresi con Paolo Orsi verso la fine degli anni Venti e solo a partire dagli anni Cinquanta la Sovrintendenza di Siracusa, con L. Bernabò Brea, iniziò un vero lavoro di scavo scientifico. Questa operazione, condotta dal prof. V. Gentile, assistito da esperti locali, ha permesso di riscoprire in circa dieci anni la parte nobile della villa con i preziosi mosaici. Molti ambienti restano ancora da scoprire e valorizzare. Nel 1970, su progetto dell’architetto Minissi, è stata realizzata una tettoia in plexiglas a protezione dei mosaici, resi visitabili solo dopo il recente restauro (2008). Essendo la villa costruita sul declivio del monte Mangone, presenta le caratteristiche delle costruzioni terrazzate. Per visitarla al meglio sono possibili tre itinerari. Col primo itinerario si visitano le terme[1/4], il cortile poligonale[7] con il portico[8] e poi l’edicola di Venere[6] e il vestibolo delle terme[7,7A], la latrina[5], la palestra[13], e l’ingresso della villa (“corridoio”). Col secondo si visitano il vestibolo della villa o aditus[8], il peristilio[10] con la grande fontana al centro e il larario[11] con il grande quadriportico, la piccola latrina[12], il vestibolo trapezoidale[14], le stanze degli ospiti[19/23], quelle della servitù[15/18,24,25,27,28] e la sala del forno arabo[15], la stanza di Orfeo[19], il corridoio di collegamento fra il triclinio col xystus (portico e corridoio) e la cucina del triclinio[31] (vicino al corridoio). Col terzo si visitano gli appartamenti dei padroni, il dominus e la domina: il corridoio della grande caccia[26], gli appartamenti della famiglia possidente[42/47, 49/51], la latrina privata[41], l’aula basilicale[48], il triclinio[39] con aula triloba e lo xystus[32,33/38]. 10
  • 12. VISITA DELLA VILLA ROMANA 1 17 3 16 20 2 3A 18 1 14 15 4 13 6 6A 12 10 7 9 11 3 33 8 31 3 36 3 1 - Praefurnia 11 - Larario 23 - Sala della piccola caccia 2 - Calidarium 12 - Piccola latrina 24/25 - Sale servitù - Tepidarium 13 - Palestra - Sala dai disegni ottagonali - Frigidarium - Sala dai disegni quadrati 14 - Vestibolo trapezoidale 5 - Grande Latrina - Sala del forno arabo - Ambulacro della grande caccia 6 - Edicola di Venere - Sale servitù 27/28 - Sale servitù 7 - Cortile Poligonale - Ingresso alla Villa - Sale degli ospiti - Sala dai disegni geometrici - Vestibolo delle Terme - Sala degli eroti pescatori - Sala delle ragazze in bikini - Peristilio - Sala delle quattro stagioni - Sala o Diaeta di Orfeo 12
  • 13. PLANIMETRIA DELLA VILLA ROMANA 21 24 51 25 9 22 23 49 50 26 48 46 47 41 27 43 42 0 29 28 44 45 34 35 33 2 39 40 Parte pubblica 37 38 Stanze degli ospiti 30 - Corridoio di collegamento 43 - Atrio semicircolare - Cucina del triclinio - Vestibolo del piccolo circo - Xistus - Cubicolo della figlia - Sale di pertinenza allo Xistus - Vestibolo di Eros e Pan - Triclinio - Cubicolo dei fanciulli cacciatori - Acquedotto - Basilica - Latrina privata - Vestibolo di Ulisse e Polifemo - Sale private - Cubicolo della frutta - Sala o Diaeta di Arione - Cubicolo con scena erotica 13
  • 14. VISITA DELLA VILLA ROMANA Ambiente di servizio, con Complesso Termale annesse cucine Peristilio Ingresso Grande Latrina Vestibolo dell’Adventus 14
  • 15. RICOSTRUZIONE TRIDIMENSIONALE Acquedotto Basilica Xistus Diaeta di Arione Triclinium - cucina Ambulacro o corridoio della grande caccia Triclinium - sala da pranzo 15
  • 16. 1.2 PRIMA SEZIONE E ntrando per l’attuale ingresso, si incontra sulla sinistra l’acquedotto romano, che ci richiama alla mente quello più grande di Roma. Si arriva quindi al complesso delle terme formate da più parti con funzioni diverse: prefurnium, calidarium, tepidarium, sala delle unzioni, frigidarium e palestra. Il “praefurnium”[1] è un complesso formato da tre forni che riscaldavano l’acqua la quale, posta in una grande vasca, tramite dei tubi in terracotta, veniva portata nel calidarium. Il “calidarium”[2], stanza dei bagni caldi, era diviso in più ambienti che consentivano la separazione degli uomini dalle donne. La temperatura interna era regolata mediante finestre e valvole poste sui tetti. Inoltre, una fontana (labrum) assicurava un po’ di fresco in quell’ambiente surriscaldato. L’ambiente centrale, con il pavimento sospeso su mattoni in terracotta per la circolazione dell’aria calda, era adibito a sauna (laconicum); alle pareti si notano ancora i tubuli, che consentivano all’aria calda di circolare. La funzione di abbassare la temperatura corporea, dopo la sauna, era svolta dall’ambiente successivo: il “tepidarium”[3] a doppia abside, con pavimento rialzato per far circolare il vapore caldo. In questo ambiente i mosaici sono quasi scomparsi, ma si suppone che vi fosse rappresentata la corsa delle fiaccole (lampadedromia). La stanza successiva è quella dei massaggi, dove gli ospiti venivano massaggiati e unti con olio. Nel pavimento si notano due schiavi, uno con in mano un secchio e l’altro con una scopa, con ai fianchi una striscia che indica il loro nome: Cassio e Tito. Questo ambiente, che presenta restauri forse del periodo bizantino, immetteva nella sala attigua, quella del “frigidarium”[4], la stanza dei bagni freddi. Questa è una sala ottagonale con nicchie laterali, quattro delle quali fungevano da spogliatoi (apodyterium). Nella sala centrale è rappresentata una scena con Nereidi, delfini, amorini pescatori, tritoni e leoni marini. Nelle nicchie sono raffigurate due belle scene: la prima con una fanciulla nell’atto di svertirsi mentre due ancelle l’aiutano, e l’altra con un uomo seduto su uno sgabello su pelle di leopardo, aiutato da due servi che gli porgono degli indumenti. Finita la visita alle terme si possono andare a vedere la grande latrina, il cortile poligonale e l’edicola di Venere. Esterno delle terme 16
  • 18. VILLA ROMANA DEL CASALE Frigidarium - Scene marine al centro e di bagno in alcune nicchie. Grande Palestra - I mosaici rappresen- tano corse di quadrighe nel Circo Massimo. 18
  • 19. 1.2 PRIMA SEZIONE Tepidarium Calidarium Sala per le unzioni e il massaggio dopo il bagno 19
  • 20. VILLA ROMANA DEL CASALE Gli amorini pescatori nel Frigidarium La grande latrina[5], posta presso le terme, aveva un piccolo ingresso ed era costituita da una parte semicircolare, dove erano posti i sedili con foro centrale, oggi mancanti. Chiudevano l’ambiente tende sorrette da colonne, delle quali si notano solo dei resti. Nel canale scorreva continuamente acqua che portava via le acque nere nel fiume Gela. Vicino si trova l’edicola di Venere[6], che ha preso il nome dai frammenti di una statua di Venere ivi rinvenuti. Si tratta di un ambiente piccolo che serviva come ingresso della servitù al complesso termale. Vi si trovano mosaici a disegni geometrici, tipici della servitù. Adiacente all’edicola di Venere si trova il vestibolo delle terme[9], costituito da una stanza quadrata con pareti affrescate e pavimento a mosaico con motivi geometrici molto elaborati e di buona fattura. Dall’edicola di Venere ci si immette nel cortile poligonale[7], un grande atrio con undici colonne con capitelli ionici, che rappresentava l’ingresso[8] della grande villa. Nereide nella sala del Frigidarium 20
  • 21. 1.2 PRIMA SEZIONE Prefurnium Il portico conserva ancora resti di un mosaico geometrico a squame, mentre nel centro del cortile si trovano i resti di una fontana quadrata, la quale aveva la funzione di raccolta delle acque piovane (impluvium) che venivano a loro volta convogliate nella vicina grande latrina. L’ingresso era composto da tre archi maestosi, il più grande dei quali era il centrale di 4,50 metri. Presso i piloni c’erano quattro nicchie che una volta contenevano statue. Vi si trovano pure quattro vasche che fungevano da ninfei, due rettangolari e due a forma di conchiglia. Nella parte esterna dei piloni restano tracce di affreschi, dove si nota ancora uno stemma militare (signum) con le effigi dei quattro tetrarchi dentro medaglioni. Questa scoperta farebbe propendere per assegnare la villa all’imperatore Massimiano. Particolare dei tubi in terracotta del Prefurnium 21
  • 22. 22
  • 23. Sala della Piccola Caccia 23
