1. News 30/SSL/2014
Lunedì, 22 dicembre 2014
Prorogato al 15 gennaio 2015 il bando FIPIT per la sicurezza delle piccole e
microimprese
Con determina del Direttore centrale Prevenzione n. 83 del 28 novembre 2014, sono
state apportate al bando Fipit 2014 le seguenti modifiche e integrazioni:
• il termine di scadenza di presentazione delle domande di partecipazione è
prorogato alle ore 18.00 del 15 gennaio 2015
• il termine per la pubblicazione sul sito Inail della composizione delle Commissioni è
prorogato al 27 gennaio 2015
• il termine di 180 giorni per l’attività istruttoria delle Commissioni è prorogato al 30
gennaio 2015.
Ricordiamo che attraverso il Bando FIPIT l’Inail finanzia le piccole e micro imprese
operanti nei settori dell’agricoltura, dell’edilizia, dell’estrazione e della lavorazione
dei materiali lapidei per la realizzazione di progetti di innovazione tecnologica mirati
al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. I
destinatari degli incentivi sono le imprese, anche individuali, iscritte alla Camera di
Commercio Industria, Artigianato ed Agricoltura.
Fonte: puntosicuro.it
Nel TU i criteri di sicurezza antincendio ed emergenze (DM 10 marzo 1998)
Il 2014 è stato fra gli ultimi anni forse il più prolifico sul piano degli aggiornamenti del
TU 81/08. A parte gli argomenti, certamente di non poco significato e che abbiamo
esaminato nei contributi della rubrica, vanno ricordati, per il carattere di generale
interesse e per l’apporto di utilità pratica dei loro contenuti, gli inserimenti nel TU, del:
• Decreto Min. Interno 10 marzo 1998, Criteri generali di sicurezza antincendio e
per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro;
• Decreto 15 luglio 2003, n. 388, Regolamento recante disposizioni sul pronto
soccorso aziendale.
Ci occupiamo qui del decreto 10 marzo1998* i cui allegati attengono ai diversi
aspetti sia della sicurezza antincendio che della gestione delle emergenze.
2. Nell’all. 1 sono presenti le linee guida per la valutazione del rischio di incendio nei
luoghi di lavoro, nell’all. 2 le misure intese a ridurre la probabilità di insorgenza degli
incendi, nell’all. 3 le misure relative alle vie di uscita in caso di incendio.
Delle misure per la rivelazione e l’allarme in caso di incendio si occupa l’all. 4, delle
attrezzature ed impianti di estinzioni degli incendi, l’all.5, dei controlli e della
manutenzione sulle misure di protezione antincendio l’all. 6.
Gli allegati 8, 9 e 10 si occupano rispettivamente, della pianificazione delle
procedure da attuare in caso di incendio; dei contenuti minimi dei corsi di
formazione per gli addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione
delle emergenze in relazione al livello di rischio dell’attività; dei luoghi di lavoro** ove
si svolgono le attività per le quali ai lavoratori addetti al servizio antincendio, si
richiede il conseguimento di un attestato di idoneità tecnica (art. 3 L 609/1996).
* L’Inail nel manuale “Formazione antincendio Gestione dell’emergenza nei luoghi di
lavoro, Decreto Ministero dell’Interno 10 marzo 1998 (edizione 2012, aggiornata
2013 Ndr) ricorda che il nuovo regolamento per la disciplina dei procedimenti relativi
alla prevenzione incendi, recependo quanto previsto dalla L.122/2010 in materia di
snellimento dell’attività amministrativa, individua le attività soggette alla disciplina
della prevenzione incendi ed opera una sostanziale semplificazione relativamente
agli adempimenti da parte dei soggetti interessati.
