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I Micenei (o Achei) si stanziarono in Grecia intorno al
1600 a.C., in particolare nella zona del Peloponneso.
Il territorio della penisola greca è prevalentemente
montuoso e inadatto alla coltivazione e, anche i
Micenei, furono abili navigatori.
A causa del territorio ostile alla coltivazione, l’agricoltura era
piuttosto scarsa ma riguardava principalmente vite e olivo.
L’allevamento era invece più sviluppato, prevalentemente di pecore
dalle quali ricavavano la lana. Anche per questo popolo, tuttavia,
l’attività economica principale era il commercio per via marittima.
Gli artigiani erano molto abili nella lavorazione dell’oro e del bronzo
per la produzione di gioielli ed armi.
Anche i Micenei non costituirono
mai uno stato unitario ma
fondarono delle Città-Stato
indipendenti.
Queste sorgevano su delle alture e
nella parte più alta, detta acropoli,
era situato il palazzo reale al
centro del quale era situata la sala
del trono dove avvenivano anche le
cerimonie religiose.
A contrario dei Cretesi, però, le
città micenee erano circondate da
imponenti mura difensive.
All’interno delle mura cittadine vi
era anche la necropoli dove erano
custodite le tombe di re e guerrieri. Le città più importanti
erano: Micene, Pilo e
Tirinto.
In seguito alla conquista
di Creta, i Micenei
adottarono la scrittura di
tipo «lineare B» utilizzata
dai Cretesi, incidendo su
tavolette di argilla.
Prima della conquista
dell’isola, tuttavia, la
scrittura era quasi del
tutto inesistente eccetto
per i compiti
amministrativi del
palazzo reale.
Non si sa molto sulla religione
praticata dai Micenei ma è
probabile che, le divinità
venerate, siano le stesse
adorate dei Greci molto tempo
dopo. Credevano nell’aldilà
come una vita simile a quella
terrena e le personalità più
illustri venivano sepolti nelle
necropoli.
L’Iliade racconta la guerra dei Greci, guidati dal re di Micene,
Agamennone, contro la città di Llio o Troia, sulle coste dell’Asia Minore
(l’attuale Turchia).
Grazie al poeta Omero abbiamo molte informazioni sulla guerra di Troia e
su queste civiltà. Egli fu autore di poemi epici che raccontano le gesta degli
eroi del tempo.
Le vicende narrate da Omero nell’Iliade raccontano quello che accadde
durante la guerra.
Secondo la leggenda, la guerra fu provocata dal troiano Paride. Questo rapì
la bellissima Elena, moglie di Menelao, re di Sparta e fratello di
Agamennone.
In risposta, i Greci strinsero un’alleanza e dichiararono guerra a Troia, in
maniera tale da obbligare i Troiani a riconsegnare Elena al suo legittimo
sposo.
L’assedio di Troia durò dieci anni. Durante il decimo anno si affrontarono
in duello il greco Achille e il troiano Ettore, i due guerrieri più valorosi.
Vinse Achille, che riuscì a uccidere Ettore.
Infine, su suggerimento di Ulisse, i Greci costruirono un enorme cavallo
di legno, nel cui ventre nascosero alcuni guerrieri.
Poi lo abbandonarono su una spiaggia vicino a Troia e, simulando la
partenza, si allontanarono con le loro navi.
Caduti nell’inganno, i Troiani trasportarono il cavallo di legno all’interno
della città.
Nottetempo i guerrieri greci nascosti nel cavallo si calarono a terra.
Spalancarono le porte della città nemica e vi fecero entrare l’esercito, che
nel frattempo era tornato di nascosto.
Durante quella stessa notte la città di Troia venne data alle fiamme dai
Greci.
L’Odissea, secondo poema di Omero, racconta l’avventuroso ritorno in patria, a
Itaca, del suo re, l’astuto Ulisse o Odisseo, che aveva partecipato alla guerra di
Troia.
Nel suo lungo viaggio Ulisse incontra pericoli di ogni genere: le sirene,il cui canto
affascinava a tal punto i marinai dadar finire le loro navi sugli scogli, la maga Circe,
che trasformava gli uomini in maiali, il ciclope Polifemo, un gigante che aveva un
solo occhio e che ci si cibava di uomini.
Per salvarsi, anche in quest’ultimo caso, Ulisse dovette ricorrere all’inganno. Offerto
al gigante un otre pieno di vino, attese che Polifemo, dopo l’abbondante bevuta, si
addormentasse.
Poi prese un palo e, resa la punta incandescente con il fuoco, lo conficcò nell’unico
occhio del gigante, acceccandolo.
A Itaca la moglie Penelope aspettava Ulisse, fedele a lui nonostante le offerte di
matrimonio dei nobili del luogo, chiamati proci.
Un giorno i proci, stanchi di aspettare, misero Penelope alle strette. Doveva sciegliere
tra di loro un nuovo sposo, che in questo modo sarebbe diventato re.
Penelope accettò, ma a una condizione. Avrebbe prima terminato di tessere la tela a
cui stava lavorando.
I proci acconsentirono.
Ma in gran segreto, ogni notte Penelope si recava al telaio e disfaceva tutto quello che
di giorno aveva tessuto.
Poi, quando ormai tutti credevano Ulisse morto,egli tornò travestito da mendicante,
uccise i proci e, finalmente, potè riabbracciare la fedele Penelope e sedersi sul suo
trono.