  • 24. 1.3 SECONDA SEZIONE D al cortile d’ingresso alcuni gradini portavano al secondo livello della villa, che permetteva di avere sott’occhio gli alloggi riservati ai vari ospiti. L’ingresso alla villa era veramente imponente, un ingresso monumentale con tre fornici che ricordano gli archi di trionfo degli imperatori, dei quali restano le soglie di ingresso con i battenti e i fori per gli stipiti dei portoni. La visita ha inizio con l’ingresso[8] (aditus), il cui mosaico rappresenta degli inservienti che, con candelabri (cerularium) e foglie di alloro, danno il benvenuto al padrone o ad eventuali ospiti illustri. Questa stanza conduce al peristilio[10] rettangolare di mt. 38x18, circondato da 32 colonne greche con capitelli corinzi che sostengono leggere tettoie, spioventi verso il giardino. Queste colonne erano unite da muri rivestiti di marmo e sormontati da delfini in marmo. Il giardino, una volta ricco di piante ed animali, presenta una grande vasca con fontana e una piccola statua rappresentante un amorino. Il quadriportico dimostra una grandiosità che trova riscontro solo in edifici grandiosi come “la Casa del fauno” di Pompei, la “Domus Augustana del Palatino della Piazza d’Oro” e del “Cortile della Biblioteca di Villa Adriana” a Tivoli. Il peristilio assumeva una grande importanza per i romani, perché permetteva l’ingresso della luce negli appartamenti che erano posti attorno ad esso ma soprattutto perché offriva ai proprietari la possibilità di stare a contatto con la natura e allo stesso tempo meditare o riposare. I mosaici del pavimento del quadriportico rappresentano 162 teste di animali sia selvatici che domestici, inseriti in corone di alloro. Presso il peristilio si trova il larario[11], un piccolo sacello con cappella votiva nel quale era posta una statua per il culto dei Lari (anime divinizzate dei morti), che si credeva proteggessero la casa dal male. Il mosaico di questa piccola sala rappresenta una stella ad otto punte, che contiene all’interno una corona di alloro al centro della quale sta una foglia di edera, simbolo della famiglia di Massimiano. Ingresso (Aditus). Persone che con candelabri e foglie di alloro danno il benvenuto al padrone o ad ospiti illustri 24
  • 25. Corsa delle bighe nella Palestra 25
  • 26. VILLA ROMANA DEL CASALE Il successivo ambiente è la piccola latrina[12], che era destinata agli ospiti della villa. Oggi sono stati ricostruiti alcuni posti a sedere in cemento (gli originali erano in marmo), con un canale nel quale scorreva continuamente dell’acqua. Alla destra dell’ingresso si trovava una vaschetta che, più che per le abluzioni, sembra che servisse per alimentare il canale dell’acqua per i seggi. I mosaici pavimentali rappresentano animali in corsa: un leopardo, una Testa di orso nel Peristilio pernice, una lepre, un’ottarda e un onagro. Si notano ancora dei fori per gli stipiti di una eventuale porta che avrebbe garantito una certa intimità. Lungo il percorso si incontra la palestra[13] (gymnasium), un ambiente rettangolare con due absidi, dove ci si riscaldava i muscoli prima di entrare nelle terme. I mosaici della palestra raffigurano la gara delle quadrighe, che si svolgevano nel Circo Massimo in onore della dea Cerere, il cui culto era molto sentito in questa zona della Sicilia. Le quattro fazioni che si contendevano il premio si distinguevano per i vestiti di colore diverso degli aurighi: verde (prasina), bianca (albata), azzurra (veneta) e rossa (russata). L’arena era divisa in due parti da una spina centrale con agli estremi le mete, costituite da colonne bronzee. Da destra verso sinistra si notano una Nike alata sopra una colonna, un edificio (phala) da dove degli spettatori privilegiati potevano assistere alla gara, l’obelisco di Augusto (questo ha fatto discutere molto circa l’attribuzione della villa), la dea Cibele (Magna Mater) su leone, il segnagiri (ovaria). Una cosa curiosa che è anche indice della precisione con la quale è stato eseguito il lavoro, l’ovaria presenta quattro uova abbassate, indicando Piccola latrina 26
  • 27. 1.3 SECONDA SEZIONE Scena della premiazione della quadriga vincitrice nella Palestra che la gara era arrivata a metà, visto che dovevano compiersi in tutto otto giri. Si notano pure la vestizione di un auriga e le dodici porte (carceres) dalle quali uscivano le quadrighe. Nell’altro lato dell’arena sono rappresentati: la scena della premiazione della quadriga vincitrice, la fine della corsa annunziata dal tybicen, il giudice che suona una lunga tuba, e lo scontro fra due bighe, una delle quali si sta capovolgendo. Attraversando questo vestibolo trapezoidale[14] il padrone della villa ed i suoi ospiti si recavano alle terme. Sembra che la panchina rivestita di lastre di calcare presente nel vestibolo permetteva di sedersi a chi attendeva di entrare nelle terme. Alle pareti si trovavano affreschi colorati. Si pensa che i mosaici del pavimento rappresentassero Eutropia, la moglie del dominus Massimiano, mentre accompagna i propri figli, Massenzio e Fausta, alle terme con due ancelle che portano una gli abiti da indossare dopo il bagno, l’altra una cassetta con gli oli. Una curiosità è relativa all’utilizzo di due tessere diverse, una triangolare e l’altra quadrata, per realizzare gli occhi affetti da strabismo di Massenzio, figlio di Massimiliano. Il perfezionismo dei mosaicisti è inoltre evidenziato dalle ombre delle figure, create con strisce nere ai piedi, dai capelli della domina, acconciati secondo la moda del tempo, dalle ricche vesti, dagli orecchini e dalla collana. Da qui in poi seguono le stanze per la servitù e per gli ospiti, molto semplici e con mosaici a disegni geometrici: la sala del forno[15/18] dove, forse in periodo arabo, fu costruito un forno per cuocere del vasellame; la sala intermedia[15/18], dedicata al personale di servizio, nella quale si trovano mosaici con disegni geometrici, quali stelle, quadrati ed esagoni. Seguono altre sale e una cucina, molto semplici e con mosaici a tessere più grandi. La stanza successiva è la sala della danza[21/23], un ambiente rettangolare adibito a camera da letto per gli ospiti, con affreschi alle pareti e con mosaici nel pavimento. Questi ultimi ritraggono una ragazza che, danzando, alza un velo rosso sopra la testa e un giovane nell’atto di sollevare una fanciulla; secondo alcuni questi mosaici rappresenterebbero il ratto delle Sabine. 27
  • 28. 1.3 SECONDA SEZIONE Vestibolo trapezoidale Eutropia, moglie di Massimiano ed i figli che si recano al bagno La sala attigua, denominata delle quattro stagioni[22], aveva funzione di vestibolo forse per gli ospiti. I mosaici raffigurano, dentro altrettanti medaglioni, le quattro stagioni. Il mezzobusto di una ragazza con delle rose in testa personifica la primavera; quello di un giovane con spighe sul capo l’estate; quello di una giovane donna con dell’uva in testa rappresenta l’autunno e infine il mezzobusto di un ragazzo con il capo adorno di foglie ed un mantello incarna l’inverno. Accanto alle stagioni si trovano anche uccelli e pesci. L’ambiente successivo, la sala degli eroti pescatori[21] (amorini), si suppone sia stato il triclinium o sala da pranzo per gli ospiti. Il mosaico pavimentale rappresenta degli amorini intenti a pescare, su quattro barche, in un mare ricchissimo di pesci. Le diverse scene illustrano inoltre quattro diversi metodi di pesca: rete, lenza, fiocina e nassa. Nella parte alta della scena fa da sfondo una villa grande con esedra e lungo colonnato. Nella parte nord del peristilio si trova la sala della piccola caccia[23], caccia[23] un ambiente rettangolare adibito forse a soggiorno Sala delle Quattro Stagioni per gli ospiti, dove alcune scene rappresentano i vari momenti di caccia che si realizzavano nella campagna che circondava la villa. Dall’alto verso il basso la scena della caccia è divisa in cinque registri. Nel primo si notano due servitori che portano e poi liberano due cani (cirnechi) sul luogo dove si svolgerà la caccia. Nel secondo si vede il sacrificio propiziatorio a Diana, rappresentata su un’ara con arco e faretra. In questa scena gli studiosi vogliono vedere a sinistra Costanzo Cloro, il Cesare di Massimiano, dietro suo figlio Costantino, il futuro imperatore, e a destra il figlio Massimino. 28
  • 30. VILLA ROMANA DEL CASALE Nel terzo registro sono rappresentati, sulla sinistra, due cacciatori che cacciano col falcone mentre scrutano due tordi su un albero di alloro, al centro due cacciatori che banchettano sotto una tenda rossa sospesa e degli schiavi che li servono. Nel quarto registro, sulla sinistra, un cane azzanna una lepre, sulla destra un cacciatore ne ha colpito una nascosta in una macchia di alloro. Infine, in basso sulla sinistra, due cavalieri spingono dei cervi verso una rete e, sulla destra, un cinghiale ferito si lancia su un cacciatore a terra che viene soccorso dai compagni e dai cani. Infine, forse destinate alla servitù, troviamo la sala dei disegni quadrati[25] e quella a disegni geometrici[27]. Spina centrale del mosaico della Palestra 30
  • 31. 1.3 SECONDA SEZIONE Sala degli eroti pescatori. Particolare Sala Piccola Caccia 31
  • 32.