** a) Industrie e depositi di cui agli artt 4 e 6 del Dpr n. 175/1988;
b) fabbriche e depositi di esplosivi;
c) centrali termoelettriche;
d) impianti di estrazione di oli minerali e gas combustibili;
e) impianti e laboratori nucleari;
f) depositi al chiuso di materiali combustibili aventi superficie superiore a 10.000 m2;
g) attività commerciali e/o espositive con superficie aperta al pubblico superiore a
5.000 m2;
h) aeroporti, infrastrutture ferroviarie e metropolitane;
i) alberghi con oltre 100 posti letto;
l) ospedali, case di cura e case di ricovero per anziani;
m) scuole di ogni ordine e grado con oltre 300 persone presenti;
n) uffici con oltre 500 dipendenti;
o) locali di spettacolo e trattenimento con capienza superiore a 100 posti;
p) edifici pregevoli per arte e storia, sottoposti alla vigilanza dello Stato …. adibiti a
musei, gallerie, collezioni, biblioteche, archivi, con superficie aperta a pubblico
superiore a 1000 m2;
q) cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione e
riparazione di gallerie, caverne, pozzi ed opere simili di lunghezza superiore a 50 m;
r) cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi.
Fonte: quotidianosicurezza.it
3. La valutazione del rischio biologico nella bonifica dei siti contaminati
Un documento fornisce informazioni sulla sicurezza nelle bonifiche di siti contaminati
in relazione ai rischio biologico. La fase di valutazione del rischio biologico, la
relazione dose-effetto, la casistica epidemiologica e il monitoraggio ambientale.
Ne abbiamo parlato attraverso una pubblicazione - “ Il rischio biologico nel settore
della bonifica dei siti contaminati”, realizzata da INAIL Settore Ricerca, Certificazione
e Verifica, Dipartimento Processi Organizzativi –che si pone l’obiettivo di aumentare
la consapevolezza del rischio biologico in queste attività e che fornisce indicazioni in
materia di valutazione e controllo del rischio durante le diverse fasi operative.
Dopo aver parlato della normativa vigente, di esposizione dei lavoratori, di
classificazione degli agenti biologici, della mancanza di valori limite, dei sopralluoghi
conoscitivi e della fase di allestimento del cantiere, ci soffermiamo oggi proprio sulla
fase di valutazione del rischio biologico connesso alle operazioni di bonifica.
Il documento ricorda innanzitutto che la valutazione del rischio biologico è una
“procedura complessa che deve prendere in considerazione i pericoli, ossia gli
agenti biologici potenzialmente presenti nell’ambiente lavorativo ed il rischio, ossia
la probabilità statistica che l’evento dannoso si realizzi in quelle specifiche condizioni
di esposizione”.
Per poter operare la valutazione, il Titolo X (Esposizione ad agenti biologici) del
D.Lgs. 81/2008 dispone che il datore di lavoro “consideri tutte le informazioni
disponibili relative alle caratteristiche degli agenti biologici utilizzati o potenzialmente
presenti nel materiale trattato e delle modalità operative in cui essi vengono
coinvolti ed in particolare:
a) della classificazione in termini di pericolosità degli agenti biologici che presentano
o possono presentare un pericolo per la salute umana (come dall’Allegato XLVI del
D.Lgs. 81/2008);
b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte a seguito
dell’esposizione lavorativa;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici dei microorganismi e/o loro parti;
d) della conoscenza di una patologia della quale sia affetto un lavoratore,
correlabile all’attività lavorativa svolta”.
Abbiamo già parlato, nel precedente articolo di presentazione della monografia,
del fatto che tale valutazione può risultare “seriamente compromessa dalla
mancanza di valori limite di esposizione (Occupational Exposure Levels, OELs) agli
agenti biologici che possano essere da riferimento nella interpretazione delle dosi
4. espositive in termini di frequenza attesa delle diverse manifestazioni patologiche a
carico del lavoratore, siano esse di natura infettiva che allergica o tossica”.