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La civiltà micenea

  • 1. I Micenei (o Achei) si stanziarono in Grecia intorno al 1600 a.C., in particolare nella zona del Peloponneso. Il territorio della penisola greca è prevalentemente montuoso e inadatto alla coltivazione e, anche i Micenei, furono abili navigatori.
  • 2. A causa del territorio ostile alla coltivazione, l’agricoltura era piuttosto scarsa ma riguardava principalmente vite e olivo. L’allevamento era invece più sviluppato, prevalentemente di pecore dalle quali ricavavano la lana. Anche per questo popolo, tuttavia, l’attività economica principale era il commercio per via marittima. Gli artigiani erano molto abili nella lavorazione dell’oro e del bronzo per la produzione di gioielli ed armi.
  • 3. Anche i Micenei non costituirono mai uno stato unitario ma fondarono delle Città-Stato indipendenti. Queste sorgevano su delle alture e nella parte più alta, detta acropoli, era situato il palazzo reale al centro del quale era situata la sala del trono dove avvenivano anche le cerimonie religiose. A contrario dei Cretesi, però, le città micenee erano circondate da imponenti mura difensive. All’interno delle mura cittadine vi era anche la necropoli dove erano custodite le tombe di re e guerrieri. Le città più importanti erano: Micene, Pilo e Tirinto.
  • 4.
  • 5. In seguito alla conquista di Creta, i Micenei adottarono la scrittura di tipo «lineare B» utilizzata dai Cretesi, incidendo su tavolette di argilla. Prima della conquista dell’isola, tuttavia, la scrittura era quasi del tutto inesistente eccetto per i compiti amministrativi del palazzo reale.
  • 6. Non si sa molto sulla religione praticata dai Micenei ma è probabile che, le divinità venerate, siano le stesse adorate dei Greci molto tempo dopo. Credevano nell’aldilà come una vita simile a quella terrena e le personalità più illustri venivano sepolti nelle necropoli.
  • 7. L’Iliade racconta la guerra dei Greci, guidati dal re di Micene, Agamennone, contro la città di Llio o Troia, sulle coste dell’Asia Minore (l’attuale Turchia). Grazie al poeta Omero abbiamo molte informazioni sulla guerra di Troia e su queste civiltà. Egli fu autore di poemi epici che raccontano le gesta degli eroi del tempo. Le vicende narrate da Omero nell’Iliade raccontano quello che accadde durante la guerra. Secondo la leggenda, la guerra fu provocata dal troiano Paride. Questo rapì la bellissima Elena, moglie di Menelao, re di Sparta e fratello di Agamennone. In risposta, i Greci strinsero un’alleanza e dichiararono guerra a Troia, in maniera tale da obbligare i Troiani a riconsegnare Elena al suo legittimo sposo. L’assedio di Troia durò dieci anni. Durante il decimo anno si affrontarono in duello il greco Achille e il troiano Ettore, i due guerrieri più valorosi. Vinse Achille, che riuscì a uccidere Ettore. Infine, su suggerimento di Ulisse, i Greci costruirono un enorme cavallo di legno, nel cui ventre nascosero alcuni guerrieri. Poi lo abbandonarono su una spiaggia vicino a Troia e, simulando la partenza, si allontanarono con le loro navi. Caduti nell’inganno, i Troiani trasportarono il cavallo di legno all’interno della città. Nottetempo i guerrieri greci nascosti nel cavallo si calarono a terra. Spalancarono le porte della città nemica e vi fecero entrare l’esercito, che nel frattempo era tornato di nascosto. Durante quella stessa notte la città di Troia venne data alle fiamme dai Greci.
  • 8. L’Odissea, secondo poema di Omero, racconta l’avventuroso ritorno in patria, a Itaca, del suo re, l’astuto Ulisse o Odisseo, che aveva partecipato alla guerra di Troia. Nel suo lungo viaggio Ulisse incontra pericoli di ogni genere: le sirene,il cui canto affascinava a tal punto i marinai dadar finire le loro navi sugli scogli, la maga Circe, che trasformava gli uomini in maiali, il ciclope Polifemo, un gigante che aveva un solo occhio e che ci si cibava di uomini. Per salvarsi, anche in quest’ultimo caso, Ulisse dovette ricorrere all’inganno. Offerto al gigante un otre pieno di vino, attese che Polifemo, dopo l’abbondante bevuta, si addormentasse. Poi prese un palo e, resa la punta incandescente con il fuoco, lo conficcò nell’unico occhio del gigante, acceccandolo. A Itaca la moglie Penelope aspettava Ulisse, fedele a lui nonostante le offerte di matrimonio dei nobili del luogo, chiamati proci. Un giorno i proci, stanchi di aspettare, misero Penelope alle strette. Doveva sciegliere tra di loro un nuovo sposo, che in questo modo sarebbe diventato re. Penelope accettò, ma a una condizione. Avrebbe prima terminato di tessere la tela a cui stava lavorando. I proci acconsentirono. Ma in gran segreto, ogni notte Penelope si recava al telaio e disfaceva tutto quello che di giorno aveva tessuto. Poi, quando ormai tutti credevano Ulisse morto,egli tornò travestito da mendicante, uccise i proci e, finalmente, potè riabbracciare la fedele Penelope e sedersi sul suo trono.