  • 34. 1.4 TERZA SEZIONE L’ ambulacro della grande caccia[26], lungo circa 65 metri, aveva la funzione di disimpegnare le stanze del dominus, della domina e dei figli, oltre che la basilica e la sala del triclinio. È forse l’ambiente con i mosaici più belli, nei quali sono rappresentati momenti della caccia, con scene della cattura delle belve e paesaggi di grande effetto. L’ambulacro ha, ai suoi estremi, due esedre con magnifici mosaici di figure femminili che personificano le province più estreme dell’impero romano: la Mauritania e l’India. Nella parte centrale, si trova l’Italia verso la quale arrivano le prede che serviranno per le feste circensi. Nella parte sinistra sono rappresentate le scene della cattura delle belve esotiche: pantere, antilopi, cavalli selvatici, leoni e cinghiali. Le scene si svolgono in un paesaggio africano con palmizi, colline, alberi, case e palazzi con portici. Tutti gli animali catturati vengono trasportati su carri trainati da buoi e caricati su navi nel porto di Cartagine. Assiste alla cattura delle belve, affiancato da due soldati con scudi, un personaggio nobile che porta un copricapo cilindrico, che qualcuno identifica con Massimiano. Nella parte centrale del mosaico avviene lo sbarco delle belve ad Ostia, dove due funzionari, con i bastoni del comando in mano, assistono all’operazione. Nella parte terminale dell’ambulacro sono rappresentate diverse scene: la cattura delle tigri, un leone che uccide un asino e la cattura di un grifone alato. Nell’esedra che chiude l’ambulacro, infine, è raffigurata l’India, personificata da una figura femminile, con la pelle scura, che ha in mano una zanna di avorio. Sulla sinistra c’è un elefante e sulla destra una tigre. Sopra l’elefante si trova l’araba fenice, l’uccello che moriva bruciato e che dopo tre giorni rinasceva dalle sue ceneri. Sulla destra dell’ambulacro si trovano due ambienti, destinati forse alla servitù della domina. Il primo ha pavimenti in mosaico con disegni geometrici e resti di affreschi alle pareti, mentre il secondo è la famosa sala delle dieci ragazze in bikini[28]. Questo ambiente presenta un doppio pavimento, segno che ad un certo punto la sala cambiò destinazione, (diventando la palestra per le figlie del dominus). Le ragazze sono rappresentate con Scena della Grande Caccia 34
  • 36. VILLA ROMANA DEL CASALE Sala delle ragazze in bikini subligar (mutandine) e stropkion e sono impegnate in varie discipline sportive, in onore della dea del mare Teti. La scena è divisa in due scomparti orizzontali: la parte superiore raffigura momenti del gioco con i pesi, del lancio del disco e della corsa; nella sezione inferiore, a cominciare da destra, sono rappresentati il gioco della palla a mano, la ragazza con la palma della vittoria che si pone sul capo la corona tortile ed infine la scena della premiazione eseguita da una fanciulla con manto aureo, che si appresta a porgere la corona e la palma ad una ragazza con in mano una ruota raggiata. Lungo il peristilio si trova l’ingresso per la sala di Orfeo[29], un ambiente rettangolare, con esedra sul fondo, nel quale si trova la statua di Apollo Liceo, una copia romana di un originale greco di Prassitele. Questa sala era destinata alle audizioni musicali e nel suo pavimento è rappresentato Orfeo che suona la cetra seduto su una pietra. Il mito ricorda che il poeta, con il dolce suono della sua cetra, riusciva ad ammaliare gli animali i quali, Sala di Orfeo 36
  • 37. 1.4 TERZA SEZIONE I cavalieri Bistoni con Gerione il mostro con tre corpi nel Triclinio catturati dalla sublime musica, correvano al suo cospetto come spettatori incantati. Nel mosaico sono rappresentati vari tipi di animali, da quelli più grandi, come elefanti, ippopotami, cammelli e rinoceronti, a quelli più piccoli, come lucertole, topi, uccelli, ricci e lumache. A questo punto si rientra nel grande ambulacro per uscire, a destra, in un cortile ornato da colonne che collegava gli appartamenti privati con il triclinio e lo xystus. Il triclinio[39] (triclinium) era la grande sala da pranzo ) dove il dominus ospitava i commensali di riguardo. In questa grande stanza ci sono tre profonde absidi dove erano disposti i triclini, lettini, spesso in bronzo, privi di schienali ma con cuscini, sui quali i commensali, adagiati su un fianco consumavano i lauti pasti serviti dai domestici. Nel pavimento di questa sala sono rappresentati i culti di Bacco e di Ercole. Nella parte centrale vengono illustrate le dodici fatiche di Ercole: dall’uccisione del Leone : di Nemea fino alla cattura delle Cavalle di Diomede, re dei cavalieri Bistoni. In ogni angolo sono rappresentati dei cavalieri Bistoni, uccisi dalle frecce di Ercole. Nelle absidi si trovano altri mosaici. Sulla sinistra, la glorificazione di Ercole da parte di Giove: si vede l’eroe nudo, con muscolatura possente e con sulle spalle una pelle di leopardo annodata sul petto, ricevere la corona di alloro sul capo. Bellissimi sono anche i mosaici nei quali è raffigurata la metamorfosi della ninfa Dafne in pianta di alloro e quella di Ciparisso in cipresso. Nella parte centrale dell’abside è rappresentata la gigantomachia, la storia dei cinque giganti che avevano sfidato Giove e che vengono colpiti dalle Statua di Apollo Liceo 37
  • 38. 1.4 TERZA SEZIONE Esione ed Endimione frecce di Ercole, avvelenate perché intinte nel sangue dell’Idra di Lerna, uccisa dall’eroe. I giganti, con serpenti al posto dei piedi, sono ripresi nell’attimo in cui si strappano le frecce con una smorfia di dolore. Al di sotto sono raffigurati Esione ed Endimione. Esione è rappresentata mentre indica il mostro marino al quale è stata sottratta, dopo essere stato colpito a morte da Endimione che, quasi incantato, indica la luna che cala. Infine, nell’abside di destra è rappresentata la metamorfosi di Ambrosia. L’episodio narra della vittoria delle potenze dionisiache contro Licurgo, re della Tracia. Nella scena si vede la baccante Ambrosia che inizia la metamorfosi, mentre il re Licurgo, nudo, cerca di ucciderla con un’ascia bipenne. Dei tralci di Ambrosia già si legano alle gambe di Licurgo, mentre il corteo dionisiaco cerca di difendere la baccante. Bella è la scena del satiro che lancia la pantera sacra contro Licurgo. Usciti dal triclinio si accede allo “xystus”[32], un grande atrio ellissoidale a cielo aperto, che serviva, forse, per la passeggiata con gli ospiti dopo Glorificazione di Ercole 38
  • 39. Giganti uccisi da Ercole 39
  • 40. VILLA ROMANA DEL CASALE Stanza di Arione i lauti pranzi. I mosaici del portico raffigurano busti di animali (tigri, leoni, cavalli, lupi, oche, anatre, ecc.) racchiusi da foglie d’acanto. Diverse erano anche le fontane a zampilli, che rallegravano gli ospiti. Attorno al cortile si trovano una serie di stanze dove i commensali si ritiravano, dopo i pasti, con le etere, deliziose fanciulle esperte nell’arte amatoria, oltre che nelle danze. I mosaici di questi ambienti rappresentano amorini che coltivano la vite, vendemmiano e pigiano uva, mentre, nella sala della vendemmia[7] è mosaicato il busto di Dioniso, con in capo una corona. Dall’altra parte, nelle salette, sono rappresentati amorini pescatori. Le altre sale contengono resti di mosaici indecifrabili. A lato dello xystus si trova un corridoio, i cui mosaici rappresentano animali e un vaso con foglie d’acanto, che fungeva da collegamento fra il peristilio, lo xystus e la cucina, dove si preparavano le vivande per i ricevimenti nel triclinio. Nella parte opposta del triclinio si trova l’acquedotto che forniva acqua alla grande vasca; da qui poi l’acqua affluiva ai vari servizi ed alla fontana del peristilio. Poco più in alto si trova la latrina ottagonale, che serviva solo la famiglia del dominus. Il locale è in dominus buona condizione, con pareti affrescate e con un mosaico che rappresenta un vaso da cui escono rami di edera. A destra dell’ingresso si trova una vasca che alimentava il canale della cloaca. Da qui la visita prosegue per le stanze della domina domina. La prima sala è la “diaeta” (stanza) “ Uno degli animali di Arione[42], un rappresentati nello Xistus grande soggiorno, nel quale la 40
  • 41. 1.4 TERZA SEZIONE Metamorfosi di Ambrosia: a sin. particolare del re Licurgo e a destra particolare della metamorfosi di Ambrosia Sala di Arione 41