La disponibilità di dati sulle relazioni dose-effetto degli agenti biologici
“permetterebbe la definizione dei valori limite dell’esposizione al fine di garantire
una corretta interpretazione dei risultati ottenuti attraverso le misurazioni effettuate
nel corso del procedimento di valutazione del rischio”. Ma ad oggi, non esistendo
relazioni dose-effetto e valori limite dell’esposizione professionale (OEL) agli agenti
biologici, la normativa vigente “definisce i valori limite dell’esposizione agli agenti
biologici solo con riferimento ad alcuni tipi di tossine, o per agenti quali la polvere di
legno, la subtilisina e la polvere di farina”. Anche i valori limite dell’esposizione alle
endotossine batteriche “sono stati per il momento proposti ma non ancora definiti
con certezza, anche a causa della mancanza di univoche metodologie di
valutazione quantitativa dell’esposizione”.
E non bisogna dimenticare altre importanti limitazioni alla definizione di relazioni
dose-effetto. Ad esempio:
- “il ruolo ricoperto dagli agenti biologici nell’evolversi o nell’aggravarsi dei sintomi e
delle malattie è stato per ora compreso solo in minima parte”;
- i microrganismi sono caratterizzati “dalla costante capacità di reagire e interagire
con l’ambiente circostante e risultano in grado di modificare velocemente la loro
espressione genica in risposta ai diversi segnali ambientali”;
- scarse sono le “informazioni relative alle dosi infettanti dei microrganismi: alcuni
possono risultare patogeni in quantità estremamente ridotte, mentre altri organismi
possono costituire un importante rischio per la salute solamente quando
raggiungono concentrazioni più elevate”;
- “la valutazione delle relazioni dose-risposta è inficiata ulteriormente dall’estrema
variabilità della risposta umana all’esposizione agli agenti biologici. Esiste infatti una
notevole diversità fra le varie forme di predisposizione individuale a infezioni e
allergie”.
Per la valutazione “la rilevanza della stima dell’entità dell’esposizione, attraverso ad
esempio il monitoraggio microbiologico ambientale, è limitata per le difficoltà
connesse alla interpretazione delle dosi espositive. Quindi se l’identificazione dei
pericoli può essere effettuata valutando la presenza anche solo presunta di agenti
biologici durante le attività lavorative, la valutazione del rischio biologico si basa
sulla casistica epidemiologica, cioè verificando in letteratura quali patologie sono
state messe in correlazione con determinate tipologie espositive e sull’osservazione
dello stato di salute del lavoratore”.
Dunque è responsabilità dell’azienda, riguardo alla casistica epidemiologica,
“utilizzare tutte le fonti scientifiche informative con particolare riguardo a quelle che
si riferiscono al comparto di specifico interesse”. E se nel settore delle bonifiche non
sono disponibili in letteratura molti dati epidemiologici (infezioni, sintomatologie,
5. malattie osservate, ...) – dove certamente il rischio prevalente è quello di natura
chimica - è possibile fare riferimento alla casistica epidemiologica esistente per
settori occupazionali equiparabili, ad esempio “quelli del settore dell’edilizia,
dell’agricoltura e dello smaltimento acque reflue”.
A questo proposito il documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, si
sofferma sulla casistica epidemiologica di questi tre settori lavorativi.
Concludiamo questo breve percorso relativo alla valutazione del rischio biologico
connesso alle operazioni di bonifica affrontando il tema del monitoraggio
microbiologico ambientale.
Il documento sottolinea che tale monitoraggio microbiologico ambientale non è
obbligatorio ai sensi del D.Lgs. 81/2008 al fine della valutazione del rischio biologico.
E inoltre “tali monitoraggi risultano complessi e spesso non esaustivi, considerata
l’impossibilita di rilevare tutti gli agenti biologici che possono essere presenti nelle
diverse matrici dalle quali dipende l’esposizione”. E bisogna anche sottolineare “che
il non rilevamento di uno specifico agente biologico nella matrice monitorata, non
permette di escluderne la presenza, sia perche i metodi colturali routinariamente
adottati non sono in grado di mettere in evidenza tutti i microrganismi
potenzialmente presenti, sia perche non si può escludere che un determinato
patogeno possa essere presente in quella stessa matrice anche solo poco tempo
dopo aver effettuato il campionamento, in seguito all’instaurarsi delle condizioni
ambientali più favorevoli ad una sua sopravvivenza e successiva moltiplicazione”. E
il monitoraggio dei bioaerosol “risulta particolarmente complesso per la molteplicità
di agenti biologici che esso può contenere: batteri, funghi, virus, allergeni,
endotossine batteriche, micotossine, peptidoglicani, pollini, fibre vegetali, etc. Non
esistono metodi di campionamento ed analisi dell’aria per la quantificazione
dell’esposizione a bioaerosol che siano universalmente riconosciuti e questo rende
complicato stabilire le relazioni causa effetto tra gli specifici parametri microbiologici
e problemi di salute e, quindi, la definizione di limiti di accettabilità dell’esposizione
professionale”.
In ogni caso nei casi in cui si proceda al monitoraggio microbiologico ambientale è
“opportuno definire a priori la gestione dei risultati del monitoraggio”.
E per la la sorveglianza routinaria dell’aria dell’ambiente lavorativo “può essere utile
procedere a monitoraggi per valutare se le concentrazioni microbiche rilevate nelle
aree di lavoro durante le diverse attività (scavi, carico/scarico di terreno,
rivoltamento dei cumuli, etc.) risultino superiori a quelle di aree esterne all’impianto,
utilizzando come indicatori le conte batteriche totali, ossia quelle dei microrganismi
vitali e non vitali, dal momento che anche questi ultimi sono da considerarsi un
pericolo espositivo per il lavoratore”.
Il documento sottolinea infine che l’approccio più corretto per il controllo del rischio
biologico connesso alle operazioni di bonifica è quello “preventivo attraverso la
6. riduzione al più basso livello possibile dell’entità dell’esposizione individuale”: dopo
l’individuazione delle lavorazioni/operazioni/fasi in cui può determinarsi l’esposizione
biologica, si procede alla definizione delle misure di contenimento e/o delle
modalità operative, tanto più restrittive quanto maggiore è il rischio di
contaminazione presente”.
Fonte: puntosicuro.it
Convenzione Ilo Lavoro marittimo, in comunicato Esteri norme e abrogazioni
Pubblicato dal Ministero degli Affari Esteri un comunicato con le nuove disposizioni
alle quali sono soggetti i marittimi a seguito dell’entrata in vigore della Convenzione
Ilo e tutte le disposizioni da ora non più attive.
Nel Comunicato GU 17 dicembre 2014 – Entrata in vigore della Convenzione sul
lavoro marittimo (MLC), fatta a Ginevra il 23 febbraio 2006, il Ministero ricorda come
in Italia dal 19 novembre 2014 siano in auge le norme previste da Ilo, a seguito di
ratifica avvenuta per il nostro Paese il 23 settembre 2013 (in GU il 9 ottobre 2013).
In conseguenza di tali accordi, non vengono più prese in considerazione le seguenti
Convenzioni:
• “Indennità di disoccupazione (naufragio), 1920 (n. 8);
• Collocamento dei marittimi, 1920 (n. 9);
• Esame medico dei giovani (lavoro marittimo), 1921 (n. 16);
• Contratto di arruolamento dei marittimi, 1926 (n. 22);
• Rimpatrio dei marittimi, 1926 (n. 23);
• Brevetti di capacità degli ufficiali (marina mercantile), 1936 (n. 53);
• Obblighi dell’armatore in caso di malattia o di infortunio dei marittimi, 1936
(n. 55);
• Età minima (lavoro marittimo) (riveduta), 1936 (n. 58);
• Alimentazione e mensa dei marittimi, 1946 (n. 68);
• Diploma di capacità dei cuochi di bordo, 1946 (n. 69);
• Esame medico dei marittimi, 1946 (n. 73);
• Certificati di marinaio qualificato, 1946 (n. 74);
• Alloggio degli equipaggi (disposizioni supplementari), 1970 (n. 133);
• Previsione infortuni marittimi, 1970 (n. 134);
• Continuità impiego marittimi, 1976 (n. 145);
• Congedi pagati annuali marittimi, 1976 (n. 146);
• Marina mercantile (norme minime), 1976 (n. 147);
• Protezione della salute e cure mediche marittime, 1987 (n. 164)”.