  • 42. VILLA ROMANA DEL CASALE Sala del Piccolo Circo padrona di casa ascoltava musica o conversava con i familiari. Nella lunetta della sala è rappresentato il dio Oceano, con la lunga chioma ornata da due chele, la barba formata da piante marine e con la bocca dalla quale escono polipi, pesci, gamberi ed altre creature marine. Fra gli altri personaggi figura il poeta Arione che suona la cetra, tra le onde a cavallo di un delfino, mentre gli fanno corona mostri marini che escono dal mare in sembianze di grifoni, tigri, pantere, lupi, leoni e bovi cavalcati da graziosi amorini. Le Nereidi, ninfe delle acque dall’elegante femminilità, riempiono completamente la scena mitologica assieme a Tritone. Da questa sala si passa all’atrio semicircolare, un ambiente con colonne marmoree a capitelli ionici che, disposte ad emiciclo, reggevano il compluvium (tetto con pendenza verso l’interno) che raccoglieva l’acqua, per immetterla nell’impluvium (vasca). La funzione di questo ambiente era quella di disimpegnare le stanze dei figli del dominus da quella della dieta di Arione. I mosaici rappresentano amorini alati su barche mentre pescano con reti, nasse e fiocine in un mare ricchissimo di pesci. Seguono le quattro stanze dei figli. La prima è chiamata vestibolo del piccolo circo[44], in quanto nel pavimento i mosaici rappresentano una gara nel circo, dove si nota la spina centrale con le due mete, tra diverse bighe trainate da animali e guidate da fanciulli. Nella scena della consegna del premio al vincitore, ancora una volta i colori delle penne dei volatili richiamano quelli delle diverse fazioni che partecipavano alla competizione. La successiva sala è il cubicolo dei musici e degli attori[45] (la stanza della figlia), nella cui abside si intuisce la presenza di due colonne, oggi mancanti. Nel pavimento si vede una scena, due ragazze che intrecciano corone di rose, tipica della festa pagana della dea Flora (protettrice della fioritura e delle partorienti), che si svolgeva in primavera. Sopra l’albero si noti la foglia di edera, simbolo della famiglia di Massimiano. Nella restante parte della stanza ci sono altri mosaici disposti su tre ordini. Nella parte alta si notano quattro suonatori di vari strumenti ed un 42
  • 43. 1.4 TERZA SEZIONE Vestibolo di Eros e Pan personaggio con tunica bianca che tiene la palma da consegnare come premio al vincitore, mentre con la mano alzata dà inizio alla competizione musicale. Nella sezione centrale, tra due attori maschi e due femmine, si trova un grande disco con dentro le note musicali. In basso, è raffigurato un gruppo di persone con lunghe tuniche ed un altro disco con note. Al di là dell’atrio ci sono altre due stanze, simmetriche rispetto a queste due. Nella prima, il vestibolo di Eros e Pan[46], è rappresentato un combattimento fra Pan, dio dei boschi, ed Eros, dio dell’amore. A sinistra di Pan stanno un arbitro con manto rosso, un satiro e tre menadi. Dietro Eros si trova un gruppo di spettatori, che qualcuno suppone sia la famiglia di Massimiano. Sopra i due contendenti si trova una trapeza (tavola sorretta da funi) rettangolare, con quattro copricapi pannonici con rami di palma e, sotto, Cubicolo dei fanciulli cacciatori 43
  • 44. VILLA ROMANA DEL CASALE Vestibolo di Ulisse e Polifemo due sacche contenenti dei valori di cui è indicata la somma. Alcuni studiosi ipotizzano, però, che le due sacche significhino equità fra i due dei. La seconda sala è il cubicolo dei fanciulli cacciatori[47], la stanza del figlio, nella quale la scena musiva rappresentata su tre registri è di genere floreale. Nel registro in alto sono rappresentate due ragazze che raccolgono rose dentro cesti. Nel secondo una giovane porta cesti ricolmi di rose; dalla parte opposta un’altra ragazza, seduta su un cesto, intreccia corone di rose. Nel registro in basso un ragazzo mediante una pertica, portata sulle spalle, trasporta agli estremi cesti pieni di rose. Nella parte restante del pavimento su tre registri sono rappresentati dei giovani impegnati in battute di caccia. Nel registro in alto e in quello in basso sono i ragazzi che cacciano gli animali, mentre in quello centrale sono gli animali che inseguono i ragazzi. Si nota un gallo che pizzica un giovane inginocchiato. Proseguendo lungo il percorso segnato, si arriva alla basilica[48], sicuramente l’ambiente più grande della villa, al quale si accedeva dall’ambulacro della grande caccia. Nella basilica l’imperatore amministrava la giustizia e avevano luogo i ricevimenti ufficiali. Alle sue pareti permangono resti di lastre di marmo, che una volta rivestivano tutto l’ambiente. Anche il pavimento era tutto in marmo: si notano resti di rotae di porfido rosso attorniate da marmi policromi, palmette e fiori. Nell’abside, rialzata rispetto al resto del pavimento, si trovava il trono dell’imperatore, del quale rimane solo lo stallo in muratura dove era posto. Al centro dell’abside si trovava una gigantesca statua di Ercole, della quale resta solo la testa, conservata al museo. Anche all’ingresso, posto presso l’ambulacro della grande caccia, c’erano due grandi colonne di granito rosso che sostenevano l’architrave. A questo punto si visitano le stanze del dominus, alle quali si accede mediante il vestibolo di Ulisse e Polifemo[49]. Il suo pavimento musivo è 44
  • 45. 1.4 TERZA SEZIONE forse fra i più noti della villa, visto che rappresenta l’episodio del ciclope Polifemo e di Ulisse. Polifemo è rappresentato con tre occhi, con barba e capelli lunghi, mentre, seduto su un masso, tiene con la mano sinistra un montone col ventre squarciato e con la destra prende il cratere col vino che l’astuto Ulisse, con mantello rosso, gli porge con l’intento di ubriacarlo. Da questo ambiente si passa al cubicolo della frutta[50], la camera da letto della domina, con abside e pareti abbellite da affreschi, di cui resta un solo frammento nel quale si intravede un amorino. Nell’alcova i mosaici rappresentano lunette con fiori, mentre nella sala rettangolare disegni geometrici a quadrati racchiudono nove corone di alloro con dentro vari tipi di frutta: fichi, melograni, uva, pesche, pere. L’ultima stanza è il cubicolo della scena erotica[51], la camera da letto del dominus, composta da due ambienti contigui. Quello interno è un’alcova rettangolare, alle cui pareti si trovano affreschi che rappresentano una menade ed un satiro. Nel pavimento dell’alcova i mosaici descrivono cerchi che, incrociandosi, formano fiori quadripetali. Divide i due ambienti una striscia nella quale, da una parte, sono raffigurati due giovani che giocano con delle palline dentro un cerchio e dall’altra delle fanciulle che giocano con delle palline messe in fila. Il resto della sala è decorato con disegni geometrici, maschere e busti femminili. Al centro sta il famoso medaglione: un dodecagono con una corona di alloro che contiene la scena erotica, nella quale un giovane efebo coronato abbraccia una giovane, vista da dietro, mentre si denuda. Ai lati del dodecagono si trovano quattro figure femminili, dentro esagoni, che raffigurano le quattro stagioni e otto cerchi contenenti corone di alloro che racchiudono maschere teatrali femminili. Particolare del ciclope Polifemo 45
  • 46.
  • 47. 2. PIAZZA ARMERINA
  • 48. 2 PIAZZA ARMERINA I mportante e magnifica cittadina dell’ennese, situata in collina a circa 700 metri di altezza, Piazza Armerina (l’aggettivo Armerina fu introdotto nel 1882) è posta ai margini occidentali dell’antico Val di Noto. Ricca di fascino non solo per la ormai famosa Villa Romana del Casale coi mosaici ma anche per i suoi monumenti, essa presenta una stupenda trama urbanistica a “lisca di pesce”, che si intuisce soprattutto nel quartiere Monte, risalente al periodo normanno. Oggi la cittadina conta circa 20.000 abitanti e un territorio di 303 Kmq., ricco di boschi e di verde, dove è facile fare escursioni. Le sue origini molto antiche, risalenti all’VIII-VII sec. a. C., sono testimoniate dai reperti rinvenuti sul monte Rossomanno, su Monte Navone, sul monte Manganello e soprattutto sulla Montagna di Marzo, centri che subirono l’influsso della colonizzazione greca. Molto importante fu anche il periodo romano, testimoniato dalla presenza della meravigliosa Villa Romana del Casale, che ha ricevuto il riconoscimento di “Patrimonio Unesco”, in quanto “Patrimonio inalienabile dell’umanità”. La città ebbe il suo periodo di maggiore splendore sotto la dominazione normanna, durante la quale arrivarono a Piazza dei coloni lombardi. L’influenza di quest’ultimi fu rilevante tanto che ancora oggi nella parlata locale sono presenti tracce del dialetto gallo-italico. Piazza Armerina fu distrutta nel 1161 da Guglielmo I per avere ospitato elementi contrari al re normanno e fu poi ricostruita da Guglielmo II sul colle Mira (1163), l’attuale quartiere Monte. Da questo periodo iniziano i primi documenti storici. La città si espanse e diventò uno splendido centro, visto che nel 1296 vi fu convocato un Parlamento Siciliano, durante il quale fu eletto re di Sicilia Federico II d’Aragona che approvò le “consuetudini” della città, oggi conservate nel “Libro dei privilegi”, presso la Biblioteca Comunale. Al prestigio di Piazza contribuì anche l’arrivo di nuovi ordini religiosi e militari, come i Cavalieri del Santo Sepolcro, i Templari e gli Ospedalieri. Quando si insediarono in città anche gruppi provenienti dalla Penisola, fu ingrandita la cinta muraria, della quale si conservano alcuni resti nel quartiere Castellina. La peste del 1348 decimò la popolazione e sembra che in questa occasione sia stato trovato il vessillo della Madonna delle Vittorie, che divenne poi patrona della città. Nei secoli successivi si alternarono momenti di regressione e di espansione. I primi si verificarono quando alcuni feudatari ottennero di poter popolare alcuni casali vicini, come Valguarnera, San Michele di Ganzeria, Niscemi e San Cono. I secondi quando la città fu posta a capo di una “comarca”, che comprendeva sei feudi vicini. Furono costruiti magnifici palazzi, chiese, conventi ed un ospedale, così che Piazza ottenne l’appellativo di “città opulentissima” dall’imperatore Carlo V. Quando però diverse famiglie di dignitari si trasferirono a Palermo e a Napoli, sedi delle corti, iniziò per Piazza un lento declino. 48
  • 49. Statua del Trigona e palazzo omonimo 49