7. Fonte: Ministero Esteri comunicato 17 dicembre 2014
Sgravi nuove assunzioni, trasferimento d’azienda derogabilità, tre nuovi interpelli
Pubblicati dal Ministero del Lavoro tre nuovi interpelli riguardanti la normativa
sull’occupazione.
I tre quesiti datati 17 dicembre 2014 affrontanti in questo caso dalla Direzione
generale per l’attività ispettiva sono:
• “34/2014 Sgravi contributivi legati a nuove assunzioni – incremento
occupazionale netto;
• 33/2014 Società sottoposte a procedure concorsuali – rimborso quote Tfr;
• 32/2014 Crisi aziendale – trasferimento d’azienda e derogabilità art. 2112
c.c.
Fonte: interpelli lavoro 32,33,34 17 dicembre 2014
Inps, tutte le istruzioni per usufruire dei contributi per i servizi dell’infanzia 2014
Pubblicate dall’Inps le istruzioni operative per la concessione di contributi per
l’infanzia, per la concessione alle madri lavoratrici di contributi previsti dall’articolo 4,
comma 24, lettera b) della Legge 28 giugno 2012, n. 92 e dal Decreto
interministeriale 28 ottobre 2014.
Il voucher maternità sarà destinato a usufruire di servizi di baby-sitting o per far fronte
agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati.
Si specifica che il contributo “può essere richiesto in alternativa al congedo
parentale ex art. 32 del Decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001 Testo Unico
delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della
paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53″.
“Sono ammesse alla presentazione della domanda le madri lavoratrici aventi diritto
al congedo parentale, dipendenti di amministrazioni pubbliche o di privati datori di
lavoro, oppure iscritte alla gestione separata che, al momento della domanda,
siano ancora negli undici mesi successivi al termine del periodo di congedo di
maternità obbligatorio”. Sono ammesse anche le lavoratrici che abbiano già
usufruito in parte del congedo parentale, per il numero di mesi non ancora usufruiti.
Le lavoratrici iscritte alla gestione separata possono usufruire del contributo per un
periodo massimo di tre mesi.
8. Per le lavoratrici part-time, che a causa della ridotta entità della prestazione
lavorativa potranno accedere al contributo in misura limitata, Inps pubblica una
tabella di calcolo.
Non sono ammesse alla presentazione della domanda:
− le lavoratrici che non hanno diritto al congedo parentale (es: le lavoratrici
domestiche, a domicilio, disoccupate);
− le lavoratrici autonome;
− le lavoratrici in fase di gestazione;
− le madri lavoratrici che, relativamente al figlio per il quale intendono
richiedere il beneficio, usufruiscono dei benefici di cui al fondo per le
Politiche relative ai diritti ed alle pari opportunità istituito con l’art. 19, c. 3
del decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006 convertito dalla Legge n. 248 del
4 agosto 2006;
− le madri lavoratrici che, relativamente al figlio per il quale intendono
richiedere il beneficio, risultano esentate totalmente dal pagamento della
rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati convenzionati.
Il contributo per la fruizione della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi
privati accreditati verrà erogato attraverso pagamento diretto alla struttura
prescelta. Il contributo per il servizio di baby-sitting verrà erogato attraverso il sistema
dei buoni lavoro.
Fonte: istruzioni Inps contributi per infanzia
Dal marzo 2014 nel TU il Titolo X-bis per la direttiva UE prevenzione ferite da taglio
Il Titolo X-bis in "Attuazione della direttiva 2010/32/UE che attua l'accordo quadro,
concluso da Hospeem e Fsesp, in materia appunto di prevenzione delle ferite da
taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario".
I Titoli in cui è organizzata la materia del TU 81/08, si sa, sono 13, o almeno lo sono
stati fino all’inserimento del Titolo X-bis , inserito, ovviamente subito dopo il Titolo X, ai
sensi del DLgs 19/2014, Attuazione della Direttiva 2010/32/UE che attua l’accordo
quadro, concluso da Hospeem e Fsesp, in materia appunto di prevenzione delle
ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario, pubblicato sulla GU
n.57 del 10 marzo 2014*.
9. I nuovi articoli sono il 286-bis, Ambito di applicazione, il 286-ter, Definizioni, il 286-
quater, Misure generali di tutela, il 286-quinquies, Valutazione dei rischi, il 286-sexies,
Misure di prevenzione specifiche e il 286-septies, Sanzioni.
Le disposizioni si applicano a tutti i lavoratori che operano, nei luoghi di lavoro
interessati da attività sanitarie, alle dipendenze di un datore di lavoro,
indipendentemente dalla tipologia contrattuale, ivi compresi i tirocinanti, gli
apprendisti, i lavoratori a tempo determinato, i lavoratori somministrati, gli studenti
che seguono corsi di formazione sanitaria e i sub-fornitori.
I datori di lavoro di questi soggetti hanno l’obbligo di garantire la salute e sicurezza
dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi alla loro vita professionale, inclusi i fattori
psicosociali e di organizzazione del lavoro.
In particolare il personale sanitario deve essere adeguatamente formato e dotato di
risorse idonee per operare in condizioni di sicurezza tali da evitare il rischio di ferite
ed infezioni provocate da dispositivi medici taglienti, potendo contare su misure
idonee a eliminare o contenere al massimo il rischio di ferite edinfezioni sul lavoro
attraverso l’elaborazione di una politica globale di prevenzione che tenga conto,
oltretutto …. delle tecnologie più avanzate, dei fattori psicosociali legati all’esercizio
della professione e dell’influenza esercitata sui lavoratori dall’ambiente di lavoro,
che provveda a non supporre mai inesistente un rischio, applicando nell’adozione
delle misure di prevenzione un ordine di priorità rispondente ai principi generali
dell’art. 6 della Direttiva 89/391/CEE e degli artt 3, 5 e 6 della Direttiva 2000/54/CE .
La prima direttiva, 89/391/CEE, definita Direttiva quadro del Ssl, è del 1989 e
garantisce prescrizioni minime in materia di salute e sicurezza in tutta Europa,
sebbene gli Stati membri siano autorizzati a mantenere o stabilire misure più severe.
Nel 2004 la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione, la
COM(2004)62, sull’attuazione pratica delle disposizioni delle direttive concernenti la
salute e la sicurezza sul lavoro, e cioè:
1. la 89/391 CEE (direttiva quadro);
2. la 89/654 CEE (luoghi di lavoro);
3. la 89/655 CEE (attrezzature di lavoro);
4. la 89/656 CEE (attrezzature di protezione individuale);
5. la 90/269 CEE (movimentazione manuale di carichi);
6. la 90/270 CEE (attrezzature munite di videoterminale).
La seconda Direttiva, 2000/54/CE ha riguardato la protezione dei lavoratori contro i
rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro.