  • 50. PIAZZA ARMERINA P er visitare la città, l’itinerario può iniziare da Piazza Cascino, dove è possibile posteggiare l’auto e dove si trova il grande monumento dedicato al generale. Proseguendo per Via Garibaldi si incontrano sulla destra il teatro e la Chiesa di San Giovanni Battista, oggi sconsacrata, fatta costruire dai cavalieri gerosolimitani in stile gotico. Splendidi sono il suo portale, le finestre e nell’interno gli affreschi del Borremans. Sulla sinistra si staglia, su un’ampia scalinata, la Chiesa di Santo Stefano, dall’alta facciata scandita da due lesene laterali, da un portaletto barocco ed in alto da tre fornici aperti per le campane. Si prosegue fra palazzi e varie chiese fino a Piazza Garibaldi, vero centro cittadino, dove si affacciano il Palazzo Comunale e la Chiesa di San Rocco (chiesa di Fundrò), con un bel portale lavorato, entrambe costruite nella calda pietra arenaria locale e nello stesso stile. Si sale quindi per Via Vittorio Emanuele, attraverso magnifici palazzi e chiese, fra le quali quella di Sant’Ignazio, caratterizzata da una bella scalinata e con l’annesso convento dei Gesuiti. Quasi di fronte sta la monumentale Chiesa di Sant’Anna dalla facciata convessa e con finestre centinate. Procedendo si arriva al quadrilatero Castello Aragonese, eretto 50
  • 51. 2.2 ITINERARIO CITTADINO nel XV sec. e contraddistinto da torri angolari e bastioni. La via termina sulla spianata della Piazza Duomo, nella quale, oltre al maggiore tempio cittadino, prospetta anche il meraviglioso Palazzo Trigona, dalla facciata barocca. Il Duomo, con un’ imponente cupola che domina tutto il paesaggio urbano circostante, è stato costruito su una chiesa precedente, della quale si notano tracce originali nei primi due ordini del campanile, dalle magnifiche finestre in stile gotico-catalano, realizzate con bianca pietra calcarea. La costruzione, iniziata nel 1604, fu terminata nel 1719 nel tipico stile La chiesa di San Rocco o di Fundrò 51
  • 52. PIAZZA ARMERINA La Chiesa Madre e la cupola Interno della Chiesa Madre Il Priorato di Sant’Andrea 52
  • 53. 2.2 ITINERARIO CITTADINO barocco. Il suo magnifico portale scolpito assume il colore dell’oro nelle ore del tramonto. Nel maestoso interno ad una navata si conservano opere di pregio, come il quadro con la Madonna bizantina collocato nell’altare maggiore, a sua volta ricco di marmi policromi. Sembra che questa Madonna sia stata regalata dal papa Nicolò II al re Ruggero, in occasione della liberazione della Sicilia dagli Arabi. Nel tempio si conservano inoltre: presso l’ingresso, la tomba di Laura de Asaro; nel battistero, una bella arcata gaginiana; nella cappella a sinistra del presbiterio, un magnifico crocifisso su tavola (1485) di uno sconosciuto Maestro della Croce di Piazza Armerina; infine belle tele e un ricco tesoro con arredi sacri e paramenti vari. Tanti altri sono i monumenti, dai palazzi con i magnifici balconi barocchi sostenuti dai tipici mensoloni alle chiese, molte delle quali purtroppo in cattivo stato di conservazione. Particolarmente suggestive sono le stradine e gli ambienti ricchi di storia. Presso Piazza Cascino merita una visita anche la Chiesa di San Pietro, dall’aspetto austero e dal ricco interno, , importante specie per il soffitto a cassettoni e alcune sculture della scuola dei Gagini. Attiguo alla chiesa, si trova l’ingresso alla villa comunale, dalle cui alture si possono godere ampie vedute della città. Fuori città comunque di elevato interesse sono altre due chiese, sia per la loro storia che per le bellezze artistiche. Nei pressi del colle Armerino dove sorgeva l’antica città, si trova l’Eremo di Santa Maria della Eremo Platea e l’antico Priorato di Sant’Andrea, eretto nel 1096. Notevoli sono i suoi portali ogivali, sia nella facciata che nei fianchi, e gli affreschi del XII e XIII secolo, nelle pareti interne. Il monumento al Trigona ed il palazzo omonimo 53
  • 54. 2 . 3 I L M U S E O D E L L E M E R AV I G L I E A circa 300 metri in linea d’aria dalla celebre Villa Romana del Casale, dove si possono ammirare i mosaici di epoca tardo imperiale fra i più belli del mondo, dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, all’interno di una villa settecentesca si trova un prezioso museo, voluto da Enzo Cammarata ed inaugurato nell’ottobre del 2008. Fin dalla metà del Settecento, i membri della famiglia Cammarata, come si usava un tempo in tante altre famiglie, spinti dall’amore per il bello, dal senso di ospitalità verso i viaggiatori stranieri e mossi dai legami di amicizia e dalle fitte relazioni epistolari con studiosi europei e cultori di arte e scienze, raccolsero e collezionarono mobili ed oggetti d’epoca di grande valore e rarità. Fu l’antenato Domenico Cammarata, erudito piazzese della metà del XIX secolo, ad iniziare questa raccolta. Enzo, animato da una grande passione per la cultura del passato e coadiuvato dalla moglie Agata, l’ha incrementata, dando vita ad una collezione degna di apprezzamento per la pregevole rilevanza storico- artistica. Nel museo, oltre a mobili risalenti al periodo rinascimentale, al Settecento, al neoclassicismo e a tutto l’Ottocento, sono esposte ceramiche medievali e di varie epoche, resti di sculture di epoca romana e di periodi successivi, dipinti, stupendi micro-mosaici, collezioni di marmi e pietre dure, oggetti con intarsi in legno, splendide opere d’arte orientale e, ancora, collezioni di libri, stampe antiche, bronzi. Si tratta di elementi artistici riconducibili alle diverse culture che hanno avuto legami, in epoche varie, con la ricca terra di Sicilia. Fra i mobili di pregio, che suscitano l’attenzione dei visitatori, si trovano: un salotto in stile Luigi XV; due vetrine a semiluna Luigi XIV in legno laccato e dorato, di fabbrica romana; un leggio da coro del XVIII secolo; un monetiere, con applicazioni a sbalzo, in avorio. Fra le sculture di maggiore rilevanza artistica si segnalano una testa di fanciullo, attribuita a Francesco Laurana e un gruppo marmoreo che rappresenta Ercole bambino con l’oca, attribuibile , a Michelangelo. Di notevole interesse sono, inoltre, una maiolica dipinta che raffigura una Madonna con Bambino, di Luca della Robbia e un cratere a campana a figure rosse, con l’immagine di Ercole che uccide il centauro Nessos da una parte, e, dalla parte opposta, quella di un Satiro che insegue una menade. Le diverse stanze, del cosiddetto piano nobile, prendono il nome ognuna dai pezzi di particolare Testa di fanciullo attribuita al Laurana 54
  • 55. importanza in esse contenute. A questi locali, collegate da una scala in marmo, si aggiungono le salette del piano superiore, impreziosite da pezzi in maiolica. Una splendida camera da letto con mobili d’epoca chiude la collezione. La struttura è dotata anche di servizi per l’accoglienza di Ercole bambino con oca gruppi e di comitive, che scelgono di trascorrere una gradevole giornata a Piazza Armerina in un contesto paesaggistico ed ambientale di eccezionale qualità. Enzo Cammarata Cratere a figure rosse La visita al museo è a pagamento e prevede i seguenti orari: in estate dalle ore 9,00 alle 19,00 in inverno dalle ore 9,00 alle 17,00. Info: Villa delle Meraviglie - C/da Casale - 94015 Piazza Armerina Tel/Fax +39 0935 689055 - www.villadellemeraviglie.it info@villadellemeraviglie.it Il piano superiore 55
  • 56. PIAZZA ARMERINA L’ avvenimento folkloristico di maggiore richiamo, fra le feste della città, è sicuramente il Palio dei Normanni. Istituito nel 1952, si svolge a Piazza Armerina fra il 13 e il 14 agosto. La manifestazione rievoca un avvenimento che risale al lontanissimo 1091, quando il Gran Conte Ruggero regalò alla città di Piazza Armerina il labaro raffigurante Maria SS. Delle Vittorie, a sua volta ricevuto in dono come buon auspicio nella lotta contro i Saraceni che dominavano la Sicilia. Le celebrazioni cominciano Cortili e balconi fioriti il giorno 12 con la lettura del Pubblico Bando eseguita, per le vie della città di Plutia (Piazza Armerina), da un banditore. Il giorno 13 si rievoca l’ingresso in città del conte Ruggero al quale, accompagnato dalle sue truppe a cavallo e a piedi e dalla sua corte, nella centrale piazza del Duomo, vengono consegnate le chiavi della città. Successivamente il corteo storico, formato da circa 450 figuranti, si snoda per le medioevali vie della città. Il giorno seguente è dedicato allo svolgimento del Palio o Quintana, una gara fra i quattro quartieri in cui è divisa la città: Monte, Canale, Castellina e Casalotto. I cavalieri con mazza e lancia devono colpire un bersaglio: il Moro. Il quartiere che totalizza più punti riceve il Palio, Gara del Palio dei Normanni 56
  • 57. 2 . 4 F O L K L O R E - I L PA L I O D E I N O R M A N N I cioè il vessillo nel quale è rappresentata la Madonna delle Vittorie, che verrà conservato per tutto l’anno nella chiesa del quartiere. Un’altra ricorrenza folkloristica, che generalmente si svolge nella seconda metà del mese di maggio, è la manifestazione dei Cortili e balconi fioriti, durante la quale i balconi, i cortili e le strade vengono addobbati con fiori e piante. In Piazza Garibaldi una squadra di fioristi prepara una serie di bozzetti fioriti che riproducono i monumenti locali. Durante questi giorni si svolgono, inoltre, manifestazioni culturali, mostre d’arte, esposizioni di prodotti di artigianato e sfilate di sbandieratori e gruppi in costume. Il corteo storico 57
  • 58.
  • 59. 3. ENNA
  • 60. 3 E N N A E nna è una bella città dalle origini antichissime. Capoluogo di provincia più alto d’Italia, è definita anche “Belvedere di Sicilia” poiché arroccata su un alto sperone roccioso (948 m.) da cui si gode un panorama vastissimo. Per la sua posizione nel centro dell’isola fu nominata da Callimaco Umbilicus Siciliae (“Ombelico della Sicilia”) e da Tito Livio Urbs inexpugnabilis (“Città inespugnabile”) come a voler mettere in risalto la funzione strategica del luogo, sempre più protetto per farne una roccaforte. La nebbia cinge di frequente Enna, proprio per la sua altezza, tanto che essa viene chiamata familiarmente “la paesana”, ma nelle limpide giornate lo sguardo può cogliere il panorama di un’immensa porzione della Sicilia fino al lontanissimo mare. Suggestivi appaiono i profili di tanti centri urbani che dall’altura si scorgono (Calascibetta, Leonforte, Àssoro). I primi abitanti della città furono i Sicani i quali, spinti dai Siculi, si rifugiarono sul monte Henna. Passò quindi sotto l’influenza greca, specie quella proveniente da Gela; si alleò successivamente con Siracusa contro Cartagine, anche se conservò sempre una certa autonomia. I nuovi padroni furono i Romani che la chiamarono “Castrum Hennae” (“Campo fortificato di Enna”), mentre per gli Arabi fu “Qasr Yannah”, dopo la conquista cristiana tradotto in Castrogiovanni, nome che tenne fino al 1927 quando, dichiarata Capoluogo di Provincia, prese il nome attuale di Enna. Sotto i Bizantini divenne un’importante fortezza che dominava un esteso territorio che fungeva da granaio dell’isola. Nell’859, dopo un lungo assedio, il maniero fu espugnato dagli Arabi che lo elessero come sede di un emirato, dando il via ad un periodo di prosperità. Quando i Normanni, capeggiati dal Conte Ruggero, cominciarono la conquista della Sicilia, anche Enna fu cinta d’assedio e nel 1088, dopo parecchi anni di resistenza, grazie ad un tradimento, cadde in mano normanna. Sotto i Normanni, con il gran Conte Ruggero, fu ripristinata la fortezza e tutto il suo sistema difensivo. Vi fu inoltre insediata una guarnigione di soldati Lombardi dal quale deriva la denominazione di “Castello di Lombardia”. La città divenne importante sotto il regno di Federico II d’Aragona tanto che, nel 1324, fu scelta per riunirvi il Real Parlamento Siciliano. 60
  • 61. Il castello di Lombardia 61
  • 62. 3 . 2 I T I N E R A R I O C I T T A D I N O L ’itinerario può iniziare dalla Piazza Vittorio Emanuele che rappresenta il centro cittadino. Qui prospetta un fianco dell’antica Chiesa di San Francesco d’Assisi accompagnata da una severa torre quadrata aperta in basso da poderosi archi a tutto sesto, che si ergono su un possente strato roccioso ancora visibile alla base. Nel tempio ad una navata si trovano notevoli opere d’arte tra cui una croce lignea attribuita a Pietro Ruzzolone e una “Epifania”, tavola dipinta del fiammingo Simone De Wobrek. Affacciati dall’attigua Piazza Crispi si ammira un esteso panorama sulla vicina Calascibetta, sull’Etna, le Madonie e buona parte della Sicilia centrale. Si imbocca Via Roma, principale arteria cittadina, dove oltre a diversi palazzi prospettano la neoclassica facciata del Palazzo Municipale, la barocca Chiesa di San Giuseppe, dalla severa facciata con un portale arricchito da due coppie di colonne che reggono un architrave scolpito ed, in alto, una torre campanile a tre fornici. Quasi attaccato, si trova il magnifico campanile dell’ex Chiesa di San Giovanni Battista che, a pianta quadrata, si eleva massiccio ma allo stesso tempo alleggerito in alto da una stupenda trifora gotica. Poco più avanti si arriva a Piazza Colajanni, dove si affaccia la Chiesa di Santa Chiara, rimaneggiata nel ‘700. Oggi Sacrario dei Caduti nelle guerre, si presenta con un’alta facciata divisa in due ordini da una fascia marcapiano e ai lati da due coppie di lesene Di fronte, in un cortile, si trova il magnifico Palazzo Pollicarini, dove si ammirano ancora elementi architettonici del periodo gotico-catalano. Chiesa di Santa Chiara 62
  • 63. 1.1 VILLA ROMANA - LA SCOPERTA Castello di Lombardia e statua di Euno 63
  • 64. 3 . 3 I L D U O M O P roseguendo si arriva presso il Duomo, il maggiore monumento religioso della città. Voluto da Eleonora d’Aragona, moglie di Federico II, fu eretto in forme gotiche delle quali restano le possenti absidi poligonali, abbellite da monofore dalle lavorate cornici e da splendide colonnine nelle strombature. Nella sezione laterale, che s’affaccia su Piazza Mazzini, si apre il bel Portale di Porta Sottana dove, su due coppie di colonne scanalate con capitelli compositi, l’architrave reca una bella scultura marmorea: il bassorilievo con San Martino che dona il mantello al povero (opera dello scultore-architetto Iacopino Salemi). Interessante è anche il portale “porta santa”, oggi murato, dove oltre all’arco gotico-chiaramontano a denti di sega, nella parte alta si nota entro una nicchia una Madonna con Bambino del XV sec.. Nell’interno a tre navate, divise da due serie di colonne che sostengono archi gotici, si trova un’ incredibile sequenza di capolavori. Interessante è il tetto ligneo, costituito da cassettoni intercalati a rosoni, a travi istoriate e fregi, stupenda opera attribuita a Scipione di Guido. Molto belle, nella navata centrale, sono le cantorie lignee con statue degli apostoli, il pulpito marmoreo, il coro ed il lavoratissimo fercolo, sul quale è portata in processione la statua della Madonna della Visitazione, patrona della città. Fra i lavori di marmo si ricordano le statue dell’Annunciazione, poste ai lati della porta mediana, le acquasantiere, le colonne ed i capitelli, specie la colonna del Gagini, dove sono scolpiti putti, grifi, foglie d’acanto e animali fantastici. Nella cappella della Visitazione magnifico è il rivestimento in marmi policromi. Notevoli sono anche i dipinti fra i quali si ricordano alcune tele del Paladino e del Borremans, un Crocefisso su tavola e un affresco, la “Madonna del Melograno” del XV secolo. Nella sagrestia è possibile ammirare un magnifico armadio (“casciarizzo”, in dialetto), in noce intagliato, le cui stupende sculture raffigurano scene della vita di Cristo. Il Duomo 64
  • 65. Navata centrale Il tetto a cassettoni Particolare della cupola Portale di Porta Sottana 65
  • 66. 3 . 2 I T I N E R A R I O C I T T A D I N O Dietro il Duomo, ospitato nel palazzo della Canonica, oltre una magnifica inferriata finemente lavorata, si trova il Museo Alessi, dal nome del canonico Giuseppe Alessi che nell’800 iniziò la collezione. Nella pinacoteca si trovano icone bizantine, tavole dipinte ed altre opere di diversa provenienza, mentre nel corridoio sono esposte stampe a rame. Nel piano interrato si trova il tesoro del Duomo costituito da arredi sacri, paramenti e oggetti in oro tra i quali una corona della Madonna ed il Pellicano. La prima è in oro traforata con smalti policromi, diamanti, rubini e smeraldi; il secondo è forse il gioiello più interessante del museo, con una meravigliosa acquamarina al suo interno che rappresenta Cristo, donato dalla famiglia Grimaldi alla Madonna. Il pellicano è un animale che, per il suo sacrificio, simboleggia quello unico di Gesù. Di rilevante interesse è anche l’ostensorio di Paolo Gili. Nel Museo si trova inoltre una raccolta numismatica con belle monete greche, romane e bizantine e la raccolta archeologica costituita da reperti di varie epoche, tra le quali statue fittili, ceramiche e lucerne. Per chi volesse avere una visione più completa della storia di Enna, vale la pena visitare il Museo Archeologico Regionale, allestito nelle belle sale del Palazzo Varisano, dove sono raccolti reperti archeologici di Enna e della provincia, particolarmente corredi funerari di necropoli. Il materiale più importante proviene dalla zona attorno al lago di Pergusa, dove si sono trovati reperti che risalgono addirittura all’età del Rame. Attualmente i due musei sono momentaneamente chiusi al pubblico. Le absidi del Duomo 66
  • 67. Chiesa di San Francesco 67