* La Commissione europea aveva presentato, il 26 ottobre 2009, una proposta di
10. direttiva di attuazione dell’accordo quadro, concluso da Hospeem (Associazione
datori di lavoro del settore ospedaliero e sanitario) e Fsesp (Federazione sindacale
europea dei servizi pubblici), organismi entrambi riconosciuti nel 2006 quali parti
sociali europee del settore ospedaliero e sanitario (conformemente all’art. 138 del
Trattato CE). Fonte: quotidianosicurezza.it
Infortunio in itinere e requisito della “vivenza a carico”, una sentenza della
Cassazione
Cassazione Civile, Sez. Lav., 18 novembre 2014, n. 24517.
Con sentenza 24517/2014 ( Infortunio in itinere e requisito della “vivenza a carico”) la
Cassazione Civile, Sez. Lav. ha respinto il ricorso inteso a confermare la condanna
dell’Inail al pagamento della rendita vitalizia conseguente al decesso di una
persona in seguito a un incidente stradale occorsogli mentre percorreva la strada
che collegava la casa al luogo di lavoro.
L’Inail aveva contestato a) la necessità dell’uso del mezzo privato da parte del
lavoratore e b) il requisito della “vivenza a carico”, “attesa l’entità dei redditi annui
del nucleo familiare e l’inefficienza del contributo economico del defunto al
mantenimento dei parenti ricorrenti”.
Il Tribunale rigettò il primo motivo di impugnazione ma accolse il secondo ritenendo
che la produzione in appello della documentazione da cui risultava l’importo della
rendita Inail già goduta dalla ricorrente fosse ammissibile, trattandosi di una prova
precostituita, “confermava l’autonomia dei mezzi di sostentamento dei ricorrenti
rispetto al minimo contributo dato dal lavoratore deceduto”.
A proposito di questo ultimo punto la Cassazione ha fatto riferimento all’art. 126 del
TU 1124/1965* per il quale la “vivenza a carico” … è provata quando risulti che gli
ascendenti si trovino senza mezzi di sussistenza autonomi sufficienti e al
mantenimento di essi concorreva in modo efficiente il defunto”.
E ha aggiunto che “sono dunque necessari due presupposti: a) il pregresso ed
efficiente concorso del lavoratore deceduto al mantenimento degli ascendenti
mediante aiuti economici che, per la loro costanza e regolarità, costituivano un
mezzo normale, anche se parziale, di sostentamento; b) la mancanza, per gli
ascendenti, di autonomi e sufficienti mezzi di sussistenza”.
Poiché la “sufficienza” dei mezzi di sussistenza non è legislativamente determinata,
per la Cassazione la norma riecheggia l’espressione “mezzi necessari per vivere” di
11. cui all’art. 38, c. 1 della Costituzione, nell’ambito del più generale sistema di
sicurezza sociale e nel modello fondato sulla solidarietà collettiva che garantisce ai
“cittadini”, ove ad alcuni eventi si accompagnino situazioni di bisogno, “i mezzi
necessari per vivere” e non invece nel diverso modello, normalmente realizzato
mediante gli strumenti mutualistico -assicurativi, che prevede il riconoscimento ai
“lavoratori” della diversa e più elevata garanzia del diritto a “mezzi adeguati alle
loro esigenze di vita”, prescindendo da uno stato di bisogno.
Il requisito in esame è dunque da intendersi nel senso di un rapporto diretto di
dipendenza economica dei congiunti con il lavoratore infortunato con la
conseguenza che, ai fini della sussistenza del diritto alla rendita, non è sufficiente la
dimostrazione della sola circostanza della loro convivenza con l’assicurato o che da
questi ottenevano un parziale mantenimento.
La Cassazione ha respinto il ricorso ritenendo che fosse onere dei parenti ricorrenti
provare la (eventuale) sussistenza di uscite patrimoniali (debiti verso terzi, mutui,
ecc.), tali da ridurre il reddito complessivo familiare, e ciò al fine di comprovare la
“vivenza a carico“.
Fonte:quotidianosicurezza.it e sentenza Cassazione 18 novembre 2014 n.24517