  • 68. 3.4 IL CAS T E L LO LO M BA R D I A S i prosegue quindi per Via Roma fino ad arrivare al Castello di Lombardia, una delle più interessanti fortificazioni dell’isola. É protetto da una scoscesa scarpata su più lati nonché da un’ampia cinta di poderose mura, tali da racchiudere una vasta superficie di 27 kmq. Dal lato meno ripido la fortificazione aveva un ponte levatoio con fossato, oggi inesistente. La sua pianta irregolare conserva sulle cortine solo sei delle circa venti torri originarie. Tre gli ampi cortili contigui del complesso, muniti di mura. Nel primo, denominato “piazza degli armati” (o “di San Nicola”), è stato allestito un teatro all’aperto per manifestazioni che generalmente si tengono nel mese d’agosto. Il secondo, detto delle “vettovaglie” (o “della Maddalena”) era utilizzato per l’ingresso di abbondanti viveri, necessari anche a sostenere l’isolamento causato dai frequenti assedi. Il cortile più fortificato è il terzo chiamato “piazzale di San Martino” (o “dei Condottieri”); cuore della fortezza è oggi quello meglio La torre del Castello 68
  • 69. conservato. Da qui si accede al mastio: la Torre Pisana, così chiamata perché i pisani, che facevano parte dell’esercito dei Normanni, avevano il compito di difenderla. Dalla sua postazione è godibile uno dei più vasti panorami della Sicilia centrale: le Madonie e i colli Erei, la valle del Dittaino e l’Etna. Al centro della corte rimangono le fondamenta di una chiesa ed di un pozzo d’acqua. Delle cinque torri che la difendevano, oltre alla Torre della Zecca (o “del Tesoro”), ricordiamo “Torre delle Aquile”: le avevano attribuito questo nome perché dai suoi merli gli avvoltoi avvistavano le prede. Nei pressi del castello, su uno sperone roccioso, si notano i resti del Tempio di Cerere, la dea delle messi venerata in età romana e luogo di misteri legati ai riti eleusini. Interno di uno dei cortili La rocca di Cerere 69
  • 70. 3 . 2 I T I N E R A R I O C I T T A D I N O Ci sono altri monumenti da vedere ad Enna e fra questi la Chiesa di san Cataldo, che si erge in Piazza Matteotti. Il tempio è stato restaurato nel XVII secolo. Nel suo interno ad una navata si trovano numerose opere artistiche, fra le quali un’ancona marmorea attribuita a Giandomenico Gagini, una croce lignea dipinta del ‘500 e varie tele. Altre chiese interessanti sono quella delle Anime Sante, dalla facciata in stile barocco e il soffitto affrescato dal Borremans, e quella di san Tommaso, con elementi gotico-catalani nel campanile e all’interno un’ ancona marmorea del Mancino. Proseguendo per Via Roma e poi per Via IV Novembre, si arriva alla Torre di Federico II. Situata in un magnifico giardino, su un dosso roccioso, fu costruita su elementi precedenti e restaurata da Federico d’Aragona. Secondo qualche studioso locale, la torre a pianta ottagonale sarebbe un osservatorio geodetico. É certo comunque che, oltre a garantire adeguate difese, fu una delle residenze venatorie preferite dall’imperatore. Interessante può essere una passeggiata nel quartiere di Fundrisi, antico borgo una volta popolato dagli abitanti del Borgo Fundrò, distrutto nel 1396 dal re Martino d’Aragona, il quale deportò gli abitanti rivoltosi nell’antica Castrogiovanni. Il borgo Fundrisi ha conservato nel tempo sia il suo particolare dialetto, sia la struttura medievale. E’ qui che si trova anche la porta di Ianniscuro, l’unica rimasta delle cinque che si aprivano nella cerchia urbana della città. Nei dintorni è ubicata anche la grotta della Spezieria, dove si trovano ancora le cellette in cui venivano poste statuette votive. Nella parte alta si trovano i resti della Chiesa dello Spirito Santo, dove si conservano affreschi di epoca incerta e nei pressi resti di mura della fortificazione greca. Da qui si gode un immenso panorama di Enna che nelle chiare giornate abbraccia anche l’Etna. Sempre nella zona di Enna Monte si trova l’ampio spiazzale con la Chiesa di Monte Salvo e, lungo il costone del colle, il Santuario di Papardura, ricco di stucchi Papardura serpottiani e di un soffitto ligneo a cassettoni, scolpito ed istoriato, molto ben conservato. Notevoli sono anche le pale d’altare, il paliotto dell’altare e gli ex voto. Immenso il panorama che si apre dalla facciata. Da qui inizia la processione che si tiene la domenica delle palme. 70 La torre di Federico
  • 71. La Chiesa dello Spirito Santo 71
  • 72. 3.5 FOLKLORE - SETTIMANA SANTA S icuramente la festa più sentita e seguita ad Enna è quella della settimana santa la quale comincia la Domenica delle Palme con la sfilata delle confraternite che si recano al Duomo e con la distribuzione di rametti di ulivo e di palme. La festa raggiunge il culmine il venerdì santo con la solenne processione fra le stupende vie medioevali di Enna. Il venerdì santo nel primo pomeriggio, nella Chiesa del SS Salvatore, la confraternita del Crocifisso provvede a prendere il corpo del Cristo da un’urna di cristallo e a portarlo nel Duomo. Centinaia sono i confrati che si preparano a questo specifico compito, tramandando questo ruolo da padre in figlio. Alle ore 17, le diverse confraternite partono ciascuna dalla propria chiesa per recarsi prima nella chiesetta dell’Addolorata, per rendere omaggio alla Vergine che già è stata sistemata sulla “vara” (così viene chiamato in dialetto il fercolo sul quale è posta la statua) e poi al Duomo, il luogo dell’assembramento. Qui arriva quindi la vara della Madonna, seguita da una banda che intona musiche intrise di mestizia e di dolore, come impone questo momento. Da qui alcune migliaia di confrati, come guidati da una grande regia, iniziano a disporsi per la lunga e solenne processione, portando a spalla le due vare con i simulacri del Cristo morto e della Madonna dei sette dolori. I confrati, incappucciati, portano ceri accesi ed indossano la mantella con i colori della confraternita di appartenenza. Ognuna porta il proprio stendardo e su un vassoio i simboli della passione del Cristo. Alla processione partecipa anche il coro dei ‘mbriachi, i quali cantano i lamintanzi che rievocano la passione di Gesù. Così i due simulacri, avvolti dalle tenebre della notte, sono fatti marciare per le vie della città a passo cadenzato, con una caratteristica “annacata”, fra due immense ali di folla, di devoti e di turisti, fino alle prime luci dell’alba. FESTA DI MARIA S.S. DELLA VISITAZIONE La festa di Maria S.S. della Visitazione, patrona della città, si svolge il 2 luglio. La statua, che raffigura la Madonna con un bambino tra le braccia, è racchiusa nella nicchia della cappella absidale destra del Duomo. Acquistata nel 1412 a Venezia, dal 29 giugno di ogni anno viene portata sull’altare maggiore dove rimane fino al giorno del suo festeggiamento. Il simulacro, posto sulla “nave d’oro” (così è chiamato il fercolo), è portato a spalla da 124 confrati che camminano scalzi. Suggestivo il momento in cui le due statue di Santa Elisabetta e di San Zaccaria vanno incontro alla Madonna. Nella chiesa di Montesalvo la Vergine rimane 15 giorni. Sarà poi riportata nel Duomo. La nicchia verrà aperta al culto l’11 gennaio di ogni anno in segno di ringraziamento: il terribile terremoto dell’11 gennaio del 1693, che prevalentemente distrusse i paesi della Sicilia orientale, non toccò minimamente la città di Enna. 72
  • 73. Le confraternite del Venerdi Santo Qui e nella pag. seguente: la statua della Madonna dei sette dolori 73
  • 74.
  • 75.
  • 76. 3 E N N A F amoso lago della Sicilia centrale, nella mitologia fu teatro del rapimento di Proserpina da parte di Plutone. Della sua bellezza originale rimane ben poco poiché per molti secoli, purtroppo, ha subito le offese dell’uomo, tanto che lungo il suo anello vi è stato addirittura costruito un autodromo attrezzato di tutto. Le sue acque sono leggermente salmastre e la sua profondità è di circa 4-5 metri. Non ha immissari né emissari, quindi le sue acque sono dovute a risorgive. 76
  • 77. 3 . 6 I L L A G O D I P E R G U S A Nonostante il continuo inquinamento, vi si trovano fra le canne anatre e folaghe. Periodicamente le sue acque si colorano di rosso (ogni 10 anni circa) per la presenza di batteri solforati che producono, durante il loro processo digestivo, idrogeno solforato. Quando verso la fine del periodo estivo la concentrazione di questi batteri raggiunge il massimo della concentrazione, si manifesta il tipico arrossamento delle acque. Il lago di Pergusa 77
  • 78.
  • 79. 4. MORGANTINA
  • 80. 4 M O R G A N T I N A A quattro chilometri da Aidone, in località Serra Orlando, un pianoro dei monti Erei, in un luogo ameno e panoramico sorge l’antica città di Morgantina. Gli scavi di Morgantina hanno messo in luce un villaggio di origine antichissima, i cui abitanti originari si suppone siano stati i Morgeti, un popolo italico che, assieme ai Siculi e in periodi differenti, sono scesi nell’Italia meridionale in tempi protostorici, costringendo i Sicani, che abitavano questi territori, a spostarsi verso la costa occidentale della Sicilia. Di questo periodo restano tracce nella zona di san Francesco e di Cittadella; si tratta per lo più di resti di capanne a base circolare o rettangolare. Nel VII secolo a.C. entrano in scena i Greci che, dopo la fondazione di diverse città costiere, iniziano una espansione verso l’interno ed arrivano fino a Morgantina, dove si mescolano agli indigeni e cominciano ad organizzare una vera città con le caratteristiche delle polis greche. Questa prima città, uno degli esempi migliori di centri ellenizzati della Sicilia interna, fu distrutta più volte e sempre ricostruita. Una prima volta fu distrutta da Ippocrate di Gela (500 a.C.), che voleva assoggettare tutte le colonie greche calcidesi, come Morgantina, e successivamente dalle comunità sicule (Siculi, Morgeti, Sicani) che si erano coalizzati, sotto la guida di Ducezio, contro la politica espansionistica greca. Con la sconfitta di Ducezio a Nome nel 450 a.C., il sogno di autonomia dei Siculi non si realizzò mai più.Quando, dopo le lotte fra Siracusani ed Ateniesi nel 427 a.C., fu proclamata l’autonomia delle città di Sicilia dalla madrepatria Grecia, Morgantina fu assegnata a Camarina, dietro pagamento di una certa somma di dracme. In questo periodo (IV sec a.C.) la città si arricchisce di vari monumenti, civili, politici e religiosi e di mura difensive. Successivamente con Agatocle, tiranno di Siracusa, furono sistemati l’agorà e i santuari delle divinità ctonie (Demetra e Kore) e fu edificato il nuovo quartiere ellenistico-romano. In questo periodo di splendore fu l’unica città dell’entroterra siciliano ad emettere moneta. Ma quando la città si ribellò a Roma, durante le guerre puniche, il console Claudio Marcello la distrusse e assegnò Morgantina a degli ausiliari spagnoli, che erano passati con i Romani. Fu in questo periodo che furono coniate delle monete dagli Hispani, che hanno permesso agli archeologi di Princeton di identificare il sito di Serra Orlando con la città di Morgantina. Quando la Sicilia divenne provincia romana, la città fu classificata decumana, costretta a pagare a Roma il 20% del raccolto, cioè una doppia decima. Infine quando, durante le guerre civili, Morgantina si schierò contro Ottaviano, subì da questi la definitiva distruzione e quindi l’abbandono del sito. Strabone all’inizio dell’età imperiale parla di Morgantina come di una città che “una volta esisteva, ma che ora non esiste”. 80
  • 81. 4 . 1 I N T R O D U Z I O N E La fontana monumentale Il santuario Ctonio Il Macellum o mercato 81
  • 82. M O R G A N T I N A E ntrando nell’area archeologica si visita subito l’”Agorà”, un ampio spazio aperto, circondato da tre lati da portici lunghi 100 metri, una volta centro vitale della vita sociale. Questi portici (stoai), che avevano dei colonnati ai lati esterni e all’interno dei pilastri, dei quali si notano i resti e che sorreggevano tetti a doppio spiovente, avevano funzioni diverse: quelli ad est erano destinati ad attività politiche, quelli del lato ovest erano destinati ai commerci, con delle botteghe ai lati che si aprivano sull’agorà. Quelli del lato nord servivano certamente come “gymasion”, luogo adibito alle attività sportive. In questi ultimi portici nel periodo romano furono ricavati alcuni vani per botteghe. Presso l’ingresso si nota una grande fontana con doppia vasca. Questa fontana, alimentata da una sorgente, era sicuramente un importante luogo di incontro, in quanto consentiva a chiunque di dissetarsi e di fornirsi di acqua per i bisogni domestici. La piazza, essendo il suo piano in leggera pendenza, fu divisa in due da una scala trapezoidale di quindici gradini, che ha dato luogo a due 82
  • 83. 4. 2 VI S I TA DE L L’ A R E A AR C H E O LO G I C A Il Bouleuterion La scala trapezoidale 83
  • 84. 4 .2 VI S I TA DE L L’ A R E A AR C H E O LO G I C A Casa del capitello dorico “Eyexe” Il benvenuto zone differenti aventi funzioni diverse: una quelle politico-commerciali e l’altra quelle religiose. La stessa scala, che costituisce una stupenda quinta architettonica, fungeva da “ekklesiasterion”, (il luogo delle assemblee cittadine), con annesso un “bema”, il piedistallo di pietra da cui parlavano gli oratori. Accanto al Ginnasio si trova un ambiente a pianta quadrangolare che si pensa sia il “bouleterion”, luogo di riunione del senato della città. Questo era l’organo più importante della comunità ed aveva funzione legislativa, esecutiva e giudiziaria. Accanto si nota una “taberna”, una sorta di bar moderno, adibita alla vendita del vino. Si notano ancora i sedili in pietra e i sostegni per la tavola. Proseguendo verso nord si trova il “macellum”, ampio spazio destinato alla vendita di generi alimentari. Si notano ancora le botteghe che circondano un cortile porticato con al centro una struttura a tolos di uso finora ignoto. Si nota 84
  • 86. M O R G A N T I N A pure l’ingresso del mercato con due locali che contenevano le statue delle divinità che proteggevano il mercato. Poco più avanti si trova un ambiente composto da due settori a pianta rettangolare: si tratta del Santuario Ctonio, dedicato alle divinità legate alla terra (Demetra, Proserpina e Kore o Cerere). Esso era delimitato da un muro di temenos e comprendeva alcuni altari ed anche una fornace per la produzione di statuette votive in terracotta. Si nota ancora un recinto circolare con dentro un altare cilindrico, sul quale poggiava la statua della dea. La fornace È da questa area sacra che proviene la maggior parte dei busti fittili di divinità e di ex voto rinvenuti a Morgantina. Anche il vicino teatro risale all’incirca al IV secolo a.C. e poteva contenere fino a 5000 spettatori. Posto sul fianco della collina, era costruito e non scavato nella roccia, come tanti altri teatri siciliani. Si ha quindi una cavea adagiata sul terrapieno artificiale, trattenuto da grosse mura e da contrafforti interni. La cavea è divisa da cinque scale verticali ed in sei settori radiali. Ogni settore era dedicato ad una divinità, infatti sul terzo gradino dall’alto è possibile leggere una dedica da parte di Archelao, figlio di Eukleide al dio Dioniso. Grazie alla particolare acustica e all’impegno della Provincia Regionale di Enna e di Capua Antica Festival, ogni anno nel periodo estivo questo superbo teatro torna a rivivere, ospitando le rappresentazioni classiche del circuito nazionale “Teatri di Pietra”. Nella parte opposta all’agorà si trova un lungo edificio con grandi ambienti di diverse dimensioni. Si è supposto che siano i magazzini per la conservazione del grano e dei cereali, forse il pubblico granaio per l’ammasso del grano riservato alle tasse a Siracusa prima e poi a Roma. Nella parte più bassa si trovano due fornaci, di una delle quali si nota ancora il cunicolo dove ardeva la legna ed il piano di cottura dei mattoni destinati all’edilizia. Nella parte orientale dell’agorà, prima dei quartieri residenziali, si trova un ambiente rettangolare, un edificio pubblico che si suppone sia il “pritaneo” (prytaneion), luogo di riunione dei magistrati e di 86
  • 87. 4.2 VISITA DELL’AREA ARCHEOLOGICA accoglienza dei personaggi illustri. Nei pendii ad est e ad ovest si trovano i quartieri residenziali, e proprio vicino al pritaneo, si trova la casa del saluto, conosciuta anche come casa del capitello dorico, per l’iscrizione a mosaico “EYEXE” (stai bene). In essa, oltre ad un quadriportico colonnato, sono stati rinvenuti pavimenti in cocciopesto con mosaici. Poco oltre si trova la casa di Ganimede, una delle più eleganti dimore di Morgantina. L’abitazione presenta un peristilio rettangolare, che, con le sette colonne sui lati lunghi e tre sui lati corti, circonda un cortile per la raccolta delle acque piovane. Nell’ambiente che dà il nome alla casa si nota un mosaico raffigurante il ratto di Ganimede, mentre le pareti conservano tracce di intonaco dipinto in rosso. Le numerose abitazioni che si possono visitare denotano tutte lo stato sociale raggiunto dal proprietario, fra esse si ricordano la casa della cisterna ad arco, una delle più grandi e lussuose case di Morgantina dove si notano ancora alcune camere con mosaici splendidi, la casa delle monete d’oro, la casa delle antefisse, la casa dei capitelli tuscanici, la casa del magistrato. Alcune dimore, appartenenti sicuramente a proprietari benestanti hanno ambienti con pavimenti a mosaico o in cocciopesto, nei quali i più svariati disegni, ispirati a motivi geometrici o naturalistici, sono la prova della maestria degli artigiani del tempo. Nella parte più esterna si vedono gli scavi della Casa di Eupolemo, dove sono stati saccheggiati una ricca ed originale collezione di argenti. Argenti che dopo molti anni trascorsi nei musei americani, sono finalmente rientrati a Aidone, per poterli ammirare in tutto il loro splendore. Iscrizione di un gradino del teatro greco 87